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martedì 26 luglio 2011

Corte Costituzionale "..Lo straniero irregolare può sposarsi in Italia. illegittima la norma del «pacchetto sicurezza» del 2009 che impone allo straniero di possedere un regolare permesso di soggiorno per potersi sposare in Italia..."

SENTENZA N. 245
ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
-    Alfonso                  QUARANTA                                     Presidente
-    Alfio                      FINOCCHIARO                                  Giudice
-    Franco                    GALLO                                                      ”
-    Luigi                      MAZZELLA                                              ”
-    Gaetano                 SILVESTRI                                               ”
-    Sabino                    CASSESE                                                  ”
-    Giuseppe                TESAURO                                                 ”
-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                         ”
-    Giuseppe                FRIGO                                                       ”
-    Alessandro             CRISCUOLO                                            ”
-    Paolo                      GROSSI                                                     ”
-    Giorgio                   LATTANZI                                                ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), promosso dal Tribunale ordinario di Catania nel procedimento vertente tra P.A. e M.A. e il Ministero dell’interno, con ordinanza del 17 novembre 2009, iscritta al n. 26 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2011 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto in fatto
1.— Il Tribunale ordinario di Catania ha sollevato – in riferimento agli articoli 2, 3, 29, 31 e 117, primo comma, della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».
1.1.— In punto di fatto, il Tribunale remittente premette di essere stato adíto da una cittadina italiana e da un cittadino marocchino per la declaratoria dell’illegittimità del diniego opposto dall’ufficiale dello stato civile alla celebrazione del loro matrimonio.
In particolare, riferisce che in data 27 luglio 2009 i ricorrenti avevano chiesto all’ufficiale dello stato civile di procedere alla pubblicazione della celebrazione del matrimonio, producendo la documentazione prevista dalla allora vigente formulazione dell’art. 116 cod. civ.
Il successivo 28 agosto, quindi, gli stessi avevano chiesto che il matrimonio venisse celebrato.
Il 31 agosto 2009, l’ufficiale dello stato civile aveva motivato il diniego alla celebrazione del matrimonio per la mancanza di un «documento attestante la regolarità del permesso di soggiorno del cittadino marocchino», così come previsto dall’art. 116 cod. civ., come novellato dalla legge n. 94 del 2009, entrata in vigore nelle more.
1.2.— Tanto premesso in fatto, il giudice a quo prospetta l’illegittimità costituzionale della norma suddetta, giacché essa contrasterebbe:
con l’art. 2 Cost., che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità;
con l’art. 3 Cost., per violazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza;
con l’art. 29 Cost., per violazione del diritto fondamentale a contrarre liberamente matrimonio e di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi sui quali è ordinato il sistema del matrimonio nel vigente ordinamento giuridico;
con l’art. 31 Cost., perché interpone un serio ostacolo alla realizzazione del diritto fondamentale a contrarre matrimonio;
con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 12 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
In particolare, il remittente precisa che il matrimonio costituisce espressione della libertà e dell’autonomia della persona, ed il diritto di contrarre liberamente matrimonio è oggetto della tutela di cui agli artt. 2, 3 e 29 Cost., in quanto rientra nei diritti inviolabili dell’uomo, caratterizzati dall’universalità. Inoltre, l’art. 31 Cost., nel sancire che la Repubblica agevola la formazione della famiglia, «esclude la legittimità di limitazioni di qualsiasi tipo alla libertà matrimoniale».
La libertà di contrarre matrimonio, prosegue il Tribunale di Catania, trova fondamento anche in altre fonti. A questo riguardo richiama l’art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il già citato art. 12 della CEDU e l’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e successivamente recepita dal Trattato di Lisbona, modificativo del Trattato sull’Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea, entrato in vigore il 1° dicembre 2009. In particolare, con specifico riferimento all’art. 12 della CEDU, il remittente osserva che la predetta norma «ricomprende la libertà matrimoniale tra quei diritti e libertà che devono essere assicurati senza distinzione di sorta» e che, «pur prevedendo che tale diritto debba essere esercitato nell’ambito di leggi nazionali», tuttavia, la stessa non consente «che queste ultime possano porre condizioni o restrizioni irragionevoli».
2.― È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, non fondata.
2.1.― L’Avvocatura dello Stato precisa, da un lato, che la modifica contenuta nella disposizione censurata «deve essere letta congiuntamente» al nuovo testo dell’art. 6, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) che, in generale, prevede l’obbligo di esibizione della documentazione di soggiorno per gli atti di stato civile; dall’altro che il requisito della regolarità del soggiorno, richiesto ai fini della celebrazione del matrimonio, «tende a soddisfare l’esigenza del legislatore di garantire il presidio e la tutela delle frontiere ed il controllo dei flussi migratori».
La difesa statale sottolinea che la libertà di contrarre matrimonio e di scegliere il coniuge attiene alla sfera individuale del singolo sulla quale lo Stato, in linea di massima, non potrebbe/dovrebbe interferire, salvo che non vi siano interessi prevalenti incompatibili, quali potrebbero essere la salute pubblica, la sicurezza e l’ordine pubblico. A questo riguardo, la difesa statale ritiene che il legislatore, nella propria discrezionalità, abbia considerato «lo status di “clandestino”» come «una situazione giuridica soggettiva valutabile negativamente in punto di ordine pubblico e sicurezza» e, pertanto, sufficiente a giustificare la limitazione del diritto a contrarre matrimonio.
Sostiene l’Avvocatura che, in un giudizio di bilanciamento di interessi, le prerogative dello Stato volte a tutelare la sovranità dei confini territoriali ed a controllare i flussi migratori, anche per evitare matrimoni di comodo, siano prevalenti e legittimino la scelta legislativa di limitare il diritto a contrarre matrimonio delle persone che non risultino in regola con le norme che disciplinano l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale.
2.2.— La norma censurata, sempre ad avviso della difesa dello Stato, non si porrebbe in contrasto con le Convenzioni internazionali richiamate dal giudice remittente e, in particolare, con gli artt. 8 e 12 della CEDU. Entrambe le disposizioni, infatti, attribuirebbero al legislatore nazionale il potere di limitare il diritto al matrimonio, in vista della tutela di valori «evidentemente ritenuti di rango superiore», tra i quali sono inclusi la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico. Siffatto potere di ingerenza sarebbe stato confermato, inoltre, dalla medesima Corte europea dei diritti dell’uomo.
Da ultimo, sempre a sostegno dell’esistenza di un’ampia discrezionalità legislativa, l’Avvocatura dello Stato richiama la giurisprudenza costituzionale e, in particolare, la sentenza n. 250 del 2010. Con la predetta pronuncia, la Corte costituzionale, precisa la difesa dello Stato, nel riconoscere al legislatore la discrezionalità di definire quali condotte costituiscano o meno fatti aventi rilevanza penale sembra aver «affermato la sussistenza di una discrezionalità del legislatore nel qualificare la situazione di “clandestinità” come rilevante in punto di tutela dell’ordine pubblico».
Pertanto, la necessità di un controllo giuridico dell’immigrazione, in vista della tutela di valori costituzionali – ordine pubblico, sovranità territoriale, rispetto di obblighi internazionali – giustifica e legittima la scelta legislativa oggetto di censura, frutto, prosegue l’Avvocatura, di un bilanciamento di valori, tutti di rango costituzionale, tale per cui la “clandestinità” è qualificata situazione ostativa al matrimonio, in ragione di esigenze di ordine pubblico, di difesa dei confini e di controllo del flusso migratorio.
Del pari infondati sarebbero i profili di censura relativi alla violazione degli artt. 2, 3, 29 e 31 Cost., poiché la norma impugnata «non è tale da impedire in assoluto il matrimonio tra il cittadino italiano e il cittadino straniero o tra cittadini stranieri»; piuttosto essa si limiterebbe a «regolamentare la posizione giuridica del cittadino straniero che intende contrarre matrimonio in Italia, in conformità alle norme dell’ordinamento in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri» sul territorio nazionale. Del tutto inconferente sarebbe, infine, la giurisprudenza richiamata dal Tribunale remittente, poiché essa investirebbe profili diversi rispetto alla questione sollevata nel giudizio a quo.
Considerato in diritto
1.— Il Tribunale ordinario di Catania ha sollevato – in riferimento agli articoli 2, 3, 29, 31 e 117, primo comma, della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano». La novella introdotta dalla predetta legge, in altri termini, fa carico allo straniero che intenda contrarre matrimonio in Italia di produrre tale atto.
La questione è stata sollevata nel corso di un giudizio civile, promosso da una cittadina italiana e da un cittadino marocchino, avente ad oggetto – previo accertamento della illegittimità del rifiuto opposto dall’ufficiale dello stato civile alla celebrazione del matrimonio tra gli stessi – la richiesta di pronuncia di un ordine all’ufficiale dello stato civile medesimo di celebrazione del matrimonio in questione.
1.1.— Il remittente reputa rilevante detta questione, sul presupposto che la già intervenuta effettuazione della pubblicazione – sotto il vigore della precedente formulazione dell’art. 116 cod. civ. – non esclude l’applicazione dello ius superveniens. Conclusione, questa, che risulta conforme a quanto precisato dalla circolare del Ministero dell’interno 7 agosto 2009, n. 19, la quale – oltre a confermare che dall’entrata in vigore della legge n. 94 del 2009 «il matrimonio dello straniero (extracomunitario) è subordinato alla condizione che lo stesso sia regolarmente soggiornante sul territorio nazionale» – specifica che la predetta condizione «deve sussistere all’atto della pubblicazione e al momento della celebrazione del matrimonio».
1.2.— Con riguardo, invece, al profilo della non manifesta infondatezza, il Tribunale pone in luce, in primo luogo, come il matrimonio costituisca espressione della libertà e dell’autonomia della persona, sicché il diritto a contrarlo liberamente è oggetto della tutela primaria assicurata dagli artt. 2, 3 e 29 Cost., in quanto rientra nel novero dei diritti inviolabili dell’uomo.
