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mercoledì 24 aprile 2019

N. 88 SENTENZA 19 febbraio - 17 aprile 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Omicidio e lesioni personali stradali gravi o gravissime - Circostanze e sanzioni amministrative accessorie. - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 222, commi 2, quarto periodo, e 3-ter, come modificato dall'art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2) della legge n. 41 del 2016; codice penale, art. 590-quater, inserito dall'art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274). - (GU n.17 del 24-4-2019 )



N. 88 SENTENZA 19 febbraio - 17 aprile 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati  e  pene -  Omicidio  e  lesioni  personali  stradali  gravi  o
  gravissime - Circostanze e sanzioni amministrative accessorie.
- Decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della
  strada),  art.  222,  commi  2,  quarto  periodo,  e  3-ter,   come
  modificato dall'art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e  2)  della
  legge n. 41 del 2016;  codice  penale,  art.  590-quater,  inserito
  dall'art.  1,  comma  2,  della  legge  23  marzo   2016,   n.   41
  (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni
  personali  stradali,  nonche'  disposizioni  di  coordinamento   al
  decreto  legislativo  30  aprile  1992,  n.  285,  e   al   decreto
  legislativo 28 agosto 2000, n. 274).

(GU n.17 del 24-4-2019 )

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,
 
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  590-quater
del codice penale, inserito dall'art. 1,  comma  2,  della  legge  23
marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e  del
reato  di  lesioni  personali  stradali,  nonche'   disposizioni   di
coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285,  e  al
decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), e dell'art. 222, commi 2
e 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della strada), come modificato dall'art.  1,  comma  6,  lettera  b),
numeri 1) e 2), della legge n. 41  del  2016,  promossi  dal  Giudice
dell'udienza preliminare  del  Tribunale  ordinario  di  Roma  e  dal
Tribunale ordinario di Torino, con ordinanze del  16  maggio  2017  e
dell'8 giugno 2018, iscritte rispettivamente al n. 144  del  registro
ordinanze 2017 e al n. 139 del registro ordinanze 2018  e  pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  42,  prima   serie
speciale, dell'anno 2017 e n. 40,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2018.
    Visti gli atti di costituzione di F. M. e di M. V.,  nonche'  gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    udito nella udienza pubblica del  19  febbraio  2019  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso;
    uditi gli avvocati  Massimiliano  Cataldo  per  F.  M.,  Riccardo
Salomone per M. V.  e  l'avvocato  dello  Stato  Carlo  Sica  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Il Giudice dell'udienza preliminare del  Tribunale  ordinario
di Roma, con ordinanza del 16 maggio 2017 (r.o. n. 144 del 2017),  ha
sollevato  questioni   di   legittimita'   costituzionale   dell'art.
590-quater del codice penale, inserito dall'art. 1,  comma  2,  della
legge 23 marzo 2016,  n.  41  (Introduzione  del  reato  di  omicidio
stradale  e  del  reato  di  lesioni  personali   stradali,   nonche'
disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile  1992,
n. 285, e  al  decreto  legislativo  28  agosto  2000,  n.  274),  in
riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione,
nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza e di  equivalenza
dell'attenuante speciale di cui all'art. 589-bis cod. pen.
    1.1.- In punto di fatto il rimettente, che  riferisce  essere  in
sede di giudizio abbreviato, premette che il  pubblico  ministero  ha
chiesto il rinvio a giudizio dell'imputato per i reati  di  cui  agli
artt. 589-bis, secondo e ottavo comma, cod.  pen.  e  186,  comma  2,
lettera c), del decreto legislativo 30 aprile  1992,  n.  285  (Nuovo
codice della strada) e  che  all'udienza  del  28  febbraio  2017  il
difensore dell'imputato ha sollevato  l'eccezione  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 590-quater cod. pen.
    In particolare, il rimettente riferisce che l'imputato  e'  stato
tratto  a  giudizio  per  i  suddetti   reati   per   avere   guidato
un'autovettura  in  stato  di  ebbrezza  e  per  avere  tamponato  un
autocarro, in tal modo  provocando  la  morte  di  uno  dei  soggetti
trasportati su quest'ultimo mezzo, nonche' il ferimento di  un  altro
trasportato  e  del  guidatore  dello  stesso  (fatto  avvenuto  dopo
l'entrata in vigore della legge n. 41 del 2016). Rileva, inoltre, che
dagli atti emergono diversi  elementi  che,  all'esito  del  giudizio
abbreviato potrebbero comportare  l'attribuzione  di  responsabilita'
concorrenti  con  quelle  dell'imputato,  atteso  che  il   guidatore
dell'autocarro tamponato era a sua volta sotto l'effetto di  sostanze
stupefacenti del tipo cocaina, sicche' anche la sua condotta di guida
potrebbe avere risentito di tale stato contribuendo al sinistro;  che
il trasportato deceduto non indossava la cintura di sicurezza; che il
tratto  di  strada  su  cui  e'  avvenuto  il   sinistro   presentava
illuminazione non funzionante.
    L'accertamento di uno o piu'  di  queste  concause  del  sinistro
comporterebbe l'applicazione  della  circostanza  attenuante  di  cui
all'art.  589-bis,  settimo  comma,   cod.   pen.   con   conseguente
diminuzione della pena fino  alla  meta'.  Tale  diminuente  potrebbe
pero' operare solo sulla quantita' di pena determinata ai sensi della
circostanza aggravante di cui all'art. 589-bis, secondo  comma,  cod.
pen., poiche' l'art. 590-quater cod. pen. impedisce il  bilanciamento
delle circostanze aggravanti ed attenuanti per il reato  di  omicidio
stradale.
    In  particolare,  il  rimettente  da'  atto  che  nel   capo   di
imputazione e' stata contestata la  circostanza  aggravante  di  aver
guidato in stato di  ebbrezza  (art.  589-bis,  secondo  comma,  cod.
pen.);  ricorre  poi  anche  l'aumento  di  pena  previsto  dell'art.
589-bis, ottavo comma, cod. pen., per aver provocato la morte di  una
persona e lesioni personali ad altre due.
    Pertanto,  in  caso  di  condanna,  qualora  il  giudice  dovesse
riconoscere la sussistenza della diminuente del  concorso  di  colpa,
dovrebbe essere applicato prima l'aumento di pena per l'aggravante  e
soltanto dopo la diminuzione di pena per la  circostanza  attenuante,
stante il predetto divieto di bilanciamento delle circostanze.
    In punto di non manifesta infondatezza, il  rimettente  da'  atto
che la norma introduce, per i reati  di  cui  agli  artt.  589-bis  e
590-bis cod. pen., una deroga alla disciplina generale prevista dagli
artt. 63 e seguenti cod. pen. In tal modo - osserva il  rimettente  -
e' stato esteso ai delitti di omicidio stradale e  lesioni  personali
stradali il meccanismo  di  limitazione  della  discrezionalita'  del
giudice penale nella valutazione degli aumenti  e  della  diminuzione
della pena, gia' previsto in relazione ad altre ipotesi.
    Al riguardo, il rimettente cita il divieto  di  prevalenza  delle
circostanze attenuanti previsto dall'art. 69, quarto comma, cod. pen.
a seguito della modifica introdotta dalla legge 5 dicembre  2005,  n.
251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n.  354,
in materia di attenuanti  generiche,  di  recidiva,  di  giudizio  di
comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di
prescrizione),  con  riferimento  alla  recidiva  reiterata  di   cui
all'art. 99, quarto comma, cod. pen.
    In ordine alla legittimita', in via generale, di tale divieto  il
rimettente richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui  le
deroghe all'ordinaria disciplina del bilanciamento delle  circostanze
non  devono   trasmodare   nella   manifesta   irragionevolezza;   in
particolare, le sentenze n. 105 del 2014 e n. 251 del 2012 che  hanno
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del divieto di  prevalenza
delle circostanze attenuanti in particolari ipotesi.
    Il rimettente osserva che, ricorrendo la  diminuente  di  cui  al
settimo comma dell'art. 589-bis cod. pen., la pena prevista dall'art.
589-bis, primo comma, cod. pen. (da due a sette  anni)  puo'  ridursi
fino  al  minimo  di  un  anno  di  reclusione.  Ricorrendo,  invece,
l'aggravante di cui al  secondo  comma  della  medesima  disposizione
(pena da otto a dodici anni di reclusione), la pena  minima  di  otto
anni di reclusione potrebbe essere diminuita, ai  sensi  del  settimo
comma dell'art. 589-bis  cod.  pen.  in  caso  di  riconoscimento  di
concorso di colpa della parte offesa, a quattro anni di reclusione.
    La' dove il divieto di bilanciamento delle  circostanze  previsto
dalla disposizione censurata non operasse, potrebbe aversi,  in  caso
di prevalenza della circostanza attenuante, la diminuzione fino  alla
meta' sulla pena prevista per il  delitto  base  sicche'  dal  minimo
edittale di due anni si scenderebbe a un anno di reclusione.
    Il risultato complessivo e' che per effetto dell'art.  590-quater
cod. pen. l'imputato subisce un aumento della cornice  edittale  pari
al quadruplo.
    Sottrarre  al  giudice  la  possibilita'  di  valutare  nel  caso
concreto  la  prevalenza  della  diminuente  rispetto  all'aggravante
contestata potrebbe comportare  un  aumento  sproporzionato  di  pena
anche nel caso di  percentuale  minima  di  colpa  dell'imputato;  ad
esempio - osserva il giudice rimettente - in un  caso  in  cui  fosse
accertato nei confronti del soggetto che si sia posto alla  guida  in
stato di ebbrezza alcoolica una colpa dell'evento mortale pari a  una
percentuale dell'1 per cento e del 99 per cento in capo  al  soggetto
rimasto ucciso la pena minima sara' pur sempre di quattro  anni,  non
potendo in alcun modo essere valutata la circostanza che la colpa sia
minima e quindi come prevalente  sulla  circostanza  della  guida  in
stato di ebbrezza. In sostanza la pena subisce un aumento esorbitante
e inevitabile solo per effetto dello  stato  di  ebbrezza  e  non  in
relazione  all'effettivo  contributo  causale  della   condotta   del
colpevole.  Il  legislatore  attribuirebbe  eccessiva  considerazione
all'integrazione dell'aggravante dello stato di ebbrezza, senza tener
conto che l'ipotesi di guida in stato di ebbrezza e' punita a  titolo
contravvenzionale dall'art. 186 cod. strada.
    In sintesi, il divieto di  bilanciamento  delle  circostanze  del
reato, previsto dalla disposizione censurata  (art.  590-quater  cod.
pen.),  ha  l'effetto  che  la  fattispecie  dell'omicidio   stradale
aggravato dalla guida in stato di  ebbrezza  (art.  589-bis,  secondo
comma, cod. pen.) risulta punita in  misura  sproporzionata  rispetto
alla  fattispecie  di   omicidio   stradale   non   aggravato   cosi'
compromettendo anche la finalita' rieducativa della pena.
    1.2.- Nel presente giudizio di costituzionalita' si e' costituito
l'imputato F.M. e, condividendo le argomentazioni  dell'ordinanza  di
rimessione in punto di irragionevolezza della  cornice  edittale  del
contestato reato, ha concluso per la dichiarazione di  illegittimita'
costituzionale della disposizione censurata.
    1.3.- Con atto depositato il 7 novembre 2017 e'  intervenuto  nel
presente giudizio di legittimita' costituzionale  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello  Stato,  chiedendo  di  dichiarare  le  questioni  non
fondate, vertendosi in un settore in cui e' ampia la discrezionalita'
del legislatore e in particolare in relazione a una condotta che  ben
puo' prevedere un trattamento  sanzionatorio  particolarmente  severo
trattandosi di soggetti che avendo gia' commesso un reato  (guida  in
stato di ebbrezza) ne provocano un altro piu' grave.
