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venerdì 8 aprile 2011

Pacchetto infrazioni: quattro decisioni riguardano l'Italia nell'ambito dell'agenda digitale, l'energia, parità di trattamento e patenti di guida

La risposta della Commissione europea ai flussi migratori provenienti dal Nord Africa

La risposta della Commissione europea ai flussi migratori provenienti dal Nord Africa

Riferimento: MEMO/11/226 Date: 2011/08/04


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MEMO/11/226
Bruxelles, 8 apr 2011
La risposta della Commissione europea ai flussi migratori provenienti dal Nord Africa
I recenti avvenimenti in Nord Africa sono stati una fonte di ottimismo per le riforme democratiche in corso in molti paesi, soprattutto in Egitto e Tunisia, ma anche di grande preoccupazione in vista del violento conflitto che si svolgono in Libia e dei flussi di migrazione irregolare originario dalla Tunisia. Il conflitto in Libia ha portato ad una crisi umanitaria in questo paese e nei paesi limitrofi. L'Unione europea ei suoi Stati membri hanno reagito in modo rapido ed hanno dimostrato la loro solidarietà con i paesi della regione, fornendo un sostegno umanitario nella prima fase e assistenza per le riforme politiche ed economiche immediatamente dopo. L'Unione europea ha anche agito rapidamente per aiutare i più esposti agli Stati membri di far fronte alle pressioni migratorie. La nostra risposta è completa, che comprenda tutti gli aspetti della crisi e riflette il profondo impegno sia della UE ei suoi Stati membri.
Le misure prese per far fronte all'emergenza umanitaria
Secondo le fonti ufficiali più recenti, circa 430.000 persone hanno lasciato la Libia in fuga dalla violenza delle ultime settimane. La Commissione europea è stata in prima linea nella risposta umanitaria internazionale a questo esodo attraverso la mobilitazione di una vasta gamma di misure.
La Commissione ha reagito rapidamente, attraverso la mobilitazione fin dall'inizio i suoi due strumenti di emergenza principale, vale a dire il meccanismo di protezione civile e gli aiuti umanitari attraverso ECHO. Inoltre, la DG ECHO ha mobilitato un team di 16 esperti in campo dell'aiuto umanitario e di protezione civile, che sono ormai schierati in Libia, Tunisia ed Egitto per monitorare la situazione, e lavorare con le Nazioni Unite per valutare la necessità e agevolare la mobilitazione coordinata del UE di assistenza (finanziari e in natura).
L'aiuto di emergenza dell'Unione europea ammonta a € 30 milioni. Questo è stato assegnato, da un lato, per dare un riparo temporaneo, finanziare le esigenze di base e facilitare il rimpatrio rapido ai loro paesi d'origine di migliaia di persone in fuga dal conflitto in Libia e la ricezione di ospitalità nei campi di transito situato vicino al confine con la Libia . D'altra parte, una parte di questi aiuti è stato destinato a finanziare la fornitura di assistenza umanitaria in Libia.
Misure per affrontare i flussi migratori verso l'Unione europea
Urgenti azioni già intraprese
I massicci spostamenti di popolazioni di diversi paesi del Nord Africa è stata messa sistemi di protezione e accoglienza di alcuni degli Stati membri dell'Unione europea, in particolare in Italia ea Malta, a tensioni crescenti. L'Unione europea ha risposto a queste sfide importanti in modo rapido ed efficace con l'obiettivo di stabilizzare la situazione.
Frontex ha implementato il comune Operazione EPN Hermes Extension 2011 per assistere le autorità italiane nella gestione del flusso di migranti dal Nord Africa, la maggior parte dei quali sono arrivati ​​sull'isola di Lampedusa. Questa missione è stata avviata il 20 febbraio 2011, solo quattro giorni dopo aver ricevuto la richiesta ufficiale alle autorità italiane, un chiaro segnale di solidarietà tra Stati membri. FRONTEX è pronta a continuare la missione fino a quando sarà necessario, e di ampliare, a condizione che gli Stati membri metteranno a disposizione il personale necessario, le navi e le attrezzature. In considerazione di quanto precede, la Commissione sta avviando le procedure necessarie per rafforzare la FRONTEX bilancio 2011 con un ulteriore pari a 30 milioni di euro .
Europol ha inoltre implementato un team di esperti in Italia al fine di aiutare le autorità nazionali per contribuire a individuare e prevenire possibili criminali di tratta di esseri umani.
Per quanto riguarda il fabbisogno finanziario connesso con lo spostamento, la Commissione di quattro fondi legate alla migrazione (il Fondo per le frontiere esterne, Fondo per i rimpatri, i rifugiati Fondo per l'integrazione) sono a disposizione degli Stati membri. Per esempio, l'Italia, uno dei principali beneficiari di questi fondi, sono stati stanziati € 55.000.000 per il 2010 e € 75 milioni per il 2011. Inoltre, la Commissione mette a disposizione un supplemento di € 25 milioni di fondi di emergenza che possono essere rapidamente mobilitati nell'ambito dei Fondi frontiere esterne e del Fondo europeo per i rifugiati.
Quali misure sarebbero utili nel breve termine?
Qualora l'afflusso di immigrati irregolari e rifugiati possibile continuare, la Commissione prevede una serie di misure a breve termine che possono essere adottate.
Rafforzare Frontex
  • 1) Il Joint Operation EPN HERMES Estensione coordinate da FRONTEX potrebbe essere notevolmente rafforzata, con ulteriori risorse tecniche messe a disposizione dagli Stati membri, e adeguate risorse finanziarie.
  • 2) E 'essenziale che FRONTEX è finalmente dato un mandato più forte operativa attraverso una revisione della sua base giuridica, che la Commissione ha presentato nel mese di febbraio 2010 ( IP/10/184 )
  • 3) FRONTEX dovrebbe accelerare i negoziati per concludere accordi di lavoro con i paesi di origine e transito dell'immigrazione irregolare nel Mediterraneo della regione (per esempio, con l'Egitto, Marocco e Turchia), e ricevere un mandato per negoziare analoghi accordi di lavoro con altri paesi interessati (ad esempio la Tunisia)
Reinsediamento di cittadini di paesi terzi
Il continuo aumento e possibili nel flusso di rifugiati (ad esempio, somali, eritrei, ecc), che necessitano di protezione internazionale, provenienti dal territorio libico è una questione di grande preoccupazione. L'UE non solo continuerà a fornire assistenza umanitaria attraverso il suo ufficio umanitario (ECHO), ma è anche pronta ad offrire attraverso il Fondo europeo di sostegno finanziario i rifugiati al fine di agevolare il reinsediamento delle persone bisognose di protezione internazionale. Il reinsediamento rappresenta non solo una misura salva-vita per i rifugiati in questione, ma è anche un gesto importante la condivisione di responsabilità nei confronti dei paesi che li ospitano. Solidarietà con i paesi vicini la Libia che sono sotto pressione attraverso il reinsediamento può aiutare a mantenere 'spazio di protezione', oltre a contribuire al dialogo e alla cooperazione su altre questioni di migrazione e di gestione delle frontiere.
La Commissione ha pertanto stati incoraggianti Stati membri dell'Unione europea ad offrire posti di reinsediamento, in uno spirito di condivisione di responsabilità e in stretta cooperazione con le Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). È tenuto un incontro con gli Stati membri il 25 marzo in cui le più urgenti sono state spiegate le esigenze particolari di dall'UNHCR e dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), entrambi i quali sono attivamente impegnati sul campo nella regione.
L'attuale crisi nel Mediterraneo dimostra chiaramente come sia indispensabile che il Consiglio e il Parlamento europeo, fare uno sforzo per raggiungere rapidamente un accordo sulla adozione della proposta della Commissione per la creazione di un programma comune di reinsediamento UE. Questa proposta di fornire una base annuale strutturato per la definizione delle priorità, e che collega queste priorità con incentivi finanziari, incoraggiando così le più Stati membri di impegnarsi in attività di reinsediamento, e di rafforzare la cooperazione pratica tra gli Stati membri a tal fine.
Solidarietà / La direttiva sulla protezione temporanea
In caso di afflusso massiccio di persone che potrebbero aver bisogno di protezione internazionale, la Commissione si attende che gli Stati membri per dimostrare concreta solidarietà con l'altro direttamente assistendo gli Stati cuscinetto il peso maggiore. Ciò potrebbe comportare il trasferimento verso altri Stati membri di alcune persone in cerca di protezione, o che hanno già ottenuto uno status di protezione internazionale.
aiuto concreto potrebbe parimenti essere fornita dal recente creazione Ufficio europeo di sostegno in materia di asilo, uno dei cui compiti è centrale il coordinamento di assistenza agli Stati membri i cui sistemi d'asilo sono sotto pressione eccezionali. Ciò potrebbe comportare la realizzazione di 'squadre di sostegno per l'asilo' cosiddetta di rafforzare le capacità di uno Stato per trattare le domande di asilo e di garantire adeguate condizioni di accoglienza per i richiedenti asilo.
La Commissione dovrebbe anche essere pronti a prevedere di proporre il ricorso al meccanismo previsto la direttiva sulla protezione temporanea 2001 ( 2001/55/CE ), se le condizioni previste dalla direttiva siano soddisfatti. Si potrebbe essere riservato solo a fare questo passo , se è chiaro che le persone interessate possono avere bisogno di protezione internazionale, se non possono essere tranquillamente tornati nei loro paesi di origine, e se il numero di persone in arrivo che sono che necessitano di protezione sono sufficientemente grandi. Resort a questo meccanismo permetterebbe la protezione immediata e di accoglienza nel territorio degli Stati membri dell'UE per le persone in questione, oltre ad offrire uno "spazio di respiro" per i sistemi di asilo nazionali degli Stati membri più direttamente interessati.
Le misure da prevedere nel lungo termine
Le istituzioni dell'UE e gli Stati membri devono sostenere la transizione politica ed economica nella regione meridionale del Mediterraneo, per aiutarli a creare opportunità per i potenziali migranti di trovare un'occupazione a casa. Tale sostegno deve affrontare la questione della mobilità, migrazione e sicurezza insieme.
La comunicazione congiunta della Commissione e l'Alto Rappresentante per " Una partnership per la democrazia e prosperità condivisa per la democrazia e prosperità condivisa con la sponda meridionale del Mediterraneo "ha proposto un nuovo approccio per un lungo periodo di partenariato per la migrazione, mobilità e sicurezza . È stato ampiamente approvato dal Consiglio europeo nelle sue riunioni del 11 e 25 marzo 2011.
E 'anche urgente di sviluppare ulteriormente il programma di protezione regionale (PPR) , designata nel mese di aprile 2010, che comprende l'Egitto, Libia e Tunisia. Nell'ambito del programma tematico di cooperazione con i paesi terzi in materia di migrazione e asilo, la Commissione ha già previsto uno stanziamento di 3,6 milioni di euro per finanziare tali RPP. programmi di protezione regionale sono progettati per aumentare la capacità di protezione delle regioni interessate - sia regioni di origine e di transito delle regioni allo stesso modo - e di migliorare la protezione dei rifugiati attraverso soluzioni durevoli (andata e ritorno, l'integrazione locale o il reinsediamento in un paese terzo).
Quale sarebbe il contenuto della partenariati per la mobilità?
Le esperienze positive dei partenariati per la mobilità sviluppate finora nel quadro della globale dell'UE in materia di migrazione (con la Georgia, Moldova e Capo Verde) mostrano un chiaro valore aggiunto degli sforzi comuni dell'UE.
partenariati per la mobilità fornire un quadro per un movimento ben organizzato delle persone tra l'UE e un paese terzo. Un partenariato per la mobilità è una 'soluzione win-vince e copre visti e accordi di migrazione legale, un quadro giuridico per (economico), le migrazioni, lo sviluppo delle capacità di gestire le rimesse; matching efficiente delle richieste di lavoro e bisogni, programmi di rimpatrio e il reinserimento di irregolari, il potenziamento del sistemi di asilo alle norme UE.
In cambio di una maggiore mobilità, i partner devono essere pronti a impegnarsi per aumentare la loro capacità di gestione delle frontiere, di prevenzione e lotta contro la migrazione irregolare e la tratta di esseri umani, anche attraverso una maggiore sorveglianza marittima, il rimpatrio dei migranti irregolari (accordi di rimpatrio e accordi di riammissione) e potenziando la capacità e le abilità delle autorità di contrasto per combattere efficacemente la criminalità transfrontaliera organizzata e la corruzione.

