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mercoledì 30 gennaio 2019

N. 10 SENTENZA 9 - 25 gennaio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Caccia (temporaneita' delle zone per l'allenamento dei cani da caccia; operativita' nel periodo dal 1° giugno al 31 agosto) - Impiego pubblico (applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico al personale iscritto all'albo nazionale dei giornalisti che, a seguito di concorso, presta servizio presso gli uffici stampa istituzionali della Giunta e del Consiglio regionale). - Legge della Regione Lazio 14 agosto 2017, n. 9 (Misure integrative, correttive e di coordinamento in materia di finanza pubblica regionale. Disposizioni varie), art. 17, comma 50, lettera i), numero 5), e comma 97. - (GU n.5 del 30-1-2019 )

N. 10 SENTENZA 9 - 25 gennaio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Caccia (temporaneita'  delle  zone  per  l'allenamento  dei  cani  da
  caccia; operativita' nel periodo dal 1°  giugno  al  31  agosto)  -
  Impiego pubblico (applicazione del contratto  nazionale  di  lavoro
  giornalistico  al  personale  iscritto   all'albo   nazionale   dei
  giornalisti che, a seguito di concorso, presta servizio presso  gli
  uffici  stampa  istituzionali  della   Giunta   e   del   Consiglio
  regionale).
- Legge della Regione Lazio 14 agosto 2017, n. 9 (Misure integrative,
  correttive e  di  coordinamento  in  materia  di  finanza  pubblica
  regionale. Disposizioni varie), art.  17,  comma  50,  lettera  i),
  numero 5), e comma 97.

(GU n.5 del 30-1-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  17,  comma
50, lettera i), numero 5), e comma  97,  della  legge  della  Regione
Lazio 14 agosto 2017, n.  9  (Misure  integrative,  correttive  e  di
coordinamento in materia di finanza pubblica regionale.  Disposizioni
varie), promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con
ricorso notificato il 16 ottobre 2017, depositato in  cancelleria  il
26 ottobre 2017, iscritto al  n.  84  del  registro  ricorsi  2017  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  49,  prima
serie speciale, dell'anno 2017.
    Udito nella udienza  pubblica  dell'8  gennaio  2019  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti;
    udito  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso notificato il 16 ottobre 2017 e depositato il  26
ottobre 2017 (reg. ric. n. 84 del 2017), il Presidente del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
17, comma 50, lettera i), numero 5), e comma 97,  della  legge  della
Regione Lazio 14 agosto 2017, n. 9 (Misure integrative, correttive  e
di  coordinamento  in  materia   di   finanza   pubblica   regionale.
Disposizioni varie), in riferimento, quanto  al  comma  50  suddetto,
all'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  in
relazione all'art. 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per
la protezione della fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
venatorio), e, quanto al  comma  97  sopra  indicato,  all'art.  117,
secondo comma, lettera l), e  terzo  comma,  Cost.,  quest'ultimo  in
relazione all'art. 9, commi 1 e 17, del decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e  di
competitivita' economica), convertito con modificazioni, nella  legge
30 luglio 2010, n. 122.
    2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha rappresentato che
l'art. 17, comma 50, lettera i), numero  5),  della  legge  regionale
oggetto di impugnazione, nel modificare l'art.  17,  comma  9,  della
legge della Regione Lazio 2 maggio 1995, n. 17 (Norme per  la  tutela
della  fauna  selvatica  e  la  gestione  programmata  dell'esercizio
venatorio),  che  aveva  istituito  le  zone  per   l'allenamento   e
l'addestramento  dei  cani,  con  possibilita'  di   istituire   zone
destinate al solo allenamento dei cani, ha previsto che queste ultime
devono avere natura temporanea e sono operative dal 1° giugno  al  31
agosto di ciascun anno.
    3.- La previsione  si  porrebbe  in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost.,  in  relazione  all'art.  10  della
legge n. 157 del  1992,  poiche'  quest'ultima  norma,  al  comma  8,
lettera e), stabilisce che l'individuazione delle zone e dei  periodi
per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani, anche su fauna
selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna  di  allevamento  di
specie  cacciabili,  avvenga   nell'ambito   del   piano   faunistico
venatorio,  di  competenza  provinciale,  con  cio'  «escludendo   la
possibilita' del ricorso ad un atto legislativo».
    Secondo la difesa dello Stato l'adozione del  piano  integrerebbe
una norma di tutela ambientale, perche' consentirebbe  l'acquisizione
di  pareri  tecnici  e,  in  particolare,   l'adozione   del   parere
dell'Istituto superiore per la protezione  e  la  ricerca  ambientale
(ISPRA) che, nel «Documento orientativo sui criteri di omogeneita'  e
congruenza  per  la  pianificazione  faunistico-venatoria»,   avrebbe
indicato che l'attivita' dell'addestramento dei cani da caccia  debba
essere sospesa anche nel periodo aprile-luglio, per un periodo dunque
piu' ampio rispetto a quanto previsto dalla legge  regionale  oggetto
di impugnazione.
