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martedì 19 aprile 2011

Polizia: Silp denuncia, a Genova volanti senza benzina



POLIZIA: SILP DENUNCIA, A GENOVA VOLANTI SENZA BENZINA
SEGRETARIO SINDACATO, SENZA INTEGRAZIONE SI RISCHIA STOP MEZZI
(ANSA) - GENOVA, 19 APR - I mezzi della polizia di Genova
rischiano di restare a secco. Lo denuncia il Silp, secondo cui
il dipartimento di polizia ha comunicato alla Questura che non
sono disponibili fondi per l'acquisto di carburante per i mezzi
Polstato. Un caso sollevato oggi a Montecitorio dal parlamentare
Pd Mario Tullo, che ha annunciato la presentazione di una
interrogazione urgente.
Il rifornimento, riferisce il Silp, puo' essere effettuato
soltanto attraverso i cosiddetti 'buoni cedola', mentre nelle
cisterne della Caserma Ilardi di Sturla restano 500 litri di
gasolio e 2 mila di benzina verde per lavorare di notte nei
giorni festivi.
''Se non arrivera' un'integrazione urgente - e' l'accusa di
Roberto Traverso, segretario generale del Silp di Genova - si
rischia di bloccare le volanti e tutti i mezzi operativi
presenti sul territorio''.
Una ''beffa'', per il sindacato, che si aggiunge a quella dei
fondi per la riparazione degli automezzi: al momento sono solo
10 mila euro.(ANSA).




GTT
19-APR-11 19:57 NNNN

Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie Speciale - Concorsi n. 31 del 19-4-2011

Presidenza del Consiglio dei Ministri Circ. 14-3-2011 n. 3/2011 Art. 6, comma 7 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della L. 30 luglio 2010, n. 122. Spesa annua per studi ed incarichi di consulenza. Emanata dalla Presidenza del Consiglio dello Stato, Dipartimento della funzione pubblica, U.P.P.A., Servizio per l’organizzazione degli uffici ed i fabbisogni del personale delle pubbliche amministrazioni, Servizio programmazione assunzioni e reclutamento.

Circ. 14 marzo 2011, n. 3/2011 (1).

Art. 6, comma 7 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della L. 30 luglio 2010, n. 122. Spesa annua per studi ed incarichi di consulenza.

(1) Emanata dalla Presidenza del Consiglio dello Stato, Dipartimento della funzione pubblica, U.P.P.A., Servizio per l’organizzazione degli uffici ed i fabbisogni del personale delle pubbliche amministrazioni, Servizio programmazione assunzioni e reclutamento.



Alle


pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 3, della L. n. 196/2009, incluse le autorità indipendenti, escluse le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati
 

Loro sedi




Premessa

Il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della L. 30 luglio 2010, n. 122 interviene, in un contesto di straordinaria necessità ed urgenza, per emanare disposizioni volte al contenimento della spesa pubblica e a contrastare l’evasione fiscale, ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica.

Sul fronte della stabilizzazione finanziaria, la manovra si sviluppa con interventi finalizzati a ridurre il perimetro e i costi della pubblica amministrazione, degli apparati politici ed amministrativi, nonché con misure di contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, invalidità e previdenza.

Tra le disposizioni che incidono sulla riduzione dei costi degli apparati amministrativi, vi è l’art. 6, comma 7, che prescrive un’importante e specifica misura di riduzione delle spese per studi ed incarichi di consulenza.

In particolare la norma, nel perseguire l’obiettivo di valorizzazione delle professionalità interne alle amministrazioni, stabilisce che: “a decorrere dall’anno 2011 la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’articolo 1 della L. 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, escluse le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati nonché gli incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario, non può essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell’anno 2009. L’affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle attività
sanitarie connesse con il reclutamento, l’avanzamento e l’impiego del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.”.

Si ritiene utile fornire alcune indicazioni interpretative della disposizione citata, precisando che la presente circolare è stata condivisa con il Ministero dell’economia e delle finanze, come da nota 4 marzo 2011, n. 5672.



Amministrazioni destinatarie e decorrenza

Il D.L. n. 78/2010 risponde all’impegno concordato dal Governo in ambito europeo di riportare l’indebitamento netto al di sotto della soglia di riferimento del 3 per cento del PIL entro il 2012.

La manovra, perciò, interviene in larga parte sugli enti e sugli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche i cui conti, sulla base del Sec95, il sistema europeo dei conti, concorrono alla costruzione del Conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche individuati dall’ISTAT, ai sensi del comma 3, dell’articolo 1, della L. 31 dicembre 2009, n. 196.

L’elenco è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 171 del 24 luglio 2010.

L’art. 6, comma 7 del D.L. n. 78/2010, pertanto, si applica alle amministrazioni individuate dal suddetto elenco. Il legislatore, tuttavia, nel confermare tra i destinatari della norma l’inclusione delle autorità indipendenti, ha ritenuto, invece, di escludervi le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati.

Inoltre, l’articolo 1 della L. 30 luglio 2010, n. 122, in sede di conversione, ha escluso dall’ambito applicativo della norma “gli incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario”, nonché “le attività sanitarie connesse con il reclutamento, l’avanzamento e l’impiego del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”.

Si pone l’accento sul fatto che l’art. 6, comma 20, del D.L. n. 78/2010 prevede che le disposizioni dell’articolo 6, tra cui quella in argomento, non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica.

L’art. 6, comma 7, del D.L. n. 78/2010, introduce il vincolo di riduzione della spesa con decorrenza dal 2011.

Per l’anno 2010 rimane fermo quanto previsto dall’art. 1, comma 9, della L. 23 dicembre 2005, n. 266 [1], secondo cui “la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, esclusi le università, gli enti di ricerca e gli organismi equiparati, a decorrere dall’anno 2006, non potrà essere superiore al 30 per cento di quella sostenuta nell’anno 2004. Nel limite di spesa stabilito ai sensi del primo periodo deve rientrare anche la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti.”

Il successivo comma 12, dell’art. 1, della medesima L. n. 266/2005 prevedeva che la suddetta disposizione del comma 9 non si applicasse alle regioni, alle province autonome, agli enti locali e agli enti del Servizio sanitario nazionale. Il comma 505 dell’art. 1 della L. 27 dicembre 2006, n. 296 prevedeva un’estensione di ambito poiché disponeva che la citata disposizione di cui all’articolo 1, comma 9, della L. n. 266/2005, si applicasse alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, di cui all’elenco ISTAT pubblicato in attuazione del comma 5 dell’articolo 1 della L. 30 dicembre 2004, n. 311. Rimaneva salva l’esclusione prevista dai commi 9, 12 della stessa L. n. 266/2005, nonché l’inapplicabilità agli organi costituzionali.

Appare evidente che, a decorrere dal 2011, la misura di riduzione della spesa è più restrittiva per le amministrazioni già contemplate dalla normativa precedente ed ha un ambito di applicazione soggettivo più ampio, ricomprendendo ora anche gli enti locali.


[1] Come modificato prima dall’articolo 27 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e poi dal comma 2 dell’articolo 61 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112.



Tipologia di spesa

La spesa annua oggetto di riduzione è quella per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti. Detta spesa, a decorrere dal 2011, non può essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell’anno 2009.

Con Circ. 10 febbraio 2006, n. 7 del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, è stato chiarito che per spesa “sostenuta” occorre intendere quella “impegnata”.

La Corte dei conti SS.RR. in sede di controllo, con deliberazione n. 6 del 15 febbraio 2005, ha fornito una definizione di dette tipologie di incarico.

In particolare, “per gli incarichi di studio, il riferimento è all’art. 5 D.P.R. n. 338/1994 che richiede sempre la consegna di una relazione scritta; gli incarichi di ricerca presuppongono la preventiva definizione del programma da parte dell’amministrazione; le consulenze si sostanziano nella richiesta di un parere ad un esperto esterno”.

Le fattispecie sono riconducibili alla categoria del contratto di lavoro autonomo, disciplinato dall’art. 7, comma 6, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

Il mancato rispetto del vincolo di riduzione della spesa per tali tipologie di incarichi costituisce, per il responsabile dell’affidamento dell’incarico stesso, illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.



Disposizioni speciali

La misura di riduzione di spesa prevista dall’articolo 6, comma 7, del D.L. n. 78/2010 non si applica per gli incarichi di studio e consulenza conferiti ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, attesa le specifica disciplina prevista per gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, nonché le puntuali limitazioni di spesa disciplinate con appositi regolamenti adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, della L. 23 agosto 1988, n. 400.

Per le stesse ragioni si ritengono escluse, dal regime di riduzione previsto dalla norma in oggetto, le strutture di missione di cui all’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, recante “Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59”, laddove il provvedimento che le istituisce prevede un apposito contingente di personale da utilizzare mediante conferimento di incarichi secondo la tipologia in argomento. Resta ferma l’applicabilità dell’art. 6, comma 3 del D.L. n. 78/2010 ai compensi corrisposti ai soggetti che fanno parte delle strutture tecniche di missione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di cui all’art. 7, comma 4, del citato D.Lgs. n. 303 del 1999, sempre che il compenso non costituisca il trattamento retributivo di servizio.


La presente circolare è soggetta al controllo da parte dei competenti organi.