CONSULTA. DE SIERVO: ABROGARE LEGGI E' PREROGATIVA COSTITUZIONALE E AI POLITICI CHE ACCUSANO: PARLAMENTO FA LEGGI, NOI LE VALUTIAMO

CONSULTA. DE SIERVO: ABROGARE LEGGI E' PREROGATIVA COSTITUZIONALE
E AI POLITICI CHE ACCUSANO: PARLAMENTO FA LEGGI, NOI LE VALUTIAMO

(DIRE) Roma, 8 apr. - "La legittimazione che il parlamento ha per
fare le leggi viene dalla Costituzione, cosi' come viene dalla
Costituzione la legittimazione ai giudici della Consulta
di dichiarare l'illegittimita' delle leggi". E' quanto dice il
presidente della Corte Costituzionale, Ugo De Siervo, incontrando
gli studenti di Azione Cattolica a Roma per il loro XIV Congresso
nazionale.
Rispondendo a una domanda sui conflitti tra poteri dello
Stato, quanto mai di attualita' anche alla luce del caso Ruby o
della bocciatura del pacchetto sicurezza nella parte dei
'sindaci-sceriffi, De Siervo sottolinea che "la Corte
costituzionale, cosi' come gli altri organi costituzionali
traggono legittimazione" nelle loro funzioni dalla Carta.
E respinge al mittente che accuse di chi dice che quando la
Consulta abroga una legge va contro la sovranita' popolare
espressa dal parlamento. "E' sbagliato- spiega- come hanno fatto
alcuni parlamentari, e non importa di che parte, dire che dinanzi
a una nostra sentenza che fa cadere una legge, o una parte di una
legge, la Corte e' contro la sovranita' popolare visto che
parlamentari rappresentano la maggioranza del popolo, e che,
quindi, la Corte costituzionale non puo' porsi contro la
sovranita' popolare".
Poi, ricordando che "l'autonomia" della Consulta e' garantita
dalla composizione 'mista' dei suoi componenti (5 scelti dal capo
dello Stato, 5 dal parlamento e 5 dalle altre magistrature
professionali), aggiunge: Questa tipo di composizione e il fatto
che rimangano eletti per 9 anni "dovrebbe rendere la Corte
lontana dagli schieramenti politici, e invece c'e' qualcuno che
ci ribattezza dicendo che siamo 'bianchi, verdi, gialli a
pallini...'. Sono delle cose false". E il pensiero va anche a
quando Berlusconi defini' i giudici della Consulta "comunisti".
De Siervo conclude: "Anche se qualcuno puo' avere avuto giovanili
o meno giovanili impegni politici, quando poi entra alla Corte
costituzionale giura fedelta' alla Costituzione e assume una
posizione indipendente".

