ATTO CAMERA
MOZIONE 1/00356
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 19Seduta di annuncio: 376 del 05/11/2024
Firmatari
Primo firmatario: POLIDORI CATIA
Gruppo: FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE
Data firma: 04/11/2024
Elenco dei co-firmatari dell'atto Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma BATTILOCCHIO ALESSANDRO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 05/11/2024 BERGAMINI DEBORAH FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 05/11/2024 BOSCAINI MARIA PAOLA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 05/11/2024 DALLA CHIESA RITA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 05/11/2024 DE MONTE ISABELLA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 05/11/2024 PATRIARCA ANNARITA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 05/11/2024 ROSSELLO CRISTINA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 05/11/2024 SACCANI JOTTI GLORIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 05/11/2024 TASSINARI ROSARIA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 05/11/2024 TENERINI CHIARA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE - PPE 05/11/2024
Stato iter:
IN CORSOMozione 1-00356
La Camera,
premesso che:
la Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1993, definisce la violenza contro le donne «Ogni atto di violenza fondato sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata»;
la violenza di genere si riscontra in ogni atto inserito nell'agire quotidiano che si basa e, a sua volta, determina differenze sociali ed economiche tra uomini e donne. Tale forma di violenza si differenzia dalla violenza domestica propriamente detta che è un concetto circoscritto all'ambito privato e che si inserisce nella quotidianità familiare; sin dalla loro fondazione, le Nazioni Unite hanno svolto un ruolo indispensabile per l'avanzamento e la difesa dei diritti delle donne. Sotto l'egida dell'Onu, viene fondata la Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne, che si occupa di promuovere la parità di genere e della stesura sia della Dichiarazione universale dei diritti umani sia della Convenzione sui diritti politici delle donne: primo strumento giuridico riguardante i diritti della donna che enuncia il diritto a votare, ad essere elette e a poter svolgere qualsiasi impiego pubblico; punto di svolta per il mondo femminile è l'adozione della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne adottata dall'Assemblea Generale con la Risoluzione 2263 (XXII) del 7 novembre 1967 essa elenca i diritti che devono essere garantiti alle donne e le misure che gli Stati devono mettere in atto per eliminare ogni forma di discriminazione nei loro confronti; nell'ultimo decennio è stato compiuto un importante sforzo in termini di mutazione e innovazione del quadro normativo, così come nella pianificazione di interventi e strumenti più aderenti alle necessità emergenti;
con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza; la Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella sfera pubblica sia nella sfera privata; la Convenzione interviene, inoltre, specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali si applicano le medesime norme di tutela;
il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni dalla legge n. 119 del 2013 recante misure contro la violenza di genere, ha per la prima volta definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con l'obiettivo, da un lato, di rafforzare gli strumenti repressivi, secondo un disegno che tenga conto delle caratteristiche delle violenze di genere, e dall'altro con l'intenzione di implementare gli strumenti volti a tutelare la vittima stessa. Ha poi introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale: modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere del giudice di comunicare rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito;
inoltre, la legge de qua ha previsto che: «Il Ministro delegato per le pari opportunità, anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità [...] elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza», e adotta un «Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere» [...] con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale;
il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023 in continuità con il Piano precedente 2017-2020, è articolato in 4 assi (Prevenzione, Protezione e sostegno, Perseguire e punire, assistenza e Promozione) in analogia alla Convenzione di Istanbul. Il Piano ha fatto proprie molte delle istanze avanzate dalla Commissione parlamentare sul femminicidio, nella Relazione sulla governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio, approvata, il 14 luglio 2020, che segnalava come prioritario e urgente «1) implementare le risorse per l'intero sistema di prevenzione e contrasto alla violenza, semplificare e velocizzare il percorso dei finanziamenti, verificarne l'effettiva erogazione ai centri antiviolenza e alle case rifugio attraverso un sistema di monitoraggio più efficace e potenziare la governance centrale del sistema»;
come si evince dai dati, la violenza contro le donne in Italia è un fenomeno strutturale e diffuso e in allarmante crescita: dato che rappresenta uno dei maggiori ostacoli al conseguimento della parità di genere;
i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e costituiscono il precipitato di una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra donne e uomini, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;
la violenza degli uomini sulle donne, alla cui base sono radicati misoginia, discriminazione e un insostenibile divario di genere in termini sociali, lavorativi, salariali, culturali, rappresenta una tra le più gravi e profonde violazioni dei diritti umani a livello globale; questa particolare giornata fornisce un'occasione ai Governi, alle istituzioni nazionali, alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative sia per organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica, sia per individuare sempre migliori strategie finalizzate allo sradicamento di quella che non è neppure più definibile quale situazione emergenziale, bensì quale fenomeno endemico e strutturale;