Il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione

Renato Brunetta



D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 6
L. 31 dicembre 2009, n. 196, art. 1
D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 1
L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 9
L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 505
L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 5
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 7
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 14
D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, art. 7

Ministero del lavoro e delle politiche sociali Nota 10-3-2011 n. 25/II/0003472 Programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno 2011. Emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Nota 10 marzo 2011, n. 25/II/0003472 (1).

Programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno 2011.

(1) Emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.



Si trasmette il documento di programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno 2011, contenente le linee programmatiche dell'azione ispettiva che codeste Strutture dovranno realizzare nell'anno in corso nonché il numero di aziende da sottoporre a verifica, a seguito delle proposte pervenute alla scrivente Direzione.

Si ricorda inoltre l'obiettivo evidenziato dall'On. le Ministro, in occasione dell'incontro “Il contrasto al lavoro sommerso: le implicazioni sul piano della legislazione sociale, fiscale e previdenziale” tenutosi in data 16 febbraio u.s., di realizzare per l'anno 2011 “un piano straordinario” che preveda l'effettuazione di almeno 80.000 controlli mirati allo specifico fenomeno del lavoro sommerso.

Tate obiettivo sarà, inoltre, monitorato mensilmente attraverso un apposito “contatore” volto ad evidenziare puntualmente il numero dei lavoratori in nero accertati.

Il citato obiettivo numerico dovrà pertanto essere proporzionalmente ripartito tra i competenti Uffici territoriali, secondo lo schema di seguito allegato.

Si invitano, pertanto, codeste Direzioni a dare concreta e puntuale attuazione alle suddette linee programmatiche.



Allegato 1


Premessa


Nell'ambito dell'azione di riforma organizzativa e funzionale che ha interessato negli ultimi anni l'attività di vigilanza, la Direzione generale per l'Attività Ispettiva, al fine di delineare le direttive operative rivolte alle Strutture territoriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, intende proseguire nell'attività di programmazione della vigilanza che tiene conto delle peculiarità dei fenomeni di irregolarità nei diversi ambiti locali.

In primo luogo, va evidenziato, che l'attività di vigilanza svolta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali deve privilegiare ambiti settoriali e tematici ben delineati e meritevoli di particolare attenzione in quanto caratterizzati da fenomeni di rilevante impatto economico-sociale. Inoltre, ove sussistano i presupposti normativi, appare necessario utilizzare quanto più possibile - in linea con gli anni precedenti - gli strumenti conciliativi introdotti dal D.Lgs. n. 124/2004 anche in via alternativa allo svolgimento dell'attività di vigilanza.

Particolare attenzione sarà, dedicata al miglioramento, dei risultati qualitativi dell'attività ispettiva da realizzarsi mediante una più mirata selezione delle realtà aziendali da sottoporre a controllo, con l'obiettivo di concentrare, quanto più possibile gli interventi nei soli confronti di quelle aziende maggiormente a rischio di fenomeni di lavoro sommerso. La finalità tendenziale da perseguire quindi è quella di incrementare in maniera significativa il riscontro effettivo di tali fenomeni diminuendo conseguentemente gli interventi non produttivi di risultati sotto il profilo dell'efficacia dell'azione ispettiva.

Si ribadisce, dunque, l'opportunità di orientare l'attività di vigilanza esclusivamente al contrasto delle irregolarità di natura “sostanziale” che costituiscono una lesione dei livelli di tutela delle condizioni di lavoro in una logica di conseguimento dei risultati qualitativi piuttosto che sul piano meramente quantitativo.

Infatti, più che su una indistinta e generalizzata fissazione di parametri di carattere quantitativo (numero delle aziende irregolari, dei lavoratori irregolari è totalmente in nero, ecc.), la vigilanza continuerà ad essere indirizzata esclusivamente su specifici obiettivi meritevoli di particolare attenzione (si pensi al lavoro nero, alla sicurezza sui luoghi di lavoro, alla corretta qualificazione dei rapporti di lavoro, ai fenomeno delle false prestazioni nel settore agricolo, alla vigilanza in materia di appalti illeciti, al lavoro irregolare degli stranieri, ai fenomeni di elusione contributiva, al lavoro minorile, all'inserimento lavorativo dei soggetti disabili, alla disciplina sulle pari opportunità), anche attraverso la programmazione di accessi ispettivi a brevi intervalli temporali finalizzati ad assicurare l'effetto sorpresa e mirati al solo riscontro del lavoro nero.

La presente programmazione è fondata sulle proposte provenienti dalle Direzioni regionali del lavoro che sulla base dell'approfondita conoscenza delle realtà socio-economiche locali, hanno individuato i fenomeni maggiormente rilevanti nei rispettivi ambiti territoriali su cui indirizzare l'attività ispettiva.

Al fine di garantire una maggiore, efficacia dell'attività di vigilanza svolta dal personale ispettivo proseguirà, inoltre la programmazione di specifici progetti di vigilanza che vedranno il coinvolgimento dei Gruppi Carabinieri per la Tutela del Lavoro costituiti con la Direttiva del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 7 luglio 2010.

In considerazione della rilevanza, prioritaria che continua ad avere la lotta al lavoro sommerso, occorre altresì affrontare in termini più incisivi il problema del contrasto ai fenomeni del lavoro insicuro ed irregolare realizzando un sistema che, grazie alla cooperazione dei diversi soggetti pubblici attivi nel mondo del lavoro, consenta di avviare un processo volto al passaggio dall'«ispezione al controllo».

In particolare l'«ispezione» è volta a far emergere le irregolarità, ad individuare i responsabili e sanzionarne i comportamenti illeciti, mentre il “controllo” presuppone un'attività di carattere più generale finalizzata a monitorare il complesso dei fenomeni maggiormente significativi, nonché ad individuare le possibili situazioni di patologia enucleate da specifici indicatori ed a predisporre le conseguenti azioni di contrasto.

Il citato processo si inserisce in una logica di protezione dei diritti fondamentali della persona e del lavoratore, garantendo al contempo il pieno rispetto delle regole sulla libera e corretta concorrenza fra i soggetti economici.

Alla luce di quanto sopra esposto, si individuano di seguito gli obiettivi verso i quali indirizzare l'attività di vigilanza amministrativa e tecnica.



Vigilanza amministrativa

Per la programmazione dell'attività di vigilanza amministrativa per l'anno 2011 si evidenziano gli ambiti di intervento segnalati da tutte le Strutture territoriali:


- Lavoro nero


La centralità delle azioni di contrasto al lavoro irregolare impone di considerare quale preminente ambito d'intervento dell'attività ispettiva il fenomeno del c.d. “sommerso totale”, tenuto conto della mancanza di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, dell'omesso versamento di contributi e della perdita dei diritti conseguenti all'instaurazione di un regolare contratto di lavoro, con particolare riferimento ai settori dell'edilizia, dell'agricoltura, dei pubblici esercizi, ecc. nei quali si riscontra una maggiore concentrazione di tale fenomeno.


- Impiego irregolare lavoratori extracomunitari


L'attività lavorativa dei cittadini stranieri immigrati deve svolgersi nell'integrale rispetto della normativa vigente e, pertanto, vanno contrastate tutte le forme di impiego irregolare di tale manodopera, intervenendo mediante azioni di intelligence coordinate con le forze di polizia e gli Istituti previdenziali. In particolare, va privilegiata l'azione di vigilanza nei confronti di quelle realtà economiche gestite o organizzate mediante minoranze etniche, operanti al di fuori di qualunque regolamentazione di carattere lavoristica previdenziale e fiscale e che realizzano, vere e proprie forme di sfruttamento della manodopera impegnata.


- Appalti somministrazione e distacchi


Si prosegue nello svolgimento dell'attività ispettiva in materia di appalti privati caratterizzati da rilevanti fenomeni di subappalti per verificare la regolarità dell'impiego di manodopera, con particolare riferimento all'individuazione di eventuali ipotesi di somministrazione irregolare, abusiva o fraudolenta.

La citata azione di vigilanza sarà mirata a specifici settori maggiormente interessati al ricorso allo strumento contrattuale dell'appalto.

Inoltre, si prevede di intensificare l'azione ispettiva nel settore degli appalti, pubblici volta ad assicurare il pieno rispetto della normativa in materia di lavoro ed evitare che la concorrenza si sviluppi a danno delle stesse disposizioni lavoristiche.

La vigilanza riguarderà altresì, i rapporti tra committenti/appaltatori/subappaltatori e la relativa responsabilità solidale, nonché si estenderà anche alla verifica circa l'ottemperanza degli obblighi connessi con le prestazioni di lavoro concernenti l'opera, la fornitura o il servizio affidati.

Particolare attenzione sarà riservata all'attività di vigilanza sulle opere pubbliche e all'individuazione di eventuali pseudo lavoratori autonomi, al fine di garantire il rispetto del costo del lavoro e la presenza, di adeguate misure di salvaguardia della sicurezza e della salute dei lavoratori.

Infine, in tale ambito, l'attività di vigilanza sarà rivolta al contrasto dell'impiego irregolare di lavoratori attraverso agenzie di somministrazione di Paesi UE e/o mediante il ricorso a forme di distacco transnazionale che possono consentire l'abbattimento significativo del costo della manodopera sfruttando il differenziale retributivo e contributivo applicalo nei diversi Paesi.

