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venerdì 15 aprile 2011

Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie Speciale - Concorsi n. 30 del 15-4-2011

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DIARIO Diario della prova d'esame del concorso pubblico, per titoli ed esami, a complessivi n. 100 posti di allievo agente di polizia penitenziaria femminile, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno. (GU n. 30 del 15-4-2011 )

IL DIRETTORE GENERALE del personale e della formazione dell'amministrazione penitenziaria Visto il P.D.G. 7 ottobre 2010 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie speciale - «Concorsi ed esami», 29 ottobre 2010, n. 86, con il quale e' stato indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami a complessivi cento posti di allievo agente di polizia penitenziaria femminile, riservato, ai sensi dell'art. 16, della legge 23 agosto 2004, n. 226, ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) ovvero in rafferma annuale, di cui al capo II della medesima legge, che, se in servizio, abbiano svolto, alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda, almeno sei mesi in tale stato o, se collocati in congedo, abbiano concluso tale ferma di un anno nelle Forze Armate; Visto il P.D.G. 13 dicembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie speciale «Concorsi ed Esami» 21 dicembre 2010, n. 101 con il quale e' stata rinviata la prova d'esame del suddetto concorso; Visto il P.D.G. 11 febbraio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie speciale «Concorsi ed Esami» 25 febbraio 2011, n. 16, con il quale e' stata ulteriormente rinviata la prova d'esame del suddetto concorso; Visto l'art. 7, primo comma del P.D.G. 7 ottobre 2010 circa la la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie speciale - «Concorsi ed esami» 29 ottobre 2010, n. 86, della data e della sede per l'espletamento della prova d'esame; Decreta: 1. La prova d'esame del concorso pubblico per titoli ed esami a complessivi cento posti di allieva agente di polizia penitenziaria, ruolo femminile, riservato, ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) ovvero in rafferma annuale, che, se in servizio, abbiano svolto, alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda, almeno sei mesi in tale stato o, se collocati in congedo, abbiano concluso tale ferma di un anno nelle Forze armate, avra' luogo presso la Scuola di formazione e aggiornamento per il personale del Corpo di polizia e dell'Amministrazione penitenziaria di Roma, via di Brava, n. 99. 2. Ciascuna candidata, alla quale non sia stata comunicata l'esclusione dal concorso, dovra' presentarsi presso la suddetta sede, munita di idoneo documento di riconoscimento e di fotocopia in carta semplice dello stesso, per sostenere la citata prova d'esame, nel giorno e nell'ora stabiliti secondo il seguente calendario. 3. La data e l'ora di convocazione per tutte le candidate e' il giorno 16 maggio 2011, alle ore 15. 4. Tutte le candidate si intendono, comunque, ammesse con riserva dell'accertamento del possesso dei requisiti richiesti, nonche' del rispetto dei termini nella presentazione della domanda, previsti dal bando del concorso. 5. Nella sede di esame, durante lo svolgimento della prova d'esame, verranno osservati gli adempimenti previsti dall'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 e successive modificazioni. 6. In particolare, le candidate non possono portare carta da scrivere, appunti, manoscritti, libri o pubblicazioni di qualunque specie nonche' apparecchi telefonici e/o ricetrasmittenti. 7. Le candidate che non si presenteranno nel luogo, nel giorno e nell'ora stabiliti per sostenere la prova d'esame, saranno considerate escluse dal concorso. 8. I risultati della prova d'esame saranno pubblicati a decorrere dal 26 maggio 2011 sul sito internet ufficiale del Corpo di polizia penitenziaria www.polizia-penitenziaria.it. 9. Si comunica, altresi', che la Scuola - sede per lo svolgimento della prova d'esame - non e' adeguatamente collegata con mezzi di pubblico trasporto. Si porta a conoscenza che, per agevolare l'afflusso delle candidate, questa Amministrazione ha istituto un servizio, gratuito e riservato esclusivamente alle stesse, che il giorno previsto per la prova garantira' il collegamento con la Scuola per mezzo di pullman che effettueranno la partenza dalla stazione «Muratella», posta sulla linea ferroviaria metropolitana «FM1 - Roma Tiburtina/Aeroporto di Fiumicino». Le partenze dei suddetti pullman avverranno dalle ore 13 e fino alle ore 14,30. Al termine della prova analogo servizio sara' svolto per accompagnare le candidate alla citata stazione. Il presente decreto ha valore di notifica a tutti gli effetti. Roma, 1º aprile 2011 Il direttore generale: Turrini Vita

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DIARIO Diario della prova d'esame del concorso pubblico, per titoli ed esami, a complessivi 500 posti di allievo agente di polizia penitenziaria maschile, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) (GU n. 30 del 15-4-2011 )

IL DIRETTORE GENERALE del personale e della formazione dell'amministrazione penitenziaria Visto il P.D.G. 7 ottobre 2010 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie speciale - «Concorsi ed esami», 29 ottobre 2010, n. 86, con il quale e' stato indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami a complessivi cinquecento 500 posti di allievo agente di polizia penitenziaria maschile, riservato, ai sensi dell'art. 16, della legge 23 agosto 2004, n. 226, ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) ovvero in rafferma annuale, di cui al capo II della medesima legge, che, se in servizio, abbiano svolto, alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda, almeno sei mesi in tale stato o, se collocati in congedo, abbiano concluso tale ferma di un anno nelle Forze armate; Visto il P.D.G. 13 dicembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie speciale «Concorsi ed esami» 21 dicembre 2010, n. 101 con il quale e' stata rinviata la prova d'esame del suddetto concorso; Visto il P.D.G. 11 febbraio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie speciale «Concorsi ed esami» 25 febbraio 2011, n. 16, con il quale e' stata ulteriormente rinviata la prova d'esame del suddetto concorso; Visto quanto stabilito l'art. 7, primo comma del P.D.G. 7 ottobre 2010 circa la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie speciale - «Concorsi ed esami» 29 ottobre 2010, n. 86 della data e della sede per l'espletamento della prova d'esame; Decreta: 1. La prova d'esame del concorso pubblico per titoli ed esami a complessivi cinquecento posti di allievo agente di polizia penitenziaria, ruolo maschile, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) ovvero in rafferma annuale che, se in servizio, abbiano svolto, alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda, almeno sei mesi in tale stato o, se collocati in congedo, abbiano concluso tale ferma di un anno nelle Forze Armate, avra' luogo presso la Scuola di formazione e aggiornamento per il personale del Corpo di polizia e dell'Amministrazione penitenziaria di Roma, via di Brava, n. 99. 2. Ciascun candidato, al quale non e' stata comunicata l'esclusione dal concorso, dovra' presentarsi presso la suddetta, munito di idoneo documento di riconoscimento e di fotocopia in carta semplice dello stesso, per sostenere la citata prova d'esame, nel giorno e nell'ora stabiliti secondo il seguente calendario. Data e ora di convocazione dei gruppi di candidati in ordine alfabetico: giorno 17 maggio 2011: ore 10 da ABATE Antonio a CAVARRA Stefano incluso; giorno 17 maggio 2011: ore 15 da CECCARELLI Giordano a DI COSIMO Innocenzo Ezio incluso; giorno 18 maggio 2011: ore 10 da DIGLIO Antonio a LAMPITELLI Nicola incluso; giorno 18 maggio 2011: ore 15 da LAMULA Domenico a NOBILE Gerlando incluso; giorno 19 maggio 2011: ore 10 da NOCE Angelo a SANTANGELO Giuseppe incluso; giorno 19 maggio 2011: ore 15 da SANTANIELLO Alfredo a ZUCCU Antonio incluso. 3. Tutti i candidati si intendono, comunque, ammessi con riserva dell'accertamento del possesso dei requisiti richiesti, nonche' del rispetto dei termini nella presentazione della domanda, previsti dal bando del concorso. 4. Lo scaglionamento e' stato determinato secondo il rigoroso ordine consecutivo delle lettere dell'alfabeto: «A» prima di «B», «B» prima di «C», «I» prima di «J», «J» prima di «K», ecc. senza tener conto dell'apostrofo e degli eventuali spazi all'interno di cognomi e nomi (D'ANDREA = DANDREA), (DE DATO = DEDATO). 5. I candidati i cui cognomi non dovessero risultare, per qualsiasi motivo, compresi in alcuno dei turni indicati, sono comunque convocati per sostenere la prova d'esame nella prima delle sedute relative alla lettera iniziale del proprio cognome. 6. Nessun candidato sara' essere ammesso alla prova d'esame in un giorno ed orario diverso da quello ad esso assegnato in relazione alla propria posizione alfabetica. 7. Nella sede di esame, durante lo svolgimento della prova d'esame, verranno osservati gli adempimenti previsti dall'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 e successive modificazioni. 8. In particolare, i candidati non possono portare carta da scrivere, appunti, manoscritti, libri o pubblicazioni di qualunque specie nonche' apparecchi telefonici e/o ricetrasmittenti. 9. I candidati che non si presenteranno nel luogo, nel giorno e nell'ora stabiliti per sostenere la prova d'esame, saranno considerati esclusi dal concorso. 10. I risultati della prova d'esame saranno pubblicati a decorrere del 26 maggio 2011 sul sito internet ufficiale del Corpo di polizia penitenziaria www.polizia-penitenziaria.it. 11. Si comunica, altresi', che la Scuola - sede per lo svolgimento della prova d'esame - non e' adeguatamente collegata con mezzi di pubblico trasporto. Si porta a conoscenza che, per agevolare l'afflusso dei candidati, questa Amministrazione ha istituto un servizio, gratuito e riservato esclusivamente agli stessi, che in ogni giorno previsto per le prove garantira' il collegamento con la Scuola per mezzo di pullman che effettueranno la partenza dalla stazione «Muratella», posta sulla linea ferroviaria metropolitana «FM1 - Roma Tiburtina/Aeroporto di Fiumicino». Le partenze dei suddetti pullman avverranno per la prova antimeridiana dalle ore 7,30 e fino alle ore 9 e per la prova pomeridiana dalle ore 13 alle ore 14,30. Al termine della prova analogo servizio sara' svolto per accompagnare i candidati alla citata stazione. Il presente decreto ha valore di notifica a tutti gli effetti. Roma, 1º aprile 2011 Il direttore generale: Turrini Vita

COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA RETTIFICA Comunicato relativo al concorso del Comando Generale della Guardia di Finanza, per titoli ed esami, per il reclutamento di 1.250 allievi finanzieri, riservato ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno (VFP1) o quadriennale (VFP4) ovvero in rafferma annuale (VFP1T), in servizio o in congedo - Anno 2011. (GU n. 30 del 15-4-2011 )

Nel bando di concorso citato in epigrafe, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4ª serie speciale - n. 25 del 29 marzo 2011, riservato, ai sensi dell'art. 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze armate, relativamente alla tabella riportata in allegato 3 al bando, recante: "Tabelle di attribuzione dei punteggi per i candidati del contingente di mare", sono risultati alcuni meri errori materiali e pertanto viene qui di seguito riportata in sostituzione integrale, la corretta tabella come segue: Parte di provvedimento in formato grafico

Tribunale "...Lavori usuranti.... Con ricorso ex art. 700 e 414 c.p.c., i ricorrenti indicati in epigrafe, tutti dipendenti della ASL di #################### (con mansioni alcuni di ausiliare, altri di Ota ed altri ancora di infermieri generici ovvero professionali) adivano il Giudice del Lavoro di questo Tribunale esponendo: di essere personale "turnista" operante su turni diurni e notturni nell'ambito di vari reparti del presidio ospedaliero di ####################; di avere sempre espletato un orario notturno articolato dalle ore 22.00 alle ore 6.00 e della durata, pertanto, di otto ore;..."

LAVORO (RAPPORTO)   -   SANITA' E SANITARI
Trib. ####################, 27-09-2007
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 700 e 414 c.p.c., i ricorrenti indicati in epigrafe, tutti dipendenti della ASL di #################### (con mansioni alcuni di ausiliare, altri di Ota ed altri ancora di infermieri generici ovvero professionali) adivano il Giudice del Lavoro di questo Tribunale esponendo: di essere personale "turnista" operante su turni diurni e notturni nell'ambito di vari reparti del presidio ospedaliero di ####################; di avere sempre espletato un orario notturno articolato dalle ore 22.00 alle ore 6.00 e della durata, pertanto, di otto ore; di essere stati destinatari di una disposizione di servizio prot. N. 13905 del 23/10/03 con la quale, con decorrenza 01/11/03, la ASL di #################### disponeva la variazione del turno notturno elevando la durata dello stesso dalle otto alle nove ore (cioè dalle 22.00 alle 7.00 con diminuzione della durata del turno diurno di un'ora); di ritenere tale disposizione illegittima in quanto adottata in violazione della normativa vigente in materia di orario di lavoro notturno di cui all'art. 13 D.L.vo n. 66/03; di ritenere pertanto la condotta datoriale lesiva dell'integrità psicofisica dei lavoratori con violazione della norma di cui all'art. 2087 c.c. a causa del sistematico superamento del limite legale di otto ore, tenuto anche conto del fatto che la professione infermieristica rientrava nella categoria dei c.d. "lavori usuranti" secondo il decreto L.vo n. 374/93; di ritenere infine, che la variazione dell'orario di lavoro notturno non fosse dovuta a necessità organizzative della P.A. o ad esigenze dell'utenza quanto, piuttosto, ad una scelta aziendale che consentisse di evitare di corrispondere i buoni pasto ai dipendenti che espletavano il turno diurno, a seguito della riduzione di questo da otto a sette ore lavorative; che infatti con la medesima disposizione impugnata la ASL contravveniva a quanto concordato nel Regolamento approvato dalla ASL - previa concertazione con le OO.SS. e le RSU - con deliberazione n. 1873/2000 in
ordine al diritto di accesso alla mensa del personale comparto sanità atteso che a decorrere dal maggio 2003 non riconosceva più ai ricorrenti il diritto a percepire il relativo buono mensa; che infine la ASL - nel variare i turni di lavoro ed al fine di uniformare tali turni - stabiliva anche una variazione dei "paletti delle timbrature" di entrata e di uscita in 7,5 minuti prima ed in 7,5 minuti dopo rispetto a quelli in precedenza adottati di 15 minuti in entrata ed in uscita, in tal modo violando quanto stabilito dall'accordo stipulato nel 2001 in sede di contrattazione integrativa aziendale (art. 3 lett. 9) ed anche dal CCNL per omessa preventiva informazione e concertazione con le organizzazioni sindacali in merito alla variazione degli orari di lavoro.

Conclusivamente, ritenendo illegittima la condotta datoriale sotto tutti i profili evidenziati, i ricorrenti chiedevano nel merito - previa disapplicazione della disposizione di servizio prot. 13905 del 23 ottobre 2003 nonché, della missiva prot. 45454 del 20.10.03 di trasmissione del verbale aziendale 16 ottobre 2003 - volersi: a) accertare e dichiarare il diritto dei ricorrenti ad essere adibiti a turni di notte comunque rispettosi del limite legale di otto ore giornaliere o quale media settimanale e per l'effetto, orinare alla ASL di adibire i ricorrenti alla turnazione di notte con orario 22.00-6.00 precedentemente assegnato o altro analogo previa concertazione con le OO.SS. e le RSU in ogni caso compatibile con il limite legale di otto ore, fatte salve, in ogni caso e comunque, sempre motivate eccezionali contingenti emergenze; b) accertare e dichiarare l'illegittimità della riduzione da 15 minuti a 7.30 minuti dei tempi prescritti per il passaggio delle consegne e previa
disapplicazione degli atti adottati, ordinare alla ASL di ripristinare la disciplina precedente in conformità dell'accordo integrativo aziendale e fino a diversa pattuizione tra le parti; c) accertare e dichiarare altresì l'illegittimità della mancata consegna dei buoni pasto e, per l'effetto, condannare la ASL alla corresponsione degli stessi sulla base dell'effettivo orario di lavoro espletato.

Si costituiva in giudizio la ASL di #################### depositando memoria con la quale chiedeva il rigetto della avversa domanda siccome destituita di fondamento. Osservava nel merito che la modificazione unilaterale dell'orario di lavoro esprimeva a un legittimo ius variandi del datore di lavoro essendo attinente alla materia dell'organizzazione degli uffici ex art. 2 comma 1 D.L.vo n. 165/01 ed essendo il relativo provvedimento adottato, un atto a carattere generale c.d. di macro-organizzazione non sindacabile dal giudice ordinario; che il lavoro notturno è disciplinato unitariamente, da ultimo, dal D.Lvo n. 66/03, normativa cui si aggiunge la regolamentazione convenzionale rinvenibile nella contrattazione collettiva; che in particolare, per quanto attiene al lavoro notturno, lo stesso ai sensi dell'art. 12 deve essere concordato tra le parti ovvero comunicato alle organizzazioni sindacali soltanto laddove introdotto per la prima volta in azienda; che, risultava indimostrata, da parte dei
ricorrenti, di essere "lavoratore notturno" ovvero di rientrare nella definizione di cui all'art. 1 del D.L.vo citato per il quale: "è lavoratore notturno il lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; che, ai sensi dell'art. 13 l'orario di lavoro dei lavoratori notturni è sì fissato in otto ore nelle 24 ore, ma tale limite può essere anche superato purché come dato medio sia rispettato in un periodo di riferimento contenuto nei contratti collettivi; che altresì lo stesso art. 4 fissa in 48 ore la durata massima settimanale della prestazione lavorativa, computabile anche su base media con riferimento ad un periodo non superiore a quattro mesi: che inoltre l'art. 26 del CCNL quadriennio 1998/01, nel caso di lavoro articolato in turni continuativi sulle 24 ore, disponeva anche che, nel preventivo rispetto di adeguati periodi di riposo tra i turni
per consentire il recupero psicofisico, la durata della prestazione può anche essere di dodici ore continuative a qualsiasi titolo prestate; che, infine, l'art. 10 del C.I.A. (del 29/09/01) stabilisce che svolgono lavoro notturno i lavoratori tenuti ad operare su turni a copertura delle 24 ore... quanto alla durata della prestazione rimane salvaguardata l'attuale organizzazione del lavoro dei servizi assistenziali che operano nei turni a copertura delle 24 ore; che in ogni caso, ai lavoratori è corrisposta l'indennità prevista dall'art. 45 comma 9 del CCNL per il lavoro notturno prestato, a fronte del disagevole ed usurante servizio.

