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venerdì 8 aprile 2011

Ministero dello sviluppo economico Ris. 8-3-2011 n. 43265 Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 - Articolo 71, comma 6, lett. c) - Quesito in materia di requisiti professionali per il commercio di prodotti alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande: diploma di Perito per il turismo. Emanata dal Ministero dello sviluppo economico, Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, Divisione IV - Promozione della concorrenza.

Ris. 8 marzo 2011, n. 43265 (1).

Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 - Articolo 71, comma 6, lett. c) - Quesito in materia di requisiti professionali per il commercio di prodotti alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande: diploma di Perito per il turismo.

(1) Emanata dal Ministero dello sviluppo economico, Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, Divisione IV - Promozione della concorrenza.



Si fa riferimento alla nota (....) con la quale si chiede se, ai sensi dell’articolo 71, comma 6, lettera c), il diploma di "Perito per il turismo" (quinquennale) conseguito nell’anno scolastico 2005-2006 presso un Istituto statale per il turismo possa considerarsi requisito professionale valido per il commercio di prodotti alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande.

Al riguardo, la scrivente Direzione generale, verificato il percorso formativo in questione, fa presente di ritenere il relativo titolo non valido ai fini del riconoscimento del requisito professionale per il commercio di prodotti alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande.


Il Direttore generale

Gianfrancesco Vecchio



D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, art. 71

G.U.U.E fumo passivo. Conclusioni del Consiglio sulla strategia europea per l'ambiente e la salute.

G.U.U.E fumo passivo. Conclusioni del Consiglio sulla strategia europea per l'ambiente e la salute.

Concl. 27-10-2003
Conclusioni del Consiglio sulla strategia europea per l'ambiente e la salute.
Pubblicate nella G.U.U.E. 7 novembre 2003, n. C 268.

Concl. 27 ottobre 2003 (1).

Conclusioni del Consiglio

sulla strategia europea per l'ambiente e la salute.

(1) Pubblicate nella G.U.U.E. 7 novembre 2003, n. C 268.



Il Consiglio dell'Unione europea,

I. Rammentando quanto segue:

1. Il trattato dispone agli articoli 152 e 174 che nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche e attività della Comunità deve essere garantito un livello elevato di protezione della salute umana, che la politica comunitaria in materia ambientale deve contribuire, tra l'altro, alla protezione della salute umana e alla promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale, e che la politica comunitaria sull'ambiente sia basata sul principio della precauzione.

2. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per «ambiente e salute» s'intendono sia gli effetti patologici diretti delle sostanze chimiche, delle radiazioni e di alcuni agenti biologici sia gli effetti (spesso indiretti) sulla salute e sul benessere dell'ambiente fisico, psicologico, sociale ed estetico in generale, compresi l'alloggio, lo sviluppo urbano, l'utilizzo del territorio e i trasporti [1].

3. Il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente si prefigge di contribuire a un elevato livello di qualità della vita e di benessere sociale per i cittadini attraverso un ambiente in cui il livello dell'inquinamento non provochi effetti nocivi per la salute umana e l'ambiente.

4. Tra le azioni e misure di sostegno previste dal programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-2008), figurano la promozione della salute e la prevenzione delle malattie intervenendo sui fattori determinanti per la salute in tutte le politiche e attività comunitarie.

5. I programmi quadro pluriennali delle Comunità europee per la ricerca e lo sviluppo tecnologico contengono azioni specifiche nel campo dell'ambiente e della salute, settore che continua ad essere un oggetto principale della ricerca.

6. La strategia di sviluppo sostenibile della Comunità può costituire uno strumento per la promozione dell'integrazione dell'ambiente e della salute nelle politiche settoriali.

7. Un processo internazionale importante è stato avviato a Francoforte nel 1989 allorché i ministri dell'Ambiente e della Sanità degli Stati membri della Regione europea dell'Organizzazione mondiale della sanità hanno adottato la Carta europea sull'ambiente e la salute; le dichiarazioni di Helsinki (1994) e di Londra (1999) hanno individuato ulteriori azioni, e in particolare i piani d'azione nazionali sulla salute ambientale (NEHAP) elaborati dalla maggior parte degli Stati membri e dei paesi in via di adesione; la prossima conferenza ministeriale paneuropea su ambiente e salute che si svolgerà a Budapest nel giugno 2004 sul tema «Il futuro dei nostri figli» costituirà la prossima tappa di questo processo.

8. L'ambiente e la salute sono due temi che figurano ai primi posti anche nell'agenda mondiale e alcuni degli obiettivi fissati al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg come pure gli obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite, riguardano la salute umana connessa al degrado ambientale.

______________

[1] Environment and health. The European Charter and commentary.

Copenaghen, Ufficio regionale per l'Europa dell'OMS, 1990 (WHO

Regional Publications, European Series, n. 35).

II. Considerando che:

9. È sempre più sentita l'esigenza di elaborare un approccio quadro globale e multidisciplinare su scala comunitaria per coordinare i vari programmi d'azione comunitari, per individuare e sfruttare tutte le possibili sinergie evitando nel contempo inutili ripetizioni e per individuare eventuali lacune e questioni che dovrebbero essere ulteriormente approfondite.

10. Attualmente le valutazioni ambientali e gli interventi di carattere politico hanno compiuto progressi significativi grazie all'esame dei singoli inquinanti presenti nei singoli comparti ambientali. Benché sia necessario compiere ulteriori sforzi in tal senso, nel contempo è aumentata la consapevolezza di dover far fronte agli effetti della combinazione di fattori ambientali nocivi, del passaggio di inquinanti da un comparto ambientale ad un altro e delle lunghe esposizioni ai medesimi.

11. Nell'esaminare il nesso tra l'ambiente e la salute, si dovrebbe tenere conto anche delle sostanze chimiche ad elevato volume di produzione sulle quali attualmente si dispone di scarsissime informazioni ma per le quali si prevede un'esposizione significativa. Sotto questo profilo, la nuova politica in materia di sostanze chimiche avviata con il sistema REACH sarà quindi elaborata al fine di farne uno strumento essenziale per migliorare le conoscenze e prevenire future minacce per la salute umana.

