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giovedì 14 luglio 2011

Manovra: domani protesta sindacati PS a Montecitorio.

MANOVRA: DOMANI PROTESTA SINDACATI PS A MONTECITORIO
SIAP-SILP-COISP-ANFP, DA GOVERNO ANCORA UNA VOLTA DISINTERESSE
(ANSA) - ROMA, 14 LUG - I sindacati di polizia scendono in
piazza contro la manovra economica. Domani, in concomitanza con
la votazione alla Camera, Siap, Silp-Cgil, Coisp e Anfp hanno
organizzato un volantinaggio in piazza Montecitorio per
''denunciare, ancora una volta, il totale disinteresse del
Governo verso il settore della sicurezza''.
Le misure inserite nella manovra, ''che si aggiungono a
quelle introdotte con le precedenti manovre del 2008 e del 2010
- affermano i sindacati - produrranno ulteriori penalizzanti
conseguenze sia sul versante del personale che su quello del
funzionamento degli apparati, con evidenti ripercussioni sulla
sicurezza dei cittadini''.(ANSA).

GUI
14-LUG-11 18:36 NNNN

ORDIGNO SU TAV ROMA-NAPOLI: PISTA CRIMINALITA' ORGANIZZATA PER RAPINA O ESTORSIONE. QUESTORE,NON AVREBBE FATTO GROSSI DANNI

ORDIGNO SU TAV ROMA-NAPOLI: POSSIBILE GESTO DIMOSTRATIVO

(ANSA) FROSINONE, 14 LUG - Un gesto dimostrativo. Cercava
probabilmente questo chi ha piazzato il razzo, senza esplosivo
ma con propellente, lungo la linea dell'alta velocita'
Roma-Napoli tra Ceccano e Castro, nel frusinate.
''Le indagini- spiega il Questore di Frosinone Giuseppe De
Matteis - ci porterebbe ad alcuni gruppi che in passato hanno
avuto accesso ad armi in dotazione alle Forze Armate per azioni
di criminalita'. Stiamo facendo accertamenti approfonditi, ma
sicuramente ci sono collegamenti con la Tav. Al momento e'
presto per dire che cosa avessero intenzione di fare''.
L'ordigno, un razzo terra-aria di ultima generazione e
componente di un elicottero, dopo essere stato messi in
sicurezza e' stato disinnescato dagli artificieri.
Il procuratore capo di Frosinone, De Falco, ha aperto un
fascicolo contro ignoti. La Questura di Frosinone sospetta che
dietro l'episodio scoperto durante un'ispezione della Digos ci
sia la pista della criminalita' organizzata.
(ANSA)

YPO-TZ
14-LUG-11 17:38 NNNN
ORDIGNO SU TAV ROMA-NAPOLI: PISTA CRIMINALITA' ORGANIZZATA
PER RAPINA O ESTORSIONE. QUESTORE,NON AVREBBE FATTO GROSSI DANNI
(ANSA) FROSINONE, 14 LUG - E' quella della criminalita'
organizzata la pista che segue la Questura di Frosinone per
risalire agli autori dell'ordigno rinvenuto la notte scorsa
lungo la linea dell'Alta velocita' tra Ceccano e Castro dei
Volsci, in Ciociaria. La polizia sta indagando in questa
direzione e l'ipotesi prevalente e' quella di un atto compiuto
da associazioni criminali a scopo di rapina o estorsione.
''Stiamo indagando in questa direzione - dice il Questore di
Frosinone Giuseppe De Matteis - e ci siamo arrivati sulla base
di riscontri concreti. Siamo impegnati con verifiche
approfondite. Ci sentiamo di escludere qualunque cosa che non
sia criminalita' organizzata. Abbiamo voluto evitare qualsiasi
allarmismo e strumentalizzazione su una vicenda cosi'
delicata''. L'ordigno, circa un metro e mezzo, e' stato trovato
la notte scorsa durante un'ispezione sotto un cavalcavia della
Tav. Il razzo era privo di esplosivo ma conteneva ''carica
propellente''. Un'eventuale esplosione, come conferma il
Questore di Frosinone, non avrebbe provocato grossi danni al
treno in transito sulla Tav.
''Siamo alla prima fase delle indagini - conclude il Questore
- e al momento non possiamo avanzare altre ipotesi''.(ANSA)

YPO-RO
14-LUG-11 16:49 NNNNRITROVATO ORDIGNO SU TRATTA FERROVIARIA TAV FROSINONE (2)=
(AGI) - Frosinone, 14 lug. - Nel corso della conferenza stampa
presso la Questura di Frosinone, la Polizia di Stato ha
illustrato i dettagli inerenti al rinvenimento del razzo
terra-aria, di ultima generazione, lungo la tratta Tav che
attraversa la provincia di Frosinone. A rinvenire l'ordigno,
collegato ad un detonatore senza fili, sono stati nella tarda
serata di ieri gli investigatori della Digos della Questura di
Frosinone. Un metro e mezzo di lunghezza e di fabbricazione
italiana, il razzo e' stato posizionato, al momento da persone
rimaste sconosciute, al di sotto di uno dei cavalcavia che
sovrastano la tratta superveloce Roma-Napoli.
"Sapevamo dove andare a cercare - ha spiegato il questore
Giuseppe De Matteis, nel corso della conferenza stampa - e sono
pronto ad escludere unitamente alla Procura di Frosinone che
possa trattarsi di un atto intimidatorio di provenienza
nazionale. Siamo sulle tracce degli autori di quel gesto. Non
crediamo che si possa trattare di un attentato, ma forse di un
gesto dimostrativo". Il razzo, componente di un elicottero, e'
stato individuato dal personale della Questura e disinnescato
dagli artificieri arrivati da Roma. (AGI)
Fr1/Zeb
141655 LUG 11

NNNN

Salute/ Fazio autorizza nuovo trattamento tumori con protoni

Salute/ Fazio autorizza nuovo trattamento tumori con protoni
Per cura cordomi e condrosarcomi a base del cranio e del rachide

Roma, 14 lug. (TMNews) - Il Ministro della Salute Ferruccio Fazio
ha autorizzato l`avvio di un nuovo trattamento radioterapico con
protoni per la cura di alcuni tipi di tumori (cordomi e
condrosarcomi della base del cranio e del rachide, meningiomi
intracranici) nel centro di adroterapia oncologica (Cnao) di
Pavia che ha installato, primo in Italia e tra i primi in Europa,
un apparato tecnologicamente avanzatissimo per l`adroterapia.

"L`avvio nel nostro Paese di questo trattamento messo a punto
in Giappone - si legge in una nota del ministro - è un`ulteriore
conferma dell`eccellenza della sanità italiana e della sua
volontà di continuare ad innovare e sperimentare, nonostante le
difficoltà finanziarie di questo periodo. La lotta agli sprechi e
alle inappropriatezze ancora largamente presenti nella nostre
strutture sanitarie consentirà di investire sempre più nella
ricerca e nell`innovazione per mettere a disposizione dei
cittadini le tecnologie di cura più avanzate".

Fazio ha autorizzato l`avvio delle cure "in fase propedeutica
alla sperimentazione" sulla base della decisione del Consiglio
superiore di sanità che, martedì scorso, ha espresso parere
favorevole alla possibilità di trattamento radioterapico con
protoni, "per uso compassionevole" presso il Cnao di Pavia. Il
parere è stato adottato a seguito della valutazione del
dimostrato raggiungimento degli obiettivi fisico-dosimetrici e
radiobiologici descritti nel protocollo sull`attività
propedeutica alla sperimentazione sui pazienti presentati dallo
stesso centro.

Red/Cro

141358 lug 11

SALUTE. ERUZIONE VULCANO, MILIONI A RISCHIO IN ERITREA-ETIOPIA GRAVE CARENZA D'ACQUA, CRESCENTE MALNUTRIZIONE

SALUTE. ERUZIONE VULCANO, MILIONI A RISCHIO IN ERITREA-ETIOPIA
GRAVE CARENZA D'ACQUA, CRESCENTE MALNUTRIZIONE

(DIRE - NOtiziario Sanita') Roma, 14 lug. - Sulla scia della
recente eruzione vulcanica in Eritrea, milioni di etiopi nello
stato di Afar rischiano di morire di fame mentre acqua e cibo
continuano a diminuire.Il vulcano, nella regione Nabro, ha
iniziato ad eruttare il 12 giugno, vomitando cenere per centinaia
di chilometri, e colpendo le risorse di cibo e acqua insieme ai
voli aerei in alcune zone. L'eruzione ha causato un terremoto di
magnitudo5.7, secondo quanto riferito dal ministro
dell'Informazione dell'Eritrea in un comunicato. Secondo un
rapporto dell'Afar Disaster Prevention dell'Etiopia e
dell'Ufficio di coordinamento del programma per la sicurezza
alimentare,"l'impatto ostile delle ceneri vulcaniche ha
incrementato le denunce di mortalita' del bestiame, di
migrazioni, di grave carenza d'acqua, di problemi per la salute
umana e di crescente malnutrizione fra i woredas [distretti]
maggiormente colpiti dal vulcano: Bidu, Afdera, Erebti, Elidar,
Teru e Kori.Nel woreda di Bidu, e' stata riferita la morte di 31
persone a causa delle ceneri vulcaniche".