A tale scopo, è stato elaborato - nell'ambito del Progetto Empower realizzato in partnership con la Romania - uno specifico vademecum che rappresenta un utile strumento per gli ispettori che sono chiamati ad affrontare le problematiche legate alle posizioni di un lavoratore distaccato in Italia da un Paese appartenerne all'Unione Europea.

Inoltre, sempre in materia di distacco transnazionale la Direzione generale per l'Attività ispettiva ha aderito, ad un'ulteriore progetto (c.d. Transpo) in partnership con la Francia, che si prefigge di approfondire la conoscenza della legislazione europea e nazionale in materia di distacco nel settore dei trasporti, al fine di garantire una migliore efficacia dei relativi controlli ispettivi.


- Cooperative


Al fine di favorire, una maggiore incisività dell'azione degli Osservatori provinciali delle cooperative, nonché di uniformare i diversi comportamenti tenuti in ambito nazionale, si ritiene necessario pianificare l'attività di verifica annuale nel settore cooperativo.

Si precisa che l'attività di verifica va orientata per il 70% al controllo delle cooperative non iscritte ad alcuna associazione di categoria e comunque non note e per il restante 30% nei confronti delle imprese associate privilegiando quelle mai verificate, ovvero non verificate negli ultimi 3 anni.

Per quanto attiene all'oggetto dell'attività di vigilanza è necessario in primo luogo indirizzarla al contrasto dell'impiego irregolare di manodopera ovvero di utilizzo di lavoro nero con l'evidente finalità di perseguire le peggiori forme di sfruttamento dell'attività lavorativa.

Inoltre, per scongiurare fenomeni di dumping sociale e contrattuale, derivanti da una scorretta applicazione delle norme vigenti in materia di cooperazione e delle clausole contenute nei Contratti Collettivi Nazionali, l'accertamento ispettivo dovrà concernente i fenomeni interpositori, ovvero, la fattispecie di appalto illecito di manodopera posto in essere da pseudo imprese o da cooperative spurie. Ciò con il primario obiettivo di salvaguardare la posizione contributiva e retributiva dei lavoratori impiegati nelle attività oggetto di appalto nonché il rispetto dei principi di leale concorrenza.


- Minori


Anche per l'anno 2011 l'azione ispettiva continuerà a verificare la regolarità dell'impiego di lavoratori minori nei settori maggiormente a rischio.


- Interventi a sostegno delle categorie “svantaggiate” del mercato del lavoro


L'attività di vigilanza sarà - come di consueto - anche orientata verso particolari fenomeni di rilevante impatto sociale quali:


Soggetti disabili


È opportuno verificare il corretto adempimento degli obblighi posti dalla L. n. 68/1999, con particolare attenzione a quello della copertura dell'aliquota obbligatoria, utilizzando a tal fine il potere di diffida.


Pari opportunità


Alla luce del Protocollo d'Intesa del 27 giugno 2007 siglato dalla Rete Nazionale delle Consigliere e dei Consiglieri di Parità e dalle Direzioni generali per l'Attività ispettiva e del Mercato del Lavoro, nonché del Tavolo Tecnico di studio di cui al Decreto n. 241 del 12 gennaio 2009 proseguono le verifiche in merito all'esistenza di fenomeni discriminatori ed all'effettività della tutela delle lavoratrici madri.

Per i profili di carattere quantitativo, si prevede di sottoporre a verifica nel corso del 2011 - a seguito delle proposte pervenute dagli Uffici territoriali - complessivamente n. 144.252 aziende.


Direzioni regionali


Numero aziende da ispezionare


Di cui lavoro nero “piano straordinario”

ABRUZZO


5.021


2.821

BASILICATA


5.250


2.950

CALABRIA


8.058


4.528

CAMPANIA


13.335


7.493

EMILIA ROMAGNA


13.561


7.620

FRIULI VENEZIA GIULIA


3.183


1.789

LAZIO


12.526


7.038

LIGURIA


4.620


2.596

LOMBARDIA


14.168


7.961

MARCHE


6.199


3.483

MOLISE


2.100


1.180

PIEMONTE


10.775


6.055

PUGLIA


13.891


7.805

SARDEGNA


7.770


4.366

TOSCANA


11.085


6.299

UMBRIA


4.219


2.371

VALLE D'AOSTA


459


258

VENETO


8.032


4.513

TOTALE


144.252


81.056




Altre forme di tutela sostanziale dei lavoratori

Come già evidenziato in premessa ed in linea con quanto ribadito dalla Dir. Stato 18 settembre 2008, particolare importanza dovrà essere riservata agli istituti della conciliazione monocratica e della diffida accertativa per crediti patrimoniali, al fine di garantire un'immediata risposta alle esigenze di tutela dei lavoratori interessati, anche indipendentemente dall'attivazione dell'azione ispettiva.



Coordinamento

Le strategie di intervento per il contrasto al lavoro sommerso ed irregolare, che rappresentano la condizione fondamentale per sviluppare la crescita e la competitività del Paese, rendono indispensabile consolidare le iniziative di coordinamento fra i soggetti impegnati nelle azioni ispettive, così da assicurare la massima efficacia ed ottenere migliori risultati della vigilanza.

A tal fine, nel corso dell'anno 2011 sarà data attuazione a quanto previsto, dalle Intese siglate nel 2010 con: INPDAP, INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate, Ministero della Difesa, Guardia di Finanza, ENPAM.

In particolare, saranno predisposte apposite visite ispettive, volte al recupero contributivo, con il personale dell'INPDAP e dell'ENPAM.

Inoltre, in collaborazione con i Comandi provinciali dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza saranno predisposte, a livello locale, specifiche, azioni volte al contrasto dei fenomeni criminali collegati all'occupazione di lavoratori irregolari ed in nero, ivi compresi extracomunitari clandestini, all'occupazione illegale di minori, alle frodi in danno degli Enti previdenziali, nonché alla prevenzione dei fenomeni infortunistici.

Infine, in ottemperanza al Protocollo d'intesa del 4 agosto 2010, siglato con l'INPS, l'INAIL, e l'Agenzia delle Entrate, si procederà a focalizzare in modo più puntuale possibile gli obiettivi dell'azione di verifica attraverso la condivisione delle informazioni contenute nelle diverse banche-dati. Tale Protocollo rappresenta, pertanto, lo strumento che consente l'evoluzione del sistema della vigilanza da una fase legata alle sole verifiche sul campo ad un più ampio sistema di monitoraggio dei fenomeni lavoristico-previdenziali.



Progetto qualità dell'azione ispettiva

Come premesso, anche per l'anno in corso, il più importante elemento deduzione ispettiva sarà rappresentato dall'indicatore di qualità.

Pertanto, ai fini statistici e di verifica della capacità degli Uffici di assicurare una presenza sul territorio, in termini “qualitativi” e anche “quantitativi”, si proseguirà con il c.d. “progetto qualità”.



Attività di prevenzione e promozione

Anche per quanto concerne l'attività di prevenzione e promozione, prevista dall'art. 8 del D.Lgs. n. 124/2004, le Direzioni provinciali del lavoro, coordinate dalle rispettive Strutture di livello regionale, proseguiranno nel pianificare e realizzare le iniziative di carattere informativo e di aggiornamento aventi ad oggetto la materia lavoristica, esclusivamente con le organizzazioni datoriali e sindacali e le realtà economico-sociale presenti sul territorio.



Vigilanza tecnica

La vigilanza tecnica per l'anno 2011 va orientata all'assoluto privilegio delle iniziative Ispettive finalizzate ad arginare il fenomeno infortunistico nel settore dell'edilizia.

Si precisa che per il raggiungimento degli obiettivi il personale tecnico non dovrà essere in alcun modo distolto dalle attività individuate dal presente documento ed in particolare non dovrà essere impiegato per le verifiche degli ascensori e montacarichi, in quanto tali verifiche non costituiscono compiti prioritari, in termini di efficacia e di efficienza per l'Amministrazione, né l'omissione di tale attività costituisce pregiudizio nei confronti dei terzi in quanto la stessa può essere assolta, ai sensi delle disposizioni vigenti, dai soggetti all'uopo autorizzati.

Si sottolinea la necessità che l'attività di vigilanza tecnica vada opportunamente pianificata nell'ambito dei Comitati regionali di coordinamento, come previsto dal D.Lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni.

La vigilanza tecnica dovrà essere tale da raggiungere un risultato annuale, pari almeno a 70 accertamenti per ciascun ispettore, escluse le riviste.



Vigilanza tecnica settore edilizia

Considerato che gli incidenti sul lavoro nel settore edilizio, rappresentano, per gravità, una componente numericamente rilevante rispetto alla globalità del fenomeno infortunistico, si ritiene che in tale settore, debba concentrarsi l'attività di vigilanza tecnica svolta dalle Strutture territoriali.

La vigilanza tecnica nei cantieri edili dovrà essere condotta in modo completo sia sotto gli aspetti tecnici che amministrativi con particolare attenzione alla catena di appalti e subappalti, ove esistenti.

La scelta dei cantieri da individuare dovrà rispettare, indicativamente, i seguenti criteri:

- 5% Cantieri grandi - importo lavori maggiore 10.000.000 Euro, ove presenti.

- 30% Cantieri medi - importo lavori compreso tra 1.000.000 e 10.000.000 di Euro, ove presenti;

- 65% Cantieri piccoli.