12. Le nostre società hanno inoltre dimostrato di essere vulnerabili agli eventi climatici estremi, con gravi conseguenze per la salute pubblica. Poiché si prevede che tali eventi saranno sempre più frequenti e di vaste proporzioni, le nostre società dovrebbero migliorare la capacità di valutarne gli impatti e di prepararvisi.

13. Un numero rilevante di patologie umane è strettamente associato all'esposizione interna ed esterna, a breve e a lungo termine, a determinati fattori ambientali della popolazione, in particolare di gruppi vulnerabili della popolazione quali bambini nei vari stadi dello sviluppo, donne incinte, anziani e persone svantaggiate socialmente e economicamente. I bambini sono particolarmente vulnerabili a determinati fattori ambientali e pertanto può essere necessario applicare un fattore di sicurezza supplementare nella valutazione del rischio reale per loro. Sono pertanto necessarie misure specifiche atte a tutelarne la salute e a migliorarne la speranza di vita sana.

14. I problemi sanitari legati all'ambiente potrebbero influire in modo diverso su uomini e donne. Sono necessarie pertanto ulteriori ricerche in questo campo.

15. I fattori nell'ambiente interno influenzano la diffusione di malattie respiratorie, asma e allergie nei bambini. Per questo motivo nel futuro programma di lavoro si dovrebbe prestare maggiore attenzione all'ambiente interno. I bambini piccoli passano molto tempo all'interno e per questo motivo le condizioni di sicurezza rivestono un'importanza primaria. Inoltre molti lavoratori passano gran parte della loro vita lavorativa all'interno ed è pertanto fondamentale un ambiente di lavoro sicuro. È pertanto essenziale ridurre o eliminare totalmente rischi inaccettabili come il fumo passivo.

III. Accoglie con favore:

16. La strategia europea per l'ambiente e la salute definita nella comunicazione della Commissione [1] che pone in evidenza nell'ambito del primo ciclo (2004-2010) quattro problemi sanitari umani principali (malattie respiratorie dei bambini, asma, allergie; disturbi dello sviluppo neurologico; cancro infantile; effetti negativi sul sistema endocrino) nonché i suoi tre obiettivi a lungo termine, ossia la riduzione dei rischi per la salute e dell'incidenza del carico di malattia dovuto a fattori ambientali nell'UE, l'individuazione e la prevenzione di nuovi pericoli per la salute legati a fattori ambientali e il rafforzamento delle capacità di far politica in questo settore da parte dell'UE. In quanto tale, la strategia rappresenta un importante passo avanti nell'elaborazione di una politica comunitaria integrata coerente e di lungo respiro per far fronte alle minacce per l'ambiente e la salute, comprese attività e misure specifiche.

17. L'intenzione della Commissione di istituire un sistema integrato europeo per il monitoraggio e l'intervento in materia di ambiente e salute che creerà sinergie e faciliterà la condivisione di dati e metodologie per comprendere meglio il rapporto tra ambiente e salute.

____________

[1] Doc. 10676/03 ENV 347 SAN 141.

IV. Sottolinea:

18. Il valore aggiunto che può essere ottenuto coordinando strettamente tra loro il sesto programma di azione comunitaria in materia di ambiente, il programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-2008) e il sesto programma quadro di ricerca e di sviluppo.

19. La necessità di garantire che il gruppo consultivo e i gruppi di lavoro tecnici istituiti dalla Commissione tengano conto del lavoro dei comitati scientifici e di altre istanze consultive istituite per coadiuvare la Commissione al fine di realizzare sinergie ottimali ed evitare inutili ripetizioni.

20. La necessità di una stretta cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri sfruttando pienamente i contributi delle istituzioni scientifiche, coinvolgendo le ONG e gli altri soggetti interessati all'attuazione della strategia.

21. L'importanza, nel contesto dell'elaborazione del «Piano d'azione 2004-2010», di fissare obiettivi concreti operativi e quantificabili basandosi sulle banche dati sull'ambiente e la salute già esistenti per assicurare un'informazione integrata. Si dovrebbe privilegiare lo sviluppo di più ampie metodologie di valutazione dell'impatto sulla salute, sistemi di sorveglianza delle informazioni e un sistema di allarme rapido, nonché la messa a punto di indicatori informativi stabili e affidabili sull'ambiente e sulla salute. I programmi comuni sul monitoraggio contribuirebbero inoltre allo scambio di esperienze e conoscenze e potrebbero colmare alcune lacune.

22. La necessità di sostenere lo sviluppo e l'attuazione della strategia europea per l'ambiente e la salute, anche per mezzo dei programmi quadro di ricerca e di sviluppo, e di prestare particolare attenzione allo sviluppo di capacità, alla produzione, allo scambio e alla diffusione della conoscenza.

23. Il fatto che un'adeguata ed effettiva difesa, informazione, educazione e comunicazione, in base a solidi dati scientifici, sia fondamentale per promuovere la sensibilizzazione dei cittadini affinché possano evitare le patologie connesse all'ambiente già conosciute e quelle emergenti. La sensibilizzazione dei cittadini può altresì svolgere un importante ruolo nel sostenere adeguatamente l'elaborazione di politiche in materia di gestione di nuovi rischi.

24. La necessità di esaminare le modalità per integrare gli strumenti regolamentari con misure di altro tipo, ad esempio politiche destinate a incoraggiare gli operatori economici e i singoli cittadini ad intraprendere azioni positive nel settore dell'ambiente e della salute.

25. La necessità di garantire la possibilità di accordare un'attenzione particolare ai problemi dell'ambiente e della salute che esistono nei paesi aderenti.

26. La necessità di cooperare strettamente con le istituzioni internazionali, quali l'Organizzazione mondiale della sanità, il programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, la Commissione per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, la Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite e l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici, nello sviluppo della dimensione esterna della strategia, tenendo conto degli obiettivi fissati dal vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile e dalla dichiarazione del millennio adottata dalle Nazioni Unite.