Almeno 68,8 milioni di birr (circa 4 milioni di dollari
americani) sono necessari per far fronte ai bisogni di emergenza,
secondo un appello fatto dal governo di Afar, che ha dichiarato
che 48 milapersone sono state colpite nei woredas di Bidu,
Afdera, Erebti e Teru. Altre 167.153 persone, nei woredas di
Elidar e Kori, avevano bisogno di controlli, secondo un gruppo di
controllo d'emergenza, sul posto a meta' giugno.
Tuttavia, il governo federale etiope ha affermato di non avallare
l'appello del governo regionale di Afar e che sta verificando la
situazione. "Abbiamo esaminato il documento di appello e vorrei
rendere chiaro che non si tratta di un documento nazionale e che
noi non l'abbiamo appoggiato", ha affermato Aklog Nigatu, un
portavoce dell'agenzia per la gestione dei disastri del Ministero
dell'agricoltura. Aklog ha aggiunto che il ministero non aveva
registrato casi di vittime, aggiungendo che era ancora troppo
presto per dire quante persone erano state colpite ed avevano
bisogno di aiuto. Mohammed Amin, nutrizionista in Afar, ha detto:
"Il team di esperti inviato e' penetrato nelle aree colpite, fino
a 10km da dove il vulcano ha eruttato; il cibo li era contaminato
dalle ceneri vulcaniche." Ha inoltre detto che ai residenti era
stato suggerito di non mangiare cibo prodotto localmente in caso
di contaminazione.

Gli effetti dell'eruzione hanno aumentato la vulnerabilita'
delle popolazioni colpite nella regione prevalentemente
pastorale, diceva l'appello. Fra i timori che una delle piu'
grandi miniere di sale dell'Etiopia nell'area di Afdera fosse
stata contaminata dalle ceneri vulcaniche, Aklog ha detto: "Gli
esperti, inclusi quelli provenienti dall'Istituto di ricerca
sulla nutrizione e la salute etiope, stanno per esaminare se la
produzione di sale ad Afdera e' contaminata con materiali tossici
in modo che il consumo e l'esportazione possano essere fermati".
Il 5 luglio, il ministero dell'informazione dell'Eritrea ha
riferito che cittadini fuggiti a causa dell'eruzione vulcanica e
del terremoto erano in buona salute. Michael Gebrehiwet, capo
della squadra ministeriale che comprende membri dell'organico per
la salute, il lavoro ed il welfare, hanno detto che non era stata
registrata nessuna malattia trasmissibile nei nuovi siti
d'insediamento dei rifugiati.

Per quanto riguarda l'impatto della continua emissione di
polveri e fumo, Michael ha affermato che cio' non costituiva un
grave problema per la salute, con pruriti che sono stati riferiti
fra le persone colpite. Mihreteab Fisehaye, direttore-generale
della sicurezza sociale nel Ministero per il lavoro ed il
benessere umano ha affermato che erano state portate avanti
"azioni concertate" per aiutare i rifugiati.

(Wel/ Dire)
16:01 14-07-11

NNNN

Salute: Bambino Gesù, un robot aiuta i bimbi a camminare

SALUTE: BAMBINO GESU', UN ROBOT AIUTA I BIMBI A CAMMINARE

(ANSA) - ROMA, 14 LUG - Per la prima volta viene usato per i
bambini il robot che aiuta a camminare. Accade in Italia, presso
l'ospedale pediatrico Bambino Gesu' a Santa Marinella (Roma). Il
robot si chiama ReWalk ed e' un esoscheletro, ossia una sorta di
'tuta meccanica' che consente a chi ha perso l'uso delle gambe
di alzarsi in piedi e camminare.
Progettato da un ingegnere israeliano costretto
all'immobilita' da un incidente, e' tra i sistemi robotici
utilizzati nel nuovo laboratorio di robotica e analisi del
movimento dell'ospedale Bambino Gesu', inaugurato oggi.
Indossando l'esoscheletro, uno zainetto e un sistema di
controllo che ricorda un orologio da polso e con un collegamento
wireless, i pazienti paraplegici possono alzarsi e camminare,
aiutandosi con le stampelle. ''Al momento ReWalk - spiega Enrico
Castelli, responsabile della neuroriabilitazione pediatrica
dell'ospedale - e' utilizzabile su bambini alti 1,50-1,60 metri,
ma stiamo lavorando per adattarlo anche a bimbi di statura
inferiore e quindi piu' piccoli''.
Il ReWalk e' solo uno dei sistemi robotici presenti nella
struttura, dove una squadra di medici, infermieri, tecnici,
riabilitatori e ingegneri studiano, sperimentano e brevettano
strumenti, presidi e apparecchi robotici per aiutare nella
riabilitazione quanti hanno disabilita' motorie oppure hanno
perso l'uso delle gambe per una lesione del midollo spinale. I
sistemi robotici sono stati realizzati in collaborazione con il
dipartimento di Meccanica e Aeronautica dell'universita' La
Sapienza di Roma e il Massachusetts Institute of Technology
(Mit) di Boston. (ANSA).

Y85-BG
14-LUG-11 16:48 NNNN
SALUTE: LA ROBOTICA PER LA RIABILITAZIONE DEI BAMBINI =
(AGI) - CdV, 14 lug. - Dopo una lesione del sistema nervoso, il
recupero funzionale si ottiene grazie alla plasticita'
neuronale, e cioe' attraverso la capacita' del cervello di
modificarsi ma questo non e' tanto il risultato di movimenti
ripetitivi (o dell'allenamento della forza muscolare),
soprattutto sono determinanti invece specifici aspetti del
comportamento e 'in primis' la motivazione. E dunque "anche un
(finto) video-game puo' aiutare". Nasce da questa intuizione
l'idea di un nuovo laboratorio di analisi del movimento e
robotica entrato in funzione nella sede di Santa Marinella
dell'Ospedale Bambin Gesu', che e' promosso e diretto dalla
Santa Sede ma inserito a pieno titolo nel Servizio Sanitario
Nazionale.
L'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico si e'
arricchito, sottolinea oggi l'Osservatore Romano, di "un
complesso di palestre su due piani interamente finalizzato alla
riabilitazione multidisciplinare attraverso l'impiego di
innovativi sistemi robotizzati di piccoli pazienti che abbiano
riportato una lesione di tipo neurologico". Dispositivi e
prototipi permetteranno dunque la riabilitazione
dell'equilibrio, dei deficit di movimento di braccio, mano e
piede, giungendo fino alla riabilitazione del cammino e
all'impiego di esoscheletri, sui quali si sofferma il giornale
vaticano precisando che "il ricorso agli esoscheletri e' una
novita' assoluta al mondo: grazie a essi si tentera' il
recupero della deambulazione di ragazzi paraplegici da lesione
spinale".
La modalita' messa a punto, rileva l'Osservatore, "e' quasi
geniale: grazie al suo approccio simile a un video-game,
infatti, la riabilitazione con dispositivi robotici aumenta la
motivazione al trattamento dei bambini e appare in grado di
attivare la plasticita' cerebrale alla base del recupero
funzionale".
"Siamo dinnanzi a un'esperienza di apprendimento motorio
non solo altamente riproducibile, ma che si adatta anche ai
progressi mostrati dal bambino", spiegano al giornale vaticano
i professori Enrico Castelli (dell'Ospedale Pediatrico Bambino
Gesu' di Roma) e Paolo Cappa (dell'universita' La Sapienza)
per i quali "la sfida andra' in aiuto alle circa
sessantacinquemila famiglie europee con un bimbo (o un adulto)
affetto da paralisi cerebrale infantile". (AGI)
Siz
141627 LUG 11

NNNN
SANITA': BAMBINO GESU' ROMA, A S.MARINELLA LABORATORIO HI-TECH NEURORIABILITAZIONE =
BREVETTI DI ROBOTICA PER ASSOCIARE ASSISTENZA E RICERCA

Roma, 14 lug. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Far ritornare a
camminare dopo un grave incidente o dopo una lesione del midollo
spinale che ha minato le possibilita' di utilizzare le gambe. E'
l'obiettivo principale del laboratorio di robotica e analisi del
movimento, presentato ufficialmente oggi nella sede di Santa Marinella
dell'ospedale pediatrico Bambino Gesu'' di Roma.

Qui ricerca e assistenza si coniugano alla perfezione, anche
grazie alla collaborazione dell'ospedale pediatrico con il
dipartimento di meccanica e aeronautica dell'universita' Sapienza di
Roma e il Massachusetts Institute of Technology di Boston.