Conclusivamente, la convenuta sosteneva che, stante il rinvio del D.L.vo n. 66/03 al CCNL, la durata del lavoro notturno nel comparto SSN può essere stabilita, nel massimo, fino a 12 ore, purché nel quadrimestre di riferimento (D. L.vo) o su base annua (ccnl) la media non sia superiore ad 8 ore per turno; che la variazione dei tempi di passaggio delle consegne da un turno all'altro in entrata ed in uscita e la loro concreta modulazione erano in ogni caso rimesse al potere dispositivo del datore di lavoro.

All'udienza del 27/09/07 il Giudice (il quale, con ordinanza emessa ai sensi dell'art. 700 c.p.c. confermata dal Tribunale in sede di reclamo, aveva accolto le domande attoree limitatamente al divieto di variazione dell'orario di lavoro relativo al turno notturno) ritenuta la causa documentalmente istruita nonché vertente su questioni interpretative di diritto, decideva la stessa all'esito della discussione orale dei difensori delle parti, emettendo separato provvedimento di cui dava lettura in aula.
Motivi della decisione

Le domande attoree sono fondate e possono essere accolte per le ragioni di seguito precisate.

Innanzitutto, va affermata nel caso di specie, la giurisdizione del giudice ordinario essendo la controversia volta a contestare in via principale la legittimità della nuova organizzazione datoriale dell'orario di lavoro siccome destinata ad incidere negativamente sul diritto alla salute dei lavoratori coinvolti ovvero su posizioni che sono indiscutibilmente di diritto soggettivo. Inoltre, atteso che, pur in presenza di atti amministrativi presupposti c.d. di macro-organizzazione (i quali fissano, in via generale, i criteri e le modalità di organizzazione del lavoro ex art. 2 D.L.vo n. 165/01) è consentito al giudice ordinario la loro disapplicazione ai sensi dell'art. 63 comma 1 D.L.vo n. 165/01 - laddove gli stessi siano rilevanti ai fini della decisione e concretamente lesivi degli interessi dei ricorrenti - va affermata la competenza di tale giudice (secondo la regola generale di cui all'art 63 citato) ogni qual volta si tratti di controversia, quale quella in esame, avente ad
oggetto un rapporto di lavoro contrattualizzato ex art. 2 commi 2 e 3 d.l.vo 165/01 ovvero non compreso tra quelli che l'art. 3 della stessa normativa riserva ancora al regime del diritto pubblico.

Passando all'esame del merito, risulta la violazione, da parte della ASL convenuta, dell'art. 13 del D.L.vo n. 66/03 e dell'art. 2087 c.c. nonché l'illegittimità della delibera aziendale n. 13905 del 23/10/03 in quanto pregiudizievole della salute dei lavoratori, dovendosi condividere le argomentazioni difensive addotte sul punto dai ricorrenti a sostegno dell'illegittimità delle deliberazioni datoriali.

Innanzitutto, e contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della ASL, va detto che i ricorrenti - i quali pacificamente e "normalmente" svolgono la professione infermieristica assicurando la prestazione lavorativa sia durante i turni diurni che notturni sulla base delle disposizioni datoriali - rientrano nella nozione di "lavoratore notturno" di cui alla normativa citata. Quest'ultima, dopo avere definito all'art. 1 il lavoro notturno come "periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque", fornisce due accezioni, tra loro alternative, del "lavoratore notturno". Quest'ultimo è infatti: 1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo abituale ovvero, 2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è
considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno". Non può allora non ritenersi che quantomeno la prima accezione - che in quanto posta in via alternativa e non subordinata rispetto alla seconda ha la stessa valenza giuridica di quest'ultima - si attagli alla posizione lavorativa dei ricorrenti i quali, pertanto, a ragione possono essere definiti lavoratori notturni, pur senza avere svolto almeno 80 giorni lavorativi di notte nel corso di un anno (la definizione di lavoratore notturno riferibile ai lavoratori in oggetto è stata peraltro ribadita anche dalla Direttiva del Parlamento e del Consiglio Europeo 2003/88 CE prodotta in atti, all'art. 2 delle Definizioni).

Passando all'esame del D.L.vo n. 66/03 - il quale, come è noto, ha riformato la disciplina in materia di orario di lavoro abrogando, salvo che per le norme espressamente richiamate, le disposizioni precedentemente vigenti - lo stesso all'art. 13 con riferimento alla durata del lavoro notturno recita al comma 1: "l'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite".

Tale articolo inoltre, al successivo comma 3 prevede: "entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali... viene stabilito un elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali, il cui limite è di otto ore nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore".

Orbene, non vi è dubbio che la ratio della norma sia quella di assicurare ai lavoratori notturni una tutela idonea a garantirne e preservarne l'integrità psicofisica (tale esigenza di tutela è ricavabile anche dal tenore del successivo art. 14 della legge citata), attraverso la previsione di limiti di durata della prestazione di lavoro notturna, il superamento dei quali non è consentito in quanto pone a rischio la salute e la sicurezza degli stessi. Tuttavia, se chiaro è l'intento perseguito dal legislatore nel prevedere la disposizione in oggetto, non altrettanto chiaro, né di agevole ed immediata comprensione, risulta essere il suo tenore letterale. L'art. 13 infatti al comma 1 sembrerebbe introdurre, un limite di durata - otto ore in media nelle 24 ore - non più fisso (come il precedente art. 4 del D.L.vo n. 532/99) bensì variabile in ragione dell'eventuale previsione, da parte dei contratti collettivi cui espressamente rinvia, di un periodo di riferimento più ampio sul
quale calcolare detta media; dall'altro, prevede un limite fisso di otto ore nell'arco delle ventiquattro ore solo per determinate lavorazioni considerate "rischiose" ovvero "usuranti", da individuarsi con successivi decreti ministeriali. Ebbene, con riguardo al periodo temporale stabilito dal primo comma dell'art. 13, rilevato che — come correttamente osservato dalla difesa attorea - non vi è allo stato alcuna previsione nei contratti collettivi di un qualunque periodo sul quale calcolare la media (superiore alle 24 ore e da riferirsi esclusivamente al servizio notturno e non all'orario massimo di servizio globalmente considerato comprensivo anche del turno diurno e pomeridiano) né essendo chiarito il concetto di "media" sulla quale calcolare le otto ore di lavoro notturno; non risultando altresì espressamente indicato dalla norma in oggetto il periodo di riferimento che consenta di determinare tale media, deve concludersi nel senso che il limite previsto dalla norma sia in
realtà un limite fisso e non variabile, non potendo avere alcun significato il termine "in media" utilizzato dal legislatore nella prima parte del comma 1 dell'art. 13. In sostanza, la lacuna normativa appena rilevata - non colmabile attraverso il ricorso alle disposizioni del contratto collettivo che nulla prevedono a riguardo - deve far propendere per la tesi, (nel caso di specie, certamente più favorevole ai lavoratori), secondo cui l'unità di calcolo ovvero il periodo di riferimento delle otto ore di lavoro notturno debba essere determinato dalle ventiquattro ore. D'altra parte, la stessa norma nel suo quinto comma, ha esplicitato chiaramente quanto ha invece taciuto al primo comma laddove, con riferimento al settore della pianificazione non industriale, ha indicato il periodo di riferimento entro cui calcolare le otto ore come media, prevedendo che essa debba essere riferita alla settimana lavorativa. Inoltre, a riprova della correttezza della tesi interpretativa sostenuta
dai ricorrenti e condivisa da questo Giudice, per la quale non sia possibile superare il limite di otto ore di lavoro notturno nelle ventiquattro ore lavorative, si pone la circostanza per cui risulta tuttora al vaglio del Parlamento la proposta di modifica dell'art. 13 del D.L.vo n. 66/03 che, modificando la dizione attuale della norma, stabilisce che le otto ore di lavoro notturno debbano essere previste quale limite massimo ovvero assoluto nell'arco delle ventiquattro ore e non come limite medio (v. relativa allegazione agli della difesa attorea). Detta proposta legislativa, a ben vedere si pone in linea con la normativa comunitaria (Direttiva Europea n. 88/3003) la quale, rinviando agli Stati membri per la concreta disciplina della durata del lavoro notturno, prevede espressamente: "1) che l'orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non superi le otto ore in media per periodo di ventiquattro ore; 2) che i lavoratori il cui lavoro comporti rischi particolari o rilevanti
tensioni fisiche o mentali non lavorino più di otto ore nel corso di un periodo di ventiquattro ore durante il quale effettuano un periodo di lavoro notturno".

Sotto altro profilo, la fondatezza delle doglianze attoree in ordine all'illegittimità del provvedimento aziendale impugnato, emerge dalla lettura del comma 3 dell'art. 13 citato, letto in combinato disposto con il decreto L.vo n. 374 del 1993 tuttora vigente. Va infatti osservato che la prima delle suddette norme prevede un limite fisso di durata della prestazione lavorativa notturna (che non può superare le otto ore nel corso di un periodo di 24 ore) per specifiche lavorazioni comportanti particolari rischi o rilevanti tensioni fisiche o morali da individuarsi da parte della normazione secondaria. Tuttavia, non essendo stata quest'ultima emanata, deve nelle more ritenersi applicabile il decreto L.vo n. 374/93 attuativo dell'art. 3 comma 1 lett. f della L. n. 421/92 recante benefici per le attività usuranti il quale - premesso all'art. 1 che "sono considerati lavori particolarmente usuranti quelli per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso
e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee", alla tabella A allegata indica, tra i lavori usuranti, sia il lavoro notturno continuativo, sia, in particolare, il lavoro svolto dal personale addetto ai reparti di pronto soccorso, rianimazione e chirurgia d'urgenza vale a dire le tipologie di lavoro svolte dai ricorrenti (non può infatti revocarsi in dubbio che gli stessi - tutti infermieri professionisti - svolgano il loro lavoro anche in turni notturni avvicendati e continuativi predeterminati dal datore di lavoro. Inoltre, operano nel reparto di chirurgia generale o comunque, in reparti dove si interviene anche con chirurgia d'urgenza).

Conclusivamente pertanto, appare illegittima la delibera adottata dalla ASL in data 23/10/03 prot. N. 13905 nonché, l'atto prodromico missiva prot. N. 45454 del 20/10/03 di trasmissione del verbale di riunione aziendale del 16/10/03 in quanto posti in violazione dell'art. 13 del decreto leg.vo n. 66/03 e dell'obbligo di tutela della salute ed integrità fisica dei lavoratori di cui all'art. 2087 c.c. Tali provvedimenti, vanno pertanto disapplicati nel caso concreto laddove, modificando i turni di servizio, elevano da otto a nove ore la durata del turno notturno (dalle 22.00 alle 7.00) superando il limite quantitativo globale previsto dalla norma a tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori. Tanto più considerato che il superamento di detto limite non appare giustificato da esigenze aziendali assolutamente prevalenti e che pertanto il potere discrezionale della ASL, quanto alla determinazione delle modalità organizzative del lavoro, non risulta esercitato, nel caso di specie,
secondo le regole della buona fede e della correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione al contenuto determinato dall'art. 41 comma 2 cost.

I provvedimenti impugnati risultano altresì illegittimi pure sotto gli altri profili evidenziati in ricorso.

Lamentano i ricorrenti la violazione da parte del datore di lavoro del diritto - contrattualmente previsto - a percepire i buoni mensa. Tali buoni infatti, non sarebbero stati loro corrisposti a decorrere da maggio 2003 nonostante l'espletamento del turno di mattina per otto ore. Ancor più non sarebbero stati corrisposti a seguito della variazione dell'orario e dei turni di lavoro, essendo stato ridotto il turno di mattina da 8 a 7 ore lavorative.

La censura è fondata. Va rilevato che il Regolamento sul diritto di accesso alla mensa per il personale del comparto sanità approvato - previa concertazione con le OO.SS. e le RSU - con deliberazione della ASL di #################### n. 1873 del 12.07.00, riconosce ai dipendenti il diritto a percepire il buono pasto (in mancanza del servizio mensa) "...a fronte di una prestazione di servizio fino ad otto ore continuative" (art. 2). Il regolamento demanda poi ad un separato accordo (finora non intervenuto), per stabilire le modalità del servizio di ristoro da fornire a coloro che osservano il turno notturno. Tale buono pasto, è stato dunque corrisposto ai dipendenti dal 01.03.00 - data di decorrenza dell'accordo, e fino al maggio 2003, allorché ne è stata interrotta la corresponsione. Ebbene, non vi è dubbio che tale comportamento datoriale sia illegittimo in quanto violativo del diritto dei lavoratori a percepire un emolumento avente natura retributiva e fondato sullo svolgimento della
prestazione lavorativa. Esso, inoltre, è palesemente contrario ai doveri contrattuali di buona fede e correttezza di cui all'art. 1175 c.c. atteso che è stato attuato a seguito della variazione dell'orario di lavoro e, nella specie, di quello relativo al turno di mattina il quale, una volta diminuito da otto a sette ore (dalle 7.00 alle 14.00 anziché, come era in precedenza, dalle 6.00 alle 14.00), ha comportato il venir meno della condizione prevista dal regolamento per la fruizione del buono pasto (tale regolamento, come si è visto, richiedeva l'espletamento fino ad otto ore continuative).

Infine, le disposizioni impugnate sono illegittime nella parte in cui prevedono la riduzione del lasso di tempo per il passaggio delle consegne da un turno all'altro (da 15 a 7,5 minuti in entrata ed in uscita). Tenuto conto del fatto che il tempo di lavoro impiegato per effettuare ad ogni cambio turno il passaggio delle consegne è prestazione complementare connaturale al lavoro del turnista e che, pertanto, la determinazione di tale tempo attiene alla determinazione "dell'orario di lavoro", tali disposizioni aziendali si pongono in evidente contrasto con le norme del CCI 1998-2001 comparto sanità e del CCNL (art. 6). Non risultano infatti rispettati gli obblighi di comunicazione e concertazione con le OO.SS. e le RSU previsti dal comma 7 dell'art. 3 del CCI "al fine di omogeneizzare i criteri interpretativi ed applicativi del presente articolo e di razionalizzare gli orari delle strutture dell'Azienda". Inoltre violano il disposto del comma 9 del medesimo art. 3 secondo cui "al
personale turnista, che deve garantire il passaggio delle consegne, deve essere riconosciuta la possibilità di un quarto d'ora di sovrapposizione di presenza" (si noti che il minor tempo di 7,5 minuti previsto dalla ASL nelle delibere impugnate, non può ritenersi congruo ovvero sufficiente al fine di garantire le consegne avuto riguardo al fatto che i dipendenti ospedalieri, come nella specie i ricorrenti, al termine del proprio turno di lavoro hanno lo specifico dovere di fare le consegne a chi subentra loro, in modo tale da evidenziare a costoro tutti gli incombenti da espletare quali ad es. la necessità di una attenta osservazione e di un controllo costante dell'evoluzione delle malattie dei pazienti a rischio di complicanze, l'eventuale somministrazione di adeguate terapie ai soggetti ricoverati ecc.).

Conclusivamente allora, sulla base di tutte le argomentazioni esposte, le domande attoree possono essere accolte nei termini precisati in dispositivo.

Le spese legali relative ad entrambe le fasi del giudizio — cautelare e di merito - seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Definitivamente pronunciando accoglie il ricorso e, per l'effetto:

- Accerta e dichiara l'illegittimità della disposizione di servizio della ASL prot. N. 13905 del 23/10/03 nella parte in cui modifica la durata del turno notturno elevandolo dalle otto alle nove ore (dalle 22.00 alle 7.00) nonché, degli atti prodromici missiva prot. N. 45454 del 20/10/03 di trasmissione del verbale di riunione aziendale del 16/10/03 e, per l'effetto, disapplica tali atti nel caso concreto. Stante il divieto del datore di lavoro di adibire gli odierni ricorrenti alla turnazione di notte - dalle h. 22.00 alle h. 7.00 - ordina alla Azienda Unità Sanitaria Locale di #################### di riassegnare immediatamente gli stessi lavoratori all'orario notturno precedentemente assegnato (dalle ore 22.00. alle h. 6.00) o ad altro analogo, purché rispettoso del limite legale di otto ore fatte salve, sempre e comunque, motivate, eccezionali e contingenti emergenze;

Accerta e dichiara l'illegittimità delle medesime disposizioni e degli atti aziendali impugnati nella parte in cui riducono da 15 a 7,5 minuti i tempi previsti per il passaggio delle consegne e per l'effetto, disapplicati tali atti nel caso concreto, ordina alla ASL di ripristinare i tempi precedenti (di 15 minuti) quantomeno fino all'adozione di nuova e diversa pattuizione tra le parti nel rispetto delle procedure di consultazione e concertazione con le OO.SS. e le RSU previsti dal CCNL e dal CCI 1998/2001 - comparto sanità;

- accerta e dichiara illegittimo il comportamento della ASL consistito nella mancata corresponsione in favore dei ricorrenti, a decorrere dal 01.05.03, dei buoni pasto e, per l'effetto, condanna la resistente a corrispondere ai dipendenti i buoni pasto sulla base dell'effettivo orario di lavoro espletato a decorrere dalla suddetta data e fino all'1.11.03;

- condanna la ASL di #################### al pagamento delle spese processuali che si liquidano relativamente ad entrambe le fasi del giudizio cautelare, in complessivi Euro 3.000,00 (di cui Euro 2.000,00 per onorari) oltre IVA e CPA e, relativamente al presente giudizio di merito, in complessivi Euro 1.800,00 (di cui Euro 900,00 per onorari) oltre IVA e CPA da distrarsi in favore del procuratore dei ricorrenti dichiaratosi antistatario.