V. Invita la Commissione:

27. A garantire, nell'elaborazione e attuazione del «Piano d'azione 2004-2010», uno stretto collegamento e interazione con le pertinenti strategie tematiche previste dal sesto programma di azione per l'ambiente, con il programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica, con il sesto programma quadro di ricerca e di sviluppo e con gli altri pertinenti programmi comunitari, onde contribuire al loro futuro sviluppo.

28. A far sì che la strategia e il relativo piano d'azione siano periodicamente valutati e adeguati in base alle conoscenze scientifiche e all'esperienza acquisita nel corso dell'attuazione.

29. A sviluppare nel primo ciclo della strategia la base di ricerca per la valutazione socioeconomica dell'impatto sulla salute delle politiche e delle misure con particolare riguardo alla salute dei bambini e di altri gruppi vulnerabili, a sostegno della definizione delle politiche e per rafforzare l'integrazione degli aspetti sanitari nel nuovo strumento integrato per la valutazione d'impatto.

30. A esaminare la possibilità di includere nel primo ciclo della strategia la ricerca sui pericoli per la salute e l'ambiente meno esplorati rappresentati dall'ambiente fisico, psicologico, sociale ed estetico in generale che influisce sulla salute e il benessere della popolazione, come:

- fattori legati all'ambiente interno, compreso il fumo passivo,

- determinanti socioeconomici della salute ambientale,

- impatto del cambiamento climatico,

- acqua inquinata e

- rumore.

31. A garantire l'opportuna consultazione del Consiglio nel corso dell'evoluzione del Piano d'azione che sfocerà nella Conferenza ministeriale paneuropea su ambiente e salute di Budapest.

32. A contribuire, in stretta cooperazione con gli Stati membri e con l'Organizzazione mondiale della sanità, alla preparazione e al seguito da riservare alla prossima conferenza ministeriale paneuropea su ambiente e salute e, in questo contesto, ad assicurare la coerenza tra il «Piano d'azione 2004-2010» e il piano d'azione per l'Europa sull'ambiente e la salute dei bambini (CEHAPE).

VI. Sollecita gli Stati membri:

33. Ad assicurare un ruolo attivo per la società civile, le ONG e le organizzazioni di cittadini nell'elaborazione e nell'attuazione della strategia.

34. Ad assicurare una stretta cooperazione organizzativa tra tutte le istituzioni competenti in materia di controllo dell'ambiente e della salute con particolare riguardo alle attività di sorveglianza e di monitoraggio, a livello locale, nazionale ed internazionale.

Corte Costituzionale "...Ad avviso del ricorrente, le norme impugnate - nel definire le caratteristiche delle uniformi degli addetti alla polizia locale - avrebbero adottato colori, forme, mostreggiature e gradi somiglianti a quelli in uso alla polizia di Stato: ciò, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 6 della legge statale n. 65 del 1986, ai sensi del quale le uniformi della polizia locale devono essere tali da escludere la «stretta somiglianza» con quelle delle Forze di polizia e delle Forze armate dello Stato. Per questo verso, le disposizioni regionali tornerebbero a invadere la sfera della potestà legislativa esclusiva statale prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost...."

POLIZIA GIUDIZIARIA   -   REGIONE   -   SICUREZZA PUBBLICA
Corte cost., Sent., 09-02-2011, n. 35
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

SENTENZA

Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, commi 2, lettere c) e q), e 4; 11, comma 1, lettera d); 19, con l'allegato A; 20; 21, con l'allegato E; 22, con l'allegato D, e 26 della legge della Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41 (Polizia locale e politiche di sicurezza urbana), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 1°-4 marzo 2010, depositato in cancelleria il 10 marzo 2010 ed iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2010.

Udito nell'udienza pubblica del 14 dicembre 2010 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

udito l'avvocato dello Stato Wally Ferrante per il Presidente del Consiglio dei ministri.

1. - Con ricorso notificato il 1° marzo 2010, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all'art. 117, primo e secondo comma, lettere h) ed l), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale in via principale degli artt. 4, commi 2, lettere c) e q), e 4; 11, comma 1, lettera d); 19, con l'allegato A; 20; 21, con l'allegato E; 22, con l'allegato D, e 26 della legge della Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41 (Polizia locale e politiche di sicurezza urbana).

Il ricorrente premette che la citata legge lucana detta norme in materia di polizia locale e politiche di sicurezza urbana, dando attuazione ai principi contenuti nella legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge quadro sull'ordinamento della polizia locale).

Ad avviso del Governo, con le norme denunciate la Regione avrebbe esorbitato dai limiti delle proprie competenze legislative, invadendo quelle statali.

La prima censura investe l'art. 4, comma 2, lettera c), della legge regionale, il quale prevede che gli appartenenti alla polizia locale dei Comuni e delle Province esercitano «funzioni di polizia giudiziaria secondo le disposizioni della vigente legislazione statale, rivestendo, a tal fine, la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria riferita ai Comandanti, Ufficiali e Ispettori di Polizia Locale, a seguito di nomina da parte dell'Amministrazione di appartenenza in riferimento al disposto dell'art. 55 del codice di procedura penale, e di Agente di Polizia Giudiziaria, riferita agli Assistenti-Istruttori e agli Agenti di Polizia Locale».

Tale disposizione, sebbene richiami la legislazione statale vigente, violerebbe la competenza esclusiva dello Stato in tema di giurisdizione penale, attribuita dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla legge statale la materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale». Come chiarito, infatti, da questa Corte costituzionale con la sentenza n. 313 del 2003, la polizia giudiziaria - la quale opera, di propria iniziativa o per disposizione o delega dell'autorità giudiziaria, ai fini dell'applicazione della legge penale - rientra nell'ambito della materia dianzi indicata: con la conseguenza che la legge regionale non sarebbe competente a disporre il riconoscimento della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, a prescindere dalla conformità o dalla difformità alla legge dello Stato, trattandosi di disciplina demandata esclusivamente a questa legge.