Tale ripartizione trova, fondamento evidentemente nella considerazione che i più gravi infortuni avvengono normalmente nel cantieri di più piccola dimensione.



Vigilanza tecnica settore ferrovie

Anche l'attività di vigilanza tecnica nel settore ferroviario, come previsto dalle disposizioni vigenti, dovrà prevedere come per l'anno precedente, una programmazione almeno annuale degli obiettivi in sede di ufficio di coordinamento regionale.

In tale sede saranno individuati gli obiettivi della vigilanza congiunta in considerazione delle priorità degli interventi da effettuare per di ciascuna Provincia.



Altra vigilanza tecnica

Il personale tecnico potrà altresì, essere impegnato nell'ambito della vigilanza in materia di tutela dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti, purché la stessa venga svolta in settori lavorativi significativi ai fini della suddetta tutela e pertanto, dovranno essere presi in considerazione ai fini del raggiungimento degli obiettivi, gli accertamenti svolti solo in particolari strutture sanitarie complesse e settori industriali ove l'impiego di sorgenti di radiazione siano qualitativamente e quantitativamente significativi.

Inoltre, costituiranno accertamenti tecnici, quelli svolti in ambito di sorveglianza di mercato secondo le concordate procedure definite in base alle circolari vigenti.

Nell'ambito dell'attività di vigilanza, particolare attenzione dovrà essere posta nell'individuare, monitorare e controllare gli appalti di servizi aventi ad oggetto attività manutentive o di pulizia su aree confinate (silos, pozzi, cisterne, serbatoi, impianti di depurazione, cunicoli è gallerie ecc.), appalti che maggiormente espongono, al rischio in esame, personale non sempre preparato ad affrontare tali specifiche evenienze. Eventuali ulteriori iniziative volte a tutelare i lavoratori che potenzialmente potrebbero operare in ambienti sospetti di inquinamento potranno essere assunte e condivise nell'ambito dei Comitati regionali di coordinamento, di cui al D.P.C.M. 21 dicembre 2007, secondo le indicazioni fornite nella Circ. 9 dicembre 2010, n. 42/2010.


Il Direttore generale

Dott. Paolo Pennesi



D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124
D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 8
L. 12 marzo 1999, n. 68
Dir. Stato 18 settembre 2008
D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81
D.P.C.M. 21 dicembre 2007

Ministero dell'interno Circ. 22-2-2011 n. 400/A/2011/12.214.39 Rinnovo del permesso di soggiorno per studio nel caso in cui lo straniero sia impegnato nella frequenza dei c.d. corsi singoli. Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere.

Circ. 22 febbraio 2011, n. 400/A/2011/12.214.39 (1).

Rinnovo del permesso di soggiorno per studio nel caso in cui lo straniero sia impegnato nella frequenza dei c.d. corsi singoli.

(1) Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere.



 

Ai


Signori questori della Repubblica
   

Loro sedi

e. p.c.:


Alla


Segreteria del dipartimento della pubblica sicurezza
   

Roma
 

Al


Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione
   

Roma




Con riguardo alla problematica sollevata da alcune Questure, inerente la possibilità di procedere al rinnovo del permesso di soggiorno per studio concesso, conformemente al visto d'ingresso, in base all'esibizione di documentazione comprovante l'iscrizione ad uno o più corsi singoli, si ritiene opportuno formulare le seguenti considerazioni opportunamente condivise, peraltro, con il competente Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.

Nel rilevare, preliminarmente, l'inesistenza, nell'ambito dell'articolo 39 del D.Lgs. n. 268/1998 e successive modificazioni e del relativo articolo 46 del novellato D.P.R. n. 394/1999, di una specifica disciplina al riguardo, occorre far chiarezza in merito alla possibilità di procedere all'eventuale rinnovo del permesso di soggiorno per studio laddove lo straniero si iscriva ad un ulteriore, successivo, corso singolo oppure ad un corso di laurea.

Si è dell'avviso che non si possa procedere al rinnovo dell'autorizzazione al soggiorno nel caso in cui lo straniero si iscriva ad un corso singolo diverso da quello che ha reso possibile il suo ingresso in Italia. Tale orientamento trova conforto nella stessa lettera b) del comma 3, dell'articolo 39 che, recependo i principi comunitari sanciti dalla Dir. 2004/114/CE, specifica che la rinnovabilità del permesso di soggiorno è consentita ai fini della prosecuzione del corso di studi anche qualora lo studente si iscriva ad un corso di laurea diverso da quello per il quale ha fatto ingresso in Italia. Mentre, come noto, i c.d. corsi singoli non sono riconducibili ad un corso di laurea.

Occorre invece, riflettere sulla possibilità di procedere al rinnovo del permesso di soggiorno per studio posseduto dallo studente che, al termine del corso singolo o dei diversi corsi singoli che hanno dato luogo al suo ingresso in Italia, decide di iscriversi ad un corso di laurea. In tal caso, si ritiene di poter valutare favorevolmente il rinnovo solo qualora il corso di laurea prescelto dallo studente sia attinente o conseguente al corso singolo terminato con profitto in quanto, comunque, potrebbe essere considerata uno prosecuzione del percorso scolastico. Nel caso in specie, chiaramente, lo studente dovrà opportunamente documentare l'attinenza o la conseguenzialità, mediante certificazione rilasciata dallo stesso Ateneo.

Si è di analogo avviso anche nel caso in cui gli studenti, dopo il conseguimento della laurea, abbiano necessità di frequentare corsi singoli non inseriti nei corsi di studio ma siano essi necessari [1] per l'accesso ai diversi corsi di formazione post lauream, quali le scuole di specializzazione, i dottorati di ricerca ovvero i master. In tal caso, infatti, il permesso di soggiorno per studio potrà essere convertito alla luce della previsione contenuta nell'ultima parte del comma 4 del citato articolo 46.


Si resta a disposizione per eventuali, ulteriori chiarimenti.


[1] Anche in tal caso, tale correlazione dovrà essere opportunamente certificata dalle stesse Autorità accademiche nazionali.


Il Direttore centrale

Rodolfo Ronconi



D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 39
D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, art. 46
Dir. 13 dicembre 2004, n. 2004/114/CE

I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale) Msg. 15-4-2011 n. 8902 Vittime del terrorismo. Convenzione INPS - Ministero Interno per il riconoscimento dei benefici. Emanato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.

Msg. 15 aprile 2011, n. 8902 (1).
Vittime del terrorismo. Convenzione INPS - Ministero Interno per il riconoscimento dei benefici.

(1) Emanato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.


Alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, e ai loro familiari, verrà erogato un incremento del trattamento di fine rapporto (TFR) se lavoratori dipendenti, oppure un'indennità equivalente al TFR se lavoratori autonomi o liberi professionisti: tutto ciò è possibile grazie alla convenzione sottoscritta il 13 aprile tra il Ministero dell'Interno e l'INPS.
La convenzione stabilisce che spetta al Ministero adottare i decreti a favore dei beneficiari, sulla base degli importi che verranno calcolati dall'INPS secondo le modalità indicate dalla convenzione.
Le vittime del terrorismo e i loro familiari che intendono accedere ai benefici della legge, resi eseguibili dalla convenzione, dovranno presentare la domanda presso il Dipartimento per le libertà civili del Ministero dell'Interno. L'INPS calcolerà i benefici in base agli anni di contribuzione e ai criteri di rivalutazione stabiliti dalla legge.
La convenzione avrà durata triennale e potrà essere rinnovata dalle parti.



Allegato


Convenzione per l'erogazione della maggiorazione del TFR ai sensi della L. 3 agosto 2004, n. 206


La presente convenzione regola i rapporti tra il Ministero dell'Interno e l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale per l'erogazione ai lavoratori dipendenti iscritti presso le forme di previdenza dei lavoratori dipendenti gestite dall'INPS, della maggiorazione del tfr ex artt. 2 e 3 della L. n. 206/2004 ed ai lavoratori autonomi iscritti presso le gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335 dell'indennità ex art. 3, comma 1-bis della citata L. n. 206/2004.
Il Ministero dell'Interno Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione cod. fiscale n. 80215430580, con sede legale in Piazza Viminale n. 1 - 00184 - Roma, in persona del Prefetto Angela Pria, nata a Roma l'11 giugno 1953, per la sua carica ed agli effetti del presente atto domiciliato presso il Ministero,


e


L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) con sede in Roma, Via Ciro il Grande 21 - 00144 ROMA, Partita IVA 02121151001, nella persona del suo Presidente dott. Antonio Mastrapasqua, nato a Roma il 20 settembre 1959, per la carica ivi domiciliato,


Visti


La L. 3 agosto 2004, n. 206, e successive modificazioni, recante nuove norme in materia di vittime del terrorismo o di stragi di tale matrice;
in particolare, gli artt. 2 e 3 della citata L. n. 206/2004 che stabiliscono, tra l'altro, un incremento del trattamento di fine rapporto per i lavoratori dipendenti individuati dalle stesse disposizioni;
l'art. 3, comma 1-bis, della medesima L. n. 206/2004 che prevede a favore dei lavoratori autonomi e liberi professionisti, una indennità, a titolo di trattamento equipollente al trattamento di fine rapporto;
la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 luglio 2007 contenente indicazioni per una omogenea attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 206/2004;
il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, recante "Codice in materia di protezione dei dati personali";
il D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 concernente il "Codice dell'amministrazione digitale";
il D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 "Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa";
il D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42, recante l'istituzione del sistema pubblico di connettività (SPC) e la rete internazionale della Pubblica Amministrazione;
l'art. 15 della L. 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, recante "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi";
la Circ. 24 ottobre 2007, n. 122 e la Circ. 11 novembre 2008, n. 98 dell’INPS che riepilogano le istruzioni in materia fornite dagli Organi istituzionali preposti e recepiscono le osservazioni fornite dall'Ufficio legislativo del Ministero del Lavoro,


ritenuto


necessario individuare opportune modalità operative che consentano una tempestiva erogazione dei benefìci in argomento previsti dalla L. n. 206/2004 ai soggetti aventi diritto,


considerato


che la competenza all'erogazione dei predetti benefici è individuata in capo al Ministero dell'Interno,


tutto ciò premesso e considerato, quale parte integrante della presente convenzione, le Parti concordano quanto segue:


Art. 1
Destinatari dei benefici.


