CIRCOLAZIONE STRADALE
Cass. civ. Sez. II, Ord., 15-04-2011, n. 8705
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1) E' stata depositata ex art. 380 bis c.p.c. relazione che di seguito si riproduce, emendata con modifiche formali. "Il Comune di Riace impugna per cassazione la sentenza depositata in data 17 settembre 2008, con la quale il Tribunale di Locri - Sezione staccata di Siderno ha rigettato l'appello proposto dal Comune avverso la sentenza del Giudice di pace di Stilo depositata in data 14 dicembre 2006, che aveva accolto un'opposizione proposta, L. n. 689 del 1981, ex art. 22 da ####################. Costei aveva impugnato il verbale di accertamento e contestazione, da parte della Polizia municipale di Riace, dell'avvenuta violazione dell'art. 142 C.d.S., comma 8, verificatasi in data 16 dicembre 2005. A fondamento della opposizione, l'opponente aveva eccepito la nullità del verbale in quanto emesso da organo incompetente; l'illegittimità
per mancata contestazione immediata della violazione; la mancata dimostrazione della corretta funzionalità del dispositivo elettronico;
l'inidoneità tecnica della strumentazione di accertamento della velocità sia per mancanza di una corretta omologazione, sia per mancata taratura; vizi formali del verbale stesso.
Il Tribunale, rilevato che, nel caso di specie, la violazione del limite di velocità era stata accertata a mezzo Velomatic 512 e che non vi era stata contestazione immediata, ha rigettato l'appello del Comune, rilevando che il quadro normativo conseguente alla entrata in vigore del D.L. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, esclude la sussistenza di un'arbitraria facoltà per l'amministrazione di precostituirsi un'ipotesi di deroga al principio di contestazione immediata della violazione, che costituisce ora la regola della contestazione, essendo al contrario predeterminati sia i casi che le sedi stradali interessate dall'utilizzazione degli strumenti elettronici di rilevazione della velocità. Nella specie, la violazione era stata accertata in un tratto di strada non ricompresa dal Prefetto tra
le strade extraurbane secondarie in cui è stata accertata l'esistenza di obiettive circostanze che legittimano l'impiego di apparecchiature a distanza. Il Tribunale precisava altresì di non condividere quanto affermato da Cass., n. 376 del 2008, secondo cui il disposto del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1 convertito, con modificazioni, nella L. n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4, evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l'utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici de quibus, tra l'altro, anche in funzione del comma 4, con il quale si esclude tout court l'obbligo della contestazione immediata; la norma non pone, pertanto, un'esclusione generalizzata delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in
vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l'obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall'art. 201 C.d.S., comma 1- bis. In proposito, il Tribunale osservava che tale interpretazione avrebbe l'effetto di rimettere al mero arbitrio della P.A. la possibilità di omettere la contestazione immediata e che, quindi, la mera indicazione, nel verbale dì contestazione, delle ragioni di cui all'art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. e), non fosse più sufficiente a giustificare la deroga all'obbligo di contestazione immediata.
Il Tribunale respingeva l'appello incidentale dell'opponente in ordine ad altri motivi di opposizione. Riteneva, infine, che non sussisteva prova che fosse stata fornita agli automobilisti informazione dell'avvenuta installazione di un autovelox sulla via (OMISSIS)". 2) Il Comune di Riace con atto notificato il 26 ottobre 2009 ha proposto ricorso per cassazione. L'opponente è rimasto intimato.
Parte ricorrente propone un primo motivo di ricorso, con il quale deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, e degli artt. 142, 200 e 201 C.d.S., art. 384 reg. esec. C.d.S. in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Premesso che a seguito delle modifiche legislative del 2002, la contestazione immediata e quella differita sono previste in disposizioni legislative, avendo il legislatore trasfuso il contenuto dell'art. 384 reg. esec. C.d.S. dell'art. 201 C.d.S., non vi sarebbe ragione per escludere che la contestazione differita, ove ovviamente ne ricorrano le condizioni e siano osservate le prescrizioni di cui al citato art. 201, possa essere effettuata a seguito della utilizzazione diretta da parte degli agenti accertatori delle apparecchiature elettroniche di rilevazione della velocità anche su strade diverse da quelle indicate nel citato D.L. n. 121 del 2002, art. 4 o nel decreto prefettizio di cui al medesimo art. 4. Il ricorrente formula quindi il seguente quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366-bis cod. proc. civ., da considerarsi
ammissibile anche se formulato in più punti (Cass 26737/08): Vige nel nostro ordinamento giuridico un'esclusione generalizzata dell'utilizzazione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento della velocità al di fuori delle autostrade e delle strade extraurbane principali di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 2, comma 2, lett. A e B? b) E' da considerarsi legittimo ai sensi D.L. n. 121 del 2002, ex art. 4 convertito dalla L. n. 168 del 2002, l'utilizzazione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento della velocità da parte del Comune di Riace sulla via (OMISSIS), con contestazione differita in virtù delle eccezioni previste dall'art. 201 C.d.S., comma 1 bis? c) E' ammissibile la contestazione differita dell'infrazione relativa al superamento dei limiti di velocità qualora nel verbale di contestazioni siano contenuti i richiami
all'art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. E e all'art 384, comma 1, lett e) del Reg.to n. 495 del 1992 circa l'impossibilità della contestazione immediata, sul presupposto che la strumentazione elettronica utilizzata consente la rilevazione dell'illecito solo in tempo successivo perchè il veicolo oggetto del rilievo è a distanza dal posto di accertamento ed impossibilitato ad essere fermato in tempo utile? d) E' consentito al giudice dell'opposizione il sindacato, in sede giudiziaria, sulla possibilità concreta di contestazione immediata della violazione e sulle scelte organizzative dell'amministrazione? Il motivo appare manifestamente fondato, alla luce della giurisprudenza di legittimità, la quale ha reiteratamente affermato che il disposto del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1 convertito, con modificazioni, nella L. n. 168 del 2002,
integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4 - che indica, per le strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d'intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute sussistenti "a priori" per le autostrade e per le strade extraurbane principali - evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l'utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 C.d.S. (limiti di velocità e sorpasso), tra l'altro, anche in funzione del comma 4 del medesimo art. 4, con il quale si esclude "tout court" l'obbligo della
contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto art. 4 non pone una generalizzata esclusione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l'obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall'art. 201 C.d.S., comma 1 bis (Cass., n. 376 del 2008; Cass., n. 1889 del 2008;
Cass., n. 2243 del 2008).
La tesi del Tribunale, che pure, come detto, ha dato conto dell'orientamento affermato da Cass. n. 376 del 2008, non appare convincente, anche perchè a suo sostegno nella sentenza impugnata viene presa in considerazione la disciplina amministrativa relativa all'accertamento di infrazioni a mezzo apparecchiature elettroniche in funzione automatica, laddove nel caso di specie, così come in quelli esaminati dalle citate sentenze, l'apparecchiatura era utilizzata direttamente dagli agenti accertatori, e solo la contestazione era avvenuta in modo differito per le ragioni indicate nel verbale e puntualmente riportate nella sentenza impugnata. Ed infatti va ribadito che, a fronte dell'affermata possibilità di rilevamento da parte degli agenti di polizia che direttamente gestiscono l'apparecchiatura elettronica, nel caso
non si sia proceduto alla contestazione immediata nei confronti del trasgressore, l'indicazione nel verbale di una ragione che renda ammissibile la contestazione differita dell'infrazione, comporta "ipso facto" la legittimità del verbale medesimo e della conseguente irrogazione della sanzione, senza che sussista alcun margine da parte del giudice di apprezzare nel concreto le scelte organizzative compiute dall'amministrazione ai fini dell'espletamento del servizio.(Cass. 19032/08; 24355/06).
3) Con il secondo motivo, che denuncia violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c. nonchè contraddittorietà della motivazione, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, parte ricorrente espone tre profili di doglianza.
In primo luogo si duole dell'errore processuale (irrilevante è l'omessa indicazione in rubrica dell'art. 360, n. 4 riferendosi i nn. 3 e 5 agli altri profili) commesso dalla sentenza per aver pronunciato ultra petita, posto che nè l'atto di opposizione, nè ovviamente in sede di appello incidentale, era stato fatto valere il motivo di annullamento della sanzione relativo alla pretesa mancanza di idonea informazione agli automobilisti della installazione di un autovelox sulla via (OMISSIS) in comune di Riace. La censura, cui si riferisce utilmente il punto a) del quesito, è fondata: dalla sentenza, che riporta meticolosamente in narrativa i motivi di opposizione svolti nel ricorso davanti al giudice di pace, nonchè i motivi dell'appello incidentale, emerge nitidamente che l'opponente non fece valere questo preteso vizio dell'atto
sanzionatorio, ditalchè il tribunale ha errato nel ritenere che vi fosse stata specifica contestazione in tal senso dell'opponente e conseguentemente ad annullare il verbale impugnato. L'opposizione al verbale di contestazione di violazione del C.d.S., ai sensi dell'art. 204 bis dello stesso C.d.S. e della L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 22 e 23 configura l'atto introduttivo, secondo le regole proprie del procedimento civile dinanzi al giudice di pace, di un giudizio di accertamento della pretesa punitiva della P.A., il cui oggetto è delimitato, per l'opponente, dalla "causa petendi" fatta valere con l'opposizione stessa, sicchè' il giudice non può rilevare d'ufficio vizi diversi da quelli dedotti dal medesimo opponente, entro i termini di legge, con il suddetto atto introduttivo. (Cass. 656/10; 17625/07).
Gli altri due profili del secondo motivo di ricorso risultano inammissibili ex art. 366 bis c.p.c. ma essi, relativi all'onere della prova e al vizio di motivazione in ordine all'assenza dei cartelloni di segnalazione, sono comunque assorbiti dalla prevalente decisione relativa al primo aspetto della censura.
4) Pertanto il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata; non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civ., può essere decisa nel merito, con il rigetto dell'opposizione originaria; parte opponente, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannata al pagamento, in favore del Comune, delle spese dell'intero giudizio, liquidate come da dispositivo quanto ai tre gradi di giudizio.P.Q.M.
LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria opposizione. Condanna l'opponente al pagamento delle spese dell'intero giudizio che liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro 450,00, di cui Euro 50,00 per spese, Euro 150,00 per diritti, ed Euro 250,00 per onorari; per il giudizio di appello, in Euro 550,00, di cui Euro 50,00 per spese, Euro 100,00 per diritti ed Euro 400,00 per onorari di avvocato; per il giudizio di legittimità, in Euro 600,00, di cui Euro 400,00 per onorari, 200 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge per tutti i gradi del giudizio.
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martedì 7 giugno 2011
Cassazione "...Il Tribunale, rilevato che, nel caso di specie, la violazione del limite di velocità era stata accertata a mezzo Velomatic 512 e che non vi era stata contestazione immediata, ha rigettato l'appello del Comune, rilevando che il quadro normativo conseguente alla entrata in vigore del D.L. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, esclude la sussistenza di un'arbitraria facoltà per l'amministrazione di precostituirsi un'ipotesi di deroga al principio di contestazione immediata della violazione, che costituisce ora la regola della contestazione, essendo al contrario predeterminati sia i casi che le sedi stradali interessate dall'utilizzazione degli strumenti elettronici di rilevazione della velocità...."
Cassazione "...nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore M., convenivano, davanti al tribunale di Perugia, il Ministero della sanità chiedendone la condanna al risarcimento del danno derivato al figlio ed ai suoi genitori dalle gravi lesioni conseguenti alla vaccinazione obbligatoria antipolio praticata il (OMISSIS) al minore...."
RESPONSABILITA' CIVILE - SANITA' E SANITARI
Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-04-2011, n. 9406
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. #################### e ####################, in proprio e nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore M., convenivano, davanti al tribunale di Perugia, il Ministero della sanità chiedendone la condanna al risarcimento del danno derivato al figlio ed ai suoi genitori dalle gravi lesioni conseguenti alla vaccinazione obbligatoria antipolio praticata il (OMISSIS) al minore.