2. - La seconda censura concerne l'art. 4, commi 2, lettera q), e 4, della legge regionale, nella parte in cui prevede che possano essere raggiunte intese di collaborazione nell'attività di pubblica sicurezza tra le amministrazioni locali, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, inviandone comunicazione al prefetto solo nel caso in cui riguardino personale avente la qualità di agente in servizio armato.

Secondo il ricorrente, detta norma violerebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., e si porrebbe, altresì, in contrasto con la legge statale n. 65 del 1986, che, all'art. 5, comma 1, lettera c), definisce «ausiliarie» le funzioni di pubblica sicurezza della polizia locale ai sensi dell'art. 3 della medesima legge, secondo il quale gli addetti al servizio di polizia municipale collaborano, «nell'ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità».

Al riguardo, è richiamata la distinzione tra la «polizia di sicurezza», la cui disciplina legislativa forma oggetto di riserva a favore dello Stato in base al citato precetto costituzionale, e la «polizia amministrativa locale», esplicitamente sottratta alla predetta competenza esclusiva. Alla luce della definizione fornita dal comma 2 dell'art. 159 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), la polizia di sicurezza concerne, in particolare, «le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni».

Per converso, i compiti di polizia amministrativa locale attengono - come puntualizzato dalla giurisprudenza costituzionale - alle «attività di prevenzione o di repressione dirette a evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati alle persone o alle cose nello svolgimento delle materie sulle quali si esercitano le competenze regionali [...], senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni o gli interessi tutelati in nome dell'ordine pubblico». In altri termini, la rilevanza dei compiti di polizia amministrativa dovrebbe necessariamente esaurirsi all'interno delle attribuzioni regionali, senza poter toccare quegli interessi di fondamentale importanza per l'ordinamento complessivo, che è compito dello Stato curare.

Se i criteri distintivi appena enunciati valgono per la delimitazione «per attribuzioni» della competenza legislativa regionale, ad analoga conclusione dovrebbe pervenirsi - a parere del ricorrente - «anche in relazione alla delimitazione "territoriale" della competenza legislativa regionale, in quanto la possibilità di raggiungere intese con altri enti locali, per tutelare la sicurezza pubblica anche al di fuori del territorio regionale, si tradurrebbe in una indebita invasione della competenza legislativa statale che, per definizione, riguarda l'intero territorio nazionale».

3. - Forma, altresì, oggetto di impugnazione l'art. 11, comma 1, lettera d), della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, il quale prevede - quale requisito ulteriore, rispetto a quelli stabiliti dalla vigente legislazione statale, ai fini dell'ammissione ai concorsi per posti di polizia locale - che il candidato non debba «essere in possesso dello status di obiettore di coscienza».

Ad avviso del ricorrente, tale previsione si porrebbe in contrasto con l'art. 1 della legge 23 agosto 2004, n. 226 (Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore), che sospende, a decorrere dal 1° gennaio 2005, le chiamate per lo svolgimento del servizio di leva, ledendo nuovamente, con ciò, la competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza (art. 117, secondo comma, lettera h, Cost.).

La disposizione censurata sarebbe, in effetti, incoerente con la sospensione del servizio di leva, giacché lo «status di obiettore di coscienza» assumerebbe rilevanza solo in presenza di una chiamata alle armi obbligatoria.

Osserva, inoltre, l'Avvocatura dello Stato che l'art. 11, comma 1, della legge regionale introduce il censurato requisito negativo per l'ammissione ai concorsi per posti di polizia locale insieme ad «altri specifici requisiti», i quali non sarebbero, in realtà, affatto «specifici», corrispondendo a quelli, di ordine generale, previsti dall'art. 5, comma 2, della legge n. 65 del 1986; laddove, al contrario, il solo requisito di cui alla lettera d) esula totalmente dalle previsioni della legge statale.

4. - Parimenti lesivi dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. risulterebbero gli artt. 19, con l'allegato A, 20, 21, con l'allegato E, e 22, con l'allegato D, della legge regionale censurata.

Nel definire le caratteristiche delle uniformi degli addetti alla polizia locale, le richiamate disposizioni prevedrebbero, infatti, colori, forme, mostreggiature e gradi somiglianti a quelli delle uniformi in uso alla polizia di Stato: ciò, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 6 della legge n. 65 del 1986, secondo cui le divise della polizia municipale devono essere tali da escludere la «stretta somiglianza» con quelle delle Forze di polizia e delle Forze armate dello Stato.

5. - Infine, secondo la Presidenza del Consiglio dei ministri, l'art. 26 della legge regionale violerebbe l'art. 117, primo comma, Cost., che impone alle Regioni l'osservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario.

La norma impugnata, infatti, prevedendo l'istituzione di un numero telefonico unico regionale (a tre o quattro cifre) per la polizia locale, si porrebbe in contrasto con la direttiva 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale), che ha imposto agli Stati membri di istituire il numero unico di emergenza «112», al fine di garantire ai cittadini adeguata risposta alle chiamate di emergenza attraverso un sistema di gestione unificato delle telefonate.

Nel recepire la direttiva, il d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche a livello statale) ha stabilito, all'art. 76, che il Ministero provvede affinché, oltre ad altri eventuali numeri di emergenza nazionali, indicati nel piano nazionale di numerazione, gli utenti finali di servizi telefonici accessibili al pubblico possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso, digitando, per l'appunto, il numero di emergenza unico europeo «112». Ai sensi del medesimo art. 76, inoltre, i numeri di emergenza nazionali sono, innanzitutto, stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita, in merito alla disponibilità dei numeri, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - quale «autorità nazionale di regolamentazione» cui si riferisce la direttiva comunitaria - e sono, quindi, recepiti dall'Autorità nel piano nazionale di numerazione.

Tutto ciò, allo scopo di garantire la certezza circa il numero o i numeri di emergenza cui fare riferimento ed evitare il rischio di sovrapposizioni.

6. - Il 23 novembre 2010, l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato, nell'interesse del Presidente del Consiglio dei ministri, una memoria illustrativa, insistendo per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate.