(Mar/ Dire)
18:51 08-04-11
SICUREZZA. DE SIERVO: NON SI PUO' DARE 'CARTA BIANCA' AI SINDACI"LE ORDINANZE DEVONO ESSERE PROVVISORIE, NON UNA REGOLA COSTANTE"

(DIRE) Roma, 8 apr. - Non si puo' dare ai sindaci un potere cosi'
enorme da fare leggi contro i principi di "contingenza e urgenza"
e contro i principi di "uguaglianza" previsti dalla Costituzione.
E' quanto dice il presidente della Corte Costituzionale, Ugo De
Siervo, incontrando, nel palazzo della Consulta, gli studenti di
Azione Cattolica a Roma per il loro XIV Congresso nazionale.
De Siervo spiega ai ragazzi il motivo per cui sono state
bocciate le norme del 'pacchetto sicurezza' sulle ordinanze dei
cosidetti sindaci-sceriffi. "La Corte- dice- non impedisce
affatto che ci siano delle migliori leggi sulla repressione di
fenomeni di allarme sociale, ma non puo' un sindaco un giorno
alzarsi e fare un'ordinanza su chi mangia il kebab per strada".
La Consulta, continua, "ha solo detto 'fate pure', ma fatelo con
delle leggi, non fatelo lasciando 'carta bianca', o quasi, ai
singoli sindaci, perche' cosi' gli si danno dei poteri ingiusti.
E invece, da come ho letto sui giornali, sembra che si sia
demolito il fondamento dello Stato di diritto".
De Siervo continua: "Nella legislazione antica italiana e'
previsto un potere dei sindaci in base al quale dinanzi a
situazioni di assoluta necessita'" un primo cittadino "puo', con
un suo atto, porre dei vincoli di comportamento, ma solo in casi
'contingibili e urgenti'. Due anni fa, invece, a queste norme
hanno aggiunto un piccolo particolare". E cioe': "le ordinanze
possono essere emesse 'anche' in casi contingibili e urgenti". E
questo, sottolinea il presidente della Consulta rende le
ordinanze "non piu' provvisorie". (SEGUE)

(Mar/ Dire)
19:24 08-04-11

NNNN
SICUREZZA. DE SIERVO: NON SI PUO' DARE 'CARTA BIANCA' AI SINDACI -2-

(DIRE) Roma, 8 apr. - Le ordinanze- precisa De Siervo- si possono
fare in casi di necessita', ma non possono rendere una regola
costante", un sindaco "non puo' disporre della liberta' delle
persone senza avere una legge che lo autorizzi dentro una serie
di 'paletti', altrimenti ogni Comune si fa la sua legge".
Il presidente della Corte costituzionale spiega che sono state
fatte circa 600 ordinanze dopo quelle norme del pacchetto
sicurezza, alcune veramente singolari, come quella, racconta ai
ragazzi, per cui non si possono portare borsoni di una certa
grandezza lungo le calli di Venezia. "Li' si dice- osserva- non
di non aprire per strada borsoni oltre una certa misura contro il
commercio irregolare, ma addirittura, in prevenzione, si vieta di
portarseli dietro". E poi c'e' un'ordinanza, che lui confessa "di
non avere ben capito", per cui lungo le fontane non si possono
sedere persone tra i 18 e i 65 anni. Quanto ai divieti sul cibo
etnico, il presidente della Consult conclude: "Non si capisce per
quale motivo per strada possono mangiare un panino americano ma
non il kebab, questo forza il principio di eguaglianza".

(Mar/ Dire)
19:24 08-04-11

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(ER) SICUREZZA. DE SIERVO:NON SI PUO' DARE CARTA BIANCA A SINDACI -2-

(DIRE) Roma, 8 apr. - Le ordinanze- precisa De Siervo- si possono
fare in casi di necessita', ma non possono rendere una regola
costante", un sindaco "non puo' disporre della liberta' delle
persone senza avere una legge che lo autorizzi dentro una serie
di 'paletti', altrimenti ogni Comune si fa la sua legge".
Il presidente della Corte costituzionale spiega che sono state
fatte circa 600 ordinanze dopo quelle norme del pacchetto
sicurezza, alcune veramente singolari, come quella, racconta ai
ragazzi, per cui non si possono portare borsoni di una certa
grandezza lungo le calli di Venezia. "Li' si dice- osserva- non
di non aprire per strada borsoni oltre una certa misura contro il
commercio irregolare, ma addirittura, in prevenzione, si vieta di
portarseli dietro". E poi c'e' un'ordinanza, che lui confessa "di
non avere ben capito", per cui lungo le fontane non si possono
sedere persone tra i 18 e i 65 anni. Quanto ai divieti sul cibo
etnico, il presidente della Consult conclude: "Non si capisce per
quale motivo per strada possono mangiare un panino americano ma
non il kebab, questo forza il principio di eguaglianza".

(Mar/ Dire)
19:28 08-04-11

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(ER) SICUREZZA. DE SIERVO:NON SI PUO' DARE CARTA BIANCA A SINDACI"LE ORDINANZE DEVONO ESSERE PROVVISORIE, NON UNA REGOLA COSTANTE"

(DIRE) Roma, 8 apr. - Non si puo' dare ai sindaci un potere cosi'
enorme da fare leggi contro i principi di "contingenza e urgenza"
e contro i principi di "uguaglianza" previsti dalla Costituzione.
E' quanto dice il presidente della Corte Costituzionale, Ugo De
Siervo, incontrando, nel palazzo della Consulta, gli studenti di
Azione Cattolica a Roma per il loro XIV Congresso nazionale.
De Siervo spiega ai ragazzi il motivo per cui sono state
bocciate le norme del 'pacchetto sicurezza' sulle ordinanze dei
cosidetti sindaci-sceriffi. "La Corte- dice- non impedisce
affatto che ci siano delle migliori leggi sulla repressione di
fenomeni di allarme sociale, ma non puo' un sindaco un giorno
alzarsi e fare un'ordinanza su chi mangia il kebab per strada".
La Consulta, continua, "ha solo detto 'fate pure', ma fatelo con
delle leggi, non fatelo lasciando 'carta bianca', o quasi, ai
singoli sindaci, perche' cosi' gli si danno dei poteri ingiusti.
E invece, da come ho letto sui giornali, sembra che si sia
demolito il fondamento dello Stato di diritto".
De Siervo continua: "Nella legislazione antica italiana e'
previsto un potere dei sindaci in base al quale dinanzi a
situazioni di assoluta necessita'" un primo cittadino "puo', con
un suo atto, porre dei vincoli di comportamento, ma solo in casi
'contingibili e urgenti'. Due anni fa, invece, a queste norme
hanno aggiunto un piccolo particolare". E cioe': "le ordinanze
possono essere emesse 'anche' in casi contingibili e urgenti". E
questo, sottolinea il presidente della Consulta rende le
ordinanze "non piu' provvisorie". (SEGUE)

(Mar/ Dire)
19:28 08-04-11

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Ministero dello sviluppo economico Ris. 8-3-2011 n. 43265 Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 - Articolo 71, comma 6, lett. c) - Quesito in materia di requisiti professionali per il commercio di prodotti alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande: diploma di Perito per il turismo. Emanata dal Ministero dello sviluppo economico, Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, Divisione IV - Promozione della concorrenza.

Ris. 8 marzo 2011, n. 43265 (1).

Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 - Articolo 71, comma 6, lett. c) - Quesito in materia di requisiti professionali per il commercio di prodotti alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande: diploma di Perito per il turismo.

(1) Emanata dal Ministero dello sviluppo economico, Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, Divisione IV - Promozione della concorrenza.