Così deciso in ####################, il 27 settembre 2007.

Depositata in Cancelleria, il 27 settembre 2007.

Cassazione "...Cantiere abusivo. Vigili troppo oberati non son responsabili per non aver sorvegliato. Un cantiere abusivo viene sequestrato, ma i vigili non controllano per oltre 50 gg; il che consente all'impresa edile di riprendere e ultimare i lavori. Nessuna responsabilità penale se i vigili sono oberati dalla mole di lavoro. ..."

Cassazione "...esser stata costretta a lavorare come bibliotecaria in locali male areati, polverosi e privi di riscaldamento, la prolungata esposizione al fumo passivo dei colleghi,..."

fumo
RESPONSABILITA' CIVILE
Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 16-02-2011, n. 3789
Fatto - Diritto ####################Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. FILIPPO CURCURUTO. E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.

che:

La Corte d'Appello di Cagliari, confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda di ########################################, docente di scuola materna, volta ad ottenere il risarcimento dei danni da dequalificazione professionale e da "mobbing" subiti a causa della condotta dell'istituto scolastico presso il quale aveva prestato la propria opera.

Il giudice del merito ha ritenuto anzitutto coperta da giudicato la statuizione del primo giudice secondo la quale nella dequalificazione professionale della docente era da escludere qualsivoglia responsabilità della amministrazione scolastica.

La Corte d'Appello ha infatti notato che il tribunale aveva accertato che l'esonero dell'interessata dall'attività di insegnamento, peraltro da lei stessa sollecitato con contestuale richiesta di adibizione a mansioni di bibliotecaria, era dipeso unicamente da giudizio di inidoneità formulato dal competente collegio medico, e che, successivamente, la mancata utilizzazione della #################### nel coordinamento delle attività pedagogiche, incarico da lei richiesto con istanza del 1 settembre 1997, non poteva esser considerata fonte di danno alla professionalità, essendo la #################### rimasta assente per malattia in via continuativa dalla detta data sino alla richiesta di dispensa dal servizio, poi disposta con provvedimento del 30 giugno 1998.

Ciò premesso, la Corte di merito ha osservalo che era mancato uno specifico motivo di impugnazione sorretto da argomentazioni volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico della statuizione, e che a tal fine non poteva valere il generico riferimento contenuto nell'atto d'appello alla violazione dell'art. 2103 c.c. per l'illegittima dequalificazione professionale consistente nel progressivo svuotamento delle mansioni, come pure la mera riproposizione delle conclusioni formulate nel ricorso introduttivo.

Il giudice d'appello, inoltre, ha ritenuto infondati i rilievi dell'appellante avverso il rigetto della domanda di condanna al risarcimento del danno da mobbin#################### Premesse le doglianze della #################### - l'esser stata costretta a lavorare come bibliotecaria in locali male areati, polverosi e privi di riscaldamento, la prolungata esposizione al fumo passivo dei colleghi, l'esser stata presa di mira con affissione all'interno dei locali di lavoro di manifesti chiaramente allusivi alla sua situazione di dipendente frequentemente ammalata, e perciò assente per lunghi periodi, e di obiettivo contenuto intimidatorio - la Corte d'appello, all'esito di ampia e puntuale motivazione ha escluso tuttavia che la ####################, sulla quale gravava il relativo onere probatorio, avesse dimostrato la sussistenza di tali fatti o la loro riconducibilità alla responsabilità dell'amministrazione.

######################################## chiede la cassazione di questa sentenza con un ricorso nel quale sono ravvisabili due diversi motivi.

L'amministrazione resiste con controricorso e chiede che il ricorso avversario sia dichiarato inammissibile per non conformità all'art. 366 bis c.####################c. e sia comunque respinto siccome infondato.

Con il primo motivo di ricorso è denunziata violazione e falsa applicazione dell'art. 111 Cost., comma 6, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Si censura la statuizione della Corte d'Appello relativa all'asserita formazione del giudicato, osservando che nell'appello era stato fatto riferimento alla violazione dell'art. 2103 c.c. e si erano richiamati gli specifici punti già evidenziati nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

Nel quesito ex art. 366 bis c.####################c. si chiede a questa Corte di dire se il richiamo alle specifiche norme di legge violate con collegamento ai fatti ed ai motivi già dedotti nei singoli punti indicati nel ricorso introduttivo sia sufficiente per considerare detta contestazione valida censura del provvedimento di cui si chiede la riforma nel giudizio di appello.

Il motivo non sembra meritevole di accoglimento.

Anzitutto non viene in alcun modo riportata la parte dell'atto d'appello dalla quale dovrebbe emergere la specifica censura nei confronti della statuizione di primo grado.

Inoltre, la valutazione della idoneità del gravame a mettere effettivamente in discussione le statuizioni della sentenza impugnata spetta al giudice d'appello, che sul punto, si è espresso con specifiche ed adeguate valutazioni contro le quali, come del resto emerge anche dalla sostanziale genericità del quesito. non vi è alcuna puntuale censura.

Con il secondo motivo di ricorso si critica la statuizione della Corte di merito circa l'insussistenza di qual si voglia elemento di prova idoneo a configurare la violazione delle disposizioni contenute nell'art. 2087 c.c. e si addebita in particolare alla sentenza di non aver dato alcun conto della censura concernente la mancata ammissione da parte del giudice di primo grado di una c.t.u. medico legale. tale motivo non pare meritevole di accoglimento ove si consideri che la Corte d'appello ha, in sostanza, puntualmente argomentato anche in ordine alla richiesta consulenza tecnica, osservando che questa avrebbe potuto avere ingresso solo se fosse rimasta accertata l'esistenza dei fatti lesivi denunziati nonchè delle specifiche responsabilità del datore di lavoro in ordine agli stessi, situazioni entrambe escluse.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente alle spese del giudizio.
####################Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese in Euro 30 per esborsi oltre ad Euro 2000 per onorari, nonchè accessori di legge.

Corte Costituzionale "...In particolare, per quanto riguarda l’Eurojust quale organo sovranazionale, va osservato che la decisione istitutiva, agli art. 6, 7 e 9, attribuisce ad esso, per quel che qui interessa: a) il potere di richiedere provvedimenti alle autorità competenti degli Stati membri interessati, senza che tali richieste abbiano effetto vincolante per dette autorità; b) funzioni di assistenza alle autorità nazionali (informative; di coordinamento delle indagini e delle azioni penali, su richiesta delle suddette autorità); c) funzioni di «sostegno», nei casi espressamente previsti, a indagini o azioni penali riguardanti le autorità competenti di un solo Stato membro; d) il potere di «accesso alle informazioni contenute nel casellario giudiziale nazionale o in qualsiasi altro registro del proprio Stato membro come previsto dall’ordinamento interno del suo Stato per un magistrato del pubblico ministero, un giudice o un funzionario di polizia con pari prerogative» (art. 9, paragrafo 4). ..."