    2.- Il Tribunale ordinario di Torino, con ordinanza dell'8 giugno
2018 (r.o. n. 139 del 2018),  in  accoglimento  dell'eccezione  della
difesa dell'imputata, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e  27
Cost.,  questioni  di  legittimita'  costituzionale  della   medesima
disposizione (art. 590-quater cod. pen.), nella parte in cui  prevede
il divieto di prevalenza e di  equivalenza  dell'attenuante  speciale
contemplata dall'art. 590-bis, settimo comma, cod. pen.
    Inoltre, ha contestualmente sollevato, in riferimento all'art.  3
Cost., questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 222,  commi
2 e 3-ter, cod. strada, come modificato dall'art. 1, comma 6, lettera
b), numeri 1) e 2), della legge n. 41 del 2016, nella parte  in  cui,
in caso  di  omicidio  stradale  o  di  lesioni  personali  stradali,
prevedono rispettivamente la  sanzione  amministrativa  della  revoca
della patente di guida e l'impossibilita'  di  conseguire  una  nuova
patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca.
    2.1.-  Il  rimettente  da'  atto  che   procede   nei   confronti
dell'imputata per il delitto  di  lesioni  personali  stradali  gravi
(art. 590-bis cod. pen.), con il concorso dell'aggravante di  cui  al
quinto  comma  di  tale  disposizione  e  la  diminuente  di  cui  al
successivo settimo comma, perche', alla guida  dell'autovettura,  per
negligenza, imprudenza, imperizia e violando le norme in  materia  di
circolazione stradale, in particolare, non rispettando  l'indicazione
luminosa del semaforo proiettante luce rossa per i veicoli, investiva
un pedone che stava impegnando l'attraversamento pedonale, procurando
a quest'ultimo «lesioni personali (fratture maxillo-facciali,  trauma
cranico, frattura scapola) giudicate guaribili in  giorni  60  s.c.»,
con il concorso di colpa della  parte  offesa  che  a  propria  volta
attraversava l'intersezione stradale con luce semaforica rossa per  i
pedoni (fatto avvenuto dopo l'entrata in vigore della legge n. 41 del
2016).
    Il giudice a quo osserva che, non potendo attribuire all'imputata
un  grado  di  colpa  maggiore   di   quello   contenuto   nel   capo
d'imputazione, necessariamente dovra' tener  conto  del  concorso  di
colpa della persona offesa che ha attraversato la strada  allorquando
il semaforo, proiettando la luce  rossa,  le  indicava  l'obbligo  di
fermarsi.
    Pertanto,  l'applicazione  dell'attenuante  del   settimo   comma
dell'art.  590-bis  cod.  pen.  rende  rilevanti  le   questioni   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  590-quater  cod.  pen.   che
impedisce di ritenere l'attenuante equivalente o prevalente  rispetto
all'aggravante  -  contestata  nel  capo  d'imputazione  -  di  avere
l'imputata,  alla  guida  della  propria  autovettura,   attraversato
anch'essa l'incrocio  con  semaforo  proiettante  luce  rossa  per  i
veicoli; aggravante prevista dal quinto comma, numero  2),  dell'art.
590-bis cod. pen.
    Di  conseguenza,  il  giudice  potrebbe  ridurre  la   pena   per
l'attenuante del concorso di colpa  esclusivamente  fino  alla  meta'
della pena prevista per il delitto  aggravato  ai  sensi  del  quinto
comma dell'art. 590-bis cod. pen. (pena prevista: da un  anno  e  sei
mesi a tre anni) e dunque fino al minimo di mesi nove di  reclusione.
Se invece fosse possibile  il  bilanciamento,  in  caso  di  ritenuta
equivalenza delle circostanze la pena minima potrebbe  essere  quella
di  mesi  tre   di   reclusione   e,   in   ipotesi   di   prevalenza
dell'attenuante, la pena minima potrebbe essere quella di mesi uno  e
giorni quindici di reclusione.
    Il giudice  a  quo,  in  punto  di  non  manifesta  infondatezza,
richiama la suddetta ordinanza del Giudice  dell'udienza  preliminare
del  Tribunale  ordinario  di  Roma  e  le  argomentazioni  in   essa
contenute.
    In particolare, rileva che questa Corte si e' gia'  espressa  nel
senso della illegittimita'  di  una  disposizione  analoga  a  quella
censurata,  affermando  che  le  deroghe   al   bilanciamento   delle
circostanze possono  essere  ritenute  costituzionalmente  legittime,
purche'   non   trasmodino   nella   manifesta   irragionevolezza   o
nell'arbitrio e se non  determinano  un'alterazione  degli  equilibri
costituzionalmente  imposti  nella  struttura  della  responsabilita'
penale (sentenza n. 251 del 2012).
    Secondo il rimettente, per effetto del divieto  di  cui  all'art.
590-quater cod. pen., si ha un indiscriminato incremento del  minimo,
pari a sei volte, ed e' impedito al giudice di  parametrare  la  pena
all'effettivo grado di colpa dell'imputato in rapporto a quella degli
altri soggetti che hanno concorso a causare l'evento.
    Tale  limitazione  della  discrezionalita'  del   giudice   nella
valutazione del fatto e' arbitraria e  irragionevole,  in  quanto  si
tratta  di  una  pena  eccessiva  che  lede  anche  il  principio  di
rieducazione  del  colpevole,  perche'  non  proporzionata  al  reale
disvalore della condotta punita.
    2.2.- Inoltre, il giudice  rimettente  rileva  che,  in  caso  di
condanna dell'imputata, sara'  chiamato  a  fare  applicazione  della
sanzione amministrativa prevista dall'art. 222 cod. strada disponendo
la revoca della patente di guida.
    Il comma 2 di tale  disposizione,  nella  versione  precedente  a
quella attualmente in vigore,  graduava  i  tempi  della  sospensione
della patente in funzione dei danni cagionati alla persona offesa. La
revoca della patente era prevista per l'ipotesi di lesioni causate da
soggetti che avevano guidato in stato di alterazione  psicofisica  da
ebbrezza alcoolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
    A seguito della modifica apportata dalla legge n.  41  del  2016,
alla condanna, o all'applicazione della pena su richiesta delle parti
a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati  di
cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen. consegue in ogni  caso  la
revoca della patente di guida,  anche  nel  caso  in  cui  sia  stata
concessa la sospensione condizionale della pena.
    Sempre la legge n. 41 del 2016 ha introdotto  altresi'  il  comma
2-ter nell'art. 222 cod. strada in forza del quale l'interessato  non
puo' poi conseguire una  nuova  patente  di  guida  prima  che  siano
decorsi cinque anni dalla revoca; tale  termine  e'  raddoppiato  nel
caso in cui l'interessato sia stato in precedenza  condannato  per  i
reati di cui all'art. 186, commi 2, lettere b) e c), e 2-bis,  ovvero
di cui all'art. 187, commi l e 1-bis,  cod.  strada.  Il  termine  e'
ulteriormente  aumentato  sino  a  dodici  anni  nel  caso   in   cui
l'interessato non abbia ottemperato agli  obblighi  di  cui  all'art.
189, comma 1, e si sia dato alla fuga.
    Secondo  il  giudice  rimettente  vi  e'  un  primo  profilo   di
irragionevolezza: la contraddittoria contemporanea  previsione  della
sospensione e della revoca della  patente.  Inoltre,  la  scelta  del
legislatore travalicherebbe i  limiti  della  ragionevolezza  perche'
sottopone, senza possibilita' di' graduazione, alla medesima sanzione
accessoria  situazioni  la  cui  ontologica  diversita'   e'   invece
attestata dalla  notevole  differenziazione  delle  sanzioni  penali,
graduate in funzione di un diverso disvalore sociale.
    L'art. 222, comma 2, cod. strada non  lascia  al  giudice  alcuna
possibilita' di commisurare la sanzione accessoria alla gravita'  del
danno, alle modalita' della condotta, all'intensita' della colpa e al
concorso di altri fattori (quali, ad esempio, il  concorso  di  colpa
della persona offesa).
    Il legislatore, pur avendo differenziato sul piano della sanzione
penale le fattispecie delle lesioni colpose (art. 590-bis cod.  pen.)
e dell'omicidio colposo (art. 589-bis cod. pen.)  secondo  specifiche
violazioni del codice della strada e pur avendo attribuito un diverso
disvalore alle condotte dettagliatamente descritte  come  circostanze
aggravanti, non ha poi trasposto tale distinzione nell'art. 222  cod.
strada laddove ha disciplinato in modo uniforme e indifferenziato  la
sanzione amministrativa accessoria  della  revoca  della  patente  di
guida.
    Anche in relazione al perseguimento di  finalita'  preventive  il
legislatore non puo' travalicare i limiti della ragionevolezza  senza
incorrere in censure di incostituzionalita'.
    2.3.- Con  atto  depositato  in  data  25  ottobre  2018,  si  e'
costituita l'imputata M. V.  che,  rappresentata  dal  difensore,  ha
aderito  alle  argomentazioni  svolte  nell'ordinanza  di  rimessione
chiedendo la dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  delle
disposizioni censurate.
    2.4.- Con atto depositato il 30 ottobre 2018  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo  la  non  fondatezza
delle questioni di legittimita' costituzionale.
    In  particolare,  con  riferimento  all'art.  222  cod.   strada,
l'Avvocatura osserva  che  l'obbligatorieta'  dell'irrogazione  della
sanzione amministrativa della revoca  della  patente  di  guida,  con
chiara e spiccata finalita' preventiva e non repressiva, in ogni caso
di  omicidio  stradale  o  di  lesioni  personali  stradali  gravi  o
gravissime, deriva da una scelta rientrante nei limiti dell'esercizio
ragionevole del potere legislativo.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Giudice dell'udienza preliminare del  Tribunale  ordinario
di Roma, con ordinanza del 16 maggio 2017 (r.o. n. 144 del 2017),  ha
sollevato  questioni   di   legittimita'   costituzionale   dell'art.
590-quater del codice penale, inserito dall'art. 1,  comma  2,  della
legge 23 marzo 2016,  n.  41  (Introduzione  del  reato  di  omicidio
stradale  e  del  reato  di  lesioni  personali   stradali,   nonche'
disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile  1992,
n. 285, e  al  decreto  legislativo  28  agosto  2000,  n.  274),  in
riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione,
nella parte in cui  prevede,  in  caso  di  omicidio  stradale  (art.
589-bis cod.  pen.),  il  divieto  di  prevalenza  e  di  equivalenza
dell'attenuante speciale di cui  al  settimo  comma  di  tale  ultima
disposizione,  secondo  cui  «qualora  l'evento  non  sia   esclusiva
conseguenza dell'azione o dell'omissione del  colpevole  la  pena  e'
diminuita fino alla meta'».
    Secondo il giudice rimettente la norma censurata  violerebbe  gli
artt. 3, 25, secondo comma,  e  27  Cost.,  in  quanto  determina  un
trattamento sanzionatorio di per se' irragionevole  e  sproporzionato
dal momento che il giudice - non potendo procedere ad un giudizio  di
prevalenza o di equivalenza della circostanza attenuante  di  cui  al
settimo comma dell'art. 589-bis cod. pen. - deve applicare  una  pena
minima  di  otto  anni  sulla  quale  operare  la   riduzione   della
circostanza attenuante, cosi' da dover comminare la  pena  minima  di
quattro anni di reclusione, mentre, se tale divieto  non  operasse  e
l'attenuante fosse ritenuta  prevalente  sull'aggravante  di  cui  al
secondo comma dell'art. 589-bis cod. pen. (guida in stato di ebbrezza
alcoolica),  potrebbe  irrogare  la  pena  minima  di  un   anno   di
reclusione.
    Inoltre, sottraendo al giudice la possibilita' di  verificare  in
concreto la prevalenza della circostanza attenuante di  cui  all'art.