Tra le varie attrezzature robotiche a disposizione
dell'ospedale, colpisce 'Rewalk', uno strumento di ultima generazione
progettato per la riabilitazione dei bambini con lesioni di natura
neurologica. Inizialmente il brevetto riguardava solo pazienti adulti,
il Bambino Gesu' e' riuscito a ottenere una 'versione pediatrica'
della strumentazione. Si tratta di un apparecchio di supporto alle
gambe, caratterizzato da motori alle giunture, batterie ricaricabili,
sensori e un sistema di controllo computerizzato. I pazienti indossano
un 'esoscheletro' e uno zainetto, poi selezionano l'attivita' che
desiderano attraverso un dispositivo wireless. Un sensore di
inclinazione posto nella parte alta del torace, infine, attiva
l'esoscheletro. (segue)

(Sof/Zn/Adnkronos)
14-LUG-11 16:25

MINISTERO DELL'INTERNO DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA GRADUATORIA Pubblicazione della graduatoria di merito e della dichiarazione dei vincitori del concorso pubblico, per titoli, per l'assunzione di 37 atleti da assegnare ai gruppi sportivi «Polizia di Stato - Fiamme Oro», che saranno inquadrati nel ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia di Stato. (GU n. 55 del 12-7-2011 )

MINISTERO DELL'INTERNO DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
GRADUATORIA

Pubblicazione della graduatoria di merito e della dichiarazione dei vincitori del concorso pubblico, per titoli, per l'assunzione di 37 atleti da assegnare ai gruppi sportivi «Polizia di Stato - Fiamme Oro», che saranno inquadrati nel ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia di Stato. (GU n. 55 del 12-7-2011 Con decreto del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza n. N. 333- B/12M.8.2011/5269, datato 04/07/2011, sono state approvate le graduatorie di merito e sono stati dichiarati i vincitori del 6° concorso pubblico, per titoli, per l'assunzione di 37 atleti da assegnare ai Gruppi Sportivi «Polizia di Stato - Fiamme Oro», che saranno inquarati nel ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia di Stato, indetto con D.M. del 28 marzo 2011 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale del 5 aprile 2011. Il relativo decreto viene pubblicato sul Bollettino Ufficiale del personale del Ministero dell'Interno, supplemento straordinario n. 1/18 bis, del 12 luglio 2011. Tale comunicazione ha valore di notifica, a tutti gli effetti, nei confronti degli interessati. 

MINISTERO DELLA SALUTE ORDINANZA 11 maggio 2011 Ordinanza contingibile ed urgente per la tutela dell'incolumita' pubblica dal rischio derivante dall'esecuzione di massaggi lungo i litorali. (11A09519) (GU n. 161 del 13-7-2011 )

IL MINISTRO DELLA SALUTE Visto l'art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione del Servizio sanitario nazionale», che attribuisce al Ministro della sanita' (ora del lavoro, della salute e delle politiche sociali) il potere di emanare ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanita' pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente piu' regioni; Visto l'art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che assegna allo Stato la competenza di emanare ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica che interessino piu' ambiti territoriali regionali; Tenuto conto che ogni attivita', comunque denominata, che puo' avere effetti diretti sulla salute, deve essere svolta solo da operatori in possesso di adeguata e comprovata preparazione e competenza; Preso atto del diffondersi, durante la stagione balneare, lungo i litorali, dell'offerta di massaggi da parte di ambulanti; Considerato che, nell'esecuzione dell'attivita' di cui trattasi, l'igiene personale dell'operatore e, in particolare, l'igiene delle mani e' fondamentale per prevenire la trasmissione di infezioni cutanee, quali, ad esempio, verruche e dermatofitosi; Considerato, altresi', che nell'attivita' in questione vengono spesso utilizzati oli, pomate, creme, unguenti e altri prodotti, la cui composizione e la cui origine non sono note e che potrebbero generare fenomeni di fotosensibilizzazione della pelle, anche in considerazione dell'ambiente in cui vengono applicati, nonche' altre affezioni cutanee; Considerato, per le ragioni sopra esplicitate, che il particolare contesto in cui detta attivita' si svolge non garantisce il rispetto di adeguate condizioni igieniche, ne' l'erogazione della prestazione in ambiente appropriato; Ritenuta sussistente la necessita' e l'urgenza di adottare - limitatamente alla stagione balneare in corso - disposizioni cautelari a tutela della salute pubblica; Visto il decreto ministeriale 1° aprile 2010, recante «Delega di attribuzioni del Ministro della salute, per taluni atti di competenza dell'Amministrazione, al Sottosegretario di Stato on. Francesca Martini»; Ordina: Art. 1 1. Lungo i litorali marini, lacustri e fluviali, nonche' nelle vicinanze degli stessi, e' vietato offrire, a qualsiasi titolo, prestazioni, comunque denominate riconducibili a massaggi estetici o terapeutici da parte dei soggetti ambulanti.
Art. 2 1. I sindaci dei comuni rivieraschi sono tenuti ad applicare e far rispettare la presente ordinanza, nonche' a diffonderne la conoscenza mediante affissione presso la casa comunale. 2. La presente ordinanza e', altresi', affissa presso le ASL, nonche', in modo che sia chiaramente e facilmente leggibile, all'ingresso di ogni esercizio commerciale o a carattere ricreativo, ubicato sui litorali.

Art. 3 1. I gestori pubblici o privati, ovvero coloro che comunque abbiano l'effettiva disponibilita', a qualunque titolo, di tratti di litorale, sono tenuti a segnalare alle competenti autorita' ogni violazione della presente ordinanza
Art. 4 1. La presente ordinanza ha efficacia dalla data di pubblicazione e fino alla chiusura della stagione balneare 2011. La presente ordinanza e' trasmessa alla Corte dei conti per la registrazione ed e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 11 maggio 2011 p. il Ministro Il Sottosegretario di Stato Martini Registrato alla Corte dei conti il 1° giugno 2011 Ufficio di controllo preventivo sui Ministeri dei servizi alla persona e dei beni culturali, registro n. 8, foglio n. 204

SICUREZZA: FIANO (PD), PIU' RISORSE PER IL COMPARTO (ANSA) - ROMA, 14 LUG - ''Domani saro' presente a nome del Pd all'ennesima manifestazione di poliziotti di fronte a Montecitorio. Negli ultime tre anni abbiamo viste decine di volte analoghe proteste dei sindacati di polizia''. Lo annuncia Emanuele Fiano del Pd.

SICUREZZA: FIANO (PD), PIU' RISORSE PER IL COMPARTO

(ANSA) - ROMA, 14 LUG - ''Domani saro' presente a nome del Pd
all'ennesima manifestazione di poliziotti di fronte a
Montecitorio. Negli ultime tre anni abbiamo viste decine di
volte analoghe proteste dei sindacati di polizia''. Lo annuncia
Emanuele Fiano del Pd.
''Mobilitazioni - spiega - per denunciare la drammatica
situazione nella quale si trova l'intero comparto dopo i tagli
imposti da Tremonti e Berlusconi, anche nell'ultima manovra che
il Parlamento si appresta ad approvare. La politica ascolti
questo grido di allarme. Tutti noi affidiamo la sicurezza dello
Stato a donne e uomini, la cui condizione di vita materiale,
anche personale, e' sempre piu' difficile da sostenere e per i
quali le risorse finanziare sono sempre meno. Per di piu' la
situazione sociale del Paese sara' molto tesa nei prossimi mesi
per via della situazione economica e agli operatori delle forze
delle ordine verra' quindi chiesto un ulteriore sforzo nel
delicato compito costituzionale che e' a loro affidato. Alle
forze dell'ordine non si puo' solo continuare a chiedere e
contemporaneamente continuare a tagliare risorse'', conclude
Fiano. (ANSA).

FLB
14-LUG-11 17:04 NNNN

Ministero dell'interno Circ. 12-7-2011 n. 18/2011 Nuova normativa che semplifica e riduce i termini per ottenere il divorzio consensuale in Brasile. Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Direzione centrale per i servizi demografici, Area III - Stato civile. Circ. 12 luglio 2011, n. 18/2011 (1).


        Nuova normativa che semplifica e riduce i termini per ottenere il divorzio consensuale in Brasile.         

(1) Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento per gli affari interni  e territoriali, Direzione centrale per i servizi demografici, Area III -  Stato civile.