la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, evidenzia come il legislatore «in costante raccordo con tutte le istituzioni e gli ordini professionali coinvolti, ha il dovere di rafforzare e mettere a sistema i modelli positivi emersi, come pure di implementare le misure normative vigenti al fine di garantire a tutti i soggetti coinvolti l'accesso agli strumenti processuali e la formazione necessaria per una corretta lettura e un efficace e tempestivo contrasto della violenza di genere e domestica»;
la cronaca quotidiana in Italia e nel mondo dimostra che non si può affrontare e sconfiggere la crescente ferocia degli uomini nei confronti di donne e bambine, in qualunque forma essa si manifesti, dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla violenza domestica a quella economica, dall'odio in rete al revenge porn, dalla tratta allo sfruttamento, dallo stalking alle molestie e allo stupro, fino all'apice del femminicidio, senza correlarla al tema della parità di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi purtroppo ancora mancati;
non a caso, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), a valere sul dispositivo Next Generation EU, rappresenta l'occasione anche per recuperare i ritardi che penalizzano storicamente il nostro Paese. Per essere efficace, strutturale e in linea con gli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali, la ripresa dell'Italia deve promuovere le pari opportunità, con particolare attenzione al mondo del lavoro: la mobilitazione delle energie femminili, così come dimostrato da numerosi studi internazionali, è fattore dirimente per una reale ripresa economica del Paese e, per questo motivo, occorre intervenire sulle molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne al fine di liberarne tutto il potenziale inespresso;
molte sono le misure approvate nelle precedenti e anche in questa legislatura, da Governo e Parlamento, volte a promuovere con decisione politiche per garantire la parità di genere, incrementare l'occupazione femminile, sostenere l'indipendenza economica, l'autonomia e l'emancipazione delle donne;
per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», occorre segnalare che, a partire dal 2009, anno della modifica delle norme in materia di stalking, si sono susseguite ben 26 iniziative legislative atte ad adeguare la legislazione penale: un impianto robusto e articolato;
la legge 9 dicembre 2023, n. 168, recante «Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza di genere», operando sul versante penalistico, ha ampliato i casi in cui il questore, anche in assenza di querela, può procedere all'ammonimento dell'accusato negli ambiti riconducibili alla violenza domestica, aumentato le pene previste per i delitti catalogo della violenza di genere. Il provvedimento ha potenziato il sistema delle misure di prevenzione, rafforzato lo strumento della custodia cautelare in carcere ed introdotto lo strumento della flagranza differita. Sotto altro versante, in ossequio agli impegni assunti con la ratifica della Convenzione di Istanbul, si è impegnato il Governo a predisporre apposite linee guida nazionali per una formazione «adeguata e omogenea» degli operatori che entrano a contatto con le donne vittime di violenza entro 12 mesi dall'entrata in vigore del testo di legge. Lo stesso articolo rafforza l'obbligo formativo inserendo iniziative formative in materia nelle linee programmatiche proposte annualmente dal Ministero della giustizia alla Scuola superiore della magistratura;
il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/01294-A/007, impegnandosi ad istituire presso il Dipartimento per le Pari Opportunità un tavolo inter-istituzionale, con la partecipazione di rappresentanti del Dipartimento per la trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri, dell'Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni, del Garante della Privacy, dei Ministeri dell'interno, della difesa e delle imprese e made in Italy e con il coinvolgimento delle Associazioni di settore, per l'individuazione dei più appropriati strumenti tecnologici funzionali allo scopo e delle relative modalità operative. Ciò al fine di rafforzare la prevenzione dei fenomeni della violenza sulle donne, prevenzione che si deve tradurre anche in assistenza continua alla donna che ne ravvisi la necessità: fra questi strumenti allo studio del Governo possono individuarsi certamente quelli informatici, quali lo sviluppo di un'applicazione informatica e un servizio di assistenza e sostegno telefonici, messi a disposizione di chi ne abbia bisogno in forma gratuita;
sulla scorta della recrudescenza dei fenomeni di violenza contro le donne, il fil rouge che unisce le svariate disposizioni in materia di contrasto a tale fenomeno va ravvisato nel privilegiare la dimensione della punizione/perseguimento, dimensione certamente rilevante, una dimensione che necessita di un affiancamento a una più compiuta attuazione degli altri pilastri della convenzione di Istanbul: prevenzione, protezione e politiche integrate. Certamente, ciò non significa che gli strumenti repressivi siano inutili, bensì che gli stessi debbano interagire con un sostanziale mutamento culturale, con un solido radicamento di valori di rispetto e riconoscimento e valorizzazione delle differenze di genere al fine di prevenire i fenomeni di violenza contro le donne e, quindi, di arginarli;
le modifiche codicistiche sono certamente rilevanti e, in tal senso, pare importante incidere ulteriormente sulla conoscenza da parte della donna vittima di violenza dell'iter processuale a carico del suo persecutore, anche tramite la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all'articolo 415-bis del codice di rito;