SENTENZA N. 136
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge 14 marzo 2005, n. 41 (Disposizioni per l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 del Consiglio dell’Unione europea, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio nel procedimento vertente tra Carmen Manfredda, il Ministero della giustizia ed altri con ordinanza depositata il 21 giugno 2010, iscritta al n. 268 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visti gli atti di costituzione di Carmen Manfredda, del Consiglio superiore della magistratura e di Francesco Lo Voi, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’8 marzo 2011 il Giudice relatore Franco Gallo;
uditi gli avvocati Angelo Clarizia per Carmen Manfredda, Massimo Luciani per il Consiglio superiore della magistratura, Salvatore Pensabene Lionti per Francesco Lo Voi e l’avvocato dello Stato Enrico Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Nel corso di un giudizio riguardante l’impugnazione del provvedimento del Ministro della giustizia con il quale è stato designato il membro nazionale presso l’Eurojust, della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura e del decreto del suddetto Ministro con i quali è stato, rispettivamente, deliberato e decretato il collocamento fuori del ruolo organico della magistratura del magistrato designato quale membro nazionale presso l’Eurojust, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con ordinanza depositata il 21 giugno 2010, ha sollevato, in riferimento agli artt. 105 e 110 della Costituzione, questione di legittimità dei commi 1 e 2 dell’art. 2 della legge 14 marzo 2005, n. 41 (Disposizioni per l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 del Consiglio dell’Unione europea, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità), per i quali: «Il membro nazionale distaccato presso l’Eurojust è nominato con decreto del Ministro della giustizia tra i giudici o i magistrati del pubblico ministero, che esercitano funzioni giudiziarie, o fuori del ruolo organico della magistratura, con almeno venti anni di anzianità di servizio. Il magistrato che esercita funzioni giudiziarie è collocato fuori del ruolo organico della magistratura» (comma 1); «Ai fini della nomina, il Ministro della giustizia, acquisite le valutazioni del Consiglio superiore della magistratura in ordine ad una rosa di candidati nell’ambito della quale provvederà ad effettuare la nomina stessa, richiede al medesimo Consiglio il collocamento del magistrato designato fuori del ruolo organico della magistratura o, nel caso di magistrato già in posizione di fuori ruolo, comunica al Consiglio superiore della magistratura la propria designazione» (comma 2).
1.1. – Il giudice rimettente premette, in punto di fatto, che: a) l’impugnazione è stata proposta da un magistrato che, a séguito dell’interpello del Ministro della giustizia, aveva presentato la propria candidatura a membro nazionale presso l’Eurojust; b) la ricorrente ha dedotto due motivi di ricorso: 1) carenza di motivazione e manifesta illogicità della nomina del magistrato designato; 2) illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 2 e 3, della legge n. 41 del 2005, per contrasto con gli artt. 101, 104, 107 e 110 Cost.; c) a sostegno dell’illegittimità costituzionale, la ricorrente argomenta che l’Eurojust – le cui funzioni di coordinamento delle indagini e delle azioni penali tra le autorità nazionali competenti degli Stati membri dell’Unione europea sarebbero analoghe a quelle attribuite, a livello nazionale, alla Direzionale nazionale antimafia – svolge una attività di natura giudiziaria e non amministrativa e che i poteri del membro nazionale hanno anch’essi natura giudiziaria, di talché l’attribuzione al Ministro della giustizia, da un canto, dei poteri di nomina, di revoca e di proroga del mandato del membro nazionale e, d’altro canto, del potere di indirizzargli direttive (comma 3 dell’art. 2 della legge n. 41 del 2005), si pongono in contrasto con i princípi posti dalla Costituzione a garanzia dell’indipendenza della magistratura e della separazione dei poteri; d) il resistente Ministero della giustizia ha dedotto l’irrilevanza della questione di legittimità costituzionale del comma 3 dell’art. 2 della legge n. 41 del 2005, giacché tale comma non riguarda la nomina del membro nazionale, e, nel merito, l’infondatezza della questione di legittimità prospettata dalla ricorrente, poiché l’Eurojust, agendo – diversamente dalla Direzione nazionale antimafia – a livello sovranazionale, affiancherebbe alle funzioni giudiziarie, «che pure possono essere in parte riconosciute […], le funzioni amministrative che involgono i rapporti tra gli Stati membri, di elevato significato politico»; e) il resistente Consiglio superiore della magistratura ha chiesto che sia sollevata questione di legittimità costituzionale dei commi 1 e 2 dell’art. 2 della legge n. 41 del 2005 in quanto lesivi «dell’autonomia costituzionale conferita al Consiglio» e in contrasto con gli artt. 3, 104, 105, 107, 110 e 112 Cost.; f) il magistrato controinteressato nel giudizio principale ha dedotto l’irrilevanza della questione relativa al comma 3 dell’art. 2 e la manifesta infondatezza di quella relativa al comma 2 dello stesso articolo, sul rilievo che l’«Eurojust esercita una funzione amministrativa diretta semplicemente a “stimolare e migliorare” il coordinamento delle indagini tra le competenti autorità degli Stati membri, “prestando assistenza” in varie attività».
1.2. – Il medesimo giudice rimettente premette poi, in punto di diritto, che: a) i commi 1 e 2 dell’art. 2 della legge n. 41 del 2005, «attribuiscono al Ministro della Giustizia il sostanziale potere di scelta del membro nazionale presso l’Eurojust», atteso che, se è vero che il Ministro della giustizia sceglie il membro nazionale nell’àmbito di una rosa di candidati sulla quale ha acquisito le valutazioni del Consiglio superiore della magistratura, tale scelta rappresenta comunque un «potere tipicamente discrezionale»; b) dalla disciplina dettata dall’Unione europea – in particolare, dagli artt. 6, 7, 9, par. 3, 9-bis e 9-ter, della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 (Decisione del Consiglio che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità), nel testo modificato dalla decisione 2009/426/GAI del 16 dicembre 2008 (Decisione del Consiglio relativa al rafforzamento dell’Eurojust e che modifica la decisione 2002/187/GAI che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità) e dall’art. 85 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – risulta «come sia fortemente presente la connotazione giudiziaria» dell’attività del membro nazionale e come egli «sia chiamato a svolgere attività sostanzialmente proprie del magistrato, sia pure nell’ambito di un’organizzazione di cooperazione internazionale».
1.3. – Poste tali premesse, il giudice a quo afferma che dalle disposizioni costituzionali «che vengono maggiormente in rilievo nella fattispecie», cioè dagli artt. 104, primo comma, 105, 107 e 110 Cost., si ricava «che, in ragione del principio di separazione tra i poteri dello Stato, i provvedimenti afferenti allo status dei magistrati […] spettano necessariamente all’organo di autogoverno [della magistratura], mentre i provvedimenti afferenti all’organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia spettano necessariamente all’organo politico, vale a dire al Ministero della giustizia». Poiché il membro nazionale presso l’Eurojust svolge «attività sostanzialmente proprie del magistrato», sia pure nell’àmbito di un organismo sovranazionale, il provvedimento di nomina dello stesso «sembra incidere sullo status del magistrato». Pertanto, «il bilanciamento dei valori costituzionali affermati dagli artt. 105 e 110 della Costituzione dovrebbe portare ad escludere ogni intervento determinante del potere esecutivo sulla deliberazione [di nomina], con conseguente attribuzione del potere di scelta [del membro nazionale] all’organo di autogoverno nel rispetto delle competenze differenziate e nell’ambito di un rapporto di collaborazione tra i due poteri dello Stato, come evidenziato dalla […] sentenza della Corte costituzionale 30 dicembre 2003, n. 380». Il giudice rimettente afferma, quindi, la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dei commi 1 e 2 dell’art. 2 della legge n. 41 del 2005, «almeno in relazione agli artt. 105 e 110 Cost.», articoli ai quali fa esclusivo riferimento nella parte dispositiva dell’ordinanza.
1.4. – Quanto alla rilevanza, il Tribunale rimettente specifica che, dei due motivi di ricorso avanzati dalla ricorrente – manifesta illogicità e carenza di motivazione della nomina del controinteressato, da un lato, ed illegittimità costituzionale dei commi 2 e 3 dell’art. 2 della legge n. 41 del 2005, dall’altro – il secondo è logicamente prioritario rispetto al primo, «involgendo una questione di competenza all’emanazione del provvedimento impugnato». La dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme censurate, inoltre, comporterebbe «l’illegittimità dell’atto in quanto adottato da un organo incompetente, e […] la fondatezza del ricorso e il suo accoglimento».
2. – La parte ricorrente nel giudizio principale si è costituita nel giudizio di legittimità costituzionale, riportandosi alle argomentazioni svolte nell’ordinanza di rimessione e chiedendo che la questione sia dichiarata fondata.
3. – Anche il magistrato controinteressato nel giudizio principale si è costituito nel giudizio di costituzionalità, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.
Il suddetto controinteressato fonda tale richiesta su due argomenti. In primo luogo, i parametri evocati dal rimettente – in particolare, l’art. 105 Cost. – non sarebbero applicabili alla fattispecie, dal momento che essi «hanno riguardo esclusivamente ai componenti la magistratura ordinaria» e, sul piano oggettivo, all’«esercizio della funzione giudiziaria o giurisdizionale affidata a tali giudici nell’ambito dell’ordinamento interno» e non anche alle ipotesi nelle quali, come nel caso dell’Eurojust, pur trattandosi della nomina di un magistrato ordinario e dell’esercizio di una funzione giudiziaria, quest’ultima è esercitata nell’ambito «di un organismo […] dell’Unione europea», «nel quale gli Stati membri sono rappresentati dai Governi». La scelta del membro nazionale dell’Eurojust compete, quindi, al potere esecutivo – che presiede ai rapporti internazionali – e, specificamente, al Ministro della giustizia e non al Consiglio superiore della magistratura, «che non ha potere di rappresentanza “esterna ed internazionale”». In secondo luogo, in base alla legislazione interna e dell’Unione europea antecedente alla decisione 2009/426/GAI (alla quale gli Stati membri devono conformare la propria legislazione, «se necessario», entro il termine, non ancora scaduto, del 4 giugno 2011), l’Eurojust eserciterebbe funzioni amministrative e non giudiziarie.
4. – Si è costituito, altresí, il Consiglio superiore della magistratura, resistente nel giudizio principale, chiedendo che la questione sia dichiarata fondata.
Secondo tale parte, gli artt. 104, 105, 107, primo comma, e 110 Cost. riservano al Consiglio superiore della magistratura, a garanzia dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura da ogni altro potere, tutti i provvedimenti di assegnazione e destinazione dei magistrati a qualsivoglia incarico, ufficio o funzione ed escludono che tali provvedimenti possano essere adottati dal Ministro della giustizia. Da tali disposizioni costituzionali e dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (sono citate le sentenze n. 379 del 1992 e n. 380 del 2003) risulterebbe l’illegittimità delle norme censurate, le quali, nel riservare al Ministro della giustizia la scelta del membro nazionale presso l’Eurojust, attribuirebbero all’Esecutivo il potere di nominare un magistrato a un delicato ufficio, con conseguente suo obbligatorio collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura. L’illegittimità costituzionale delle norme censurate, con riferimento agli artt. 105, 110 e 112 Cost. – illegittimità già «palese» alla stregua della decisione 2002/187/GAI, che, sempre secondo il suddetto Consiglio superiore, attribuirebbe all’Eurojust «funzioni strettamente connesse alla giurisdizione» (artt. 6, 7 e 9, commi 3 e 4, nel loro testo originario) – emergerebbe ancora piú chiaramente alla luce dei «caratteri giudiziari (e non solo amministrativi) delle funzioni assolte» dall’Eurojust in forza sia della decisione 2009/426/GAI (modificativa della decisione istitutiva dell’organo) sia dell’art. 85 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (il quale contempla la possibilità che, mediante regolamenti, sia attribuito all’Eurojust il compito di «esercitare direttamente l’azione penale»).
5. – È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dell’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata «inammissibile ovvero infondata».
Secondo l’intervenuto, i parametri evocati non sono violati dalle norme censurate, ove si consideri che la destinazione del magistrato all’incarico di membro nazionale dell’Eurojust non deriva da un atto meramente discrezionale del Ministro, incidente sullo status del magistrato, ma da un piú complesso iter, nel quale il decreto di nomina presuppone non solo il vaglio del Consiglio superiore della magistratura sulla richiesta di collocamento fuori ruolo «proveniente da altra amministrazione», ma anche la delibera dello stesso Consiglio che, sola, può determinare tale collocamento fuori ruolo. Né dagli artt. 105 e 110 Cost. potrebbe desumersi l’esistenza, in capo al Consiglio superiore della magistratura, «di un potere di individuazione dei magistrati dei quali altre amministrazioni intendano avvalersi»; potere che l’ordinamento positivo mai prevede. La conformità alla Costituzione delle norme censurate si desumerebbe, infine, dal carattere «internazionale» dell’Eurojust; carattere che imporrebbe «di non ritenere applicabili tout court le stesse regole che disciplinano la composizione degli uffici giudiziari nazionali» e, quindi, di escludere che il Consiglio superiore della magistratura abbia «il potere di vincolare la composizione di un organismo di diritto internazionale». Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, le argomentazioni del rimettente si baserebbero su un erroneo inquadramento delle funzioni e della natura dell’Eurojust, che – come dimostrato dalla decisione istitutiva 2002/187/GAI, dalla legge n. 41 del 2005 e dalla decisione 2009/426/GAI – «non ha poteri sovrapponibili a quelli dell’autorità giudiziaria», ma «esercita in prevalenza compiti di natura amministrativa». «Decisive», infine, sarebbero le differenze tra l’Eurojust e la Direzione nazionale antimafia, derivanti dalla diversità del «contesto in cui si inquadrano le due entità: esclusivamente interno quello della Direzione Nazionale Antimafia, i cui compiti, proprio per tale ragione, non possono avere altro che finalità giudiziarie; internazionale quello di Eurojust, per il quale invece risultano decisamente prevalenti le funzioni amministrative che involgono i rapporti tra gli Stati membri: rapporti che tra l’altro, possono anche avere elevato significato politico».
6. – In prossimità della pubblica udienza, la ricorrente nel giudizio principale ha depositato una memoria illustrativa, con la quale ribadisce la richiesta di dichiarare non fondata la questione.
Ad avviso di tale parte privata, alla luce sia della decisione istitutiva – in particolare, dell’art. 9, paragrafi 1 (secondo cui «nessuna deroga è prevista per lo status giuridico dei magistrati»), 3 e 4 – sia dell’art. 85 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, l’Eurojust «svolge a livello internazionale lo stesso tipo di attività di coordinamento esplicato in Italia dalla Direzione Nazionale Antimafia», cosicché non si comprenderebbe come detta attività «possa essere dal nostro stesso legislatore fatta regredire, con la legge 41/2005, alla stregua di funzione amministrativa». D’altro canto, dalla stessa legge n. 41 del 2005 emergerebbe la natura giudiziaria delle funzioni svolte dal membro nazionale dell’Eurojust, come sarebbe confermato: a) dai poteri che gli sono riconosciuti dall’art. 5; b) dalla possibilità di accedere alle informazioni giudiziarie prevista dall’art. 7, comma 1, lettera a); c) dal fatto che solo l’assistente del membro nazionale che sia un magistrato e non anche quello che sia un funzionario dell’amministrazione della giustizia può sostituire il membro nazionale. L’esclusiva competenza del Ministro della giustizia in ordine alla designazione ad un incarico di natura giudiziaria, incidente, quindi, sullo status del magistrato, e la limitazione delle funzioni del Consiglio superiore della magistratura «a mero riscontro di idoneità», si porrebbero quindi, all’evidenza, in contrasto «con il titolo IV della Costituzione» che assicura l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e che esclude che «un magistrato sia nominato soltanto dal Ministro della Giustizia, che è organo del Governo».
7. – In prossimità della data fissata per la discussione in udienza pubblica, anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria, nella quale ribadisce le conclusioni precedentemente formulate.
7.1. – La parte pubblica deduce, anzitutto, la carenza della motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza della questione relativa al comma 1 dell’art. 2 della legge n. 41 del 2005, osservando che il rimettente «non ha indicato alcun motivo per il quale […] sarebbe costituzionalmente illegittima la nomina effettuata con decreto del Ministro della giustizia».
7.2. – Detta questione sarebbe comunque manifestamente infondata, «sia perché il decreto ministeriale è la forma tipica di emanazione di numerosissimi atti e provvedimenti pubblici (anche relativi alla nomina di magistrati […]), sia perché nel caso in esame la norma di cui […] si chiede la dichiarazione di incostituzionalità è in realtà quella riguardante la procedura che conduce alla nomina del membro nazionale, e non già l’atto finale della procedura medesima».
7.3. – Quanto alla infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale già dedotta nell’atto di intervento, essa troverebbe conferma nelle seguenti ulteriori considerazioni: a) l’Eurojust è un organo dell’Unione europea – nel contesto del quale il membro nazionale «è destinato a rappresentare lo Stato» – le cui funzioni sono disciplinate e sono svolte nell’àmbito dell’ordinamento dell’Unione Europea, con la conseguenza che le norme della Costituzione, in quanto poste «a garanzia dell’indipendenza dei magistrati nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nazionali […] non trovano […] identica applicazione quando si procede alla nomina di un magistrato destinato a svolgere funzioni in un ordinamento diverso da quello italiano»; b) le direttive del Ministro della giustizia ai magistrati, vietate nell’ordinamento nazionale, «sono perfettamente legittime» in «quello comunitario di Eurojust»; c) la procedura di nomina del membro nazionale è stata «fissata proprio dal Consiglio Superiore della Magistratura»; d) gli obiettivi dell’Eurojust sono soltanto di «”sostegno” alle autorità nazionali degli Stati membri»; e) le funzioni dell’Eurojust, anche se «ampliate» dalla decisione 2009/426/GAI (il cui termine di attuazione nell’ordinamento interno non è, peraltro, ancora scaduto), «sono prevalentemente amministrative», mentre, in ogni caso, «quelle giudiziarie non sempre sono di esclusiva prerogativa dei magistrati e, comunque, possono trovare applicazione fuori dall’Italia», con la conseguenza che esse «non impongono […] che la nomina del membro nazionale debba essere effettuata direttamente dal Consiglio Superiore della Magistratura, anziché dal Ministro della Giustizia […] organo dello Stato italiano che cura gli interessi, anche politici, nei rapporti internazionali e comunitari».
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio dubita – in riferimento agli artt. 105 e 110 della Costituzione – della legittimità dei commi 1 e 2 dell’art. 2 della legge 14 marzo 2005, n. 41 (Disposizioni per l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 del Consiglio dell’Unione europea, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità), i quali, nel disciplinare la nomina del membro nazionale dell’Eurojust, prevedono che: a) «Il membro nazionale distaccato presso l’Eurojust è nominato con decreto del Ministro della giustizia tra i giudici o i magistrati del pubblico ministero, che esercitano funzioni giudiziarie, o fuori del ruolo organico della magistratura, con almeno venti anni di anzianità di servizio. Il magistrato che esercita funzioni giudiziarie è collocato fuori del ruolo organico della magistratura» (comma 1); b) «Ai fini della nomina, il Ministro della giustizia, acquisite le valutazioni del Consiglio superiore della magistratura in ordine ad una rosa di candidati nell’ambito della quale provvederà ad effettuare la nomina stessa, richiede al medesimo Consiglio il collocamento del magistrato designato fuori del ruolo organico della magistratura o, nel caso di magistrato già in posizione di fuori ruolo, comunica al Consiglio superiore della magistratura la propria designazione» (comma 2).
Ad avviso del Tribunale rimettente, le norme denunciate violano gli evocati parametri perché attribuiscono al Ministro della giustizia, anziché al Consiglio superiore della magistratura, «il sostanziale potere di scelta del membro nazionale presso l’Eurojust». Secondo il giudice a quo, infatti, la designazione di tale membro implica la destinazione di un magistrato ordinario a svolgere attività di natura giudiziaria, «sostanzialmente proprie del magistrato» del pubblico ministero, e pertanto si risolve in un provvedimento che, in quanto incidente sullo status del magistrato, la Costituzione riserva al Consiglio superiore della magistratura.
2. – In via preliminare, l’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammissibilità della questione avente ad oggetto il comma 1 dell’art. 2 della legge n. 41 del 2005, per carente motivazione sulla non manifesta infondatezza. Al riguardo, l’Avvocatura sostiene che il rimettente «non ha indicato alcun motivo per il quale […] sarebbe costituzionalmente illegittima la nomina effettuata con decreto del Ministro della giustizia».
L’eccezione non può essere accolta.
Il giudice rimettente denuncia il comma 1 dell’art. 2 della legge n. 41 del 2005 in ragione non della forma del provvedimento previsto da tale disposizione («decreto del Ministro della giustizia»), ma della esclusiva attribuzione al Ministro – e non al Consiglio superiore della magistratura – del potere sostanziale di «nomina»; attribuzione stabilita, secondo l’interpretazione del medesimo rimettente, dal combinato disposto dei commi 1 e 2 del suddetto articolo. Ne deriva che la questione sollevata investe entrambi i commi denunciati e che, pertanto, l’ordinanza di rimessione risulta adeguatamente motivata anche in relazione al comma 1 del citato art. 2.
3. – Nel merito, la questione non è fondata.
Il rimettente propone le sue censure seguendo una precisa scansione argomentativa. Egli interpreta: a) gli art. 105 e 110 Cost., nel senso che riservano al Consiglio superiore della magistratura, e non al Ministro della giustizia, l’effettiva decisione in ordine ai provvedimenti che, conferendo funzioni proprie della magistratura ordinaria a magistrati ordinari, incidono sul loro status; b) le disposizioni denunciate, nel senso che riservano al Ministro della giustizia l’effettiva decisione sulla nomina del membro italiano presso l’Eurojust; c) il quadro normativo riguardante l’Eurojust, nel senso che al membro nazionale presso tale organo sono attribuite (come componente dell’organo o come membro dotato di «poteri giudiziari» da esercitarsi nel territorio statale) funzioni «sostanzialmente proprie del magistrato» del pubblico ministero. Lo stesso rimettente conclude affermando che la nomina del membro italiano da parte del Ministro, invece che del Consiglio superiore della magistratura, si pone in contrasto con gli evocati parametri, perché costituisce «assegnazione», ai sensi dell’art. 105 Cost., di un magistrato del pubblico ministero per l’esercizio delle funzioni requirenti sue proprie.
Tali presupposti interpretativi devono essere distintamente esaminati.
4. – Il presupposto interpretativo di cui alla lettera a) del punto 3, relativo alla sostanziale spettanza al Consiglio superiore della magistratura della decisione in ordine alle assegnazioni dei magistrati ordinari che svolgono le loro funzioni nell’ordinamento giudiziario italiano, è coerente con l’interpretazione che questa Corte ha costantemente fornito dei parametri evocati. Essa ha precisato, infatti, che i provvedimenti previsti dall’art. 105 Cost. riguardanti i magistrati ordinari – esercitino essi funzioni giudicanti o requirenti – rientrano nelle competenze del Consiglio superiore della magistratura, anche se sono adottati nella forma del decreto del Capo dello Stato controfirmato dal Ministro ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, del decreto del Ministro (ex plurimis, sentenza n. 168 del 1963). È sufficiente, sotto questo profilo, ribadire quanto affermato nella sentenza n. 142 del 1973, secondo cui l’autonomia dell’ordine giudiziario, cui fa riferimento l’art. 104, primo comma, Cost., «indica […] la disciplina diversificata che la Costituzione riserva, e vuole sia riservata, per quanto attiene allo stato giuridico dei magistrati dell’ordine giudiziario, sia garantendo loro direttamente l’inamovibilità, nei sensi e alle condizioni di cui all’art. 107, comma primo, sia sottraendoli, anche per quel che concerne tutte le vicende del predetto stato, ad ogni dipendenza da organi del potere esecutivo. Strumento essenziale di siffatta autonomia, e quindi della stessa indipendenza dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni, che essa è istituzionalmente rivolta a rafforzare, sono le competenze attribuite al Consiglio superiore dagli artt. 105, 106 e 107 Cost., nelle quali deve rientrare ogni provvedimento che direttamente o indirettamente possa menomarla».
5. – Con l’interpretazione di cui alla lettera b) del punto 3, il rimettente assume che, in base alla legge italiana attuativa della decisione istitutiva, il «sostanziale potere di scelta del membro nazionale presso l’Eurojust» compete al Ministro della giustizia; e ciò in quanto spetta a quest’ultimo sceglierlo nell’àmbito di una rosa di candidati – formata dallo stesso Ministro, secondo la prassi finora seguita –, dopo l’acquisizione del parere obbligatorio, ma non vincolante, del Consiglio superiore della magistratura in ordine ai candidati.
Tale interpretazione è corretta, perché corrisponde alla lettera ed alla ratio dei commi 1 e 2 dell’art. 2 della legge n. 41 del 2005, i quali non solo attribuiscono espressamente al Ministro della giustizia il potere di «nomina» del membro nazionale presso l’Eurojust, ma precisano anche che tale potere è esercitato dopo l’acquisizione delle «valutazioni» espresse dal Consiglio superiore della magistratura su una rosa di candidati e, quindi, evidenziano che la nomina costituisce l’esito di una scelta operata dal Ministro. Del resto, né il rimettente né le parti del giudizio principale né la prassi finora seguita nell’applicazione della legge n. 41 del 2005 hanno mai posto in dubbio che l’individuazione del membro nazionale presso l’Eurojust sia effettuata, anche sul piano sostanziale, dal Ministro.
6. – La premessa interpretativa di cui alla lettera c) del punto 3, che riveste un ruolo centrale nel complessivo argomentare del giudice a quo, è invece priva di fondamento. Infatti, contrariamente all’assunto del rimettente, le funzioni proprie del membro nazionale presso l’Eurojust non possono essere ricondotte a quelle giudiziarie «sostanzialmente proprie del magistrato» del pubblico ministero.
Per giungere a tale conclusione è necessario individuare le funzioni che la decisione istitutiva e la normativa di attuazione attribuiscono all’Eurojust ed ai suoi membri, considerati questi sia come componenti dell’organo sia come autorità esercitanti «poteri giudiziari» nell’àmbito territoriale statale. Una volta individuate tali funzioni, occorrerà valutare se esse siano riconducibili a quelle giudiziarie che il magistrato del pubblico ministero esercita nel nostro ordinamento e se siano conseguentemente applicabili le norme interne previste per l’assegnazione di dette funzioni e, in particolare, anche quelle che la Costituzione pone a garanzia dell’indipendenza della magistratura (ivi compreso l’art. 105 Cost.).
Al riguardo, va precisato che i limiti del thema decidendum impongono di circoscrivere l’esame alle norme applicabili nel giudizio principale (testo originario della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002, recante «Decisione del Consiglio che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità»; legge n. 41 del 2005), senza considerare la normativa dell’Unione europea citata dalle parti, ma non ancora attuata, e cioè: a) la decisione 2009/426/GAI del 16 dicembre 2008 (Decisione del Consiglio relativa al rafforzamento dell’Eurojust e che modifica la decisione 2002/187/GAI che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità), per la quale il termine di attuazione concesso agli Stati membri scadrà il 4 giugno 2011; b) l’art. 85, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, secondo cui «il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti», allo stato non ancora adottati, «determinano la struttura, il funzionamento, la sfera d’azione e i compiti» dell’Eurojust.
Ciò premesso, occorre ora esaminare, in primo luogo, le norme di fonte europea e successivamente quelle interne di attuazione.
6.1. – Muovendo dalla normativa dell’Unione europea, va rilevato che l’Eurojust è un organo dell’Unione dotato di personalità giuridica, istituito dalla decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002, secondo cui tale organo è composto da membri nazionali, distaccati da ciascuno Stato «in conformità del proprio ordinamento giuridico», aventi «titolo di magistrato del pubblico ministero, giudice o funzionario di polizia con pari prerogative» (art. 2, paragrafo 1). Le funzioni dell’Eurojust possono essere esercitate tramite un collegio, composto dai membri nazionali (art. 10, paragrafo 1), oppure tramite i singoli componenti del collegio medesimo, che agiscono in nome e per conto dello stesso Eurojust. La decisione istitutiva non attribuisce a detto organo alcuna funzione giudicante né prevede che svolga attività strumentali all’esercizio di funzioni giudicanti di altri organi sovranazionali. Dispone, invece, che l’Eurojust assuma come referenti gli uffici requirenti o giudicanti dei singoli Stati e si rivolga a tali uffici per favorire il coordinamento delle indagini e delle azioni penali, avanzare istanze non vincolanti e proporsi come ausilio per la cooperazione (artt. 5, 6 e 7). A differenza degli organi giurisdizionali attualmente previsti dall’ordinamento dell’Unione europea o internazionale, l’Eurojust opera, dunque, in via strumentale rispetto all’attività delle autorità giudiziarie degli Stati, sollecitandole a svolgere in modo più efficace e coordinato la «lotta contro le forme gravi di criminalità».
La decisione, oltre ad attribuire le suddette funzioni all’Eurojust in quanto organo sovranazionale, prevede, al paragrafo 3 dell’art. 9, che ciascuno Stato «definisce la natura e la portata» di ulteriori poteri (definiti «giudiziari»), che esso «conferisce» al proprio membro nazionale. Tali poteri, secondo quanto osservato nella nota n. 9404/02, JAI, Eurojust 16, emessa dal Segretariato generale del Consiglio dell’Unione europea in data 14 giugno 2002, sono esercitati dal membro nazionale nell’àmbito territoriale statale «in [..] nome e per conto del proprio Stato».
Ai fini dello scrutinio di costituzionalità, assume poi particolare rilievo il fatto che il paragrafo 1 dell’art. 2 della decisione istitutiva stabilisce che il “distacco” dei membri nazionali presso l’Eurojust deve avvenire «in conformità» dell’ordinamento giuridico di ciascuno Stato.
Dal carattere strumentale dei cómpiti dell’Eurojust rispetto all’attività delle autorità giudiziarie statali, dalla menzione di «poteri giudiziari» conferibili ai membri nazionali nei rispettivi àmbiti territoriali, nonché dal rinvio agli ordinamenti interni per il “distacco” dei membri nazionali, consegue la necessità di accertare se nelle funzioni attribuite all’Eurojust ed ai suoi membri siano rinvenibili quegli elementi che, nell’ordinamento costituzionale italiano, consentono di qualificare come giudiziarie – e non amministrative – le funzioni esercitate dal pubblico ministero e giustificano, quindi, la previsione di garanzie di autonomia e di indipendenza; e cioè l’esercizio dell’azione penale e le attività ad esso preordinate.
6.1.1. – In particolare, per quanto riguarda l’Eurojust quale organo sovranazionale, va osservato che la decisione istitutiva, agli art. 6, 7 e 9, attribuisce ad esso, per quel che qui interessa: a) il potere di richiedere provvedimenti alle autorità competenti degli Stati membri interessati, senza che tali richieste abbiano effetto vincolante per dette autorità; b) funzioni di assistenza alle autorità nazionali (informative; di coordinamento delle indagini e delle azioni penali, su richiesta delle suddette autorità); c) funzioni di «sostegno», nei casi espressamente previsti, a indagini o azioni penali riguardanti le autorità competenti di un solo Stato membro; d) il potere di «accesso alle informazioni contenute nel casellario giudiziale nazionale o in qualsiasi altro registro del proprio Stato membro come previsto dall’ordinamento interno del suo Stato per un magistrato del pubblico ministero, un giudice o un funzionario di polizia con pari prerogative» (art. 9, paragrafo 4).
Tali poteri e funzioni non sono riconducibili a quelli giudiziari propri dei magistrati del pubblico ministero.
Innanzitutto, con riferimento alle richieste indirizzate alle competenti autorità nazionali, la loro natura non vincolante impedisce di riscontrare in esse i connotati propri dell’autonomo esercizio di funzioni giudiziarie requirenti, costituendo, invece, espressione di poteri strumentali all’esercizio di dette funzioni, che restano riservate, in via esclusiva, alle autorità giudiziarie nazionali.
Inoltre, con riferimento alle indicate attività di «assistenza», «collaborazione», «sostegno» o «coordinamento» svolte dall’Eurojust nei confronti delle autorità nazionali in ordine alle indagini ed alle azioni penali, la genericità di tali formule linguistiche, nonché la carenza dei suddetti connotati delle funzioni giudiziarie requirenti inducono a qualificare tali attività come amministrative. In particolare, quanto alla funzione di «coordinamento», essa – contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nel giudizio principale – è qualitativamente diversa da quella, di natura giudiziaria, affidata in Italia al Procuratore nazionale antimafia in base all’art. 371-bis del codice di procedura penale. È sufficiente al riguardo sottolineare che, nell’esercizio dell’attività di «coordinamento», l’Eurojust non dispone di poteri analoghi a quelli – ben piú incisivi – propri del Procuratore nazionale, il quale può: a) applicare temporaneamente magistrati della Direzione nazionale e delle direzioni distrettuali antimafia; b) impartire ai procuratori distrettuali «specifiche direttive alle quali attenersi per prevenire o risolvere contrasti riguardanti le modalità secondo le quali realizzare il coordinamento nell’attività di indagine»; c) riunire «i procuratori distrettuali interessati al fine di risolvere i contrasti che, malgrado le direttive specifiche impartite, sono insorti e hanno impedito di promuovere o di rendere effettivo il coordinamento»; d) disporre «con decreto motivato […] l’avocazione delle indagini relative a taluno dei delitti indicati nell’art. 51 comma 3-bis quando non hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere o rendere effettivo il coordinamento e questo non è stato possibile» (lettere b, f, g, h del comma 3 dell’art. 371-bis cod. proc. pen.).
Con riferimento, infine, alle informazioni giudiziarie desumibili da pubblici registri, si è già osservato che, in base alla decisione istitutiva, il membro nazionale dell’Eurojust può accedere ad esse «come previsto dall’ordinamento interno del suo Stato per un magistrato del pubblico ministero, un giudice o un funzionario di polizia con pari prerogative» (art. 9, paragrafo 4). Va tuttavia rilevato che la possibilità di accesso diretto a tali informazioni – opportunamente limitata a soggetti qualificati, allo scopo di ostacolare una incontrollata diffusione di dati – non integra, di per sé, esercizio di funzioni giudiziarie e non le caratterizza, ma costituisce solo un ausilio utile all’autorità procedente, amministrativa o giudiziaria che sia. Ciò è confermato dalla circostanza che diversi ordinamenti nazionali (tra cui proprio quello italiano, in base all’art. 118 cod. proc. pen.) consentono anche ad autorità non giudiziarie l’accesso alle suddette informazioni, in misura piú o meno ampia, senza che ciò muti la natura amministrativa dell’attività da esse svolta.
6.1.2. – Quanto alle attribuzioni del membro dell’Eurojust quale autorità che esercita poteri nel territorio dello Stato, si è già ricordato che, in forza dell’art. 9, paragrafo 3, della decisione: «Ciascuno Stato membro definisce la natura e la portata dei poteri giudiziari che conferisce al proprio membro nazionale sul proprio territorio. Esso definisce inoltre il diritto del membro nazionale di agire nei confronti delle autorità giudiziarie straniere, conformemente agli impegni assunti sul piano internazionale». Tale formulazione consente di ritenere facoltativa per gli Stati l’attribuzione di tali poteri, dovendo il verbo «definisce» essere inteso nel senso che spetta allo Stato precisare l’an ed il quantum dell’attribuzione dei «poteri giudiziari». La decisione – vincolante, ma priva di effetti diretti, secondo il disposto dell’art. 34, paragrafo 2, lettera c, del Trattato sull’Unione europea, nel testo in vigore dal 1° febbraio 2003 al 30 novembre 2009, applicabile ratione temporis alla fattispecie – lascia perciò ai singoli Stati la scelta, in sede di attuazione, di attribuire o no ai membri nazionali poteri giudiziari.
6.1.3. – Resta pertanto dimostrato che la decisione istitutiva – diversamente da quanto sostenuto dal giudice rimettente – non attribuisce alcun potere tipicamente giudiziario all’organo sovranazionale, né impone ai singoli Stati di attribuire ai loro membri nazionali «poteri giudiziari» da esercitare nei rispettivi territori.
6.2. – Passando ora all’esame delle fonti normative interne, va osservato che la legge n. 41 del 2005, nell’attuare la decisione del Consiglio 2002/187/GAI, non ha attribuito funzioni giudiziarie né all’organo Eurojust né al membro di questo quale autorità esercitante poteri nel territorio nazionale. Infatti, secondo quanto dichiarato nella relazione illustrativa al disegno di legge governativo (Atti Camera dei deputati, XIV legislatura, n. 4293), il legislatore, per un verso, ha riconosciuto che i poteri dell’Eurojust quale organo sovranazionale «differiscono profondamente ed ontologicamente da quelli di direttiva e di intervento diretto […] attribuiti, nell’ambito dell’ordinamento nostrano, alla Direzione nazionale antimafia»; per altro verso, ha inteso confinare in una dimensione meramente amministrativa i poteri del membro italiano dell’Eurojust («non ha ritenuto di conferire […] poteri giudiziari»).
6.2.1. – Riguardo all’organo sovranazionale, la legge di attuazione attribuisce al membro italiano di esso, quale componente del collegio, poteri che corrispondono sostanzialmente a quelli previsti dalla decisione istitutiva e che, per le ragioni sopra dette, non sono riconducibili a quelli propri dei magistrati del pubblico ministero (punto 6.1.1.).
In particolare, quanto alle informazioni giudiziarie, va rilevato che: a) innanzitutto, l’accesso ad esse da parte del membro nazionale dell’Eurojust avviene non in via diretta, ma solo per il tramite di una decisione dell’autorità giudiziaria competente, la quale può rigettare la relativa richiesta con decreto ricorribile per cassazione (art. 7, commi 1 e 2, della legge n. 41 del 2005); b) in secondo luogo, come visto, nell’ordinamento italiano (al pari dell’ordinamento dell’Unione europea), il potere di accesso alle informazioni giudiziarie, anche nell’ipotesi in cui sia riservato al pubblico ministero (come per il registro degli indagati), non costituisce un elemento caratterizzante della funzione giudiziaria; c) in terzo luogo, come pure già accennato, il medesimo potere non sempre è riservato all’autorità giudiziaria, con la conseguenza che la sua attribuzione al membro nazionale presso l’Eurojust non sarebbe sufficiente, da sola, a qualificare come giudiziarie le funzioni svolte da tale membro. Il comma 1 dell’art. 118 cod. proc. pen. consente, invero, anche al Ministro dell’interno – cioè ad un’autorità che, senza alcun dubbio, non può essere qualificata come giudiziaria – di ottenere, «anche in deroga al divieto stabilito dall’art. 329, copie di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto, ritenute indispensabili per la prevenzione dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza», nonché l’autorizzazione «all’accesso diretto al registro previsto dall’art. 335».
6.2.2. – Per quel che concerne le attribuzioni del membro dell’Eurojust da esercitare nell’àmbito del territorio italiano, si è visto (al punto 6.2.) che il legislatore – facendo uso della facoltà accordatagli dalla normativa dell’Unione europea ricordata al punto 6.1.2. – ha preferito attuare la decisione del Consiglio nel senso di non conferire a detta autorità alcun «potere giudiziario» nel territorio dello Stato. Coerente con questa impostazione è la previsione della possibilità, per il Ministro della giustizia, di indirizzare al membro nazionale, tramite il Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, direttive per l’esercizio delle sue funzioni (art. 2, comma 3, della legge n. 41 del 2005); direttive che sarebbero evidentemente incompatibili con il riconoscimento al membro nazionale dell’Eurojust della qualità di autorità giudiziaria, dotata di autonomia ed indipendenza costituzionalmente garantite.
7. – Esclusa, sulla base delle argomentazioni svolte in precedenza, la natura giudiziaria delle funzioni dell’Eurojust e dei membri nazionali, viene meno la premessa principale su cui si fonda la censura formulata dal rimettente e, con essa, la fondatezza della sollevata questione di legittimità costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 1 e 2 dell’art. 2 della legge 14 marzo 2005, n. 41 (Disposizioni per l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 del Consiglio dell’Unione europea, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità), sollevata, in riferimento agli artt. 105 e 110 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 aprile 2011.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 15 aprile 2011.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: MELATTI