                               
                                                   
Ai                                                  
Sigg. Prefetti della Repubblica                                           
                                                                    
Loro sedi                                           
                                                   
Al                                                  
Sig. Commissario del Governo per la provincia di Trento                                           
                                                                    
38100 - Trento                                           
                                                   
Al                                                   
Sig. Commissario del Governo per la provincia di Bolzano                                           
                                                                    
39100 - Bolzano                                           
                                                   
Al                                                  
Sig. Presidente della regione autonoma Valle d'Aosta                                           
                                                                    
Servizio affari di prefettura                                           
                                                                    
Piazza della Repubblica, 15                                           
                                                                    
11100 - Aosta                                           
                                  
e, p.c.:                                
Al                                  
 Commissario dello Stato per la regione siciliana                                           
                                                                    
90100 - Palermo                                           
                                                   
Al                                                  
Rappresentante del Governo per la regione Sardegna                                           
                                                                    
09100 - Cagliari                                           
                                                   
Al                                                  
Ministero degli affari esteri                                           
                                                                    
Direzione generale italiani all'estero e politiche migratorie Uff. III                                           
                                                                    
Roma                                           
                                                   
Al                                                  
Ministero della giustizia                                           
                                                                    
Ufficio legislativo                                           
                                                                    
Roma                                           
                                                   
Al                                                  
Gabinetto dell'On. Ministro                                           
                                                                    
Sede                                           
                                                   
All'                                                  
Ispettorato generale di amministrazione                                           
                                                                    
Via Cavour, 6                                           
                                                                    
00184 - Roma                                           
                                                   
Alla                                                  
Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno                                           
                                                                    
Ufficio della documentazione generale e statistica                                           
                                                                    
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Il Ministero degli Affari Esteri a seguito della comunicazione dell’Ambasciata d’Italia in Brasilia ha reso noto che in Brasile, a decorrere dal 14 luglio 2010, è entrato in vigore l’emendamento alla legge sul divorzio che semplifica e riduce i tempi per ottenere il divorzio consensuale.     
Con l'attuale formulazione della legge brasiliana, qualora i coniugi non abbiano figli di minore età, il requisito della separazione viene abolito e il divorzio può essere riconosciuto su richiesta degli interessati da presentare presso il c.d.  "cartorio" brasiliano (ufficio notarile al quale viene affidata la gestione dello stato civile).     
Il suddetto Dicastero ha altresì riferito che dalla data dell'emissione dell'atto notarile che deve essere depositato e  registrato presso il competente tribunale, decorre il divorzio consensuale, non essendo necessaria una sentenza giudiziale.     
Sull'argomento si ritiene opportuno confermare, come già espresso sul testo del Massimario dello stato civile, che la pronuncia del divorzio da parte di un'autorità straniera diversa da quella giurisdizionale non costituisce motivo di irriconoscibilità dello stesso se nell'ordinamento giuridico di quel paese a tale divorzio vengono attribuiti gli stessi effetti di una sentenza di divorzio passata in giudicato, ferma restando la verifica dell'irreversibile dissoluzione del vincolo coniugale.     
Detti presupposti rientrano nella fattispecie evidenziata.     

     
Ciò detto si pregano le SS.LL. di portare a conoscenza dei Sig.ri Sindaci il contenuto della presente circolare, ringraziando per la fattiva consueta collaborazione.     

     
Il Direttore centrale     
Giovanna Menghini

Cassazione "...Il concorso di colpa del dipendente non salva il datore di lavoro..."

Con ricorso notificato il 1° febbraio 2007, [OMISSIS] chiede la cassazione della sentenza depositata il 7 aprile 2006, con la quale la Corte d’appello di Caltanissetta, confermando la decisione di primo grado, ha respinto le sue domande di condanna del datore di lavoro [OMISSIS] a risarcirgli il danno biologico per lire 131.700.000, in relazione all’infortunio occorsogli in data 4 marzo 1998 in cantiere, mentre era intento al disarmo di una pensilina.
I giudici di merito hanno infatti ritenuto non provata l’assegnazione del ricorrente, aiuto carpentiere dipendente di [OMISSIS], al compito di disarmare una pensilina (che avrebbe comportato la predisposizione di una serie di misure di sicurezza in quanto questa era situata al terzo piano, dal quale il lavoratore era precipitato), quindi frutto di una sua imprevedibile iniziativa, come tale escludente la responsabilità del datore di lavoro.
L’intimato non si è costituito.

Motivi della decisione

Col ricorso la sentenza viene censurata per violazione dell’art. 2087 c.c. e per vizio di motivazione, per non avere sufficientemente valorizzato l’esistenza di un obbligo di vigilanza del datore di lavoro, per non avere correttamente applicato il principio secondo cui il datore di lavoro è esonerato da responsabilità unicamente nel caso di una condotta abnorme e imprevedibile del lavoratore.
Il ricorso è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (oltre, da ultimo, Cass. 25 febbraio 2011 n. 4656) “le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza e imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile ex art. 2087 c.c. dell infortunio occorso al lavoratore sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente per l‘imprenditore dall‘eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l‘esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell‘evento, essendo necessaria a tal fine una rigorosa dimostrazione dell ‘indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro e, con essa, dell‘estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere
Nel caso in esame, accertato che l’avere svolto l’attività di disarmo di una pensilina collocata in un piano alto di un edificio in costruzione aveva costituito una iniziativa del [OMISSIS], non richiestagli dal datore di lavoro che gli aveva affidato il diverso incarico di estrarre alcuni chiodi dalle parti di un’altra pensilina già disarmata e situata anch’essa in un piano elevato dell’edificio, ne hanno tratto la conseguenza che l’infortunio che ne era derivato non poteva essere attribuito a responsabilità del datore di lavoro.
Trattasi di enunciazione meramente assertiva, non avendo la Corte territoriale preso adeguatamente in esame, sulla base del contesto in cui si era verificato l’infortunio (oltre le circostanze indicate, la qualifica di aiuto carpentiere del dipendente, età e durata del suo rapporto di lavoro e quindi la sua esperienza professionale in materia, la possibile presenza in cantiere di altri dipendenti – dalla sentenza sembra di capire che il [OMISSIS] vi era stato lasciato solo, mentre il datore di lavoro e il carpentiere si erano allontanati) la possibile prevedibilità della deviazione del [OMISSIS] – avvenuta comunque sempre all’interno del tipo di lavoro cui era addetto – dai compiti specificatamente assegnatigli, dopo lo svolgimento di questi e quindi il corretto adempimento del dovere di vigilanza gravante sul datore di lavoro in ordine all’effettiva osservanza degli incarichi impartiti, alla stregua dei principi di diritto sopra richiamati.
Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza va conseguentemente cassata, con rinvio, anche in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Palermo, che si atterrà nella nuova valutazione dei fatti al principio di diritto sopra enunciato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Palermo.
Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2011

Online volontarioineuropa.eu, le associazioni promuovono i progetti europei

E' online da oggi volontarioineuropa.eu, il portale a disposizione delle associazioni di volontariato per condividere i progetti sul web ed entrare in contatto con chi ha fatto dell'azione di volontariato un scelta di vita.
Il portale è una delle iniziative promosse nel quadro del progetto "Anche io, volontario in Europa" realizzato dal Parlamento europeo, dalla Commissione europea e dal Dipartimento Politiche Europee, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri, in occasione dell'Anno europeo del Volontariato.
Il progetto, concordato con l'Osservatorio nazionale del volontariato, è destinato a far emergere le associazioni di volontariato e le organizzazioni di terzo settore che operano al fine di rafforzare il sentimento di cittadinanza europea e di amicizia con gli altri cittadini dell'Unione Europea.
volontarioineuropa.eu rappresenta una rete di scambio di esperienze: ogni associazione può registrarsi sul portale e inserire informazioni sulle proprie attività, i progetti realizzati, ma anche immagini e contatti.
I progetti che volontarioineuropa.eu ospita devono promuovere i valori europei e il senso di appartenenza dei cittadini all'Unione Europea; ma devono essere anche replicabili, sostenibili e coinvolgere i cittadini di altri Stati membri.
Nel corso del 2011 saranno inoltre organizzati dei workshop per diffondere le esperienze raccolte delle associazioni.

Altre informazioni
Per associazioni di volontariato si intendono quelle che svolgono una qualsiasi attività di volontariato come definita dalla Decisione del Consiglio europeo del 27 novembre 2009, istitutiva dell'Anno Europeo del Volontariato 2011. Tali caratteri solidaristici e senza scopo di lucro dell'attività saranno attestati nell'atto costitutivo dell'associazione e non è necessaria l'iscrizione ai registri di cui alla legge n. 266 del 1991, art. 6.
Il Parlamento europeo, la Commissione europea, il Dipartimento Politiche Europee non si assumono alcuna responsabilità per il contenuto caricato sul sito da parte delle singole associazioni o dei suoi operatori. Dette istituzioni si riservano comunque il diritto di oscurare eventuali contenuti illegali o idonei.
I progetti presentati dalle singole associazioni e presenti sul sito non sono finanziati né patrocinati dalle istituzioni promotrici della presente iniziativa.