    4.- Con il medesimo  ricorso  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha impugnato anche il comma 97 dello stesso  art.  17  della
legge reg. Lazio n. 9  del  2017,  che  stabilisce  che,  nelle  more
dell'attuazione dell'art. 9, comma 5, della legge 7 giugno  2000,  n.
150 (Disciplina delle attivita' di informazione  e  di  comunicazione
delle pubbliche  amministrazioni),  al  personale  iscritto  all'albo
nazionale dei giornalisti, che  presta  servizio  presso  gli  uffici
stampa istituzionali della  Giunta  e  del  Consiglio  regionale,  si
applica il contratto nazionale di lavoro giornalistico.
    La norma si porrebbe in contrasto con l'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in relazione all'art. 9, commi 1 e 17,  del  d.l.  n.  78  del
2010, quale convertito nella  legge  n.  122  del  2010,  poiche'  il
contratto nazionale di lavoro giornalistico sarebbe stato oggetto  di
rinnovo nel periodo 2010-2015, mentre  la  norma  interposta  avrebbe
stabilito, come principio di coordinamento  della  finanza  pubblica,
quale limite al  trattamento  economico  complessivo  dei  dipendenti
pubblici per gli anni 2011,  2012  e  2013,  quello  del  trattamento
ordinariamente spettante per l'anno 2010.
    5.- Inoltre, prosegue la difesa dello Stato, il medesimo comma 97
dell'art. 17 della  legge  reg.  Lazio  n.  9  del  2017  sarebbe  in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.,  poiche',
per effetto della privatizzazione, l'impiego pubblico  sarebbe  ormai
disciplinato  dalla  contrattazione  collettiva  e  dalle  norme  che
regolano i rapporti di lavoro tra privati e  la  relativa  disciplina
andrebbe  ricondotta  alla  materia  dell'«ordinamento  civile»,   di
competenza esclusiva dello Stato, che deve  garantirne  l'uniformita'
su tutto il territorio nazionale.
    6.- La Regione Lazio non si e' costituita in giudizio.

                       Considerato in diritto

    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
depositato il 26 ottobre 2017, ha promosso due diverse  questioni  di
legittimita' costituzionale, rispettivamente riferite, una, al  comma
50, lettera i), numero 5), e, l'altra,  al  comma  97,  dell'art.  17
della legge  della  Regione  Lazio  14  agosto  2017,  n.  9  (Misure
integrative, correttive e di  coordinamento  in  materia  di  finanza
pubblica regionale. Disposizioni varie), in  riferimento,  la  prima,
all'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  in
relazione all'art. 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per
la protezione della fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
venatorio), e, la seconda, all'art. 117, commi secondo, lettera l), e
terzo Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 9, commi 1 e 17,  del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122.
    2.- La prima questione riguarda l'art. 17, comma 50, lettera  i),
numero 5), della legge reg. Lazio n. 9  del  2017  che  ha  novellato
l'art. 17, comma 9, della legge della Regione Lazio 2 maggio 1995, n.
17  (Norme  per  la  tutela  della  fauna  selvatica  e  la  gestione
programmata  dell'esercizio  venatorio),  con  cui,  nell'ambito  del
territorio regionale, sono state istituite  zone  destinate  al  solo
allenamento dei cani.
    La novella ha circoscritto temporalmente  la  destinazione  delle
suddette zone, prevedendo che l'allenamento dei cani possa  svolgersi
dal 1° giugno al 31 agosto di ciascun anno  e  ha  ampliato  le  aree
delle zone destinate all'allenamento.
    La difesa dello Stato lamenta l'invasione da  parte  della  legge
regionale impugnata della competenza  del  legislatore  nazionale  in
materia ambientale, in relazione all'art. 10 della legge n.  157  del
1992, che demanda al provvedimento amministrativo, e segnatamente  al
piano faunistico-venatorio, la definizione  del  periodo  in  cui  e'
consentito l'allenamento e l'addestramento dei cani e  la  dimensione
delle zone.
    3.- La questione e' fondata.