altra misura necessaria è quella del gratuito patrocinio in favore delle donne vittime di violenza in sede civile indipendentemente dal reddito. Alla luce delle nuove norme introdotte a contrasto della violenza contro le donne e domestica deve necessariamente trovare spazio l'estensione del patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dal reddito, anche in sede civile, in ragione del fatto che ora l'azione di tutela delle vittime può essere svolta anche indipendentemente all'azione penale. Attualmente, l'esenzione è prevista unicamente agli orfani di femminicidio con la modifica dell'articolo 76, comma 4-quater del T.U. – spese di giustizia: deve pertanto essere introdotta, quale ulteriore legittimo strumento di tutela per le vittime di violenza, volto altresì ad uniformare la garanzia di legge in entrambi i procedimenti;
deve essere adeguatamente considerato, poi, il riconoscimento, anche a livello normativo, del ruolo svolto dalle Forze di polizia con riferimento al momento iniziale dell'acquisizione delle informazioni dalle parti offese e da quelle querelanti o denuncianti: l'estrema complessità del ruolo svolto dalle forze di polizia in tale delicato momento, impongono di valutare l'ormai improcrastinabile necessità di garantire personale adeguato in termini numerici e di formazione, nonché una presenza articolata sul territorio;
in ragione della peculiarità della tematica in questione, sembra fondamentale che le donne siano supportate nel difficile percorso di emancipazione dalla condizione di violenza mediante la denuncia da associazioni di categoria che possano assisterle e seguirle sino alla conclusione del processo in tutte le sue fasi e gradi;
parimenti esiziale è il tema della specializzazione sia della magistratura requirente, quanto di quella giudicante, al fine di garantire una risposta professionale adeguata alle specificità proprie tanto delle indagini, quanto dei processi nella delicatissima materia della violenza sulle donne;
non può non segnalarsi che gli interventi legislativi degli ultimi anni abbiano condotto ad un aumento esponenziale delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle associazioni e ai gruppi di ascolto, vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione fisiologica e ordinaria, bensì un male da estirpare;
ciò nonostante, la denuncia costituisce solo un passo embrionale e di per sé non è risolutiva della problematica; invero, se l'aumento del numero di segnalazioni deve essere interpretato positivamente, non esclude il dovere irrinunciabile delle Istituzioni di proseguire nel garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di che le maltratta, offende, sevizia, violenta e tormenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia;
pertanto, è evidente che a mancare non sia tanto l'attenzione delle istituzioni al tema o le tutele legali sul piano strettamente formale, data la presenza di molteplici fonti nazionali e sovranazionali che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono l'uguaglianza di genere, quanto piuttosto tutele operative, concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base ad un piano che operi sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;
la violenza di genere costituisce, da alcuni anni, oggetto di misurazione statistica anche in Italia. L'Istat ha infatti elaborato due indagini, una nel 2006 e nel 2014. In base ai dati dell'ultima indagine sulla sicurezza delle donne (2014), nel corso della propria vita poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (6 milioni 788.000), quasi una su tre (31,5 per cento), riferiscono di aver subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale, dalle forme meno gravi (come la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro. Gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono prevalentemente i partner attuali o gli ex partner: due milioni e 800.000 donne ne sono state vittime. Il 10,6 per cento delle donne dichiara di aver subito una qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni. Più di una donna su tre, tra le vittime della violenza del partner, ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni (37,6 per cento). Circa il 20 per cento è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite riportate. Più di un quinto di coloro che sono state ricoverate ha riportato danni permanenti;
la complessità del fenomeno, richiede una strategia integrata che si basi su un approccio multidimensionale, sistemico ed inter-istituzionale. Un'azione globale, che deve fondarsi su di una solida conoscenza delle problematiche e su un'approfondita analisi dei dati disponibili;
dapprima la pandemia da COVID-19 e le conseguenti misure di contenimento, poi la crisi economica che ha investito il nostro Paese a seguito del conflitto russo-ucraino, hanno ulteriormente evidenziato il tema della violenza contro le donne, enfatizzando le lacune tuttora esistenti per una efficace tutela;
con la circolare del 21 marzo 2020 della Ministra dell'interno in accordo con la Ministra per le pari opportunità che ha impegnato le prefetture a supportare i centri antiviolenza e le case rifugio individuando soluzioni abitative temporanee da utilizzare per la quarantena prima di fare il loro ingresso nelle strutture. Con una seconda circolare (20 aprile 2020) i prefetti hanno potuto individuare un «punto di contatto» cui rivolgersi;
il numero 1522, la cui operatività è stata resa strutturale dal decreto P.A., e l'App YouPol sono stati potenziati e le campagne di sensibilizzazione promosse dal Dipartimento per le pari opportunità sui canali televisivi e rilanciate sui «social» hanno rinforzato il messaggio dell'importanza della richiesta di aiuto per uscire dalla violenza;