Corte Costituzionale "..O.210/2011 del 04/07/2011 Camera di Consiglio del 22/06/2011, Presidente QUARANTA , Redattore QUARANTA Norme impugnate: Art. 126 bis, c. 2°, del codice della strada (d.lgs. 30.4.1992, n. 285), nel testo modificato dall'art. 2, c. 164°, lett. b), del decreto legge 03/10/2006, n. 262, convertito con modificazioni dall'art. 1, c. 1°, della legge 24/11/2006, n. 286. Oggetto: Circolazione stradale - Decurtazione di punti dalla patente per violazioni del codice della strada - Obbligo del proprietario del veicolo di comunicare all'organo di polizia i dati del conducente non identificato al momento dell'infrazione - Necessità, secondo la giurisprudenza della Cassazione, che l'adempimento avvenga entro sessanta giorni dalla notificazione del verbale di contestazione dell'infrazione (ossia nello stesso termine accordato per proporre ricorso amministrativo o giurisdizionale avverso il verbale) - Conseguente imposizione al proprietario, ove non diverso dal conducente, del dovere di autoaccusarsi prima della definizione dei ricorsi eventualmente proposti, per non incorrere nella sanzione amministrativa pecuniaria altrimenti applicabile; Previsione di sanzione amministrativa pecuniaria in caso di inosservanza (salvo giustificato e documentato motivo) - Sostanziale attribuzione al proprietario che sia anche trasgressore della facoltà di scelta tra pagare la sanzione pecuniaria e subire la decurtazione dei punti..."


ORDINANZA N. 210
ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
-        Alfonso             QUARANTA                Presidente
-        Paolo                 MADDALENA               Giudice
-        Alfio                  FINOCCHIARO                 
-        Franco               GALLO                                
-        Luigi                  MAZZELLA                        
-        Gaetano             SILVESTRI                         
-        Sabino               CASSESE                            
-        Giuseppe           TESAURO                           
-        Paolo Maria       NAPOLITANO                   
-        Giuseppe           FRIGO                                 
-        Alessandro        CRISCUOLO                      
-        Paolo                 GROSSI                               
-        Giorgio              LATTANZI                          
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, promosso dal Giudice di pace di Ficarolo nel procedimento vertente tra G.R. e il Comune di Castelmassa con ordinanza del 6 luglio 2010, iscritta al n. 318 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 giugno 2011 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto che il Giudice di pace di Ficarolo, con ordinanza del 6 luglio 2010, ha sollevato – in riferimento agli articoli 24 e 3 della Costituzione – due questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286;
che, secondo il giudice remittente, la giurisprudenza di legittimità (è citata Corte di cassazione, Sezione II civile, sentenza n. 17348 del 30 maggio 2007) avrebbe prospettato un’interpretazione della norma censurata secondo cui l’illecito amministrativo da essa previsto – e consistente nell’omessa comunicazione, da parte del proprietario di un veicolo, dei dati personali e della patente del conducente dello stesso, resosi responsabile di un’infrazione stradale, sanzionata oltre che sul piano pecuniario, anche con la decurtazione del punteggio dalla patente di guida – avrebbe carattere «istantaneo», consumandosi «nel termine di sessanta giorni dalla notificazione del verbale» relativo, appunto, ad una di tali infrazioni per le quali è previsto il suddetto obbligo di comunicazione;
che siffatto indirizzo, tuttavia, darebbe luogo – secondo il giudice a quo – alla «lesione del principio nemo tenetur se detegere», giacché il proprietario del veicolo, richiesto di comunicare i dati personali e della patente del responsabile della precedente infrazione (non identificato al momento dell’accertamento della stessa), dovrebbe «necessariamente fare la predetta dichiarazione ex art. 126-bis» nello stesso termine di sessanta giorni «di cui dispone per la proposizione dei ricorsi» esperibili avverso il verbale di contestazione dell’infrazione stradale «presupposto»;
che tale opzione ermeneutica – sempre a dire del remittente – sarebbe, tuttavia, «in rotta di collisione» con quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 27 del 2005, giacché essa preciserebbe che in «nessun caso» il proprietario del veicolo è «tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione»;
che l’alternativa in cui viene posto il proprietario del veicolo – per effetto di tale interpretazione della norma censurata – sarebbe in contrasto, secondo il giudice a quo, con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, e dunque con l’art. 24 Cost.;
che l’interessato, infatti, potrebbe o «liberarsi dalla necessità di “confessare” scegliendo di pagare la sanzione pecuniaria di cui all’art. 126-bis» del codice della strada, ovvero rendere «una confessione di responsabilità», ciò che però equivarrebbe a riconoscere «che lo Stato possa pretendere che egli confessi di essere stato il conducente del veicolo, al diverso fine dell’applicazione della sanzione accessoria della decurtazione dei punti dalla patente di guida», prefigurando, così, un modello del tutto inedito di «collaborazione del cittadino all’attività della P.A.»;
che, per contro, prima dell’introduzione della cosiddetta “patente a punti”, il codice della strada si limitava al più a sanzionare – all’art. 180, comma 8 – «la mancata collaborazione consistente nell’omessa esibizione di documenti, dei quali il conducente di un veicolo» fosse risultato sprovvisto allorché «fermato»;
che nel sistema previgente, in altri termini, era «ovvio il principio secondo cui l’onere della prova degli illeciti amministrativi» non può «trasferirsi al cittadino, men che meno prevedendo l’obbligatorietà della confessione della sua eventuale responsabilità»;
che su tali basi, pertanto, il remittente ha chiesto dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, peraltro limitatamente «al caso in cui il proprietario» – ovvero l’altro soggetto, diverso dal conducente, tenuto alla comunicazione (cioè l’obbligato in solido ai sensi dell’articolo 196 del medesimo codice) – dovesse «confessare la propria responsabilità»;
che il giudice remittente – pur ritenendo assorbente tale questione rispetto a quella prospettata dalla difesa del ricorrente nel giudizio a quo – ha sollevato, per l’ipotesi in cui «così non fosse ritenuto» dalla Corte costituzionale, un’ulteriore questione di legittimità costituzionale;
che, difatti, la norma censurata – ove fosse da interpretare nel senso che costringe il proprietario del veicolo ad una scelta «tra il pagamento della sanzione pecuniaria e l’effettuazione della dichiarazione» – violerebbe l’art. 3 Cost., giacché le «persone meno abbienti, in realtà, non possono avvalersi della “prima possibilità”», a differenza di «quelle facoltose», le quali possono conservare intatti «i propri diritti (punti patente, sospensione della stessa) semplicemente pagando»;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che le questioni vengano dichiarate manifestamente infondate;
che viene richiamata la sentenza n. 165 del 2008 della Corte costituzionale, la quale – nel rigettare, a dire della difesa statale, analoga questione di legittimità costituzionale – ebbe ad osservare come il giudice a quo non avesse attribuito il dovuto rilievo «alla circostanza che agli illeciti amministrativi contemplati dal codice della strada si applica la disciplina generale dell’illecito depenalizzato di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), il cui art. 3, nel subordinare la responsabilità all’esistenza di un’azione od omissione che sia “cosciente e volontaria”, ha inteso, appunto, prevedere il caso fortuito o la forza maggiore quali circostanze idonee ad esonerare l’agente da responsabilità»;
che non in contrasto con tali principi si porrebbe – secondo l’Avvocatura generale dello Stato – l’interpretazione della norma censurata proposta dalla giurisprudenza di legittimità;
che, difatti, il «compito di verificare l’esimente della responsabilità omissiva a carico del proprietario del veicolo» – prosegue la difesa statale – «è esercitato dal Giudice di pace nel momento in cui il primo proponga ricorso, sostenendo l’ingiusta valutazione da parte dell’autorità verbalizzante del motivo addotto a giustificazione dell’impossibilità di fornire i dati del conducente»;
che in riferimento, invece, «all’obbligo di comunicazione del nominativo del conducente prima e a prescindersi dall’intervenuta definitività dell’accertamento della violazione», l’Avvocatura generale dello Stato richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005;
che la stessa, infatti, «pur non affrontando ex professo il tema», ebbe ad affermare – osserva sempre la difesa statale – che «in nessun caso il proprietario è tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione», dovendo la contestazione ritenersi definita solo «quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi o giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi»;
che quanto, infine, all’ipotizzata violazione dell’art. 3 Cost., la difesa statale rileva che il legislatore, a fronte della comprovata sussistenza di condizioni personali giustificative, «ha apprestato appositi strumenti per agevolare il pagamento delle sanzioni pecuniarie amministrative (rateizzazione della somma dovuta a seguito dell’acquisizione della forma di titolo esecutivo del verbale)», secondo quanto previsto dall’art. 203, comma 3, del codice della strada e dall’art. 26 della legge n. 689 del 1981.
Considerato che il Giudice di pace di Ficarolo ha sollevato – in riferimento agli articoli 24 e 3 della Costituzione – due questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286;
che le questioni appaiono manifestamente inammissibili;
che, difatti, il giudice remittente – oltre a proporre, quanto alla prima questione, un quesito oscuro, non essendo chiaro come il carattere “istantaneo” dell’illecito amministrativo, conseguente alla violazione dell’obbligo di comunicazione di cui alla norma censurata, possa determinare una lesione del principio nemo tenetur se detegere (specie ove si consideri che questa Corte ha individuato una serie di ipotesi nella quali la contestazione, in sede giudiziale o amministrativa, della legittimità del verbale di accertamento dell’illecito “presupposto”, rispetto a quello previsto dalla norma censurata, risulta «idonea ex se ad integrare quel “documentato e giustificato motivo” al quale dà espresso rilievo l’art. 126-bis, comma 2, del codice della strada»; ordinanza n. 306 del 2009) – omette completamente di descrivere la fattispecie concreta oggetto del giudizio principale;
che tale carenza, impedendo a questa Corte ogni valutazione sulla rilevanza delle questioni sollevate, comporta la manifesta inammissibilità delle stesse (si vedano, da ultimo, le ordinanze numeri 158, 154 e 131 del 2011).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, sollevate – in riferimento agli articoli 24 e 3 della Costituzione – dal Giudice di pace di Ficarolo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente e Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2011.

