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martedì 16 novembre 2010

Ministero dell'economia e delle finanze Circ. 11-11-2010 n. 3/DF Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), tariffa di igiene ambientale di cui all'art. 49 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e tariffa integrata ambientale di cui all'art. 238 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Chiarimenti in merito alle problematiche sulla vigenza delle normative relative alle diverse tipologie di prelievo. Emanata dal Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze.

Circ. 11 novembre 2010, n. 3/DF (1).

Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), tariffa di igiene ambientale di cui all'art. 49 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e tariffa integrata ambientale di cui all'art. 238 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Chiarimenti in merito alle problematiche sulla vigenza delle normative relative alle diverse tipologie di prelievo.

(1) Emanata dal Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze.



Ai


Comuni
 

Loro sedi

All'


Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI)
 

Roma




Pervengono alla Scrivente numerose richieste di chiarimenti in merito alle problematiche sulla vigenza delle normative relative alle diverse tipologie di prelievo concernenti la gestione dei rifiuti solidi urbani, diretti a sciogliere i nodi sull'applicabilità della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) di cui al Capo III del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, della tariffa di igiene ambientale (TIA1) prevista dall'art. 49 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, nonché della tariffa integrata ambientale (TIA2) di cui all'art. 238 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Al riguardo, con la presente circolare si intende pervenire alle seguenti conclusioni:

- i regolamenti già approvati dai comuni che avevano introdotto la TARSU e, in via sperimentale, la TIA1 conservano sostanzialmente la loro validità e possono essere adattati all'evoluzione interpretativa della normativa vigente;

- i comuni possono introdurre la TIA2, poiché entro il 30 giugno 2010 non è stato emanato il regolamento previsto dall'art. 238, comma 6, del D.Lgs. n. 152 del 2006;

- si applicano anche alla TIA1 le nuove disposizioni recate dall'art. 14, comma 33, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il quale ha previsto in ordine alla TIA2 che le disposizioni di cui all'art. 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006, "si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria".

Sulla base di tali premesse si procede alla ricostruzione del complesso quadro normativo che interessa la materia.



1. Il quadro normativo

L'art. 49, comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997 aveva previsto che "la tassa per lo smaltimento dei rifiuti di cui alla sezione II del Capo XVIII del titolo III del testo unico della finanza locale, approvato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175, come sostituito dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, ed al capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è soppressa a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5, entro i quali i comuni devono provvedere alla integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa di cui al comma 2".

I comuni avrebbero, quindi, dovuto istituire una tariffa, la TIA1, diretta a coprire, a norma del comma 2 del citato art. 49, "i costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette a uso pubblico" proprio a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5 dello stesso art. 49. Detto regolamento, concernente "norme per l'elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani", è stato approvato con il D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, il cui art. 11 prevedeva i termini per la soppressione della TARSU e la contemporanea operatività della TIA1.

Tali termini hanno subito diverse proroghe, soprattutto in considerazione delle difficoltà che gli enti locali avrebbero incontrato per un regolare avvio dell'articolata disciplina della TIA1 e per l'applicazione del metodo normalizzato. L'ultima di dette proroghe è stata prevista dall'art. 1, comma 134, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) e, pertanto, alla data del 31 dicembre 2007 sarebbe terminato il periodo transitorio e dal successivo 1° gennaio 2008 tutti i comuni sarebbero stati obbligati ad applicare la TIA1.

Si deve anche rammentare che il legislatore aveva previsto, prima della scadenza di detto periodo transitorio, la possibilità per i comuni di deliberare l'istituzione della TIA1 in via sperimentale, ai sensi del combinato disposto dei commi 1-bis e 16 dell'art. 49, determinando, in tal modo, la contemporanea applicazione delle due forme di prelievo.

In tale contesto deve essere inserita la riforma introdotta dal D.Lgs. n. 152 del 2006, recante "Norme in materia ambientale", che all'art. 238, comma 1, prevede l'istituzione di una nuova tariffa per la gestione dei rifiuti urbani (TIA2) che "costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36".

Lo stesso comma 1 dell'art. 238 dispone che "la tariffa di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall'entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11", a norma del quale "sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l'applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti", che si identificano esclusivamente nell'insieme dei regolamenti di applicazione della TARSU e della TIA1 introdotta in via sperimentale.

Si deve, altresì, precisare che l'art. 264, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 152 del 2006 dispone l'abrogazione del D.Lgs. n. 22 del 1997 e prevede, inoltre, che "Alfine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto". Tra i provvedimenti attuativi del D.Lgs. n. 22 del 1997 rientra sicuramente il D.P.R. n. 158 del 1999.

Per impedire l'insorgenza di ulteriori incertezze applicative nelle more della completa attuazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 152 del 2006, l'art. 1, comma 184, lett. a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha stabilito che "il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l'anno 2006 resta invariato anche per l'anno 2007". Norme di analogo contenuto sono state previste anche per l'anno 2008 dall'art. 1, comma 166, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e, per l'anno 2009, dall'art. 5, comma 1, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13.

Al contempo, il comma 2-quater dell'art. 5 dello stesso D.L. n. 208 del 2008, ha previsto originariamente che "Ove il regolamento di cui al comma 6 dell'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non sia adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 30 giugno 2009, i comuni che intendano adottare la tariffa integrata ambientale (TIA) possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti".

Successivamente l'art. 23, comma 21, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha differito il termine del 30 giugno 2009 al 31 dicembre 2009.

Infine, detto termine è stato prorogato al 30 giugno 2010 dall'art. 8, comma 3, del D.L. 30 dicembre 2009 n. 194, convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25.

La lettura del combinato disposto dei commi 1 e 2-quater dell'art. 5 del D.L. n. 208 del 2008 evidenzia il venir meno del blocco del regime di prelievo che si è, quindi, definitivamente concluso nel 2009 e la facoltà concessa ai comuni di adottare il nuovo regime TIA2, operazione che di fatto sarebbe stata loro preclusa in caso di proroga del blocco.

Successivamente è intervenuto il comma 33 dell'art. 14, del D.L. n. 78 del 2010, il quale ha previsto in ordine alla TIA2 che "le disposizioni di cui all'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria".

In questo quadro normativo alquanto intricato, numerosi comuni hanno sollevato comprensibili dubbi in ordine al prelievo tributario applicabile in materia di gestione di rifiuti e se sulla TIA1 possa continuare ad essere applicata l'IVA a seguito della norma appena riportata. Per cui appare indispensabile procedere ad una lettura sistematica delle disposizioni innanzi enucleate.