In particolare, ha richiamato la sentenza n. 167 del 2010, intervenuta nelle more del giudizio, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Friuli Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento della polizia locale): il cui contenuto risulterebbe - secondo il ricorrente - in larga misura sovrapponibile a quello delle norme oggetto dell'odierno scrutinio.

Il rilievo varrebbe, in specie, per l'art. 15, comma 1, della citata legge friulana, il quale - in modo analogo all'art. 4, comma 2, lettera c), della legge reg. Basilicata n. 41 del 2009 - attribuisce agli addetti alla polizia locale la qualifica di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria. Nel dichiarare l'incostituzionalità della norma in riferimento al medesimo parametro oggi invocato (l'art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.), la citata sentenza n. 167 del 2010 ha affermato che tale attribuzione deve ritenersi invasiva della sfera di competenza esclusiva statale in materia di giurisdizione penale, senza che rilevi, in senso contrario, l'esistenza di norme statali (quale, in particolare, l'art. 5 della legge n. 65 del 1986) che già riconoscono la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria al personale della polizia locale.

La medesima sentenza ha dichiarato, inoltre, l'incostituzionalità - per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. - dell'art. 8, comma 6, della legge friulana, recante una previsione assai simile, secondo l'Avvocatura dello Stato, a quella dell'impugnato art. 4, comma 2, lettera q), della legge reg. Basilicata n. 41 del 2009 («nell'esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza previste dalla normativa statale, la polizia locale assume il presidio del territorio tra i suoi compiti primari, al fine di garantire, in concorso con le forze di polizia dello Stato, la sicurezza urbana negli ambiti territoriali di riferimento»).

Nell'occasione, la Corte - dopo avere ribadito i propri orientamenti in ordine alle nozione di ordine pubblico e sicurezza - ha rilevato che, «quanto alla necessità di una collaborazione fra forze di polizia municipale e forze di polizia di Stato, l'art. 118, terzo comma, Cost. ha provveduto espressamente a demandare alla legge statale il compito di disciplinare eventuali forme di coordinamento nella materia dell'ordine pubblico e della sicurezza»; concludendo, quindi, che la norma regionale in questione, «disciplinando non solo modalità di esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza da parte della polizia locale, ma anche le forme della collaborazione con le forze della polizia dello Stato», violava la competenza legislativa esclusiva dello Stato prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.

Ad avviso del ricorrente, tale iter argomentativo sarebbe estensibile anche alla questione avente ad oggetto la norma della Regione Basilicata che qui interessa, concernente le intese di collaborazione nelle attività di pubblica sicurezza tra reparti di polizia locale di diversi comuni. Ciò troverebbe, del resto, conferma, «a contrario», in quanto affermato, nell'ambito della medesima citata sentenza, in relazione allo «sviluppo di politiche di sicurezza transfrontaliere», essendo stato al riguardo ulteriormente ribadito che solo «nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e nelle forme disciplinati da leggi dello Stato (sentenza n. 238 del 2004)».

Nel caso di specie, sarebbe quindi evidente che l'art. 4, comma 2, lettera q), della legge regionale in esame, stabilendo che le amministrazioni locali possono raggiungere intese di collaborazione nell'attività di pubblica sicurezza, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, esorbiti dal limite delle competenze regionali fissato dal parametro costituzionale invocato.
Motivi della decisione

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questioni di legittimità costituzionale in via principale di plurime disposizioni della legge della Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41 (Polizia locale e politiche di sicurezza urbana) - recante norme in materia di polizia locale e politiche di sicurezza urbana «in armonia con i principi stabiliti dalla legge 7 marzo 1986, n. 65» (Legge quadro sull'ordinamento della polizia locale) - deducendo la violazione dell'art. 117, primo e secondo comma, lettere h) ed l), della Costituzione.

2. - Il ricorrente censura, in primo luogo, l'art. 4, comma 2, lettera c), della citata legge lucana, ove si prevede che gli appartenenti alla polizia locale dei Comuni e delle Province esercitano «funzioni di polizia giudiziaria secondo le disposizioni della vigente legislazione statale, rivestendo, a tal fine, la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria riferita ai Comandanti, Ufficiali e Ispettori di Polizia Locale, a seguito di nomina da parte dell'Amministrazione di appartenenza in riferimento al disposto dell'art. 55 del codice di procedura penale, e di Agente di Polizia Giudiziaria, riferita agli Assistenti-Istruttori e agli Agenti di Polizia Locale».

Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la norma esorbiterebbe dall'ambito delle competenze legislative regionali, disponendo nella materia «giurisdizione penale», demandata alla competenza legislativa esclusiva statale dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

La questione è fondata.

Questa Corte ha già affermato in più occasioni che, «quanto alla polizia giudiziaria che, a norma dell'art. 55 del codice di procedura penale, opera, di propria iniziativa e per disposizione o delega dell'Autorità giudiziaria, ai fini dell'applicazione della legge penale, l'esclusione della competenza regionale risulta dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale disposta dalla lettera l) del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione» (sentenza n. 313 del 2003; nello stesso senso, sentenza n. 167 del 2010).

D'altro canto, il vigente codice di procedura penale ha configurato la polizia giudiziaria come soggetto ausiliario di uno dei soggetti del rapporto triadico in cui si esprime la funzione giurisdizionale (il pubblico ministero).

Ne consegue che va ritenuta costituzionalmente illegittima una norma regionale che - al pari di quella oggi impugnata - provveda ad attribuire al personale della polizia locale la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, trattandosi di compito riservato in via esclusiva alla legislazione statale (sentenze n. 167 del 2010 e n. 313 del 2003 cit.).

Né il richiamo, contenuto nella legge regionale, alla legge statale (e, comunque, la conformità della prima alla seconda) vale ad emendare il vizio denunciato. Il problema qui in discussione, infatti, «non è di stabilire se la legislazione regionale sia o non sia conforme a quella statale, ma, ancor prima, se sia competente o meno a disporre il riconoscimento» delle qualifiche di cui si tratta, «indipendentemente dalla conformità o dalla difformità rispetto alla legge dello Stato» (sentenza n. 313 del 2003; in senso analogo, sentenza n. 167 del 2010). La giurisprudenza di questa Corte è, del resto, costante nell'affermare che «la novazione della fonte con intrusione negli ambiti di competenza esclusiva statale costituisce causa di illegittimità della norma» regionale (ex plurimis, sentenze n. 167 del 2010 e n. 26 del 2005).