Tale diritto, infatti, tende a
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tutelare – osserva sempre il remittente – la piena espressione della persona umana, e come tale deve essere garantito a tutti in posizione di eguaglianza, come aspetto essenziale della dignità umana, senza irragionevoli discriminazioni. Inoltre, l’art. 31 Cost., nel prevedere che la Repubblica agevola «la formazione della famiglia», esclude la legittimità di limitazioni di qualsiasi tipo alla libertà matrimoniale.
Secondo il giudice a quo, questa Corte avrebbe ripetutamente affermato come nella sfera personale di chi si sia risolto a contrarre matrimonio non possa sfavorevolmente incidere alcunché che vi sia assolutamente estraneo, al di fuori cioè di quelle regole, anche limitative, proprie dell’istituto. Infatti, prosegue il remittente, il relativo vincolo, cui tra l’altro si riconnettono valori costituzionalmente protetti, deve rimanere frutto di una libera scelta autoresponsabile attenendo ai diritti intrinseci ed essenziali della persona umana ed alle sue fondamentali istanze, sottraendosi a ogni forma di condizionamento indiretto, ancorché eventualmente imposto dall’ordinamento (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 445 del 2002, n. 187 del 2000, n. 189 del 1991, n. 123 del 1990, n. 73 del 1987, n. 179 del 1976, n. 27 del 1969).
Ne deriverebbe, pertanto, la necessità – conclude sul punto il Tribunale di Catania – di sottrarre la libertà matrimoniale ad inammissibili condizionamenti, diversi da quelli giustificati dall’ordine pubblico.
1.3.— Sotto altro aspetto, inoltre, il remittente rileva che la libertà di contrarre matrimonio costituisce un diritto fondamentale della persona riconosciuto anche dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (art. 16), dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (art. 12) e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 9).
In particolare, il Tribunale deduce che la CEDU – includendo la libertà matrimoniale tra quelle che devono essere assicurate senza distinzione di sorta (di sesso, di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di appartenenza ad una minoranza nazionale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione) e pur prevedendo che il relativo diritto debba esser esercitato nell’ambito delle leggi nazionali – non consentirebbe che queste ultime possano porre condizioni o restrizioni irragionevoli.
Alla stregua di tali principi, la disposizione censurata – secondo il remittente – sarebbe «limitativa della libertà matrimoniale, sia per lo straniero che per i cittadini italiani», e sembrerebbe «determinare una discriminazione nell’esercizio di un diritto fondamentale dell’uomo legata ad una mera condizione personale, che non appare ragionevole», in assenza di esigenze «di salvaguardia di altri valori costituzionalmente rilevanti di pari grado», tali da giustificare un «limite al diritto fondamentale in esame».
2.― Tanto premesso sul contenuto dell’ordinanza di rimessione, appare opportuno procedere, in via preliminare, alla ricognizione del quadro normativo nel quale si inserisce la norma oggetto del vaglio di costituzionalità.
2.1.― In particolare, la questione sollevata attiene alla disciplina del matrimonio dello straniero in Italia, quale prevista dall’art. 116 cod. civ.
Prima della modifica legislativa, intervenuta con la citata legge n. 94 del 2009, ai sensi di tale norma lo straniero, intenzionato a contrarre matrimonio in Italia, doveva presentare all’ufficiale dello stato civile solo un nulla osta rilasciato dall’autorità competente del proprio Paese.
Oltre al predetto requisito formale, sul piano sostanziale, il nubendo doveva in ogni caso (e deve tuttora) rispettare le condizioni previste dalla normativa italiana riguardanti la capacità di contrarre matrimonio (tra l’altro, libertà di stato, età minima) e l’assenza di situazioni personali ostative (ad esempio, impedimenti per parentela ed affinità). Si tratta, infatti, di norme di applicazione necessaria secondo l’ordinamento interno, che devono comunque essere osservate, anche se non sono previste dalla legge nazionale dello straniero.
2.2.— Con la citata legge n. 94 del 2009 è stato modificato l’art. 116, primo comma, cod. civ.
La nuova norma stabilisce che «lo straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all’ufficiale dello stato civile», oltre al nulla osta, di cui sopra, «un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».
Detta norma deve essere letta anche alla luce delle modifiche introdotte dal legislatore in merito ai requisiti necessari per l’acquisto della cittadinanza a seguito di matrimonio dello straniero con il cittadino italiano, disciplinati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza).
La legge n. 94 del 2009, al fine di ridurre il fenomeno dei cosiddetti “matrimoni di comodo”, come risulta dai suoi lavori preparatori (Senato della Repubblica, XVI legislatura, relazione al disegno di legge n. 733, che reca “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”), ha sostituito l’art. 5 della predetta legge n. 91 del 1992, prevedendo:
al comma 1, che «il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora», al momento dell’adozione del decreto di acquisto della cittadinanza, «non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi»;
al successivo comma 2, che i termini sono, peraltro, «ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi».
3.— Così ricostruito il quadro complessivo in cui si inserisce la disposizione censurata, si può procedere al chiesto scrutinio di costituzionalità.
La questione è fondata.
3.1.— Giova ricordare come questa Corte (sentenze n. 61 del 2011, n. 187 del 2010 e n. 306 del 2008) abbia affermato che al legislatore italiano è certamente consentito dettare norme, non palesemente irragionevoli e non contrastanti con obblighi internazionali, che regolino l’ingresso e la permanenza di stranieri extracomunitari in Italia.
Tali norme, però, devono costituire pur sempre il risultato di un ragionevole e proporzionato bilanciamento tra i diversi interessi, di rango costituzionale, implicati dalle scelte legislative in materia di disciplina dell’immigrazione, specialmente quando esse siano suscettibili di incidere sul godimento di diritti fondamentali, tra i quali certamente rientra quello «di contrarre matrimonio, discendente dagli articoli 2 e 29 della Costituzione, ed espressamente enunciato nell’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e nell’articolo 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali» (sentenza n. 445 del 2002).
In altri termini, è certamente vero che la «basilare differenza esistente tra il cittadino e lo straniero» – «consistente nella circostanza che, mentre il primo ha con lo Stato un rapporto di solito originario e comunque permanente, il secondo ne ha uno acquisito e generalmente temporaneo» – può «giustificare un loro diverso trattamento» nel godimento di certi diritti (sentenza n. 104 del 1969), in particolare consentendo l’assoggettamento dello straniero «a discipline legislative e amministrative» ad hoc, l’individuazione delle quali resta «collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici» (sentenza n. 62 del 1994), quali quelli concernenti «la sicurezza e la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione» (citata sentenza n. 62 del 1994). Tuttavia, resta pur sempre fermo – come questa Corte ha di recente nuovamente precisato – che i diritti inviolabili, di cui all’art. 2 Cost., spettano «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», di talché la «condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi» (sentenza n. 249 del 2010).
Sebbene, quindi, la ratio della disposizione censurata – proprio alla luce della ricostruzione che ne ha evidenziato il collegamento con le nuove norme sull’acquisto della cittadinanza e, dunque, la loro comune finalizzazione al contrasto dei cosiddetti “matrimoni di comodo” – possa essere effettivamente rinvenuta, come osserva l’Avvocatura dello Stato, nella necessità di «garantire il presidio e la tutela delle frontiere ed il controllo dei flussi migratori», deve osservarsi come non proporzionato a tale obiettivo si presenti il sacrificio imposto – dal novellato testo dell’art. 116, primo comma, cod. civ. – alla libertà di contrarre matrimonio non solo degli stranieri ma, in definitiva, anche dei cittadini italiani che intendano coniugarsi con i primi.
È, infatti, evidente che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare. Ciò comporta che il bilanciamento tra i vari interessi di rilievo costituzionale coinvolti deve necessariamente tenere anche conto della posizione giuridica di chi intende, del tutto legittimamente, contrarre matrimonio con lo straniero.
Si impone, pertanto, la conclusione secondo cui la previsione di una generale preclusione alla celebrazione delle nozze, allorché uno dei nubendi risulti uno straniero non regolarmente presente nel territorio dello Stato, rappresenta uno strumento non idoneo ad assicurare un ragionevole e proporzionato bilanciamento dei diversi interessi coinvolti nella presente ipotesi, specie ove si consideri che il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) già disciplina alcuni istituti volti a contrastare i cosiddetti “matrimoni di comodo”.
Ed infatti, in particolare, l’art. 30, comma 1-bis, del citato d.lgs. n. 286 del 1998 prevede:
con riguardo agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, che il permesso di soggiorno «è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l’effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole»;
con riguardo allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall’articolo 29, del medesimo d.lgs., ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore, che la richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno «è rigettata e il permesso di soggiorno è revocato se è accertato che il matrimonio o l’adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all’interessato di soggiornare nel territorio dello Stato».
3.2.— Del pari, è ravvisabile, nella specie, la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.
In proposito, si deve notare che la Corte europea dei diritti dell’uomo è recentemente intervenuta sulla normativa del Regno Unito in tema di capacità matrimoniale degli stranieri (sentenza 14 dicembre 2010, O’Donoghue and Others v. The United Kingdom).
In particolare, la Corte europea ha affermato che il margine di apprezzamento riservato agli Stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale garantito dalla Convenzione (par. 89 della sentenza). Secondo i giudici di Strasburgo, pertanto, la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è lesiva del diritto di cui all’art. 12 della Convenzione.
Detta evenienza ricorre anche nel caso previsto dalla norma ora censurata, giacché il legislatore – lungi dal rendere più agevole le condizioni per l’accertamento del carattere eventualmente “di comodo” del matrimonio di un cittadino con uno straniero – ha dato vita, appunto, ad una generale preclusione a contrarre matrimonio a carico di stranieri extracomunitari non regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 luglio 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente e Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2011.