2. L'attuale scenario in materia di prelievo sui rifiuti

Dal combinato disposto dell'insieme delle norme che regolano nel complesso la materia in esame e, in particolare, dei richiamati commi 1 ed 11 dell'art. 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006, emerge che i regolamenti TARSU e TIA1, già vigenti, continuano ad esplicare i loro effetti, fino a quando i comuni non dispongano facoltativamente di effettuare il passaggio a TIA2 oppure fino a quando non venga emanato il regolamento di cui al comma 6 dell'art. 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006 che obbligherebbe tutti i comuni ad applicare la TIA2.

Dalla ricostruzione normativa effettuata si possono presentare i seguenti scenari che offrono una proficua gamma di opportunità percorribili dai comuni che si contrappone alla rigidità normativa che ha caratterizzato la materia negli ultimi anni. In definitiva, le soluzioni che si prospettano consentono ai comuni di mantenere il regime sia della TARSU che della TIA1 oppure di istituire facoltativamente la TIA2.


2.1. Comuni che alla data del 31 dicembre 2009 erano in regime di TARSU


Per i comuni in questione non si pongono particolari problemi, poiché possono continuare ad applicare la TARSU utilizzando eventualmente, ai fini della determinazione delle tariffe, i criteri delineati nel D.P.R. n. 158 del 1999, operazione da ritenere senz'altro possibile secondo quanto affermato:

- nella Circ. 17 febbraio 2000, n. 25/E in cui è stato chiarito che "risulta sostanzialmente coerente con il principio dell'art. 65 l'utilizzazione dei criteri dettati dal metodo normalizzato per la determinazione della tariffa della tassa";

- nella decisione n. 750 del 10 febbraio 2009, in materia di TARSU, in cui il Consiglio di Stato ha posto in evidenza come il D.P.R. n. 158 del 1999 "non fissa solo un metodo per la determinazione della qualità e quantità di rifiuti solidi urbani prodotti per categorie di utenza, ma persegua anche lo scopo di stabilire il metodo sulle base del quale gli Enti locali devono calcolare la tariffa stessa".


2.2. Comuni che avevano già introdotto in via sperimentale la TIA1


Il complesso delle disposizioni normative di riferimento consente di affermare che anche per questi comuni non si pongono particolari problemi, poiché possono continuare ad applicare i propri regolamenti già vigenti nel 2006, anno in cui è entrato in vigore il D.Lgs. n. 152 del 2006.

In particolare, si deve tenere in considerazione il comma 33 del citato art. 14 del D.L. n. 78 del 2010 che contiene una disposizione di interpretazione autentica in base alla quale la TIA2 non ha natura tributaria e, conseguentemente, è soggetta ad IVA.

In sede di conversione del decreto-legge appena citato, infatti, il Governo ha accolto l'Ordine del Giorno n. 9/3638/55 presentato alla Camera dei deputati dall'On. le Bruno Murgia in base al quale detto comma 33 dell'art. 14 deve essere interpretato, fino all'entrata in vigore della TIA2, nel senso che anche la TIA1 non ha natura tributaria ed è, pertanto, soggetta ad IVA.

Si esprime, quindi, il parere che la TIA1 debba continuare ad essere assoggettata all'IVA, come già sostenuto dall'Amministrazione finanziaria nei diversi interventi che si sono succeduti nel tempo, vale a dire la Circ. 21 maggio 1999, n. 111 della Direzione centrale fiscalità locale del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, la Ris. 5 febbraio 2003, n. 25/E della Direzione centrale normativa e contenzioso dell'Agenzia delle entrate e la Ris. 17 giugno 2008, n. 250/E della stessa Direzione dell'Agenzia delle entrate.

A tale conclusione si può pervenire sulla base della lettura sistematica delle seguenti disposizioni:

- l'art. 14, comma 33, del D.L. n. 78 del 2010, che ha confermato la natura di corrispettivo della TIA2 già enunciata nell'art. 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006;

- l'art. 5, comma 2-quater, del citato D.L. n. 208 del 2008, il quale consente ai comuni di adottare la TIA2 "ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti", in particolare l'art. 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006 e il D.P.R. n. 158 del 1999.

La circostanza che la TIA2 possa in definitiva essere regolata dalle disposizioni inerenti la TIA1, conduce a concludere che i prelievi presentano analoghe caratteristiche e che la volontà del Legislatore è stata, con l'art. 14, comma 33, anche quella di dare una nuova veste alla TIA1, nelle more dell'emanazione del regolamento di cui all'art. 238, comma 6. Pertanto, se alla luce delle nuove disposizioni i due prelievi sono regolati ormai dalle stesse fonti normative, non appare razionale attribuire alla TIA1 una natura giuridica diversa da quella della TIA2. Di conseguenza, se la TIA2 ha natura di corrispettivo, ed in quanto tale è assoggettabile all'IVA, non può affermarsi diversamente per la TIA1.

Un'altra argomentazione che può essere formulata a sostegno dell'identità sostanziale dei due prelievi è offerta dalla circostanza che l'art. 5, comma 2-quater del D.L. n. 208 del 2008, attribuisce ai comuni la possibilità di introdurre la TIA2, facoltà che non è contemplata nell'impianto normativo del D.Lgs. n. 152 del 2006, atteso che l'art. 238 prevede che siano le Autorità Territoriali d'Ambito di cui all'art. 201 del D.Lgs. n. 152 del 2006 a determinare la tariffa, mentre ai comuni sono attribuiti, in base all'art. 198 del D.Lgs. n. 152 del 2006, compiti di collaborazione e supporto.

Occorre, peraltro, ricordare, ad ulteriore sostegno della tesi concernente l'identità dei due prelievi sin qui avanzata, che il comma 186-bis dell'art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, a partire dal 2011, prevede la soppressione delle Autorità Territoriali d'Ambito.

Da tali considerazioni discende, quindi, che i comuni che applicano attualmente la TIA1 in concreto adottano già il regime TIA2, grazie all'anello di congiunzione operato dal Legislatore con il comma 2-quater, dell'art. 5 e, pertanto, non appare necessaria alcuna innovazione regolamentare, a meno che i comuni non ritengano opportuno esplicitare in maniera formale, attraverso i riferimenti normativi, l'adozione della TIA2.