3. - Il ricorrente impugna, in secondo luogo, l'art. 4, commi 2, lettera q), e 4, della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, nella parte in cui prevede che possano essere raggiunte intese di collaborazione nell'attività di pubblica sicurezza tra le amministrazioni locali, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, inviandone comunicazione al prefetto solo nel caso in cui riguardino personale avente la qualità di agente in servizio armato.

La previsione normativa censurata violerebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., ponendosi, altresì, in contrasto con la legge statale n. 65 del 1986: legge che - dopo aver stabilito che gli addetti al servizio di polizia municipale collaborano, «nell'ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità» (art. 3) - qualifica come «ausiliarie» le funzioni di pubblica sicurezza esercitate dal suddetto personale (art. 5, comma 1, lettera c).

Anche tale questione è fondata.

L'art. 4, comma 1, lettera q), della legge regionale, nella parte oggetto di censura, consente agli appartenenti alla polizia locale dei Comuni e delle Province di esercitare «attività di concorso alla tutela della sicurezza pubblica», anche al di fuori del «rispettivo territorio di competenza», sulla base di intese tra le amministrazioni interessate; con la precisazione che le «intese di collaborazione tra reparti di diversi Comuni» possono essere raggiunte «solamente previo parere favorevole del Comandante del Corpo o Servizio, inviando comunicazione al Prefetto allorquando riguardino personale avente qualità di agente di pubblica sicurezza in servizio armato».

La descrizione dell'attività oggetto delle intese è fornita dal successivo comma 4 del medesimo art. 4 - cui la citata lettera q) del comma 2 rinvia - ai sensi del quale la polizia locale è chiamata a esercitare, «nei limiti previsti dalle deliberazioni dei comitati provinciali per l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, funzioni di tutela della sicurezza urbana, intesa come necessario presupposto dello sviluppo economico e sociale e della salvaguardia della vita delle persone residenti nel territorio, perseguita attraverso la coniugazione delle attività di prevenzione, mediazione dei conflitti, controllo e repressione».

In questa prospettiva - come attestano, da un lato, la stessa qualificazione dell'attività come di «concorso alla tutela della sicurezza pubblica» e, dall'altro, i riferimenti alla «salvaguardia della vita delle persone» tramite interventi di prevenzione e repressione - la regolamentazione delle «intese di collaborazione» oggetto di censura viene a collocarsi nell'ambito della materia «ordine pubblico e sicurezza», di competenza legislativa esclusiva statale: materia che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, attiene «alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell'ordine pubblico», inteso quest'ultimo quale «complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale» (ex plurimis, sentenza n. 129 del 2009 e - in rapporto a fattispecie nelle quali veniva specificamente in rilievo il concetto di «sicurezza urbana» - sentenze n. 274 e n. 226 del 2010, n. 196 del
2009). Donde la sussistenza della violazione denunciata.

Va, quindi, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, commi 2, lettera q), e 4, della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, nella parte in cui prevede che possano essere raggiunte intese di collaborazione nell'attività di pubblica sicurezza tra le amministrazioni locali, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, inviandone comunicazione al prefetto solo nel caso in cui riguardino personale avente la qualità di agente in servizio armato.

4. - Secondo il ricorrente, anche l'art. 11, comma 1, lettera d), della legge regionale censurata invaderebbe l'ambito della potestà legislativa statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza, definito dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.

Nel prevedere - quale requisito ulteriore, rispetto a quelli stabiliti dalla vigente legislazione statale, ai fini dell'ammissione ai concorsi per posti di polizia locale - che il candidato non debba «essere in possesso dello status di obiettore di coscienza», la menzionata disposizione si porrebbe, difatti, in contrasto con l'art. 1 della legge 23 agosto 2004, n. 226 (Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore), che sospende le chiamate per lo svolgimento del servizio di leva a decorrere dal 1° gennaio 2005. Ciò, in quanto lo «status» di obiettore di coscienza potrebbe assumere rilevanza solo in presenza di una chiamata alle armi obbligatoria.

La questione è inammissibile.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, infatti, pur deducendo la violazione di una competenza legislativa statale esclusiva - e, dunque, l'inesistenza di qualsiasi competenza regionale nella materia considerata - ravvisa contraddittoriamente la violazione della riserva statale solo nell'asserita incompatibilità della norma denunciata con la disciplina dettata dalla legge n. 226 del 2004 (ciò, a differenza di quanto avviene in rapporto alla questione precedentemente esaminata, rispetto alla quale la normativa statale risulta evocata, nella sostanza, solo al fine di dare conto del modo in cui la rivendicata potestà esclusiva è stata esercitata). Ne discende l'inammissibilità della questione, «non potendo coesistere - se non in un rapporto di subordinazione, non dedotto nel ricorso - una censura attinente sia all'an, sia al quomodo dell'esercizio della potestà regionale» (sentenza n. 391 del 2006).

A ciò va aggiunto che il parametro evocato è palesemente inconferente, giacché il requisito dell'assenza dello «status» di obiettore di coscienza, considerato nel contesto della disciplina in esame, incide sull'accesso a un pubblico concorso volto al reclutamento di personale che svolge funzioni di polizia amministrativa locale: dunque, su un ambito certamente estraneo alla materia «ordine pubblico e sicurezza», quale intesa dalla giurisprudenza costituzionale dianzi richiamata.

5. - Una ulteriore censura investe gli artt. 19, con l'allegato A, 20, 21, con l'allegato E, e 22, con l'allegato D, della legge regionale.