ROGO TIBURTINA: RIAPERTA STAZIONE METRO LINEA B



ROGO TIBURTINA: RIAPERTA STAZIONE METRO LINEA B

(ANSA) - ROMA, 26 LUG - E' stata riaperta questa mattina a
Roma, alle 6.25, la fermata Tiburtina Fs della linea B della
metropolitana chiusa dopo il rogo della stazione domenica
scorsa. E' quanto comunica l' Agenzia per la Mobilit… in una
nota, precisando che vengono effettuate tutte le fermate lungo
la linea.
L'accesso alla stazione Š stata garantita dall'intervento
della Protezione civile di Roma Capitale che ha predisposto
l'illuminazione della galleria.(ANSA).

PAT-COM
26-LUG-11 07:12 NNNN

Così le mafie hanno conquistato Roma La marcia inarrestabile sulla Capitale di ’ndrangheta e camorra

Così le mafie hanno conquistato Roma

La marcia inarrestabile sulla Capitale di ’ndrangheta e camorra
Una confisca dal valore di 200 milioni di euro, come quella operata ieri a Roma dalla Guardia di finanza, segna certamente un punto a favore della lotta alla criminalità organizzata.
Ma porta soprattutto allo scoperto una realtà che in molti ancora faticano ad accettare, a partire dalla politica: il radicamento profondo nella Capitale di tutte le mafie, ’ndrangheta, camorra e Cosa nostra. I sindacati di polizia lo denunciano già da tempo e il Silp-Cgil del Lazio ha presentato appena pochi giorni fa un rapporto dal titolo La mafia che c’è, che spiega come la Capitale sia diventata «un vero e proprio laboratorio per alchimie economiche e politiche delle cosche». Tanto che i rapporti investigativi rivelano che il 60 per cento delle attività presenti nel centro storico capitolino subiscono il loro controllo.
Un radicamento che, spiega il segretario del Silp-Cgil di Roma Gianni Ciotti, «si raggiunge solo in alcuni luoghi di origine della mafia». Le infiltrazioni nella Capitale riguardano soprattutto il tessuto economico, ma intaccano anche il livello sociale e quello politico-istituzionale, come dimostra il recente arresto per concorso esterno in associazione mafiosa di Giorgio Magliocca, consulente del sindaco Alemanno proprio per la gestione dei beni confiscati. Ciotti, però, attribuisce alla politica anche responsabilità indirette, seppure non meno gravi: «A Roma il problema delle mafie è stato sottovalutato da una classe politica inadeguata – spiega il sindacalista – qui le cosche si sono presentate con il vestito buono, mantenendo un profilo militare bassissimo. Non hanno interesse a controllare il territorio, controllano già l’economia». È vero che la strage di Duisburg è stata progettata in un ristorante a due passi da piazza di Spagna, ma ’ndrangheta e camorra non sono responsabili degli agguati delle ultime settimane per le vie della Capitale. «A Roma è in corso una guerra di mafia – precisa Ciotti – ma riguarda le bande della città, che cercano di imporsi per fare affari con le organizzazioni più grandi».
La penetrazione mafiosa nelle attività commerciali capitoline è stata favorita negli ultimi anni dalla crisi economica e dalla difficoltà a ottenere credito dalle banche. «Non è un caso – fa notare Ciotti – che molti beni sequestrati appartengano a ex vittime dell’usura. La camorra presta soldi a strozzo, senza chiedere interessi alti, ma pretendendo direttamente il controllo dell’attività e degli stessi imprenditori, che così diventano in qualche modo “organici” alla cosca, prestandosi a fare da prestanome per l’acquisizione di terreni e di altri esercizi». Così è difficile anche riuscire a provare i contatti necessari a contestare il reato di associazione a delinquere.
Per questo, «serve una maggiore collaborazione tra la camera di commercio e gli uffici investigativi ».
Il principio, insomma, è sempre quello: segui il denaro e troverai il mafioso. «Da questo punto di vista – conferma Ciotti – dai tempi di Falcone è cambiato ben poco. Il problema è che noi l’abbiamo capito, i politici forse no». Le forze dell’ordine, infatti, lamentano la cronica carenza di strumenti di intelligence necessari a individuare passaggi di denaro sempre più complessi, che non hanno niente da invidiare alle grandi operazioni finanziarie internazionali. Ma i forti tagli imposti da questo governo si fanno sentire anche sul controllo del territorio, con gravi conseguenze sulla lotta alla mafia, oltre che alla microcriminalità.
Ciotti fa due esempi in proposito: «Una volante ha recentemente fermato per un controllo a Tiburtina un uomo che poi si è rivelato un boss della camorra.
Ma per fare questo, le volanti devono essere messe in condizioni di girare. Come pure i poliziotti di quartiere, che se potessero svolgere bene la loro funzione preventiva, riuscirebbero a notare e segnalare passaggi di proprietà sospetti nelle attività commerciali».
Rudy Francesco Calvo  
FONTE

 

lunedì 25 luglio 2011

SANITA': FURTO IN SEDE ASL BRINDISI, RUBATO FARMACO LETALE PORTATI VIA ANCHE ALTRI FARMACI PERICOLOSI



SANITA': FURTO IN SEDE ASL BRINDISI, RUBATO FARMACO LETALE
PORTATI VIA ANCHE ALTRI FARMACI PERICOLOSI
(ANSA) - BARI, 25 LUG - Un allarme e' stato lanciato da
Brindisi per il furto di un farmaco altamente pericoloso che era
conservato nella sede brindisina del Servizio Veterinario
dell'Asl, all'interno dell'ex ospedale 'Di Summa'. Nel materiale
trafugato dai ladri ed elencato in modo dettagliato nella
denuncia presentata alla questura di Brindisi dal dirigente
veterinario, Donato Sole, c'era anche il Tanax che puo' causare
conseguenze letali a persone e animali. Il furto e' stato
compiuto nella notte tra il 24 e 25 luglio. Il Tanax e' stato
rubato insieme con altri farmaci: a quanto e' stato reso noto,
puo' causare la morte anche se assunto in dose minima.
Con la denuncia e' stato fatto un appello perche' il farmaco
non sia assolutamente utilizzato. Frattanto, il direttore del
dipartimento di prevenzione Asl, Vito Martucci, ha informato
dell'accaduto le Asl di Bari, Taranto, Lecce, Foggia e
Barletta-Andria-Trani, il commissario straordinario Asl, Paola
Ciannamea, l'assessorato regionale alla Salute e il prefetto di
Brindisi. A quest'ultimo, con apposita lettera, e' stato chiesto
di valutare la possibilita' di impartire alle autorita'
interessate e alle forze di polizia disposizioni ad hoc.
Tra i prodotti trafugati, vi sono anche farmaci utilizzati
per l'anestesia e altri che possono comunque causare un grave
danno alla salute. (ANSA).