il tema delle case rifugio è anche un altro dato importante, da celebrare nella Giornata contro la Violenza sulle donne: secondo i dati raccolti quest'anno dall'Istat dicono che queste strutture, nella maggior parte dei casi, hanno un vero effetto salvifico per le donne che riescono a sfuggire alla violenza domestica. Sono hub di benessere, di salvezza, un modo per fuggire alla prigione creata solitamente da un uomo violento: il lavoro delle case rifugio è fondamentale proprio per il valore che apportano non solo sulla vita delle assistite ma anche sulla società;
secondo un report dell'Istat, nel 2020 e cresciuta l'offerta di servizi sia dei centri antiviolenza (CAV) sia delle Case rifugio per le donne maltrattate. In particolare sono state aperte 12 nuove Case e 11 Centri antiviolenza. Persistono, tuttavia, forti differenze territoriali: tuttavia è al Nord che si concentra la quota maggiore di Case rifugio (70,2 per cento, 257 in valore assoluto) e il 41,7 per cento dei Centri antiviolenza (146). Sia le Case rifugio sia i Centri antiviolenza sono raggiungibili h24 nella gran parte dei casi: l'85,5 per cento delle Case rifugio (87,5 per cento nel 2019) e il 71,9 per cento dei Centri antiviolenza (come nel 2019). La maggioranza delle Case (83,5 per cento) e tutti i Centri hanno almeno un locale idoneo a garantire lo svolgimento delle attività nel rispetto della privacy delle utenti;
la distribuzione territoriale dei servizi per il contrasto della violenza di genere non è, dunque, omogenea. Al Nord si concentra il 70,2 per cento delle Case rifugio (257) e il 41,7 per cento dei Centri antiviolenza (146); a seguire il Sud dove sono attivi 104 CAV (29,7 per cento del totale nazionale). La presenza di questi servizi è minore nelle restanti aree geografiche, raggiungendo il valore minimo per entrambe le tipologie nelle Isole (19 Case rifugio e 35 Centri antiviolenza, pari rispettivamente al 5,2 per cento e al 10 per cento del totale delle unità-attive). Se si rapportano i servizi alla popolazione femminile cui potenzialmente sono rivolti, l'offerta delle Case rifugio è pari a 0,12 per 10 mila donne e quella dei Centri antiviolenza a 0,11 per 10 mila donne. Considerando esclusivamente le donne vittime di violenza, l'offerta dei servizi specializzati sul territorio sale a 1,6 ogni 10 mila vittime per le Case rifugio e a 1,5 ogni 10 mila vittime per i Centri antiviolenza;
è necessario potenziare tale sistema e renderlo omogeneo in tutte le aree del Paese, implementando le relative risorse, rese strutturali con la legge di bilancio per l'anno 2022, e individuando possibili modalità di riduzione della tempistica di erogazione delle relative risorse alle regioni, oltre che potenziare il sistema di monitoraggio, introdotto con il riparto del 2019 con l'obiettivo di disporre di un quadro informativo puntuale sull'effettivo utilizzo delle risorse da parte delle regioni;
non tutti i femminicidi sono prevedibili: molti si verificano non dove ci sono episodi di violenza fisica precedenti, ma dove c'è stata violenza psicologica. In questi casi è difficile prevenire con una migliore applicazione della legge e per questo si rende sempre più stringente l'esigenza di intervenire culturalmente con una sensibilizzazione a partire dalle nuove generazioni nelle scuole: una simile rivoluzione culturale passa per le parole, per il non ridere alle battute sessiste;
il sistema educativo assume significato nei diversi livelli e con modalità differenti nella lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica; la scuola è un osservatorio privilegiato sulla vita delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, in cui figure di prossimità di grande importanza, come gli insegnanti, possono favorire l'emersione della violenza subita e assistita, riconoscendo i segnali di disagio e attivando segnalazioni e percorsi di sostegno e di aiuto. I dati forniti dall'Istat con la ricerca sulla violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia, mostrano che il 10 per cento delle donne vittime di violenze sessuali le ha subite prima dei 16 anni, quindi nella fascia d'età dell'obbligo scolastico; nel caso poi dei figli delle donne vittime di violenza, il 65 per cento ha assistito agli abusi subiti dalla madre e la violenza assistita si configura a tutti gli effetti come una violenza, con conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo psicofisico del minore;
la scuola, senza sostituirsi alla famiglia, è chiamata a proporre e ad avviare le studentesse e gli studenti in modo adeguato all'età, a una riflessione sulla qualità dei rapporti tra uomo e donna, e deve impegnarsi nel realizzare una reale inclusione per valorizzare le singole individualità e coadiuvare le famiglie nell'educare le nuove generazioni al valore positivo della cultura del rispetto. La nascita di una dialettica tra identità e diversità consente la più compiuta affermazione dell'individuo;
l'esperienza della scuola segna tutto il periodo di crescita e di formazione dei minori: si parte dalla fase educativa dei nidi e delle scuole dell'infanzia per poi passare a quella delle scuole di ogni ordine e grado in cui ogni bambina e ogni bambino è accompagnato, anno dopo anno, nel lungo percorso di formazione della personalità, di cambiamento del corpo, di crescita intellettuale. In tale contesto la scuola si affianca ed è a sua volta affiancata dalle famiglie, un contesto articolato, quindi, nel quale la figura dello psicologo scolastico deve essere visto come una figura di collegamento tra tutti i soggetti che entrano in relazione tra loro, scuola e famiglia, scuola e servizi socio-sanitari, docenti e alunni, che sia in grado di riconoscere un disagio o potenziali patologie, che funga da supporto ad un sano sviluppo di interessi e stili cognitivi;
lo psicologo scolastico deve diventare un punto di riferimento stabile e costante per l'adolescente, non soltanto nei momenti di difficoltà, ma nel quotidiano confronto con le più varie forme di disagio e nel confronto con modelli sociali sempre più spesso distorsivi;