I destinatari dei benefìci sono individuati dal Ministero dell'Interno, sulla base delle istanze prodotte, e comunicati all'INPS con le modalità di cui all'art. 3 ultimo comma del presente accordo, per la determinazione degli importi da corrispondere alle vittime del terrorismo o delle stragi di tale matrice, iscritte presso l'INPS, e ai loro familiari, iscritti presso l'INPS, anche superstiti, limitatamente al coniuge ed ai figli anche maggiorenni, ed in mancanza, ai genitori anche sui loro trattamenti diretti.


Art. 2
Oggetto.


L'INPS determinerà l'importo dovuto secondo le seguenti modalità:
- Per i lavoratori autonomi iscritti presso le gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335 il calcolo verrà eseguito applicando l'aliquota del 6,91 per cento ad un importo pari 10 volte la media dei redditi, da lavoro autonomo o libero professionale degli ultimi cinque anni di contribuzione, rivalutati ai sensi dell'art. 3, comma 5 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 aumentata del 7,5 per cento.
- Per i lavoratori dipendenti iscrìtti all'INPS il calcolo verrà eseguito tenendo conto della documentazione relativa al TFR liquidato oppure ogni altro documento equipollente. Ove tale documentazione non sia prodotta dagli interessati o non sia reperibile, si procederà con gli stessi criteri utilizzati per i lavoratori autonomi o liberi professionisti.
Il Ministero dell'Interno adotterà i decreti di liquidazione a favore dei beneficiari sulla base degli importi determinati dall'INPS.


Art. 3
Flusso informazioni tra le Parti e modalità tecniche.


In fase di prima attuazione della convenzione, il Ministero dell'Interno metterà a disposizione dell'INPS i dati in suo possesso relativi a tutti i soggetti che hanno già prodotto istanza per i benefici in argomento.
Per i soggetti non presenti negli archivi dell'INPS, o per i quali non siano stati prodotti dal richiedente, unitamente alla domanda documenti utili per il calcolo, il Ministero provvederà a richiedere ai potenziali beneficiari la produzione dei documenti necessari a quantificare gli importi da erogare, secondo quanto previsto dalle Parti nell'allegato A della presente convenzione, e si occuperà del loro successivo inoltro all'INPS.
Per agevolare, a regime, le attività dell'INPS di quantificazione degli importi da erogarsi, il Ministero dell'Interno predisporrà la modulistica con i documenti necessari, da produrre all'atto della presentazione della domanda presso i competenti Uffici dello stesso Ministero.
Tutte le comunicazioni tra Ministero ed INPS inerenti l'attuazione della presente convenzione avverranno a mezzo PEC.


Art. 4
Responsabilità.


L'INPS assicura la puntuale applicazione dei criteri di quantificazione degli importi stabiliti nell'art. 2 della presente convenzione.
Il Ministero dell'Interno si impegna a comunicare tempestivamente all'INPS ogni variazione normativa che interverrà successivamente alla presente convenzione.
Il Ministero dell'Interno è unico responsabile dell'erogazione dei benefici e assume la legittimazione passiva per eventuali contestazioni, avvalendosi del supporto tecnico-consulenziale dell'INPS che si dovesse rendere necessario per la difesa dell'Amministrazione.


Art. 5
Privacy.


Le Parti si vincolano, per quanto di rispettiva competenza, alla scrupolosa osservanza delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in particolare per quanto concerne la sicurezza dei dati, gli adempimenti e la responsabilità nei confronti degli interessati, dei terzi e dell'Autorità del Garante per la protezione dei dati personali.
Ai sensi dell'articolo 11 del citato decreto legislativo, i dati trattati in applicazione della presente convenzione dovranno essere pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite.
Le Parti, in qualità di autonomi titolari dei trattamento, assicurano che i dati personali vengano utilizzati per fini non diversi da quelli previsti dalle disposizioni normative vigenti e limitatamente ai trattamenti strettamente connessi agli scopi di cui alla presente convenzione.
È assicurato, altresì, che - al di fuori dei casi previsti dalla legge - i dati medesimi non siano divulgati, comunicati, ceduti a terzi né in alcun modo riprodotti.
In conformità a quanto sopra, ciascuna delle Parti avrà cura di impartire precise e dettagliate istruzioni agli addetti al trattamento che, operando in qualità di incaricati, avranno accesso ai dati stessi, secondo quanto disposto dall'articolo 30 del D.Lgs. n. 196/2003.


Articolo 6
Durata.


La presente convenzione ha durata triennale, con decorrenza dal giorno successivo alla sua sottoscrizione e potrà essere rinnovata, su conforme volontà delle Parti, da manifestarsi per atto scritto.


Art. 7
Adeguamenti tecnici.


Le Parti si impegnano ad apportare eventuali modifiche e/o integrazioni alla presente convenzione qualora, nel corso della sua esecuzione, dovessero verificarsi variazioni del quadro normativo o si rilevi l'opportunità dì miglioramenti procedurali.


Letto, approvato e sottoscritto


Roma, 13 aprile 2011


Per il Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione
Il Prefetto
Angela Pria


L’Istituto nazionale della previdenza sociale
Il Presidente
Antonio Mastrapasqua

Salute: dieta futura mamma all'origine dei chili di troppo del bimbo

SALUTE: DIETA FUTURA MAMMA ALL'ORIGINE DEI CHILI DI TROPPO DEL BIMBO =

Roma, 19 apr. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Se un bimbo alle
elementari e' troppo grasso la colpa e' della mamma, o meglio delle
abitudini che aveva ai tempi della gravidanza. La dieta seguita da una
donna in attesa puo', infatti, alterare il Dna del suo bambino e
aumentare il rischio che, anni dopo, soffra di obesita'. E' quanto
emerge da uno studio internazionale coordinato dall'University of
Southampton (Gb), che sara' pubblicato su 'Diabetes'.

Nel mirino dei ricercatori, l'effetto di un menu' materno ricco
di carboidrati sul Dna del feto. L'indagine mostra che i bambini con
queste alterazioni genetiche sono piu' grassi. Insomma, il vecchio
adagio che consigliava alle mamme in attesa di 'mangiare per due'
sembra proprio controproducente per la salute e la linea di madre e
figlio. In pratica, e' come se il piccolo utilizzasse le indicazioni
che gli arrivano dalla dieta materna per prevedere in che tipo di
ambiente si trovera' a vivere, adattando in questo senso il suo Dna.

Studi sugli animali hanno dimostrato che i cambiamenti nella
dieta possono modificare la funzione dei geni. Un'interazione di
grande interesse per i ricercatori. In questo studio, gli scienziati
hanno prelevato campioni dal cordone ombelicale cercando 'marker
epigenetici'. L'analisi ha poi mostrato che madri con le diete ricche
di carboidrati avevano figli con questi marcatori nel Dna. Il team ha
poi evidenziato un forte legame tra i marker nel mirino e l'obesita'
dei bambini all'eta' di sei e nove anni. Secondo Keith Godfrey, che ha
condotto lo studio, la cosa davvero sorprendente e' che la dieta
materna spiega circa un quarto della differenza di grasso nei bambini
dai sei ai nove anni dopo la nascita. (segue)

(Mal/Col/Adnkronos)
19-APR-11 10:59

NNNN
SALUTE: DIETA FUTURA MAMMA ALL'ORIGINE DEI CHILI DI TROPPO DEL BIMBO (2) =

(Adnkronos/Adnkronos Salute) - La dieta materna, secondo lo
studio, ha un effetto "molto superiore", ad esempio, a quello del peso
alla nascita e non dipende dalla linea materna. Insomma, non sono i
chili di troppo della mamma a creare queste alterazioni nel Dna del
feto, ma cio' che mangia nei nove mesi. I cambiamenti sono stati
rilevati, in particolare, nel gene RXRA.

Secondo Godfrey la scoperta e' molto interessante, ed evidenzia
l'importanza di indicazioni alimentari per le donne in attesa. "Tutte
quelle che restano incinta ricevono consigli sulla dieta" da seguire,
"ma questo aspetto non e' sempre al top nell'agenda dei medici. Lo
studio suggerisce che le future mamme dovrebbero seguire i consigli,
dal momento che questo aspetto puo' avere effetti a lungo termine
sulla salute futura del bambino".