Il Ministero si costituiva contestando la fondatezza della domanda.
Il tribunale, con sentenza in data 8.2.2002, accoglieva la domanda proposta dal S. e dalla M., quali genitori esercenti la potestà sul minore, condannando il convenuto Ministero al risarcimento dei danni in favore degli attori, nella qualità indicata, quantificati in L. 302.790.900. Rigettava, invece, la domanda proposta in proprio dagli attori.
A diversa conclusione perveniva la Corte d'Appello che, sull'appello principale proposto dal Ministero e su quello incidentale proposto da #################### e ####################, con sentenza del 20.9.2005, accoglieva il principale rigettando la domanda, e riteneva assorbito l'appello incidentale.
Hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi illustrati da memoria #################### e ####################.
Resiste con controricorso il Ministero della salute, il quale propone anche ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi.Motivi della decisione
2. Il ricorso per cassazione è stato proposto per impugnare una sentenza depositata (20.9.2005) anteriormente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, non soggetto, pertanto, alle norme - in particolare l'art. 366 bis c.p.c. - dallo stesso previste.
2.1. Ricorso principale.
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per violazione delle norme sul processo civile ed in particolare per violazione dell'art. 112 c.p.c. per ultrapetizione (art. 360 c.p.c., n. 4).
Affermano che la Corte di merito, con la sentenza impugnata, avrebbe dovuto statuire soltanto in ordine alla domanda proposta in proprio dal S. e dalla M. "in primo luogo perchè chiamati in giudizio e costituitisi nello stesso esclusivamente in proprio; in secondo luogo, perchè la domanda del Ministero della Salute era diretta a chiedere il rigetto della pretesa attorea per infondatezza solo ed esclusivamente nella veste propria assunta nel processo di appello dai ricorrenti".
Il motivo non è fondato per le ragioni che seguono.
A tal fine, è opportuno ripercorrere l'iter processuale.
Il tribunale, nel giudizio di primo grado, aveva riconosciuto il danno - morale e biologico - soltanto in favore del minore, escludendo, invece, il risarcimento del danno in favore dei genitori.
Nel giudizio di appello, il Ministero conveniva gli attuali ricorrenti inizialmente "quali esercenti la patria potestà sul figlio M." (così si legge nell'atto di appello), chiedendo che fosse dichiarata la nullità della sentenza di primo grado per vizio di ultrapetizione, avendo la stessa riconosciuto la responsabilità del Ministero della salute ai sensi dell'art. 2043 c.c. diversamente dalla domanda proposta di riconoscimento dell'indennità di cui alla L. n. 210 del 1992; in ogni caso, per la mancanza di prova in ordine alla ricorrenza della fattispecie di cui all'art. 2043 c.c., concludendo come segue "... in accoglimento del presente gravame, dichiarare nulla la sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 c.p.c.; in subordine rigettare la pretesa attorea per infondatezza".
S.M. e ####################, nel costituirsi, contestavano i motivi dell'appello principale ed, al tempo stesso, proponevano appello incidentale per l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno in proprio, non riconosciuto dal primo giudice, concludendo con la richiesta di rigetto dell'appello proposto dal Ministero della sanità e di condanna dello stesso Ministero "al pagamento dell'ulteriore somma di Euro 104.732,28 in favore di #################### e ####################........".
La Corte d'Appello, in parziale accoglimento dell'appello principale proposto dal Ministero della salute, così pronunciava "respinge la domanda proposta da #################### e #################### in proprio e nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore S.M.".
Gli attuali ricorrenti, però, con il motivo, contestano l'efficacia della sentenza impugnata nei confronti del loro figlio in quanto questi, nelle more del giudizio di primo grado, era divenuto maggiorenne, con la conseguente necessità della sua vocatio in ius.
Argomento evidentemente fondato alla stregua dei fatti processuali sopra richiamati, e non oggetto di controversia.
Il vizio di ultrapetizione lamentato, però, seppure sussistente, come si è visto, non può essere sollevato dagli attuali ricorrenti per essere, gli stessi, privi di legittimazione attiva.
A ben vedere, la Corte di merito, rigettando la domanda nei termini che precedono, ha accolto l'impugnazione proposta dal Ministero perchè, pur riconoscendo la sussistenza della fattispecie di cui all'art. 2043 c.c. e la sufficienza della prova fornita dagli attori ai sensi dell'art. 2697 c.c. in ordine al fatto della vaccinazione ed alla sua efficienza causale rispetto al fatto delle lesioni, ha affermato che sarebbe mancata la prova della colpa da parte del Ministero convenuto (pagg. 8 - 9 della sentenza).
2.2. Con il secondo motivo denunciano la violazione dell'art. 328 c.p.c. per omessa notificazione dell'atto di appello al ricorrente divenuto maggiorenne alla data del 16.12.1998 ed effettuata ai soli genitori in data 9 luglio 2002 - con conseguente nullità della sentenza 350/2005 - (art. 360 c.p.c., n. 4).
Anche questo motivo non è fondato.
Trattasi, sotto altro profilo, dello stesso tema affrontato con l'esame del primo motivo.
I ricorrenti affermano che, con il raggiungimento della maggiore età del minore nelle more del giudizio di primo grado, questi avrebbe dovuto essere chiamato in giudizio personalmente "avendo i genitori perso la rappresentanza legale dello stesso".
Di qui la nullità della sentenza di appello, per avere statuito in merito alla posizione di un soggetto non evocato in giudizio, e su di un punto della sentenza dì primo grado ormai passato in giudicato.
Anche in questo caso, il vizio non può essere fatto valere dagli odierni ricorrenti, perchè privi di legittimazione attiva.
Avrebbe dovuto, infatti, essere S.M. a proporre autonomamente ricorso per cassazione facendo valere il vizio, denunciato, invece, dai suoi genitori, privi, a tal fine, di legittimazione attiva (v. in questo senso, specie in motivazione, Sez. Un. 28 luglio 2005, n. 15783).
Lo stesso S.M. - sussistendo le condizioni di legge - potrà fare accertare, nella sede competente, l'eventuale definitività - nei suoi confronti - della sentenza di primo grado, per la sua mancata corretta vocatio in ius nel giudizio di appello;
od, invece, impugnare la sentenza di primo grado ai sensi dell'art. 327 c.p.c., comma 2. 2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell'art. 2050 c.c. per mancata applicazione al caso di specie (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Il motivo è fondato nei termini e per le ragioni che seguono.
Gli odierni ricorrenti principali lamentano il mancato riconoscimento di un danno subito quali genitori - quindi in proprio - per l'evento lesivo occorso al figlio M..
Tale danno non è stato riconosciuto nei loro confronti, nè dal primo giudice - che pure ne aveva affermato la ricorrenza in favore dell'allora minore - nè dalla Corte di merito che, sugli appelli proposti dal Ministero della salute e da #################### e ####################, aveva rigettato la domanda originariamente proposta.
La Corte di merito afferma che, nella specie, ricorre un'ipotesi di responsabilità aquiliana ai sensi dell'art. 2043 c.c., per la lesione del diritto alla salute, negando, invece, l'applicabilità della norma di cui all'art. 2050 c.c. in tema di attività pericolosa, ulteriormente sostenuta, in sede di appello incidentale, dagli odierni ricorrenti principali.
La Corte rigetta, poi, la domanda perchè, pur avendo gli attori "provato il fatto della vaccinazione e la sua efficienza causale rispetto al fatto dannoso delle lesioni", "non hanno provato la colpa" del Ministero, affermando che questa "non può consistere dalla semplice derivazione del danno dal fatto della P.A.", ma "..Occorre invece che sia allegata e provata una negligenza, imprudenza o imperizia presente nella condotta causativa del danno".
I ricorrenti, nel censurare l'erroneità della sentenza per la mancata applicazione della norma dell'art. 2050 c.c., contestano, però, nell'illustrazione dello stesso motivo, anche il mancato riconoscimento del danno a titolo di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. (come si desume dalle pagg. 19 e 20 del ricorso principale) per il difetto dell'elemento soggettivo della colpa da parte del Ministero della Salute (all'epoca dei fatti, della Sanità), con il conseguente, ammissibile esame, in questa sede, del motivo sotto tale profilo.
Per esaminare il motivo, occorre focalizzare il tipo di attività che sarebbe alla base della responsabilità del Ministero della salute per attività pericolosa.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno operato - con la sentenza n. 576 del 2008, in materia di responsabilità civile per danni da emoderivati - una fondamentale distinzione di problemi: a) il problema della qualificazione come attività pericolosa ex art. 2050 c.c. dell'attività di produzione, commercializzazione ed effettiva trasfusione sui singoli pazienti del sangue; b) il diverso problema dei contenuti e dei profili di responsabilità dell'attività del Ministero in tale settore, che attiene alla sfera non direttamente gestionale, ma piuttosto di supervisione e controllo.
Affermano, in particolare, le Sezioni Unite: "La pericolosità della pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell'uso degli emoderivati non rende ovviamente pericolosa l'attività ministeriale, la cui funzione apicale è solo quella di controllare e vigilare a tutela della salute pubblica. Anche gli interventi per la distribuzione e ripartizione del plasma tra le strutture sanitarie o le autorizzazioni per l'importazione del plasma non possono considerarsi elementi di conferma di un'attività in senso lato imprenditoriale - ritenuto da parte della dottrina, elemento necessario per la responsabilità ex art. 2050 c.c. -, in quanto si tratta di incombenze meramente complementari e funzionali all'organizzazione generale di un settore vitale per la collettività".
Affermano, invece, che la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da HIV e da epatite, contratte da soggetti emotrasfusi per l'omessa vigilanza esercitata dall'Amministrazione sulla sostanza ematica negli interventi trasfusionali e sugli emoderivati è inquadrabile nella violazione della clausola generale di cui all'art. 2043 c.c..
Principi analoghi, pur con le precisazioni dovute alle diversità della fattispecie in esame, valgono anche per l'attività di controllo e vigilanza esercitata dal Ministero della salute in tema di vaccinazioni obbligatorie, come quella antipoliomielitica.
Rilevante, a tal fine, è che il Ministero - sotto questo profilo - non svolge in concreto attività imprenditoriale in relazione all'acquisto e distribuzione di prodotto immunizzato antipolio, ma soltanto di controllo e vigilanza a tutela della salute pubblica.
Al che consegue l'insussistenza di una sua eventuale responsabilità per attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 c.c..
In questa ottica, va ricordato quel complesso normativo che, specie dopo il trasferimento di alcune funzioni statali in tema di sanità dal Ministero della salute alle regioni, in attuazione della riforma dell'art. 117 Cost. operata dalla Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, -successiva, peraltro, ai fatti oggetto del presente giudizio (v. sul punto anche Sez. Un. 11 gennaio 2008, n. 584) - ed alle USL e, poi, alle ASL, avalla il carattere generale e di indirizzo proprio delle competenze ministeriali rispetto a quelle direttamente operative delle regioni: 1) così la L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 6 (istitutiva del servizio sanitario nazionale), che riserva allo Stato compiti di carattere generale e di indirizzo;
2) così il successivo art. 7, comma 2 in base al quale sono le regioni che "provvedono all'approvvigionamento di sieri e vaccini necessari per le vaccinazioni obbligatorie" ed in base ad un programma concordato con il Ministero della sanità", con sub - delega delle funzioni delegate dallo stesso articolo ai comuni; 3) così l'art. 53 della medesima legge che riserva al Governo la proposizione del Piano Sanitario Nazionale, contenente "linee generali di indirizzo", da sottoporre all'approvazione del parlamento, rimesse, dall'art. 55, per l'attuazione alle regioni.
Deve, però subito osservarsi che, in ogni caso, è rimasto all'amministrazione centrale, non solo un ruolo primario nella programmazione, ma anche un ruolo centrale di controllo, che si attua attraverso il servizio sanitario nazionale.