589-bis, settimo  comma,  cod.  pen.,  sulle  circostanze  aggravanti
contestate, il divieto di bilanciamento previsto  dalla  disposizione
censurata comporta uno sproporzionato aumento di pena anche nel  caso
in cui si accerti che la condotta di colui che si e' posto alla guida
di un veicolo a motore abbia contribuito causalmente  al  verificarsi
dell'evento letale in una percentuale minima, anche dell'1 per cento,
rispetto alla condotta del soggetto rimasto ucciso.
    Osserva ulteriormente il giudice rimettente  che,  non  essendovi
alcuna sostanziale differenza tra l'ipotesi  «speciale»  di  omicidio
stradale di cui all'art. 589-bis  cod.  pen.  e  le  altre  forme  di
omicidio colposo sanzionate dall'art. 589 cod. pen. (in caso di colpa
medica o di  infortunio  sul  lavoro),  non  risponde  a  equita'  un
trattamento sanzionatorio che consente solo nell'ipotesi di  omicidio
colposo  non  stradale   aggravato,   attraverso   il   giudizio   di
bilanciamento delle circostanze, l'irrogazione di una pena minima  di
sei  mesi,  mentre  per  l'omicidio  stradale  aggravato,  ricorrendo
l'attenuante  suddetta,  la  pena  minima  e'  di  quattro  anni   di
reclusione.
    Altresi', il trattamento sanzionatorio che consegue al divieto di
equivalenza e di  prevalenza  della  circostanza  attenuante  di  cui
all'art. 589-bis, settimo comma, cod. pen. si porrebbe  in  contrasto
anche con il principio di necessaria finalizzazione rieducativa della
pena, trattandosi di pena percepita come ingiusta dal reo.
    2.- Il Tribunale ordinario di Torino, con ordinanza dell'8 giugno
2018 (r.o. n. 139 del 2018), ha sollevato questioni  di  legittimita'
costituzionale del medesimo art. 590-quater cod. pen.,  negli  stessi
termini, denunciando la sospetta violazione degli artt. 3 e 27 Cost.,
in quanto il divieto di prevalenza o di equivalenza della circostanza
attenuante di cui al settimo comma dell'art. 590-bis cod. pen.  e  il
conseguente obbligo di riconoscere la  diminuzione  solo  sulla  pena
aggravata, comportano che al soggetto al  quale  sia  contestata  una
delle aggravanti di cui  all'art.  590-bis  cod.  pen.,  in  caso  di
lesioni personali stradali gravi, debba  essere  applicata  una  pena
minima che, ove sia riconosciuto il concorso  di  colpa  della  parte
offesa, e' di nove  mesi  di  reclusione  (un  anno  e  mesi  sei  di
reclusione, ridotti della meta'), mentre la' dove fosse possibile  il
bilanciamento e segnatamente la prevalenza dell'attenuante,  la  pena
minima irrogabile sarebbe  pari  a  un  mese  e  quindici  giorni  di
reclusione (tre mesi  di  reclusione,  ridotti  della  meta'),  cosi'
determinando  un  trattamento  sanzionatorio   irragionevole   e   in
contrasto con la finalita' rieducativa della pena.
    Ritiene il  giudice  rimettente  che  la  disposizione  censurata
assoggetta a sanzione  eccessiva  chi  e'  ritenuto  responsabile  di
lesioni stradali con colpa minima, aggravate (come nella  specie)  ai
sensi del quinto comma dell'art. 590-bis cod.  pen.  (attraversamento
di un'intersezione stradale con il semaforo disposto al rosso) e, nel
complesso, impedisce al giudice di parametrare la pena  all'effettivo
grado di  colpa  dell'imputato  in  rapporto  a  quella  degli  altri
soggetti che hanno concorso a causare l'evento.
    2.1.- Inoltre, lo stesso Tribunale ordinario  di  Torino  ritiene
che l'art. 222, commi 2 e 3-ter, del decreto  legislativo  30  aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) - come modificato, dall'art.
1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2), della legge n. 41 del 2016  -
nella parte in cui prevede, in caso  di  condanna  per  il  reato  di
omicidio stradale o di lesioni personali stradali gravi o gravissime,
rispettivamente  la  revoca  della  patente  di  guida  (comma  2)  e
l'impossibilita' di conseguire una nuova patente di guida  prima  che
siano decorsi cinque anni dalla revoca (comma 3-ter),  contrasti  con
l'art. 3 Cost. sotto il profilo  della  violazione  dei  principi  di
proporzionalita', ragionevolezza e uguaglianza, in quanto sottopone -
senza  possibilita'  di  commisurare   la   sanzione   amministrativa
accessoria alla gravita' del danno, alle  modalita'  della  condotta,
all'intensita' della colpa e al concorso  di  altri  fattori  -  alla
medesima sanzione accessoria della revoca della  patente  situazioni,
la cui ontologica diversita' emerge dalla  notevole  differenziazione
delle sanzioni penali, graduate in  funzione  del  diverso  disvalore
sociale, ponendo sullo stesso piano tutte le ipotesi di lesioni gravi
o gravissime (art. 590-bis cod. pen.) e di  omicidio  stradale  (art.
589-bis cod. pen.).
    3.-  Le  due  ordinanze  di  rimessione  pongono   questioni   di
costituzionalita' strettamente connesse e pertanto i relativi giudizi
incidentali possono essere riuniti e decisi con un'unica pronuncia.
    4.- La questione avente ad oggetto l'art. 222, comma 3-ter,  cod.
strada,  sollevata  dal  solo  Tribunale  ordinario  di  Torino,   e'
inammissibile per difetto di rilevanza.
    La disposizione censurata prevede che, nel caso  di  applicazione
della sanzione accessoria della revoca della patente di guida di  cui
al quarto periodo del comma 2 del medesimo art. 222 per  i  reati  di
cui  agli  artt.  589-bis,  primo  comma,  e   590-bis   cod.   pen.,
l'interessato non puo' conseguire una nuova patente  di  guida  prima
che  siano  decorsi  cinque  anni  dalla  revoca.  Tale  termine   e'
raddoppiato nel caso in cui l'interessato  sia  stato  in  precedenza
condannato per i reati di cui all'art. 186, commi 2, lettere b) e c),
e 2-bis, ovvero di cui all'art. 187, commi 1 e 1-bis, cod. strada. Il
termine e' ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso in cui
l'interessato non abbia ottemperato agli  obblighi  di  cui  all'art.
189, comma 1, e si sia dato alla fuga.
    Nel precedente  comma  3-bis  della  medesima  disposizione,  non
investito dalle censure  del  giudice  rimettente,  e'  prevista  una
durata di quindici anni per poter conseguire una  nuova  patente  nel
caso di condanna per i reati di cui all'art. 589-bis, secondo,  terzo
e quarto comma, cod. pen., e di dieci anni nel caso di  condanna  per
il reato di cui all'art. 589-bis, quinto comma, cod. pen.
    La disposizione censurata disciplina quindi,  con  riferimento  a
plurime fattispecie, il conseguimento di una nuova patente  di  guida
dopo l'applicazione  da  parte  del  giudice  penale  della  sanzione
amministrativa della revoca della stessa in caso di condanna  per  il
reato di omicidio stradale o di lesioni personali  stradali  gravi  o
gravissime. Ma il conseguimento di una nuova patente di  guida,  dopo
un periodo di tempo piu' o meno lungo, determinato per legge, non  e'
oggetto del giudizio a quo.
    Il giudice non deve fare applicazione di  tale  disposizione.  In
caso di pronuncia di condanna per il reato di omicidio stradale o  di
lesioni personali stradali, gravi o gravissime, e' chiamato  solo  ad
applicare - automaticamente e in ogni caso, per quanto si viene ora a
dire - la sanzione amministrativa della revoca della patente. Ma  non
determina il periodo di tempo necessario  per  conseguire  una  nuova
patente di guida, che  e'  fissato  dalla  legge  e  che  rileva  nel
procedimento amministrativo successivamente promosso dall'interessato
per ottenere il provvedimento autorizzatorio.
    In  sede  di  possibile   contestazione,   innanzi   al   giudice
competente,   della   legittimita'   dell'eventuale    diniego    del
provvedimento autorizzatorio perche' richiesto prima del decorso  del
tempo previsto per legge, puo' aver ingresso la censura  di  sospetta
illegittimita' costituzionale della norma che tale  presupposto  pone
fissando la durata del periodo  di  tempo  prima  del  quale  non  e'
possibile il rilascio della nuova patente di guida.
    5.- Le questioni aventi ad oggetto l'art. 590-quater  cod.  pen.,
sollevate dal GUP del Tribunale ordinario di  Roma  e  dal  Tribunale
ordinario di Torino, sono invece ammissibili.
    Oggetto dei due giudizi a quibus - il primo in sede  di  giudizio
abbreviato innanzi al giudice dell'udienza preliminare, il secondo in
sede  dibattimentale  nelle  forme  del  rito  ordinario  -   e'   la
responsabilita'  penale  di  due   imputati,   accusati   dei   reati
rispettivamente di omicidio stradale e di lesioni personali  stradali
gravi, sicche' si pone per entrambi i giudici rimettenti il  problema
di applicare la disposizione censurata.
    Per quantificare la pena i giudici rimettenti devono tener  conto
del divieto - posto dalla  disposizione  censurata  (art.  590-quater
cod. pen.) - di bilanciamento delle  circostanze  aggravanti  di  cui
all'art. 589-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma,  cod.
pen. - quanto all'omicidio stradale - e  all'art.  590-bis,  secondo,
terzo, quarto, quinto e sesto comma, cod. pen. - quanto alle  lesioni
personali  stradali  gravi  o  gravissime  -   con   le   concorrenti
circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt.  98  e
114 cod. pen. La disposizione censurata prevede che le attenuanti non
possono  essere  ritenute  equivalenti  o  prevalenti  rispetto  alle
aggravanti.
    La prospettiva di  dover  fare  applicazione  della  disposizione
censurata  e'  concreta,  avendo  entrambi   i   giudici   rimettenti
identificato  la  circostanza   aggravante   e   quella   attenuante,
ricorrenti nel caso di specie, e per le quali  opera  il  divieto  di
bilanciamento.
    Il GUP del Tribunale ordinario di Roma, nel processo per omicidio
stradale, deve tener conto dell'aggravante (ex art. 589-bis,  secondo
comma, cod. pen.) della guida in stato di ebbrezza alcolica oltre  la
soglia di tasso alcolemico di cui all'art. 186, comma 2, lettera  c),
cod. strada, e l'attenuante di cui al settimo comma dell'art. 589-bis
cod. pen. perche' l'evento, nella specie,  non  era  stato  esclusiva
conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole in  quanto  la
parte offesa, all'interno del veicolo  tamponato,  era  anch'essa  in
colpa non avendo indossato  la  cintura  di  sicurezza.  Inoltre,  il
guidatore di tale veicolo era sotto l'effetto di stupefacenti  e  nel
tratto di strada dove era avvenuto il  sinistro  l'illuminazione  non
era funzionante.
    A sua volta il Tribunale ordinario di Torino,  nel  processo  per
lesioni personali stradali gravi, deve  tener  conto  dell'aggravante
del quinto comma dell'art. 590-bis cod. pen., contestata  in  ragione
della violazione dell'indicazione luminosa del  semaforo  proiettante
luce rossa per i veicoli, e l'attenuante  di  cui  al  settimo  comma
dell'art. 590-bis cod. pen. perche' l'evento non era stato  esclusiva
conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole in  quanto  la
parte offesa, investita mentre attraversava la strada, era  anch'essa
in colpa non avendo rispettato l'indicazione  luminosa  del  semaforo
proiettante luce rossa per i pedoni.