L'INPS, con messaggio n. 14448/2011, ha fornito alcuni chiarimenti susseguenti alla sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 4 aprile 2011, affermando che in caso di parto prematuro e di ricovero del bimbo in una struttura ospedaliera, la lavoratrice madre può posticipare l'astensione obbligatoria dal lavoro al rientro del bambino in famiglia. Uguale facoltà, viene riconosciuta al padre qualora lo stesso si avvalga dell'astensione al posto della madre (es. decesso, grave infermità, affidamento esclusivo del neonato al padre).

[ELG:SOMMARIO]
SENTENZA N. 116
ANNO 2011
[ELG:COLLEGIO]
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo                              DE SIERVO                                      Presidente
- Paolo                            MADDALENA                     Giudice
- Alfio                             FINOCCHIARO                           
  Alfonso                         QUARANTA                                            
- Franco                          GALLO                                                     
- Luigi                             MAZZELLA                                              
- Gaetano                        SILVESTRI                                               
- Sabino                          CASSESE                                                 
- Giuseppe                      TESAURO                                                
- Paolo Maria                  NAPOLITANO                                        
- Giuseppe                      FRIGO                                                      
- Alessandro                   CRISCUOLO                                           
- Paolo                            GROSSI                                                    
- Giorgio                         LATTANZI                                               

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), promosso dal Tribunale di Palermo nel procedimento vertente tra C. C. e l’INPS ed altra con ordinanza del 30 marzo 2010, iscritta al n. 215 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di costituzione dell’INPS;
udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2011 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;
udito l’avvocato Antonietta Coretti per l’INPS.

Ritenuto in fatto
1. — Il Tribunale di Palermo, in funzioni di giudice del lavoro, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 29, primo comma, 30, primo comma, 31 e 37 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui non prevede, nell’ipotesi di parto prematuro, qualora il neonato abbia necessità di un periodo di ricovero ospedaliero, la possibilità per la madre lavoratrice di usufruire del congedo obbligatorio o di parte di esso dalla data di ingresso del bambino nella casa familiare».
2. — Il giudice a quo premette di essere chiamato a pronunziarsi nel giudizio di merito, iniziato dalla signora C. C. nei confronti dell’Istituto Nazionale della Previdenza sociale (INPS) e di Telecom Italia Mobile (TIM) Italia Spa ai sensi dell’art. 669-octies del codice di procedura civile ed espone che l’attrice, la cui figlia era stata ricoverata fin dalla nascita presso il Policlinico di Palermo in terapia intensiva, venendo dimessa soltanto l’8 agosto 2005, era stata posta in congedo obbligatorio dall’INPS, in base all’art. 16 d.lgs. n. 151 del 2001, a far tempo dalla data del parto medesimo.
La lavoratrice aveva inoltrato all’ente previdenziale la richiesta di usufruire del periodo obbligatorio di astensione con decorrenza dalla data presunta del parto, oppure dall’ingresso della neonata nella casa familiare, offrendo al datore di lavoro la propria prestazione lavorativa fino ad una di tali date, ma l’INPS aveva respinto detta richiesta.
Pertanto – aggiunge il rimettente – la parte privata aveva promosso un procedimento cautelare ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., in esito al quale il Tribunale di Palermo, in accoglimento del ricorso, aveva dichiarato il diritto della donna ad astenersi dall’attività lavorativa a far data dall’8 agosto 2005 e per i cinque mesi successivi, fissando il termine perentorio di trenta giorni per l’inizio del giudizio di merito, instaurato con domanda diretta ad ottenere la declaratoria del diritto della signora C. C. ad astenersi dal lavoro per il periodo di tempo suddetto.
Ciò premesso, il giudicante – ritenuta rilevante la questione sollevata, in quanto dalla dichiarazione d’illegittimità costituzionale della norma censurata dipenderebbe l’accoglimento della domanda nel merito – richiama il dettato di tale norma che, disciplinando il congedo di maternità, vieta di adibire al lavoro le donne: a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto dall’art. 20 d.lgs. n 151 del 2001; b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto; c) durante i tre mesi dopo il parto; d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora esso avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto. Inoltre, richiama il successivo art. 17 che disciplina l’estensione del divieto, nonché l’art. 18 il quale sanziona con l’arresto fino a sei mesi l’inosservanza delle disposizioni de quibus.
In questo quadro, il Tribunale osserva che l’art. 16 d.lgs. n. 151 del 2001 trova un precedente nell’art. 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle lavoratrici madri), come modificato dall’art. 11 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città).
Il detto art. 4, poi abrogato con l’intera legge n. 1204 del 1971 dall’art. 86 d.lgs. n. 151 del 2001, stabiliva (tra l’altro) il divieto di adibire al lavoro la donna durante i tre mesi dopo il parto.
Questa Corte, con sentenza n. 270 del 1999, dichiarò l’illegittimità costituzionale della norma, «nella parte in cui non prevede(va) per l’ipotesi di parto prematuro una decorrenza dei termini del periodo dell’astensione obbligatoria idonea ad assicurare una adeguata tutela della madre e del bambino».
Il rimettente osserva che, anche in base al tenore del citato art. 16, la domanda della attrice, diretta ad usufruire dell’intero periodo di congedo (tre mesi più due mesi) dalla data d’ingresso della figlia nella casa familiare, ovvero dalla data presunta del parto, non potrebbe essere accolta, neppure in via parziale, restando l’obbligo del datore di lavoro, sanzionato penalmente, di non adibire la donna al lavoro dopo il parto, per il periodo già detto.
Il Tribunale rileva che il giudice del procedimento cautelare ha dato luogo ad una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, in guisa da consentire, nell’ipotesi in esame, la decorrenza dell’intero periodo di congedo obbligatorio dal momento dell’ingresso in famiglia della neonata. Ritiene, però, di non poter condividere la detta interpretazione, in quanto essa trova un ostacolo non aggirabile per effetto del citato art. 18 d.lgs. n. 151 del 2001, il quale punisce l’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 16 e 17 con l’arresto fino a sei mesi.
Pertanto, ad avviso del rimettente, la nuova disciplina della materia presenta gli stessi vizi di legittimità costituzionale riscontrati da questa Corte con riferimento all’art. 4 della legge n. 1204 del 1971, perché il circoscritto intervento del legislatore non sarebbe sufficiente.
La norma censurata, infatti, determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento, in violazione dell’art. 3 Cost., tra il caso di parto a termine e quello di parto prematuro, consentendo soltanto nel primo caso un’adeguata tutela della maternità e la salvaguardia dei diritti, costituzionalmente garantiti, dei minori e del nucleo familiare (artt. 29, 30, 31, 37 Cost.).