Si fa riferimento alla nota (....) con la quale si chiede se, ai sensi dell’articolo 71, comma 6, lettera c), il diploma di "Perito per il turismo" (quinquennale) conseguito nell’anno scolastico 2005-2006 presso un Istituto statale per il turismo possa considerarsi requisito professionale valido per il commercio di prodotti alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande.

Al riguardo, la scrivente Direzione generale, verificato il percorso formativo in questione, fa presente di ritenere il relativo titolo non valido ai fini del riconoscimento del requisito professionale per il commercio di prodotti alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande.


Il Direttore generale

Gianfrancesco Vecchio



D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, art. 71

G.U.U.E fumo passivo. Conclusioni del Consiglio sulla strategia europea per l'ambiente e la salute.

G.U.U.E fumo passivo. Conclusioni del Consiglio sulla strategia europea per l'ambiente e la salute.

Concl. 27-10-2003
Conclusioni del Consiglio sulla strategia europea per l'ambiente e la salute.
Pubblicate nella G.U.U.E. 7 novembre 2003, n. C 268.

Concl. 27 ottobre 2003 (1).

Conclusioni del Consiglio

sulla strategia europea per l'ambiente e la salute.

(1) Pubblicate nella G.U.U.E. 7 novembre 2003, n. C 268.



Il Consiglio dell'Unione europea,

I. Rammentando quanto segue:

1. Il trattato dispone agli articoli 152 e 174 che nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche e attività della Comunità deve essere garantito un livello elevato di protezione della salute umana, che la politica comunitaria in materia ambientale deve contribuire, tra l'altro, alla protezione della salute umana e alla promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale, e che la politica comunitaria sull'ambiente sia basata sul principio della precauzione.

2. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per «ambiente e salute» s'intendono sia gli effetti patologici diretti delle sostanze chimiche, delle radiazioni e di alcuni agenti biologici sia gli effetti (spesso indiretti) sulla salute e sul benessere dell'ambiente fisico, psicologico, sociale ed estetico in generale, compresi l'alloggio, lo sviluppo urbano, l'utilizzo del territorio e i trasporti [1].

3. Il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente si prefigge di contribuire a un elevato livello di qualità della vita e di benessere sociale per i cittadini attraverso un ambiente in cui il livello dell'inquinamento non provochi effetti nocivi per la salute umana e l'ambiente.

4. Tra le azioni e misure di sostegno previste dal programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-2008), figurano la promozione della salute e la prevenzione delle malattie intervenendo sui fattori determinanti per la salute in tutte le politiche e attività comunitarie.

5. I programmi quadro pluriennali delle Comunità europee per la ricerca e lo sviluppo tecnologico contengono azioni specifiche nel campo dell'ambiente e della salute, settore che continua ad essere un oggetto principale della ricerca.

6. La strategia di sviluppo sostenibile della Comunità può costituire uno strumento per la promozione dell'integrazione dell'ambiente e della salute nelle politiche settoriali.

7. Un processo internazionale importante è stato avviato a Francoforte nel 1989 allorché i ministri dell'Ambiente e della Sanità degli Stati membri della Regione europea dell'Organizzazione mondiale della sanità hanno adottato la Carta europea sull'ambiente e la salute; le dichiarazioni di Helsinki (1994) e di Londra (1999) hanno individuato ulteriori azioni, e in particolare i piani d'azione nazionali sulla salute ambientale (NEHAP) elaborati dalla maggior parte degli Stati membri e dei paesi in via di adesione; la prossima conferenza ministeriale paneuropea su ambiente e salute che si svolgerà a Budapest nel giugno 2004 sul tema «Il futuro dei nostri figli» costituirà la prossima tappa di questo processo.

8. L'ambiente e la salute sono due temi che figurano ai primi posti anche nell'agenda mondiale e alcuni degli obiettivi fissati al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg come pure gli obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite, riguardano la salute umana connessa al degrado ambientale.

______________

[1] Environment and health. The European Charter and commentary.

Copenaghen, Ufficio regionale per l'Europa dell'OMS, 1990 (WHO

Regional Publications, European Series, n. 35).

II. Considerando che:

9. È sempre più sentita l'esigenza di elaborare un approccio quadro globale e multidisciplinare su scala comunitaria per coordinare i vari programmi d'azione comunitari, per individuare e sfruttare tutte le possibili sinergie evitando nel contempo inutili ripetizioni e per individuare eventuali lacune e questioni che dovrebbero essere ulteriormente approfondite.

10. Attualmente le valutazioni ambientali e gli interventi di carattere politico hanno compiuto progressi significativi grazie all'esame dei singoli inquinanti presenti nei singoli comparti ambientali. Benché sia necessario compiere ulteriori sforzi in tal senso, nel contempo è aumentata la consapevolezza di dover far fronte agli effetti della combinazione di fattori ambientali nocivi, del passaggio di inquinanti da un comparto ambientale ad un altro e delle lunghe esposizioni ai medesimi.

11. Nell'esaminare il nesso tra l'ambiente e la salute, si dovrebbe tenere conto anche delle sostanze chimiche ad elevato volume di produzione sulle quali attualmente si dispone di scarsissime informazioni ma per le quali si prevede un'esposizione significativa. Sotto questo profilo, la nuova politica in materia di sostanze chimiche avviata con il sistema REACH sarà quindi elaborata al fine di farne uno strumento essenziale per migliorare le conoscenze e prevenire future minacce per la salute umana.

12. Le nostre società hanno inoltre dimostrato di essere vulnerabili agli eventi climatici estremi, con gravi conseguenze per la salute pubblica. Poiché si prevede che tali eventi saranno sempre più frequenti e di vaste proporzioni, le nostre società dovrebbero migliorare la capacità di valutarne gli impatti e di prepararvisi.

13. Un numero rilevante di patologie umane è strettamente associato all'esposizione interna ed esterna, a breve e a lungo termine, a determinati fattori ambientali della popolazione, in particolare di gruppi vulnerabili della popolazione quali bambini nei vari stadi dello sviluppo, donne incinte, anziani e persone svantaggiate socialmente e economicamente. I bambini sono particolarmente vulnerabili a determinati fattori ambientali e pertanto può essere necessario applicare un fattore di sicurezza supplementare nella valutazione del rischio reale per loro. Sono pertanto necessarie misure specifiche atte a tutelarne la salute e a migliorarne la speranza di vita sana.

14. I problemi sanitari legati all'ambiente potrebbero influire in modo diverso su uomini e donne. Sono necessarie pertanto ulteriori ricerche in questo campo.

15. I fattori nell'ambiente interno influenzano la diffusione di malattie respiratorie, asma e allergie nei bambini. Per questo motivo nel futuro programma di lavoro si dovrebbe prestare maggiore attenzione all'ambiente interno. I bambini piccoli passano molto tempo all'interno e per questo motivo le condizioni di sicurezza rivestono un'importanza primaria. Inoltre molti lavoratori passano gran parte della loro vita lavorativa all'interno ed è pertanto fondamentale un ambiente di lavoro sicuro. È pertanto essenziale ridurre o eliminare totalmente rischi inaccettabili come il fumo passivo.

III. Accoglie con favore:

16. La strategia europea per l'ambiente e la salute definita nella comunicazione della Commissione [1] che pone in evidenza nell'ambito del primo ciclo (2004-2010) quattro problemi sanitari umani principali (malattie respiratorie dei bambini, asma, allergie; disturbi dello sviluppo neurologico; cancro infantile; effetti negativi sul sistema endocrino) nonché i suoi tre obiettivi a lungo termine, ossia la riduzione dei rischi per la salute e dell'incidenza del carico di malattia dovuto a fattori ambientali nell'UE, l'individuazione e la prevenzione di nuovi pericoli per la salute legati a fattori ambientali e il rafforzamento delle capacità di far politica in questo settore da parte dell'UE. In quanto tale, la strategia rappresenta un importante passo avanti nell'elaborazione di una politica comunitaria integrata coerente e di lungo respiro per far fronte alle minacce per l'ambiente e la salute, comprese attività e misure specifiche.