Un ulteriore approfondimento merita la questione della riscossione della TIA1 ed, in particolare, quella del soggetto che la effettua, il quale si identifica nello stesso soggetto che gestisce il servizio, come stabiliva l'art. 49, comma 13, del D.Lgs. n. 22 del 1997 ed è attualmente previsto dall'art. 10 del D.P.R. n. 158 del 1999, il quale dispone appunto che "il soggetto gestore provvede alla riscossione della tariffa". In particolare, si deve osservare che detto soggetto continua a svolgere l'attività di riscossione della TIA1 senza che debba essere richiesto a quest'ultimo alcun particolare adempimento, come, ad esempio, l'iscrizione nell'albo di cui all'art. 53 del D.Lgs. n. 446 del 1997.

Si perviene a tale conclusione considerando che la normativa riguardante la TIA1 pone un collegamento ex lege tra la gestione del servizio e i poteri di controllo, con la conseguenza che il solo fatto dell'affidamento a terzi della gestione del servizio comporta la delega a questi dei poteri di controllo in luogo del comune.

Si deve sottolineare che il presupposto normativo per la continuazione dell'attività di riscossione della TIA1 si rinviene anche nel combinato disposto dell'art. 204 del D.Lgs. n. 152 del 2006, concernente le "Gestioni esistenti", secondo il quale "i soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d'ambito" e dell'art. 10 del D.P.R. n. 158 del 1999, il quale ribadisce che il soggetto gestore provvede alla riscossione della tariffa.



3. Gli adempimenti dei comuni della regione Campania

Per i comuni compresi nella regione Campania il quadro normativo sin qui delineato deve essere coordinato con la lettura delle disposizioni di carattere eccezionale che sono intervenute per far fronte alla situazione di emergenza verificatasi nei comuni di questo territorio.

L'art. 7 del D.L. 11 maggio 2007, n. 61, convertito dalla legge 5 luglio 2007, n. 87 impone ai comuni in questione di adottare "immediatamente le iniziative urgenti per assicurare che, a decorrere dal 1° gennaio 2008 e per un periodo di cinque anni", ai fini della determinazione della TARSU e della TIA, siano applicate misure tariffarie per garantire la copertura integrale dei costi del servizio di gestione dei rifiuti. Tale disposizione è stata sostanzialmente confermata nell'art. 11 del D.L. 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, il quale ha anche fissato nuove regole in materia di accertamento e di riscossione dell'entrate in argomento.

Infatti, il comma 3 stabilisce in via generale che le società provinciali di cui alla legge della regione Campania, L.R. 28 marzo 2007, n. 4, agiscono sul territorio anche quali soggetti preposti all'accertamento e alla riscossione della TARSU e della TIA (sia essa TIA1 o TIA2), attraverso l'attivazione di "adeguate azioni di recupero degli importi evasi nell'ambito della gestione del ciclo dei rifiuti" fissando, altresì, alcuni adempimenti a carico dei comuni.

La lettura di questa disposizione, coordinata con quella del comma 5-quater, delinea la disciplina a regime della gestione delle fasi di accertamento e di riscossione delle due entrate. Infatti, le società provinciali che, a norma del comma 3 dell'art. 11 svolgono anche le attività in questione, a partire dal 2011, possono gestire direttamente tali attività, oppure possono affidarle, mediante il ricorso a gare di evidenza pubblica, ai soggetti individuati dall'art. 52, comma 5, lettera b), nn. 1), 2) e 4) del D.Lgs. n. 446 del 1997, con esclusione delle società in house, le quali, in quanto emanazione diretta del comune, in virtù della relazione interorganica con lo stesso ente che le possiede interamente, non potrebbero essere a loro volta controllate dalla società provinciale.

La norma contenuta nel comma 5-quater dell'art. 11 salvaguarda, tuttavia, i contratti di affidamento del servizio di accertamento e/o riscossione della TARSU e della TIA che sono in corso alla data del 1° gennaio 2011, consentendo ai soggetti affidatari, compresi i gestori del servizio di cui all'art. 10 del D.P.R. n. 158 del 1999, di continuare a svolgere le relative attività fino alla scadenza di detti contratti, senza possibilità di proroga o di rinnovo degli stessi.

Poiché dal 1° gennaio 2011, a norma del comma 3 dell'art. 11, le società provinciali agiranno sul territorio anche quali soggetti preposti all'accertamento e alla riscossione delle entrate in argomento, dette società subentreranno nei rapporti giuridici intercorrenti tra i comuni concedenti ed i sopra indicati soggetti affidatari.

Le ulteriori disposizioni che risultano di interesse ai fini della presente trattazione, contenute nei commi 5-bis e 5-ter, delineano, per il solo anno 2010, un regime transitorio per la riscossione della TARSU e della TIA, le quali devono essere calcolate dai comuni sulla base di due distinti costi:

- uno elaborato dalle province, anche per il tramite delle società provinciali, che forniscono ai singoli comuni ricadenti nel proprio ambito territoriale le indicazioni degli oneri relativi alle attività di propria competenza afferenti al trattamento, allo smaltimento ovvero al recupero dei rifiuti;

- uno elaborato dai comuni, indicante gli oneri relativi alle attività di propria competenza di cui al comma 2-ter secondo il quale "in fase transitoria, fino e non oltre il 31 dicembre 2010, le sole attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere gestite secondo le attuali modalità e forme procedimentali dai comuni".

La norma ha imposto, inoltre, ai comuni di emettere, nel termine perentorio del 30 settembre 2010, un apposito elenco, che può essere costituito dal ruolo nel caso di riscossione affidata agli agenti della riscossione, comprensivo di entrambe le causali degli importi dovuti alle amministrazioni comunali e provinciali per l'anno 2010. I soggetti che effettuano la riscossione devono a loro volta emettere un unico titolo di pagamento, riportante le causali degli importi dovuti alle amministrazioni comunali e provinciali e, "entro e non oltre venti giorni dall'incasso, provvedono a trasferire gli importi su due distinti conti, specificatamente dedicati, di cui uno intestato alla amministrazione comunale ed un altro a quella provinciale, ovvero alla società provinciale". Gli importi in questione "sono obbligatoriamente ed esclusivamente destinati a fronteggiare gli oneri inerenti al ciclo di gestione dei rifiuti di competenza".


Il Direttore generale delle finanze

Fabrizia Lapecorella



D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 264
D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 14
D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, art. 5
D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158
L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 184
L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 166
D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 23

Ministero del lavoro e delle politiche sociali Circ. 12-11-2010 n. 38/2010 Maxisanzione contro il lavoro sommerso - Art. 4 della L. n. 183/2010 c.d. "Collegato lavoro" - Istruzioni operative al personale ispettivo. Emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione generale per l'attività ispettiva.

