T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 05-07-2011, n. 5859Fatto - Diritto
P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con il ricorso in esame, i ricorrenti - tutti appartenenti all'Arma dei
Carabinieri - hanno chiesto il riconoscimento del proprio diritto alla
corresponsione della intera retribuzione prevista per il lavoro straordinario
per i turni c.d. di servizio di piantone della caserma espletati dall'entrata in
vigore della legge 1 aprile 1981, n. 121 alla data di proposizione del ricorso.
Deducono violazione dell'art. 63, c. 1, 2, 3 e 4 della L. 1 aprile 1981, n. 121
nonché falsa applicazione dell'art. 2, c. 3, legge 28 aprile 1975, n. 135 e
dell'art. 17, legge 10 ottobre 1986, n. 668.
Come seguono le ragioni di diritto articolate in ricorso:
a)l'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali: le ore
eventualmente prestate in eccedenza al predetto orario vanno retribuite come
lavoro straordinario;
b)la retribuzione del servizio di piantone doveva comportare la corresponsione
della normale paga oraria maggiorata con il compenso per il lavoro straordinario
delle ore prestate in eccedenza;
c)l'amministrazione ha corrisposto, invece, sino all'entrata in vigore dell'art.
17 della L. n. 668/1986 una indennità forfettaria e dopo l'entrata in vigore
dell'art. 17 citato, il c.d. compenso orario per i turni di presenza in ufficio
o nella sede del comando nella misura del 10% del compenso complessivo stabilito
per ogni ora di lavoro straordinario;
d)l'indennità di cui all'art. 2 della legge n. 135/1975 non può assolutamente
ritenersi compensativa del lavoro straordinario prestato col servizio di
piantone alla caserma in quanto modesta e palesemente inadeguata;
e)errata è la presunta esaustività ed omnicomprensività retributiva del servizio
di piantone con il compenso orario di cui all'art. 17 della L. n. 668/1996.
Si è costituita l'Avvocatura di Stato depositando memoria.
Il ricorso è infondato.
La sua palese infondatezza consente di prescindere dal possibile profilo di
inammissibilità del ricorso per genericità delle domande per non avere, i
ricorrenti, provato i fatti che costituiscono il fondamento dei diritti azionati
in giudizio. Ed invero, essi si sono limitati a perorare il riconoscimento del
diritto alla corresponsione del lavoro straordinario senza, però, comprovare i
fatti costitutivi della domanda (turni effettuati, giorni o settimane in cui il
servizio è stato espletato, ore di lavoro svolte, sedi e uffici di comando),
neppure mediante allegazione di un minimo principio di prova in grado di
dimostrare la pertinenza e consistenza della pretesa.
Il Collegio non rinviene alcuna valida ragione per discostarsi dal costante
orientamento giurisprudenziale del giudice amministrativo di primo e secondo
grado, secondo il quale il lavoro di "piantone in caserma" svolto dai
carabinieri in aggiunta al normale orario di lavoro rientra di per sé nelle
prestazioni senza obbligo di impegno assiduo e continuativo ed è, come tale, da
ricomprendere nelle previsioni di cui all'art. 17 della legge 10 ottobre 1986 n.
668, oltreché in quelle da ascriversi ai servizi di istituto delle Forze di
Polizia, compensate con le indennità di cui alla legge 27 maggio 1977, n. 284
(cfr. C.d.S. sez. IV, n. 1578/2007, n. 2671/2008, n. 1736/2010).
L'art. 17 della legge n. 668 del 1986 dispone che il lavoro prestato oltre
l'orario di servizio (40 ore) dai soggetti appartenenti all'Arma dei
carabinieri, quando si concreti in attività all'interno delle caserme, vada
retribuito in misura ridotta rispetto al compenso per lavoro straordinario, e
cioè nella misura del dieci per cento del compenso stesso.
Il massimo organo di giustizia amministrativa ha chiarito che "La norma ha la
evidente "ratio" nel fatto che occorre distinguere tra lavoro straordinario vero
e proprio, vale a dire in quel "surplus" di attività lavorativa che impegna il
soggetto oltre l'orario normale negli ordinari compiti di istituto, e il lavoro
meramente sedentario e di vigilanza interna, caratteristico di un impegno di
energie di gran lunga inferiore rispetto ai compiti ordinari di un carabiniere
in servizio".
Il Collegio osserva che il servizio di piantone si concretizza in prestazioni di
poco superiori a quelle di attesa e di custodia, poiché, seppure richiede una
presenza attiva, vigile e responsabile, non comporta, comunque, un impegno
assiduo e continuativo di norma necessario per lo svolgimento delle abituali
incombenze rientranti nei compiti di istituto che, se espletate al di fuori
dell'ordinario orario di lavoro, costituiscono un valido titolo per la
corresponsione del compenso per lavoro straordinario.
Va, in altri termini, considerato che le attività in questione implicano, in
linea di principio, un impegno ed una assunzione di responsabilità di livello
inferiore rispetto a quanto risulta richiesto nello svolgimento della normale
attività degli appartenenti all'Arma; ne consegue che la differenziazione del
trattamento economico non può apparire illegittima ed eventualmente affetta da
illegittimità costituzionale, in quanto la scelta del legislatore si propone di
garantire un trattamento retributivo il più possibile corrispondente alla
quantità e qualità delle prestazioni rese.
Per sola completezza, va aggiunto che la giurisprudenza amministrativa ha anche
ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale
dell'art. 17 della legge n. 668/1984 per violazione degli artt. 3 (rispetto alla
Polizia di Stato) e 36 della Costituzione atteso che:
con riferimento al suddetto art. 36, come sottolineato dalla Corte
Costituzionale e come più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, la
proporzionalità e sufficienza della retribuzione vanno valutate considerando la
retribuzione nel suo complesso, e non in base ai singoli elementi che compongono
il trattamento economico (cfr. Cons. Stato, IV Sez., n. 7101 del 2004; Corte
cost. n. 91 del 2004, n. 470 del 2002 e n. 263 del 2002),
- con riferimento al suddetto art. 3 (disparità di trattamento rispetto agli
appartenenti alla Polizia di Stato) rileva la sussistenza, per le due categorie
di dipendenti, di ordinamenti giuridici ed economici differenziati.
Conclusivamente il ricorso va respinto, mentre le spese seguono la soccombenza e
vengono liquidate come da dispositivo.P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
respinge.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del Ministero dell'Interno e del
Ministero della Difesa, delle spese del presente giudizio che si liquidano in
complessivi euro 10.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.