17. L'intenzione della Commissione di istituire un sistema integrato europeo per il monitoraggio e l'intervento in materia di ambiente e salute che creerà sinergie e faciliterà la condivisione di dati e metodologie per comprendere meglio il rapporto tra ambiente e salute.

____________

[1] Doc. 10676/03 ENV 347 SAN 141.

IV. Sottolinea:

18. Il valore aggiunto che può essere ottenuto coordinando strettamente tra loro il sesto programma di azione comunitaria in materia di ambiente, il programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-2008) e il sesto programma quadro di ricerca e di sviluppo.

19. La necessità di garantire che il gruppo consultivo e i gruppi di lavoro tecnici istituiti dalla Commissione tengano conto del lavoro dei comitati scientifici e di altre istanze consultive istituite per coadiuvare la Commissione al fine di realizzare sinergie ottimali ed evitare inutili ripetizioni.

20. La necessità di una stretta cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri sfruttando pienamente i contributi delle istituzioni scientifiche, coinvolgendo le ONG e gli altri soggetti interessati all'attuazione della strategia.

21. L'importanza, nel contesto dell'elaborazione del «Piano d'azione 2004-2010», di fissare obiettivi concreti operativi e quantificabili basandosi sulle banche dati sull'ambiente e la salute già esistenti per assicurare un'informazione integrata. Si dovrebbe privilegiare lo sviluppo di più ampie metodologie di valutazione dell'impatto sulla salute, sistemi di sorveglianza delle informazioni e un sistema di allarme rapido, nonché la messa a punto di indicatori informativi stabili e affidabili sull'ambiente e sulla salute. I programmi comuni sul monitoraggio contribuirebbero inoltre allo scambio di esperienze e conoscenze e potrebbero colmare alcune lacune.

22. La necessità di sostenere lo sviluppo e l'attuazione della strategia europea per l'ambiente e la salute, anche per mezzo dei programmi quadro di ricerca e di sviluppo, e di prestare particolare attenzione allo sviluppo di capacità, alla produzione, allo scambio e alla diffusione della conoscenza.

23. Il fatto che un'adeguata ed effettiva difesa, informazione, educazione e comunicazione, in base a solidi dati scientifici, sia fondamentale per promuovere la sensibilizzazione dei cittadini affinché possano evitare le patologie connesse all'ambiente già conosciute e quelle emergenti. La sensibilizzazione dei cittadini può altresì svolgere un importante ruolo nel sostenere adeguatamente l'elaborazione di politiche in materia di gestione di nuovi rischi.

24. La necessità di esaminare le modalità per integrare gli strumenti regolamentari con misure di altro tipo, ad esempio politiche destinate a incoraggiare gli operatori economici e i singoli cittadini ad intraprendere azioni positive nel settore dell'ambiente e della salute.

25. La necessità di garantire la possibilità di accordare un'attenzione particolare ai problemi dell'ambiente e della salute che esistono nei paesi aderenti.

26. La necessità di cooperare strettamente con le istituzioni internazionali, quali l'Organizzazione mondiale della sanità, il programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, la Commissione per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, la Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite e l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici, nello sviluppo della dimensione esterna della strategia, tenendo conto degli obiettivi fissati dal vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile e dalla dichiarazione del millennio adottata dalle Nazioni Unite.

V. Invita la Commissione:

27. A garantire, nell'elaborazione e attuazione del «Piano d'azione 2004-2010», uno stretto collegamento e interazione con le pertinenti strategie tematiche previste dal sesto programma di azione per l'ambiente, con il programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica, con il sesto programma quadro di ricerca e di sviluppo e con gli altri pertinenti programmi comunitari, onde contribuire al loro futuro sviluppo.

28. A far sì che la strategia e il relativo piano d'azione siano periodicamente valutati e adeguati in base alle conoscenze scientifiche e all'esperienza acquisita nel corso dell'attuazione.

29. A sviluppare nel primo ciclo della strategia la base di ricerca per la valutazione socioeconomica dell'impatto sulla salute delle politiche e delle misure con particolare riguardo alla salute dei bambini e di altri gruppi vulnerabili, a sostegno della definizione delle politiche e per rafforzare l'integrazione degli aspetti sanitari nel nuovo strumento integrato per la valutazione d'impatto.

30. A esaminare la possibilità di includere nel primo ciclo della strategia la ricerca sui pericoli per la salute e l'ambiente meno esplorati rappresentati dall'ambiente fisico, psicologico, sociale ed estetico in generale che influisce sulla salute e il benessere della popolazione, come:

- fattori legati all'ambiente interno, compreso il fumo passivo,

- determinanti socioeconomici della salute ambientale,

- impatto del cambiamento climatico,

- acqua inquinata e

- rumore.

31. A garantire l'opportuna consultazione del Consiglio nel corso dell'evoluzione del Piano d'azione che sfocerà nella Conferenza ministeriale paneuropea su ambiente e salute di Budapest.

32. A contribuire, in stretta cooperazione con gli Stati membri e con l'Organizzazione mondiale della sanità, alla preparazione e al seguito da riservare alla prossima conferenza ministeriale paneuropea su ambiente e salute e, in questo contesto, ad assicurare la coerenza tra il «Piano d'azione 2004-2010» e il piano d'azione per l'Europa sull'ambiente e la salute dei bambini (CEHAPE).

VI. Sollecita gli Stati membri:

33. Ad assicurare un ruolo attivo per la società civile, le ONG e le organizzazioni di cittadini nell'elaborazione e nell'attuazione della strategia.

34. Ad assicurare una stretta cooperazione organizzativa tra tutte le istituzioni competenti in materia di controllo dell'ambiente e della salute con particolare riguardo alle attività di sorveglianza e di monitoraggio, a livello locale, nazionale ed internazionale.

Corte Costituzionale "...Ad avviso del ricorrente, le norme impugnate - nel definire le caratteristiche delle uniformi degli addetti alla polizia locale - avrebbero adottato colori, forme, mostreggiature e gradi somiglianti a quelli in uso alla polizia di Stato: ciò, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 6 della legge statale n. 65 del 1986, ai sensi del quale le uniformi della polizia locale devono essere tali da escludere la «stretta somiglianza» con quelle delle Forze di polizia e delle Forze armate dello Stato. Per questo verso, le disposizioni regionali tornerebbero a invadere la sfera della potestà legislativa esclusiva statale prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost...."

POLIZIA GIUDIZIARIA   -   REGIONE   -   SICUREZZA PUBBLICA
Corte cost., Sent., 09-02-2011, n. 35
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

SENTENZA

Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, commi 2, lettere c) e q), e 4; 11, comma 1, lettera d); 19, con l'allegato A; 20; 21, con l'allegato E; 22, con l'allegato D, e 26 della legge della Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41 (Polizia locale e politiche di sicurezza urbana), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 1°-4 marzo 2010, depositato in cancelleria il 10 marzo 2010 ed iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2010.

Udito nell'udienza pubblica del 14 dicembre 2010 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

udito l'avvocato dello Stato Wally Ferrante per il Presidente del Consiglio dei ministri.

1. - Con ricorso notificato il 1° marzo 2010, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all'art. 117, primo e secondo comma, lettere h) ed l), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale in via principale degli artt. 4, commi 2, lettere c) e q), e 4; 11, comma 1, lettera d); 19, con l'allegato A; 20; 21, con l'allegato E; 22, con l'allegato D, e 26 della legge della Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41 (Polizia locale e politiche di sicurezza urbana).