Circ. 12 novembre 2010, n. 38/2010 (1).

Maxisanzione contro il lavoro sommerso - Art. 4 della L. n. 183/2010 c.d. "Collegato lavoro" - Istruzioni operative al personale ispettivo.

(1) Emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione generale per l'attività ispettiva.



 

Alle


Direzioni regionali e provinciali del lavoro
 

All'


Inps
   

Direzione centrale vigilanza sulle entrate ed economia sommersa
 

All'


Inail
   

Direzione centrale rischi
 

Al


Comando carabinieri per la tutela del lavoro
 

Al


Comando generale della guardia di fnanza
   

Loro sedi

e, p.c.:


All’


Ispettorato regionale del lavoro di Palermo
 

All’


Ispettorato regionale del lavoro di Catania
 

Alla


Provincia autonoma di Trento
 

Alla


Provincia autonoma di Bolzano
   

Loro sedi




Nell'ottica di una incontrovertibile conferma dell'impegno per il contrasto al lavoro irregolare, l'art. 4 della L. n. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro) apporta una profonda ed ampia modifica alle previsioni di cui all'art. 3 del D.L. n. 12/2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 73/2002, introducendo rilevanti novità in tema di maxisanzione per il lavoro sommerso.

In particolare la riformulazione dell'istituto, di notevole impatto ai fini dello svolgimento dell'attività di vigilanza, incide profondamente sulla previgente disciplina, ridefinendone l'ambito di applicazione i soggetti titolari del potere di contestazione dell’illecito e le modalità procedurali di adozione del provvedimento e di irrogazione della sanzione, nonchè il relativo regime sanzionatorio.

Ciò premesso, al fine di garantire l'uniformità di comportamento di tutto il personale ispettivo, si ritiene opportuno delineare un quadro unitario delle modifiche legislative intervenute in materia, fornendo le indicazioni per una piena e corretta applicazione della disciplina.



Natura della misura sanzionatoria e presupposti di individuazione del “lavoro nero”

Alla luce del nuovo impianto normativo, viene confermata la natura di misura sanzionatoria aggiuntiva della maxisanzione, in quanto la stessa non si sostituisce ma va a sommarsi a tutte le altre sanzioni previste dall'ordinamento nei casi di irregolare costituzione del rapporto di lavoro (mancata consegna al lavoratore del documento contenente le informazioni relative alla instaurazione del rapporto di lavoro, omesse registrazioni sul libro unico del lavoro e così via).

In tale contesto, elemento di assoluta novità rispetto alla previgente formulazione di legge è la consacrazione normativa del presupposto di individuazione del lavoro sommerso costituito dall'impiego di lavoratori in assenza di comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 9-bis, comma 2 del D.L. n. 510/1996, come convertito dalla L. n. 608/1996 e da ultimo sostituito dall'art. 1, comma 1180, della L. n. 296/2006 (Finanziaria 2007).

In tale ipotesi, pertanto, la mancata comunicazione preventiva al Centro per l'impiego, costituendo l’indice rivelatore dell’impiego di lavoratori "in nero", nonché il presupposto applicativo della maxisanzione, non è soggetta alla specifica sanzione di cui all'art. 19, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003, in quanto “assorbita” nella fattispecie più grave ex art. 4 della L. n. 183/2010. La prima sanzione, peraltro, risulta comunque applicabile in tutti gli altri casi, diversi dal lavoro subordinato in cui è prevista la comunicazione del rapporto al Centro per l’impiego (collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto, associazioni in partecipazione, tirocini), nonché con riferimento a rapporti di natura subordinata quando la mancata tempestiva comunicazione non dia luogo alla contestazione della maxisanzione.



Campo di applicazione della maxisanzione

Tra le principali novità si segnala anche il diverso ambito di applicazione della maxisanzione in quanto l’attuale formulazione legislativa si riferisce esclusivamente ai “lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro” alle dipendenze di datori di lavoro privati, ovvero anche di enti pubblici economici, con esclusione dei lavoratori domestici.

Risultano in tal modo superate le difficoltà interpretative legate alla precedente disciplina che sanzionava l'impiego di lavoratori “non risultanti dalle scritture e da altra documentazione obbligatoria”, a prescindere dalla qualificazione subordinata o autonoma del rapporto di lavoro.

Ne consegue che l'adozione del provvedimento sanzionatorio in oggetto, limitata per legge alle sole fattispecie di lavoro subordinato, non è consentita in riferimento ai rapporti di lavoro genuinamente instaurati con lavoratori autonomi e parasubordinati - come ad es. collaborazioni coordinate e continuative, in qualunque modalità, anche a progetti, associati in partecipazione con apporto di lavoro - per i quali non è stata effettuata, qualora normativamente prevista, la comunicazione preventiva al Centro per l'impiego (ferma restando la sanzionabilità della omessa comunicazione).

Sul punto va segnalato il diverso campo di applicazione del provvedimento sanzionatorio in esame rispetto a quello concernente il provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale di cui all'art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, in relazione al quale si continua a ricomprendere la generalità dei rapporti di lavoro, anche non subordinati. Ciò in quanto la natura, anche cautelare, del provvedimento di sospensione, come del resto evidenziato nella Circ. 10 novembre 2009, n. 33/2009 di questo Ministero, vuole prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto intercorrente tra il datore di lavoro/committente e lavoratore.

Ciò premesso va dunque chiarito che la maxisanzione trova applicazione con riferimento a prestazioni di natura subordinata non formalizzate attraverso la comunicazione al Centro per l'impiego (fatte salve esclusioni e scriminanti v. infra). Per le altre tipologie di rapporto per le quali non è prevista la comunicazione al Centro per l’impiego (ad es. lavoro accessorio o prestazioni rese dai soggetti di cui all'art. 4, comma 1, n. 6 e 7 del D.P.R. n 1124/1965), il requisito della subordinazione è dato per accertato -e quindi troverà applicazione la maxisanzione - qualora non siano stati effettuati i relativi e diversi adempimenti formalizzati nei confronti della pubblica amministrazione, utili a comprovare la regolarità del rapporto. In altri termini, rispetto a tali rapporti è possibile applicare la sanzione qualora non sia stata effettuata:

- la comunicazione di cui all'art. 23 del D.P.R. n. 1124/1965 per le figure di cui all'art. 4, comma 1, n. 6 e 7, dello stesso Decreto (coniuge, figli, parenti, affini, affiliati e affidati del datore di lavoro che prestino con o senza retribuzione alle di lui dipendenze opera manuale ed anche non manuale; soci delle cooperative e di ogni tipo di società, anche di fatto, comunque denominata costituita od esercitata, i quali prestino opera manuale, oppure non manuale);

- la comunicazione all'INPS/INAIL connessa alla attivazione di prestazioni di lavoro occasionale accessorio.

