Dal canale di Francesco Dall'Aglio War Room - Russia, Ucraina, NATO - 1/2
La mostrificazione (termine orrendo e anch'esso mostruoso, ma rende l'idea) della Russia e di tutto ciò che è russo da parte nostra non ha nulla a che vedere con la Russia in sé e ancor meno col sostegno all'Ucraina,
ma risponde a logiche completamente interne - interne alla NATO, o
all'Occidente, o al "giardino" di Borrell, chiamatelo come volete, e
segnatamente alla sua organizzazione militare ed economica. Non diciamo,
mi pare, nulla di nuovo e che non abbiamo già ripetuto varie volte.
All'inizio si è trattato di una colossale occasione per svuotare i magazzini della roba vecchia che
stava lì ad arrugginire dai tempi della guerra fredda, la cui presenza
impediva nuove commesse e nuovi investimenti ("mamma, possiamo comprare
dei cannoni?" "Ce li abbiamo a casa i cannoni") e costava parecchio, in termini di manutenzione e spazio di stoccaggio.
Mandandoli in Ucraina ci si guadagnava qualcosa, si faceva bella
figura, e si costringevano i governi nazionali e l'Unione Europea (in
questa circostanza del tutto coincidente alla NATO, e soprattutto
completamente subordinata) a tirare fuori soldi per comprare armi nuove o
meno vecchie, nella solita partita di giro nella quale guadagnano tutti, produttori, fornitori, intermediari e utilizzatori finali. Anche
qui, nulla di nuovo: alla fine non c'è troppa differenza tra il mercato
delle auto usate e dei semoventi usati, e la guerra in Ucraina per i
nostri eserciti è stata un po' come l'Euro 4 e l'Euro 5 per il parco
macchine europeo.
Ultimamente, però, qualcosa è cambiato. Due cose, sostanzialmente.
La
prima, il conflitto in Ucraina ci ha fatto capire bruscamente che il
tipo di eserciti che stavamo costruendo, ossia piccoli, ipertecnologici e
iperspecializzati, ma con pochi uomini e pochi mezzi, non funziona quando non hai a che fare con beduini, pastorelli e valligiani.
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La seconda, ancora più terribile: il nostro sistema industriale, che sognavamo onnipotente e in grado di sfornare qualsiasi cosa desiderassimo in tempi brevissimi e in quantità stratosferiche, non è più in grado di produrre quello che ci serve per un conflitto convenzionale del tipo che stiamo vedendo in Ucraina o a Gaza. Non abbiamo munizioni ed equipaggiamento sufficiente, e soprattutto non abbiamo più i mezzi per procuracelo.
Ah, ce n'è una terza: buona parte del mondo si è stufata di noi, e non si sta facendo più problemi a farcelo notare. Quello che serve, dunque, è ripensare interamente il nostro sistema produttivo, ovvero la nostra società. "Pace o condizionatori", aveva
detto quel signore: ma lo aveva detto troppo presto, e la gente lo ha
preso in giro. Non c'era stato il tempo di preparare l'opinione pubblica
alla necessità di tagliare non i condizionatori, ma l'istruzione, la sanità, la spesa pubblica in generale, e convertirla in spese militari per provare a mantenere la nostra supremazia globale.
E questo spiega il perché del discorso che negli ultimi mesi si è fatto sempre più tambureggiante, secondo
il quale dopo l'Ucraina (che, faccio notare, abbiamo già
tranquillamente dato per persa) sarà la volta del Baltico, della
Polonia, e poi chissà di che altro, e quindi è necessario difendersi, e
per difendersi produrre, e per produrre trovare i soldi, togliendoli a
qualcos'altro (quest'ultimo dettaglio non viene comunicato, ma è abbastanza ovvio).
Abbiamo
letto prima accenni e poi appelli, ma finora affidati a giornalisti
collusi col sistema di prebende liberal-atlantiste, che potevamo leggere
o meno, seguire o meno, approvare o meno, e a qualche politico di
seconda fascia o di paesi piccini che non vedono l'ora di sacrificare il
continente sperando di vincere la guerra che i loro nonni, per fortuna,
hanno perso. Finché ieri, finalmente, non ci ha pensato l'ammiraglio Bauer, comandante del NATO Military Committee, composto dai Capi di Stato Maggiore di tutti i Paesi NATO, a mettere in chiaro le cose (trovate tutto qui).
Entro
vent'anni, ha detto, ci troveremo nella necessità di impegnarci in una
guerra totale contro la Russia, per la quale non dobbiamo solo rinnovare
le nostre forze armate ma riorganizzare la società. Non possiamo più
dare per scontata la pace: “dobbiamo essere pronti a vasto spettro. Bisogna mettere in piedi un sistema per trovare più gente se si arriva alla guerra, che ci si arrivi o no. Poi si parla di mobilitazione, riservisti o coscrizione. Bisogna
poter contare su una base industriale che sia capace di produrre
armamenti e munizioni abbastanza velocemente da poter continuare il
conflitto se ce ne sarà uno".
Francesco Dall'Aglio
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