    Va preliminarmente rilevato che  «a  seguito  della  riforma  del
Titolo V della Costituzione, la  mancata  indicazione  della  materia
"caccia" nel novellato  art.  117  Cost.  -  in  precedenza,  invece,
espressamente  annoverata  tra  le  materie  rimesse  alla   potesta'
legislativa concorrente - determina la sua  certa  riconduzione  alla
competenza  residuale  regionale  [...].  Tanto  premesso,  va  pero'
ribadito che, pur costituendo la caccia materia  certamente  affidata
alla competenza legislativa residuale della Regione - senza che possa
ritenersi ricompresa, neppure implicitamente, in altri settori  della
competenza statale -, anche in tale ambito "e'  tuttavia  necessario,
in base all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  che  la
legislazione regionale rispetti la normativa statale adottata in tema
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ove  essa  esprima  regole
minime uniformi (sentenza n. 139 del 2017)» (sentenza n. 7 del 2019).
    L'attivita' di allenamento dei cani, oggetto della novella di cui
alla legge regionale impugnata, in quanto  strumentale  all'esercizio
della caccia, e' stata ricondotta dalla giurisprudenza della Corte al
concetto di attivita' venatoria (sentenze n. 165 del 2009  e  n.  350
del 1991); infatti  lo  stesso  allenamento,  per  essere  effettivo,
richiede, nei periodi in cui non e' aperta la stagione venatoria, che
i cani caccino  effettivamente  selvaggina,  ma  limitata  ad  alcune
specie di selvaggina naturale o allevata.
    La materia trova la propria regolamentazione nell'art.  10  della
legge  n.  157  del  1992,   che   prevede   l'assoggettamento   alla
pianificazione    faunistico-venatoria     dell'intero     territorio
agro-silvo-pastorale nazionale per  assicurare,  quanto  alle  specie
carnivore, la conservazione delle effettive capacita' riproduttive  e
il contenimento naturale di altre specie e,  quanto  alle  altre,  il
conseguimento della densita' ottimale e la sua conservazione mediante
la riqualificazione delle risorse ambientali  e  la  regolamentazione
del prelievo venatorio.
    Il contenuto  dei  piani  faunistico-venatori  e'  declinato  dal
successivo comma 8, lettera e), dell'art. 10 della legge n.  157  del
1992, da cui si evince che il piano ha, tra gli altri, il compito  di
individuare «le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e
le  gare  di  cani  anche  su  fauna   selvatica   naturale   o   con
l'abbattimento  di  fauna  di  allevamento  appartenente   a   specie
cacciabili, la cui gestione  puo'  essere  affidata  ad  associazioni
venatorie e  cinofile  ovvero  ad  imprenditori  agricoli  singoli  o
associati».
    Il successivo comma 10 prevede poi  che  le  Regioni  attuino  la
pianificazione faunistico-venatoria  mediante  il  coordinamento  dei
piani provinciali, secondo i criteri indicati dall'Istituto superiore
per la protezione e la  ricerca  ambientale  (ISPRA)  (gia'  Istituto
nazionale per la fauna selvatica).
    L'importanza della pianificazione viene in  rilievo  anche  dalla
considerazione  dell'art.  18  della  legge  n.  157  del  1992,  che
individua le specie cacciabili e i  periodi  in  cui  e'  autorizzata
l'attivita' venatoria rispetto a ciascuna di esse e che  dispone  che
le Regioni possono modificare i termini di  autorizzazione,  ma  solo
previa acquisizione del parere dell'ISPRA e dopo aver  predisposto  i
piani faunistico-venatori,  nel  cui  rispetto  vengono  elaborati  e
pubblicati  il  calendario  regionale  e  il   regolamento   relativi
all'intera annata venatoria, sentito l'ISPRA.
    4.-  Viene,  dunque,  all'evidenza  un'attivita'   procedimentale
articolata e complessa, che include piu'  momenti  di  interlocuzione
tecnica con l'ISPRA e che presuppone l'adozione e il  rispetto  della
pianificazione   faunistica,   culminando    con    l'adozione    dei
provvedimenti    amministrativi    che    disciplinano    l'esercizio
dell'attivita' venatoria,  inclusa  l'attivita'  di  allenamento  dei
cani, nel rispetto dell'esigenza di assicurare la sopravvivenza e  la
riproduzione delle specie cacciabili.
    La «modalita' tecnica del  provvedere»  imposta  dal  legislatore
nazionale   include   dunque,   quale   momento   ineliminabile,   la
pianificazione faunistica e assicura garanzie procedimentali (di  cui
e'  espressione   anche   l'acquisizione   dei   pareri)   funzionali
all'equilibrio degli interessi in gioco,  esprimendo  una  regola  di
tutela ambientale  inderogabile  per  le  Regioni,  che  non  possono
definire  con  legge  l'arco   temporale   dell'attivita'   venatoria
(sentenze n. 193 e n. 90 del 2013, n. 116, n. 105 e n. 20 del 2012).
    In  altri  termini,  siamo   in   presenza   di   una   attivita'
discrezionale della pubblica amministrazione, cui  la  legge  statale
espressamente riserva tale competenza.