Affermata, quindi, l'insussistenza dì una responsabilità del Ministero della salute per attività pericolosa, si deve passare ad esaminare la fattispecie sotto il profilo dell'art. 2043 c.c. In questa prospettiva va ribadito che al Ministero della sanità, prima, ed ora al Ministero della salute spettano compiti di vigilanza e controllo preventivo, istituzionalmente attribuitigli.
E la fonte normativa che integra la norma primaria del neminem laedere, da cui ricavare l'esistenza di tali doveri in capo al Ministero della sanità, è costituita dalla L. 13 marzo 1958, n. 296, art. 1 che gli attribuisce "il compito di provvedere alla tutela della salute pubblica", di "sovrintendere ai servizi sanitari svolti dalle amministrazioni autonome dello Stato e dagli enti pubblici, provvedendo anche ad emanare, per la tutela della salute pubblica, istruzioni obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche che provvedono a servizi sanitari...".
Ora le indicazioni normative, di rango primario e secondario, che si sono susseguite nel tempo, con riferimento alla materia della vaccinazione antipoliomielitica - e di cui è opportuno dare conto - sono le seguenti: 1) L. 30 luglio 1959, n 695 Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione antipoliomielitica" e la successiva L. 4 febbraio 1966, n. 51 "Obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica" che ha abrogato la precedente rendendo obbligatoria la vaccinazione antipoliomielitica; 2) il D.M. 25 maggio 1967 "Disposizioni relative alla quantità e tipo di vaccino antipoliomielitico", con il quale espressamente si prescriveva che la vaccinazione contro la poliomielite "è temporaneamente sospesa nei confronti dei soggetti che presentano manifestazioni di malattia acuta, febbrile o diarrea e dovrà essere ripresa appena
scomparso lo stato di controindicazione"; 3) il D.M. 14 gennaio 1972 "Nuove norme in materia di vaccinazione antipoliomielitica"; 4) il D.M. 25 novembre 1982: Modificazioni al D.M. 14 gennaio 1972 "Nuove norme in materia di vaccinazione antipoliomielitica"; 5) il D.M. 19 aprile 1984 "Impiego del vaccino antipoliomielitico inattivato tipo Salk";
6) Circolare n. 11/97 "Completamento della schedula vaccinale antipolio mediante impiego di vaccini iniettabili aventi caratteristiche diverse"; 7) D.M. 7 aprile 1999 "Nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'età evolutiva";
Circolare n. 5 del 7 aprile 1999 "Nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'età evolutiva"; 8) D.M. 18 giugno 2002 "Nuovo Calendario della Vaccinazione antipolio"; 9) Circolare 6 agosto 2002 "Piano per il mantenimento della situazione di eradicazione della poliomielite; 10) Circolare del Ministero della Salute - 20/02/2004 Eradicazione della Polio - Sorveglianza della paralisi flaccida acuta nel 2003; D.M. 15 luglio 2005 "Modifica al calendario delle vaccinazioni antipoliomielitiche per adeguamento al Nuovo Piano nazionale Vaccini 2005-2007".
L'excursus effettuato rende evidente come, nel tempo, siano intervenuti cambiamenti nei tipi e qualità di vaccino da impiegare e nei tempi e modi della sua somministrazione, che hanno determinato modifiche della "schedula vaccinale antipolio" "con l'utilizzo esclusivo di vaccino antipoliomielitico inattivato (IPV), alla luce dell'evoluzione della situazione epidemiologica nazionale, europea e globale di tale malattia" (D.m. salute del 18 giugno 2002 pubblicato sulla G.U. n. 163 del 13 luglio 2002).
In particolare il D.M. 14 gennaio 1972 "Nuove norme in materia di vaccinazione antipoliomielitica ", applicato ratione temporis nella specie per essere state le vaccinazioni effettuate nel 1981 prevedeva che "A partire dal 28 febbraio 1912 la vaccinazione obbligatoria contro la poliomielite viene eseguita gratuitamente dagli appositi servizi istituiti dai comuni a mezzo del vaccino a base di virus attenuati secondo Sabin, del tipo trivalente", stabilendo modalità e tempi della somministrazione.
E' opportuno anche, per la prossimità temporale ai fatti oggetto del presente giudizio, menzionare il D.M. 19 aprile 1984 "Impiego del vaccino antipoliomielitico inattivato tipo Salk" con il quale il Ministero della sanità, ribadendo che la vaccinazione antipoliomielitica continuava ad essere effettuata con vaccino attenuato orale tipo Sabin, emanava, però, indicazioni che prevedevano l'impiego del vaccino inattivato parenterale tipo Salk per la immunizzazione contro la poliomielite di soggetti con riscontrato stato di controindicazione duratura all'uso del vaccino attenuato orale tipo Sabin precisandone le condizioni e ricomprendendovi le situazioni di immunodeficienza.
Quanto, poi, alle conoscenze dei due tipi di vaccini, delle loro caratteristiche, delle loro potenzialità e delle loro indicazioni e controindicazioni all'assunzione, la comunità scientifica - per la fondamentale importanza della vaccinazione - ha compiuto, da tempo risalente (fin dal loro apparire sulla scena mondiale), ricerche accurate e su larga scala, pervenendo a risultati condivisi dalla comunità scientifica mondiale; dando atto dei risultati raggiunti, che potevano ritenersi condiviso e comune patrimonio mondiale; come tali conosciuti o conoscibili da parte delle singole comunità nazionali.
Le premesse normative così esposte conducono ad una successione logicamente concatenata di domande, articolabili come segue: a) se, all'epoca dei fatti, sul Ministero gravasse un obbligo giuridico, la cui violazione poteva condurre - con il concorso di ulteriori elementi - all'affermazione di una sua responsabilità; b) se la condotta omissiva del Ministero (nel caso di risposta affermativa al primo quesito) abbia avuto efficacia causale rispetto all'evento di danno (c.d. causalità dell'omissione); c) se in tale omissione - qualora la si ritenga dotata di efficacia causale - siano ravvisabili i profili della colpa (colpevolezza dell'omissione), e se tale colpa sia stata a sua volta causale rispetto al danno (c.d. causalità della colpa).
La sentenza impugnata ha risposto positivamente a tutte le domande tranne l'ultima.
Infatti, il motivo di ricorso concerne esclusivamente il punto relativo alla colpevolezza dell'omissione.
Così circoscritto il thema decidendum, va osservato che - in mancanza di fattori eccezionali che abbiano impedito di compiere l'azione doverosa - il contenuto dell'omissione ed il contenuto della colpa finiscono per sovrapporsi.
A tal fine, consideriamo alcune informazioni cruciali.
La prima è che - alla stregua della consulenza in atti, non controversa - il danno al minore fu certamente derivato dalla somministrazione del vaccino.
Pertanto - operando un ragionamento controfattuale - l'omessa somministrazione del vaccino avrebbe scongiurato l'evento.
In altri termini, se il Ministero della sanità avesse proibito - per la ricorrenza di precise controindicazioni tale forma di vaccinazione, l'evento non si sarebbe verificato.
Dunque, la condotta omissiva del Ministero, che non ha proibito tale somministrazione (ma può dubitarsi che si tratti di condotta omissiva e non attiva: invero, a rigore, la condotta causale è la somministrazione del vaccino, disposta dal Ministero della Salute) è stato un antecedente causale dell'evento.
La seconda informazione - trascurata dalla sentenza impugnata - è che, già all'epoca, era conosciuta la pericolosità di tale vaccino, e vi erano statistiche accreditate sui gravi effetti collaterali che esso poteva provocare.
E' chiaro, allora, che la sentenza impugnata ha omesso di valutare punti decisivi della controversia così determinabili: a) se all'epoca della somministrazione era conosciuta o conoscibile - secondo le migliori cognizioni scientifiche disponibili - la pericolosità del vaccino; b) se alla stregua di tali conoscenze, il rispetto del fondamentale principio di precauzione imponesse di vietare tale tipo di vaccinazione, o di consentirla con rigorose modalità tali da minimizzare i rischi ad essa connessi.
L'eventuale esito favorevole delle indagini che il giudice del rinvio andrà a compiere, e di cui ai punti a) e b) indicati, costituirà, poi, il presupposto per la riconoscibilità agli odierni ricorrenti - ricorrendone le condizioni probatorie, di natura anche presuntiva - del danno lamentato (Sez. Un. 11 novembre 2008, n. 26972 punti 4.8 e 4.9).
3. Ricorso incidentale condizionato.
L'accoglimento del ricorso principale, nei termini indicati, impone l'esame di quello incidentale condizionato.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente incidentale condizionato denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c. Il motivo non è fondato.
In primo luogo, deve sottolinearsi che l'esame del motivo appare irrilevante alla luce delle conclusioni raggiunte in ordine alla ricorrenza, nel caso in esame, della fattispecie disciplinata dall'art. 2043 c.c. e non dall'art. 2050 c.c..
Una volta, infatti, escluso che si tratti di attività pericolosa - come peraltro riconosciuto anche dalla Corte di merito - stabilire la tardività o meno della domanda ex art. 2050 c.c. perchè proposta soltanto in appello - a fronte di quella ex art. 2043 c.c. introduttiva del primo giudizio - e la conseguente omissione di pronuncia, da parte della Corte di merito, sulla relativa eccezione sollevata dal Ministero in quel grado di giudizio - non produrrebbe alcun effetto favorevole per il proponente.
L'eventuale affermazione di correttezza della tesi sostenuta, infatti, - alla luce delle conclusioni raggiunte dalla Corte di legittimità in precedenza, in ordine alla sussistenza di un'ipotesi riconducibile alla generale responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. - non sortirebbe alcuna ricaduta sull'iter processuale, privando la parte dell'utilità degli eventuali risultati favorevoli.
La Corte di merito sul punto così si è espressa: "Indipendentemente dalle pur possibili discussioni sulla novità della domanda ove fondata sull'art. 2050 c.c. piuttosto che semplicemente sull'art. 2043 c.c. (l'eccezione è stata puntualmente svolta dall'Avvocatura), è opinione della Corte che l'attività della Pubblica Amministrazione volta all'esecuzione delle disposizioni di legge sulla vaccinazione obbligatoria non possa essere inserita tra le attività pericolose ex art. 2050 c.c.".
Ed ha, quindi, accolto l'appello del Ministero ritenendo che " gli attori hanno provato il fatto della vaccinazione e la sua efficienza causale rispetto al fatto dannoso delle lesioni, ma non hanno provato la colpa"; con ciò qualificando, evidentemente, l'azione quale extracontrattuale derivante dalla clausola generale di cui all'art. 2043 c.c. non riconoscendone, però, la fondatezza - diversamente dal primo giudice - per difetto di prova con riferimento all'elemento soggettivo della colpa.
Fondatezza della domanda - in termini di violazione dell'art. 2043 c.c. - affermata, invece, in questa sede di legittimità. 3.2. Con il secondo motivo il Ministero denuncia la motivazione omessa ovvero insufficiente su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti nonchè rilevabile d'ufficio (art. 360 c.p.c., n. 5).
Il motivo non è fondato.
La Corte di merito ha rigettato l'appello sul punto della individuazione della domanda proposta dagli attuali ricorrenti principali nel giudizio di primo grado così motivando: " ... effettivamente gli attori esordirono in giudizio chiedendo espressamente il risarcimento del danno per lesione del diritto alla salute ex art. 2043 c.c."; proseguendo "Del resto, altro non avrebbero potuto chiedere, posto che all'epoca non era stata ancora promulgata la L. n. 210 del 1992 con la quale fu stabilito il diritto all'indennizzo per coloro che avevano riportato lesioni a seguito di vaccinazioni antipolio".
Ed ha puntualizzato "Nel corso del giudizio di primo grado non c'è mai stato alcun esplicito aggiustamento o riconsiderazione delle conclusioni prese nell'atto di citazione, e quindi non ha violato l'art. 112 c.p.c. il primo giudice che si è pronunciato sulla pretesa risarcitoria"; concludendo "Infine, nessuna incidenza sembra avere portato nè sull'ammissibilità della domanda, nè sui presupposti per il suo accoglimento, la sopravvenienza della normativa speciale sull'indennizzo".