Il ricorrente premette che la citata legge lucana detta norme in materia di polizia locale e politiche di sicurezza urbana, dando attuazione ai principi contenuti nella legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge quadro sull'ordinamento della polizia locale).

Ad avviso del Governo, con le norme denunciate la Regione avrebbe esorbitato dai limiti delle proprie competenze legislative, invadendo quelle statali.

La prima censura investe l'art. 4, comma 2, lettera c), della legge regionale, il quale prevede che gli appartenenti alla polizia locale dei Comuni e delle Province esercitano «funzioni di polizia giudiziaria secondo le disposizioni della vigente legislazione statale, rivestendo, a tal fine, la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria riferita ai Comandanti, Ufficiali e Ispettori di Polizia Locale, a seguito di nomina da parte dell'Amministrazione di appartenenza in riferimento al disposto dell'art. 55 del codice di procedura penale, e di Agente di Polizia Giudiziaria, riferita agli Assistenti-Istruttori e agli Agenti di Polizia Locale».

Tale disposizione, sebbene richiami la legislazione statale vigente, violerebbe la competenza esclusiva dello Stato in tema di giurisdizione penale, attribuita dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla legge statale la materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale». Come chiarito, infatti, da questa Corte costituzionale con la sentenza n. 313 del 2003, la polizia giudiziaria - la quale opera, di propria iniziativa o per disposizione o delega dell'autorità giudiziaria, ai fini dell'applicazione della legge penale - rientra nell'ambito della materia dianzi indicata: con la conseguenza che la legge regionale non sarebbe competente a disporre il riconoscimento della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, a prescindere dalla conformità o dalla difformità alla legge dello Stato, trattandosi di disciplina demandata esclusivamente a questa legge.

2. - La seconda censura concerne l'art. 4, commi 2, lettera q), e 4, della legge regionale, nella parte in cui prevede che possano essere raggiunte intese di collaborazione nell'attività di pubblica sicurezza tra le amministrazioni locali, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, inviandone comunicazione al prefetto solo nel caso in cui riguardino personale avente la qualità di agente in servizio armato.

Secondo il ricorrente, detta norma violerebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., e si porrebbe, altresì, in contrasto con la legge statale n. 65 del 1986, che, all'art. 5, comma 1, lettera c), definisce «ausiliarie» le funzioni di pubblica sicurezza della polizia locale ai sensi dell'art. 3 della medesima legge, secondo il quale gli addetti al servizio di polizia municipale collaborano, «nell'ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità».

Al riguardo, è richiamata la distinzione tra la «polizia di sicurezza», la cui disciplina legislativa forma oggetto di riserva a favore dello Stato in base al citato precetto costituzionale, e la «polizia amministrativa locale», esplicitamente sottratta alla predetta competenza esclusiva. Alla luce della definizione fornita dal comma 2 dell'art. 159 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), la polizia di sicurezza concerne, in particolare, «le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni».

Per converso, i compiti di polizia amministrativa locale attengono - come puntualizzato dalla giurisprudenza costituzionale - alle «attività di prevenzione o di repressione dirette a evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati alle persone o alle cose nello svolgimento delle materie sulle quali si esercitano le competenze regionali [...], senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni o gli interessi tutelati in nome dell'ordine pubblico». In altri termini, la rilevanza dei compiti di polizia amministrativa dovrebbe necessariamente esaurirsi all'interno delle attribuzioni regionali, senza poter toccare quegli interessi di fondamentale importanza per l'ordinamento complessivo, che è compito dello Stato curare.

Se i criteri distintivi appena enunciati valgono per la delimitazione «per attribuzioni» della competenza legislativa regionale, ad analoga conclusione dovrebbe pervenirsi - a parere del ricorrente - «anche in relazione alla delimitazione "territoriale" della competenza legislativa regionale, in quanto la possibilità di raggiungere intese con altri enti locali, per tutelare la sicurezza pubblica anche al di fuori del territorio regionale, si tradurrebbe in una indebita invasione della competenza legislativa statale che, per definizione, riguarda l'intero territorio nazionale».

3. - Forma, altresì, oggetto di impugnazione l'art. 11, comma 1, lettera d), della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, il quale prevede - quale requisito ulteriore, rispetto a quelli stabiliti dalla vigente legislazione statale, ai fini dell'ammissione ai concorsi per posti di polizia locale - che il candidato non debba «essere in possesso dello status di obiettore di coscienza».

Ad avviso del ricorrente, tale previsione si porrebbe in contrasto con l'art. 1 della legge 23 agosto 2004, n. 226 (Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore), che sospende, a decorrere dal 1° gennaio 2005, le chiamate per lo svolgimento del servizio di leva, ledendo nuovamente, con ciò, la competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza (art. 117, secondo comma, lettera h, Cost.).

La disposizione censurata sarebbe, in effetti, incoerente con la sospensione del servizio di leva, giacché lo «status di obiettore di coscienza» assumerebbe rilevanza solo in presenza di una chiamata alle armi obbligatoria.

Osserva, inoltre, l'Avvocatura dello Stato che l'art. 11, comma 1, della legge regionale introduce il censurato requisito negativo per l'ammissione ai concorsi per posti di polizia locale insieme ad «altri specifici requisiti», i quali non sarebbero, in realtà, affatto «specifici», corrispondendo a quelli, di ordine generale, previsti dall'art. 5, comma 2, della legge n. 65 del 1986; laddove, al contrario, il solo requisito di cui alla lettera d) esula totalmente dalle previsioni della legge statale.

4. - Parimenti lesivi dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. risulterebbero gli artt. 19, con l'allegato A, 20, 21, con l'allegato E, e 22, con l'allegato D, della legge regionale censurata.

Nel definire le caratteristiche delle uniformi degli addetti alla polizia locale, le richiamate disposizioni prevedrebbero, infatti, colori, forme, mostreggiature e gradi somiglianti a quelli delle uniformi in uso alla polizia di Stato: ciò, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 6 della legge n. 65 del 1986, secondo cui le divise della polizia municipale devono essere tali da escludere la «stretta somiglianza» con quelle delle Forze di polizia e delle Forze armate dello Stato.

5. - Infine, secondo la Presidenza del Consiglio dei ministri, l'art. 26 della legge regionale violerebbe l'art. 117, primo comma, Cost., che impone alle Regioni l'osservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario.

La norma impugnata, infatti, prevedendo l'istituzione di un numero telefonico unico regionale (a tre o quattro cifre) per la polizia locale, si porrebbe in contrasto con la direttiva 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale), che ha imposto agli Stati membri di istituire il numero unico di emergenza «112», al fine di garantire ai cittadini adeguata risposta alle chiamate di emergenza attraverso un sistema di gestione unificato delle telefonate.

Nel recepire la direttiva, il d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche a livello statale) ha stabilito, all'art. 76, che il Ministero provvede affinché, oltre ad altri eventuali numeri di emergenza nazionali, indicati nel piano nazionale di numerazione, gli utenti finali di servizi telefonici accessibili al pubblico possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso, digitando, per l'appunto, il numero di emergenza unico europeo «112». Ai sensi del medesimo art. 76, inoltre, i numeri di emergenza nazionali sono, innanzitutto, stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita, in merito alla disponibilità dei numeri, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - quale «autorità nazionale di regolamentazione» cui si riferisce la direttiva comunitaria - e sono, quindi, recepiti dall'Autorità nel piano nazionale di numerazione.

Tutto ciò, allo scopo di garantire la certezza circa il numero o i numeri di emergenza cui fare riferimento ed evitare il rischio di sovrapposizioni.

6. - Il 23 novembre 2010, l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato, nell'interesse del Presidente del Consiglio dei ministri, una memoria illustrativa, insistendo per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate.