Invero, come già sottolineato da questa Corte nella sentenza citata, finalità dell’istituto dell’astensione obbligatoria (oggi congedo) dal lavoro sarebbe sia la tutela della puerpera, sia la tutela del nascituro e della speciale relazione tra madre e figlio, che si instaura fin dai primi attimi di vita in comune ed è decisiva per il corretto sviluppo del bambino e per lo svolgimento del ruolo di madre.
La norma censurata, non prevedendo la possibilità di differire il congedo obbligatorio fino al momento in cui il bambino può fare ingresso in famiglia dopo il ricovero successivo alla nascita, non garantirebbe la suddetta esigenza di tutela, specialmente quando, come nel caso in esame, la dimissione del bambino coincide con il termine del congedo.
Inoltre, la detta norma non consentirebbe alla puerpera di tornare al lavoro se non con il decorso di cinque mesi dal parto, anche quando, pur non potendo svolgere il suo ruolo di madre e di assistenza del minore affidato alle cure dei sanitari, le sue condizioni di salute lo permetterebbero.
Sarebbe innegabile, dunque, che anche la norma in esame sia in contrasto con il principio di parità di trattamento e con i valori costituzionali di protezione della famiglia e del minore, con conseguente violazione dei predetti parametri costituzionali.
In definitiva, ad avviso del rimettente, la norma censurata non ha colmato il vuoto normativo già posto in evidenza con la citata sentenza della Corte costituzionale; e, a sostegno della necessità di un ulteriore intervento del giudice delle leggi, andrebbe richiamato l’art. 14, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163 (Recepimento dello schema di concertazione per le Forze armate relativo al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003), alla stregua del quale «In caso di parto prematuro, al personale militare femminile spetta comunque il periodo di licenza di maternità non goduto prima della data presunta del parto. Qualora il figlio nato prematuro abbia necessità di un periodo di degenza presso una struttura ospedaliera pubblica o privata, la madre ha facoltà di riprendere servizio richiedendo, previa presentazione di un certificato medico attestante la sua idoneità al servizio, la fruizione del restante periodo di licenza di maternità post-parto e del periodo ante-parto, qualora non fruito, a decorrere dalla data di effettivo rientro a casa del bambino».
3. — Nel giudizio di legittimità costituzionale si è costituito l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), depositando il 3 settembre 2010 una memoria, con la quale ha chiesto che la questione sollevata dal rimettente sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata.
Dopo aver riassunto i fatti esposti nell’ordinanza di rimessione, l’INPS osserva che, ad avviso del rimettente, la disparità di trattamento sussisterebbe tra «la fattispecie di parto e termine e quella di parto prematuro», in quanto l’art. 16, comma 1, lettera d), d.lgs. n. 151 del 2001 (nonché le connesse disposizioni di cui agli artt. 17 e 18 dello stesso decreto), nel disporre che, in caso di parto prematuro, il congedo obbligatorio dal lavoro (cinque mesi) si colloca soltanto nel periodo immediatamente successivo al parto, consentirebbe che solo in caso di parto a termine si realizzi «un’adeguata tutela della maternità e una salvaguardia dei diritti, costituzionalmente garantiti, dei minori e del nucleo familiare (artt. 29, 30, 31, 37)».
Tale questione – prosegue l’Istituto – fu già affrontata da questa Corte con la sentenza n. 270 del 1999. Con tale pronuncia (cosiddetta additiva di principio), fu dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, primo comma, lettera c) della legge n. 1204 del 1971 (ora art. 16 del d.lgs. n. 151 del 2001), nella parte in cui non prevedeva, per l’ipotesi di parto prematuro, una decorrenza dei termini del periodo di astensione obbligatoria idonea ad assicurare un’adeguata tutela della madre e del bambino.
La citata sentenza indicò «delle possibili soluzioni da adottare per risolvere la questione oggi in esame», aggiungendo che la scelta spettava al legislatore.
Orbene, la norma qui censurata prevede (tra l’altro) il divieto di adibire al lavoro le donne «durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto».
Pertanto, ad avviso dell’INPS, il legislatore, in caso di parto prematuro, avrebbe stabilito che il periodo di astensione obbligatoria sia comunque pari a cinque mesi complessivi, prescindendo dalla data del parto, e, qualora la nascita avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, avrebbe previsto che i giorni non goduti (cioè quelli correnti tra la data presunta e quella effettiva) siano aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto. Tale soluzione sarebbe in armonia con altre disposizioni del d.lgs. n. 151 del 2001 e, in particolare, con l’art. 18 dello stesso decreto, che sanziona con l’arresto fino a sei mesi l’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 16 e 17. In altri termini, si sarebbe ritenuto inderogabile ancorare la decorrenza del congedo obbligatorio alla data del parto.
In questo quadro l’Istituto eccepisce, in primo luogo, l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale.
Infatti il legislatore del 2001, proprio a seguito della menzionata sentenza n. 270 del 1999, avrebbe adottato una delle possibili soluzioni idonee a porre rimedio all’impossibilità di far decorrere, nel caso di parto prematuro, l’intero congedo obbligatorio dopo il parto effettivo, equilibrando così la situazione tra il caso di parto a termine e quello di parto prematuro.
Al contrario di quanto sostenuto dal giudice a quo, la richiesta di pronuncia additiva non sarebbe costituzionalmente obbligata. Nella vicenda in esame, la possibilità di diverse soluzioni con le quali risolvere il problema della decorrenza dell’astensione obbligatoria in caso di parto prematuro sarebbe stata posta in evidenza dalla stessa Corte costituzionale; circostanza, quest’ultima, che confermerebbe come la questione sollevata rientri nell’ambito della discrezionalità del legislatore.
In ogni caso, la detta questione sarebbe non fondata.
La soluzione adottata dal legislatore sarebbe idonea a porre rimedio all’impossibilità di far decorrere, nel caso di parto prematuro, l’intero congedo obbligatorio dopo il parto effettivo.
In realtà, proprio l’invocato intervento additivo «non solo comporterebbe un inammissibile esercizio della discrezionalità politica riservato al legislatore, ma darebbe anche origine ad effettive disparità di trattamento».
Infatti, un’eventuale diversa disciplina della decorrenza del congedo obbligatorio per il caso di parto prematuro, con degenza ospedaliera del neonato, determinerebbe un’effettiva discriminazione rispetto al caso di parto a termine con neonato affetto da malattia necessitante di ricovero ospedaliero.
I principi costituzionali richiamati dal rimettente sarebbero ben salvaguardati sia dalla norma denunciata sia dagli altri istituti contemplati dal vigente ordinamento, come il congedo per malattia del figlio e il congedo facoltativo.
Sarebbe vero che la ratio dell’astensione obbligatoria è volta alla tutela del nascituro e della speciale relazione tra madre e figlio, che s’instaura fin dai primi atti della vita in comune, ma sarebbe vero del pari che tale istituto è diretto anche a favorire il recupero psico-fisico della partoriente. Consentire alla puerpera di rientrare al lavoro subito dopo il parto potrebbe dar luogo ad un abbassamento della tutela della sua salute.
Infine, il richiamo all’art. 14, comma 5, d.P.R. n. 163 del 2002 non sarebbe pertinente, in quanto tale normativa non potrebbe costituire un idoneo tertium comparationis, dato il suo carattere eccezionale, «siccome riferita ad una categoria di lavoratrici che presta prestazioni lavorative del tutto speciali (personale militare), non estensibile, pertanto, fuori del sistema considerato».
Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto nel presente giudizio.