Il ricorrente incidentale condizionato contesta, invece, che gli attuali ricorrenti principali avrebbero inizialmente proposto domanda di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2043 c.c. per poi limitarla, all'udienza del 28.11.1991 (e non 29.11.1991 come erroneamente riportato), a quella esclusivamente diretta ad ottenere l'indennizzo introdotto con la L. n. 210 del 1992; e su tale punto, evidenziato come essenziale ai fini della decisione, la Corte di merito sarebbe incorsa in un vizio di motivazione.
Il rilievo è destituito di fondamento per un duplice ordine di ragioni.
Il ricorrente incidentale condizionato contesta un'omessa od insufficiente motivazione in ordine al punto decisivo prospettato dall'appellante Ministero o rilevabile d'ufficio.
Nessuno dei vizi contestati sussiste.
La lettura del verbale di udienza, in cui sarebbe stata limitata la domanda, non è, neppure, riportato in ricorso; con ciò violando il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.
Ma, quel che è più rilevante è che la Corte di merito, nella qualificazione della domanda - che spetta al giudice del merito -, non è incorsa in alcun vizio, motivando correttamente in ordine alla persistenza della domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.; con ciò, ovviamente, interpretando implicitamente il tenore del verbale del 28.11.1991 e pervenendo ad escludere l'abbandono o la limitazione dell'originaria domanda di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c.; non dando, a tale fine, alcuna rilevanza preclusiva all'eventuale puntualizzazione, in ordine ad un fatto sopravvenuto (L. n. 210 del 1992), che nulla toglie - ma anzi si aggiunge - all'originaria domanda.
Conclusivamente, vanno rigettati il primo e secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato.
Va accolto, invece, il terzo motivo del ricorso principale.
La sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione.
Le spese vanno rimesse al giudice del rinvio.P.Q.M.
LA CORTE rigetta il primo e secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato. Accoglie il terzo motivo del ricorso principale. Cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione.
Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-04-2011, n. 9406
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. #################### e ####################, in proprio e nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore M., convenivano, davanti al tribunale di Perugia, il Ministero della sanità chiedendone la condanna al risarcimento del danno derivato al figlio ed ai suoi genitori dalle gravi lesioni conseguenti alla vaccinazione obbligatoria antipolio praticata il (OMISSIS) al minore.
Il Ministero si costituiva contestando la fondatezza della domanda.
Il tribunale, con sentenza in data 8.2.2002, accoglieva la domanda proposta dal S. e dalla M., quali genitori esercenti la potestà sul minore, condannando il convenuto Ministero al risarcimento dei danni in favore degli attori, nella qualità indicata, quantificati in L. 302.790.900. Rigettava, invece, la domanda proposta in proprio dagli attori.
A diversa conclusione perveniva la Corte d'Appello che, sull'appello principale proposto dal Ministero e su quello incidentale proposto da #################### e ####################, con sentenza del 20.9.2005, accoglieva il principale rigettando la domanda, e riteneva assorbito l'appello incidentale.
Hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi illustrati da memoria #################### e ####################.
Resiste con controricorso il Ministero della salute, il quale propone anche ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi.Motivi della decisione
2. Il ricorso per cassazione è stato proposto per impugnare una sentenza depositata (20.9.2005) anteriormente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, non soggetto, pertanto, alle norme - in particolare l'art. 366 bis c.p.c. - dallo stesso previste.
2.1. Ricorso principale.
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per violazione delle norme sul processo civile ed in particolare per violazione dell'art. 112 c.p.c. per ultrapetizione (art. 360 c.p.c., n. 4).
Affermano che la Corte di merito, con la sentenza impugnata, avrebbe dovuto statuire soltanto in ordine alla domanda proposta in proprio dal S. e dalla M. "in primo luogo perchè chiamati in giudizio e costituitisi nello stesso esclusivamente in proprio; in secondo luogo, perchè la domanda del Ministero della Salute era diretta a chiedere il rigetto della pretesa attorea per infondatezza solo ed esclusivamente nella veste propria assunta nel processo di appello dai ricorrenti".
Il motivo non è fondato per le ragioni che seguono.
A tal fine, è opportuno ripercorrere l'iter processuale.
Il tribunale, nel giudizio di primo grado, aveva riconosciuto il danno - morale e biologico - soltanto in favore del minore, escludendo, invece, il risarcimento del danno in favore dei genitori.
Nel giudizio di appello, il Ministero conveniva gli attuali ricorrenti inizialmente "quali esercenti la patria potestà sul figlio M." (così si legge nell'atto di appello), chiedendo che fosse dichiarata la nullità della sentenza di primo grado per vizio di ultrapetizione, avendo la stessa riconosciuto la responsabilità del Ministero della salute ai sensi dell'art. 2043 c.c. diversamente dalla domanda proposta di riconoscimento dell'indennità di cui alla L. n. 210 del 1992; in ogni caso, per la mancanza di prova in ordine alla ricorrenza della fattispecie di cui all'art. 2043 c.c., concludendo come segue "... in accoglimento del presente gravame, dichiarare nulla la sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 c.p.c.; in subordine rigettare la pretesa attorea per infondatezza".
S.M. e ####################, nel costituirsi, contestavano i motivi dell'appello principale ed, al tempo stesso, proponevano appello incidentale per l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno in proprio, non riconosciuto dal primo giudice, concludendo con la richiesta di rigetto dell'appello proposto dal Ministero della sanità e di condanna dello stesso Ministero "al pagamento dell'ulteriore somma di Euro 104.732,28 in favore di #################### e ####################........".
La Corte d'Appello, in parziale accoglimento dell'appello principale proposto dal Ministero della salute, così pronunciava "respinge la domanda proposta da #################### e #################### in proprio e nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore S.M.".
Gli attuali ricorrenti, però, con il motivo, contestano l'efficacia della sentenza impugnata nei confronti del loro figlio in quanto questi, nelle more del giudizio di primo grado, era divenuto maggiorenne, con la conseguente necessità della sua vocatio in ius.
Argomento evidentemente fondato alla stregua dei fatti processuali sopra richiamati, e non oggetto di controversia.
Il vizio di ultrapetizione lamentato, però, seppure sussistente, come si è visto, non può essere sollevato dagli attuali ricorrenti per essere, gli stessi, privi di legittimazione attiva.
A ben vedere, la Corte di merito, rigettando la domanda nei termini che precedono, ha accolto l'impugnazione proposta dal Ministero perchè, pur riconoscendo la sussistenza della fattispecie di cui all'art. 2043 c.c. e la sufficienza della prova fornita dagli attori ai sensi dell'art. 2697 c.c. in ordine al fatto della vaccinazione ed alla sua efficienza causale rispetto al fatto delle lesioni, ha affermato che sarebbe mancata la prova della colpa da parte del Ministero convenuto (pagg. 8 - 9 della sentenza).
2.2. Con il secondo motivo denunciano la violazione dell'art. 328 c.p.c. per omessa notificazione dell'atto di appello al ricorrente divenuto maggiorenne alla data del 16.12.1998 ed effettuata ai soli genitori in data 9 luglio 2002 - con conseguente nullità della sentenza 350/2005 - (art. 360 c.p.c., n. 4).
Anche questo motivo non è fondato.
Trattasi, sotto altro profilo, dello stesso tema affrontato con l'esame del primo motivo.
I ricorrenti affermano che, con il raggiungimento della maggiore età del minore nelle more del giudizio di primo grado, questi avrebbe dovuto essere chiamato in giudizio personalmente "avendo i genitori perso la rappresentanza legale dello stesso".
Di qui la nullità della sentenza di appello, per avere statuito in merito alla posizione di un soggetto non evocato in giudizio, e su di un punto della sentenza dì primo grado ormai passato in giudicato.
Anche in questo caso, il vizio non può essere fatto valere dagli odierni ricorrenti, perchè privi di legittimazione attiva.
Avrebbe dovuto, infatti, essere S.M. a proporre autonomamente ricorso per cassazione facendo valere il vizio, denunciato, invece, dai suoi genitori, privi, a tal fine, di legittimazione attiva (v. in questo senso, specie in motivazione, Sez. Un. 28 luglio 2005, n. 15783).
Lo stesso S.M. - sussistendo le condizioni di legge - potrà fare accertare, nella sede competente, l'eventuale definitività - nei suoi confronti - della sentenza di primo grado, per la sua mancata corretta vocatio in ius nel giudizio di appello;
od, invece, impugnare la sentenza di primo grado ai sensi dell'art. 327 c.p.c., comma 2. 2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell'art. 2050 c.c. per mancata applicazione al caso di specie (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Il motivo è fondato nei termini e per le ragioni che seguono.
Gli odierni ricorrenti principali lamentano il mancato riconoscimento di un danno subito quali genitori - quindi in proprio - per l'evento lesivo occorso al figlio M..
Tale danno non è stato riconosciuto nei loro confronti, nè dal primo giudice - che pure ne aveva affermato la ricorrenza in favore dell'allora minore - nè dalla Corte di merito che, sugli appelli proposti dal Ministero della salute e da #################### e ####################, aveva rigettato la domanda originariamente proposta.
La Corte di merito afferma che, nella specie, ricorre un'ipotesi di responsabilità aquiliana ai sensi dell'art. 2043 c.c., per la lesione del diritto alla salute, negando, invece, l'applicabilità della norma di cui all'art. 2050 c.c. in tema di attività pericolosa, ulteriormente sostenuta, in sede di appello incidentale, dagli odierni ricorrenti principali.
La Corte rigetta, poi, la domanda perchè, pur avendo gli attori "provato il fatto della vaccinazione e la sua efficienza causale rispetto al fatto dannoso delle lesioni", "non hanno provato la colpa" del Ministero, affermando che questa "non può consistere dalla semplice derivazione del danno dal fatto della P.A.", ma "..Occorre invece che sia allegata e provata una negligenza, imprudenza o imperizia presente nella condotta causativa del danno".
I ricorrenti, nel censurare l'erroneità della sentenza per la mancata applicazione della norma dell'art. 2050 c.c., contestano, però, nell'illustrazione dello stesso motivo, anche il mancato riconoscimento del danno a titolo di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. (come si desume dalle pagg. 19 e 20 del ricorso principale) per il difetto dell'elemento soggettivo della colpa da parte del Ministero della Salute (all'epoca dei fatti, della Sanità), con il conseguente, ammissibile esame, in questa sede, del motivo sotto tale profilo.
Per esaminare il motivo, occorre focalizzare il tipo di attività che sarebbe alla base della responsabilità del Ministero della salute per attività pericolosa.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno operato - con la sentenza n. 576 del 2008, in materia di responsabilità civile per danni da emoderivati - una fondamentale distinzione di problemi: a) il problema della qualificazione come attività pericolosa ex art. 2050 c.c. dell'attività di produzione, commercializzazione ed effettiva trasfusione sui singoli pazienti del sangue; b) il diverso problema dei contenuti e dei profili di responsabilità dell'attività del Ministero in tale settore, che attiene alla sfera non direttamente gestionale, ma piuttosto di supervisione e controllo.
Affermano, in particolare, le Sezioni Unite: "La pericolosità della pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell'uso degli emoderivati non rende ovviamente pericolosa l'attività ministeriale, la cui funzione apicale è solo quella di controllare e vigilare a tutela della salute pubblica. Anche gli interventi per la distribuzione e ripartizione del plasma tra le strutture sanitarie o le autorizzazioni per l'importazione del plasma non possono considerarsi elementi di conferma di un'attività in senso lato imprenditoriale - ritenuto da parte della dottrina, elemento necessario per la responsabilità ex art. 2050 c.c. -, in quanto si tratta di incombenze meramente complementari e funzionali all'organizzazione generale di un settore vitale per la collettività".
Affermano, invece, che la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da HIV e da epatite, contratte da soggetti emotrasfusi per l'omessa vigilanza esercitata dall'Amministrazione sulla sostanza ematica negli interventi trasfusionali e sugli emoderivati è inquadrabile nella violazione della clausola generale di cui all'art. 2043 c.c..