In campo la VISS per migliorare la sicurezza stradale Approda in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo con l'obiettivo di migliorare la sicurezza della rete stradale transeuropea attraverso particolari procedure, come la valutazione d'impatto sulla sicurezza (VISS). Gazzetta Ufficiale N. 81 del 8 Aprile 2011 DECRETO LEGISLATIVO 15 marzo 2011 , n. 35 - Attuazione della direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture. (11G0076)

In campo la VISS per migliorare la sicurezza stradale
Approda in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo con l'obiettivo di migliorare la sicurezza della rete stradale transeuropea attraverso particolari procedure, come la valutazione d'impatto sulla sicurezza (VISS).
Gazzetta Ufficiale N. 81 del 8 Aprile 2011
DECRETO LEGISLATIVO 15 marzo 2011 , n. 35 - Attuazione della direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture. (11G0076)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 2008/96/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa alla gestione della
sicurezza delle infrastrutture stradali;
Vista la legge 4 giugno 2010, n. 96, recante disposizioni per
l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia
alle Comunita' europee e, in particolare, l'articolo 1 e l'allegato
B;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 13 dicembre 2010;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, reso nella seduta
del 25 gennaio 2011;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 10 marzo 2011;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i
Ministri degli affari esteri, dell'economia e delle finanze, della
giustizia, dell'interno, per i rapporti con le regioni e per la
coesione territoriale e dell'istruzione, dell'universita' e della
ricerca;

Emana


il seguente decreto legislativo:

Art. 1


Finalita' e campo di applicazione
articolo 1, direttiva 2008/96/CE

1. Il presente decreto detta disposizioni per l'istituzione e
l'attuazione di procedure volte alla valutazione di impatto sulla
sicurezza stradale per i progetti di infrastruttura, ai controlli
della sicurezza stradale, alla gestione della sicurezza della rete
stradale ed alle ispezioni di sicurezza.
2. Il presente decreto si applica alle strade che fanno parte della
rete stradale transeuropea, siano esse in fase di pianificazione, di
progettazione, in costruzione o gia' aperte al traffico. Per tutte le
altre strade non appartenenti alla rete stradale transeuropea, i
contenuti del presente decreto costituiscono norme di principio.
3. A decorrere dal 1° gennaio 2016 la disciplina contenuta nel
presente decreto si applica anche alle strade appartenenti alla rete
di interesse nazionale, individuata dal decreto legislativo 29
ottobre 1999, n. 461, e successive modificazioni, non comprese nella
rete stradale transeuropea, siano esse, a quella data, in fase di
pianificazione, di progettazione, in costruzione o gia' aperte al
traffico. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti il termine di decorrenza di cui al presente comma puo'
essere prorogato a data successiva e comunque non oltre il 1° gennaio
2021.
4. Entro e non oltre il 31 dicembre 2020, le regioni e le province
autonome, nel rispetto dei principi stabiliti dal presente decreto,
dettano la disciplina riguardante la gestione della sicurezza delle
infrastrutture stradali di competenza delle regioni e degli enti
locali, con particolare riferimento alle strade finanziate a totale o
parziale carico dell'Unione europea.
5. La disciplina del presente decreto non si applica alle gallerie
stradali che rientrano nel campo di applicazione del decreto
legislativo 5 ottobre 2006, n. 264.