    Con queste puntuali indicazioni  entrambi  i  giudici  rimettenti
hanno  soddisfatto  l'onere  motivazionale  della   rilevanza   delle
sollevate  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  non  essendo
necessaria  in  particolare   alcuna   ulteriore,   piu'   specifica,
motivazione in ordine alla possibile colpevolezza degli imputati, che
e' ancora sub iudice.
    6.- Parimenti ammissibile e' la  questione  di  costituzionalita'
sollevata dal Tribunale ordinario  di  Torino  e  avente  ad  oggetto
l'art. 222, comma 2, cod. strada.
    Essendo il giudice rimettente investito della  cognizione  di  un
processo per il reato di lesioni personali stradali gravi, si ha che,
in caso di condanna, consegue per l'imputato la revoca della  patente
di guida in applicazione dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, cod.
strada, che il giudice e'  chiamato  ad  applicare  per  irrogare  la
conseguente sanzione amministrativa.
    E' vero che tale disposizione prevede  che  e'  il  prefetto  che
emette il provvedimento di revoca della patente e di inibizione  alla
guida sul  territorio  nazionale.  Ma  si  tratta  di  un  mero  atto
amministrativo conseguenziale di esecuzione  dell'ordine  giudiziale;
la   pronuncia   della   revoca   della   patente,   quale   sanzione
amministrativa  che  accede  alla  dichiarazione  di  responsabilita'
penale per i reati  di  omicidio  stradale  e  di  lesioni  personali
stradali gravi o gravissime, e' demandata al giudice,  come  previsto
espressamente dal comma 1 dell'art. 222.
    E' d'altra parte sufficiente, sotto il profilo  della  rilevanza,
che il giudice rimettente abbia indicato  la  condotta  dell'imputato
causativa dell'evento lesivo (investimento di un pedone) e  la  colpa
addebitata a quest'ultimo (mancato rispetto del semaforo rosso). Cio'
implica  un  plausibile  giudizio  prognostico   di   responsabilita'
dell'imputato che rende  concreta  la  possibilita'  per  il  giudice
rimettente di dover fare applicazione della disposizione censurata.
    7.- Nel merito, vanno esaminate innanzi  tutto  le  questioni  di
costituzionalita' dell'art. 590-quater cod. pen.
    8.- Vanno premessi l'ambito e la portata del  contesto  normativo
in cui si inserisce la disposizione censurata, che  prevede:  «Quando
ricorrono le circostanze aggravanti di  cui  agli  articoli  589-bis,
secondo, terzo, quarto,  quinto  e  sesto  comma,  589-ter,  590-bis,
secondo,  terzo,  quarto,  quinto  e  sesto  comma,  e  590-ter,   le
concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste  dagli
articoli  98  e  114,  non  possono  essere  ritenute  equivalenti  o
prevalenti rispetto a  queste  e  le  diminuzioni  si  operano  sulla
quantita' di pena determinata ai  sensi  delle  predette  circostanze
aggravanti».
    Tale disposizione e' stata inserita dall'art. 1, comma  2,  della
legge n. 41 del 2016, che ha  sostituito  l'originario  art.  590-bis
cod. pen. con gli attuali articoli da 590-bis  a  590-quinquies  cod.
pen., a decorrere dal 25 marzo 2016,  ai  sensi  di  quanto  disposto
dall'art. 1, comma 8, della medesima legge.
    La disposizione denunciata assegna  alle  aggravanti  ad  effetto
speciale dei due nuovi reati - omicidio stradale (art.  589-bis  cod.
pen.) e lesioni personali stradali gravi o gravissime  (art.  590-bis
cod. pen.) - un regime  particolare:  l'esclusione  dal  giudizio  di
comparazione tra circostanze previsto in generale dall'art.  69  cod.
pen.
    In vero nell'originaria formulazione dell'art. 69, quarto  comma,
cod. pen. questo particolare regime di esclusione accomunava tutte le
circostanze aggravanti (in realta', anche quelle attenuanti), per  le
quali la legge stabiliva una pena di specie diversa o determinava  la
misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del  reato
(cosiddette  circostanze  a  effetto  speciale).   Apparteneva   alla
discrezionalita' del legislatore,  che  intendesse  dare  particolare
rilievo ad una circostanza del reato, conformarla come circostanza ad
effetto speciale. In tal caso non  si  sarebbe  posta  l'esigenza  di
comparazione con le circostanze  attenuanti,  che  avrebbero  operato
dopo quelle ad effetto speciale.
    Questa generale  fattispecie  di  esclusione  della  comparazione
delle circostanze e' venuta meno nel 1974  (decreto-legge  11  aprile
1974 n. 99, recante «Provvedimenti urgenti sulla  giustizia  penale»,
convertito, con modificazioni, in legge 7 giugno 1974, n. 220) con la
riformulazione del quarto comma dell'art. 69  cod.  pen.  in  termini
diametralmente opposti.  Si  prevedeva  infatti  che  il  regime  del
bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti si applicasse
anche a qualsiasi circostanza per la quale  la  legge  stabiliva  una
pena di specie diversa o determinava la misura  della  pena  in  modo
indipendente da quella ordinaria del reato.
    Il legislatore pero' ben presto ha  sentito  la  necessita',  per
alcune aggravanti solitamente  qualificate  come  "privilegiate",  di
reintrodurre in  modo  mirato  l'esclusione  della  comparazione  tra
circostanze per perseguire una politica di piu' rigoroso contrasto di
alcune condotte delittuose.
    Un'ipotesi che e' venuta  all'esame  di  questa  Corte  e'  stata
l'aggravante prevista dall'art. 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979,
n. 625 (Misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e  della
sicurezza  pubblica),  convertito,  con  modificazioni,  in  legge  6
febbraio  1980,  n.  15,  per  i  reati  commessi  per  finalita'  di
terrorismo  o  di  eversione  dell'ordine   democratico,   e   quelle
contemplate per il nuovo  reato  previsto  dall'art.  280  cod.  pen.
(attentato per finalita'  terroristiche  o  di  eversione).  Con  due
pronunce quasi coeve (sentenze n. 38 e n. 194 del 1985) questa  Corte
ha dichiarato non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'una e dell'altra  disposizione  accedendo  a  un'interpretazione
adeguatrice secondo cui il  giudice  poteva  si'  tener  conto  delle
attenuanti, ma solo dopo aver calcolato l'aggravamento di pena per la
circostanza aggravante privilegiata (cio' che il  giudice  rimettente
riteneva non fosse possibile fare).
    Ha  affermato  questa  Corte  (sentenza  n.  38  del  1985)   che
«[n]ell'art. 69 cod. pen., infatti, l'obbligatorieta' del giudizio di
bilanciamento ha una sua razionalita' nell'essenza stessa  di  quella
valutazione, che e' giudizio di valore  globale  del  fatto».  Ma  il
legislatore puo' sospendere l'applicazione dell'art.  69  cod.  pen.,
togliendo  al  giudice  il  potere  discrezionale   di   operare   il
bilanciamento a compensazione  delle  aggravanti  o  a  favore  delle
attenuanti in un'ottica di inasprimento sanzionatorio. Si  tratta  di
una «grave limitazione» che in se' non e' illegittima,  ma  non  puo'
accompagnarsi  anche  alla  irrilevanza  ex  lege  delle  circostanze
attenuanti. Con questa limitazione, si  e'  quindi  riconosciuto  che
appartiene alla discrezionalita' del legislatore introdurre  speciali
ipotesi di circostanze aggravanti privilegiate che sono sottratte  al
bilanciamento di cui all'art. 69 cod. pen.
    In  seguito  numerose  sono  state  le   disposizioni   che,   in
riferimento a particolari reati, hanno previsto  aggravanti  speciali
sottratte alla comparazione dell'art. 69  cod.  pen.,  tra  le  quali
spicca l'aggravante del metodo e dell'agevolazione  mafiosa  (art.  7
del decreto-legge 13 maggio  1991,  n.  152,  recante  «Provvedimenti
urgenti  in  tema  di  lotta  alla  criminalita'  organizzata  e   di
trasparenza  e   buon   andamento   dell'attivita'   amministrativa»,
convertito, con modificazioni, in legge  12  luglio  1991,  n.  203).
Questa clausola di esclusione della  comparazione  e'  oggi  prevista
dall'art. 416-bis.1 cod. pen. (Circostanze  aggravanti  e  attenuanti
per  reati  connessi  ad  attivita'  mafiose)  -  articolo   inserito
dall'art. 5, comma 1, lettera d), del decreto  legislativo  1º  marzo
2018, n. 21, recante «Disposizioni di  attuazione  del  principio  di
delega  della  riserva  di  codice  nella  materia  penale  a   norma
dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n.
103»  -  che  stabilisce,  al  secondo  comma,  che  le   circostanze
attenuanti, diverse da quelle previste dagli  artt.  98  e  114  cod.
pen., concorrenti con  l'aggravante  di  cui  al  primo  comma  della
medesima disposizione, non  possono  essere  ritenute  equivalenti  o
prevalenti rispetto a questa e le  diminuzioni  di  pena  si  operano
sulla quantita' di  pena  risultante  dall'aumento  conseguente  alla
predetta aggravante.
    Il quarto comma dell'art.  69  cod.  pen.  e'  stato  in  seguito
novellato  introducendo  un'eccezione  di   carattere   generale   al
bilanciamento delle circostanze, ma solo come divieto  di  prevalenza
delle attenuanti. L'art. 3, comma 1, della legge 5 dicembre 2005,  n.
251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n.  354,
in materia di attenuanti  generiche,  di  recidiva,  di  giudizio  di
comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di
prescrizione), ha cosi' riformulato il quarto comma dell'art. 69 cod.
pen.: «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche  alle
circostanze inerenti alla  persona  del  colpevole,  esclusi  i  casi
previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonche' dagli articoli 111 e
112, primo comma, numero 4), per cui  vi  e'  divieto  di  prevalenza
delle circostanze attenuanti sulle ritenute  circostanze  aggravanti,
ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una
pena di specie diversa o determini  la  misura  della  pena  in  modo
indipendente da quella ordinaria del reato».
    Ancora piu' recentemente l'art.  5,  comma  1,  lettera  b),  del
d.lgs. n. 21 del 2018 ha  introdotto  l'art.  69-bis  cod.  pen.  che
prevede per i delitti di cui  all'art.  407,  comma  2,  lettera  a),
numeri da 1) a 6) del codice di procedura penale un generale  divieto
di bilanciamento di circostanze aggravanti e attenuanti  nell'ipotesi
in cui chi ha determinato altri  a  commettere  il  reato,  o  si  e'
avvalso di altri nella commissione del delitto,  ne  e'  il  genitore
esercente la responsabilita' genitoriale  ovvero  il  fratello  o  la
sorella e che le diminuzioni di pena si operano  sulla  quantita'  di
pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.
    9.- In questo contesto normativo, che prevede plurime ipotesi  di
divieto di bilanciamento tra circostanze aggravanti "privilegiate"  e
circostanze attenuanti, si inserisce la  disposizione  censurata  che
contempla analogo divieto con riferimento alle circostanze aggravanti
di cui ai commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, sia dell'art.
589-bis (omicidio stradale), sia dell'art. 590-bis (lesioni personali
stradali gravi o gravissime) cod. pen.
    Tale divieto segna un marcato irrigidimento della  disciplina  di
contrasto  di  tali  condotte  lesive   del   bene   della   vita   e
dell'integrita' fisica delle persone.
    Per lungo  tempo  l'omicidio  stradale  e  le  lesioni  personali
stradali  gravi  o   gravissime   hanno   costituito   solo   ipotesi
circostanziate dei corrispondenti reati comuni.