Principi analoghi, pur con le precisazioni dovute alle diversità della fattispecie in esame, valgono anche per l'attività di controllo e vigilanza esercitata dal Ministero della salute in tema di vaccinazioni obbligatorie, come quella antipoliomielitica.
Rilevante, a tal fine, è che il Ministero - sotto questo profilo - non svolge in concreto attività imprenditoriale in relazione all'acquisto e distribuzione di prodotto immunizzato antipolio, ma soltanto di controllo e vigilanza a tutela della salute pubblica.
Al che consegue l'insussistenza di una sua eventuale responsabilità per attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 c.c..
In questa ottica, va ricordato quel complesso normativo che, specie dopo il trasferimento di alcune funzioni statali in tema di sanità dal Ministero della salute alle regioni, in attuazione della riforma dell'art. 117 Cost. operata dalla Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, -successiva, peraltro, ai fatti oggetto del presente giudizio (v. sul punto anche Sez. Un. 11 gennaio 2008, n. 584) - ed alle USL e, poi, alle ASL, avalla il carattere generale e di indirizzo proprio delle competenze ministeriali rispetto a quelle direttamente operative delle regioni: 1) così la L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 6 (istitutiva del servizio sanitario nazionale), che riserva allo Stato compiti di carattere generale e di indirizzo;
2) così il successivo art. 7, comma 2 in base al quale sono le regioni che "provvedono all'approvvigionamento di sieri e vaccini necessari per le vaccinazioni obbligatorie" ed in base ad un programma concordato con il Ministero della sanità", con sub - delega delle funzioni delegate dallo stesso articolo ai comuni; 3) così l'art. 53 della medesima legge che riserva al Governo la proposizione del Piano Sanitario Nazionale, contenente "linee generali di indirizzo", da sottoporre all'approvazione del parlamento, rimesse, dall'art. 55, per l'attuazione alle regioni.
Deve, però subito osservarsi che, in ogni caso, è rimasto all'amministrazione centrale, non solo un ruolo primario nella programmazione, ma anche un ruolo centrale di controllo, che si attua attraverso il servizio sanitario nazionale.
Affermata, quindi, l'insussistenza dì una responsabilità del Ministero della salute per attività pericolosa, si deve passare ad esaminare la fattispecie sotto il profilo dell'art. 2043 c.c. In questa prospettiva va ribadito che al Ministero della sanità, prima, ed ora al Ministero della salute spettano compiti di vigilanza e controllo preventivo, istituzionalmente attribuitigli.
E la fonte normativa che integra la norma primaria del neminem laedere, da cui ricavare l'esistenza di tali doveri in capo al Ministero della sanità, è costituita dalla L. 13 marzo 1958, n. 296, art. 1 che gli attribuisce "il compito di provvedere alla tutela della salute pubblica", di "sovrintendere ai servizi sanitari svolti dalle amministrazioni autonome dello Stato e dagli enti pubblici, provvedendo anche ad emanare, per la tutela della salute pubblica, istruzioni obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche che provvedono a servizi sanitari...".
Ora le indicazioni normative, di rango primario e secondario, che si sono susseguite nel tempo, con riferimento alla materia della vaccinazione antipoliomielitica - e di cui è opportuno dare conto - sono le seguenti: 1) L. 30 luglio 1959, n 695 Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione antipoliomielitica" e la successiva L. 4 febbraio 1966, n. 51 "Obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica" che ha abrogato la precedente rendendo obbligatoria la vaccinazione antipoliomielitica; 2) il D.M. 25 maggio 1967 "Disposizioni relative alla quantità e tipo di vaccino antipoliomielitico", con il quale espressamente si prescriveva che la vaccinazione contro la poliomielite "è temporaneamente sospesa nei confronti dei soggetti che presentano manifestazioni di malattia acuta, febbrile o diarrea e dovrà essere ripresa appena
scomparso lo stato di controindicazione"; 3) il D.M. 14 gennaio 1972 "Nuove norme in materia di vaccinazione antipoliomielitica"; 4) il D.M. 25 novembre 1982: Modificazioni al D.M. 14 gennaio 1972 "Nuove norme in materia di vaccinazione antipoliomielitica"; 5) il D.M. 19 aprile 1984 "Impiego del vaccino antipoliomielitico inattivato tipo Salk";
6) Circolare n. 11/97 "Completamento della schedula vaccinale antipolio mediante impiego di vaccini iniettabili aventi caratteristiche diverse"; 7) D.M. 7 aprile 1999 "Nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'età evolutiva";
Circolare n. 5 del 7 aprile 1999 "Nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'età evolutiva"; 8) D.M. 18 giugno 2002 "Nuovo Calendario della Vaccinazione antipolio"; 9) Circolare 6 agosto 2002 "Piano per il mantenimento della situazione di eradicazione della poliomielite; 10) Circolare del Ministero della Salute - 20/02/2004 Eradicazione della Polio - Sorveglianza della paralisi flaccida acuta nel 2003; D.M. 15 luglio 2005 "Modifica al calendario delle vaccinazioni antipoliomielitiche per adeguamento al Nuovo Piano nazionale Vaccini 2005-2007".
L'excursus effettuato rende evidente come, nel tempo, siano intervenuti cambiamenti nei tipi e qualità di vaccino da impiegare e nei tempi e modi della sua somministrazione, che hanno determinato modifiche della "schedula vaccinale antipolio" "con l'utilizzo esclusivo di vaccino antipoliomielitico inattivato (IPV), alla luce dell'evoluzione della situazione epidemiologica nazionale, europea e globale di tale malattia" (D.m. salute del 18 giugno 2002 pubblicato sulla G.U. n. 163 del 13 luglio 2002).
In particolare il D.M. 14 gennaio 1972 "Nuove norme in materia di vaccinazione antipoliomielitica ", applicato ratione temporis nella specie per essere state le vaccinazioni effettuate nel 1981 prevedeva che "A partire dal 28 febbraio 1912 la vaccinazione obbligatoria contro la poliomielite viene eseguita gratuitamente dagli appositi servizi istituiti dai comuni a mezzo del vaccino a base di virus attenuati secondo Sabin, del tipo trivalente", stabilendo modalità e tempi della somministrazione.
E' opportuno anche, per la prossimità temporale ai fatti oggetto del presente giudizio, menzionare il D.M. 19 aprile 1984 "Impiego del vaccino antipoliomielitico inattivato tipo Salk" con il quale il Ministero della sanità, ribadendo che la vaccinazione antipoliomielitica continuava ad essere effettuata con vaccino attenuato orale tipo Sabin, emanava, però, indicazioni che prevedevano l'impiego del vaccino inattivato parenterale tipo Salk per la immunizzazione contro la poliomielite di soggetti con riscontrato stato di controindicazione duratura all'uso del vaccino attenuato orale tipo Sabin precisandone le condizioni e ricomprendendovi le situazioni di immunodeficienza.
Quanto, poi, alle conoscenze dei due tipi di vaccini, delle loro caratteristiche, delle loro potenzialità e delle loro indicazioni e controindicazioni all'assunzione, la comunità scientifica - per la fondamentale importanza della vaccinazione - ha compiuto, da tempo risalente (fin dal loro apparire sulla scena mondiale), ricerche accurate e su larga scala, pervenendo a risultati condivisi dalla comunità scientifica mondiale; dando atto dei risultati raggiunti, che potevano ritenersi condiviso e comune patrimonio mondiale; come tali conosciuti o conoscibili da parte delle singole comunità nazionali.
Le premesse normative così esposte conducono ad una successione logicamente concatenata di domande, articolabili come segue: a) se, all'epoca dei fatti, sul Ministero gravasse un obbligo giuridico, la cui violazione poteva condurre - con il concorso di ulteriori elementi - all'affermazione di una sua responsabilità; b) se la condotta omissiva del Ministero (nel caso di risposta affermativa al primo quesito) abbia avuto efficacia causale rispetto all'evento di danno (c.d. causalità dell'omissione); c) se in tale omissione - qualora la si ritenga dotata di efficacia causale - siano ravvisabili i profili della colpa (colpevolezza dell'omissione), e se tale colpa sia stata a sua volta causale rispetto al danno (c.d. causalità della colpa).
La sentenza impugnata ha risposto positivamente a tutte le domande tranne l'ultima.
Infatti, il motivo di ricorso concerne esclusivamente il punto relativo alla colpevolezza dell'omissione.
Così circoscritto il thema decidendum, va osservato che - in mancanza di fattori eccezionali che abbiano impedito di compiere l'azione doverosa - il contenuto dell'omissione ed il contenuto della colpa finiscono per sovrapporsi.
A tal fine, consideriamo alcune informazioni cruciali.
La prima è che - alla stregua della consulenza in atti, non controversa - il danno al minore fu certamente derivato dalla somministrazione del vaccino.
Pertanto - operando un ragionamento controfattuale - l'omessa somministrazione del vaccino avrebbe scongiurato l'evento.
In altri termini, se il Ministero della sanità avesse proibito - per la ricorrenza di precise controindicazioni tale forma di vaccinazione, l'evento non si sarebbe verificato.
Dunque, la condotta omissiva del Ministero, che non ha proibito tale somministrazione (ma può dubitarsi che si tratti di condotta omissiva e non attiva: invero, a rigore, la condotta causale è la somministrazione del vaccino, disposta dal Ministero della Salute) è stato un antecedente causale dell'evento.
La seconda informazione - trascurata dalla sentenza impugnata - è che, già all'epoca, era conosciuta la pericolosità di tale vaccino, e vi erano statistiche accreditate sui gravi effetti collaterali che esso poteva provocare.
E' chiaro, allora, che la sentenza impugnata ha omesso di valutare punti decisivi della controversia così determinabili: a) se all'epoca della somministrazione era conosciuta o conoscibile - secondo le migliori cognizioni scientifiche disponibili - la pericolosità del vaccino; b) se alla stregua di tali conoscenze, il rispetto del fondamentale principio di precauzione imponesse di vietare tale tipo di vaccinazione, o di consentirla con rigorose modalità tali da minimizzare i rischi ad essa connessi.
L'eventuale esito favorevole delle indagini che il giudice del rinvio andrà a compiere, e di cui ai punti a) e b) indicati, costituirà, poi, il presupposto per la riconoscibilità agli odierni ricorrenti - ricorrendone le condizioni probatorie, di natura anche presuntiva - del danno lamentato (Sez. Un. 11 novembre 2008, n. 26972 punti 4.8 e 4.9).
3. Ricorso incidentale condizionato.
L'accoglimento del ricorso principale, nei termini indicati, impone l'esame di quello incidentale condizionato.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente incidentale condizionato denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c. Il motivo non è fondato.
In primo luogo, deve sottolinearsi che l'esame del motivo appare irrilevante alla luce delle conclusioni raggiunte in ordine alla ricorrenza, nel caso in esame, della fattispecie disciplinata dall'art. 2043 c.c. e non dall'art. 2050 c.c..
Una volta, infatti, escluso che si tratti di attività pericolosa - come peraltro riconosciuto anche dalla Corte di merito - stabilire la tardività o meno della domanda ex art. 2050 c.c. perchè proposta soltanto in appello - a fronte di quella ex art. 2043 c.c. introduttiva del primo giudizio - e la conseguente omissione di pronuncia, da parte della Corte di merito, sulla relativa eccezione sollevata dal Ministero in quel grado di giudizio - non produrrebbe alcun effetto favorevole per il proponente.
L'eventuale affermazione di correttezza della tesi sostenuta, infatti, - alla luce delle conclusioni raggiunte dalla Corte di legittimità in precedenza, in ordine alla sussistenza di un'ipotesi riconducibile alla generale responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. - non sortirebbe alcuna ricaduta sull'iter processuale, privando la parte dell'utilità degli eventuali risultati favorevoli.