Quanto alle ipotesi in cui il datore di lavoro dichiari di aver attivato una prestazione di lavoro autonomo occasionale ai sensi dell’art. 2222 c.c., il personale ispettivo provvederà ad irrogare la maxisanzione in assenza della documentazione utile ad una verifica circa la pretesa autonomia del rapporto (iscrizione Camera di commercio, possesso di partita IVA, produzione di valida documentazione fiscale precedente all'accertamento).



Esclusioni dalla applicazione della maxisanzione e scriminanti

Al contrario in caso di formale instaurazione di rapporti di lavoro autonomi o parasubordinati nel rispetto dei relativi obblighi di natura documentale, la differente qualificazione degli stessi in chiave subordinata, operata dagli organi di vigilanza in sede di accertamento ispettivo, non comporta l’applicazione della maxisanzione in quanto, trattandosi di errato inquadramento della fattispecie lavorativa, difetta il presupposto identificativo del lavoro sommerso.

Per le stesse motivazioni non è soggetto alla maxisanzione il datore di lavoro che, antecedentemente al primo accesso in azienda del personale ispettivo o di una eventuale convocazione per l'espletamento del tentativo di conciliazione monocratica, regolarizzi spontaneamente e, integralmente per l'intera durata, il rapporto di lavoro, avviato originariamente senza una preventiva comunicazione obbligatoria di instaurazione. Più in particolare, fino alla scadenza del primo adempimento contributivo (giorno 16 del mese successivo a quello di inizio del rapporto) il datore di lavoro che non sia stato destinatario di accertamenti ispettivi potrà evitare l'applicazione della maxisanzione anche con la sola comunicazione al Centro per l'impiego da cui risulti la data di effettiva instaurazione del rapporto di lavoro (fermi restando i successivi e conseguenti adempimenti previdenziali e la piena sanzionabilità anche della tardiva comunicazione). Successivamente alla data di scadenza degli
obblighi contributivi, il datore di lavoro - a condizione che non sia stato avviato alcun procedimento di verifica, controllo, richieste di documenti o informazioni, accertamento, ivi compreso il tentativo di conciliazione monocratica - potrà andare esente dalla maxisanzione esclusivamente qualora proceda a denunciare spontaneamente la propria situazione debitoria entro e non oltre 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi riferiti al primo periodo di paga e semprechè il versamento degli interi importi dei contributi o premi dovuti agli Istituti previdenziali per tutto il periodo di irregolare occupazione sia effettuato entro 30 giorni dalla denuncia, in uno col pagamento della sanzione civile di cui all’art. 116, comma 8, lettera b), della L. n. 388/2000, e previa comunicazione al Centro per l'impiego da cui risulti la data di effettiva instaurazione del rapporto di lavoro (ferma restando la sanzionabilità anche della tardiva comunicazione).

In linea con il nuovo approccio dell'azione ispettiva, volto a prevenire e a reprimere gli illeciti di carattere sostanziale e ad ottenere la più celere regolarizzazione, la maxisanzione non viene applicata, in forza della deroga espressa di cui al comma 4 dell'art. 3, il quale stabilisce espressamente che “le sanzioni di cui al comma 3 non trovano applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione”.

Pertanto, qualora il personale ispettivo riscontri l'impiego di lavoratori subordinati in assenza della preventiva comunicazione obbligatoria, l’unica documentazione che il legislatore ritiene idonea ad escludere l'applicazione della maxisanzione è quella comprovante l'assolvimento degli obblighi di natura contributiva (DM10, EMENS, UNIEMENS). Peraltro, l'effetto scriminante degli adempimenti di tipo "contributivo" assolti con riguardo all’inizio delle prestazioni di lavoro e prima dell’intervento ispettivo può essere riconosciuto soltanto ai documenti previdenziali di tipo contributivo.

A tali fini, dunque, a nulla rileva l'esibizione di altra documentazione (quale ad es. il libro unico del lavoro, il contratto individuale di lavoro, la tessera personale di riconoscimento, la documentazione assicurativa e fiscale), non menzionata dalla disposizione citata in quanto non considerata significativa dell'intenzione di non occultare il rapporto lavorativo.

Tale scriminante opera anche nel caso in cui l'adempimento degli obblighi contributivi attenga a gestioni previdenziali diverse da quelle del Fondo lavoratori dipendenti.

In particolare, qualora il rapporto di lavoro originariamente qualificato come parasubordinato dal datore di lavoro venga, a seguito di accertamento ispettivo, inquadrato nell'ambito del lavoro subordinato, l'eventuale tempestivo versamento alla Gestione separata per il medesimo lavoratore esclude l’irrogazione della maxisanzione, anche in assenza di comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro (ferma restando la sanzionabilità della tardiva comunicazione).

Inoltre, secondo quanto già affermato da questo Ministero con la Circ. 21 agosto 2008, n. 20/2008, la maxisanzione non opera quando il datore di lavoro si è affidato a professionisti o associazioni di categoria e si trovi a non poter effettuare la comunicazione in via telematica per le ferie o la chiusura dei soggetti abilitati, se ha provveduto ad inviare la comunicazione preventiva di assunzione, a mezzo fax mediante il modello UniUrg e a condizione che documenti al personale ispettivo l'affidamento degli adempimenti a un soggetto abilitato e la chiusura dello stesso (resta fermo, l’obbligo di inviare la comunicazione ordinaria nel primo giorno utile successivo alla riapertura degli studi o degli uffici).



Fattispecie particolari

Per una corretta individuazione del lavoro sommerso punibile, vanno evidenziate alcune particolari fattispecie che devono essere valutate ai fini dell'applicazione della maxisanzione.

Anzitutto, circa i lavoratori domestici va chiarito che l'esonero dalla applicazione della maxisanzione riguarda soltanto i prestatori di lavoro addetti con continuità al funzionamento della vita familiare (cfr. C.C.N. Lavoro domestico del 13/2/2007). Tale esclusione, evidentemente, non opera nel caso in cui il datore di lavoro occupi il lavoratore assunto come domestico in altra attività imprenditoriale o professionale (come chiarito da questo Ministero con Lett.Circ. 4 luglio 2007, n. 25/I/0008906.