    Gia' l'art. 1  della  legge  11  maggio  1966,  n.  296,  recante
«Modifiche degli articoli  589  (omicidio  colposo)  e  590  (lesioni
personali colpose) del codice penale»,  nel  riformulare  l'art.  589
cod.  pen.  (omicidio  colposo),  prevedeva  il  fatto  commesso  con
violazione delle norme sulla disciplina della circolazione  stradale,
limitandosi ad aumentare il minimo della pena  dell'omicidio  colposo
(da sei mesi di reclusione ad un anno).  E  parimenti  il  successivo
art. 2 prevedeva  distintamente  la  condotta  di  lesioni  personali
colpose  gravi  e  gravissime  con  violazione  delle   norme   sulla
disciplina della circolazione stradale.
    Solo  nel  2006  (legge  21  febbraio  2006,  n.   102,   recante
«Disposizioni  in  materia  di  conseguenze  derivanti  da  incidenti
stradali») c'e' stato un primo deciso inasprimento delle pene con  la
riformulazione del secondo comma dell'art. 589 cod. pen. e del  terzo
comma dell'art. 590 cod. pen. In particolare, la pena per  l'omicidio
colposo per violazione delle norme  sulla  circolazione  stradale  e'
stata elevata nel minimo (da uno a due anni  di  reclusione)  con  il
limite massimo di cinque anni di reclusione.
    E' seguito nel 2008 (decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante
«Misure urgenti in materia di sicurezza  pubblica»,  convertito,  con
modificazioni, nella legge 24  luglio  2008,  n.  125)  un  ulteriore
inasprimento delle pene e, soprattutto, e' stato  introdotto  per  la
prima  volta  -  nell'art.  590-bis  cod.  pen.  -  il   divieto   di
bilanciamento delle  circostanze  aggravanti  "privilegiate"  con  le
circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt.  98  e
114 cod. pen.
    In particolare, vengono contemplate nuove  aggravanti  a  effetto
speciale. Nel novellato art. 589 cod. pen. si prevede, nel  comma  3,
che si applica la pena della reclusione da tre a  dieci  anni  se  il
fatto e' commesso con violazione delle norme sulla  disciplina  della
circolazione stradale da soggetto in stato di  ebbrezza  alcolica  ai
sensi dell'art. 186, comma 2, lettera c), cod. strada, o da  soggetto
sotto  l'effetto  di  sostanze  stupefacenti  o  psicotrope.  Analoga
aggravante viene introdotta nell'art. 590, comma  3,  cod.  pen.  nel
caso di lesioni personali gravi o gravissime.
    Ma cio' che maggiormente rileva al fine del presente giudizio  di
legittimita' costituzionale e' l'art. 590-bis cod. pen.  sul  computo
delle circostanze dei due reati; disposizione questa che, anticipando
negli stessi termini quella attualmente  censurata,  gia'  prevedeva:
«Quando ricorre la circostanza di cui all'articolo 589, terzo  comma,
ovvero quella di cui all'articolo 590, terzo comma,  ultimo  periodo,
le concorrenti circostanze attenuanti,  diverse  da  quelle  previste
dagli articoli 98 e 114, non possono essere  ritenute  equivalenti  o
prevalenti rispetto a  queste  e  le  diminuzioni  si  operano  sulla
quantita' di pena determinata ai  sensi  delle  predette  circostanze
aggravanti».
    In seguito, l'allarme sociale suscitato dal  ricorrente  fenomeno
delle "vittime della strada" - alcune migliaia di morti  sull'asfalto
ogni anno e ancor di piu' feriti in modo  grave  o  gravissimo  -  ha
indotto il legislatore, con la legge n. 41 del 2016, a fare un  salto
di livello nell'azione di contrasto di condotte gravemente  colpevoli
nella guida di veicoli a motore.
    Si abbandona la fattispecie del mero reato  circostanziato  e  si
introducono due nuovi reati speciali - omicidio  stradale  e  lesioni
personali  stradali   gravi   o   gravissime   -   accompagnati,   in
parallelismo,  da  plurime  aggravanti   "privilegiate"   in   quanto
presidiate dalla clausola di esclusione  della  comparazione  con  le
attenuanti (art. 590-quater cod. pen.), che  ripete,  con  un  ambito
piu' ampio, l'analoga regola posta in  precedenza  dall'art.  590-bis
cod. pen.
    Al legislatore pero' non e' sfuggito che possono esserci condotte
che, seppur legate con nesso di causalita'  all'evento  dannoso  (sia
morte, sia lesioni gravi o gravissime),  possono  in  concreto  avere
un'efficienza causale non esclusiva. Per moderare il notevole maggior
rigore della risposta sanzionatoria il legislatore  ha  introdotto  -
nel settimo comma sia dell'art. 589-bis che  dell'art.  590-bis  cod.
pen.  -  un'inedita  attenuante  ad  effetto   speciale   del   tutto
particolare perche' attiene all'efficienza causale e che  vale  -  in
via eccezionale - a  derogare  al  principio  dell'equivalenza  delle
concause (art. 41 cod. pen.).
    Si tratta di un'attenuante  tutt'affatto  speciale  nel  panorama
delle circostanze del reato proprio  perche'  afferisce  al  rapporto
causale retto dal generale  principio  dell'equivalenza  delle  cause
(art. 41 cod. pen.), che vuole che il concorso di cause  preesistenti
o simultanee o sopravvenute, anche  se  indipendenti  dall'azione  od
omissione del colpevole, non esclude il rapporto  di  causalita'  fra
l'azione od omissione e l'evento; e cio'  e'  vero  anche  quando  la
causa preesistente o simultanea o  sopravvenuta  consiste  nel  fatto
illecito altrui.
    Nei reati puniti a titolo di  colpa  l'eventuale  concorso  della
colpa della parte offesa non  solo  non  esclude  ne'  interrompe  il
rapporto di causalita', ma neppure vale come circostanza  attenuante,
bensi' puo' essere tenuta in conto  dal  giudice,  sotto  il  profilo
della modalita' della condotta del colpevole, nella graduazione della
pena  ai  sensi  dell'art.  133  cod.   pen.   Costituisce,   invece,
circostanza attenuante comune solo l'essere  concorso  a  determinare
l'evento, insieme con l'azione o l'omissione del colpevole, il  fatto
doloso della persona offesa (art. 62, primo  comma,  numero  5,  cod.
pen.); cio' che e' ben diverso dal concorso del fatto  colposo  della
parte offesa che invece - sia  detto  incidentalmente  -  rileva  sul
piano civilistico del risarcimento del danno (artt. 2056 e  1227  del
codice civile). Solo in caso di cooperazione colposa (art.  113  cod.
pen.) puo' venire in rilievo la «minima importanza» dell'apporto  del
concorrente come circostanza attenuante (ex art. 114 cod.  pen.),  la
quale - in caso di omicidio stradale o di lesioni personali  stradali
- e' espressamente sottratta al  divieto  di  bilanciamento  previsto
dall'art. 590-quater cod. pen.
    Il legislatore del 2016, nel creare due reati  colposi  di  nuovo
conio (artt. 589-bis e 590-bis cod.  pen.),  che  in  precedenza  per
lungo tempo avevano costituito invece reati  comuni  aggravati  dalla
violazione  delle  norme   sulla   circolazione   stradale,   li   ha
accompagnati con la contestuale introduzione di questa attenuante che
non solo e' a effetto speciale, ma ha anche un contenuto marcatamente
diverso  da  quello  delle  circostanze  attenuanti  comuni.  Il  suo
presupposto e'  dato  dal  carattere  non  esclusivo  dell'efficienza
causale della condotta  dell'imputato;  circostanza  che  ricade  nel
divieto  di  bilanciamento   posto   dalla   disposizione   censurata
diversamente dalla circostanza  attenuante  dell'apporto  di  «minima
importanza» del concorrente nella cooperazione colposa.
    10.- Cio' premesso, quanto all'ambito e alla portata del  divieto
di  bilanciamento  delle  circostanze  del  reato,   previsto   dalla
disposizione oggetto di scrutinio, e' poi preliminare  all'esame  del
merito delle censure  prospettate  dai  giudici  rimettenti  l'esatta
delimitazione - nel contesto del quadro normativo di riferimento come
sopra sommariamente descritto -  del  perimetro  delle  questioni  di
costituzionalita'.
    Pur censurando entrambi la speciale preclusione del bilanciamento
delle circostanze privilegiate sia nell'omicidio stradale  che  nelle
lesioni  personali  stradali  gravi  o   gravissime,   recata   dalla
disposizione oggetto di scrutinio, essi  non  pongono  in  dubbio  la
legittimita' della scelta del legislatore del 2016 di assegnare  alle
circostanze aggravanti a effetto speciale, sia dell'art. 589-bis  sia
dell'art. 590-bis cod. pen., il  particolare  regime,  certamente  di
rigore, previsto dall'art. 590-quater cod. pen. che replica la stessa
disciplina    derogatoria    dell'ordinario    bilanciamento    delle
circostanze, anche a effetto speciale, ai  sensi  dell'art.  69  cod.
pen., gia' prevista dal previgente art. 590-bis.
    Nessuna questione di costituzionalita' e' attualmente  posta  con
tale ampiezza con riferimento all'art. 590-quater  cod.  pen.,  cosi'
come in passato nessuna questione e' stata sollevata con  riferimento
al simmetrico art. 590-bis cod. pen. nel testo precedente la legge n.
41 del 2016.
    Entrambi i giudici rimettenti sollevano invece una  questione  di
costituzionalita' piu' specifica che puo' porsi solo con  riferimento
al riformulato quadro normativo a  seguito  della  riforma  del  2016
perche' il  divieto  di  bilanciamento  e'  censurato  unicamente  in
riferimento all'attenuante  a  effetto  speciale  del  settimo  comma
dell'art. 589-bis e del simmetrico (e di identico contenuto)  settimo
comma dell'art.  590-bis  cod.  pen.:  la  circostanza  -  ignota  al
richiamato quadro normativo prima della riforma del  2016  -  che  ha
come presupposto  essere  la  condotta  dell'imputato  la  causa  non
esclusiva dell'evento.
    Il divieto di bilanciamento e' poi censurato, rispettivamente,  a
due aggravanti specifiche: per l'omicidio stradale,  l'aggravante  di
cui al secondo comma dell'art. 589-bis cod. pen. (guida in  stato  di
ebbrezza alcoolica); per le lesioni personali stradali,  l'aggravante
di cui al quinto  comma,  numero  2),  dell'art.  590-bis  cod.  pen.
(attraversamento  di  un'intersezione  stradale  quando  il  semaforo
proietta luce rossa per i veicoli).
    Questa  limitazione  delle  questioni  di  costituzionalita'   e'
peraltro pienamente aderente all'oggetto dei giudizi a quibus perche'
- come si e' gia' posto in rilievo - entrambi i giudici rimettenti si
confrontano con due reati colposi in cui, ricorrendo il  concorso  di
colpa della parte offesa, la  condotta  dell'imputato  appare  essere
causa non esclusiva dell'evento.
    Nella fattispecie delle  lesioni  personali  stradali,  aggravate
dall'inosservanza dell'indicazione semaforica, il Tribunale ordinario
di Torino riferisce che il pedone  investito  aveva  attraversato  la
strada nonostante il semaforo proiettasse luce rossa per i pedoni.
    Nella fattispecie dell'omicidio stradale, aggravato  dalla  guida
in stato di ebbrezza alcolica, il GUP del Tribunale ordinario di Roma
riferisce che la parte offesa non indossava la cintura di  sicurezza.