sarebbe altresì opportuno che le istituzioni scolastiche, anche promuovendo l'adozione di una strategia condivisa in collaborazione con le famiglie, le amministrazioni locali, i servizi socio-sanitari, gli altri soggetti del sistema di educazione e di formazione, inserissero la prospettiva all'educazione al rispetto nel piano di percorsi e di servizi che accompagnano l'uomo e la donna nelle diverse situazioni della vita e nello sviluppo del proprio progetto personale, educativo e professionale;
il problema, come riportato nella citata relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, è di entità tale da richiedere interventi che, in termini di costi e rispetto dei vincoli di bilancio pubblico, sono meno onerosi delle conseguenze derivanti dagli atti di violenza;
in un'ottica di prevenzione dei fatti di violenza contro le donne, al fine di fornire a queste ultime strumenti psicologici e caratteriali, ma anche forza fisica, che consentano di respingere eventuali atti di violenza, anche verbale, è molto utile la pratica di sport di autodifesa che dovrebbero essere offerte in forma gratuita, anche in collegamento con i centri anti-violenza, le cui risorse finanziarie dovrebbero essere implementate;
al pari dei sopracitati ambiti di intervento, nell'impegno contro la violenza sulle donne, riveste un ruolo di primo piano l'investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell'esperienza femminile: il sostegno all'indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza di genere e tutelare le vittime di questa piaga sociale;
sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell'ultimo decennio, l'Italia rimane tra i Paesi dell'Unione europea con il più ampio gender gap occupazionale. Nel 2019, il tasso di occupazione nella fascia di età (20-64) è pari al 54 per cento per le donne rispetto al 73 per cento per gli uomini. Tenendo conto del numero di ore lavorate, il tasso di occupazione delle donne è pari al 31 per cento rispetto al 51 per cento degli uomini (dati 2018). Il 33 per cento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto al 8 per cento degli uomini (2019). Le donne occupate lavorano in media meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità;
una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del Prodotto interno lordo, con un impatto positivo che secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali che crea un sistema di trasparenza e garanzia per le lavoratrici con un sistema di certificazione che premia le aziende virtuose. Senza sfruttamento nel mercato del lavoro e contribuendo al benessere delle donne e della stessa comunità;
la sfida del raggiungimento della parità di genere, fondamentale per contrastare la sottocultura della violenza degli uomini contro le donne, passa per l'eliminazione di barriere e ostacoli quali, ad esempio, la situazione di inferiorità economica in cui si trovano endemicamente le donne nel nostro Paese, e che vede le lavoratrici italiane guadagnare in media il 31,2 per cento in meno dei loro colleghi maschi: proprio per affrontare il cosiddetto gender pay gap, e cioè il divario di genere in termini di guadagno a parità di mansioni fra uomini e donne, il Parlamento il 27 ottobre 2021 ha licenziato una legge che introduce controlli, sanzioni e anche premialità, nonché tutela contrattuale e flessibilità di forme di lavoro e orari; sulla base dell'ultimo rapporto sul gender gap del World Economic Forum, l'Italia si colloca ancora al 76° posto su 153 Paesi della classifica mondiale, con un tasso di occupazione femminile fermo al 48,9 per cento, agli ultimi posti in Europa;
viene previsto l'ampliamento dell'ambito soggettivo di applicazione dell'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale, prevedendo che lo stesso sia redatto dalle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (anziché più di 100, come attualmente previsto), nonché la previsione, tra l'altro, di incentivi alle assunzioni, di agevolazioni fiscali, di strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, di un sistema di certificazione della parità di genere;
per la prima volta l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la parità di genere, che riprende i princìpi già definiti dalla Strategia europea per la parità di genere 2020/2025 e che si concentra sui temi del lavoro, del welfare, dell'educazione e della promozione della leadership femminile, con un substrato di approccio culturale, di linguaggio, di rimozione degli stereotipi che è condizione necessaria di qualsiasi politica attiva sulla parità di genere;
nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sono previsti importanti specifici interventi, ma l'empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere sono perseguiti quali obiettivi trasversali nell'ambito di tutte le componenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza; la parità di genere è stata assunta come criterio di valutazione di tutti i progetti (gender mainstreaming) e tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza si caratterizza per una strategia integrata di riforme, istruzione e investimenti in infrastrutture sociali e servizi di supporto, per una piena parità di accesso, economica e sociale, delle donne;
sono molteplici le politiche di incentivazione all'imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l'assunzione di lavoratrici, e di conciliazione tra lavoro e famiglia, messe in atto in favore dell'occupazione femminile, quali, a titolo esemplificativo, gli sgravi contributivi per chi assume donne, o il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile con una dotazione di 40 milioni di euro (20 milioni per il 2021 e altrettanti per il 2022), ovvero il Fondo per l'assegno unico volto a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità;
la violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari; fondamentale è dunque il sostegno economico alle vittime per aiutarle a conseguire l'indipendenza finanziaria dal partner violento. In tal senso gli strumenti di welfare e di sostegno ai percorsi di libertà e autonomia delle donne, rivestono un ruolo estremamente importante;
è in questa direzione che va l'istituzione del «reddito di libertà»: un aiuto economico mensile per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà, la misura rientra tra quelle emergenziali adottate in risposta alla crisi economica dovuta alla pandemia e incrementa di 3 milioni di euro per l'anno 2020, il «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità» ed è stato poi rifinanziato dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, che 2021 che destina risorse pari a 2 milioni di euro per il 2021 e 2 milioni di euro per il 2022. L'8 novembre 2021, l'Inps ha pubblicato sul suo sito la circolare relativa all'erogazione del reddito di libertà;
certamente, si tratta di una iniziativa importante, ma si può e si deve fare ancora di più: le drammatiche vicende di cronaca che si sentono, purtroppo, ormai ogni giorno reclamano interventi urgenti e incisivi. Occorre, oltre ad una maggiore sensibilizzazione al fenomeno, un cambiamento culturale che investa tutta la società per contrastare la cultura della violenza;
nel complesso, l'impegno e lo sforzo trasversale delle forze politiche hanno portato l'Italia ad avere un buon impianto normativo in tema di violenza maschile sulle donne. Da ultimo, nella XVIII legislatura, con l'approvazione della legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso), e con le riforme del processo civile e del processo penale che contengono norme attente ai problemi della violenza di genere, anche in attuazione della Convenzione di Istanbul;
sul versante civile, la riforma Cartabia, grazie alle indicazioni e al lavoro svolto dalla Commissione sul femminicidio, ha ampliato il suo contenuto che attiene anche ai procedimenti relativi all'allontanamento dei minori dalla famiglia, alle controversie sull'esercizio della responsabilità genitoriale e all'affidamento familiare;
con specifico riferimento alle donne vittime di violenza, si dà pieno riconoscimento alle disposizioni della Convenzione di Istanbul. La riforma introduce, infatti, una novità importante: il pieno riconoscimento della violenza contro le donne anche nel processo civile, in primis nelle cause di separazione e divorzio. Attraverso le misure previste, si consentirà alla giustizia di difendere meglio donne e minori;
sempre la riforma, prevede che il consulente tecnico d'ufficio debba attenersi «ai protocolli e alle metodologie riconosciute dalla comunità scientifica». Inoltre, sempre nel medesimo disegno di legge, è prevista l'introduzione di specifici requisiti di competenza necessari per l'iscrizione dei professionisti in tale categoria. Interventi che mirano a rafforzare la base e la solidità scientifica delle perizie, quando vengono richieste dal giudice, sempre fatto salvo il suo obbligo di verificarne l'attendibilità;
si ricorda che la sindrome da alienazione parentale (Pas), non è riconosciuta dalla comunità scientifica e che la Corte di Cassazione ha ribadito più volte che non si possono adottare provvedimenti giudiziari basati su soluzioni prive del necessario conforto scientifico. Ma, nonostante ciò, è sempre più utilizzata, in sede giudiziale dalle consulenze tecniche d'ufficio (Ctu) quale causa per allontanare i minori principalmente dalle madri, definite alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici, per il solo fatto di aver denunciato le violenze e dato avvio alla separazione dal partner violento;
la riforma prevede, inoltre, tra le altre cose, che i giudici debbano ascoltare e rispettare la volontà espressa da bambini e ragazzi che rifiutano di vedere un genitore. Potranno avvalersi, se necessario, di professionisti specializzati, ma non potranno delegare ad altri i colloqui, che saranno videoregistrati. Sarà dunque il giudice ad accertare le cause del rifiuto considerando eventuali episodi di violenza nella determinazione dell'affidamento dei figli. Si stabilisce inoltre, che l'uso della forza pubblica per i prelievi in casa, in attuazione delle sentenze, avvenga solo come extrema ratio, cioè se è a rischio la vita del bambino/ragazzo;
i dati e la cronaca continuano a dire con evidenza che gli sforzi fin qui attuati a livello legislativo e istituzionale non sono ancora riusciti ad arginare e a ridurre questo fenomeno. Pur in presenza di un quadro normativo avanzato, e di misure di protezione importanti, queste ultime spesso non vengono applicate o non vengono applicate in maniera abbastanza tempestiva. Serve dunque una maggiore capacità di valutazione del rischio e di lettura della pericolosità delle situazioni in cui si trovano le donne;
a monte, i mutamenti più significativi e incisivi investono la rappresentazione sociale delle violenze maschili contro le donne, la costruzione sociale e simbolica: in crescita è la comunicazione, interazione, consapevolezza e conoscenza sul tema, ormai entrato nelle agende e nel vocabolario collettivo. Anche e innanzitutto su questo occorre lavorare per fare prevenzione;
quella culturale è certamente la sfida più grande da vincere, come si evince anche dalla narrazione che i media fanno della violenza sulle donne che è ancora pervasa da stereotipi e sessismo. Spesso le notizie contengono elementi che giustificano gli uomini autori di violenza e il sensazionalismo mediatico accende i riflettori sul fenomeno ma non aiuta ad andare a fondo, a capire le radici strutturali del problema e quindi a risolverlo. La donna diventa così vittima due volte: del reato e del racconto che di quella violenza viene fatta pubblicamente;