La Corte di merito sul punto così si è espressa: "Indipendentemente dalle pur possibili discussioni sulla novità della domanda ove fondata sull'art. 2050 c.c. piuttosto che semplicemente sull'art. 2043 c.c. (l'eccezione è stata puntualmente svolta dall'Avvocatura), è opinione della Corte che l'attività della Pubblica Amministrazione volta all'esecuzione delle disposizioni di legge sulla vaccinazione obbligatoria non possa essere inserita tra le attività pericolose ex art. 2050 c.c.".
Ed ha, quindi, accolto l'appello del Ministero ritenendo che " gli attori hanno provato il fatto della vaccinazione e la sua efficienza causale rispetto al fatto dannoso delle lesioni, ma non hanno provato la colpa"; con ciò qualificando, evidentemente, l'azione quale extracontrattuale derivante dalla clausola generale di cui all'art. 2043 c.c. non riconoscendone, però, la fondatezza - diversamente dal primo giudice - per difetto di prova con riferimento all'elemento soggettivo della colpa.
Fondatezza della domanda - in termini di violazione dell'art. 2043 c.c. - affermata, invece, in questa sede di legittimità. 3.2. Con il secondo motivo il Ministero denuncia la motivazione omessa ovvero insufficiente su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti nonchè rilevabile d'ufficio (art. 360 c.p.c., n. 5).
Il motivo non è fondato.
La Corte di merito ha rigettato l'appello sul punto della individuazione della domanda proposta dagli attuali ricorrenti principali nel giudizio di primo grado così motivando: " ... effettivamente gli attori esordirono in giudizio chiedendo espressamente il risarcimento del danno per lesione del diritto alla salute ex art. 2043 c.c."; proseguendo "Del resto, altro non avrebbero potuto chiedere, posto che all'epoca non era stata ancora promulgata la L. n. 210 del 1992 con la quale fu stabilito il diritto all'indennizzo per coloro che avevano riportato lesioni a seguito di vaccinazioni antipolio".
Ed ha puntualizzato "Nel corso del giudizio di primo grado non c'è mai stato alcun esplicito aggiustamento o riconsiderazione delle conclusioni prese nell'atto di citazione, e quindi non ha violato l'art. 112 c.p.c. il primo giudice che si è pronunciato sulla pretesa risarcitoria"; concludendo "Infine, nessuna incidenza sembra avere portato nè sull'ammissibilità della domanda, nè sui presupposti per il suo accoglimento, la sopravvenienza della normativa speciale sull'indennizzo".
Il ricorrente incidentale condizionato contesta, invece, che gli attuali ricorrenti principali avrebbero inizialmente proposto domanda di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2043 c.c. per poi limitarla, all'udienza del 28.11.1991 (e non 29.11.1991 come erroneamente riportato), a quella esclusivamente diretta ad ottenere l'indennizzo introdotto con la L. n. 210 del 1992; e su tale punto, evidenziato come essenziale ai fini della decisione, la Corte di merito sarebbe incorsa in un vizio di motivazione.
Il rilievo è destituito di fondamento per un duplice ordine di ragioni.
Il ricorrente incidentale condizionato contesta un'omessa od insufficiente motivazione in ordine al punto decisivo prospettato dall'appellante Ministero o rilevabile d'ufficio.
Nessuno dei vizi contestati sussiste.
La lettura del verbale di udienza, in cui sarebbe stata limitata la domanda, non è, neppure, riportato in ricorso; con ciò violando il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.
Ma, quel che è più rilevante è che la Corte di merito, nella qualificazione della domanda - che spetta al giudice del merito -, non è incorsa in alcun vizio, motivando correttamente in ordine alla persistenza della domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.; con ciò, ovviamente, interpretando implicitamente il tenore del verbale del 28.11.1991 e pervenendo ad escludere l'abbandono o la limitazione dell'originaria domanda di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c.; non dando, a tale fine, alcuna rilevanza preclusiva all'eventuale puntualizzazione, in ordine ad un fatto sopravvenuto (L. n. 210 del 1992), che nulla toglie - ma anzi si aggiunge - all'originaria domanda.
Conclusivamente, vanno rigettati il primo e secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato.
Va accolto, invece, il terzo motivo del ricorso principale.
La sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione.
Le spese vanno rimesse al giudice del rinvio.P.Q.M.
LA CORTE rigetta il primo e secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato. Accoglie il terzo motivo del ricorso principale. Cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione.
Ministero dell'interno Circ. 19-5-2011 n. 300/A/4692/11/109/16 D.Lgs. 18 aprile 2011, n. 59 recante: "Attuazione della Dir. 2006/126/CE e della Dir. 2009/113/CE concernenti le patenti di guida". Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della polizia di Stato.
Circ. 19 maggio 2011, n. 300/A/4692/11/109/16 (1).
D.Lgs. 18 aprile 2011, n. 59 recante: "Attuazione della Dir. 2006/126/CE e della Dir. 2009/113/CE concernenti le patenti di guida".
(1) Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della polizia di Stato.
Alle
Prefetture - Uffici territoriali del Governo
Loro sedi
Ai
Commissariati del Governo per le province autonome di Trento e Bolzano
Alla
Presidenza della giunta regionale della Valle D'Aosta
Aosta
Alle
Questure della Repubblica
Loro sedi
Ai
Compartimenti della polizia stradale
Loro sedi
Alle
Zone polizia di frontiera
Loro sedi
Ai
Compartimenti della polizia ferroviaria
Loro sedi
Ai
Compartimenti della polizia postale e delle comunicazioni
Loro sedi
e, p.c.:
Al
Dipartimento per gli affari interni e territoriali
Roma
Al
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici
Roma
Al
Ministero della giustizia
Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria
Roma
Al
Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali
Corpo forestale dello Stato
Roma
Al
Comando generale dell'arma dei carabinieri
Roma
Al
Comando generale della guardia di finanza
Roma
Al
Centro addestramento della polizia di Stato
Cesena
Per opportuna conoscenza, si comunica che nella G.U. 30 aprile 2011, n. 99 è stato pubblicato il decreto legislativo di cui all'oggetto in materia di patenti di guida prevedendo oltre al recepimento delle disposizioni recate dalla direttiva, anche un più generale coordinamento ed aggiornamento del Codice della Strada operando una riclassificazione delle categorie delle patenti di guida anche al fine di agevolare i controlli su strada.
Si premette che le disposizioni del decreto legislativo troveranno applicazione a decorrere dal 19 gennaio 2013, ad eccezione di quelle contenute negli articoli 9, comma 2, 22, comma 1, e 23, nonché nell'allegato III, con riferimento alle patenti per le categorie A, A1, B, BE, C, CE, D, DE, KA e KB, in vigore dal 15 maggio 2011. Da quest'ultima data sono abrogate le disposizioni di cui all'allegato III del D.M. 30 settembre 2003, n. 40T.
Nello specifico, il recepimento delle direttive UE relative alla patente di guida va ad incidere direttamente sul C.d.S. e ne modifica alcuni articoli:
- artt. 115 e 116, C.d.S.: vengono fissati i requisiti in materia di carta di qualificazione del conducente e riscritto l'art. 116, C.d.S. per l'inserimento della patente AM (per la guida dei ciclomotori), la categoria A2 e reintrodotte le patenti di categoria B1, C1 e D1;
- art. 118-bis, C.d.S.: introduzione del concetto di residenza ai fini del rilascio della patente di guida;
- artt. 119, 121, 123, 124, 125 e 126, C.d.S: adeguamento in funzione delle nuove patenti di guida; inserimento della necessità della visita presso la Commissione Medica anche per gli ultraottantenni;
- art. 128, C.d.S.: l'idoneità alla guida in soggetti già titolari di patente con patologie incompatibili è valutata anche in sede di accertamenti medico-legali diversi da quelli dell'articolo 119;
- artt. 129, 135, 136-bis e 136-ter, C.d.S.: in materia di patenti e abilitazioni professionali rilasciate da uno Stato estero viene soppressa la previsione della sospensione della patente con provvedimento del Prefetto; adeguamento degli articoli; adeguamento della disciplina dei provvedimenti inerenti il diritto di guidare adottati nei confronti di titolari di patente di guida rilasciata da Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo.
L'ultima parte del decreto legislativo, infine, detta alcune norme generali di seguito illustrate:
- art. 22, D.Lgs. definisce il modello di patente di guida comunitaria con la possibilità di inserire un supporto di memorizzazione - microchip - contenente i dati armonizzati delle stesse;
- art. 23, D.Lgs. prevede l'emanazione di più decreti per disciplinare i requisiti per la prova di verifica delle capacità e dei comportamenti per il conseguimento della patente di guida di categoria AM.
Infine, viene abrogato l'allegato III al D.M. 30 settembre 2003, n. 40/T e viene sostituito, per le patenti delle categorie A, A1, B, BE, C, CE, D, DE, KA e KB dall'allegato III al presente decreto.
Si fa riserva di impartire ulteriori disposizioni operative uniformi in sede di entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Il Direttore centrale
Giuffrè
D.Lgs. 18 aprile 2011, n. 59, art. 9
D.Lgs. 18 aprile 2011, n. 59, art. 22
D.Lgs. 18 aprile 2011, n. 59, art. 23
D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285
D.M. 30 settembre 2003, n. 40T, allegato III
D.Lgs. 18 aprile 2011, n. 59 recante: "Attuazione della Dir. 2006/126/CE e della Dir. 2009/113/CE concernenti le patenti di guida".
(1) Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della polizia di Stato.
Alle
Prefetture - Uffici territoriali del Governo
Loro sedi
Ai
Commissariati del Governo per le province autonome di Trento e Bolzano
Alla
Presidenza della giunta regionale della Valle D'Aosta
Aosta
Alle
Questure della Repubblica
Loro sedi
Ai
Compartimenti della polizia stradale
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Zone polizia di frontiera
Loro sedi
Ai
Compartimenti della polizia ferroviaria
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Ai
Compartimenti della polizia postale e delle comunicazioni
Loro sedi
e, p.c.:
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Dipartimento per gli affari interni e territoriali
Roma
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Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici
Roma
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Ministero della giustizia
Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria
Roma
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Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali
Corpo forestale dello Stato
Roma
Al
Comando generale dell'arma dei carabinieri
Roma
Al
Comando generale della guardia di finanza
Roma
Al
Centro addestramento della polizia di Stato
Cesena
Per opportuna conoscenza, si comunica che nella G.U. 30 aprile 2011, n. 99 è stato pubblicato il decreto legislativo di cui all'oggetto in materia di patenti di guida prevedendo oltre al recepimento delle disposizioni recate dalla direttiva, anche un più generale coordinamento ed aggiornamento del Codice della Strada operando una riclassificazione delle categorie delle patenti di guida anche al fine di agevolare i controlli su strada.
Si premette che le disposizioni del decreto legislativo troveranno applicazione a decorrere dal 19 gennaio 2013, ad eccezione di quelle contenute negli articoli 9, comma 2, 22, comma 1, e 23, nonché nell'allegato III, con riferimento alle patenti per le categorie A, A1, B, BE, C, CE, D, DE, KA e KB, in vigore dal 15 maggio 2011. Da quest'ultima data sono abrogate le disposizioni di cui all'allegato III del D.M. 30 settembre 2003, n. 40T.
Nello specifico, il recepimento delle direttive UE relative alla patente di guida va ad incidere direttamente sul C.d.S. e ne modifica alcuni articoli:
- artt. 115 e 116, C.d.S.: vengono fissati i requisiti in materia di carta di qualificazione del conducente e riscritto l'art. 116, C.d.S. per l'inserimento della patente AM (per la guida dei ciclomotori), la categoria A2 e reintrodotte le patenti di categoria B1, C1 e D1;
- art. 118-bis, C.d.S.: introduzione del concetto di residenza ai fini del rilascio della patente di guida;
- artt. 119, 121, 123, 124, 125 e 126, C.d.S: adeguamento in funzione delle nuove patenti di guida; inserimento della necessità della visita presso la Commissione Medica anche per gli ultraottantenni;
- art. 128, C.d.S.: l'idoneità alla guida in soggetti già titolari di patente con patologie incompatibili è valutata anche in sede di accertamenti medico-legali diversi da quelli dell'articolo 119;
- artt. 129, 135, 136-bis e 136-ter, C.d.S.: in materia di patenti e abilitazioni professionali rilasciate da uno Stato estero viene soppressa la previsione della sospensione della patente con provvedimento del Prefetto; adeguamento degli articoli; adeguamento della disciplina dei provvedimenti inerenti il diritto di guidare adottati nei confronti di titolari di patente di guida rilasciata da Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo.