Aggiunge poi, in termini assolutamente generici, che  l'illuminazione
pubblica non era funzionante e che il guidatore del veicolo tamponato
era sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
    Peraltro, in vero, il GUP, in via meramente argomentativa, rileva
che l'efficienza causale non esclusiva della  condotta  dell'imputato
potrebbe essere anche di «minima importanza» perche' ipotizza che «si
accerti un grado di colpa pari all'1% in capo  all'imputato  (poiche'
per il restante 99% la colpa e' dell'altro conducente rimasto  ucciso
nel sinistro)». Ma lo stesso GUP ritiene che non sia questo  il  caso
di  specie  perche'  neppure  ipotizza  che   la   condotta   colposa
dell'imputato  (essersi  posto  alla  guida  in  stato  di   ebbrezza
alcoolica) abbia avuto - o possa  aver  avuto  -  una  cosi'  ridotta
efficienza causale. Ne' tanto meno  fa  alcuna  comparazione  con  il
trattamento del concorrente nella cooperazione colposa (art. 113 cod.
pen.) il cui apporto, in termini di efficienza causale, sia stato  di
«minima importanza» (art. 114 cod.  pen.);  fattispecie  questa  che,
rilevando come circostanza attenuante, e' espressamente  esclusa  dal
divieto  di  bilanciamento  previsto  dalla  disposizione  censurata.
Sicche', l'ipotesi estrema della condotta del colpevole  che  risulti
essere di «minima importanza» rispetto al  concorso  di  colpa  della
parte offesa e all'eventuale concorso di altre cause dell'evento, non
appartiene in realta' alle sollevate questioni di  costituzionalita';
ne' potrebbe esserlo per difetto di rilevanza.
    Pertanto, le due fattispecie  all'esame  dei  giudici  rimettenti
sono sovrapponibili in quanto accomunate dal fatto  che  in  entrambe
ricorre la  circostanza  attenuante  dell'efficacia  (meramente)  non
esclusiva della condotta dell'imputato perche' a determinare l'evento
ha  concorso  anche  il  comportamento  colposo  della  parte  offesa
(settimo comma sia dell'art.  589-bis,  sia  dell'art.  590-bis  cod.
pen.); circostanza che, in applicazione della disposizione censurata,
non puo' essere bilanciata  rispettivamente  con  l'aggravante  della
guida in stato di ebbrezza  (secondo  comma  dell'art.  589-bis  cod.
pen.) e con l'aggravante dell'attraversamento di un'intersezione  con
il semaforo rosso (quinto comma, numero  2,  dell'art.  590-bis  cod.
pen.).
    Solo con riferimento a tale  speciale  circostanza  attenuante  -
nella misura in  cui  questa  sussiste  in  ragione  di  un  generico
concorso di colpa della parte offesa (o anche di altre concause), che
rende "non esclusivo" l'apporto causale della condotta  dell'imputato
- sono poste le questioni di legittimita' costituzionale.
    11.-  Tutto  cio'  premesso,   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 590-bis cod. pen. non sono fondate.
    12.- Non vi e' dubbio che la legge n. 41 del 2016, al culmine del
(sopra descritto) progressivo sviluppo normativo lungo la  direttrice
costante del sempre piu' incisivo contrasto delle condotte gravemente
colpose nella  conduzione  di  veicoli  a  motore,  che  maggiormente
pongono a rischio la vita e l'integrita'  fisica  delle  persone,  ha
inasprito la risposta sanzionatoria in termini  di  pene  irrogabili,
soprattutto nel minimo.
    Quanto all'omicidio stradale, oggetto del giudizio a quo  innanzi
al GUP del Tribunale ordinario di Roma, per  l'aggravante  a  effetto
speciale in questione, contestata all'imputato per  aver  guidato  in
stato di ebbrezza alcolica  (secondo  comma  dell'art.  589-bis  cod.
pen.), e' prevista una pena della reclusione da otto a dodici anni.
    L'aggravamento sanzionatorio  rispetto  al  regime  previgente  -
quello introdotto dal decreto-legge n. 92 del 2008, come  convertito,
in vigore fino alla legge n. 41 del 2016 - e' marcato perche' la pena
prima prevista per la medesima condotta era quella  della  reclusione
da tre a dieci anni.
    Pero' nel regime vigente - e non anche in quello precedente -  il
carattere  non  esclusivo  dell'efficienza  causale  della   condotta
dell'imputato comporta (ex art. 589-bis, settimo  comma,  cod.  pen.)
una diminuzione di pena fino alla meta' e quindi il minimo della pena
puo' ridursi fino a quattro anni.
    La stessa condotta - omicidio stradale  con  guida  in  stato  di
ebbrezza alcolica - che prima era sanzionata con una pena  minima  di
tre anni di reclusione, dopo la legge n. 41 del 2016 lo  e'  con  una
pena minima di quattro anni di reclusione ove ricorra, in ipotesi, il
concorso di colpa della parte offesa e, quindi, l'efficienza  causale
della condotta dell'imputato non abbia carattere esclusivo.  Infatti,
ove ricorra l'attenuante in esame, la  diminuzione  fino  alla  meta'
puo' essere operata, per effetto della preclusione  di  cui  all'art.
590-quater cod. pen., solo sulla pena  prevista  per  la  fattispecie
aggravata.
    Quanto alle lesioni stradali gravi - oggetto del giudizio  a  quo
innanzi al Tribunale ordinario di Torino - e' ora  prevista  la  pena
della reclusione da un anno e  sei  mesi  a  tre  anni,  ove  ricorra
l'aggravante di cui al quinto comma,  numero  2),  dell'art.  590-bis
cod. pen., stante l'attraversamento di un'intersezione  stradale  con
il semaforo disposto al rosso per i veicoli. Ricorrendo  l'attenuante
del settimo comma dell'art. 590-bis cod. pen. la  pena,  per  effetto
della preclusione  censurata,  e'  diminuita  fino  a  nove  mesi  di
reclusione.
    Si tratta di sanzioni indubbiamente severe perche' nelle  ipotesi
attenuate  all'esame  dei  giudici  rimettenti  la  pena  minima  per
l'omicidio e' di quattro anni di reclusione e quella  minima  per  le
lesioni gravi e' di nove mesi di reclusione.
    Esse   rientrano,   pero',   nell'ambito    dell'esercizio    non
irragionevole della discrezionalita' del legislatore che ha ritenuto,
secondo una non sindacabile opzione politica in  materia  penale,  di
contrastare  in  modo  piu'  energico  condotte   gravemente   lesive
dell'incolumita' delle persone, che negli ultimi  anni  hanno  creato
diffuso allarme sociale.
    Ha affermato questa Corte (sentenza n.  179  del  2017)  che  dal
principio di legalita' sancito all'art. 25  Cost.  discende  che  «le
scelte sulla misura della pena sono  affidate  alla  discrezionalita'
politica del legislatore» sempre che il trattamento sanzionatorio sia
proporzionato alla violazione commessa e non comprometta la finalita'
di rieducazione del condannato. Con riferimento ad altra disposizione
incriminatrice, pure «caratterizzata da un  consistente  inasprimento
del trattamento sanzionatorio», la Corte ha ritenuto che a  essa  non
appartengono «valutazioni discrezionali di  dosimetria  sanzionatoria
penale,  di  esclusiva  pertinenza  del  legislatore»  e  che   nella
fattispecie non erano stati superati «i  limiti  costituzionali  alla
previsione di risposte punitive rigide»,  tenuto  anche  conto  della
graduabilita' della pena tra il minimo e  il  massimo  che  offre  al
giudice la possibilita' di renderla maggiormente  proporzionata  alla
gravita' della condotta contestata (sentenza n. 233 del 2018).
    Secondo  la  costante  giurisprudenza   di   questa   Corte,   le
valutazioni   sulla   dosimetria   della   pena   appartengono   alla
«rappresentanza  politica,  [...]  attraverso  la  riserva  di  legge
sancita nell'art. 25 Cost.»  (sentenza  n.  236  del  2016),  e  sono
assoggettate al giudizio di legittimita' costituzionale solo a fronte
di scelte palesemente arbitrarie del legislatore  che,  per  la  loro
manifesta  irragionevolezza,  evidenzino  un   uso   distorto   della
discrezionalita' a esso spettante (ex multis,  sentenze  n.  142  del
2017, n. 148 e n. 23 del 2016, n. 81  del  2014,  n.  394  del  2006;
ordinanze n. 249 e n. 71 del 2007, n. 169  e  n.  45  del  2006).  Da
ultimo questa Corte (sentenza n. 40 del  2019)  ha  precisato  che  «
fermo restando che non spetta alla Corte determinare autonomamente la
misura della pena (sentenza n. 148 del 2016), l'ammissibilita'  delle
questioni di legittimita'  costituzionale  che  riguardano  l'entita'
della punizione risulta condizionata  non  tanto  dalla  presenza  di
un'unica  soluzione  costituzionalmente   obbligata,   quanto   dalla
presenza nel  sistema  di  previsioni  sanzionatorie  che,  trasposte
all'interno della norma censurata, garantiscano coerenza alla  logica
perseguita dal legislatore (sentenza n. 233 del 2018)».
    13.- Solo in  caso  di  trattamenti  sanzionatori  manifestamente
sproporzionati e di sperequazioni punitive di  particolare  gravita',
questa Corte e' intervenuta a riequilibrare la risposta sanzionatoria
dell'ordinamento.  Ma  cio'  e'  avvenuto  considerando  la  coerenza
interna del regime sanzionatorio e l'offensivita' della condotta.
    Proprio in tema di bilanciamento di circostanze questa  Corte  e'
intervenuta piu' volte  a  riequilibrare  situazioni  sperequate  che
vedevano condotte ritenute dal legislatore di minore offensivita', le
quali in ragione del divieto di prevalenza di specifiche  circostanze
attenuanti finivano per essere sanzionate in modo sproporzionato.
    In  passato  -  come  gia'  ricordato  -  e'  stata  ritenuta  la
legittimita', in generale, della tecnica legislativa del  divieto  di
prevalenza o equivalenza delle circostanze attenuanti  su  specifiche
circostanze aggravanti in ragione di speciali esigenze  di  contrasto
di condotte  particolarmente  lesive  dell'integrita'  delle  persone
(sentenze n. 194 e n. 38 del 1985).
    E' vero  che  il  giudizio  di  bilanciamento  delle  circostanze
consente al giudice di apprezzare meglio lo specifico disvalore della
condotta  penalmente  sanzionata.  Ma  quando  ricorrono  particolari
esigenze di protezione di beni costituzionalmente tutelati, quale  il
diritto fondamentale e  personalissimo  alla  vita  e  all'integrita'
fisica, ben puo' il legislatore dare un diverso ordine al gioco delle
circostanze richiedendo che vada calcolato  prima  l'aggravamento  di
pena di particolari circostanze. Come gia' evidenziato  (sentenza  n.
251 del 2012), «[d]eroghe al bilanciamento  [...]  sono  possibili  e
rientrano  nell'ambito  delle  scelte   del   legislatore»   e   sono
sindacabili da questa Corte «soltanto ove trasmodino nella  manifesta
irragionevolezza o nell'arbitrio» (sentenza n. 68 del 2012).
    Questa «anomalia sanzionatoria» (sentenza n. 179 del 2017) si  e'
verificata in ipotesi di particolari attenuanti  cui  il  legislatore
stesso  ha  assegnato  un  essenziale  ruolo  di  riequilibrio  della
fattispecie penale.
    Talvolta,  quando  il  reato   base,   in   ragione   della   sua
formulazione, ha una portata ampia, il legislatore  ritaglia  ipotesi
di minore gravita'. E' cio' che si  e'  verificato  per  i  fatti  di
"spaccio" di sostanze stupefacenti "di  lieve  entita'",  circostanza
attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle  leggi  in
materia di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,
prevenzione,  cura   e   riabilitazione   dei   relativi   stati   di
tossicodipendenza), prima della sua trasformazione in reato autonomo.
La stessa tecnica legislativa ricorre per i fatti di ricettazione «di
particolare tenuita'» (attenuante  prevista  dall'art.  648,  secondo
comma, cod. pen.); per i fatti di minore gravita' di  abusi  sessuali
riconducibili alla nozione di violenza sessuale (art. 609-bis,  terzo
comma, cod. pen.); per i fatti di bancarotta fraudolenta,  bancarotta
semplice e ricorso abusivo  al  credito  quando  hanno  cagionato  un
«danno patrimoniale di speciale tenuita'» (art. 219, terzo comma, del
regio  decreto  16  marzo  1942,  n.  267,  recante  «Disciplina  del
fallimento,   del   concordato    preventivo,    dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa»).