con il decreto-legge «Infrastrutture e trasporti» n. 121 del 2021, approvato il 4 novembre 2021, si vietano affissioni e pubblicità sulle strade, ma anche su mezzi pubblici o privati, che abbiano i contenuti con «messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica, oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche»;
la violenza maschile contro le donne chiama in causa la relazione tra donne e uomini. L'educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità che aiuteranno i bambini e le bambine a creare rapporti sani, in particolare insegnando la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti, la violenza di genere, il rispetto della libertà delle donne;
è fondamentale anche lavorare sulla formazione per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza. Perché la violenza va letta correttamente e in tempo utile;
sul piano della sicurezza delle donne occorre poi porre l'attenzione sulle conseguenze economiche degli atti violenti: se è vero che le vittime di reati violenti hanno diritto a un indennizzo a carico dello Stato che, ammonta a 25.000 euro per la deformazione dell'aspetto mediante lesioni al volto, non va sottaciuto che la relativa domanda può essere proposta soltanto dopo il passaggio in giudicato della sentenza penale ovvero dall'ultimo atto del procedimento esecutivo: in altri termini anni. Una volta uscite dal circuito ospedaliero le donne non hanno le risorse finanziarie per riparare un danno che oltre che estetico è sovente anche funzionale. Lo Stato ha il dovere di non lasciare ulteriormente sole queste donne, garantendo loro la necessaria assistenza chirurgica;
l'evidenza che trattasi di un'emergenza irrisolta è confermata dai dati, seppur ancora parziali, in riferimento all'anno 2022: sono 125 le donne uccise nel 2022, il 95 per cento maggiorenni e il 78 per cento italiane. Sono stati 103 gli omicidi in ambito familiare, 61 per mano del partner o ex, 34 da un genitore o da un figlio. Nel 2023 ad oggi la tendenza non pare mutare: ad agosto sono 75 i femminicidi, una vera e propria strage di donne. A questi numeri vanno aggiunte le migliaia di segnalazioni e denunce di molestie e violenze e, ancor più degni di nota e attenzione, gli episodi di violenza sommersa;
troppo spesso, infatti, le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psico-emotivo. È quindi importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul), e dunque una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto, è l'esposizione della donna in sede dibattimentale alle videoregistrazioni previste dall'articolo 510 del codice di procedura penale: esse inibiscono la vittima e la intimidiscono, rendendo così la sua deposizione più fragile. A questo fenomeno si potrebbe far fronte tramite sistemi che rendano non visibili gli apparecchi di riproduzione audiovisiva alla parte offesa;
purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che, uniti all'assenza di stigma sociale verso chi commette violenza sulle donne, possono comportare una errata valutazione del rischio da parte degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con conseguente assenza di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza il femminicidio;
il contrasto a qualsiasi forma di violenza sulle donne, in ogni sua forma, si deve sostanziare in un'irrinunciabile, costante e continua attività di prevenzione dal punto di vista educativo, formativo e di concreto sostegno alle medesime che consenta loro una reale emancipazione e completa consapevolezza di sé e del proprio ruolo nella società. Tale azione deve, poi, essere seguita dal supporto reale alla scelta delle donne vittime di violenza di affidare il racconto della propria dolorosa storia alle autorità, alle quali si deve consentire di affrontare tali vicende con elevato grado di specializzazione e professionalità: la richiesta di aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro. Per queste ragioni, il rafforzamento della presenza e professionalizzazione dei diversi soggetti istituzionali che sono chiamati a interagire con le donne nella fase patologica della loro vicenda segna la differenza nel prosieguo del percorso di rinascita della vittima,
impegna il Governo:
1) a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza di genere e alla violenza domestica quali prioritarie nell'azione di Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee ed internazionali di riferimento al fine di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul;
2) ad adottare le iniziative necessarie a promuovere e a sostenere, con azioni sistematiche e con garanzia che il personale che entra nelle scuole abbia i requisiti adeguati, percorsi formativi all'educazione al rispetto della donna finalizzati a: educare tutti i cittadini, a prescindere dalla loro cultura o pratica religiosa, al rispetto della donna, intesa come persona titolare di diritti e doveri al pari dell'uomo; a sensibilizzare gli studenti su comportamenti e forme di comunicazione che esprimano sessismo ovvero una divisione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna, promuovendo altresì l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e nei corsi di studio universitari;
3) a valutare l'opportunità di adottare le iniziative normative di competenza, nel rispetto dell'autonomia scolastica, volte a istituire la figura professionale dello psicologo scolastico, al fine di contribuire alla sana formazione della personalità degli studenti, di prevenire i fattori di rischio o situazioni di disagio giovanile, di sostenere le famiglie e il personale scolastico nonché di favorire l'insegnamento dell'intelligenza emotiva per contrastare e prevenire l'acquisizione di modelli relazionali distorsivi;
4) ad adottare tutte le misure necessarie a mettere a sistema e rendere pienamente efficace ed operativo il complesso degli strumenti e di tutele di cui il nostro Paese si è dotato, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul e di contrastare e prevenire la violenza sulle donne;