Considerato in diritto
1. — Il Tribunale di Palermo, in funzioni di giudice del lavoro, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita – in riferimento agli articoli 3, 29, primo comma, 30, primo comma, 31 e 37 della Costituzione – della legittimità costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui non prevede, nell’ipotesi di parto prematuro, qualora il neonato abbia necessità di un periodo di ricovero ospedaliero, la possibilità per la madre lavoratrice di usufruire del congedo obbligatorio o di parte di esso dalla data di ingresso del bambino nella casa familiare».
2. — Il giudice a quo premette che una lavoratrice dipendente – avendo avuto un parto prematuro perché la figlia, la cui nascita era prevista per il primo luglio 2005, era venuta alla luce il 25 marzo 2005, con immediato ricovero in terapia intensiva presso il Policlinico di Palermo, da cui era stata dimessa soltanto l’8 agosto 2005 – aveva chiesto all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) di usufruire del periodo obbligatorio di astensione con decorrenza dalla data presunta del parto, oppure dall’ingresso della neonata nella casa familiare, offrendo al datore di lavoro la propria prestazione lavorativa fino ad una di tali date, ma l’INPS aveva respinto la richiesta. Pertanto la lavoratrice aveva promosso, nei confronti del detto Istituto e di Telecom Italia Mobile (TIM) Italia Spa, un procedimento cautelare ai sensi dell’art. 700 del codice di procedura civile, in esito al quale il Tribunale di Palermo, accogliendo il ricorso, aveva dichiarato il diritto della donna ad astenersi dall’attività lavorativa a far data dall’8 agosto 2005 e per i cinque mesi successivi, fissando il termine perentorio di trenta giorni per l’inizio del giudizio di merito, che era stato instaurato con domanda diretta ad ottenere la declaratoria del diritto dell’attrice all’astensione dal lavoro per il periodo di tempo suddetto.
Ciò premesso, il Tribunale osserva che la norma censurata trova un precedente nell’art. 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle lavoratrici madri), come modificato dall’articolo 11 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città). Il detto art. 4, poi abrogato con l’intera legge n. 1204 del 1971 dall’art. 86 del d.lgs. n. 151 del 2001, stabiliva (tra l’altro) il divieto di adibire al lavoro la donna durante i tre mesi dopo il parto.
Il rimettente ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 270 del 1999, dichiarò l’illegittimità costituzionale del medesimo art. 4, «nella parte in cui non prevede(va) per l’ipotesi di parto prematuro una decorrenza dei termini del periodo dell’astensione obbligatoria idonea ad assicurare una adeguata tutela della madre e del bambino». Osserva che, anche in base al tenore del citato art. 16, la domanda dell’attrice, diretta ad usufruire dell’intero periodo di congedo (tre mesi più due mesi) dalla data d’ingresso della figlia nella casa familiare, ovvero dalla data presunta del parto, non potrebbe essere accolta, restando l’obbligo del datore di lavoro, sanzionato penalmente (art. 18 d.lgs. n. 151 del 2001), di non adibire la donna al lavoro dopo il parto, per il periodo già detto.
Inoltre egli rileva di non poter condividere l’interpretazione compiuta dal giudice cautelare, avuto riguardo alla sanzione penale prevista dal citato art. 18 per l’inosservanza delle disposizioni contenute nell’art. 16 del d.lgs. n. 151 del 2001, e solleva questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 16, in riferimento ai parametri sopra indicati (come esposto in narrativa).
3. — In via preliminare, la difesa dell’INPS ha eccepito l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, sostenendo che il legislatore del 2001, a seguito della sentenza di questa Corte n. 270 del 1999, avrebbe adottato «una delle possibili soluzioni idonee a porre rimedio all’impossibilità di far decorrere, nel caso di parto prematuro, l’intero congedo obbligatorio dal lavoro dopo il parto effettivo, equilibrando così la situazione tra la fattispecie di parto a termine e quella di parto prematuro».
Pertanto, la richiesta pronuncia additiva non sarebbe costituzionalmente obbligata, ma rientrerebbe tra le scelte possibili rimesse alla discrezionalità del legislatore, come, del resto, proprio questa Corte avrebbe posto in evidenza con la statuizione sopra indicata.
L’eccezione non è fondata.
E’ vero che la sentenza n. 270 del 1999, dopo aver rilevato «l’incongruenza della disposizione in parola nell’ipotesi di parto prematuro», osservò che si proponevano diverse soluzioni «con specifico riguardo alla decorrenza del periodo di astensione, spostandone l’inizio o al momento dell’ingresso del neonato nella casa familiare, o alla data presunta del termine fisiologico di una gravidanza normale» (punto 5 del Considerato in diritto). La stessa sentenza mise in luce che la prima soluzione era analoga a quella relativa all’ipotesi di affidamento preadottivo del neonato (sentenza n. 332 del 1998), mentre la seconda era parsa meritevole di essere seguita dal disegno di legge n. 4624, recante «Disposizioni per sostenere la maternità e la paternità e per armonizzare i tempi di lavoro, di cura e della famiglia», presentato dal Governo alla Camera dei Deputati in data 3 marzo 1998. Essa aggiunse che «La scelta tra le diverse possibili soluzioni spetta al legislatore», pervenendo comunque alla declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art. 4, primo comma, lettera c) della legge n. 1204 del 1971, nella parte in cui non prevedeva per l’ipotesi di parto prematuro una decorrenza dei termini del periodo dell’astensione obbligatoria idonea ad assicurare una adeguata tutela della madre e del bambino.
Ciò posto, a parte quanto sarà detto di qui a poco, allorché si esaminerà il merito della questione, una riflessione ulteriore va compiuta in ordine al carattere, vincolato o discrezionale, dell’individuazione della data dalla quale far decorrere il congedo obbligatorio di maternità nell’ipotesi di parto prematuro.
Essa non può decorrere dalla data presunta del termine fisiologico di una gravidanza normale. Questo criterio è giustificato per calcolare i due mesi precedenti la data presunta del parto (art. 16, lettera a, d.lgs. n. 151 del 2001), perché è l’unico utilizzabile in relazione ad un evento non ancora avvenuto, il cui avveramento però è ragionevolmente certo e riscontrabile. Non altrettanto può dirsi nel caso di parto prematuro, perché in detta circostanza con il richiamo alla data presunta si opera un riferimento ipotetico ad un evento che, in realtà, è già avvenuto, onde il criterio si risolve in una mera fictio che non consente la verifica della sua idoneità ad assicurare una tutela piena ed adeguata della madre e del bambino per l’intero periodo di spettanza del congedo. Del resto, lo stesso legislatore, collegando rigidamente il decorso del congedo post partum alla data del parto, mostra di volere per la detta decorrenza un riferimento certo.
Pertanto, per individuare il dies a quo della decorrenza del periodo di astensione in caso di parto prematuro, resta la soluzione di ancorare – al termine del ricovero – la relativa data all’ingresso del neonato nella casa familiare, vale a dire ad un momento certo, sicuramente idoneo a stabilire tra madre e figlio quella comunione di vita che l’immediato ricovero del neonato nella struttura ospedaliera non aveva consentito. Tale soluzione, dunque, appare l’unica percorribile, con conseguente infondatezza dell’eccezione sollevata dall’ente previdenziale.
4. — Nel merito, la questione è fondata.
Va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 270 del 1999, n. 332 del 1988, n. 1 del 1987), il congedo obbligatorio, oggi disposto dall’art. 16 d.lgs. n. 151 del 2001, senza dubbio ha il fine di tutelare la salute della donna nel periodo immediatamente susseguente al parto, per consentirle di recuperare le energie necessarie a riprendere il lavoro. La norma, tuttavia, considera e protegge anche il rapporto che in tale periodo si instaura tra madre e figlio, e ciò non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente biologici, ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale e affettivo collegate allo sviluppo della personalità del bambino.
Il citato art. 16, che apre il capo recante la disciplina del congedo di maternità, vieta di adibire al lavoro le donne: a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all’art. 20 (che contempla la flessibilità del detto congedo); b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto; c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all’art. 20. La lettera d), infine, dispone che il divieto opera anche durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora esso avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto.
Come si vede, il principio secondo cui il congedo obbligatorio post partum decorre comunque dalla data di questo è rimasto immutato, anche in relazione ai casi, come la fattispecie in esame, nei quali il parto non è soltanto precoce rispetto alla data prevista, ma avviene con notevole anticipo (cosiddetto parto prematuro), tanto da richiedere un immediato ricovero del neonato presso una struttura ospedaliera pubblica o privata, dove deve restare per periodi anche molto lunghi.
In siffatte ipotesi – come questa Corte ha già avuto occasione di rilevare (sentenza n. 270 del 1999) – la madre, una volta dimessa e pur in congedo obbligatorio, non può svolgere alcuna attività per assistere il figlio ricoverato. Nel frattempo, però, il periodo di astensione obbligatoria decorre, ed ella è obbligata a riprendere l’attività lavorativa quando il figlio deve essere assistito a casa. Né per porre rimedio a tale situazione può considerarsi sufficiente aggiungere al periodo di congedo di maternità dopo il parto gli ulteriori giorni non goduti prima di esso, trattandosi comunque di un periodo breve (al massimo due mesi), che non garantisce la realizzazione di entrambe le finalità (sopra richiamate) dell’istituto dell’astensione obbligatoria dal lavoro.
Basta considerare che, nel caso di specie, rispetto alla data prevista per il 1° luglio 2005, la bambina venne alla luce il 25 marzo 2005 e rimase ricoverata in ospedale fino all’8 agosto 2005, vale a dire quasi per l’intera durata dell’astensione obbligatoria della madre ante e post partum.
In simili casi, com’è evidente, il fine di proteggere il rapporto, che dovrebbe instaurarsi tra madre e figlio nel periodo immediatamente successivo alla nascita, rimane di fatto eluso. Tale situazione è inevitabile quando la donna, per ragioni di salute (alla cui tutela il congedo obbligatorio post partum è anche finalizzato), non possa riprendere l’attività lavorativa e, quindi, debba avvalersi subito del detto congedo. Non altrettanto può dirsi quando sia la stessa donna, previa presentazione di documentazione medica attestante la sua idoneità alle mansioni cui è preposta, a chiedere di riprendere l’attività per poter poi usufruire del restante periodo di congedo a decorrere dalla data d’ingresso del bambino nella casa familiare.
In detta situazione l’ostacolo all’accoglimento di tale richiesta, costituito dal rigido collegamento della decorrenza del congedo dalla data del parto, si pone in contrasto sia con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento – privo di ragionevole giustificazione – tra il parto a termine e il parto prematuro, sia con i precetti costituzionali posti a tutela della famiglia (artt. 29, primo comma, 30, 31 e 37, primo comma, Cost.).
La tesi dell’ente previdenziale, secondo cui i principi dettati sarebbero ben salvaguardati da altri istituti contemplati nel vigente ordinamento, come il congedo per malattia del figlio e il congedo facoltativo, non può essere condivisa. Si tratta, infatti, d’istituti diversi, diretti a garantire una tutela diversa e ulteriore, che però non possono essere invocati per giustificare la carenza di protezione nella situazione ora evidenziata.
Quanto alla decorrenza del congedo obbligatorio dopo il parto, in caso di parto prematuro con ricovero del neonato presso una struttura ospedaliera pubblica o privata, essa va individuata nella data d’ingresso del bambino nella casa familiare al termine della degenza ospedaliera. Si richiamano, al riguardo, le considerazioni svolte nel punto 3 che precede.
5. — Pertanto, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, lettera c), d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non consente, in caso di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d’ingresso del bambino nella casa familiare.
Infine, è il caso di chiarire, con riguardo all’art. 18 d.lgs. n. 151 del 2001, che punisce con l’arresto fino a sei mesi l’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 16 e 17 del medesimo decreto, che la suddetta pronuncia non estende l’area della punibilità della fattispecie penale. Essa, infatti, non modifica i destinatari della norma né la sanzione, limitandosi ad introdurre per la donna lavoratrice la facoltà di ottenere una diversa decorrenza del congedo obbligatorio, che rimane pur sempre nell’ambito applicativo della norma censurata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 16, lettera c), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non consente, nell’ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d’ingresso del bambino nella casa familiare.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2011.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2011.