B19-ZG
25-LUG-11 18:42 NNNN

Studio, italiani 'resistenti' a depressione ma per donne +250% rischi



SALUTE: STUDIO, ITALIANI 'RESISTENTI' A DEPRESSIONE MA PER DONNE +250% RISCHI =
DE GIROLAMO, DATI EVIDENZIANO CHE NON E' 'EPIDEMIA' DI CUI TANTO
SI PARLA

Roma, 25 lug. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - (EMBARGO ALLE
03.00 DI DOMANI) - Epidemia di depressione nel mondo, sulla scia della
crisi economica? Sembra di no. A evidenziarlo sono i dati contenuti in
un ampio studio pubblicato su 'Bmc Medicine' da un team internazionale
di esperti. Per l'Italia ha partecipato l'Irccs Centro S. Giovanni di
Dio Fatebenefratelli di Brescia, con il suo direttore scientifico,
Giovanni De Girolamo, che dice all'Adnkronos Salute: "questo lavoro
conferma che non e' in atto quell'ondata di depressione di cui spesso
si sente parlare: il tasso di prevalenza medio della malattia nei 10
Paesi occidentali analizzati e relativo agli ultimi 12 mesi precedenti
l'indagine e' del 5,5%. Tasso che per l'Italia e' ancora piu' basso,
cioe' del 3%".

Italiani 'resistenti' ai disturbi mentali, quindi, seguiti da
spagnoli, tedeschi e giapponesi, anch'essi poco inclini a veder nero.
Ma allo stesso tempo, dallo studio emerge con forza un elemento:
quello del maggior rischio di depressione fra le donne. "A oggi non
conosciamo le cause di questo fenomeno - spiega l'esperto - e non
sappiamo se siano biologiche o psicosociali, o un mix delle due".

"Sta di fatto - prosegue - che una persona di sesso femminile ha
il 250% di possibilita' in piu' di soffrire di 'male di vivere'
rispetto a un uomo. Cosi' come per i separati: per loro il pericolo e'
addirittura del 280% maggiore rispetto a una persona sposata. Un trend
che non si registra fra i divorziati o i vedovi, in funzione del minor
tempo che e' trascorso dall'evento che ha traumatizzato il paziente,
cioe' il distacco dal coniuge". (segue)

(Bdc/Zn/Adnkronos)
25-LUG-11 17:50
SALUTE: STUDIO, ITALIANI 'RESISTENTI' A DEPRESSIONE MA PER DONNE +250% RISCHI (2) =

(Adnkronos/Adnkronos Salute) - La depressione e' una delle
principali cause di disabilita' in tutto il mondo, ma per molti Paesi
non erano ancora disponibili dati epidemiologici attendibili, in
particolare per gli Stati a medio e basso reddito. Gli esperti
internazionali hanno quindi provveduto studiando la prevalenza e gli
effetti del disturbo in 18 Stati da alto a basso reddito, inclusi nel
World Mental Health Survey Initiative.

Per essere classificata come paziente che ha avuto un episodio
di depressione maggiore - chiariscono gli autori - una persona deve
rispondere ad almeno cinque dei nove criteri di misurazione, come
quello relativo allo stato di tristezza, di perdita di interesse o di
piacere, ai sentimenti di colpa o di bassa autostima, ai disturbi del
sonno o dell'appetito e alla scarsa energia e capacita' di
concentrazione.

In Italia sono state intervistate 4.712 persone, selezionate con
sofisticate tecniche di stratificazione per ottenere un campione
rappresentativo. "I dati - prosegue De Girolamo - hanno confermato la
tendenza gia' 'fotografata' dalla letteratura scientifica. Cio' che
bisogna notare e' che nel nostro Paese l'eta' media di insorgenza del
primo episodio di depressione e' di 27,7 anni. Un'eta' giovane,
dunque. E' estremamente importante che questi casi vengano
diagnosticati precocemente e curati tempestivamente, perche' questo
significa evitare che insorgano disturbi secondari, in primis
dipendenza da alcol o droga. Problemi che possono prendere il
sopravvento e impedire un corretto trattamento della depressione".

(Bdc/Zn/Adnkronos)
25-LUG-11 19:11

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Studio, cioccolato e cibi grassi alleviano tristezza, attenuano nel cervello risposte a emozioni tristi


SALUTE: STUDIO, CIOCCOLATO E CIBI GRASSI ALLEVIANO TRISTEZZA =
ATTENUANO NEL CERVELLO RIPOSTE A EMOZIONI TRISTI

Roma, 25 lug. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - (EMBARGO ALLE
18.00) - Non e' solo una sensazione: cioccolato e cibi grassi
attenuano la tristezza. E' noto che esiste una stretta relazione tra
stato emotivo e cibo, tanto che si preferisce un cioccolatino a una
mela se si e' stressati e oberati di lavoro. Non a caso alcuni
alimenti si sono guadagnati il nomignolo di 'comfort food'. Ma ora un
team di ricercatori belgi ha dimostrato l'effetto di questi cibi,
'fotografando' i cambiamenti indotti nel cervello di un gruppo di
persone sane (e non obese) in preda alla tristezza.

Il gruppo di Lukas Van Oudenhove dell'Universita' di Lovanio ha
scoperto che la somministrazione di una soluzione grassa nello stomaco
ha attenuato le risposte delle cellule nervose alle emozioni tristi.

Questi dati, spiegano i ricercatori sul 'Journal of Clinical
Investigation', hanno chiare implicazioni per una vasta gamma di
problemi, tra cui l'obesita', i disturbi alimentari ma anche la
depressione. E, come hanno notato Giovanni Cizza e Kristina Rother
dell'Istituto Nazionale Diabete e Malattie Digestive dei Nih (National
Institutes of Health) di Bethesda in un commento, questi dati mostrano
che davvero siamo cio' che mangiamo.

(Mal/Zn/Adnkronos)
25-LUG-11 17:29

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A Catanzaro nasce l'Alzheimer café, pensato dall'equipe dell'associazione RA.GI presente anche a Como, Isola Vicentina, Modena, Treviso e Roma

**SALUTE. A CATANZARO NASCE L'ALZHEIMER CAFÈ
PENSATO DALL'E'QUIPE DELL'ASSOCIAZIONE RA.GI.

(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 25 lug. - Pensato dall'e'quipe
dell'associazione Ra.Gi. in sinergia con l'assessorato comunale
alle Politiche sociali, a Catanzaro nasce lo spazio "Alzheimer
Cafe'". Si tratta di un servizio di prevenzione, terapia, cura,
accoglienza, sostegno e formazione per migliorare la qualita'
della vita delle persone anziane e la vita di chi sta loro vicino
che sara' attivato nel Centro di terapia psico-corporea -
espressiva- relazionale della Ra.Gi. Primo in tutta la regione
Calabria, sesto in tutta Italia ( le altre realta' similari sono
a Como, Isola Vicentina, Modena, Treviso e Roma) lo spazio
"Alzheimer Cafe'" e' un' attivita' completamente gratuita legata
al progetto "Soli...mai piu'" gia' avviato da tempo
dall'associazione di cui e' presidente Elena Sodano che
sottolinea: " Lo spazio Alzheimer Cafe' rappresenta un approccio
alternativo per affrontare le problematiche psicologiche e
comportamentali di una persona affetta da demenza".
Nello spazio "Alzheimer Cafe'" inoltre sono previsti: gruppi
formativi e di sostegno per familiari finalizzati al
miglioramento della qualita' della vita; supporto psicologico
anche individuale; supporto terapeutico. Possono rivolgersi allo
Spazio Alzheimer anche pazienti affetti da morbo di Crohn,
Parkinson e sclerosi multipla in una fase non avanzata. " La
ricerca biomedica - ha ribadito Elena Sodano - non ha ancora dato
risposte farmacologiche efficaci alla malattia di Alzheimer. E'
necessario quindi investire di piu' per rafforzare gli
interventi, le cure e le terapie psicosociali. Uno di questi
strumenti e' l'Alzheimer Cafe'. Un'atmosfera rilassata tra
persone coinvolte nello stesso problema aiuta a uscire dal tabu'
che spesso circonda la malattia".

(Wel/ Dire)
15:58 25-07-11

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Allarme droghe: si nascondono nei sali da bagno. Basta annusarli e hanno effetti a volte tragici

SALUTE. ALLARME DROGHE: SI NASCONDONO NEI SALI DA BAGNO
BASTA ANNUSARLI E HANNO EFFETTI A VOLTRE TRAGICI.

(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 25 lug. - Un pericolo
inaspettato si nasconde in casa: i sali da bagno possono creare
effetti micidiali. In realta' il problema non e' dei comuni
preparati da disciogliere in vasca, ma di sostanze stupefacenti
spacciate, appunto, per "sali da bagno". Sono venduti nella forma
di una polvere bianca cristallina, imitano composti come le
metanfetamine e basta annusarli, fumarli o iniettarli tipo crack:
a quel punto le sostanze nocive entrano in azione con conseguenze
molte volte tragiche.
Come riferisce il "New York Times" la droga viene attualmente
venduta, per vie del tutto legali, in 22 dei 50 Stati negli Usa,
perlopiu' in confezioni da 50 milligrammi e al prezzo tra i 25 e
i 50 dollari. Gli effetti dell'uso si sono dimostrati in alcuni
casi devastanti. In America la diffusione sembra inarrestabile:
da gennaio a giugno le chiamate ai centri antiveleno sono state
3470, tutte collegate ai "sali da bagno", riferisce l'American
Association of Poison Control Centers. Un numero dieci volte
superiore allo stesso periodo del 2010. Le vittime sono perlopiu'
giovani e giovanissimi.
In Italia, intanto, un decreto del ministero della Salute ha
ufficializzato la "stretta" contro le nuove droghe ed anche,
quindi, nei confronti del metilendiossipirovalerone nascosto in
alcuni sali da bagno.