    Resta   pertanto    di    esclusiva    competenza    del    piano
faunistico-venatorio  sia  la  definizione  dei  periodi  in  cui  e'
consentito l'allenamento dei cani da caccia, sia la dimensione  delle
zone destinate all'esercizio di tale attivita',  che  la  legge  reg.
Lazio n. 9 del 1995 aveva inizialmente fissato  in  tre  ettari,  poi
elevati  ad  un  massimo  di  venti  ettari  dalla  legge   regionale
impugnata.
    Per la descritta  stretta  connessione  di  tale  materia  con  i
profili di tutela ambientale per la  protezione  dell'ecosistema,  la
disposizione impugnata eccede la competenza regionale  relativa  alla
caccia e, pertanto, determina la violazione  dedotta  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri,  in  riferimento  all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost.
    5.- La seconda questione concerne  l'impugnazione  dell'art.  17,
comma 97, della legge reg. Lazio n. 9  del  2017,  che  prevede  che,
nelle more dell'attuazione dell'art. 9, comma 5, della legge 7 giugno
2000, n.  150  (Disciplina  delle  attivita'  di  informazione  e  di
comunicazione delle pubbliche amministrazioni), al personale iscritto
all'albo dei giornalisti che, a seguito di concorso, presta  servizio
presso gli uffici stampa istituzionali della Giunta e  del  Consiglio
regionale, si applica il contratto nazionale di lavoro giornalistico.
    Il comma 97, dell'art. 17, della legge reg. Lazio n. 9 del  2017,
si porrebbe in contrasto con l'art. 117, secondo  comma,  lettera  l)
Cost., poiche' la disciplina del rapporto di  lavoro  del  dipendente
pubblico rientrerebbe nella materia «ordinamento  civile»,  spettante
in via esclusiva al legislatore nazionale  e,  quindi,  sottoposta  a
legge statale e,  per  effetto  del  rinvio  da  essa  operato,  alla
contrattazione collettiva.
    La norma censurata  contrasterebbe,  altresi',  con  l'art.  117,
terzo comma, Cost., in relazione all'art. 9, commi 1 e 17,  del  d.l.
n. 78 del 2010, quale convertito nella legge  n.  122  del  2010,  il
quale prevede che il  personale  pubblico  non  possa  fruire  di  un
trattamento economico superiore a quello ordinariamente spettante per
l'anno 2010.
    6.- Anche tale seconda questione e' fondata.
    L'art. 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000, nelle more  della
cui attuazione si pone espressamente la  legge  regionale  impugnata,
prevede che  le  amministrazioni  pubbliche  possano  dotarsi  di  un
ufficio stampa e demanda ad una apposita  contrattazione  collettiva,
negoziata con l'intervento delle organizzazioni rappresentative della
categoria dei giornalisti, l'individuazione e la regolamentazione dei
profili professionali di riferimento.
    La previsione, da  parte  della  legge  regionale  impugnata,  di
applicazione  ai  giornalisti  inquadrati,  a  seguito  di   concorso
pubblico, nel personale  di  ruolo  della  Regione  di  un  contratto
collettivo non negoziato dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale
delle  pubbliche  amministrazioni  (ARAN),  ma  dalle  organizzazioni
datoriali degli editori e dalla Federazione  nazionale  della  stampa
italiana, viola l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
    La disciplina del rapporto  di  lavoro  dei  dipendenti  pubblici
rientra, infatti, nella materia «ordinamento civile» e spetta in  via
esclusiva  al  legislatore  nazionale;  invero,   a   seguito   della
privatizzazione, tale rapporto e' disciplinato dalle disposizioni del
codice  civile   e   dalla   specifica   contrattazione   collettiva,
espressamente regolata dall'art. 2 del decreto legislativo  30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
    L'art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001 e successive  modificazioni,
prevede, al comma 2, ultimo periodo, che «[n]ell'ambito dei  comparti
di  contrattazione  possono  essere   costituite   apposite   sezioni
contrattuali per specifiche professionalita'» ed alla  luce  di  tale
previsione il contratto collettivo relativo al personale del Comparto
funzioni locali ha disciplinato la posizione dei giornalisti  addetti
agli uffici stampa in questione.
    Pertanto,  la  legge  impugnata  viola  la  sfera  di  competenza
statale, che riserva alla contrattazione collettiva la disciplina del
pubblico impiego.
    Resta  assorbita  la  censura,  avente   carattere   subordinato,
afferente alla violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 9, commi 1 e 17, del d.l. n. 78 del 2010.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17, comma  50,
lettera i), numero 5), e comma 97, della legge della Regione Lazio 14
agosto 2017, n. 9 (Misure integrative, correttive e di  coordinamento
in materia di finanza pubblica regionale. Disposizioni varie).
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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