(Mal/Col/Adnkronos)
19-APR-11 11:05

NNNN

BRINDISI: CONTROLLI GDF, SCOPERTI 23 EVASORI ABBONAMENTO RADIOTV

BRINDISI: CONTROLLI GDF, SCOPERTI 23 EVASORI ABBONAMENTO RADIOTV =

Brindisi, 19 apr. - (Adnkronos) - Ventitre evasori
dell'abbondamento radiotelevisivo sono stati scoperti dai militari
della sezione operativa navale della Guardia di Finanza di Brindisi,
alla fine di appositi controlli pianificati dal reparto operativo
aeronavale di Bari in materia di polizia economico-finanziaria.

Sono state riscontrate in totale 26 violazioni amministrative
nei confronti di 23 soggetti, elevando sanzioni amministrative, per
oltre 2.600 euro, constatando l'evasione di oltre 5.800 euro.
Dall'inizio dell'anno ad oggi sono stati effettuati 29 controlli per
accertare il regolare versamento del canone di abbonamento speciale
radiotelevisivo.

In particolare le fiamme gialle hanno effettuato controlli
presso attivita' commerciali e a bordo di navi ad uso commerciale,
verificando anche il regolare versamento della relativa tassa di
concessione governativa per gli apparecchi stabilmente installati a
bordo.

(Zpu/Col/Adnkronos)
19-APR-11 09:43

NNNN

"Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso."




  • Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso.
  • Prefiero morir de pie a vivir arrodillado.
    Preferisco morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio.
  • Il sangue del popolo è il nostro tesoro più sacro, ma è necessario versarlo per impedire che in futuro ne venga sparso di più.
  • Dicono che noi rivoluzionari siamo romantici. Si è vero lo siamo in modo diverso, siamo quelli disposti a dare la vita per quello in cui crediamo.
  • Hasta la victoria siempre.
    Fino alla vittoria, sempre!
  • Se tremi per l'indignazione davanti alle ingiustizie, allora sei mio fratello.
  • La gioventù deve fare esattamente ciò che pensa. L'importante è che non smettiate di essere giovani.
  • La vera rivoluzione deve cominciare dentro di noi.
  • Il vero rivoluzionario è guidato da grandi sentimenti d'amore.
  • L'unica battaglia che ho perso è stata quella che ho avuto paura di combattere.
  • Ho tanti fratelli che non riesco a contarli e una sorella bellissima che si chiama libertà.
  • Ricordatevi di tanto in tanto di questo piccolo condottiero del XX secolo.
  • Quando si sogna da soli è un sogno, quando si sogna in due comincia la realtà.
  • Se io muoio non piangere per me, fai quello che facevo io e continuerò vivendo in te.
  • No soy un libertador. Los libertadores no existen. Son los pueblos quieneas se liberan  a si mismos.
    Non sono un liberatore. I liberatori non esistono. Sono solo i popoli che si liberano da se.
  •  Siamo realisti, esigiamo l'impossibile.
  • Le rivoluzioni non si esportano, ma nascono in seno al popolo.
  • Le battaglie non si perdono, si vincono sempre.

Che Guevara (Ernesto Che Guevara de la Serna)
 

"Questo è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.”"






Cari lettori, per non dimenticare il nostro passato e con il "tentativo" di 
tramandarlo a quelle future, ricordo  il 25 aprile con le parole di uno dei più 
grandi intellettuali del secolo scorso, Piero Calamandrei. 
Sono:

- un passo di un famoso discorso agli studenti sulla Costituzione;
- un'epigrafe pubblicata sul Ponte nel giugno 1953, dopo che le elezioni del 7 giugno avevano visto un folto gruppo di fascisti ritornare in Parlamento. - un'epigrafe, lapide nel palazzo Comunale di Cuneo, in risposta a Kesselring, comandante delle truppe tedesche in Italia, che aveva detto che gli italiani avrebbero dovuto fargli un monumento. Ancorché contrario alle regole di netiquette che vietano le maiuscole (perché vuol dire gridare),le epigrafi sono a tutte maiuscole, perché per loro natura non sono in corsivo.
 
1) Passo del discorso sulla Costituzione (è anche riportato su una lapide ai Piani di Praglia "Gaetano Gallesi - Partigiano della Benedicta - caduto nel rastrellamento - nazifascista - Pasqua 1944"). "Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione."
 
2) Ai fascisti che ritornano (è del '53, ma sembra scritta oggi ed è rivolta ai revisionisti di ogni risma; il riferimento ad Almirante è chiarissimo).
NON RAMMARICATEVI

DAI VOSTRI CIMITERI DI MONTAGNA

SE GIU' AL PIANO

NELL' AULA DOVE FU GIURATA LA COSTITUZIONE

MURATA COL VOSTRO SANGUE

SONO TORNATI

DA REMOTE CALIGINI

I FANTASMI DELLA VERGOGNA



TROPPO PRESTO LI AVEVAMO DIMENTICATI

E' BENE CHE SIANO ESPOSTI

IN VISTA SU QUESTO PALCO

PERCHE' TUTTO IL POPOLO

RICONOSCA I LORO VOLTI

E SI RICORDI

CHE TUTTO QUESTO FU VERO



CHIEDERANNO LA PAROLA



AVREMO TANTO DA IMPARARE

MANGANELLI PUGNALI PATIBOLI

VENT'ANNI DI RAPINE DUE ANNI DI CARNEFICINE



I BRIGANTI SUGLI SCANNI I GIUSTI ALLA TORTURA

TRIESTE VENDUTA AL TEDESCO

L' ITALIA RIDOTTA UN ROGO



QUESTO SI CHIAMA GOVERNARE

PER FAR GRANDE LA PATRIA



APPRENDEREMO DA FONTE DIRETTA

LA STORIA VISTA DALLA PARTE DEI CARNEFICI



PARLERANNO I DIPLOMATICI DELL' ASSE

I FIERI MINISTRI DI SALO'

APRIRANNO

I LORO ARCHIVI SEGRETI



DI OGNI IMPICCATO SAPREMO LA SEPOLTURA

DI OGNI INCENDIO SI RITROVERA' IL PROTOCOLLO



CIVITELLA SANT'ANNA BOVES MARZABOTTO

TUTTE IN REGOLA



SAPREMO FINALMENTE

QUANTO COSTO' L' ASSASSINIO

DI CARLO E NELLO ROSSELLI



MA FORSE A QUESTO PUNTO

PREFERIRANNO RINUNCIARE ALLA PAROLA



PECCATO

QUESTI GRANDI UOMINI DI STATO

AVREBBERO TANTO DA RACCONTARE





Ora e sempre Resistenza
disegnoresist1.jpg (11618 byte)  
LO AVRAI
CAMERATA  KESSELRING
IL MONUMENTO CHE PRETENDI  DA NOI ITALIANI
MA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRA'
A DECIDERLO  TOCCA A NOI
NON COI SASSI AFFUMICATI
DEI BORGHI INERMI STRAZIATI  DAL TUO STERMINIO
NON COLLA TERRA DEI CIMITERI
DOVE I NOSTRI  COMPAGNI GIOVINETTI
RIPOSANO IN SERENITA'
NON COLLA NEVE  INVIOLATA DELLE MONTAGNE
CHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONO
NON COLLA PRIMAVERA  DI QUESTE VALLI
CHE  TI VIDE FUGGIRE
MA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATI
PIU' DURO D'OGNI  MACIGNO
SOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTO
GIURATO  FRA UOMINI LIBERI
CHE VOLONTARI  S'ADUNARONO
PER DIGNITA' NON PER ODIO
DECISI A  RISCATTARE
LA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDO
SU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNARE
AI NOSTRI  POSTI CI TROVERAI
MORTI E VIVI COLLO  STESSO IMPEGNO
POPOLO SERRATO  INTORNO AL MONUMENTO
CHE SI  CHIAMA
ORA E SEMPRE
RESISTENZA 
(Piero Calamandrei)
 SCUOLA

Discorso di Piero Calamandrei, 11 febbraio 1950

Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (ADSN),
Roma 11 febbraio 1950