(Wel/ Dire)
15:58 25-07-11

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100 battiti al minuto limite di velocità per il cuore. Dopo i 50 anni misurare il polso almeno una volta al mese



SALUTE: 100 BATTITI AL MINUTO LIMITE VELOCITA' PER IL CUORE
DOPO I 50 ANNI MISURARARE IL POLSO ALMENO UNA VOLTA AL MESE
(ANSA) - ROMA, 25 LUG - Anche il polso ha il suo limite di
velocit…: se supera i 100 battiti al minuto parlatene con il
medico.
Dopo i cinquant'anni, tastatevi il polso una volta la settimana
e misurate la pressione una volta al mese. E' la raccomandazione
che viene dagli esperti di A.L.F.A (Associazione Lotta alla
Fibrillazione Atriale), che per il 2011 ha messo in atto una
serie di iniziative per sensibilizzare la popolazione, i medici
di medicina generale e le Istituzioni su questa grave patologia.
Con alcune semplici azioni, infatti, si pu• riconoscere la
fibrillazione atriale, aritmia che colpisce quasi un milione di
italiani - molti non sanno di averla - e che aumenta fino a
cinque volte il rischio di andare incontro a un ictus cerebrale.
Ogni anno la malattia costa al Sistema Sanitario pi— di tre
miliardi di euro.
Una persona su cento, in Italia, soffre di fibrillazione
atriale. La malattia, che porta a un'alterazione del normale
ritmo del cuore. Ogni anno circa 120.000 persone scoprono di
essere ammalate e, purtroppo, in un caso su tre la malattia non
viene riconosciuta, mettendo cos a rischio cuore e cervello.
Eppure giocare d'anticipo sulla patologia, scoprendola fin dai
suoi inizi, non Š difficile. Basta solamente tastarsi il polso
una volta alla settimana e misurare la pressione una volta al
mese dopo aver passato i 50 anni.
A ricordarlo e' Antonio Raviele, Direttore del Dipartimento
Cardiovascolare dell'Ospedale dell'Angelo di Mestre e Presidente
di A.L.F.A (Associazione Lotta alla Fibrillazione Atriale), la
neonata associazione che ha come obiettivo sensibilizzare i
cittadini, i medici e le Istituzioni sull'importanza della
prevenzione e del riconoscimento precoce della patologia.
E' soprattutto la pressione alta il nemico da monitorare perch‚
almeno sette persone su dieci con fibrillazione atriale sono
anche ipertese. "Il nucleo pulsante della campagna Š il sito web
www.stopfa.org, che offre agli utenti tutte le informazioni su
prevenzione, diagnosi e trattamento della patologia - fa sapere
Raviele - Dal sito Š anche possibile scaricare un opuscolo
informativo per la popolazione e il Documento di Consenso
Internazionale rivolto agli specialisti del settore. Questi
strumenti - conclude il Prof. Raviele - spiegheranno con parole
semplici e comprensibili come autodiagnosticarsi l'eventuale
presenza della patologia e come approcciarsi a medici di base e
specialisti".
Per coinvolgere i medici di medicina generale, inoltre, verr…
inviata una lettera agli operatori sanitari su tutto il
territorio, proprio allo scopo di sensibilizzare anche loro
sull'importanza della diagnosi precoce.
Infine, Š prevista per il primo ottobre 2011 una "Giornata
Nazionale di Lotta alla Fibrillazione Atriale" con gazebo in
piazza nelle principali citt… italiane, per informare la
popolazione sui rischi correlati alla fibrillazione atriale e
istruire i cittadini alla palpazione del polso.
La campagna si concluder… durante il Congresso Internazionale
VeniceArrhythmias, dal 9 al 12 ottobre presso la Fondazione Cini
di Venezia.
(ANSA).

BR
25-LUG-11 16:04 NNNN

Sicurezza a Roma: rivedere le scorte per avere più volanti in strada

SICUREZZA/ Roma, Alemanno: rivedere le scorte per avere più agenti a disposizione foto Ansa
SICUREZZA ROMA: RIVEDERE LE SCORTE PER AVERE PIU’ VOLANTI IN STRADA – Il sindaco di Roma Capitale Gianni Alemanno è stato chiaro: è necessario rivedere gli elenchi di tutte le personalità sotto scorta per capire se queste persone hanno davvero la necessità di essere scortate e di quale livello di protezione hanno bisogno. Nella lettera inviata al ministro dell’Interno Roberto Maroni, il sindaco ha spiegato che nessun cittadino di Roma “deve avere il sospetto di essere più esposto alla criminalità per garantire i privilegi inammissibili delle “caste” politiche, economiche ed amministrative”. Secondo il segretario generale del sindacato di polizia della Cgil, Gianni Ciotti, la città dovrebbe adeguarsi agli standard europei, per far sì che più della metà degli agenti utilizzati per le scorte torni a disposizione di Roma. Basterebbero 300 uomini per avere le stesse misure di sicurezza delle altre città europee, ma sono appena cinquanta le volanti che la questura riesce a schierare tra le strade della città. E calcolando che sono circa mille gli agenti che scortano le varie personalità, tra imprenditori, politici e magistrati, si potrebbe disporre di ben settecento agenti in più. Sempre il primo cittadino spiega che questo “numero di volanti utilizzato per il servizio scorte è più grave di quello che pensavamo. Non è ammissibile che per decisioni prese da altri Enti la Prefettura di Roma sia costretta a distogliere un cosi elevato numero di macchine dal quotidiano controllo del territorio”.

fonte: 

da Anonimous attacco hacker alla polizia italiana

ANSA/ INTERNET: HACKER RIVENDICANO ATTACCO A CYBERPOLIZIA
SUL WEB MIGLIAIA DI DOCUMENTI'RISERVATI';POLPOST,NON SONO NOSTRI
(ANSA) - ROMA, 25 LUG - I server della polizia postale
sarebbero stati violati. Gli hacker del gruppo Anonymous, gia'
artefici di diversi attacchi in rete, hanno rivendicato oggi
un'offensiva contro il Centro nazionale anticrimine informatico
per la protezione delle infrastrutture critiche (Cnaipic) della
polizia italiana. I pirati informatici hanno annunciato la
pubblicazione sul web di migliaia di documenti riservati, mentre
la polizia postale e' al lavoro per accertare l'autenticita' dei
file e sottolinea che in ogni caso la maggior parte dei
documenti non appartiene alla polizia italiana.
''Oggi abbiamo ottenuto l'accesso al vaso di Pandora delle
agenzie anticrimine italiane'', si legge nel comunicato di
Anonymous in cui gli hacker definisco il Cnaipic una
''organizzazione corrotta ''. All'interno dei file rubati,
sostengono gli Anonymous, ci sarebbero informazioni che fanno
riferimento a diverse istituzioni e societa' estere, tra cui il
ministero egiziano dei Trasporti e della Comunicazione, il
dipartimento dell'Agricoltura statunitense, il ministero della
Difesa australiano, diverse ambasciate ucraine, l'azienda
americana Exxon Mobil e quelle russe Gazprom, Atomstroyexport,
Diaskan e Sibneft, insieme ai ministeri degli esteri nepalesi e
bielorussi e ad alcune societa' con sede alle Cayman, Cipro e
Gibilterra.
Nella prima tranche di documenti, gia' scaricabile online,
figura inoltre un appunto per il capo della polizia redatto nel
gennaio 2008 e relativo agli attacchi informatici ai danni della
Procura di Genova, in cui si legge che la rete ''presenta
numerose problematiche di sicurezza e non si esclude la
possibilita' che gli attacchi informatici siano di provenienza
interna''. Un altro file, indirizzato al Viminale, fa
riferimento all'attacco contro Bank Medici. Nella ''relazione
sull'indagine intrusione Medici'' si raccomanda di ''sigillare
tutti i documenti... in particolare quelli relativi a Gianfranco
Gnutti e Alessandro Profumo''.
Per accertare i motivi della pubblicazione su internet di
documenti ''apparentemente riconducibili'' al Cnaipic ma che in
ogni caso, fanno notare fonti investigative, sembrerebbero di
poca rilevanza investigativa, la polizia postale sta eseguendo
una serie di verifiche tecniche. In particolare, gli
accertamenti sono mirati a verificare la reale portata della
pubblicazione, a capire se i contenuti dei documenti sono
autentici e, soprattutto, da quali computer o server, siano
stati prelevati dagli 'Anonimi'. In ogni caso, sottolineano gli
investigatori, la maggioranza dei documenti pubblicati non
apparterrebbe alla polizia italiana ma potrebbe essere stata
'rubata' da altri archivi, soprattutto all'estero.
L'attacco di Anonymous, spiegano gli hacker, rientra nella
''campagna Antisec'', e rappresenta ''un richiamo anche per
l'attacco diretto ad i nostri amici di Anonymous che nei giorni
scorsi sono stati arrestati sia in Italia che in Europa e negli
Stati Uniti''. Il 5 luglio scorso, infatti, un'operazione della
polizia postale aveva portato alla denuncia di 15 persone
appartenenti alla cellula italiana del gruppo di hacker.
Gli Anonymous nostrani avevano sferrato il primo attacco il 6
febbraio contro il sito web del governo italiano, passando poi a
colpire i siti di Camera e Senato, quelli di aziende come Eni,
Enel, Finmeccanica, Mediaset e Rai fino all'accatto sferrato il
6 luglio scorso contro una ventina di universita' italiane. A
livello internazionale, invece, la rete di Anonymous e'
responsabile di diversi attacchi a siti istituzionali e di
grosse aziende in tutto il mondo.(ANSA).