Avvertenza
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3 del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita'
europee (GUCE).
Note alle premesse:
- L'art. 76 della Costituzione stabilisce che
l'esercizio della funzione legislativa non puo' essere
delegato al Governo se non con determinazione di principi e
criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per
oggetti definiti.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro,
al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le
leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i
regolamenti.
- La direttiva 2008/96/CE e' pubblicata nella G.U.U.E.
29 novembre 2008, n. L 319.
- Si riporta il testo dell'art. 1 e dell'allegato B
della legge 4 giugno 2010, n. 96, «Disposizioni per
l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza
dell'Italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria
2009», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 25 giugno 2010,
n. 146, S.O.:
«Art. 1 (Delega al Governo per l'attuazione di
direttive comunitarie). - 1. Il Governo e' delegato ad
adottare, entro il termine di recepimento indicato in
ciascuna delle direttive elencate negli allegati A e B, i
decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare
attuazione alle medesime direttive. Per le direttive
elencate negli allegati A e B, il cui termine di
recepimento sia gia' scaduto ovvero scada nei tre mesi
successivi alla data di entrata in vigore della presente
legge, il Governo e' delegato ad adottare i decreti
legislativi di attuazione entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della medesima legge. Per le direttive
elencate negli allegati A e B, che non prevedono un termine
di recepimento, il Governo e' delegato ad adottare i
decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge.
2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto
dell' articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su
proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del
Ministro per le politiche europee e del Ministro con
competenza istituzionale prevalente per la materia, di
concerto con i Ministri degli affari esteri, della
giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri
Ministri interessati in relazione all'oggetto della
direttiva.
3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti
attuazione delle direttive elencate nell' allegato B,
nonche', qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali,
quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate
nell' allegato A, sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli
altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati
e al Senato della Repubblica affinche' su di essi sia
espresso il parere dei competenti organi parlamentari.
Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i
decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora
il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui
al presente comma ovvero i diversi termini previsti dai
commi 4 e 8 scadano nei trenta giorni che precedono la
scadenza dei termini previsti dai commi 1 o 5 o
successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta
giorni.
4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti
attuazione delle direttive che comportino conseguenze
finanziarie sono corredati della relazione tecnica di cui
all' articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.
196. Su di essi e' richiesto anche il parere delle
Commissioni parlamentari competenti per i profili
finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle
condizioni formulate con riferimento all'esigenza di
garantire il rispetto dell' articolo 81, quarto comma,
della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi,
corredati dei necessari elementi integrativi di
informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni
parlamentari competenti per i profili finanziari, che
devono essere espressi entro venti giorni.
5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in
vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma
1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati
dalla presente legge, il Governo puo' adottare, con la
procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni
integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai
sensi del citato comma 1, fatto salvo quanto previsto dal
comma 6.
6. I decreti legislativi, relativi alle direttive
elencate negli allegati A e B, adottati, ai sensi dell'
articolo 117, quinto comma, della Costituzione, nelle
materie di competenza legislativa delle regioni e delle
province autonome, si applicano alle condizioni e secondo
le procedure di cui all' articolo 11, comma 8, della legge
4 febbraio 2005, n. 11.
7. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in
cui una o piu' deleghe di cui al comma 1 non risultino
esercitate alla scadenza del termine previsto, trasmette
alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una
relazione che da' conto dei motivi addotti a
giustificazione del ritardo dai Ministri con competenza
istituzionale prevalente per la materia. Il Ministro per le
politiche europee, ogni sei mesi, informa altresi' la
Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo
stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni
e delle province autonome nelle materie di loro competenza,
secondo modalita' di individuazione delle stesse da
definire con accordo in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
8. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri
parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali
contenute negli schemi di decreti legislativi recanti
attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B,
ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali
modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato
della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di
ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di
nuovo parere.».
«Allegato B
(Articolo 1, commi 1 e 3)
2005/47/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005,
concernente l'accordo tra la Comunita' delle ferrovie
europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei
trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di
lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di
interoperabilita' transfrontaliera nel settore ferroviario;
2007/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 ottobre 2007, relativa alla certificazione dei
macchinisti addetti alla guida di locomotori e treni sul
sistema ferroviario della Comunita';
2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per
quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno
dei servizi postali comunitari;
2008/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
22 ottobre 2008, concernente una procedura comunitaria
sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale
industriale di gas e di energia elettrica (rifusione);
2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (Versione
codificata);
2008/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
19 novembre 2008, sulla gestione della sicurezza delle
infrastrutture stradali;
2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
19 novembre 2008, sulla tutela penale dell'ambiente;
2008/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
19 novembre 2008, che modifica la direttiva 2003/87/CE al
fine di includere le attivita' di trasporto aereo nel
sistema comunitario di scambio delle quote di emissioni dei
gas a effetto serra;
2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia
interinale;
2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
16 dicembre 2008, relativa a standard di qualita'
ambientale nel settore della politica delle acque, recante
modifica e successiva abrogazione delle direttive del
Consiglio 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE e
86/280/CEE, nonche' modifica della direttiva 2000/60/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio;
2008/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
16 dicembre 2008, che modifica la direttiva 2004/49/CE
relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie;
2008/112/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
16 dicembre 2008, che modifica le direttive del Consiglio
76/768/CEE, 88/378/CEE, 1999/13/CE e le direttive del
Parlamento europeo e del Consiglio 2000/53/CE, 2002/96/CE e
2004/42/CE, allo scopo di adeguarle al regolamento (CE) n.
1272/2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura
e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele;
2008/114/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2008,
relativa all'individuazione e alla designazione delle
infrastrutture critiche europee e alla valutazione della
necessita' di migliorarne la protezione;
2008/122/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
14 gennaio 2009, sulla tutela dei consumatori per quanto
riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprieta',
dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo
termine e dei contratti di rivendita e di scambio;
2009/4/CE della Commissione, del 23 gennaio 2009, sulle
contromisure volte a prevenire e rilevare la manipolazione
delle registrazioni dei tachigrafi, che modifica la
direttiva 2006/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
sulle norme minime per l'applicazione dei regolamenti (CEE)
n. 3820/85 e (CEE) n. 3821/85 del Consiglio relativi a
disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti
su strada e che abroga la direttiva 88/599/CEE del
Consiglio;
2009/5/CE della Commissione, del 30 gennaio 2009, che
modifica l'allegato III della direttiva 2006/22/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio sulle norme minime per
l'applicazione dei regolamenti (CEE) n. 3820/85 e (CEE) n.
3821/85 del Consiglio relativi a disposizioni in materia
sociale nel settore dei trasporti su strada;
2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
dell'11 marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali;
2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante
attuazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori
della Comunita' europea (ECSA) e dalla Federazione europea
dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul
lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva
1999/63/CE;
2009/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
dell'11 marzo 2009, recante modifica della direttiva
94/19/CE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi per
quanto riguarda il livello di copertura e il termine di
rimborso;
2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 aprile 2009, relativa al controllo da parte dello Stato
di approdo (rifusione);
2009/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 aprile 2009, recante modifica della direttiva 2002/59/CE
relativa all'istituzione di un sistema comunitario di
monitoraggio del traffico navale e d'informazione;
2009/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 aprile 2009, che stabilisce i principi fondamentali in
materia di inchieste sugli incidenti nel settore del
trasporto marittimo e che modifica la direttiva 1999/35/CE
del Consiglio e la direttiva 2002/59/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio;
2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello
Stato di bandiera;
2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 aprile 2009, sulla promozione dell'uso dell'energia da
fonti rinnovabili, recante modifica e successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE;
2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 aprile 2009, che modifica la direttiva 2003/87/CE al
fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario
per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto
serra;
2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 aprile 2009, che modifica la direttiva 98/70/CE per
quanto riguarda le specifiche relative a benzina,
combustibile diesel e gasolio nonche' l'introduzione di un
meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di
gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE del
Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al
combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione
interna e abroga la direttiva 93/12/CEE;
2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 aprile 2009, relativa allo stoccaggio geologico di
biossido di carbonio e recante modifica della direttiva
85/337/CEE del Consiglio, delle direttive del Parlamento
europeo e del Consiglio 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE,
2006/12/CE, 2008/1/CE e del regolamento (CE) n. 1013/2006
del Parlamento europeo e del Consiglio;
2009/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 aprile 2009, relativa alla promozione di veicoli puliti
e a basso consumo energetico nel trasporto su strada;
2009/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
6 maggio 2009, che modifica la direttiva 98/26/CE
concernente il carattere definitivo del regolamento nei
sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli e
la direttiva 2002/47/CE relativa ai contratti di garanzia
finanziaria per quanto riguarda i sistemi connessi e i
crediti;
2009/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
18 giugno 2009, sulla sicurezza dei giocattoli;
2009/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
18 giugno 2009, che modifica le direttive 78/660/CEE e
83/349/CEE del Consiglio per quanto riguarda taluni
obblighi di comunicazione a carico delle societa' di medie
dimensioni e l'obbligo di redigere conti consolidati;
2009/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
18 giugno 2009, che modifica le direttive 2001/82/CE e
2001/83/CE per quanto concerne le modifiche dei termini
delle autorizzazioni all'immissione in commercio dei
medicinali;
2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
18 giugno 2009, sull'utilizzazione e la commercializzazione
delle acque minerali naturali;
2009/69/CE del Consiglio, del 25 giugno 2009, che
modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema
comune d'imposta sul valore aggiunto in relazione
all'evasione fiscale connessa all'importazione;
2009/71/EURATOM del Consiglio, del 25 giugno 2009, che
istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare
degli impianti nucleari;
2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato
interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva
2003/54/CE;
2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato
interno del gas naturale e che abroga la direttiva
2003/55/CE;
2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
13 luglio 2009, relativa al coordinamento delle procedure
per l'aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di
forniture e di servizi nei settori della difesa e della
sicurezza da parte delle amministrazioni
aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, e recante modifica
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE;
2009/90/CE della Commissione, del 31 luglio 2009, che
stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, specifiche tecniche per
l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle
acque;
2009/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
16 settembre 2009, intesa a coordinare, per renderle
equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati
membri, alle societa' a mente dell'articolo 48, secondo
comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e
dei terzi;
2009/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
16 settembre 2009, in materia di diritto delle societa',
relativa alle societa' a responsabilita' limitata con un
unico socio (Versione codificata);
2009/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
16 settembre 2009, recante modifica della direttiva
98/8/CE, relativa all'immissione sul mercato dei biocidi,
per quanto riguarda l'estensione di determinati periodi di
tempo;
2009/111/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
16 settembre 2009, che modifica le direttive 2006/48/CE,
2006/49/CE e 2007/64/CE per quanto riguarda gli enti
creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi
dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza
e la gestione delle crisi;
2009/119/CE del Consiglio, del 14 settembre 2009, che
stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di mantenere un
livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di
prodotti petroliferi;
2009/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
21 ottobre 2009, che modifica la direttiva 2005/35/CE
relativa all'inquinamento provocato dalle navi e
all'introduzione di sanzioni per violazioni;
2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
21 ottobre 2009, relativa all'istituzione di un quadro per
l'elaborazione di specifiche per la progettazione
ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia
(rifusione);
2009/131/CE della Commissione, del 16 ottobre 2009, che
modifica l'allegato VII della direttiva 2008/57/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa
all'interoperabilita' del sistema ferroviario comunitario;
2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle
attivita' di assicurazione e di riassicurazione
(solvibilita' II) (rifusione);
2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
30 novembre 2009, sulla protezione dei lavoratori contro i
rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il
lavoro (Versione codificata);
2009/149/CE della Commissione, del 27 novembre 2009,
che modifica la direttiva 2004/49/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio per quanto riguarda gli indicatori comuni
di sicurezza e i metodi comuni di calcolo dei costi
connessi agli incidenti;
2010/12/UE del Consiglio, del 16 febbraio 2010, recante
modifica delle direttive 92/79/CEE, 92/80/CEE e 95/59/CE
per quanto concerne la struttura e le aliquote delle accise
che gravano sui tabacchi lavorati e della direttiva
2008/118/CE.».
Note all'art. 1:
- Il decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264
(Attuazione della direttiva 2004/54/CEE in materia di
sicurezza per le gallerie della rete stradale trans
europea) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 ottobre
2006, n. 235, S.O.

Art. 2
Definizioni
articolo 2, direttiva 2008/96/CE

1.Ai fini del presente decreto si intende per:
a) rete stradale transeuropea: la parte ricadente nel territorio
nazionale della rete stradale definita all'allegato I, sezione 2,
della decisione n. 1692/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 23 luglio 1996, sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo
della rete transeuropea dei trasporti, e successive modificazioni.
b) organo competente: il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti che, per lo svolgimento delle sue funzioni relativamente
alla rete stradale non gestita direttamente da Anas S.p.a., si avvale
della struttura organizzativa della medesima societa' che svolge le
funzioni di controllo e di vigilanza sulle concessioni autostradali;
c) valutazione di impatto sulla sicurezza stradale (VISS): lo
studio recante l'analisi dell'impatto sul livello di sicurezza della
rete stradale di un progetto di infrastruttura;
d) controllo della sicurezza stradale: il controllo di sicurezza
accurato, indipendente, sistematico e tecnico delle caratteristiche
di un progetto di costruzione di una infrastruttura stradale, nelle
diverse fasi dalla pianificazione alla messa in esercizio, relativo
ai progetti di infrastruttura nonche' ai progetti di adeguamento che
comportano modifiche di tracciato;
e) classificazione dei tratti ad elevata concentrazione di
incidenti: l'elenco recante la classificazione in base
all'incidentalita' rilevata, dei tratti della rete stradale aperti al
traffico da oltre tre anni, in cui si e' verificato un numero
considerevole di incidenti mortali in proporzione al flusso di
traffico;
f) classificazione della sicurezza della rete: l'elenco recante i
tratti della rete stradale esistente in funzione del loro potenziale
di miglioramento della sicurezza e di risparmio dei costi connessi
agli incidenti;
g) ispezione di sicurezza: la verifica ordinaria periodica delle
caratteristiche connesse alla sicurezza dei tratti della rete
stradale aperta al traffico e dei difetti che richiedono intervento
di manutenzione per ragioni di sicurezza, comprendente anche gli
accertamenti sui possibili effetti derivanti dall'esecuzione di
lavori sulla sicurezza del flusso di traffico;
h) orientamenti: le misure adottate dal Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti che definiscono i criteri e le
modalita' per l'applicazione delle procedure di sicurezza fissate nel
presente decreto;
i) progetto d'infrastruttura: il progetto relativo alla
costruzione di infrastrutture stradali nuove ovvero ad una
sostanziale modifica di infrastrutture stradali esistenti con effetti
sui flussi di traffico.


Note all'art. 2:
- Ladecisionen. 1692/96/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 23 luglio 1996 sugli orientamenti comunitari
per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, e'
pubblicata nella G.U.C.E. 9 settembre 1996, n. L 228.

Art. 3
Valutazione di impatto sulla sicurezza stradale
per i progetti di infrastruttura
articolo 3, direttiva 2008/96/CE

1. Per tutti i progetti di infrastruttura e' effettuata, in fase di
pianificazione o di programmazione e comunque anteriormente
all'approvazione del progetto preliminare, la valutazione di impatto
sulla sicurezza stradale di seguito denominata : VISS, redatta sulla
base dei criteri di cui all'allegato I e del decreto di cui al comma
2.
2. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 19
dicembre 2011, stabilisce, con proprio decreto, modalita', contenuti
e documenti costituenti la VISS.

Art. 4
Controlli della sicurezza stradale
articolo 4, direttiva 2008/96/CE

1. Per tutti i livelli di progettazione dei progetti di
infrastruttura, nonche' dei progetti di adeguamento che comportano
modifiche di tracciato sono effettuati i controlli della sicurezza
stradale, sulla base dei criteri di cui all'allegato II.
2. Per i progetti di infrastruttura le risultanze della VISS sono
assunte a base dei controlli della sicurezza stradale.
3. Le risultanze dei controlli della sicurezza stradale
costituiscono parte integrante della documentazione per tutti i
livelli di progettazione e sono da ritenersi elementi necessari ai
fini della approvazione dei progetti da parte degli organi preposti e
della successiva realizzazione dell'opera, fino all'emissione del
certificato di collaudo.
4. La relazione di controllo, predisposta dal controllore,
definisce, per ciascun livello di progettazione, gli aspetti che
possono rivelarsi critici ai fini della sicurezza stradale e le
relative raccomandazioni. Nel caso in cui la progettazione non
dovesse essere adeguata ai fini del superamento degli aspetti critici
rilevati dalla relazione di controllo, l'ente gestore giustifica tale
scelta all'organo competente, il quale, laddove ritenga ammissibili
le giustificazioni addotte, dispone che siano allegate alla relazione
di controllo, altrimenti dispone l'adeguamento della progettazione
alle raccomandazioni. Della relazione di controllo si tiene conto nei
successivi livelli di progettazione e nella fase di realizzazione
dell'opera, fino all'emissione del certificato di collaudo.
5. Entro dodici mesi dalla data di messa in esercizio delle
infrastrutture stradali relative ai progetti di cui al comma 1, sono
effettuati controlli, al fine di valutare la sicurezza stradale alla
luce dell'effettivo comportamento degli utenti, i cui esiti sono
formalizzati in una relazione di controllo. Qualora dalla relazione
emerga l'esigenza di misure correttive ai fini della sicurezza,
l'organo competente si attiva ai fini dell'inserimento di dette
misure nell'elenco di priorita' di cui all'articolo 5, comma 3.
6. Per la rete stradale a pedaggio, qualora, a seguito dei
controlli di cui al comma 1, le modifiche progettuali incidano sui
piani finanziari approvati dal concedente, i maggiori oneri sono da
considerarsi ammissibili tra i costi per la determinazione del
capitale direttamente investito ai sensi delle vigenti disposizioni
in materia di regolazione economica del settore stradale.
7. I controlli di cui ai commi 1 e 5 sono effettuati da controllori
individuati dall'organo competente tra soggetti in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 9, inseriti in apposito elenco
istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
consultabile sul sito informatico istituzionale del Ministero.
L'attivita' di controllo, qualora svolta da personale non
appartenente all'organo competente ovvero alla struttura
organizzativa di cui lo stesso si avvale ai sensi dell'articolo 2,
comma 1, lettera b), e' affidata nel rispetto delle disposizioni di
cui agli articoli 91 e 125 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.
163. Al fine di assicurare indipendenza ed imparzialita' di giudizio,
non puo' essere incaricato dell'attivita' di controllo un soggetto
che partecipi o abbia partecipato direttamente o indirettamente alla
redazione della progettazione in qualsiasi suo livello, alla
direzione dei lavori o al collaudo dei progetti di cui al comma 1.