Riguardo ai lavoratori extracomunitari clandestini, o comunque privi del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, occupati irregolarmente, il delitto di occupazione di manodopera clandestina (art. 22, comma 12, del D.Lgs. n. 286/1998) convive con la novellata maxisanzione, ipotesi sanzionatoria aggiuntiva che punisce non la condotta penalmente rilevante, ma la fattispecie dell’occupazione di lavoratori non regolarizzabili.

Analogamente si ritiene applicabile la maxisanzione anche nelle ipotesi di impiego di minori, bambini e adolescenti, che siano privi dei requisiti legalmente stabiliti per l'ammissione al lavoro in qualsiasi forma ai sensi della L. n. 977/1967, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 345/1999.

Anche se la norma fa esplicito riferimento alla comunicazione preventiva d'instaurazione del rapporto di lavoro non si può ritenere che le Agenzie per il lavoro autorizzate alla somministrazione di lavoro, le quali comunicano l'assunzione dei lavoratori in somministrazione entro il ventesimo giorno del mese successivo, siano sottratte alla applicazione della maxisanzione. Ribadendo quanto già affermato da questo Ministero con Circ. 9 aprile 2009, n. 13/2009, la regolare occupazione del lavoratore somministrato, in missione presso l'utilizzatore, va dimostrata con l'esibizione del contratto di lavoro sottoscritto dalle parti o della comunicazione di invio in somministrazione.

Così pure le istituzioni scolastiche private (le quali comunicano i rapporti di lavoro entro i dieci giorni successivi alla instaurazione, ex art. 2, comma 4, del D.L. n. 147/2007, convertito da L. n. 175/2007) rientrano nell'ambito dì applicazione della maxisanzione se occupano irregolarmente personale, qualora non possano attestare la regolarità della occupazione con la documentazione posta in essere per inserire il lavoratore nella organizzazione didattica o funzionale (secondo quanto affermato da questo Ministero nella risposta alla nota 25 marzo 2009, n. 25/I/0004250).

Inoltre, l'art. 4, comma 2, della L. n. 183/2010 consente ai datori di lavoro del settore turistico che non siano in possesso di uno o più dati anagrafici inerenti ai lavoratori da assumere, di integrare la comunicazione preventiva di assunzione entro il terzo giorno successivo a quello dell’instaurazione del rapporto di lavoro, pertanto la maxisanzione potrà essere irrogata soltanto in caso di personale impiegato senza la preventiva comunicazione semplificata, dalla quale risultino "la tipologia contrattuale e l'identificazione del prestatore di lavoro".

Infine, circa le assunzioni per causa di forza maggiore o eventi straordinari, che fanno eccezione alla comunicazione preventiva obbligatoria, secondo quanto chiarito da questo Ministero con la nota 4 gennaio 2007, n. 13/SEGR/0000440 e nota 14 febbraio 2007, n. 13/SEGR/0004746, nei casi in cui il datore di lavoro non avrebbe potuto prevedere con l'esercizio dell'ordinaria diligenza, in quanto l'evento era imprevedibile, rendendo improcrastinabile l’assunzione e impossibile la previsione di essa, la oggettiva impossibilità di conoscere anticipatamente numero e nominativi dei lavoratori da assumere deve essere valutata attentamente in base alle concrete circostanze del caso, secondo quanto chiarito dalla citata Circ. 21 agosto 2008, n. 20/2008, annotando nel verbale di primo accesso ispettivo le giustificazioni addotte circa la mancata comunicazione preventiva ed evidenziando se sussisteva "una oggettiva impossibilità di conoscere anticipatamente il numero e i nominativi dei
lavoratori occupati" ai fini dell’esonero dalla maxisanzione.



Sanzioni amministrative

L'attuale formulazione normativa prevede due distinte ipotesi sanzionatorie, in luogo dell'unica originariamente disciplinata dall’art. 3, comma 3, del D.L. n. 12/2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 73/2002.

La prima contempla la tipica ipotesi di c.d. lavoro nero, ricorrente nel caso in cui vengano impiegati lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, ipotesi che comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa da euro 1.500 ad euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo.

La seconda, in linea con il principio di proporzionalità delle sanzioni, delinea una fattispecie sanzionatoria attenuata. La stessa ricorre nel caso in cui il datore di lavoro abbia regolarizzato il rapporto solo successivamente rispetto all'effettiva instaurazione e soltanto in parte, ovvero quando il datore di lavoro abbia fatto svolgere al lavoratore un periodo parzialmente "in nero", pur a fronte di un successivo periodo di regolare occupazione. In tale ipotesi è prevista una sanzione amministrativa da euro 1.000 ad euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare.

Considerata l’intenzione del legislatore di sollecitare, quanto più possibile, il trasgressore verso la regolarizzazione, non essendo prevista la non applicabilità dell’estinzione agevolata mediante pagamento della sanzione in misura ridotta, in entrambe le ipotesi di illecito il personale ispettivo dovrà ammettere il trasgressore al pagamento della sanzione in misura ridotta (ai sensi dell’art. 16 della L. n. 689/1981), pertanto la sanzione irrogabile sarà pari, rispettivamente a euro 3000 per lavoratore oltre a euro 50 euro di maggiorazione giornaliera e a euro 2000 per lavoratore oltre a euro 10 di maggiorazione giornaliera.



Sanzioni civili previdenziali

Per quanto riguarda le sanzioni civili previdenziali connesse all'evasione di contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare per entrambe le ipotesi sopra delineate si evidenzia che l’importo delle stesse è aumentato del 50% ed è venuto meno il tetto minimo dei 3.000 euro.

Pertanto, alla luce della modifica sopra citata, il calcolo delle sanzioni civili va effettuato sulla base della disciplina dettata dall'art. 116 della L. n. 388/2000 ed il risultante importo aumentato del 50%.

In proposito è utile ricordare che le sanzioni civili trovano applicazione esclusivamente nei casi in cui siano scaduti al momento dell’accesso ispettivo, i termini per il pagamento dei contributi e dei premi con riferimento al periodo di lavoro irregolare accertato.

Considerata la natura risarcitoria delle sanzioni civili in esame va precisato che le nuove modalità di calcolo degli importi trovano applicazione con riferimento agli accertamenti iniziati successivamente alla data di entrata in vigore del Collegato lavoro, anche se le predette omissioni si riferiscono ai periodi di lavoro irregolare antecedenti alla formulazione della norma.