Y89-MRB
25-LUG-11 19:14 NNNN

INTERNET: BELISARIO, DOPO ATTACCO HACKER AUMENTARE SICUREZZA

(ANSA) - ROMA, 25 LUG - ''L'attacco al Centro nazionale
anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture
critiche (Cnaipic) pone il problema di un deciso innalzamento
della sicurezza dei nostri archivi''. Lo afferma Felice
Belisario, presidente dei senatori dell'Italia dei Valori ed
esponente del Copasir che auspica ''il massimo impegno della
polizia postale affinche' informazioni riservate sulla sicurezza
del nostro Paese non siano rese note e che il gruppo Anonymus, a
cui sarebbe riconducibile l'operazione, sia al piu' presto
smantellato''.
''Se dovessero risultare originali i files finora pubblicati
dai terroristi informatici - sostiene Belisario - saremmo di
fronte a un fatto di enorme gravita', un vero buco della nostra
intelligence a cui porre rimedio immediatamente perfezionando le
strutture esistenti senza creare altre inutili e costose
agenzie''. (ANSA).

COM-SES
25-LUG-11 19:11 NNNN

SICUREZZA. BELISARIO: GRAVE ATTACCO HACKER, SMANTELLARE ANONYMUS


(DIRE) Roma, 25 lug. - "L'attacco al Centro nazionale anticrimine
informatico per la protezione delle infrastrutture critiche
(Cnaipic) pone il problema di un deciso innalzamento della
sicurezza dei nostri archivi". Lo dice Felice Belisario,
presidente dei senatori dell'Italia dei Valori ed esponente del
Copasir.
"Auspico il massimo impegno della polizia postale affinche'
informazioni riservate sulla sicurezza del nostro Paese non siano
rese note e che il gruppo Anonymus, a cui sarebbe riconducibile
l'operazione, sia al piu' presto smantellato- aggiunge il
senatore Idv- se dovessero risultare originali i files finora
pubblicati dai terroristi informatici, saremmo di fronte a un
fatto di enorme gravita', un vero buco della nostra intelligence
a cui porre rimedio immediatamente perfezionando le strutture
esistenti senza creare altre inutili e costose agenzie".

(Com/Vid/ Dire)
18:31 25-07-11

NNNN
 ANONYMOUS: POLIZIA, VERIFICHE SU DOCUMENTI PUBBLICATI IN RETE =
(AGI) - Roma, 25 lug. - "In relazione alla divulgazione in Rete
di documenti sottratti dai suoi sistemi informatici la Polizia
delle Comunicazioni ha in corso attente verifiche tecniche
mirate ad accertare la reale portata degli eventi". E' quanto
si legge in una nota della Polzizia che rileva inoltre come "Di
fatto risultano pubblicati online contenuti apparentemente
riconducibili al CNAIPIC della stessa Polizia delle
Comunicazioni sulla cui autenticita' sono in corso
accertamenti". (AGI)
Vim
251527 LUG 11

NNNNINTERNET: VERIFICHE SU PUBBLICAZIONE IN RETE DOCUMENTI PS

(ANSA) - ROMA, 25 LUG - La polizia postale sta eseguendo una
serie di verifiche tecniche per accertare i motivi della
pubblicazione su Internet di documenti ''apparentemente
riconducibili'' al Centro nazionale anticrimine informatico per
la protezione delle infrastrutture critiche (Cnaipic).
I documenti riservati sarebbero stati pubblicati da parte
degli hacker riconducibili ad Anonymus, il gruppo nei confronti
del quale qualche settimana fa e' scattata un'operazione proprio
della polizia postale. Gli accertamenti sono mirati a verificare
la reale portata degli eventi e a capire se i contenuti sono
autentici e dunque riconducibili al Cnaipic. (ANSA).

GUI/FV
25-LUG-11 15:35 NNNN
 INTERNET: POLIZIA POSTALE, VERIFICHE SU DOCUMENTI CNAIPIC PUBBLICATI IN RETE =

Roma, 25 lug. (Adnkronos) - "In merito alla divulgazione in Rete
di documenti sottratti dai suoi sistemi informatici, la Polizia delle
Comunicazioni ha in corso attente verifiche tecniche mirate ad
accertare la reale portata degli eventi". E' quanto si legge in una
nota della Polizia delle Comunicazioni a proposito delle affermazioni
di un gruppo di pirati informatici legato ad Anonymous che afferma di
aver violato la rete del Centro nazionale anticrimine informatico per
la protezione delle infrastrutture critiche (Cnaipic), la task force
della polizia contro il crimine online.

"Di fatto - assicurano - risultano pubblicati online contenuti
apparentemente riconducibili al Cnaipic della stessa Polizia delle
Comunicazioni sulla cui autenticita' sono in corso accertamenti".

(Bat/Zn/Adnkronos)
25-LUG-11 16:18
Hacker annunciano:attaccata task-force polizia contro cybercrime
In Rete 8Gb di file sulle "pratiche illegali" del Cnaipic

Roma, 25 lug. (TMNews) - I pirati informatici della community
italiana di LulzSec - della galassia Anonymous e vicini a quelli
che lo scorso 6 luglio avevano attaccato diverse università
italiane - hanno annunciato di aver hackerato i database del
CNAIPIC della polizia, il Centro nazionale anticrimine
informatico per la protezione delle infrastrutture critiche.
L'hanno chiamata 'Operation Italy' e su Twitter hanno postato
diversi link a presunti file segreti e riservati contenuti nei
server della task-force contro i cybercrimini.

In un comunicato gli hacker hanno annunciato di voler "rivelare
alcuni fra i più importanti rapporti e segreti nelle Agenzie di
law Enforcement Informatiche e le loro pratiche illegali e
amorali. Queste release saranno pubblicate e tweettate da tutta
la community LulzSec & Anonymous. Oggi abbiamo ottenuto l'accesso
al vaso di Pandora delle agenzie anticrimine Italiane e crediamo
che questo sia l'nizio di una nuova era di butthurt per la
possente Homeland Security Cyber Operation Unit in Europa. Quindi
abbiamo deciso di diffondere tutto quello che hanno nella
rappresentanza italiana, ovverosia una task force con vaste
risorse chiamata Cnaipic".

"Questa organizzazione corrotta - continua lo scritto - ha
ottenuto e raccolto le 'prove' dalle proprietà sequestrate a
innumerevoli sospetti operanti nel settore dell'informatica e le
ha usate nell'arco di molti anni per compiere operazioni illegali
con la cooperazione di agenzie di intelligence straniere e varie
oligarchie per saziare la loro brama di potere e soldi, anzichè
usare i dati ottenuti per facilitare le inchieste/indagini in
corso. Oggi riveliamo innumerevoli file (il totale stimato dei
dati è oltre 8Gb) da queste agenzie che abbiamo ownato, e per
essere chiari tutti questi dati/documenti erano archiviati sui
server del Cnaipic, deputati a contenere le 'prove' raccolte
nelle analisi forensi".

Sav

251509 lug 11



NNNN

Sicurezza/ Pd: Attacco hacker a Polizia è di gravità inaudita Fiano: Serve commissione di studio Parlamento su reti italiane

Roma, 25 lug. (TMNews) - Il Pd considera "di una gravità
inaudita" l`attacco informatico di queste ore contro la task
force della polizia. "Il tema della sicurezza informatica delle
istituzioni pubbliche - ha affermato il responasbile Sicurezza
del Partito Democratico Emanuele Fiano - all`ordine del giorno
dei grandi Paesi del mondo. Proporrò in Parlamento una
commissione di studio sullo stato della sicurezza delle reti
italiane e di valutazione di nuove proposte legislative e
operative, allo scopo di migliorare questo aspetto fondamentale
della sicurezza del Paese"

Tor

SICUREZZA. FIANO: ATTACCO HACKER A POLIZIA DI GRAVITÀ INAUDITA(DIRE) Roma, 25 lug. - "L'attacco informatico di queste ore
contro la task force della polizia e' di una gravita' inaudita.
Il tema della sicurezza informatica delle istituzioni pubbliche
e' all'ordine del giorno dei grandi Paesi del mondo". Lo dichiara
Emanuele Fiano, responsabile Sicurezza del Partito democratico.
"Proporro' in Parlamento una commissione di studio sullo stato
della sicurezza delle reti italiane e di valutazione di nuove
proposte legislative e operative, allo scopo di migliorare questo
aspetto fondamentale della sicurezza del Paese", aggiunge.