L'ultima parte del decreto legislativo, infine, detta alcune norme generali di seguito illustrate:
- art. 22, D.Lgs. definisce il modello di patente di guida comunitaria con la possibilità di inserire un supporto di memorizzazione - microchip - contenente i dati armonizzati delle stesse;
- art. 23, D.Lgs. prevede l'emanazione di più decreti per disciplinare i requisiti per la prova di verifica delle capacità e dei comportamenti per il conseguimento della patente di guida di categoria AM.
Infine, viene abrogato l'allegato III al D.M. 30 settembre 2003, n. 40/T e viene sostituito, per le patenti delle categorie A, A1, B, BE, C, CE, D, DE, KA e KB dall'allegato III al presente decreto.
Si fa riserva di impartire ulteriori disposizioni operative uniformi in sede di entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Il Direttore centrale
Giuffrè
D.Lgs. 18 aprile 2011, n. 59, art. 9
D.Lgs. 18 aprile 2011, n. 59, art. 22
D.Lgs. 18 aprile 2011, n. 59, art. 23
D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285
D.M. 30 settembre 2003, n. 40T, allegato III
Ministero della salute Nota 1-6-2011 n. DGSA/56/P Incidente alla centrale nucleare di Daiichi Fukushima: impatto sui medicinali forniti dal Giappone all'Europa.
Radiation leak from the Daiichi Fukushima nuclear power plant: Impact on medicinal products supplied to EU from Japan.
Emanata dal Ministero della salute, Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti, Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario, Ufficio IV - Medicinali veterinari e dispositivi medici ad uso veterinario.
Nota 1 giugno 2011, n. DGSA/56/P (1).
Incidente alla centrale nucleare di Daiichi Fukushima: impatto sui medicinali forniti dal Giappone all'Europa. Radiation leak from the Daiichi Fukushima nuclear power plant: Impact on medicinal products supplied to EU from Japan.
(1) Emanata dal Ministero della salute, Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti, Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario, Ufficio IV - Medicinali veterinari e dispositivi medici ad uso veterinario.
Ai
Titolari di autorizzazione all'immissione in commercio in Italia di medicinali veterinari
To
Marketing Authorisation Holders - Veterinary medicinal products registered in Italy
A seguito dell'incidente occorso alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi (Giappone) marzo 2011, le autorità europee e gli stati membri hanno avviato una procedura di monitoraggio per valutare il possibile impatto dell'incidente sui medicinali e le materie prime farmacologicamente attive fabbricati in Giappone. Questo processo include l'esame e la valutazione del rischio di una possibile contaminazione, tenendo in considerazione i limiti fissati per gli alimenti dal Reg. (UE) n. 297/2011 così come modificato dal Reg. (UE) n. 351/2011.
Lo scrivente Ufficio, allo scopo di salvaguardare la salute pubblica, ed in considerazione del fatto che la responsabilità di assicurare la qualità, sicurezza ed efficacia dei medicinali veterinari ricade sui titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio, chiede a codesta ditta di completare (a firma del rappresentante legale dell'azienda) ed inviare all'Ufficio IV della DGSA la dichiarazione allegata alla presente nota (dichiarazione in lingua inglese, sul modello utilizzato a livello europeo). La dichiarazione va presentata per ciascun medicinale veterinario parzialmente o totalmente fabbricato in Giappone, incluse le materie prime e i loro intermedi, facendo riferimento ai livelli massimi fissati per lo iodio-131, cesio-134 e cesio-137 nel Reg. (UE) n. 297/2011 come modificato dal Reg. (UE) n.
351/2011. In particolare la richiesta in oggetto si riferisce alle produzioni che avvengono in una o più delle seguenti prefetture: Fukushima, Gunma, Ibaraki, Tochigi, Miyagi, Yamagata, Niigata, Nagano, Yamanashi, Saitama, Tokyo and Chiba.
Nel caso in cui l'azienda non possegga Autorizzazioni all'Immissione in Commercio che ricadono nelle fattispecie di cui all'allegato alla presente nota, si richiede comunque che la ditta invii allo scrivente ufficio la seguente dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale dell'azienda:
"In qualità di legale rappresentante dell'azienda, dichiaro sotto la mia responsabilità che l'azienda XXX non è titolare di autorizzazioni all'immissione in commercio di medicinali veterinari parzialmente o totalmente fabbricati in Giappone, incluse le materie prime e i loro intermedi, con particolare riferimento al territorio delle seguenti prefetture: Fukushima, Gunma, Ibaraki, Tochigi, Miyagi, Yamagata, Niigata, Nagano, Yamanashi, Saitama, Tokyo and Chiba."
La risposta alla presente nota deve essere inviata allo scrivente ufficio entro il 1° luglio 2011.
Following the radiation leak from the Fukushima Daiichi nuclear power plant in Japan after the earthquake and tsunami of 11 March 2011, EU authorities and Member States have been monitoring its possible impact on medicines manufactured in Japan. This includes an assessment and evaluation of the risk for possible radioactive contamination. Account has been taken of the limits set for food in Regulation (EU) No 297/2011 as amended by Regulation (EU) No 351/2011.
The responsibility for ensuring the quality, safety and efficacy of medicinal products lies with the Marketing Authorisation Holder. Therefore, to safeguard public health, the National Competent Authorities of the Member States and EMA (for Centrally Authorised Products), invite the Marketing Authorisation Holder to complete (signed by a legal representative of the company) and submit the attached declaration for each veterinary medicinal product partially or totally manufactured in Japan including active substances and intermediates, with reference to the maximum levels set for iodine-131, caesium-134 and caesium-137 in Regulation (EU) No 297/2011 as amended by Regulation (EU) No 351/2011.
Specifically this request addresses the veterinary medicinal product(s)/active substances/intermediates manufactured or partially manufactured in Japan, and in particular, in one or more of the following prefectures: Fukushima, Gunma, Ibaraki, Tochigi, Miyagi, Yamagata, Niigata, Nagano, Yamanashi, Saitama, Tokyo and Chiba.
In case your company has no medicinal products which belong to one of the categories listed in the annex, you should in any case respond to this note with a declaration stating that you are not in possession of any marketing authorisation in Italy for a veterinary medicinal product partially or totally manufactured in Japan including active substances and intermediates.
The answer to this request should be sent to this office by the 1st of July 2011.
Il Direttore dell'ufficio IV
Dott.ssa Simonetta Bonati
Reg. (CE) 25 marzo 2011, n. 297/2011
Reg. (CE) 11 aprile 2011, n. 351/2011
Emanata dal Ministero della salute, Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti, Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario, Ufficio IV - Medicinali veterinari e dispositivi medici ad uso veterinario.
Nota 1 giugno 2011, n. DGSA/56/P (1).
Incidente alla centrale nucleare di Daiichi Fukushima: impatto sui medicinali forniti dal Giappone all'Europa. Radiation leak from the Daiichi Fukushima nuclear power plant: Impact on medicinal products supplied to EU from Japan.
(1) Emanata dal Ministero della salute, Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti, Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario, Ufficio IV - Medicinali veterinari e dispositivi medici ad uso veterinario.
Ai
Titolari di autorizzazione all'immissione in commercio in Italia di medicinali veterinari
To
Marketing Authorisation Holders - Veterinary medicinal products registered in Italy
A seguito dell'incidente occorso alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi (Giappone) marzo 2011, le autorità europee e gli stati membri hanno avviato una procedura di monitoraggio per valutare il possibile impatto dell'incidente sui medicinali e le materie prime farmacologicamente attive fabbricati in Giappone. Questo processo include l'esame e la valutazione del rischio di una possibile contaminazione, tenendo in considerazione i limiti fissati per gli alimenti dal Reg. (UE) n. 297/2011 così come modificato dal Reg. (UE) n. 351/2011.
Lo scrivente Ufficio, allo scopo di salvaguardare la salute pubblica, ed in considerazione del fatto che la responsabilità di assicurare la qualità, sicurezza ed efficacia dei medicinali veterinari ricade sui titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio, chiede a codesta ditta di completare (a firma del rappresentante legale dell'azienda) ed inviare all'Ufficio IV della DGSA la dichiarazione allegata alla presente nota (dichiarazione in lingua inglese, sul modello utilizzato a livello europeo). La dichiarazione va presentata per ciascun medicinale veterinario parzialmente o totalmente fabbricato in Giappone, incluse le materie prime e i loro intermedi, facendo riferimento ai livelli massimi fissati per lo iodio-131, cesio-134 e cesio-137 nel Reg. (UE) n. 297/2011 come modificato dal Reg. (UE) n.
351/2011. In particolare la richiesta in oggetto si riferisce alle produzioni che avvengono in una o più delle seguenti prefetture: Fukushima, Gunma, Ibaraki, Tochigi, Miyagi, Yamagata, Niigata, Nagano, Yamanashi, Saitama, Tokyo and Chiba.
Nel caso in cui l'azienda non possegga Autorizzazioni all'Immissione in Commercio che ricadono nelle fattispecie di cui all'allegato alla presente nota, si richiede comunque che la ditta invii allo scrivente ufficio la seguente dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale dell'azienda:
"In qualità di legale rappresentante dell'azienda, dichiaro sotto la mia responsabilità che l'azienda XXX non è titolare di autorizzazioni all'immissione in commercio di medicinali veterinari parzialmente o totalmente fabbricati in Giappone, incluse le materie prime e i loro intermedi, con particolare riferimento al territorio delle seguenti prefetture: Fukushima, Gunma, Ibaraki, Tochigi, Miyagi, Yamagata, Niigata, Nagano, Yamanashi, Saitama, Tokyo and Chiba."
La risposta alla presente nota deve essere inviata allo scrivente ufficio entro il 1° luglio 2011.
Following the radiation leak from the Fukushima Daiichi nuclear power plant in Japan after the earthquake and tsunami of 11 March 2011, EU authorities and Member States have been monitoring its possible impact on medicines manufactured in Japan. This includes an assessment and evaluation of the risk for possible radioactive contamination. Account has been taken of the limits set for food in Regulation (EU) No 297/2011 as amended by Regulation (EU) No 351/2011.
The responsibility for ensuring the quality, safety and efficacy of medicinal products lies with the Marketing Authorisation Holder. Therefore, to safeguard public health, the National Competent Authorities of the Member States and EMA (for Centrally Authorised Products), invite the Marketing Authorisation Holder to complete (signed by a legal representative of the company) and submit the attached declaration for each veterinary medicinal product partially or totally manufactured in Japan including active substances and intermediates, with reference to the maximum levels set for iodine-131, caesium-134 and caesium-137 in Regulation (EU) No 297/2011 as amended by Regulation (EU) No 351/2011.
Specifically this request addresses the veterinary medicinal product(s)/active substances/intermediates manufactured or partially manufactured in Japan, and in particular, in one or more of the following prefectures: Fukushima, Gunma, Ibaraki, Tochigi, Miyagi, Yamagata, Niigata, Nagano, Yamanashi, Saitama, Tokyo and Chiba.
In case your company has no medicinal products which belong to one of the categories listed in the annex, you should in any case respond to this note with a declaration stating that you are not in possession of any marketing authorisation in Italy for a veterinary medicinal product partially or totally manufactured in Japan including active substances and intermediates.
The answer to this request should be sent to this office by the 1st of July 2011.