Ad avviso del ricorrente, le norme impugnate - nel definire le caratteristiche delle uniformi degli addetti alla polizia locale - avrebbero adottato colori, forme, mostreggiature e gradi somiglianti a quelli in uso alla polizia di Stato: ciò, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 6 della legge statale n. 65 del 1986, ai sensi del quale le uniformi della polizia locale devono essere tali da escludere la «stretta somiglianza» con quelle delle Forze di polizia e delle Forze armate dello Stato. Per questo verso, le disposizioni regionali tornerebbero a invadere la sfera della potestà legislativa esclusiva statale prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.

Anche tale questione è inammissibile, per la contraddittorietà della sua prospettazione.

Il ricorrente abbina, difatti, nuovamente l'allegazione dell'inesistenza della potestà legislativa regionale - insita nella denunciata violazione di un titolo di competenza statale esclusiva - con una censura che attiene, per converso, unicamente alle modalità con le quali detta potestà è stata concretamente esercitata, tali da porre le disposizioni impugnate in asserito contrasto con un precetto posto dalla legge statale.

6. - Da ultimo, la Presidenza del Consiglio dei ministri impugna l'art. 26 della legge regionale, il quale prevede che la polizia locale «disporrà di un numero telefonico unico (a 3 o 4 cifre) per il pronto intervento».

Secondo il ricorrente, la norma violerebbe l'art. 117, primo comma, Cost., ponendosi in contrasto con la direttiva 2002/22/CE, recepita con d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche a livello statale), che ha imposto agli Stati membri di istituire il numero unico di emergenza «112». La disposizione regionale vanificherebbe, difatti, la finalità della direttiva comunitaria e, conseguentemente, della normativa statale di recepimento: finalità che consisterebbe nel «garantire la certezza per la cittadinanza in ordine al numero o ai numeri di emergenza cui fare riferimento onde evitare il rischio di sovrapposizioni».

La questione è infondata.

L'intento della richiamata direttiva è quello di fornire ai cittadini il medesimo codice di accesso («112») ai servizi di emergenza su tutto il territorio dell'Unione, eliminando le differenze preesistenti relative ai numeri per le chiamate di emergenza. Detta uniformità non implica, tuttavia, l'esclusione di ulteriori numeri di emergenza nazionali o anche locali. Al contrario - analogamente a quanto già stabilito dalla decisione 91/396/CEE del Consiglio, la quale aveva introdotto il numero unico europeo «parallelamente a ogni altro numero nazionale esistente per tali chiamate» (art. 1) - la citata direttiva 2002/22/CE consente espressamente agli Stati membri di prevedere ulteriori numeri di emergenza nazionali (art. 26).

A conferma di ciò, nel recepire la direttiva, il d.lgs. n. 259 del 2003, all'art. 76, ha ribadito la possibilità che siano previsti numeri di emergenza nazionali e ha stabilito le modalità per la loro determinazione.
P.Q.M.

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, lettera c), della legge della Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41 (Polizia locale e politiche di sicurezza urbana);

2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, commi 2, lettera q), e 4, della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, nella parte in cui prevede che possano essere raggiunte intese di collaborazione nell'attività di pubblica sicurezza tra le amministrazioni locali, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, inviandone comunicazione al prefetto solo nel caso in cui riguardino personale avente la qualità di agente in servizio armato;

3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 11, comma 1, lettera d), 19, con l'allegato A, 20, 21, con l'allegato E, e 22, con l'allegato D, della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;

4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 della legge della Regione Basilicata n. 41 del 2009, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Sicurezza: Consulta; Silp-Cgil, non si può minimizzare censura. Per superarla non basta legge ordinaria

SICUREZZA:CONSULTA;SILP-CGIL,NON SI PUO' MINIMIZZARE CENSURA
'PER SUPERARLA NON BASTA LEGGE ORDINARIA'
(ANSA) - ROMA, 8 APR - ''A chi minimizza sugli effetti della
pronuncia della Consulta in materia di ordinanze dei sindaci,
ricordiamo che il fondamento delle censure della Corte risiede
nel Titolo V della Costituzione che attribuisce allo Stato la
competenza in materia di ordine e sicurezza pubblica''. LO
afferma Claudio Giardullo, segretario generale del sindacato di
polizia Silp-Cgil.
''Il che - spiega Giardullo - esclude che ai sindaci possa
essere riconosciuto un generale e permanente potere di
introdurre divieti e obblighi di comportamento al di fuori di
quelle condizioni, la necessita' e l'urgenza, che sono l'unica
eccezione prevista dal nostro ordinamento''.
''Pensiamo, dunque - conclude il segretario del Silp - che
non sarebbe sufficiente una legge ordinaria per superare quel
principio costituzionale e riconoscere, in via generale e
permanente, questo potere, ma servirebbe una modifica all'art.
117 della Costituzione. E pensiamo anche che sarebbe piu' utile
per il Paese rafforzare il sistema di sicurezza pubblica,
anziche' farne semplice strumento di campagna elettorale''.
(ANSA).

NE
08-APR-11 18:02 NNNN

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"A Roma pochi poliziotti: uno ogni duemila abitanti".."La sicurezza non è uno spot. La criminalità aumenta e la 'politica' non fornisce risposte adeguate' "..."La Consulta boccia i sindaci-sceriffi"..."Meno poteri ai sindaci nelle scelte sulla sicurezza"..."Ancora figuracce: il pacchetto sicurezza viola la Costituzione" Le organizzazioni criminali presenti nel Lazio. Per gentile concessione del Silp Cgil Roma e Lazio


"A Roma pochi poliziotti: uno ogni duemila abitanti".."La sicurezza non è uno spot. La criminalità aumenta e la 'politica' non fornisce risposte adeguate' "..."La Consulta boccia i sindaci-sceriffi"..."Meno poteri ai sindaci nelle scelte sulla sicurezza"..."Ancora figuracce: il pacchetto sicurezza viola la Costituzione"

 

"A Roma pochi poliziotti: uno ogni duemila abitanti".."La sicurezza non è uno spot. La criminalità aumenta e la 'politica' non fornisce risposte adeguate' "..."La Consulta boccia i sindaci-sceriffi"..."Meno poteri ai sindaci nelle scelte sulla sicurezza"..."Ancora figuracce: il pacchetto sicurezza viola la Costituzione"






















"Bimbe molestate.."