5) a proseguire e potenziare le iniziative per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario;
6) ad adottare opportune iniziative di competenza volte a garantire alle vittime di violenza di genere la conoscenza dello stato del procedimento penale a carico dell'autore, anche mediante la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex articolo 415 del codice di procedura penale;
7) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire che l'esame delle parti offese, nei casi di cui all'articolo 362, comma 1, del codice di procedura penale, possa essere documentato con mezzi di riproduzione audiovisiva non visibili dalle medesime parti;
8) a intraprendere iniziative normative volte a prevedere il gratuito patrocinio in favore delle donne vittime di violenza in sede civile indipendentemente dal reddito, al pari di quanto attualmente previsto per gli orfani di femminicidio con la modifica dell'articolo 76, comma 4-quater del Testo unico in materia di spese di giustizia;
9) a proseguire nella promozione di adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza contro le donne e sulla violenza domestica, che stimolino pubblici dibattiti e favoriscano lo sviluppo di adeguate politiche di prevenzione, anche attraverso il coinvolgimento dei mass media e della carta stampata;
10) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a istituire, anche in collaborazione con i centri antiviolenza, corsi di autodifesa personale destinati alle donne;
11) ad adottare le opportune iniziative volte a implementare e velocizzare l'erogazione dei fondi destinati alle case rifugio e strutture assimilate da parte delle regioni, garantendone una omogenea presenza sull'intero territorio nazionale;
12) a proseguire e implementare lo stanziamento di risorse da destinare alla formazione delle forze dell'ordine che si relazionano con le donne che hanno subito ogni tipo di violenza;
13) ad adottare le opportune iniziative finalizzate alla promozione di una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, agevolando, altresì, l'emersione dei casi di violenza domestica;
14) a favorire la specializzazione del corpo magistratuale, sia nella carriera requirente che in quella giudicante, al fine di garantire un'adeguata professionalità inerente alle peculiarità insite nella delicatissima materia della violenza sulle donne;
15) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire la promozione, da parte dei media, della soggettività femminile, nonché l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna;
16) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori familiari e per adolescenti per intervenire più efficacemente quanto alle politiche educative sull'uguaglianza e sul rispetto delle differenze;
17) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio» della XVIII legislatura, promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso di recupero della libertà e dell'integrità fisica, morale ed economica;
18) ad adottare iniziative di competenza per migliorare la circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, onde evitare situazioni paradossali di affidamento congiunto in caso di violenza intra-familiare, nonché per modificare il sistema attualmente vigente nel processo penale al fine di consentire l'ingresso nel procedimento al difensore della vittima nei termini più ampi possibili rispetto all'attuale disciplina;
19) a proseguire le iniziative del Ministero della giustizia sull'aggiornamento e pubblicazione dei dati del Rapporto sull'applicazione del «Codice Rosso»;
20) a promuovere la specializzazione del personale delle forze dell'ordine in relazione alla raccolta delle notizie di reato attinenti a delitti di violenza di genere;
21) a dare piena ed efficace attuazione al Piano nazionale antiviolenza per il triennio 2021-2023;
22) a dare piena attuazione alla Strategia nazionale per la parità di genere;
23) ad adottare iniziative per rafforzare le politiche e le risorse necessarie, volte ad implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria, per le donne vittime di violenza, al fine di prevenire e contrastare la violenza economica, nonché di favorire l'autonomia, l'empowerment e l'integrazione lavorativa delle donne, nella fase di uscita dall'esperienza di violenza;
24) ad adottare iniziative volte a rendere strutturale il reddito di libertà, per favorire, attraverso l'indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà;
25) a potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli anche attraverso modalità il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza;
26) a promuovere iniziative utili a incoraggiare le donne a denunciare, garantendo loro una rete di protezione che nasca e operi nell'ambito di una fattiva ed effettiva collaborazione inter-istituzionale;
27) ad adottare iniziative per prevedere adeguati stanziamenti e programmi volti alla formazione del personale coinvolto nel contrasto alla violenza di genere;
28) a rafforzare le politiche volte a garantire la piena parità di genere nel mondo del lavoro e a mettere in campo iniziative per incrementare l'occupazione femminile, obiettivi fondamentali per la liberazione delle donne dalla violenza;
29) a valutare l'opportunità di adottare iniziative di competenza specifiche per eliminare la violenza on-line, comprese le molestie on-line e l'istigazione all'odio verso le donne;
30) a proseguire nella predisposizione di strumenti di prevenzione
dei fenomeni di violenza di genere, anche mediante idonei impulsi
all'attività del tavolo inter-istituzionale, per l'individuazione degli strumenti tecnologici funzionali allo scopo e delle relative modalità operative.
(1-00356) «Polidori, Battilocchio, Deborah Bergamini, Boscaini, Dalla Chiesa, De Monte, Patriarca, Rossello, Saccani Jotti, Tassinari, Tenerini».
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):violenza sessuale
delitto contro la persona
violenza
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