Il Direttore dell'ufficio IV
Dott.ssa Simonetta Bonati
Reg. (CE) 25 marzo 2011, n. 297/2011
Reg. (CE) 11 aprile 2011, n. 351/2011
NUCLEARE: CONSULTA, QUESITO REFERENDARIO HA REQUISITI CHIAREZZA E UNIVOCITA'
NUCLEARE: CONSULTA, QUESITO REFERENDARIO HA REQUISITI CHIAREZZA E UNIVOCITA' =
Roma, 7 giu. - (Adnkronos) - Il quesito referendario sul
nucleare ''e' connotato da una matrice razionalmente unitaria e
possiede i necessari requisiti di chiarezza, omogeneita' ed
univocita'''. E' quanto sottolinea la Corte Costituzionale, che ha
dichiarato ammissibile la richiesta di referendum sul nucleare dopo il
si' della Cassazione. Il "quesito in esame -viene rilevato- mira a
realizzare un effetto di mera ablazione della nuova disciplina, in
vista del chiaro ed univoco risultato normativo di non consentire
l'inclusione dell'energia nucleare fra le norme di produzione
energetica, fermo restando, ovviamente che spetta al legislatore e al
Governo, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, di fissare le
modalita' di adozione della strategia energetica nazionale, nel
rispetto dell'esito della consultazione referendaria".
Inoltre, la Consulta fa notare che "le disposizioni di cui si
propone l'abrogazione (commi 1 e 8 dell'art. 5) risultano unite da una
medesima finalita': quella di essere strumentali a consentire, sia
pure all'esito di ulteriori evidenze scientifiche sui profili relativi
alla sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico in
tale settore, di adottare una strategia energetica nazionale che non
escluda espressamente l'utilizzazione di energia nucleare, cio' in
contraddizione con l'intento perseguito dall'originaria richiesta
referendaria", in particolare, segnala la Consulta, "attraverso
l'abrogazione dell'art. 3 del d.lgsl. 31 del 2010".
(Sin/Zn/Adnkronos)
07-GIU-11 16:02
NNNN
Referendum/Finocchiaro:Consulta smaschera ennesima truffa governo
Sopravvivono in Parlamento ma nel paese Pdl-Lega sono minoranza
Roma, 7 giu. (TMNews) - "Le motivazioni depositate dalla Corte
Costituzionale sul referendum per il nucleare smascherano
definitivamente l'ipocrisia e la bassezza del governo
Berlusconi". Lo sottolinea Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al
Senato.
"Per evitare il voto popolare il famoso 'governo del popolo' è
arrivato, modificando un testo di legge in maniera strumentale, a
prendere in giro il Parlamento e i cittadini italiani - denuncia
Finocchiaro -. Si è trattato dell'ennesima truffa fatta da questo
governo al solo fine di far sopravvivere un quadro politico che
forse resiste in Parlamento, grazie a qualche fortunosa campagna
acquisti, ma che nel Paese è già modificato. In Italia Pdl e Lega
sono minoranza".
Red/Gal
071659 giu 11
NUCLEARE. ECODEM: CONSULTA AFFOSSA I TRUCCHI DEL GOVERNO
VIGNI: ITALIANI HANNO NELLE LORO MANI POSSIBILITA' FERMARE ATOMO.
(DIRE) Roma, 7 giu. - "La decisione unanime della Corte
Costituzionale sulla ammissibilita' del quesito referendario
riformulato dalla Cassazione affossa definitivamente i trucchi
del governo per evitare il pronunciamento popolare". Cosi'
Fabrizio Vigni, presidente nazionale Ecologisti Democratici. "Ora
finalmente non ci sono piu' dubbi- aggiunge Vigni- gli italiani
hanno nelle loro mani, il 12 e il 13 giugno, la possibilita' di
fermare il nucleare e di costruire un futuro fatto di fonti
rinnovabili, efficienza energetica, innovazione tecnologica,
seguendo l'esempio della Germania".
(Com/Ran/ Dire)
16:23 07-06-11
NUCLEARE: PELLEGRINO, DECISIONE CONSULTA VITTORIA DI INTERO CORPO ELETTORALE =
'STOPPATO MALDESTRO TENTATIVO IMPOSTO DA GOVERNO AD AVVOCATURA
DELLO STATO'
Roma, 7 giu. (Adnkronos) - "Soddisfazione, perche' oggi non
vincono soltanto i promotori referendari ma vince l'intero corpo
elettorale" viene espressa all'Adnkronos dall'avvocato Gianluigi
Pellegrino, rappresentante legale del Pd davanti alla camera di
consiglio dei giudici della Consulta per il quesito sul nucleare,
commentando il via libera della Corte Costituzionale al referendum.
"Proprio il corpo elettorale - osserva - ha rappresentato un autentico
'convitato di pietra' davanti ai giudici costituzionali".
Pellegrino registra che "si e' stoppato il primo tentativo nella
storia politica democratica italiana di interrompere traumaticamente
una elezione, che per quanto riguarda gli italiani residenti
all'estero era gia' in corso, a pochi giorni dall'apertura dei seggi
elettorali in Italia. Per questo si tratta di una vittoria giuridica
ma ancor di piu' di una vittoria politica, nel senso non di parte ma
di salvaguardia dei diritti del corpo elettorale". (segue)
(Bon/Zn/Adnkronos)
07-GIU-11 16:21
NNNNNUCLEARE: PELLEGRINO, DECISIONE CONSULTA VITTORIA DI INTERO CORPO ELETTORALE (2) =
(Adnkronos) - Quanto al merito della questione, "si ribadisce
quello che ha gia' osservato la Cassazione, ovvero che la nuova legge
'omnibus' e' comunque una legge nuclearista che da' al governo il via
libera a compiere ogni valutazione, anche sull'inserimento delle
centrali nucleari nel piano energetico nazionale, affidandolo a un
semplice atto amministrativo. Non vedo proprio -continua Pellegrino-
come ora si possa continuare a sostenere che si tratta di un
referendum inutile... Le ragioni, che il governo aveva imposto
all'Avvocatura dello Stato di sostenere, sono state rispedite al
mittente dalla Corte Costituzionale, che ha confermato il giusto
operato della Cassazione e fermato il maldestro tentativo del
governo".
(Bon/Zn/Adnkronos)
07-GIU-11 16:25
NNNN
REFERENDUM: CONSULTA, NUOVA LEGGE CONSENTE IL NUCLEARE =
(AGI) - Roma, 7 giu. - La nuova legge approvata dal parlamento
consente il nucleare. E' quanto si evidenzia nelle motivazioni
depositate dalla Corte costituzionale della sentenza numero 174
con la quale e' stato ammesso il quesito sul nucleare per i
referendum del 12 e 13 giugno.
"Le disposizioni di cui si propone l'abrogazione (commi 1 e
8 dell'articolo 5 della legge numero 75 del 26 maggio 2011) -
si legge nel dispositivo - risultano, infatti, a seguito della
riformulazione del quesito da parte dell'Ufficio centrale,
unite da una medesima finalita': quella di essere strumentali a
consentire, sia pure all'esito di ulteriori evidenze
scientifiche su profili relativi alla sicurezza nucleare e
tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore, di
adottare una strategia energetica nazionale che non escluda
espressamente l'utilizzazione di energia nucleare, cio' in
contraddizione con l'intento perseguito dall'originaria
richiesta referendaria, in particolare attraverso l'abrogazione
dell'articolo 5 del decreto legislativo numero 31 del 2010".
(AGI)
Rmn/Mom (Segue)
071528 GIU 11
NNNN
NUCLEARE: CONSULTA, NUOVO QUESITO E' CHIARO E UNIVOCO (2)
(ANSA) - ROMA, 7 GIU - Nel dare il via libera al quesito
riformulato dalla Cassazione, i giudici dell'Alta Corte
sottolineano che cio' e' possibile ''restando fermo il fatto,
ovviamente, che spetta al legislatore e al Governo, ciascuno
nell'ambito delle proprie competenze, di fissare le modalita' di
adozione della strategia energetica nazionale, nel rispetto
dell'esito della consultazione referendaria''.
Secondo la Consulta, le disposizioni contenute nei commi 1 e
8 dell'art. 5 del decreto omnibus di cui si chiede l'abrogazione
sono ''unite da una medesima finalita'', vale a dire quella di
''essere strumentali a consentire, sia pure all'esito di
'ulteriori evidenze scientifiche' sui profili relativi alla
sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico in
tale settore, di adottare una strategia energetica nazionale che
non escluda espressamente l'utilizzazione dell'energia nucleare,
cio' in contraddizione - secondo la Corte - con l'tento
perseguito dall'originaria richiesta referendaria''.
La Corte Costituzionale, con una sentenza scritta da Giuseppe
Tesauro e votata all'unanimita' dai 13 giudici oggi presenti in
camera di Consiglio, e' dunque entrata nel merito della
questione che le e' stata trasmessa dall'Ufficio centrale della
Cassazione dopo il trasferimento della richiesta di abrogazione
referendaria gia' dichiarata ammissibile lo scorso gennaio. La
Corte ricorda infatti che, in base ad una sua precedente
sentenza (n.68 del 1978), spetta alla Cassazione ''verificare
se, nonostante gli effetti abrogativi della nuova disciplina, la
consultazione popolare debba svolgersi 'pur sempre', trasferendo
od estendendo la richiesta alla legislazione successiva''. Ma in
base alla giurisprudenza costituzionale, compete invece alla
Consulta ''verificare che non sussistano eventuali ragioni di
inammissibilita' rispetto all'art.75 della Costituzione e ai
parametri desumibili dall'interpretazione logico-sistematica
della Costituzione''. Parametri che, in questo caso, non sono
stati violati e che dunque hanno permesso alla Consulta di dare
un suo ulteriore via libera. (ANSA).
BAO
07-GIU-11 15:31 NNNN
REFERENDUM: CONSULTA, NUOVA LEGGE CONSENTE IL NUCLEARE (2) =
(AGI) - Roma, 7 giu. - Per i giudici della Corte
Costituzionale, presieduta da Alfonso Quaranta, la nuova legge
approvata dal Parlamento, che ha convertito il decreto omnibus,
non ha quindi fatto venir meno l'esigenza dei cittadini di
esprimere il proprio parere contro il nucleare.
"Anche il quesito in esame - dicono i giudici della
Consulta riferendosi al nuovo quesito riformulato dalla Corte
di Cassazione che chiede l'abrogazione dei commi 1 e 8
dell'articolo 5 della nuova legge - mira a realizzare un
effetto di mera ablazione della nuova disciplina, in vista del
chiaro ed univoco risultato normativo di non consentire
l'inclusione dell'energia nucleare tra le forme di produzione
energetica, fermo restando ovviamente, che spetta al
legislatore e al governo, ciascuno nell'ambito delle proprie
competenze, di fissare le modalita' di adozione della strategia
energetica nazionale, nel rispetto dell'esito della
consultazione referendaria". (AGI)
Rmn/Zeb
071558 GIU 11
NNNN
REFERENDUM: CONSULTA, NUOVA LEGGE CONSENTE IL NUCLEARE (3) =
(AGI) - Roma, 7 giu. - La Corte Costituzionale ricorda,
inoltre, che "secondo la sentenza numero 68 del 1978, qualora
nel corso del procedimento referendario la disciplina oggetto
del quesito sia modificata, all'ufficio centrale per il
referendum (della Cassazione) spetta accertare se l'intenzione
del legislatore sia diversa rispetto alla regolamentazione
precedente della materia".
"Qualora infatti - scrive la Corte Costituzionale - tale
intenzione rimanga fondamentalmente identica, malgrado le
innovazioni formali o di dettaglio che siano state apportate
dalle Camere, la corrispondente richiesta non puo' essere
bloccata, perche' diversamente la sovranita' del popolo
(attivata da quella iniziativa) verrebbe ridotta a mera
apparenza".
"La giurisprudenza costituzionale - si legge ancora - ha,
altresi', precisato che in riferimento al quesito riformulato
dall'ufficio centrale per i referendum, compete, invece, a
questa Corte, verificare che non sussistano eventuali ulteriori
ragioni di inammissibilita' rispetto all'articolo 75 della
Costituzione ed ai parametri desumibili dall'interpretazione
logico-sistematica della Costituzione". (AGI)
Rmn/Zeb
071617 GIU 11
NNNN
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