[Pubblicato in Scuola democratica, periodico di battaglia per una nuova scuola, Roma, iv, suppl. al n. 2 del 20 marzo 1950, pp. 1-5]
Cari colleghi,
Noi siamo qui insegnanti di tutti gli ordini di scuole, dalle elementari alle università [...]. Siamo qui riuniti in questo convegno che si intitola alla Difesa della scuola. Perché difendiamo la scuola? Forse la scuola è in pericolo? Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il pericolo che incombe sulla scuola che noi difendiamo? Può venire subito in mente che noi siamo riuniti per difendere la scuola laica. Ed è anche un po’ vero ed è stato detto stamane. Ma non è tutto qui, c’è qualche cosa di più alto. Questa nostra riunione non si deve immiserire in una polemica fra clericali ed anticlericali. Senza dire, poi, che si difende quello che abbiamo. Ora, siete proprio sicuri che in Italia noi abbiamo la scuola laica? Che si possa difendere la scuola laica come se ci fosse, dopo l’art. 7? Ma lasciamo fare, andiamo oltre. Difendiamo la scuola democratica: la scuola che corrisponde a quella Costituzione democratica che ci siamo voluti dare; la scuola che è in funzione di questa Costituzione, che può essere strumento, perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà [...].
La scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola “l’ordinamento dello Stato”, sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi. Ora, quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue [...].
La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente. La formazione della classe dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento e discute e parla (e magari urla) che è al vertice degli organi più propriamente politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. No. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall’afflusso verso l’alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie. Ogni classe, ogni categoria deve avere la possibilità di liberare verso l’alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi possa temporaneamente, transitoriamente, per quel breve istante di vita che la sorte concede a ciascuno di noi, contribuire a portare il suo lavoro, le sue migliori qualità personali al progresso della società [...].
A questo deve servire la democrazia, permettere ad ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità (applausi). Ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento necessario del suffragio universale. La scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso politico, perché solo essa può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali.
Vedete, questa immagine è consacrata in un articolo della Costituzione, sia pure con una formula meno immaginosa. È l’art. 34, in cui è detto: “La scuola è aperta a tutti. I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Questo è l’articolo più importante della nostra Costituzione. Bisogna rendersi conto del valore politico e sociale di questo articolo. Seminarium rei pubblicae, dicevano i latini del matrimonio. Noi potremmo dirlo della scuola: seminarium rei pubblicae: la scuola elabora i migliori per la rinnovazione continua, quotidiana della classe dirigente. Ora, se questa è la funzione costituzionale della scuola nella nostra Repubblica, domandiamoci: com’è costruito questo strumento? Quali sono i suoi principi fondamentali? Prima di tutto, scuola di Stato. Lo Stato deve costituire le sue scuole. Prima di tutto la scuola pubblica. Prima di esaltare la scuola privata bisogna parlare della scuola pubblica. La scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius. Per aversi una scuola privata buona bisogna che quella dello Stato sia ottima (applausi). Vedete, noi dobbiamo prima di tutto mettere l’accento su quel comma dell’art. 33 della Costituzione che dice così: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. Dunque, per questo comma […] lo Stato ha in materia scolastica, prima di tutto una funzione normativa. Lo Stato deve porre la legislazione scolastica nei suoi principi generali. Poi, immediatamente, lo Stato ha una funzione di realizzazione [...].
Lo Stato non deve dire: io faccio una scuola come modello, poi il resto lo facciano gli altri. No, la scuola è aperta a tutti e se tutti vogliono frequentare la scuola di Stato, ci devono essere in tutti gli ordini di scuole, tante scuole ottime, corrispondenti ai principi posti dallo Stato, scuole pubbliche, che permettano di raccogliere tutti coloro che si rivolgono allo Stato per andare nelle sue scuole. La scuola è aperta a tutti. Lo Stato deve quindi costituire scuole ottime per ospitare tutti. Questo è scritto nell’art. 33 della Costituzione. La scuola di Stato, la scuola democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti. La scuola è l’espressione di un altro articolo della Costituzione: dell’art. 3: “Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali”. E l’art. 151: “Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”. Di questi due articoli deve essere strumento la scuola di Stato, strumento di questa eguaglianza civica, di questo rispetto per le libertà di tutte le fedi e di tutte le opinioni [...].
Quando la scuola pubblica è così forte e sicura, allora, ma allora soltanto, la scuola privata non è pericolosa. Allora, ma allora soltanto, la scuola privata può essere un bene. Può essere un bene che forze private, iniziative pedagogiche di classi, di gruppi religiosi, di gruppi politici, di filosofie, di correnti culturali, cooperino con lo Stato ad allargare, a stimolare, e a rinnovare con varietà di tentativi la cultura. Al diritto della famiglia, che è consacrato in un altro articolo della Costituzione, nell’articolo 30, di istruire e di educare i figli, corrisponde questa opportunità che deve essere data alle famiglie di far frequentare ai loro figlioli scuole di loro gradimento e quindi di permettere la istituzione di scuole che meglio corrispondano con certe garanzie che ora vedremo alle preferenze politiche, religiose, culturali di quella famiglia. Ma rendiamoci ben conto che mentre la scuola pubblica è espressione di unità, di coesione, di uguaglianza civica, la scuola privata è espressione di varietà, che può voler dire eterogeneità di correnti decentratrici, che lo Stato deve impedire che divengano correnti disgregatrici. La scuola privata, in altre parole, non è creata per questo.
La scuola della Repubblica, la scuola dello Stato, non è la scuola di una filosofia, di una religione, di un partito, di una setta. Quindi, perché le scuole private sorgendo possano essere un bene e non un pericolo, occorre: (1) che lo Stato le sorvegli e le controlli e che sia neutrale, imparziale tra esse. Che non favorisca un gruppo di scuole private a danno di altre. (2) Che le scuole private corrispondano a certi requisiti minimi di serietà di organizzazione. Solamente in questo modo e in altri più precisi, che tra poco dirò, si può avere il vantaggio della coesistenza della scuola pubblica con la scuola privata. La gara cioè tra le scuole statali e le private. Che si stabilisca una gara tra le scuole pubbliche e le scuole private, in modo che lo Stato da queste scuole private che sorgono, e che eventualmente possono portare idee e realizzazioni che finora nelle scuole pubbliche non c’erano, si senta stimolato a far meglio, a rendere, se mi sia permessa l’espressione, “più ottime” le proprie scuole. Stimolo dunque deve essere la scuola privata allo Stato, non motivo di abdicazione.
Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c’è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime. Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci).
Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private.
Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna di­scutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: (1) ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. (2) Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. (3) Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico! Quest’ultimo è il metodo più pericoloso. È la fase più pericolosa di tutta l’operazione [...]. Questo dunque è il punto, è il punto più pericoloso del metodo. Denaro di tutti i cittadini, di tutti i contribuenti, di tutti i credenti nelle diverse religioni, di tutti gli appartenenti ai diversi partiti, che invece viene destinato ad alimentare le scuole di una sola religione, di una sola setta, di un solo partito [...].
Per prevedere questo pericolo, non ci voleva molta furberia. Durante la Costituente, a prevenirlo nell’art. 33 della Costituzione fu messa questa disposizione: “Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza onere per lo Stato”. Come sapete questa formula nacque da un compromesso; e come tutte le formule nate da compromessi, offre il destro, oggi, ad interpretazioni sofistiche [...]. Ma poi c’è un’altra questione che è venuta fuori, che dovrebbe permettere di raggirare la legge. Si tratta di ciò che noi giuristi chiamiamo la “frode alla legge”, che è quel quid che i clienti chiedono ai causidici di pochi scrupoli, ai quali il cliente si rivolge per sapere come può violare la legge figurando di osservarla [...]. E venuta così fuori l’idea dell’assegno familiare, dell’assegno familiare scolastico.
Il ministro dell’Istruzione al Congresso Internazionale degli Istituti Familiari, disse: la scuola privata deve servire a “stimolare” al massimo le spese non statali per l’insegnamento, ma non bisogna escludere che anche lo Stato dia sussidi alle scuole private. Però aggiunse: pensate, se un padre vuol mandare il suo figliolo alla scuola privata, bisogna che paghi tasse. E questo padre è un cittadino che ha già pagato come contribuente la sua tassa per partecipare alla spesa che lo Stato eroga per le scuole pubbliche. Dunque questo povero padre deve pagare due volte la tassa. Allora a questo benemerito cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, per sollevarlo da questo doppio onere, si dà un assegno familiare. Chi vuol mandare un suo figlio alla scuola privata, si rivolge quindi allo Stato ed ha un sussidio, un assegno [...].
Il mandare il proprio figlio alla scuola privata è un diritto, lo dice la Costituzione, ma è un diritto il farselo pagare? È un diritto che uno, se vuole, lo esercita, ma a proprie spese. Il cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, se la paghi, se no lo mandi alla scuola pubblica. Per portare un paragone, nel campo della giustizia si potrebbe fare un discorso simile. Voi sapete come per ottenere giustizia ci sono i giudici pubblici; peraltro i cittadini, hanno diritto di fare decidere le loro controversie anche dagli arbitri. Ma l’arbitrato costa caro, spesso costa centinaia di migliaia di lire. Eppure non è mai venuto in mente a un cittadino, che preferisca ai giudici pubblici l’arbitrato, di rivolgersi allo Stato per chiedergli un sussidio allo scopo di pagarsi gli arbitri! [...]. Dunque questo giuoco degli assegni familiari sarebbe, se fosse adottato, una specie di incitamento pagato a disertare le scuole dello Stato e quindi un modo indiretto di favorire certe scuole, un premio per chi manda i figli in certe scuole private dove si fabbricano non i cittadini e neanche i credenti in una certa religione, che può essere cosa rispettabile, ma si fabbricano gli elettori di un certo partito [...].
Poi, nella riforma, c’è la questione della parità. L’art. 33 della Costituzione nel comma che si riferisce alla parità, dice: “La legge, nel fissare diritti ed obblighi della scuola non statale, che chiede la parità, deve assicurare ad essa piena libertà, un trattamento equipollente a quello delle scuole statali” [...]. Parità, sì, ma bisogna ricordarsi che prima di tutto, prima di concedere la parità, lo Stato, lo dice lo stesso art. 33, deve fissare i diritti e gli obblighi della scuola a cui concede questa parità, e ricordare che per un altro comma dello stesso articolo, lo Stato ha il compito di dettare le norme generali sulla istruzione. Quindi questa parità non può significare rinuncia a garantire, a controllare la serietà degli studi, i programmi, i titoli degli insegnanti, la serietà delle prove. Bisogna insomma evitare questo nauseante sistema, questo ripugnante sistema che è il favorire nelle scuole la concorrenza al ribasso: che lo Stato favorisca non solo la concorrenza della scuola privata con la scuola pubblica ma che lo Stato favorisca questa concorrenza favorendo la scuola dove si insegna peggio, con un vero e proprio incoraggiamento ufficiale alla bestialità [...].
Però questa riforma mi dà l’impressione di quelle figure che erano di moda quando ero ragazzo. In quelle figure si vedevano foreste, alberi, stagni, monti, tutto un groviglio di tralci e di uccelli e di tante altre belle cose e poi sotto c’era scritto: trovate il cacciatore. Allora, a furia di cercare, in un angolino, si trovava il cacciatore con il fucile spianato. Anche nella riforma c’è il cacciatore con il fucile spianato. È la scuola privata che si vuole trasformare in scuola privilegiata. Questo è il punto che conta. Tutto il resto, cifre astronomiche di miliardi, avverrà nell’avvenire lontano, ma la scuola privata, se non state attenti, sarà realtà davvero domani. La scuola privata si trasforma in scuola privilegiata e da qui comincia la scuola totalitaria, la trasformazione da scuola democratica in scuola di partito.
E poi c’è un altro pericolo forse anche più grave. È il pericolo del disfacimento morale della scuola. Questo senso di sfiducia, di cinismo, più che di scetticismo che si va diffondendo nella scuola, specialmente tra i giovani, è molto significativo. È il tramonto di quelle idee della vecchia scuola di Gaetano Salvemini, di Augusto Monti: la serietà, la precisione, l’onestà, la puntualità. Queste idee semplici. Il fare il proprio dovere, il fare lezione. E che la scuola sia una scuola del carattere, formatrice di coscienze, formatrice di persone oneste e leali. Si va diffondendo l’idea che tutto questo è superato, che non vale più. Oggi valgono appoggi, raccomandazioni, tessere di un partito o di una parrocchia. La religione che è in sé una cosa seria, forse la cosa più seria, perché la cosa più seria della vita è la morte, diventa uno spregevole pretesto per fare i propri affari. Questo è il pericolo: disfacimento morale della scuola. Non è la scuola dei preti che ci spaventa, perché cento anni fa c’erano scuole di preti in cui si sapeva insegnare il latino e l’italiano e da cui uscirono uomini come Giosuè Carducci. Quello che soprattutto spaventa sono i disonesti, gli uomini senza carattere, senza fede, senza opinioni. Questi uomini che dieci anni fa erano fascisti, cinque anni fa erano a parole antifascisti, ed ora son tornati, sotto svariati nomi, fascisti nella sostanza cioè profittatori del regime.
E c’è un altro pericolo: di lasciarsi vincere dallo scoramento. Ma non bisogna lasciarsi vincere dallo scoramento. Vedete, fu detto giustamente che chi vinse la guerra del 1918 fu la scuola media italiana, perché quei ragazzi, di cui le salme sono ancora sul Carso, uscivano dalle nostre scuole e dai nostri licei e dalle nostre università. Però guardate anche durante la Liberazione e la Resistenza che cosa è accaduto. È accaduto lo stesso. Ci sono stati professori e maestri che hanno dato esempi mirabili, dal carcere al martirio. Una maestra che per lunghi anni affrontò serenamente la galera fascista è qui tra noi. E tutti noi, vecchi insegnanti abbiamo nel cuore qualche nome di nostri studenti che hanno saputo resistere alle torture, che hanno dato il sangue per la libertà d’Italia. Pensiamo a questi ragazzi nostri che uscirono dalle nostre scuole e pensando a loro, non disperiamo dell’avvenire. Siamo fedeli alla Resistenza. Bisogna, amici, continuare a difendere nelle scuole la Resistenza e la continuità della coscienza morale.