(Com/Lum/ Dire)
16:46 25-07-11

TV: DA OGGI DEBUTTA A MODENA QUELLA DI CONDOMINIO





TV: DA OGGI DEBUTTA A MODENA QUELLA DI CONDOMINIO =
(AGI) - Modena, 25 lug. - Video e contenuti esclusivi su
tematiche come la convivenza e il rispetto delle regole. Ma
anche musica, intrattenimento e informazioni utili per vivere
al meglio Modena e orientarsi nella rete dei servizi pubblici.
Questo offre la tv di condominio, che e' anche web tv, del
complesso R-Nord di via Attiraglio e via Canaletto nella Citta'
della Ghirlandina. Una iniziativa nata per aiutare, attraverso
un nuovo media, a conoscersi e partecipare e per promuovere
diritti e doveri in un luogo che, da simbolo della integrazione
difficile, nei progetti del Comune di Modena punta a diventare
simbolo della riqualificazione di aree critiche sul piano della
vivibilita' e della sicurezza urbana. Questo e', in sintesi,
sul piano delle finalita', "r-nord tv" il canale realizzato con
finanziamento della Fondazione cassa di risparmio dall'ufficio
Politiche delle sicurezze e dalla Rete civica del Comune, che
debutta da oggi, lunedi' 25 luglio, trasmettendo attraverso il
sistema di tv via cavo del condominio e sullo schermo
interattivo del Portierato sociale di via Attiraglio, oltre che
in Internet, dunque visibile a tutti anche al di fuori dello
stabile. Infatti, "r-nord tv" sara' fruibile via web sia in
modalita' streaming (come una normale tv con un palinsesto
continuo) sia in modalita' on demand (gli spettatori scelgono
cosa vedere selezionando nell'archivio delle produzioni). I
vari contenuti verranno promossi anche attraverso i principali
social network (Youtube, Facebook, Twitter) e saranno visibili
anche attraverso il sito internet dell'Amministrazione comunale
(www.comune.modena.it/rnordtv). Attraverso i canali web,
"r-nord tv" avra' aggiornamenti settimanali, mentre una volta
al mese tutti i vari contenuti saranno contestualizzati in un
palinsesto di 60 minuti che contiene vari programmi. (AGI)
Mir/Red
251231 LUG 11

NNNN
 

Cassazione "..."Nelle controversie in materia di invalidità pensionabile deve essere valutato dal giudice anche l'aggravamento della malattia, nonchè tutte le infermità comunque incidenti nel complesso invalidante che si siano verificate nel corso tanto del procedimento amministrativo che di quello giudiziario"...."

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere

Dott. IANNIELLO Antonio - rel. Consigliere

Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



ORDINANZA

sul ricorso 14160-2010 proposto da:

################# (Omissis), -
- ricorrente -

contro

INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO, GLI INFORTUNI SUL LAVORO (Omissis) in persona del Direttore della Direzione Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, rappresentato e difeso dagli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, RASPANTI RITA, giusta procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 5018/2008 della CORTE D'APPELLO di ROMA del 17.6.08, depositata il 12/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO.

E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ELISABETTA CESQUI.

FattoDiritto


La causa è stata chiamata alla odierna adunanza in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'articolo 380-bis c.p.c.:

"Con ricorso notificato il 18-19 maggio 2010, ################# chiede, con un unico motivo, relativo alla violazione dell'articolo 149 disp. att. c.p.c. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 3 e al vizio di motivazione, la cassazione della sentenza depositata il 12 giugno 2009, con la quale la Corte d'appello di Roma, in sede di rinvio da questa Corte, aveva accertato il suo diritto ad una rendita per malattia professionale commisurata ad una riduzione della capacità generica di lavoro del 34% dal 24 marzo 1993, data di presentazione della domanda in via amministrativa, così ribadendo la pronuncia di primo grado dell'11 giugno 1997.

Tale ultima pronuncia era stata a suo tempo appellata dall'INAIL per sostenere l'origine non professionale della inabilità accertata e l'appello era stato accolto dal Tribunale di Roma, quale giudice di appello, con sentenza del 2003.

Su ricorso dell'assistito, questa Corte aveva cassato tale sentenza, censurando il mancato accertamento dell'origine della inabilità, richiesto in giudizio attraverso una C.T.U., rinviando la causa alla Corte di appello di Roma.

Qui la causa era stata riassunta il 23 maggio 2005 dal Ca. che aveva chiesto la conferma della pronuncia del Pretore.

Nel corso di tale giudizio di rinvio, la Corte territoriale aveva disposto C.T.U., condividendone poi le conclusioni nel senso di ritenere sussistente il nesso causale dell'inabilità del 34% dal 24 marzo 1993, ma escludendo di potere attribuire in questa sede al Ce. incremento di rendita corrispondente al 50% di inabilità dal gennaio 2007, come valutato dal C.T.U., e cio' in quanto la richiesta del ricorso in riassunzione era stata limitata alla conferma della sentenza di primo grado.

Quest'ultima affermazione è appunto investita dalle censure di cui all'attuale ricorso per cassazione.

Resiste alle domande l'INAIL con rituale controricorso.

Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 e antecedentemente alla data di entrata in vigore della Legge 18 giugno 2009, n. 69 è regolato dall'articolo 360 e segg. c.p.c. con le modifiche e integrazioni apportate dal Decreto Legislativo citato.


Il ricorso è manifestamente fondato e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere accolto.

A norma dell'articolo 149 disp. att. c.p.c.. "Nelle controversie in materia di invalidità pensionabile deve essere valutato dal giudice anche l'aggravamento della malattia, nonchè tutte le infermità comunque incidenti nel complesso invalidante che si siano verificate nel corso tanto del procedimento amministrativo che di quello giudiziario".

La norma è applicabile anche all'ipotesi di inabilità conseguente ad infortuni o a malattie professionali (cfr. ad es. Cass. 22 agosto 2003 n. 12369) e, per effetto di essa, la proposizione in giudizio di una domanda "in materia di invalidità pensionabile" implica comunque anche la richiesta che il relativo l'accertamento venga spinto oltre la data della domanda amministrativa o di quella giudiziaria e fino alla sentenza di merito definitiva.

Parallelamente, anche la richiesta formulata in appello o nell'atto di riassunzione avanti al giudice di rinvio contiene implicitamente, accanto, in ipotesi, alla richiesta di conferma della percentuale di invalidità accertata alla data della sentenza di primo grado, anche la domanda di estendere l'accertamento, ai sensi dell' articolo 149 disp. att. c.p.c., agli aggravamenti e alle ulteriori infermità verificatesi successivamente.

Nè tale conclusione può essere posta in dubbio da quanto rilevato dall'INAIL relativamente al fatto che gli aggravamenti, per essere riconosciuti giudizialmente, devono preventivamente percorrere la via del procedimento amministrativo, attivato dalla domanda all'ente previdenziale dall'interessato.

Tale regola è infatti riferibile unicamente alle inabilità già riconosciute, che abbiano dato luogo all'erogazione di una rendita da parte dell'INAIL e non anche alle situazioni tuttora sub iudice, per essere in corso l'accertamento giudiziario cui è applicabile la regola suddetta."

E' seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all'avviso della data della presente udienza in camera di consiglio.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, affermando il seguente principio di diritto:

L'articolo 149 disp. att. c.p.c. - applicabile anche ai giudizi aventi ad oggetto l'invalidità conseguente a infortunio o malattia professionale - secondo il quale "nelle controversie in materia di invalidità pensionabile deve essere valutato dal giudice anche l'aggravamento della malattia, nonchè tutte le infermità comunque incidenti nel complesso invalidante che si siano verificate nel corso tanto del procedimento amministrativo che di quello giudiziario trova applicazione nel giudizio di appello o in quello di rinvio, nei quali l'interessato abbia genericamente chiesto la conferma della sentenza di primo grado, la quale aveva accertato a quella data una percentuale di invalidità inferiore a quella accertata nel giudizio di appello o di rinvio.

Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, nei termini di cui al dispositivo, che regola altresì le spese dell'intero processo in conformità alla regola della soccombenza.

 
P.Q.M.
 
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara il diritto di Ca.Se. alla rendita per malattia professionale commisurata ad una riduzione della capacità pari al 34% dalla data della domanda amministrativa e del 50% dal gennaio 2007, con la condanna dell'INAIL alle spese dell'intero processo, nella misura indicata nella sentenza ora cassata per i giudizi precedenti, oltre ad euro 30,00 per esborsi ed euro 2.000,00 per onorari (oltre accessori di legge) relativamente al presente giudizio di cassazione, con distrazione all'avv. ################# #################

Cassazione "... ha convento in giudizio l'INAIL chiedendone la condanna alla costituzione in suo favore di una rendita per malattia professionale (ipoacusia da rumore)...."