In particolare, ha richiamato la sentenza n. 167 del 2010, intervenuta nelle more del giudizio, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Friuli Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento della polizia locale): il cui contenuto risulterebbe - secondo il ricorrente - in larga misura sovrapponibile a quello delle norme oggetto dell'odierno scrutinio.

Il rilievo varrebbe, in specie, per l'art. 15, comma 1, della citata legge friulana, il quale - in modo analogo all'art. 4, comma 2, lettera c), della legge reg. Basilicata n. 41 del 2009 - attribuisce agli addetti alla polizia locale la qualifica di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria. Nel dichiarare l'incostituzionalità della norma in riferimento al medesimo parametro oggi invocato (l'art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.), la citata sentenza n. 167 del 2010 ha affermato che tale attribuzione deve ritenersi invasiva della sfera di competenza esclusiva statale in materia di giurisdizione penale, senza che rilevi, in senso contrario, l'esistenza di norme statali (quale, in particolare, l'art. 5 della legge n. 65 del 1986) che già riconoscono la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria al personale della polizia locale.

La medesima sentenza ha dichiarato, inoltre, l'incostituzionalità - per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. - dell'art. 8, comma 6, della legge friulana, recante una previsione assai simile, secondo l'Avvocatura dello Stato, a quella dell'impugnato art. 4, comma 2, lettera q), della legge reg. Basilicata n. 41 del 2009 («nell'esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza previste dalla normativa statale, la polizia locale assume il presidio del territorio tra i suoi compiti primari, al fine di garantire, in concorso con le forze di polizia dello Stato, la sicurezza urbana negli ambiti territoriali di riferimento»).

Nell'occasione, la Corte - dopo avere ribadito i propri orientamenti in ordine alle nozione di ordine pubblico e sicurezza - ha rilevato che, «quanto alla necessità di una collaborazione fra forze di polizia municipale e forze di polizia di Stato, l'art. 118, terzo comma, Cost. ha provveduto espressamente a demandare alla legge statale il compito di disciplinare eventuali forme di coordinamento nella materia dell'ordine pubblico e della sicurezza»; concludendo, quindi, che la norma regionale in questione, «disciplinando non solo modalità di esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza da parte della polizia locale, ma anche le forme della collaborazione con le forze della polizia dello Stato», violava la competenza legislativa esclusiva dello Stato prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.

Ad avviso del ricorrente, tale iter argomentativo sarebbe estensibile anche alla questione avente ad oggetto la norma della Regione Basilicata che qui interessa, concernente le intese di collaborazione nelle attività di pubblica sicurezza tra reparti di polizia locale di diversi comuni. Ciò troverebbe, del resto, conferma, «a contrario», in quanto affermato, nell'ambito della medesima citata sentenza, in relazione allo «sviluppo di politiche di sicurezza transfrontaliere», essendo stato al riguardo ulteriormente ribadito che solo «nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e nelle forme disciplinati da leggi dello Stato (sentenza n. 238 del 2004)».

Nel caso di specie, sarebbe quindi evidente che l'art. 4, comma 2, lettera q), della legge regionale in esame, stabilendo che le amministrazioni locali possono raggiungere intese di collaborazione nell'attività di pubblica sicurezza, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, esorbiti dal limite delle competenze regionali fissato dal parametro costituzionale invocato.
Motivi della decisione

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questioni di legittimità costituzionale in via principale di plurime disposizioni della legge della Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41 (Polizia locale e politiche di sicurezza urbana) - recante norme in materia di polizia locale e politiche di sicurezza urbana «in armonia con i principi stabiliti dalla legge 7 marzo 1986, n. 65» (Legge quadro sull'ordinamento della polizia locale) - deducendo la violazione dell'art. 117, primo e secondo comma, lettere h) ed l), della Costituzione.

2. - Il ricorrente censura, in primo luogo, l'art. 4, comma 2, lettera c), della citata legge lucana, ove si prevede che gli appartenenti alla polizia locale dei Comuni e delle Province esercitano «funzioni di polizia giudiziaria secondo le disposizioni della vigente legislazione statale, rivestendo, a tal fine, la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria riferita ai Comandanti, Ufficiali e Ispettori di Polizia Locale, a seguito di nomina da parte dell'Amministrazione di appartenenza in riferimento al disposto dell'art. 55 del codice di procedura penale, e di Agente di Polizia Giudiziaria, riferita agli Assistenti-Istruttori e agli Agenti di Polizia Locale».

Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la norma esorbiterebbe dall'ambito delle competenze legislative regionali, disponendo nella materia «giurisdizione penale», demandata alla competenza legislativa esclusiva statale dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

La questione è fondata.

Questa Corte ha già affermato in più occasioni che, «quanto alla polizia giudiziaria che, a norma dell'art. 55 del codice di procedura penale, opera, di propria iniziativa e per disposizione o delega dell'Autorità giudiziaria, ai fini dell'applicazione della legge penale, l'esclusione della competenza regionale risulta dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale disposta dalla lettera l) del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione» (sentenza n. 313 del 2003; nello stesso senso, sentenza n. 167 del 2010).

D'altro canto, il vigente codice di procedura penale ha configurato la polizia giudiziaria come soggetto ausiliario di uno dei soggetti del rapporto triadico in cui si esprime la funzione giurisdizionale (il pubblico ministero).

Ne consegue che va ritenuta costituzionalmente illegittima una norma regionale che - al pari di quella oggi impugnata - provveda ad attribuire al personale della polizia locale la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, trattandosi di compito riservato in via esclusiva alla legislazione statale (sentenze n. 167 del 2010 e n. 313 del 2003 cit.).

Né il richiamo, contenuto nella legge regionale, alla legge statale (e, comunque, la conformità della prima alla seconda) vale ad emendare il vizio denunciato. Il problema qui in discussione, infatti, «non è di stabilire se la legislazione regionale sia o non sia conforme a quella statale, ma, ancor prima, se sia competente o meno a disporre il riconoscimento» delle qualifiche di cui si tratta, «indipendentemente dalla conformità o dalla difformità rispetto alla legge dello Stato» (sentenza n. 313 del 2003; in senso analogo, sentenza n. 167 del 2010). La giurisprudenza di questa Corte è, del resto, costante nell'affermare che «la novazione della fonte con intrusione negli ambiti di competenza esclusiva statale costituisce causa di illegittimità della norma» regionale (ex plurimis, sentenze n. 167 del 2010 e n. 26 del 2005).

3. - Il ricorrente impugna, in secondo luogo, l'art. 4, commi 2, lettera q), e 4, della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, nella parte in cui prevede che possano essere raggiunte intese di collaborazione nell'attività di pubblica sicurezza tra le amministrazioni locali, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, inviandone comunicazione al prefetto solo nel caso in cui riguardino personale avente la qualità di agente in servizio armato.

La previsione normativa censurata violerebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., ponendosi, altresì, in contrasto con la legge statale n. 65 del 1986: legge che - dopo aver stabilito che gli addetti al servizio di polizia municipale collaborano, «nell'ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità» (art. 3) - qualifica come «ausiliarie» le funzioni di pubblica sicurezza esercitate dal suddetto personale (art. 5, comma 1, lettera c).

Anche tale questione è fondata.

L'art. 4, comma 1, lettera q), della legge regionale, nella parte oggetto di censura, consente agli appartenenti alla polizia locale dei Comuni e delle Province di esercitare «attività di concorso alla tutela della sicurezza pubblica», anche al di fuori del «rispettivo territorio di competenza», sulla base di intese tra le amministrazioni interessate; con la precisazione che le «intese di collaborazione tra reparti di diversi Comuni» possono essere raggiunte «solamente previo parere favorevole del Comandante del Corpo o Servizio, inviando comunicazione al Prefetto allorquando riguardino personale avente qualità di agente di pubblica sicurezza in servizio armato».