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Piero Calamandrei

Milano, 26 gennaio 1955


“L’art.34 dice: “i capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.” E se non hanno mezzi! Allora nella nostra Costituzione c’è un articolo, che è il più importante di tutta la Costituzione, il più impegnativo; non impegnativo per noi che siamo al desinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi. Dice così: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E’ compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’articolo primo “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza con il proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica. Una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della Società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la Società. E allora voi capite da questo che la nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinnanzi! E’ stato detto giustamente che le Costituzioni sono delle polemiche, che negli articoli delle Costituzioni, c’è sempre, anche se dissimulata dalla formulazione fredda delle disposizioni, una polemica. Questa polemica di solito è una polemica contro il passato, contro il passato recente, contro il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime. Se voi leggete la parte della Costituzione che si riferisce ai rapporti civili e politici, ai diritti di libertà voi sentirete continuamente la polemica contro quella che era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà, che oggi sono elencate, riaffermate solennemente, erano sistematicamente disconosciute: quindi polemica nella parte dei diritti dell’uomo e del cittadino, contro il passato. Ma c’è una parte della nostra Costituzione che è una polemica contro il presente, contro la Società presente. Perché quando l’articolo 3 vi dice “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” riconosce, con questo, che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo, contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare, attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani. Ma non è una Costituzione immobile, che abbia fissato, un punto fermo. E’ una Costituzione che apre le vie verso l’avvenire, non voglio dire rivoluzionaria, perché rivoluzione nel linguaggio comune s’intende qualche cosa che sovverte violentemente; ma è una Costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa Società, in cui può accadere che, anche quando ci sono le libertà giuridiche e politiche, siano rese inutili, dalle disuguaglianze economiche e dalla impossibilità, per molti cittadini, di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che, se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anch’essa contribuire al progresso della Società. Quindi polemica contro il presente, in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione presente.
Però vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità; per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, indifferentismo, che è, non qui per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghi strati, in larghe categorie di giovani, un po’ una malattia dei giovani. La politica è una brutta cosa. Che me ne importa della politica. E io quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina, che qualcheduno di voi conoscerà di quei due emigranti, due contadini che traversavano l’oceano, su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca, con delle onde altissime e il piroscafo oscillava. E allora uno di questi contadini, impaurito, domanda a un marinaio “ ma siamo in pericolo?” e questo dice “secondo me, se continua questo mare, tra mezz’ora il bastimento affonda.” Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno, dice: “Beppe, Beppe, Beppe”,….“che c’è!” … “Se continua questo mare, tra mezz’ora, il bastimento affonda” e quello dice ”che me ne importa, non è mica mio!” Questo è l’ indifferentismo alla politica.
E’ così bello e così comodo. La libertà c’è, si vive in regime di libertà, ci sono altre cose da fare che interessarsi di politica. E lo so anch’io. Il mondo è così bello. E vero! Ci sono tante belle cose da vedere, da godere oltre che ad occuparsi di politica. E la politica non è una piacevole cosa. Però, la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai. E vi auguro, di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno, che sulla libertà bisogna vigilare,vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica.
La Costituzione, vedete, è l’affermazione scritta in questi articoli, che dal punto di vista letterario non sono belli, ma l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va affondo, va affondo per tutti questo bastimento. E’ la Carta della propria libertà. La Carta per ciascuno di noi della propria dignità d’uomo. Io mi ricordo le prime elezioni, dopo la caduta del fascismo, il 6 giugno del 1946; questo popolo che da venticinque anni non aveva goduto delle libertà civili e politiche, la prima volta che andò a votare, dopo un periodo di orrori, di caos: la guerra civile, le lotte, le guerre, gli incendi, andò a votare. Io ricordo, io ero a Firenze, lo stesso è capitato qui. Queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni. Disciplinata e lieta. Perché avevano la sensazione di aver ritrovato la propria dignità, questo dare il voto, questo portare la propria opinione per contribuire a creare, questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del proprio paese, della nostra patria, della nostra terra; disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro paese. Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto, questo è uno delle gioie della vita, rendersi conto che ognuno di noi, nel mondo, non è solo! Che siamo in più, che siamo parte di un tutto, tutto nei limiti dell’Italia e nel mondo.
Ora vedete, io ho poco altro da dirvi.
In questa Costituzione di cui sentirete fare il commento nelle prossime conferenze, c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie: son tutti sfociati qui negli articoli.
E a sapere intendere dietro questi articoli, ci si sentono delle voci lontane.
Quando io leggo: nell’articolo 2 “L’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà, politica, economica e sociale” o quando leggo nell’articolo 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli”, “la patria italiana in mezzo alle altre patrie” ma questo è Mazzini! Questa è la voce di Mazzini.
O quando io leggo nell’articolo 8: “Tutte le confessioni religiose, sono ugualmente libere davanti alla legge” ma questo è Cavour!
O quando io leggo nell’articolo 5 ”La Repubblica, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali” ma questo è Cattaneo!
O quando nell’articolo 52 io leggo, a proposito delle forze armate “L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”, l’esercito di popolo, e questo è Garibaldi!
O quando leggo all’art. 27 “Non è ammessa la pena di morte” ma questo, o studenti milanesi, è Beccaria!!

Grandi voci lontane, grandi nomi lontani. Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti. Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione!! Dietro ogni articolo di questa Costituzione o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta. Quindi quando vi ho detto che questa è una Carta morta: no, non è una Carta morta.


Questo è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.