L'Italia di B. non è l'unica, mandateci le vostre storie


giovedì 7 aprile 2011

OMOFOBIA:ASSOCIAZIONI,BENE ACCORDO POLIZIA-PARI OPPORTUNITA'




OMOFOBIA:ASSOCIAZIONI,BENE ACCORDO POLIZIA-PARI OPPORTUNITA'

(ANSA) - ROMA, 7 APR - "Questa mattina il capo della Polizia
di Stato Antonio Manganelli ha annunciato alle associazioni
omosessuali e transessuali presenti alla periodica riunione
dell'Oscad, l'Osservatorio sulla sicurezza contro gli atti
discriminatori, la firma di un protocollo d'intesa con il
Ministero delle Pari Opportunit…. L'accordo prevede corsi di
formazione sul contrasto dell'omofobia e della transfobia al
secondo anno della scuola di polizia". Lo rendono noto Enrico
Oliari, presidente di Gay Lib e Fabrizio Marrazzo, portavoce del
Gay Center di Roma.
"Si tratta - aggiungono - di un accordo molto importante. Le
forze dell'ordine sono fondamentali nel contrasto di ogni forma
di intolleranza e discriminazione. Oggi la maggioranza delle
persone lesbiche, gay e trans non denuncia perch‚ teme
conseguenze negative nella propria vita privata, familiare o
professionale. Soltanto due casi su dieci vengono denunciati. In
questo modo si avvia un percorso che avvicina l'Italia
all'Europa, dove le forze di polizia sono in prima linea
sostenendo chi subisce discriminazioni e violenze perch‚
lesbica, gay o trans attraverso molti servizi. Vogliamo
ringraziare il prefetto Manganelli e il prefetto Francesco
Cirillo per lo straordinario impegno e per aver coinvolto a
tutti i livelli sia la Polizia di Stato che i Carabinieri anche
nell'elaborazione di soluzioni innovative".
"La nostra collaborazione con Oscad - spiega Marrazzo - Š
stata positiva. Negli ultimi mesi la sinergia, anche con la
squadra mobile di Roma, ha reso possibile la soluzione di due
casi di violenza, uno dei quali particolarmente efferata ai
danni di un ventenne ferito con cocci di bottiglia al collo e al
volto che si era rivolto al servizio Gay Help Line. I
responsabili del crimine sono stati, infatti, individuati e ora
sono in attesa di giudizio". (ANSA).

AB
07-APR-11 15:00 NNNN
OMOFOBIA:CAPO POLIZIA, LOTTA AD OGNI FORMA DISCRIMINAZIONE
MANGANELLI;AGEVOLARE CHI DENUNCIA. STRATEGIE PREVENZIONE
(ANSA) - ROMA, 7 APR - Il capo della Polizia, Antonio
Manganelli promette: "lotta ad ogni forma di discriminazione,
prevenzione ma anche repressione''. Lo ha detto nel corso
dell'incontro per la firma del protocollo d'intesa tra
l'Osservatorio per la Sicurezza della Polizia contro gli Atti
Discriminatori e l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni
razziali del ministero per le pari opportunit…).
"Con la firma di questo accordo", ha detto Manganelli, "vogliamo
qualificare e quantificare i fenomeni di discriminazione in
tutta la loro gravit…. Andare verso la prevenzione di ogni forma
di discriminazione ma anche verso la repressione immediata di
ogni forma di comportamento che, in questo ambito, costituisca
un vero e proprio reato".
"Per fare questo - ha aggiunto - bisogna agevolare chi intende
denunciare e creare degli interlocutori che possano dialogare
con i cittadini con quella sensibilit… e professionalit… che non
Š da tutti".
"Il risultato di quest'accordo" ha proseguito il Prefetto
Manganelli, "Š un importante passo avanti per debellare una
serie di fenomeni discriminatori che incidono fortemente sul
senso di insicurezza dei cittadini ma resta comunque molto da
fare''. ''Ce lo dicono i nostri sensori sul territorio, le
stazioni dei carabinieri, i commissariati e le questure, che ci
fanno recepire la necessit… di intervenire con determinazione ed
in modo sinergico affinch‚ sia sotto il profilo della crescita
culturale sia sotto il profilo di adeguate strategie di
prevenzione e anche repressione, si ponga fine - ha concluso - a
qualsiasi forma di discriminazione, commessa contro chiunque, in
qualunque contesto''.

AU
07-APR-11 15:54 NNNN

OMOFOBIA:ASSOCIAZIONI,BENE ACCORDO POLIZIA-PARI OPPORTUNITA' (2)

(ANSA) - ROMA, 7 APR - Il protocollo, siglato oggi alla
Scuola Superiore di Polizia, tra l'OSCAD (l'Osservatorio per la
Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori) e l'UNAR(Ufficio
nazionale antidiscriminazioni razziali del ministero per le pari
opportunita') alla presenza del Capo della Polizia, Antonio
Manganelli, Š finalizzato a definire le modalit… di scambio
informativo sui casi di discriminazione e di quelli con
rilevanza penale(reati aggravati ai sensi dell'art. 3 della c.d.
"legge Mancino".
L'obiettivo e' coinvolgere l'OSCAD, per una eventuale
collaborazione in progetti, coordinati dall'UNAR, che
interessino le varie reti territoriali (costituite da
istituzioni, associazioni, osservatori…) contro le
discriminazioni e realizzare, da parte dell'UNAR, attivit…
formative e di aggiornamento per le Forze di Polizia.
Alla firma del protocollo hanno partecipato anche
rappresentanti di associazioni che si occupano di
discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali,
religiosi o legati all'orientamento sessuale, tra i quali: ACLI,
Amnesty International, Arcigay, CIR (Consiglio Italiano
Rifugiati), Comunit… Sant'Egidio, GayLib, Polis Aperta, Rete
Lenford e l'UFTDU (Unione Forense per la Tutela dei Diritti
Umani).
(ANSA).

AU
07-APR-11 15:21 NNNN