Organi competenti e modalità procedurali

Rispetto alla precedente formulazione normativa, ulteriore elemento di novità concerne l’ampliamento della platea dei soggetti legittimati ad irrogare la maxisanzione. La competenza ad adottare tale provvedimento, prerogativa in passato del solo personale ispettivo delle Direzioni provinciali del lavoro, viene ora attribuita a tutti gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza (INPS, INAIL, ENPALS, IPSEMA, AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE DOGANE, GUARDIA DI FINANZA etc.)

I suddetti soggetti, pertanto, devono procedere alla contestazione/notificazione della citata misura sanzionatoria, ai sensi dell'art. 14, L. n. 689/1981, mediante il verbale unico di accertamento e notificazione introdotto dall’art. 33 della stessa L. n. 183/2010 e delle altre sanzioni connesse al lavoro nero rientranti nelle rispettive e specifiche competenze.

Con riferimento invece alle violazioni amministrative di esclusiva competenza del personale ispettivo di questo Ministero, gli organi di vigilanza sopra citati continueranno ad inviare le relative segnalazioni alle Direzioni provinciali del lavoro territorialmente competenti, le quali provvederanno ai conseguenti adempimenti, ai sensi dell’art. 10, comma 5, del D.Lgs. n. 124/2004 alle eventuali notificazioni degli illeciti, sempre mediante il verbale unico di accertamento e notificazione, previa verifica della correttezza e fondatezza degli accertamenti.

In merito alle contestazioni direttamente effettuate occorre evidenziare che i soggetti di cui sopra sono chiamati a ricevere e verificare la documentazione attestante il pagamento delle somme irrogate a titolo di maxisanzione.

In caso di mancato pagamento delle richiamate sanzioni, gli organi di vigilanza sopra citati sono tenuti a redigere e ad inviare al Direttore della DPL, territorialmente competente, un rapporto circostanziato ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della L. n. 689/1981, contenente anche apposite osservazioni in caso di presentazione di eventuali scritti difensivi.

A tale rapporto va allegata tutta la documentazione probatoria utile alla prosecuzione del procedimento sanzionatorio, con particolare riferimento alle dichiarazioni dei lavoratori sentiti durante le attività investigative, alle controdeduzioni degli interessati etc.

In tali casi, infatti, la Direzione provinciale del lavoro è deputata alla verifica tanto della correttezza procedimentale quanto della fondatezza degli accertamenti svolti, ai fini dell'emanazione dei conseguenti provvedimenti di ingiunzione o di archiviazione.

Occorre precisare, inoltre, che a seguito della modifica apportata dalla L. n. 183/2010 al comma 7-bis dell'art. 36-bis del D.L. n. 223/2006, la competenza in materia di maxisanzione non è più riferita al momento della “constatazione della violazione” da parte degli organi di vigilanza, bensì al momento della “commissione dell’illecito”.

Pertanto per le violazioni commesse prima del 12 agosto 2006, ossia la cui condotta illecita sia cessata spontaneamente o a seguito di intervento ispettivo antecedentemente a tale data, per le quali non sia stata già irrogata la relativa sanzione, la competenza ad irrogare il provvedimento rimane in capo all'Agenzia delle Entrate, alla quale le Direzioni provinciali del lavoro dovranno inviare tempestivamente tutti i fascicoli riferiti ai procedimenti non ancora definiti con ordinanza.

Diversamente con riferimento alle condotte illecite, cessate anteriormente al 24 novembre 2010 (entrata in vigore del Collegato lavoro), iniziate anche prima del 12 agosto 2006 (entrate in vigore del D.L. n. 223/2006), anche se accertate successivamente dagli organi di vigilanza, risulta competente ad adottare la maxisanzione esclusivamente il personale ispettivo di questo Ministero.

Ove l’illecito sia cominciato prima del 12 agosto 2006 o prima del 24 novembre 2010, ma sia proseguito oltre tale ultima data la competenza alla irrogazione della maxisanzione, secondo i nuovi parametri normativi e sanzionatori, spetta a tutti gli organismi di vigilanza sopra menzionati.



Diffida ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004

In linea con le finalità proprie della diffida obbligatoria, di promuovere la regolarizzazione dei rapporti di lavoro nonchè di comporre i contenziosi in essere, l’attuale previsione normativa non esclude più, come avveniva invece nel testo previgente l'applicazione dell'istituto in questione alla maxisanzione per lavoro nero.

Ne consegue che qualora il personale ispettivo - compreso quello degli Istituti e degli altri soggetti che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza, in virtù dell’estensione operata dall’art. 13, commi 6 e 7, della L. n. 183/2010 - riscontri ipotesi di lavoro nero alle quali è applicabile la maxisanzione, lo stesso deve diffidare ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004 il trasgressore e gli eventuali obbligati in solido a regolarizzare sotto il profilo contributivo, e lavoristico la posizione dei lavoratori coinvolti, anche nelle ipotesi di un primo periodo di impiego in nero seguito da un periodo di regolare occupazione. La diffida, invece, non sarà applicabile in caso di lavoro irregolare di lavoratori extracomunitari privi di idoneo permesso di soggiorno e di minori non occupabili, essendo tate condotta materialmente non sanabile.

Per regolarizzazione s'intende sia la comunicazione del giorno di effettiva instaurazione del rapporto di lavoro sia il versamento contributivo ove ne sussistano i presupposti, ossia qualora siano scaduti i relativi termini per il pagamento anche quando ciò si verifichi nelle more di adempimento al provvedimento di diffida.

In ordine alla regolarizzazione si rimanda ai chiarimenti contenuti della Circ. 10 novembre 2009, n. 33/2009 alla luce dei quali risulterà, di norma, possibile regolarizzare esclusivamente con contratti di natura subordinata a tempo pieno ed indeterminato ovvero a tempo parziale con regime orario non inferiore a 20 ore settimanali.

In caso di ottemperanza alla diffida i predetti soggetti sono ammessi al pagamento della maxisanzione nella misura minima edittale per l'importo stabilito in misura variabile e nella misura di un quarto della maggiorazione giornaliera prevista in misura fissa.

In ipotesi di lavoro totalmente in nero, pertanto, sarà comminata la somma di euro 1.500 quale sanzione in misura variabile per ciascun lavoratore irregolare a cui andrà aggiunta la somma di euro 37,50 quale maggiorazione per ciascuna giornata di lavoro irregolare. In caso di lavoro parzialmente in nero invece, sarà irrogata la somma di euro 1.000 per la sanzione in misura variabile aumentata di euro 7,50 quale maggiorazione per ciascuna giornata di lavoro irregolare.