    Con riferimento a queste particolari  circostanze  attenuanti  la
Corte ha ritenuto che il divieto, applicato a esse, della  prevalenza
di tutte le circostanze attenuanti sull'aggravante della recidiva  ex
art. 99, quarto comma, cod. pen., divieto  introdotto  nell'art.  69,
quarto comma, cod. pen., conducesse a sanzionare condotte  di  minore
offensivita' con pene non proporzionate. Ha, quindi,  dichiarato,  di
volta  in  volta,  l'illegittimita'  costituzionale  di  tale  ultima
disposizione nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza di
ciascuna  di  tali  specifiche   attenuanti   in   comparazione   con
l'aggravante privilegiata della recidiva reiterata (sentenze  n.  251
del 2012, n. 105  e  n.  106  del  2014,  e  n.  205  del  2017).  Il
legislatore puo' schermare l'ordinario bilanciamento  di  circostanze
del reato, secondo i criteri dell'art. 69 cod. pen., ma non  fino  al
punto di sanzionare condotte di minore gravita'  con  pene  eccessive
perche'  sproporzionate   rispetto   al   canone   della   necessaria
offensivita'.
    Ma nella fattispecie in esame, l'attenuante ad  effetto  speciale
che viene in  gioco  non  attiene  all'offensivita'.  Sia  l'omicidio
stradale che le lesioni personali stradali, ove ricorra  l'attenuante
di cui al settimo comma degli artt.  589-bis  e  590-bis  cod.  pen.,
offendono comunque, anche nell'ipotesi cosi' attenuata, il bene della
vita e quello dell'integrita' personale.  L'attenuante  speciale  non
identifica una fattispecie di minore offensivita', ma si colloca  sul
piano del  tutto  distinto  dell'efficienza  causale  dove  opera  il
principio non gia' di proporzionalita', bensi' quello di  equivalenza
delle concause dell'evento.
    Maggiore, pertanto, e' la discrezionalita'  del  legislatore  nel
dimensionare  l'incidenza  di   tale,   eccezionale   e   del   tutto
particolare, attenuante nel calcolo della pena. E' vero che il minimo
della pena per il reato base (due anni di reclusione  per  l'omicidio
stradale comune) e' raddoppiato  (quattro  anni  di  reclusione)  ove
ricorrano a un tempo la suddetta  circostanza  aggravante  (guida  in
stato di ebbrezza alcolica di cui al secondo comma dell'art.  589-bis
cod.  pen.)  e  l'attenuante  dell'efficacia  causale  non  esclusiva
dell'azione o dell'omissione del colpevole di cui  al  settimo  comma
dell'art. 589-bis cod. pen. (in  ragione  del  concorso  della  colpa
della parte offesa  o  di  altre  concause).  Ma  tale  differenziale
sanzionatorio  puo'  dirsi  rientrare  nella   discrezionalita'   del
legislatore, esercitata nel limite della non irragionevolezza.
    Il maggior rigore conseguente al divieto di bilanciamento di tale
circostanza attenuante a effetto  speciale  trova  ragione  nel  piu'
incisivo contrasto di condotte altamente pericolose e che da tempo  -
come gia' rilevato - creano diffuso  allarme  sociale  per  il  grave
pregiudizio che arrecano alla sicurezza stradale,  quale  appunto  la
guida di veicoli  a  motore  in  stato  di  ebbrezza  alcolica  o  di
alterazione  psico-fisica  conseguente  all'assunzione  di   sostanze
stupefacenti o psicotrope.
    Altresi', per il  reato  di  lesioni  personali  stradali  vi  e'
analogo  -  in   vero   anche   piu'   accentuato   -   differenziale
sanzionatorio. Ma anche in tal caso la condotta di chi, alla guida di
un veicolo a  motore,  attraversa  un'intersezione  con  il  semaforo
disposto al rosso, cosi' commettendo il reato  di  lesioni  personali
stradali gravi, aggravate da tale circostanza cosiddetta privilegiata
(come  nel  giudizio  pendente  innanzi  al  Tribunale  ordinario  di
Torino), pone gravemente in pericolo l'incolumita' altrui e parimenti
puo' dirsi non irragionevole l'esercizio della  discrezionalita'  del
legislatore nell'escludere che  l'attenuante  in  esame  (quella  del
settimo comma dell'art. 590-bis cod. pen.) possa essere valutata  dal
giudice come equivalente o prevalente rispetto a tale aggravante.
    14.- Ne' giova la  comparazione  che  fa  il  GUP  del  Tribunale
ordinario di Roma con altre ipotesi di omicidio colposo.
    Il legislatore del 2016 - innovando rispetto ai precedenti (sopra
richiamati) interventi normativi (del 1966, del 2006 e del 2008), che
si erano mossi  nel  solco  del  reato  comune  di  omicidio  colposo
introducendo  solo  specifiche  circostanze  aggravanti  -  ha   reso
autonoma  la  fattispecie   penale   dell'omicidio   stradale.   Cio'
costituisce  tipico  esercizio   di   discrezionalita'   legislativa,
espressione di una scelta politica in materia penale, in  ragione  di
una diversa valutazione del rischio al  quale  sono  esposti  i  beni
della vita e dell'incolumita' personale a causa di condotte giudicate
particolarmente pericolose e quindi da contrastare  con  piu'  severe
sanzioni.
    La diversita' di fattispecie tra  omicidio  stradale  e  omicidio
colposo  comune  costituisce  ragione  sufficiente  del   trattamento
sanzionatorio differenziato.
    Naturalmente  trovano  applicazione  ogni   possibile   ulteriore
circostanza attenuante nonche' eventuali diminuenti per la scelta del
rito, che valgono a ridurre  ulteriormente  il  rigore  sanzionatorio
insito nel divieto di  bilanciamento  delle  circostanze  aggravanti,
quale previsto dalla disposizione censurata.
    15.-   In   conclusione,   avendo   il   legislatore   introdotto
un'attenuante a  effetto  speciale  legata  all'apporto  causale  del
colpevole, non  e'  irragionevole  che,  quando  la  valutazione  sia
limitata all'alternativa dell'efficacia "esclusiva", o non esclusiva,
della  condotta  del  colpevole,  l'attenuante   non   possa   essere
bilanciata con le aggravanti "privilegiate" e segnatamente, quanto al
reato di omicidio stradale (nel giudizio a quo  innanzi  al  GUP  del
Tribunale ordinario di Roma), con  l'aggravante  di  cui  al  secondo
comma dell'art. 589-bis cod.  pen.  per  aver  guidato  in  stato  di
ebbrezza alcolica oltre la soglia  di  cui  all'art.  186,  comma  2,
lettera c), cod. strada, e, quanto  al  reato  di  lesioni  personali
stradali gravi (nel giudizio a quo innanzi al Tribunale ordinario  di
Torino),  con  l'aggravante  di  cui  al  quinto  comma,  numero  2),
dell'art. 590-bis cod. pen.  per  aver  attraversato  un'intersezione
stradale con il semaforo disposto al rosso.
    Rientra nella discrezionalita' del  legislatore,  esercitata  non
irragionevolmente, graduare l'effetto diminuente della pena di questa
attenuante  a  effetto  speciale  in  riferimento   alle   menzionate
aggravanti "privilegiate"  allorche'  ricorra  un  generico  concorso
della colpa della parte offesa o di altre concause  che  rendono  non
esclusivo  l'apporto  causale  dell'azione   o   dell'omissione   del
colpevole.
    16.-  Occorre  ora   passare   all'esame   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art.  222,  comma  2,  cod.  strada,
sollevata solo dal Tribunale ordinario di Torino.
    17.- Giova premettere che inizialmente il comma 2  dell'art.  222
cod. strada, quale introdotto dall'art. 1, comma 1,  della  legge  21
febbraio  2006,  n.  102  (Disposizioni  in  materia  di  conseguenze
derivanti da incidenti stradali), prevedeva solo la sospensione della
patente di  guida,  peraltro  secondo  una  ben  chiara  progressione
sanzionatoria:  quando  dal  fatto  derivava  una  lesione  personale
colposa la sospensione della patente era da  quindici  giorni  a  tre
mesi; se invece  derivava  una  lesione  personale  colposa  grave  o
gravissima la sospensione della patente era fino a due anni; nel caso
di omicidio colposo la sospensione era fino a quattro anni.
    Solo successivamente  la  revoca  della  patente,  come  sanzione
amministrativa accessoria  alla  condanna  penale  per  il  reato  di
omicidio  (comune)  colposo  aggravato,  e'  stata   introdotta   dal
decreto-legge n. 92 del 2008 che ha modificato il comma  2  dell'art.
222 cod. strada, aggiungendo un quarto periodo cosi'  formulato:  «Se
il fatto di cui al terzo periodo e' commesso da soggetto in stato  di
ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma  2,  lettera  c),
ovvero  da  soggetto  sotto  l'effetto  di  sostanze  stupefacenti  o
psicotrope, il giudice applica la sanzione amministrativa  accessoria
della revoca  della  patente».  Il  richiamo  del  fatto  di  cui  al
precedente terzo periodo comportava che tale sanzione  amministrativa
conseguiva solo alla condanna per omicidio colposo.
    La possibilita' di revoca della patente e' poi  stata  estesa  al
reato di lesioni colpose (comuni) gravi e gravissime dalla  legge  29
luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza  stradale),
che ha aggiunto il richiamo anche del secondo  periodo  del  medesimo
comma 2, sempre e  solo  in  caso  di  guida  in  stato  di  ebbrezza
alcoolica (con tasso alcolemico superiore a quello previsto dall'art.
186, comma 2, lettera c, cod. strada) o sotto l'effetto  di  sostanze
stupefacenti.
    Da ultimo, con la legge n. 41 del 2016 il legislatore non solo ha
introdotto due nuovi reati (omicidio  stradale  e  lesioni  personali
stradali gravi o gravissime), elevando le pene con la  previsione  di
plurime circostanze aggravanti "privilegiate" e aggravando il  regime
sanzionatorio con il gia' esaminato divieto di bilanciamento  con  le
circostanze attenuanti,  ma  ha  modificato  anche  il  regime  delle
sanzioni amministrative  accessorie,  dettando  una  disciplina  piu'
rigorosa quanto  alla  revoca  della  patente  di  guida.  La  quale,
peraltro, fuori dalle ipotesi  in  cui  ricorra  uno  dei  due  reati
suddetti, e' anche contemplata, a determinate condizioni, dagli artt.
186, 186-bis e 187 cod. strada in caso  di  guida  sotto  l'influenza
dell'alcool ovvero in stato di alterazione psico-fisica  per  uso  di
sostanze stupefacenti.
    Attualmente, la disposizione di cui  all'art.  222  cod.  strada,
recante le sanzioni  amministrative  accessorie  all'accertamento  di
reati, prevede, al comma 1, la regola di carattere generale per  cui,
se da una violazione delle norme del  codice  della  strada  derivano
danni alle persone, il giudice applica con la sentenza di condanna le
sanzioni amministrative accessorie della sospensione o  della  revoca
della patente.
    Cio' che  pero'  rileva  maggiormente  e'  il  comma  2,  rimasto
immutato nei primi tre periodi, che stabilisce che quando  dal  fatto
derivi una lesione personale colposa la sospensione della patente  e'
da quindici giorni a tre mesi, mentre se la lesione personale colposa
e' grave o gravissima la sospensione della  patente  e'  fino  a  due
anni. Nel caso poi di omicidio  colposo  la  sospensione  e'  fino  a
quattro anni.