La descrizione dell'attività oggetto delle intese è fornita dal successivo comma 4 del medesimo art. 4 - cui la citata lettera q) del comma 2 rinvia - ai sensi del quale la polizia locale è chiamata a esercitare, «nei limiti previsti dalle deliberazioni dei comitati provinciali per l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, funzioni di tutela della sicurezza urbana, intesa come necessario presupposto dello sviluppo economico e sociale e della salvaguardia della vita delle persone residenti nel territorio, perseguita attraverso la coniugazione delle attività di prevenzione, mediazione dei conflitti, controllo e repressione».

In questa prospettiva - come attestano, da un lato, la stessa qualificazione dell'attività come di «concorso alla tutela della sicurezza pubblica» e, dall'altro, i riferimenti alla «salvaguardia della vita delle persone» tramite interventi di prevenzione e repressione - la regolamentazione delle «intese di collaborazione» oggetto di censura viene a collocarsi nell'ambito della materia «ordine pubblico e sicurezza», di competenza legislativa esclusiva statale: materia che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, attiene «alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell'ordine pubblico», inteso quest'ultimo quale «complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale» (ex plurimis, sentenza n. 129 del 2009 e - in rapporto a fattispecie nelle quali veniva specificamente in rilievo il concetto di «sicurezza urbana» - sentenze n. 274 e n. 226 del 2010, n. 196 del
2009). Donde la sussistenza della violazione denunciata.

Va, quindi, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, commi 2, lettera q), e 4, della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, nella parte in cui prevede che possano essere raggiunte intese di collaborazione nell'attività di pubblica sicurezza tra le amministrazioni locali, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, inviandone comunicazione al prefetto solo nel caso in cui riguardino personale avente la qualità di agente in servizio armato.

4. - Secondo il ricorrente, anche l'art. 11, comma 1, lettera d), della legge regionale censurata invaderebbe l'ambito della potestà legislativa statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza, definito dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.

Nel prevedere - quale requisito ulteriore, rispetto a quelli stabiliti dalla vigente legislazione statale, ai fini dell'ammissione ai concorsi per posti di polizia locale - che il candidato non debba «essere in possesso dello status di obiettore di coscienza», la menzionata disposizione si porrebbe, difatti, in contrasto con l'art. 1 della legge 23 agosto 2004, n. 226 (Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore), che sospende le chiamate per lo svolgimento del servizio di leva a decorrere dal 1° gennaio 2005. Ciò, in quanto lo «status» di obiettore di coscienza potrebbe assumere rilevanza solo in presenza di una chiamata alle armi obbligatoria.

La questione è inammissibile.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, infatti, pur deducendo la violazione di una competenza legislativa statale esclusiva - e, dunque, l'inesistenza di qualsiasi competenza regionale nella materia considerata - ravvisa contraddittoriamente la violazione della riserva statale solo nell'asserita incompatibilità della norma denunciata con la disciplina dettata dalla legge n. 226 del 2004 (ciò, a differenza di quanto avviene in rapporto alla questione precedentemente esaminata, rispetto alla quale la normativa statale risulta evocata, nella sostanza, solo al fine di dare conto del modo in cui la rivendicata potestà esclusiva è stata esercitata). Ne discende l'inammissibilità della questione, «non potendo coesistere - se non in un rapporto di subordinazione, non dedotto nel ricorso - una censura attinente sia all'an, sia al quomodo dell'esercizio della potestà regionale» (sentenza n. 391 del 2006).

A ciò va aggiunto che il parametro evocato è palesemente inconferente, giacché il requisito dell'assenza dello «status» di obiettore di coscienza, considerato nel contesto della disciplina in esame, incide sull'accesso a un pubblico concorso volto al reclutamento di personale che svolge funzioni di polizia amministrativa locale: dunque, su un ambito certamente estraneo alla materia «ordine pubblico e sicurezza», quale intesa dalla giurisprudenza costituzionale dianzi richiamata.

5. - Una ulteriore censura investe gli artt. 19, con l'allegato A, 20, 21, con l'allegato E, e 22, con l'allegato D, della legge regionale.

Ad avviso del ricorrente, le norme impugnate - nel definire le caratteristiche delle uniformi degli addetti alla polizia locale - avrebbero adottato colori, forme, mostreggiature e gradi somiglianti a quelli in uso alla polizia di Stato: ciò, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 6 della legge statale n. 65 del 1986, ai sensi del quale le uniformi della polizia locale devono essere tali da escludere la «stretta somiglianza» con quelle delle Forze di polizia e delle Forze armate dello Stato. Per questo verso, le disposizioni regionali tornerebbero a invadere la sfera della potestà legislativa esclusiva statale prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.

Anche tale questione è inammissibile, per la contraddittorietà della sua prospettazione.

Il ricorrente abbina, difatti, nuovamente l'allegazione dell'inesistenza della potestà legislativa regionale - insita nella denunciata violazione di un titolo di competenza statale esclusiva - con una censura che attiene, per converso, unicamente alle modalità con le quali detta potestà è stata concretamente esercitata, tali da porre le disposizioni impugnate in asserito contrasto con un precetto posto dalla legge statale.

6. - Da ultimo, la Presidenza del Consiglio dei ministri impugna l'art. 26 della legge regionale, il quale prevede che la polizia locale «disporrà di un numero telefonico unico (a 3 o 4 cifre) per il pronto intervento».

Secondo il ricorrente, la norma violerebbe l'art. 117, primo comma, Cost., ponendosi in contrasto con la direttiva 2002/22/CE, recepita con d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche a livello statale), che ha imposto agli Stati membri di istituire il numero unico di emergenza «112». La disposizione regionale vanificherebbe, difatti, la finalità della direttiva comunitaria e, conseguentemente, della normativa statale di recepimento: finalità che consisterebbe nel «garantire la certezza per la cittadinanza in ordine al numero o ai numeri di emergenza cui fare riferimento onde evitare il rischio di sovrapposizioni».

La questione è infondata.

L'intento della richiamata direttiva è quello di fornire ai cittadini il medesimo codice di accesso («112») ai servizi di emergenza su tutto il territorio dell'Unione, eliminando le differenze preesistenti relative ai numeri per le chiamate di emergenza. Detta uniformità non implica, tuttavia, l'esclusione di ulteriori numeri di emergenza nazionali o anche locali. Al contrario - analogamente a quanto già stabilito dalla decisione 91/396/CEE del Consiglio, la quale aveva introdotto il numero unico europeo «parallelamente a ogni altro numero nazionale esistente per tali chiamate» (art. 1) - la citata direttiva 2002/22/CE consente espressamente agli Stati membri di prevedere ulteriori numeri di emergenza nazionali (art. 26).

A conferma di ciò, nel recepire la direttiva, il d.lgs. n. 259 del 2003, all'art. 76, ha ribadito la possibilità che siano previsti numeri di emergenza nazionali e ha stabilito le modalità per la loro determinazione.
P.Q.M.

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, lettera c), della legge della Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41 (Polizia locale e politiche di sicurezza urbana);

2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, commi 2, lettera q), e 4, della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, nella parte in cui prevede che possano essere raggiunte intese di collaborazione nell'attività di pubblica sicurezza tra le amministrazioni locali, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, inviandone comunicazione al prefetto solo nel caso in cui riguardino personale avente la qualità di agente in servizio armato;

3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 11, comma 1, lettera d), 19, con l'allegato A, 20, 21, con l'allegato E, e 22, con l'allegato D, della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;

4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.