Profili di diritto intertemporale

Per quanto riguarda l’ambito temporale di applicazione della nuova maxisanzione occorre preliminarmente sottolineare la natura permanente dell'illecito che si consuma al momento della cessazione della condotta posta in essere. Al fine di stabilire la disciplina applicabile, il personale ispettivo è chiamato, dunque ad individuare il momento consumativo dell’illecito, ossia a verificare se la condotta posta in essere dal datore di lavoro sia cessata sotto la vigenza della vecchia disciplina ovvero di quella riformulata dalla L. n 183/2010, applicando il relativo regime sanzionatorio.

Pertanto, per le condotte illecite che si sono esaurite prima dell’entrata in vigore del Collegato lavoro si dovrà applicare la precedente disciplina sanzionatoria. Tuttavia, stante la natura procedurale della disposizione, deve estendersi a tutti gli accertamenti in corso al momento dell’entrata in vigore della L. n. 183/2010, non ancora conclusi con verbale di accertamento e notificazione, la possibilità di adottare la diffida ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004 nonchè le nuove modalità di calcolo della sanzione in misura ridotta (art. 16 della L. n. 689/1981). Analogamente le nuove modalità di calcolo della sanzione in misura ridotta andranno applicate ai procedimenti sanzionatori che hanno già formato oggetto di rapporto al Direttore (art. 17 della L. n. 689/1981) in sede di determinazione della sanzione ai fini della adozione della relativa ordinanza-ingiunzione (art. 18 della L. n. 689/1981).

Nel caso, invece, in cui si accerti che l'illecito punibile con la maxisanzione si sia consumato successivamente alla data di entrata in vigore della L. n. 183/2010, l'organo di vigilanza dovrà applicare all'intero periodo oggetto di acccertamento la nuova disciplina, anche se la condotta sia iniziata in epoca antecedente all’introduzione della stessa, proprio in considerazione della prevalenza del momento consumativo dell'illecito ai fini della corretta identificazione del regime sanzionatorio.

Infine, se diverse sono le persone fisiche che hanno rivestito il ruolo di trasgressore, la maxisanzione va applicata a tutti nella base sanzionatoria, mentre la maggiorazione giornaliera va calcolata separatamente, addebitando a ciascuno il lavoro irregolare svolto nel rispettivo periodo di responsabilità.


Il Direttore generale

Dott. Paolo Pennesi



L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 4
D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, art. 3
L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 33
D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 13
D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 9-bis
D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36-bis

"Il Decreto Sicurezza - Testo del DL con le disposizioni commentate articolo per articolo - Dalla tracciabilità dei pagamenti negli appalti della confrisca in materia di lavoro - Si scrive Sindaco si legge Sceriffo - (Fonte: Il Sole24ore)










"Ruby con la scorta. Agli assistenti sociali ha raccontato gli spostamenti verso le case di B. con tanto di agenti e autista"



"SICUREZZA STRADALE: TRIBUNALE ABBIATEGRASSO, IRREGOLARI MULTE CHE ARRIVANO COL POSTINO = A CONSEGNARLE DEVE ESSERE L'UFFICIALE GIUDIZIARIO O L'ESATTORE"

Milano, 16 nov. - (Adnkronos) - Le multe consegnate dal postino
sono irregolari e non devono essere pagate. A recapitare la cartella
esattoriale, infatti, deve essere l'ufficiale giudiziario o
l'esattore. E' quanto emerge da un articolo pubblicato oggi su "il
Giornale", che cita una sentenza emessa venerdi' scorso dal Tribunale
civile di Abbiategrasso (Milano), secondo cui sono da considerarsi
nulle le contravvenzioni ricevute tramite uffici postali.

In Lombardia, i vigili urbani dei vari Comuni, in caso di
mancato pagamento delle multe, si rivolgono alla societa' Equitalia,
che automaticamente invia le cartelle esattoriali tramite Poste
Italiane. Ora chi ha ricevuto quelle multe potra' presentare ricorso,
chiedendo che ne sia riconosciuta la nullita'.

Difficile stabilire quali siano le somme che le amministrazioni
rischiano di non incassare, considerando che solo nel Comune di
Milano, nel corso del 2008, la Polizia Municipale ha elevato multe per
149 milioni e 780mila euro.

(Cmu/Zn/Adnkronos)
16-NOV-10 10:38

NNNN

Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.

"""""""Art. 19  Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
 
1.  Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.
 
2.  La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie.
 
3.  Il Consiglio centrale di rappresentanza militare (COCER) partecipa, in rappresentanza del personale militare, alle attività negoziali svolte in attuazione delle finalità di cui al comma 1 e concernenti il trattamento economico del medesimo personale.
Art. 27  Disposizioni in materia di personale dell’Amministrazione della difesa
 
1.  A decorrere dal 1° gennaio 2009, si applicano anche al personale delle Forze armate le disposizioni di cui all’ articolo 2, comma 91, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che pongono a carico delle amministrazioni utilizzatrici gli oneri del trattamento economico fondamentale e accessorio del personale in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.


Art. 28  Personale dei gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
 
1.  Per particolari discipline sportive indicate dal bando di concorso, i limiti minimo e massimo di età per il reclutamento degli atleti dei gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono fissati, rispettivamente, in diciassette e trentacinque anni. Il personale reclutato ai sensi del presente articolo non può essere impiegato in attività operative fino al compimento del diciottesimo anno di età.

Art. 29  Concorsi interni per vice revisore tecnico e vice perito tecnico della Polizia di Stato
 
1.  Al decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 337, sono apportate le seguenti modifiche:
 
a)  all’ articolo 20-quater:
1)  al comma 1, lettera a), le parole: «provenienti da profili professionali omogenei a quello per cui concorrono,» sono soppresse;
2)  al comma 3, le parole: «e nel solo bando di cui al comma 1, lettera a), si procede altresì alla definizione, anche per categorie omogenee, delle corrispondenze fra i profili professionali del ruolo degli operatori e collaboratori tecnici e quelli relativi ai posti messi a concorso» sono soppresse;
b)  all’ articolo 25-ter:
1)  al comma 1, le parole: «proveniente da profili professionali omogenei a quello per il quale concorre,» sono soppresse;
2)  al comma 2, le parole: «, nonché la definizione, anche per categorie omogenee, delle corrispondenze fra i profili professionali del ruolo dei revisori tecnici e quelli relativi ai posti messi a concorso» sono soppresse.
7. Il potere di diffida di cui al comma 2 è esteso agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che accertano, ai sensi dell’ articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale. Qualora rilevino inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, essi provvedono a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5»."""""""""""

Salute: le indicazioni del ministero per prevenire l’influenza stagionale 2010-2011