    Il quarto periodo - come  appena  ricordato  -  e'  stato  invece
riformulato dalla legge n. 41 del 2016, che ha previsto che  in  caso
di condanna o di patteggiamento della pena per i  reati  di  omicidio
stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime  consegue
sempre la revoca della patente di guida, anche ove sia stata concessa
la sospensione condizionale della pena.
    Ne e' risultato, nel complesso,  un  marcato  inasprimento  delle
sanzioni accessorie atteso che la revoca della  patente  e'  prevista
indistintamente per tutte le ipotesi di  reati  cosiddetti  stradali,
sia nel caso in cui ricorrono le fattispecie cosiddette semplici, sia
nel caso in  cui  sussistono  le  fattispecie  aggravate,  mentre  la
disciplina previgente delle sanzioni  amministrative  accessorie  era
maggiormente graduata.
    18.- Cio' premesso, la questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 222, comma 2,  cod.  strada  e'  fondata  nei  termini  che
seguono.
    19.- La disposizione censurata prevede la sanzione amministrativa
della revoca della patente, estesa indistintamente a tutte le ipotesi
- sia aggravate dalle circostanze "privilegiate", sia non aggravate -
di  omicidio  stradale  e  di  lesioni  personali  stradali  gravi  o
gravissime.
    Si e' sopra esaminato  (paragrafi  n.  8  e  n.  9)  lo  sviluppo
normativo che ha condotto da ultimo alla configurazione di due  nuove
fattispecie di reato colposo (art. 589-bis e art. 590-bis cod. pen.),
connotate  dalla  previsione  di   plurime   circostanze   aggravanti
"privilegiate" con  un  differenziato  trattamento  sanzionatorio  di
maggior rigore, nonche' dal divieto di bilanciamento tra  circostanze
attenuanti, diverse da quelle previste dagli  artt.  98  e  114  cod.
pen., e quelle aggravanti a effetto speciale cosi' introdotte.
    L'aggravamento   della   risposta   sanzionatoria,   voluto   dal
legislatore del 2016, e' quindi risultato articolato in piu' livelli.
In perfetta simmetria le due  citate  disposizioni  prevedono  -  per
l'omicidio stradale e per le lesioni personali stradali  -  l'ipotesi
base del reato  colposo  (al  primo  comma);  l'ipotesi  maggiormente
aggravata della guida in stato di ebbrezza alcolica oltre  una  certa
soglia di tasso alcolemico o  sotto  l'effetto  di  stupefacenti  (ai
commi  secondo  e  terzo);  nonche'  un'ipotesi  intermedia   perche'
aggravata in misura minore (ai commi  quarto,  quinto  e  sesto),  ma
comunque con una pena aumentata rispetto all'ipotesi base.
    Il disvalore della  condotta  in  violazione  delle  norme  sulla
disciplina della circolazione stradale e' quindi  articolato  secondo
una precisa graduazione. Il  divario  e'  di  tutta  evidenza  se  si
pongono in comparazione le ipotesi base  del  primo  comma  dell'art.
589-bis e dell'art. 590-bis cod. pen. con le condotte, sanzionate con
la pena piu' elevata, rientranti nel secondo e  nel  terzo  comma  di
entrambe  le  disposizioni.  La  pena  prevista  ove  ricorrano  tali
aggravanti privilegiate e' marcatamente piu' elevata della pena base,
come risulta in particolare dal fatto che  i  minimi  di  pena  delle
fattispecie circostanziate sono sensibilmente incrementati.
    Invece, per la sanzione amministrativa della revoca della patente
di guida vi e'  un  indifferenziato  automatismo  sanzionatorio,  che
costituisce  possibile  indice  di  disparita'   di   trattamento   e
irragionevolezza intrinseca.
    In generale, questa Corte (sentenza n. 50 del 1980) ha  affermato
che «[i]n linea di principio,  previsioni  sanzionatorie  rigide  non
appaiono [...] in armonia con il "volto costituzionale"  del  sistema
penale; ed il dubbio d'illegittimita' costituzionale  potra'  essere,
caso per caso, superato a condizione che, per la natura dell'illecito
sanzionato e per la  misura  della  sanzione  prevista,  quest'ultima
appaia ragionevolmente "proporzionata" rispetto all'intera  gamma  di
comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato».
    Piu' recentemente, tali principi sono stati  ribaditi  da  questa
Corte (sentenza n. 222  del  2018)  che,  con  riferimento  ai  reati
fallimentari, ha evidenziato che  la  gravita'  dei  fatti  concreti,
riconducibili  alle  fattispecie  penali,  puo'  essere  marcatamente
differente, censurando proprio  la  «rigidita'  applicativa»  di  una
sanzione accessoria fissa.
    In particolare, un profilo  di  irragionevolezza  e'  gia'  stato
rilevato da questa Corte in un'ipotesi di automatismo della  "revoca"
amministrativa della patente di guida, prevista dall'art. 120,  comma
2, cod. strada (sentenza n. 22 del 2018).
    Orbene, nell'art. 222 cod. strada  l'automatismo  della  risposta
sanzionatoria, non graduabile in ragione delle peculiarita' del caso,
puo' giustificarsi solo per  le  piu'  gravi  violazioni  contemplate
dalle  due  citate  disposizioni,  quali   previste,   come   ipotesi
aggravate, sanzionate con le pene  rispettivamente  piu'  gravi,  dal
secondo e dal  terzo  comma  sia  dell'art.  589-bis,  sia  dell'art.
590-bis cod. pen. Porsi alla guida  in  stato  di  ebbrezza  alcolica
(oltre la soglia di tasso alcolemico prevista dal secondo e dal terzo
comma sia dell'art. 589-bis, sia dell'art. 590-bis cod. pen.) o sotto
l'effetto di  stupefacenti  costituisce  un  comportamento  altamente
pericoloso per la vita e l'incolumita' delle persone, posto in essere
in  spregio  del  dovuto  rispetto  di  tali  beni  fondamentali;  e,
pertanto,  si  giustifica  una  radicale  misura  preventiva  per  la
sicurezza stradale consistente nella  sanzione  amministrativa  della
revoca della patente nell'ipotesi sia di omicidio  stradale,  sia  di
lesioni personali gravi o gravissime.
    Al  di  sotto  di  questo  livello  vi  sono  comportamenti   pur
gravemente  colpevoli,  ma  in  misura  inferiore  sicche'   non   e'
compatibile con i  principi  di  eguaglianza  e  proporzionalita'  la
previsione della  medesima  sanzione  amministrativa.  In  tal  caso,
l'automatismo della sanzione amministrativa piu' non si giustifica  e
deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice.
    Oltre   all'irragionevolezza   intrinseca   di    una    sanzione
amministrativa fissa per tali ultimi comportamenti,  c'e'  anche  che
nell'art. 222 cod. strada rimane vigente la prescrizione del  secondo
e del terzo periodo del comma 2, i  quali  prevedono  rispettivamente
che, quando dal fatto commesso con violazione del codice della strada
derivi  una  lesione  personale  colposa  grave  o   gravissima,   la
sospensione della patente e' fino a due  anni,  mentre  nel  caso  di
omicidio colposo la  sospensione  e'  fino  a  quattro  anni.  Quindi
coesistono nella stessa norma (comma 2  dell'art.  222  cod.  strada)
prescrizioni che si sovrappongono senza una chiara  delimitazione  di
applicabilita'.
    Nel caso di condanna per il reato di omicidio  stradale  ex  art.
589-bis cod. pen.  e'  prevista,  dal  quarto  periodo  del  comma  2
dell'art. 222 cod. strada, la sanzione  amministrativa  della  revoca
della patente. Invece, il precedente terzo periodo prevede,  in  caso
di omicidio colposo con  violazione  delle  norme  del  codice  della
strada, la sospensione della patente fino a quattro anni.
    Analogamente, nel caso  di  condanna  per  il  reato  di  lesioni
personali stradali gravi o gravissime ex art. 590-bis  cod.  pen.  e'
prevista, sempre dal quarto periodo del comma 2  dell'art.  222  cod.
strada, la sanzione amministrativa della revoca della patente. Invece
il precedente secondo periodo prevede, in caso di lesioni colpose con
violazione delle norme del codice della strada, la sospensione  della
patente fino a due anni.
    Vi  e',  quindi,  anche  una  poco  coerente  sovrapposizione  di
fattispecie sanzionate, o no, con la revoca  della  patente,  che  si
aggiunge    all'irragionevolezza    intrinseca     della     sanzione
indifferenziata  per  ipotesi  marcatamente  diverse  in  termini  di
gravita' della condotta.
    20.- In conclusione, la revoca della patente di  guida  non  puo'
essere "automatica" indistintamente in ognuna delle  plurime  ipotesi
previste sia dall'art.  589-bis  (omicidio  stradale)  sia  dall'art.
590-bis cod. pen. (lesioni personali stradali), ma si giustifica solo
nelle ben circoscritte ipotesi piu'  gravi  sanzionate  con  la  pena
rispettivamente piu' elevata come fattispecie aggravate dal secondo e
dal terzo comma di entrambe tali  disposizioni  (guida  in  stato  di
ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti). Negli altri casi, che il
legislatore stesso ha  ritenuto  di  non  pari  gravita',  sia  nelle
ipotesi  non  aggravate  del  primo  comma  delle  due   disposizioni
suddette, sia in quelle aggravate dei commi quarto, quinto  e  sesto,
il  giudice  deve  poter  valutare  le  circostanze   del   caso   ed
eventualmente applicare come sanzione amministrativa  accessoria,  in
luogo della revoca della patente, la sospensione  della  stessa  come
previsto - e nei limiti fissati - dal secondo e dal terzo periodo del
comma 2 dell'art. 222 cod. strada.
    Pertanto, tale comma e' costituzionalmente illegittimo,  nel  suo
quarto periodo, nella parte in cui non prevede, ove non ricorrano  le
circostanze aggravanti privilegiate di cui  al  secondo  e  al  terzo
comma sia dell'art. 589-bis, sia  dell'art.  590-bis  cod.  pen.,  la
possibilita'  per  il  giudice  di  applicare,  in  alternativa  alla
sanzione amministrativa della revoca della patente di  guida,  quella
della sospensione della patente, secondo il disposto  del  secondo  e
del terzo periodo del comma 2 dell'art. 222 cod. strada.
    In questi casi il giudice, secondo la gravita' della condotta del
condannato, tenendo conto degli artt. 218 e 219 cod.  strada,  potra'
sia disporre la sanzione amministrativa della revoca della patente di
guida, sia quella, meno afflittiva, della  sospensione  della  stessa
per la durata massima prevista dal secondo e dal  terzo  periodo  del
medesimo comma 2 dell'art. 222 cod. strada.
     
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    riuniti i giudizi,
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 222,  comma
2, quarto periodo, del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285
(Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede  che,  in
caso di condanna, ovvero di  applicazione  della  pena  su  richiesta
delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per
i reati di cui agli  artt.  589-bis  (Omicidio  stradale)  e  590-bis
(Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il
giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della  patente  di
guida, la sospensione della stessa  ai  sensi  del  secondo  e  terzo
periodo dello stesso comma 2 dell'art. 222 cod. strada allorche'  non
ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste  dai  rispettivi
commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.;
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 222, comma 3-ter, cod. strada, sollevata dal
Tribunale ordinario  di  Torino,  in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 590-quater cod. pen., inserito dall'art.  1,
comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato  di
omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali,  nonche'
disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile  1992,
n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274),  sollevate,
in riferimento agli artt. 3, 25,  secondo  comma,  e  27  Cost.,  dal
Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario  di  Roma  e
dal Tribunale ordinario di  Torino,  con  le  ordinanze  indicate  in
epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                     Giovanni AMOROSO, Redattore
                    Filomena PERRONE, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2019.

                           Il Cancelliere
                       F.to: Filomena PERRONE

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