Note all'art. 4:
- Si riporta il testo degli articoli 91 e 125 del
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture
in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE),
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. 2 maggio 2006, n. 100,
S.O.:
«Art. 91 (Procedure di affidamento - art. 17, legge n.
109/1994 ). - 1. Per l'affidamento di incarichi di
progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di
progettazione, di direzione dei lavori, di coordinamento
della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo nel
rispetto di quanto disposto all'articolo 120, comma 2-bis,
di importo pari o superiore a 100.000 euro si applicano le
disposizioni di cui alla parte II, titolo I e titolo II del
codice, ovvero, per i soggetti operanti nei settori di cui
alla parte III, le disposizioni ivi previste.
2. Gli incarichi di progettazione, di coordinamento
della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei
lavori, di coordinamento della sicurezza in fase di
esecuzione e di collaudo nel rispetto di quanto disposto
all'articolo 120, comma 2-bis, di importo inferiore alla
soglia di cui al comma 1 possono essere affidati dalle
stazioni appaltanti, a cura del responsabile del
procedimento, ai soggetti di cui al comma 1, lettere d),
e), f), f-bis), g) e h) dell'articolo 90, nel rispetto dei
principi di non discriminazione, parita' di trattamento,
proporzionalita' e trasparenza, e secondo la procedura
prevista dall'articolo 57, comma 6; l'invito e' rivolto ad
almeno cinque soggetti, se sussistono in tale numero
aspiranti idonei.
3. In tutti gli affidamenti di cui al presente articolo
l'affidatario non puo' avvalersi del subappalto, fatta
eccezione per le attivita' relative alle indagini
geologiche, geotecniche e sismiche, a sondaggi, a rilievi,
a misurazioni e picchettazioni, alla predisposizione di
elaborati specialistici e di dettaglio, con l'esclusione
delle relazioni geologiche, nonche' per la sola redazione
grafica degli elaborati progettuali. Resta comunque
impregiudicata la responsabilita' del progettista.
4. Le progettazioni definitive ed esecutive sono di
norma affidate al medesimo soggetto, pubblico o privato,
salvo che in senso contrario sussistano particolari
ragioni, accertate dal responsabile del procedimento. In
tal caso occorre l'accettazione, da parte del nuovo
progettista, dell'attivita' progettuale precedentemente
svolta. L'affidamento puo' ricomprendere entrambi i livelli
di progettazione, fermo restando che l'avvio di quello
esecutivo resta sospensivamente condizionato alla
determinazione delle stazioni appaltanti sulla
progettazione definitiva.
5. Quando la prestazione riguardi la progettazione di
lavori di particolare rilevanza sotto il profilo
architettonico, ambientale, storico-artistico e
conservativo, nonche' tecnologico, le stazioni appaltanti
valutano in via prioritaria l'opportunita' di applicare la
procedura del concorso di progettazione o del concorso di
idee.
6. Nel caso in cui il valore delle attivita' di
progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di
progettazione, direzione dei lavori e coordinamento della
sicurezza in fase di esecuzione superi complessivamente la
soglia di applicazione della direttiva comunitaria in
materia, l'affidamento diretto della direzione dei lavori e
coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione al
progettista e' consentito soltanto ove espressamente
previsto dal bando di gara della progettazione.
7. I soggetti di cui all'articolo 32, operanti nei
settori di cui alla parte III del codice, possono affidare
le progettazioni nonche' le connesse attivita'
tecnico-amministrative per lo svolgimento delle procedure
per l'affidamento e la realizzazione dei lavori nei settori
di cui alla citata parte III, direttamente a societa' di
ingegneria di cui all'articolo 90, comma 1, lettera f), che
siano da essi stessi controllate, purche' almeno l'ottanta
per cento della cifra d'affari media realizzata dalle
predette societa' nell'Unione europea negli ultimi tre anni
derivi dalla prestazione di servizi al soggetto da cui esse
sono controllate. Le situazioni di controllo si determinano
ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.
8. E' vietato l'affidamento di attivita' di
progettazione coordinamento della sicurezza in fase di
progettazione, direzione dei lavori, coordinamento della
sicurezza in fase di esecuzione, collaudo, indagine e
attivita' di supporto a mezzo di contratti a tempo
determinato o altre procedure diverse da quelle previste
dal presente codice.».
«Art. 125 (Lavori, servizi e forniture in economia -
art. 24, legge n. 109/1994; art. 88, e articoli 142 ss.,
D.P.R. n. 554/1999; D.P.R. n. 384/2001). - 1. Le
acquisizioni in economia di beni, servizi, lavori, possono
essere effettuate:
a) mediante amministrazione diretta;
b) mediante procedura di cottimo fiduciario.
2. Per ogni acquisizione in economia le stazioni
appaltanti operano attraverso un responsabile del
procedimento ai sensi dell'articolo 10.
3. Nell'amministrazione diretta le acquisizioni sono
effettuate con materiali e mezzi propri o appositamente
acquistati o noleggiati e con personale proprio delle
stazioni appaltanti, o eventualmente assunto per
l'occasione, sotto la direzione del responsabile del
procedimento.
4. Il cottimo fiduciario e' una procedura negoziata in
cui le acquisizioni avvengono mediante affidamento a terzi.
5. I lavori in economia sono ammessi per importi non
superiori a 200.000. I lavori assunti in amministrazione
diretta non possono comportare una spesa complessiva
superiore a 50.000 euro.
6. I lavori eseguibili in economia sono individuati da
ciascuna stazione appaltante, con riguardo alle proprie
specifiche competenze e nell'ambito delle seguenti
categorie generali:
a) manutenzione o riparazione di opere od impianti
quando l'esigenza e' rapportata ad eventi imprevedibili e
non sia possibile realizzarle con le forme e le procedure
previste agli articoli 55, 121, 122;
b) manutenzione di opere o di impianti;
c) interventi non programmabili in materia di
sicurezza;
d) lavori che non possono essere differiti, dopo
l'infruttuoso esperimento delle procedure di gara;
e) lavori necessari per la compilazione di progetti;
f) completamento di opere o impianti a seguito della
risoluzione del contratto o in danno dell'appaltatore
inadempiente, quando vi e' necessita' e urgenza di
completare i lavori.
7. I fondi necessari per la realizzazione di lavori in
economia possono essere anticipati dalla stazione
appaltante con mandati intestati al responsabile del
procedimento, con obbligo di rendiconto finale. Il
programma annuale dei lavori e' corredato dell'elenco dei
lavori da eseguire in economia per i quali e' possibile
formulare una previsione, ancorche' sommaria.
8. Per lavori di importo pari superiore a 40.000 euro e
fino a 200.000 euro, l'affidamento mediante cottimo
fiduciario avviene nel rispetto dei principi di
trasparenza, rotazione, parita' di trattamento, previa
consultazione di almeno cinque operatori economici, se
sussistono in tale numero soggetti idonei, individuati
sulla base di indagini di mercato ovvero tramite elenchi di
operatori economici predisposti dalla stazione appaltante.
Per lavori di importo inferiore a quarantamila euro e'
consentito l'affidamento diretto da parte del responsabile
del procedimento.
9. Le forniture e i servizi in economia sono ammessi
per importi inferiori a 137.000 euro per le amministrazioni
aggiudicatrici di cui all'articolo 28, comma 1, lettera a),
e per importi inferiori a 211.000 euro per le stazioni
appaltanti di cui all'articolo 28, comma 1, lettera b).
Tali soglie sono adeguate in relazione alle modifiche delle
soglie previste dall'articolo 28, con lo stesso meccanismo
di adeguamento previsto dall'articolo 248.
10. L'acquisizione in economia di beni e servizi e'
ammessa in relazione all'oggetto e ai limiti di importo
delle singole voci di spesa, preventivamente individuate
con provvedimento di ciascuna stazione appaltante, con
riguardo alle proprie specifiche esigenze. Il ricorso
all'acquisizione in economia e' altresi' consentito nelle
seguenti ipotesi:
a) risoluzione di un precedente rapporto
contrattuale, o in danno del contraente inadempiente,
quando cio' sia ritenuto necessario o conveniente per
conseguire la prestazione nel termine previsto dal
contratto;
b) necessita' di completare le prestazioni di un
contratto in corso, ivi non previste, se non sia possibile
imporne l'esecuzione nell'ambito del contratto medesimo;
c) prestazioni periodiche di servizi, forniture, a
seguito della scadenza dei relativi contratti, nelle more
dello svolgimento delle ordinarie procedure di scelta del
contraente, nella misura strettamente necessaria;
d) urgenza, determinata da eventi oggettivamente
imprevedibili, al fine di scongiurare situazioni di
pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l'igiene e
salute pubblica, ovvero per il patrimonio storico,
artistico, culturale.
11. Per servizi o forniture di importo pari o superiore
a ventimila euro e fino alle soglie di cui al comma 9,
l'affidamento mediante cottimo fiduciario avviene nel
rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parita' di
trattamento, previa consultazione di almeno cinque
operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti
idonei, individuati sulla base di indagini di mercato
ovvero tramite elenchi di operatori economici predisposti
dalla stazione appaltante. Per servizi o forniture
inferiori a ventimila euro, e' consentito l'affidamento
diretto da parte del responsabile del procedimento.
12. L'affidatario di lavori, servizi, forniture in
economia deve essere in possesso dei requisiti di idoneita'
morale, capacita' tecnico - professionale ed economico -
finanziaria prescritta per prestazioni di pari importo
affidate con le procedure ordinarie di scelta del
contraente. Agli elenchi di operatori economici tenuti
dalle stazioni appaltanti possono essere iscritti i
soggetti che ne facciano richiesta, che siano in possesso
dei requisiti di cui al periodo precedente. Gli elenchi
sono soggetti ad aggiornamento con cadenza almeno annuale.
13. Nessuna prestazione di beni, servizi, lavori, ivi
comprese le prestazioni di manutenzione, periodica o non
periodica, che non ricade nell'ambito di applicazione del
presente articolo, puo' essere artificiosamente frazionata
allo scopo di sottoporla alla disciplina delle acquisizioni
in economia.
14. I procedimenti di acquisizione di prestazioni in
economia sono disciplinati, nel rispetto del presente
articolo, nonche' dei principi in tema di procedure di
affidamento e di esecuzione del contratto desumibili dal
presente codice, dal regolamento.».

Art. 5
Classificazione e gestione della sicurezza
della rete stradale aperta al traffico
articolo 5, direttiva 2008/96/CE

1. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto e successivamente con cadenza triennale, sulla base
dell'esame del funzionamento della rete stradale aperta al traffico
svolto dall'organo competente nel rispetto dei criteri riportati
nell'allegato III, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
con proprio decreto, effettua la classificazione dei tratti ad
elevata concentrazione di incidenti nonche' la classificazione della
sicurezza della rete esistente.
2. Sulla base delle classificazioni di cui al comma 1, l'organo
competente effettua visite in loco mediante personale esperto
inserito nell'elenco di cui all'articolo 4, comma 7, e procede alla
valutazione dei tratti prioritari della rete stradale, tenendo conto
degli elementi di cui all'allegato III, punto 3.
3. Sulla base delle risultanze delle visite in loco, con
riferimento alle potenziali misure correttive individuate
nell'allegato III, punto 3, lettera e), il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti predispone, anche attraverso analisi
costi-benefici, un elenco di priorita' degli interventi correttivi
che risultano necessari, di cui tenere conto ai fini della redazione
ed approvazione degli strumenti di pianificazione e di programmazione
previsti dalla legislazione vigente.
4. Per la rete stradale a pedaggio, gli investimenti per
l'attuazione degli interventi correttivi sono da considerarsi
ammissibili tra i costi per la determinazione del capitale
direttamente investito ai sensi delle vigenti disposizioni in materia
di regolazione economica del settore stradale.
5. Gli enti gestori, per richiamare l'attenzione degli utenti sui
tratti dell'infrastruttura stradale interessati da lavori stradali
che possono mettere a repentaglio la sicurezza degli stessi,
provvedono alla installazione di adeguata segnaletica, conforme alle
disposizioni di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e
al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495.
6. Gli enti gestori provvedono a fornire agli utenti adeguata
informazione della presenza di tratti stradali ad elevata
concentrazione di incidenti.


Note all'art. 5:
- Il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 18 maggio 1992, n. 114, S.O.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 16
dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di
attuazione del nuovo codice della strada), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 28 dicembre 1992, n. 303, S.O.

Art. 6
Ispezioni di sicurezza
articolo 6, direttiva 2008/96/CE

1. L'organo competente, sulla base di un programma idoneo a
garantire adeguati livelli di sicurezza, da adottare entro il 19
dicembre 2011 e da aggiornare con cadenza biennale, al fine di
individuare le caratteristiche connesse alla sicurezza stradale e
prevenire gli incidenti, effettua ispezioni periodiche sulle strade
aperte al traffico soggette all'applicazione del presente decreto. Le
ispezioni sono svolte da soggetti inseriti nell'elenco di cui
all'articolo 4, comma 7. Si applicano i casi di incompatibilita' di
cui all'articolo 4, comma 7, terzo periodo.
2. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 19
dicembre 2011, individua, con proprio decreto, le misure di sicurezza
temporanee da applicarsi ai tratti di rete stradale interessati da
lavori stradali, fissando le modalita' di svolgimento delle ispezioni
volte ad assicurare la corretta applicazione di tale decreto.

Art. 7
Gestione dei dati
articolo 7, direttiva 2008/96/CE

1. Per ciascun incidente mortale verificatosi sulla rete stradale
di cui all'articolo 1, comma 2, l'organo competente riporta in una
apposita relazione di incidente, redatta secondo la reportistica di
cui all'allegato IV, i dati relativi all'incidente stradale, raccolti
e trasmessi, ai sensi dell'articolo 56 della legge 29 luglio 2010, n.
120, dalle forze dell'ordine e dagli enti locali.
2. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 19
dicembre 2011 e, successivamente, con cadenza almeno quinquennale,
effettua il calcolo del costo sociale medio di un incidente mortale
nonche' del costo sociale medio di un incidente grave.
3. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 19
dicembre 2011, e successivamente con cadenza annuale, sulla base dei
dati acquisiti, effettua il calcolo del costo totale
dell'incidentalita' verificatasi sulla rete stradale di cui al comma
1.


Note all'art. 7:
- Si riporta il testo dell'articolo 56 della legge 29
luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza
stradale), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 luglio
2010, n. 175, S.O.:
«Art. 56 (Raccolta e invio dei dati relativi
all'incidentalita' stradale). - 1. Ferme restando le
competenze dell'Istituto nazionale di statistica e
dell'Automobile Club d'Italia, con decreto del Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il
Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-citta'
ed autonomie locali, sono fissati i termini e le modalita'
per la trasmissione, in via telematica, dei dati relativi
all'incidentalita' stradale da parte delle Forze
dell'ordine e degli enti locali al Dipartimento per i
trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e
statistici del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, ai fini dell'aggiornamento degli archivi
previsti dagli articoli 225 e 226 del decreto legislativo
n. 285 del 1992.
2. Per la predisposizione della dotazione strumentale
necessaria per l'attuazione delle disposizioni del comma 1
e' autorizzata la spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2010 e 2011. Al relativo onere si provvede
mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo
per interventi strutturali di politica economica, di cui
all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre
2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27
dicembre 2004, n. 307.».

Art. 8
Adozione di orientamenti
articolo 8, direttiva 2008/96/CE

1. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 19
dicembre 2011, adotta, sentita la Conferenza unificata, con proprio
decreto, le linee guida in materia di gestione della sicurezza delle
infrastrutture stradali, idonee ad agevolare l'applicazione delle
disposizioni di cui agli articoli 4 e 6. Il decreto e gli eventuali
successivi decreti di aggiornamento sono notificati alla Commissione
europea entro tre mesi dalla loro adozione.

Art. 9
Formazione dei controllori
articolo 9, direttiva 2008/96/CE

1. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto
da adottarsi di intesa con il Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca entro il 19 dicembre 2011, provvede
ad adottare i programmi di formazione per i controllori della
sicurezza stradale, fissando altresi' le modalita' di entrata in
operativita' e di gestione dell'elenco di cui all'articolo 4, comma
7.
2. I corsi di formazione iniziale per controllori, della durata non
inferiore a centottanta ore, sono svolti, sulla base dei programmi di
cui al comma 1, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
ovvero, previa autorizzazione del medesimo Ministero, da universita',
da organismi ed enti di ricerca, da consigli e ordini professionali,
da associazioni operanti nel settore della sicurezza stradale. Il
certificato di idoneita' professionale e' rilasciato, a seguito del
superamento di un esame finale, dal soggetto erogatore del corso.
3. Ai corsi di formazione iniziale hanno accesso i soggetti in
possesso di laurea magistrale, di cui all'articolo 3, comma 1,
lettera b), del decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, in
ingegneria o di laurea specialistica in ingegneria conseguita secondo
gli ordinamenti didattici previgenti al citato decreto ministeriale
n. 270 del 2004, ovvero di diploma di laurea in ingegneria conseguito
secondo gli ordinamenti didattici previgenti al decreto del Ministro
dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre
1999, n. 509. Detti soggetti devono essere iscritti da almeno cinque
anni all'albo dell'ordine degli ingegneri nel settore dell'ingegneria
civile e ambientale.
4. I soggetti che hanno conseguito il certificato di idoneita'
professionale di cui al comma 2 sono tenuti alla frequenza di
appositi corsi di aggiornamento, svolti dai soggetti di cui al comma
2, della durata non inferiore a trenta ore, con cadenza almeno
triennale.
5. I soggetti che hanno conseguito il certificato di idoneita'
professionale di cui al comma 2 sono inseriti nell'elenco di cui
all'articolo 4, comma 7, su istanza dell'interessato.
6. Per la partecipazione ai corsi di formazione e di aggiornamento
e' dovuto un contributo corrispondente al mero costo delle attivita',
di pertinenza delle amministrazioni pubbliche, di cui al presente
articolo, interamente destinato alla citata finalita'. Le predette
attivita' di formazione e di aggiornamento sono svolte a valere
esclusivamente sui proventi dei predetti contributi. Con decreto, di
natura non regolamentare, del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle
finanze, sono definiti i termini e le modalita' di attuazione.