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente

Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere

Dott. FILABOZZI Antonio - rel. Consigliere

Dott. TRIA Lucia - Consigliere

Dott. ARIENZO Rosa - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA





sul ricorso 1899-2010 proposto da:

################# , e-
- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell'avvocato LA PECCERELLA LUIGI e FAVATA EMILIA, che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 994/2009 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 22/10/2009 r.g.n. 580/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l'Avvocato CONCETTI DOMENICO;

udito l'Avvocato FAVATA EMILIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.





Fatto



################# ha convento in giudizio l'INAIL chiedendone la condanna alla costituzione in suo favore di una rendita per malattia professionale (ipoacusia da rumore).

Il Tribunale di Rimini ha accolto la domanda con decisione che, sull'appello dell'Istituto, è stata riformata dalla Corte di Appello di Bologna, che ha rigettato l'originaria domanda, ritenendo che fosse intervenuta la prescrizione del diritto alla richiesta rendita. A tale conclusione il giudice d'appello è pervenuto osservando che, secondo quanto accertato dal c.t.u., l'ipoacusia aveva raggiunto la soglia minima indennizzabile nel novembre 1987 e che poteva presumersi che il lavoratore avesse acquisito conoscenza della malattia e della sua origine professionale quanto meno nel dicembre dello stesso anno, quando era stato cautelativamente escluso dal datore di lavoro da livelli di esposizione al rumore superiori a una determinata frequenza.


Avverso tale sentenza ricorre per cassazione ################# affidandosi a quattro motivi di ricorso cui resiste con controricorso l'Inail.





Diritto



1.- Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 112, comma 1, articoli 111 e 135 (Testo Unico), articolo 2935 c.c., articolo 2697 c.c., comma 2, articoli 2727 e 2729 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., sull'assunto che la Corte territoriale avrebbe tratto la prova della conoscenza della malattia, della sua origine professionale e del suo grado invalidante da elementi non aventi carattere certo e obiettivo, ma piuttosto da supposizioni di mera possibilità e da accertamenti medici "probabilistici", come quelli contenuti nella relazione di consulenza tecnica d'ufficio.

2.- Con il secondo motivo si deduce l'insufficienza della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha individuato il momento in cui il danno avrebbe raggiunto il minimo indennizzabile e quello in cui l'interessato avrebbe acquisito piena consapevolezza della esistenza della malattia.

3.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta contraddittorietà della motivazione laddove la Corte territoriale, dopo aver ritenuto che il lavoratore avesse acquisito fin dal dicembre 1987 consapevolezza dell'esistenza della malattia e del suo grado invalidante, ha contestualmente affermato che nel 1990 il datore di lavoro (all'epoca anche assicuratore per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) aveva escluso la sussistenza di qualsiasi tecnopatia e relativo danno professionale.

4.- Con il quarto motivo si lamenta, infine, omessa motivazione nella parte in cui la Corte d'appello non avrebbe considerato che le risultanze processuali non rendevano accoglibile il motivo di impugnazione - che così come proposto dall'INAIL era da rigettare - con il quale l'Istituto aveva contestato l'esistenza del nesso causale tra l'attività lavorativa e la patologia denunciata, nonchè la natura professionale della ipoacusia.

5.- I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono infondati. Il Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 112 pone un termine di prescrizione triennale per l'azione diretta a conseguire la rendita decorrente dalla manifestazione della malattia professionale. A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 1988 (dichiarativa dell'illegittimità costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 135, comma 2, nella parte in cui poneva una presunzione assoluta di verificazione della malattia professionale nel giorno in cui veniva presentata all'istituto assicuratore la denuncia con il certificato medico), nel regime normativo attuale la manifestazione della malattia professionale, rilevante quale dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale di cui all'articolo 112 cit., puo' ritenersi verificata quando la consapevolezza circa l'esistenza della malattia, la sua origine professionale e il suo grado invalidante siano desumibili da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell'assicurato, che costituiscano fatto noto ai sensi degli articoli 2727 e 2729 c.c., come la domanda amministrativa, nonchè la diagnosi medica, contemporanea, dalla quale la malattia sia riconoscibile per l'assicurato (cfr. ex plurimis, Cass. n. 10441/2007, Cass. n. 27323/2005, Cass. n. 8257/2003, Cass. n. 4181/2003, Cass. n. 15598/2002). Cass. n. 23110/2004 ha altresì precisato che, ai fini della decorrenza della prescrizione triennale prevista in materia di assicurazione contro le malattie professionali dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 112 la consapevolezza dell'esistenza della malattia e della sua origine professionale si puo' ragionevolmente presumere sussistente alla data della domanda amministrativa, atteso che, senza di essa, l'istanza sarebbe palesemente infondata e pretestuosa e la successiva domanda, per il riconoscimento giudiziale del beneficio, potrebbe comportare l'insorgenza della responsabilità per le spese, ex articolo 152 disp. att. c.p.c., per lite temeraria; per converso, in ordine al requisito del raggiungimento del minimo indennizzabile, l'opinione personale dell'interessato è assolutamente irrilevante, dipendendo da un accertamento tecnico suscettibile di divergenze valutative e di giudizi anche diametralmente opposti da parte di medici esperti della materia.

6.- Non si è discostata da tali principi la Corte territoriale, che ha ritenuto di individuare l'evento oggettivo ed esterno dal quale desumere la conoscenza della malattia professionale nel provvedimento, adottato dal datore di lavoro nel dicembre 1987, di esclusione del lavoratore da livelli di esposizione a rumore equivalenti o superiori a 80 dBA, osservando che, come già rilevato dal consulente tecnico d'ufficio, era verosimile ritenere che l'interessato fosse stato reso edotto di tale provvedimento e delle sue motivazioni e che, comunque, il fatto che nel luglio 1990 l'Ufficio Organizzazione delle Fe. de. St. di (Omissis) non avesse riconosciuto l'origine professionale del danno confermava che tra il 1987 e il 1990 si era posta la questione di una possibile eziologia professionale della ipoacusia, così che, pur non avendo il lavoratore ottenuto alcun riconoscimento formale in ordine alla natura professionale della malattia, era ragionevole ritenere che, nello stesso periodo, egli fosse stato sensibilizzato al problema ed avesse maturato la consapevolezza di una possibile dipendenza da causa lavorativa del deficit uditivo.

Le contrarie affermazioni del ricorrente, secondo cui solo "accertamenti specifici" avrebbero potuto rendere edotto il lavoratore della sussistenza della malattia professionale e del raggiungimento della soglia minima indennizzabile non sono condivisibili, perchè tale consapevolezza, secondo i principi sopra richiamati, puo' essere provata anche attraverso elementi presuntivi; esse si risolvono, comunque, nella contestazione diretta (inammissibile in questa sede) del giudizio di merito, giudizio che risulta motivato in modo sufficiente e logico con riferimento, come sopra detto, agli elementi desumibili dall'adozione da parte del datore di lavoro, nei confronti del lavoratore, del provvedimento di esclusione da livelli di esposizione a rumore equivalenti o superiori a 80 dBA (nonchè dagli accadimenti immediatamente successivi richiamati nella motivazione della sentenza impugnata), riducendosi dunque ad una mera contrapposizione rispetto alla valutazione di merito operata dalla Corte d'appello, inidonea a radicare un deducibile vizio di legittimità di quest'ultima.

7.- Anche gli altri rilievi svolti con il secondo motivo sono infondati, giacchè l'individuazione del momento in cui si è verificato il raggiungimento della soglia minima indennizzabile risulta adeguatamente motivata dalla Corte territoriale con riferimento agli accertamenti effettuati dal consulente tecnico d'ufficio sulla scorta dei tracciati audiografici del 1984 e del 1987, sicchè anche su questo punto la decisione, in quanto comunque assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria, non è assoggettabile alle censure che le sono state mosse in questa sede di legittimità.

8.- Per analoghi motivi deve essere respinto il terzo motivo di ricorso, non ravvisandosi comunque, anche per le considerazioni già sopra esposte, alcuna contraddittorietà tra l'affermazione della raggiunta consapevolezza, da parte del lavoratore, dell'esistenza della ipoacusia e della sua origine professionale fin dal dicembre 1987 e quella secondo cui ancora nel 1990 il datore di lavoro non aveva riconosciuto l'origine professionale della malattia.

9.- Le censure espresse con l'ultimo motivo restano, infine, assorbite nel rigetto dei primi tre motivi, trattandosi di questioni che, come riconosce lo stesso ricorrente, sono rimaste a loro volta assorbite dall'accoglimento dell'eccezione di prescrizione.

10.- Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Trattandosi di controversia alla quale è applicabile l'articolo 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente prima delle modificazioni introdotte dai Decreto Legge n. 269 del 2003, conv. in Legge n. 326 del 2003, il ricorrente non è assoggettato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità.





P.Q.M.





La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.