Note all'art. 9:
- Il testo dell'articolo 3 del decreto del Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca22 ottobre
2004 n. 270 (Modifiche al regolamento recante norme
concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato
con D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro
dell'universita' e della ricerca scientifica e
tecnologica), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12
novembre 2004, n. 266, cosi' recita:
«Art. 3 (Titoli e corsi di studio). - 1. Le universita'
rilasciano i seguenti titoli:
a) laurea (L);
b) laurea magistrale (L.M.).
2. Le universita' rilasciano altresi' il diploma di
specializzazione (DS) e il dottorato di ricerca (DR).
3. La laurea, la laurea magistrale, il diploma di
specializzazione e il dottorato di ricerca sono conseguiti
al termine, rispettivamente, dei corsi di laurea, di laurea
magistrale, di specializzazione e di dottorato di ricerca
istituiti dalle universita'.
4. Il corso di laurea ha l'obiettivo di assicurare allo
studente un'adeguata padronanza di metodi e contenuti
scientifici generali, anche nel caso in cui sia orientato
all'acquisizione di specifiche conoscenze professionali.
5. L'acquisizione delle conoscenze professionali, di
cui al comma 4 e' preordinata all'inserimento del laureato
nel mondo del lavoro ed all'esercizio delle correlate
attivita' professionali regolamentate, nell'osservanza
delle disposizioni di legge e dell'Unione europea e di
quelle di cui all'articolo 11, comma 4.
6. Il corso di laurea magistrale ha l'obiettivo di
fornire allo studente una formazione di livello avanzato
per l'esercizio di attivita' di elevata qualificazione in
ambiti specifici.
7. Il corso di specializzazione ha l'obiettivo di
fornire allo studente conoscenze e abilita' per funzioni
richieste nell'esercizio di particolari attivita'
professionali e puo' essere istituito esclusivamente in
applicazione di specifiche norme di legge o di direttive
dell'Unione europea.
8. I corsi di dottorato di ricerca e il conseguimento
del relativo titolo sono disciplinati dall'articolo 4 della
legge 3 luglio 1998, n. 210, fatto salvo quanto previsto
dall'articolo 6, commi 5 e 6.
9. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 6
della legge 19 novembre 1990, n. 341, in materia di
formazione finalizzata e di servizi didattici integrativi.
In particolare, in attuazione dell'articolo 1, comma 15,
della legge 14 gennaio 1999, n. 4, le universita' possono
attivare, disciplinandoli nei regolamenti didattici di
ateneo, corsi di perfezionamento scientifico e di alta
formazione permanente e ricorrente, successivi al
conseguimento della laurea o della laurea magistrale, alla
conclusione dei quali sono rilasciati i master universitari
di primo e di secondo livello.
10. Sulla base di apposite convenzioni, le universita'
italiane possono rilasciare i titoli di cui al presente
articolo, anche congiuntamente con altri atenei italiani o
stranieri.».

Art. 10
Disposizioni tariffarie

1. Alle attivita' di controllo, classificazione e ispezione,
previste rispettivamente dagli articoli 4, 5 e 6, il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti provvede mediante tariffe da porre a
carico degli enti gestori, non pubblici, da determinarsi ai sensi
dell'articolo 4, della legge 4 giugno 2010, n. 96.
2. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da
adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, sono individuate le tariffe di cui al
comma 1 e le relative modalita' di versamento.
3. Le tariffe sono aggiornate almeno ogni tre anni.
4. Le tariffe di cui al comma 1 sono da considerarsi ammissibili
tra i costi per la determinazione del capitale direttamente investito
ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di regolazione
economica del settore stradale.


Note all'art. 10:
- Il testo dell'articolo 4, della legge 4 giugno 2010,
n. 96 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee -
Legge comunitaria 2009), pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 25 giugno 2010, n. 146, S.O., cosi' recita:
«Art. 4 (Oneri relativi a prestazioni e a controlli). -
1. In relazione agli oneri per prestazioni e per controlli,
si applicano le disposizioni dell' articolo 9, commi 2 e
2-bis, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.».

Art. 11
Disposizioni finanziarie

1. Dall'applicazione del presente decreto non devono derivare nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 10, comma 1, le
amministrazioni interessate provvedono all'adempimento dei compiti
derivanti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 12
Disposizioni di coordinamento, transitorie e finali

1. Gli allegati al presente decreto, sono aggiornati con decreto
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il
Ministro delle politiche europee, in adeguamento alle modifiche
introdotte ai corrispondenti allegati alla direttiva 2008/96/CE.
2. Fino all'adozione del decreto di cui all'articolo 3, comma 2, la
VISS e' redatta sulla base dei criteri di cui all'allegato I. Sono
esclusi dall'obbligo di redazione della VISS i progetti di
infrastruttura per i quali, alla data di entrata in vigore del
presente decreto, e' approvato il progetto preliminare.
3. I controlli di cui all'articolo 4, comma 1, per i progetti per i
quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, e'
approvato il progetto preliminare, sono eseguiti per tutti i livelli
di progettazione successivi. I controlli sono esclusi per i progetti
per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, e'
approvato il progetto definitivo; sono altresi' esclusi i controlli
per i progetti relativi alle infrastrutture strategiche di cui alla
legge 21 dicembre 2001, n. 443, per i quali, alla data di entrata in
vigore del presente decreto, e' approvato il progetto preliminare.
4. Fino dell'entrata in operativita' dell'elenco di cui
all'articolo 4, comma 7, lo svolgimento delle attivita' di cui agli
articoli 4, 5 e 6, e' effettuato da soggetti in possesso di titolo di
studio di cui all'articolo 9, comma 3, primo periodo, iscritti da
almeno dieci anni all'albo dell'ordine degli ingegneri, nel settore
dell'ingegneria civile e ambientale, in possesso di esperienza di
progettazione stradale, analisi di incidentalita', ingegneria del
traffico o altre attivita' inerenti alla sicurezza stradale,
documentata dall'avvenuto espletamento delle predette attivita'
relative ad almeno cinque progetti.
5. Fino all'adozione del decreto di cui all'articolo 8, comma 1, la
circolare del Ministero dei lavori pubblici 8 giugno 2001, n. 3699,
recante : «Linee guida per le analisi di sicurezza delle strade»,
costituisce norma di riferimento nei limiti di compatibilita' del
presente decreto.
6. Presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e'
istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica, un tavolo permanente di confronto per favorire lo scambio
con le regioni e gli enti locali di informazioni necessarie a
conferire coesione e coordinamento al processo volto all'applicazione
delle disposizioni del presente decreto alle infrastrutture stradali
non comprese nella rete transeuropea.
7. All'articolo 11 del decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «La Commissione
per tali attivita'», sono inserite le seguenti: «, fino all'entrata
in operativita' dell'elenco di cui all'articolo 4, comma 7, del
decreto legislativo di attuazione della direttiva 2008/96/CE,» e dopo
le parole: «del medesimo Ministero», sono aggiunte le seguenti: «,
nonche' dei soggetti di cui all'articolo 12, comma 4, del decreto
legislativo di attuazione della direttiva 2008/96/CE. A decorrere
dall'entrata in operativita' del predetto elenco la Commissione si
avvale dei soggetti inseriti nell'elenco stesso»;
b) dopo il comma 2 e' inserito il seguente:
«2-bis. Relativamente alle gallerie ricadenti nella rete stradale
non gestita direttamente da Anas S.p.a., la Commissione si avvale,
oltre che della struttura di cui al comma 2, della struttura
organizzativa di Anas S.p.a. che svolge le funzioni di controllo e di
vigilanza sulle concessioni autostradali, mediante apposita
convenzione, fermi restando i requisiti di cui al comma 1.».
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addi' 15 marzo 2011

NAPOLITANO


Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri

Matteoli, Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti

Frattini, Ministro degli affari
esteri

Tremonti, Ministro dell'economia e
delle finanze

Alfano, Ministro della giustizia

Maroni, Ministro dell'interno

Fitto, Ministro per i rapporti con le
regioni e per la coesione
territoriale

Gelmini, Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca


Visto, il Guardasigilli: Alfano


Note all'art. 12:
- La direttiva 2008/96/CE e' citata nelle premesse.
- La legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo
in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi
strategici ed altri interventi per il rilancio delle
attivita' produttive), e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 27 dicembre 2001, n. 299, S.O.
- Il testo dell'articolo 11 del citato decreto
legislativo 5 ottobre 2006, n. 264, come modificato dal
presente decreto, cosi' recita:
«Art. 11 (Funzioni ispettive). - 1. La Commissione e'
responsabile delle ispezioni, delle valutazioni e dei
collaudi per tutte le gallerie situate sulle strade
appartenenti alla rete transeuropea ricadenti nel
territorio nazionale. La Commissione per tali attivita',
fino all'entrata in operativita' dell'elenco di cui
all'articolo 4, comma 7, del decreto legislativo di
attuazione della direttiva 2008/96/CE,si avvale di
ingegneri, che hanno superato l'esame di qualificazione
previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285, e successive modificazioni, con particolare
riferimento alla funzione di tutela e controllo dell'uso
della strada di cui all'articolo 11 dello stesso decreto,
appartenenti al Consiglio superiore dei lavori pubblici,
nonche' all'Amministrazione centrale e periferica del
Ministero delle infrastrutture, che si avvalgono di
collaboratori appartenenti all'Amministrazione centrale e
periferica del medesimo Ministero, nonche' dei soggetti di
cui all'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo di
attuazione della direttiva 2008/96/CE. A decorrere
dall'entrata in operativita' del predetto elenco la
Commissione si avvale dei soggetti inseriti nell'elenco
stesso.
2. La Commissione si avvale di ingegneri del
Dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e
della difesa civile, designati dal Capo del Corpo, con
competenza specifica nelle materie attinenti
all'antincendio, ai piani di evacuazione ed esodo e alle
problematiche di difesa civile, che si avvalgono di
collaboratori appartenenti all'Amministrazione centrale e
periferica del Ministero dell'interno.
2-bis. Relativamente alle gallerie ricadenti nella rete
stradale non gestita direttamente da Anas S.p.a., la
Commissione si avvale, oltre che della struttura di cui al
comma 2, della struttura organizzativa di Anas S.p.a. che
svolge le funzioni di controllo e di vigilanza sulle
concessioni autostradali, mediante apposita convenzione,
fermi restando i requisiti di cui al comma 1.
3. Per i trafori internazionali, le relative
Commissioni intergovernative possono avvalersi per le
ispezioni dei comitati di sicurezza gia' da esse
istituiti.».

ALLEGATO I

allegato I direttiva 2008/96/CE
(previsto dall'articolo 3)

VALUTAZIONE DI IMPATTO SULLA SICUREZZA STRADALE

PER I PROGETTI DI INFRASTRUTTURA

1. Componenti della valutazione di impatto sulla sicurezza stradale:

a) definizione del problema;
b) identificazione degli obiettivi di sicurezza stradale;
c) analisi della situazione attuale ed opzione dello status quo;
d) individuazione delle differenti opzioni;
e) analisi dell'impatto delle opzioni proposte sulla sicurezza
stradale;
f) confronto delle opzioni (attraverso anche l'applicazione
dell'analisi costi/benefici);
g) scelta delle possibili soluzioni;
h) individuazione della miglior soluzione.

2. Elementi da prendere in considerazione:

a) caratteristiche plano-altimetriche dell'infrastruttura stradale;
b) analisi dell'incidentalita' (individuazione del numero degli
incidenti, dei morti e dei feriti per tratte caratteristiche);
c) obiettivi di riduzione dell'incidentalita' e confronto con
l'opzione dello status quo;
d) individuazione delle tipologie di utenti della strada, compresi
gli utenti deboli (pedoni e ciclisti) e vulnerabili (motociclisti);
e) individuazione dei volumi e delle tipologie di traffico.

ALLEGATO II

allegato II direttiva 2008/96/CE
(previsto dall'articolo 4)

CONTROLLI DELLA SICUREZZA STRADALE PER I PROGETTI DI INFRASTRUTTURA

1. Criteri applicabili nella fase della progettazione preliminare:

a) analisi della situazione geografica;
b) analisi e verifica della funzionalita' dell'infrastruttura
all'interno della rete;
c) analisi delle condizioni plano-altimetriche della nuova
infrastruttura (velocita' di progetto, geometria dell'asse, numero e
tipo di corsie, tipi di intersezioni e/o svincoli, verifica visuale
libera);
d) tipologia del traffico ammesso nella nuova infrastruttura.

2. Criteri applicabili nella fase della progettazione definitiva:

a) analisi e verifica del tracciato;
b) armonizzazione della segnaletica verticale e orizzontale
(coordinamento segnaletico);
c) illuminazione dell'infrastruttura (asse e intersezioni);
d) valutazione del contesto ai margini dell'infrastruttura
(vegetazione, ostacoli fissi ai margini della strada);
e) analisi delle pertinenze di servizio (aree di servizio, di sosta e
di parcheggio);
f) analisi di sistemi stradali di contenimento (barriere stradali di
sicurezza) con particolare riferimento all'individuazione degli
elementi atti a ridurre la lesivita' degli utenti vulnerabili.

3. Criteri applicabili nella fase della progettazione esecutiva:

a) analisi della sicurezza degli utenti in circostanze particolari
(scarsa visibilita', scarsa illuminazione, condizioni meteorologiche
non ottimali);
b) intellegibilita' della segnaletica verticale e orizzontale;
c) analisi delle condizioni della pavimentazione stradale.

4. Criterio applicabile nella prima fase di funzionamento:
valutazione della sicurezza stradale alla luce dell'effettivo
comportamento degli utenti.

ALLEGATO III

allegato III direttiva 2008/96/CE
(previsto dall'articolo 5)

CLASSIFICAZIONE DEI TRATTI STRADALI AD ELEVATA CONCENTRAZIONE

DI INCIDENTI E CLASSIFICAZIONE DELLA SICUREZZA DELLA RETE

1. Criteri per l'individuazione dei tratti stradali ad elevata
concentrazione di incidenti

L'individuazione dei tratti stradali ad elevata concentrazione di
incidenti deve tener conto del numero di incidenti mortali nel corso
degli anni precedenti per unita' di distanza in rapporto al volume di
traffico e, nel caso di intersezioni e svincoli, per punto di
intersezione.

2. Criteri per l'individuazione dei tratti stradali da esaminare
nell'ambito della classificazione della sicurezza della rete

L'individuazione di tratti stradali da esaminare nell'ambito della
classificazione della sicurezza della rete tiene conto dei potenziali
risparmi in termini di costi degli incidenti. I tratti stradali sono
classificati in categorie. Per ogni categoria stradale, i tratti
stradali sono esaminati e classificati sulla base di fattori
collegati alla sicurezza, come la concentrazione degli incidenti, il
volume di traffico e la tipologia dello stesso.
Per ogni categoria stradale, la classificazione della sicurezza della
rete si traduce in un elenco prioritario dei tratti stradali in cui
un miglioramento dell'infrastruttura dovrebbe rivelarsi molto
efficace.

3. Elementi di valutazione per le visite in loco:

a) descrizione del tratto stradale;
b) riferimento ad eventuali relazioni anteriori relative allo stesso
tratto stradale;
c) esame delle eventuali relazioni di incidente;
d) numero di incidenti, decessi e feriti gravi nel corso dei tre anni
precedenti;
e) individuazione delle potenziali misure correttive da adottare, tra
le quali:
- miglioramento del tracciato plano altimetrico;
- miglioramento delle intersezioni;
- eliminazione degli ostacoli fissi al margine della strada o
applicazione di dispositivi di protezione dei medesimi;
- miglioramento della visibilita' in diverse condizioni
meteorologiche e di illuminazione;
- miglioramento delle condizioni di sicurezza delle pertinenze della
strada quali i sistemi di ritenuta stradale;
- miglioramento della coerenza, della visibilita', della leggibilita'
e della collocazione della segnaletica orizzontale e verticale
(coordinamento segnaletico);
- riduzione dei potenziali conflitti con gli utenti della strada piu'
vulnerabili;
- miglioramento delle caratteristiche superficiali della
pavimentazione stradale;
- adeguamento dei limiti di velocita';
- protezione contro la caduta di sassi, smottamenti del terreno e
valanghe;
- installazione di un dispositivo di gestione e di controllo del
traffico;
- installazione e/o miglioramento dei sistemi di trasporto
intelligenti e dei servizi telematici ai fini dell'interoperabilita',
dell'emergenza e della segnaletica.

ALLEGATO IV

(allegato IV direttiva 2008/96/CE)
(previsto dall'articolo 7)

INFORMAZIONI CHE DEVONO FIGURARE NELLE RELAZIONI DI INCIDENTI

Le relazioni di incidenti devono contenere i seguenti elementi:

1) localizzazione dell'incidente (eventualmente anche georeferenziata
con coordinate GPS);

2) immagini e/o diagrammi del luogo dell'incidente;

3) data e ora dell'incidente;

4) informazioni relative all'infrastruttura (ambiente circostante,
tipologia di strada, tipologia di intersezione e svincolo, numero di
corsie, segnaletica orizzontale e verticale, pavimentazione stradale,
illuminazione, condizioni meteorologiche, limiti di velocita',
ostacoli al margine della strada);

5) gravita' dell'incidente, incluso il numero delle persone decedute
e ferite;

6) caratteristiche delle persone coinvolte nell'incidente (eta',
sesso, nazionalita', tasso di alcolemia, presenza di sostanze
stupefacenti, utilizzo dei dispositivi di sicurezza);

7) dati relativi ai veicoli coinvolti (tipo, eta', paese, presenza di
dispositivi di sicurezza, data dell'ultima revisione periodica in
conformita' della legislazione vigente);

8) dati relativi all'incidente (tipo di incidente, tipo di
collisione, manovre del veicolo e del conducente);

9) informazioni relative al periodo di tempo intercorso tra
l'incidente e la sua registrazione ovvero l'arrivo del servizio di
soccorso.