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mercoledì 24 aprile 2019
N. 88 SENTENZA 19 febbraio - 17 aprile 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Omicidio e lesioni personali stradali gravi o gravissime - Circostanze e sanzioni amministrative accessorie. - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 222, commi 2, quarto periodo, e 3-ter, come modificato dall'art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2) della legge n. 41 del 2016; codice penale, art. 590-quater, inserito dall'art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274). - (GU n.17 del 24-4-2019 )
N. 88 SENTENZA 19 febbraio - 17 aprile 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Reati e pene - Omicidio e lesioni personali stradali gravi o
gravissime - Circostanze e sanzioni amministrative accessorie.
- Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), art. 222, commi 2, quarto periodo, e 3-ter, come
modificato dall'art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2) della
legge n. 41 del 2016; codice penale, art. 590-quater, inserito
dall'art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41
(Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni
personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274).
-
(GU n.17 del 24-4-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 590-quater
del codice penale, inserito dall'art. 1, comma 2, della legge 23
marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del
reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di
coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al
decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), e dell'art. 222, commi 2
e 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della strada), come modificato dall'art. 1, comma 6, lettera b),
numeri 1) e 2), della legge n. 41 del 2016, promossi dal Giudice
dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma e dal
Tribunale ordinario di Torino, con ordinanze del 16 maggio 2017 e
dell'8 giugno 2018, iscritte rispettivamente al n. 144 del registro
ordinanze 2017 e al n. 139 del registro ordinanze 2018 e pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie
speciale, dell'anno 2017 e n. 40, prima serie speciale, dell'anno
2018.
Visti gli atti di costituzione di F. M. e di M. V., nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella udienza pubblica del 19 febbraio 2019 il Giudice
relatore Giovanni Amoroso;
uditi gli avvocati Massimiliano Cataldo per F. M., Riccardo
Salomone per M. V. e l'avvocato dello Stato Carlo Sica per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario
di Roma, con ordinanza del 16 maggio 2017 (r.o. n. 144 del 2017), ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
590-quater del codice penale, inserito dall'art. 1, comma 2, della
legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio
stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche'
disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), in
riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione,
nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza e di equivalenza
dell'attenuante speciale di cui all'art. 589-bis cod. pen.
1.1.- In punto di fatto il rimettente, che riferisce essere in
sede di giudizio abbreviato, premette che il pubblico ministero ha
chiesto il rinvio a giudizio dell'imputato per i reati di cui agli
artt. 589-bis, secondo e ottavo comma, cod. pen. e 186, comma 2,
lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada) e che all'udienza del 28 febbraio 2017 il
difensore dell'imputato ha sollevato l'eccezione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 590-quater cod. pen.
In particolare, il rimettente riferisce che l'imputato e' stato
tratto a giudizio per i suddetti reati per avere guidato
un'autovettura in stato di ebbrezza e per avere tamponato un
autocarro, in tal modo provocando la morte di uno dei soggetti
trasportati su quest'ultimo mezzo, nonche' il ferimento di un altro
trasportato e del guidatore dello stesso (fatto avvenuto dopo
l'entrata in vigore della legge n. 41 del 2016). Rileva, inoltre, che
dagli atti emergono diversi elementi che, all'esito del giudizio
abbreviato potrebbero comportare l'attribuzione di responsabilita'
concorrenti con quelle dell'imputato, atteso che il guidatore
dell'autocarro tamponato era a sua volta sotto l'effetto di sostanze
stupefacenti del tipo cocaina, sicche' anche la sua condotta di guida
potrebbe avere risentito di tale stato contribuendo al sinistro; che
il trasportato deceduto non indossava la cintura di sicurezza; che il
tratto di strada su cui e' avvenuto il sinistro presentava
illuminazione non funzionante.
L'accertamento di uno o piu' di queste concause del sinistro
comporterebbe l'applicazione della circostanza attenuante di cui
all'art. 589-bis, settimo comma, cod. pen. con conseguente
diminuzione della pena fino alla meta'. Tale diminuente potrebbe
pero' operare solo sulla quantita' di pena determinata ai sensi della
circostanza aggravante di cui all'art. 589-bis, secondo comma, cod.
pen., poiche' l'art. 590-quater cod. pen. impedisce il bilanciamento
delle circostanze aggravanti ed attenuanti per il reato di omicidio
stradale.
In particolare, il rimettente da' atto che nel capo di
imputazione e' stata contestata la circostanza aggravante di aver
guidato in stato di ebbrezza (art. 589-bis, secondo comma, cod.
pen.); ricorre poi anche l'aumento di pena previsto dell'art.
589-bis, ottavo comma, cod. pen., per aver provocato la morte di una
persona e lesioni personali ad altre due.
Pertanto, in caso di condanna, qualora il giudice dovesse
riconoscere la sussistenza della diminuente del concorso di colpa,
dovrebbe essere applicato prima l'aumento di pena per l'aggravante e
soltanto dopo la diminuzione di pena per la circostanza attenuante,
stante il predetto divieto di bilanciamento delle circostanze.
In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente da' atto
che la norma introduce, per i reati di cui agli artt. 589-bis e
590-bis cod. pen., una deroga alla disciplina generale prevista dagli
artt. 63 e seguenti cod. pen. In tal modo - osserva il rimettente -
e' stato esteso ai delitti di omicidio stradale e lesioni personali
stradali il meccanismo di limitazione della discrezionalita' del
giudice penale nella valutazione degli aumenti e della diminuzione
della pena, gia' previsto in relazione ad altre ipotesi.
Al riguardo, il rimettente cita il divieto di prevalenza delle
circostanze attenuanti previsto dall'art. 69, quarto comma, cod. pen.
a seguito della modifica introdotta dalla legge 5 dicembre 2005, n.
251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354,
in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di
comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di
prescrizione), con riferimento alla recidiva reiterata di cui
all'art. 99, quarto comma, cod. pen.
In ordine alla legittimita', in via generale, di tale divieto il
rimettente richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui le
deroghe all'ordinaria disciplina del bilanciamento delle circostanze
non devono trasmodare nella manifesta irragionevolezza; in
particolare, le sentenze n. 105 del 2014 e n. 251 del 2012 che hanno
dichiarato l'illegittimita' costituzionale del divieto di prevalenza
delle circostanze attenuanti in particolari ipotesi.
Il rimettente osserva che, ricorrendo la diminuente di cui al
settimo comma dell'art. 589-bis cod. pen., la pena prevista dall'art.
589-bis, primo comma, cod. pen. (da due a sette anni) puo' ridursi
fino al minimo di un anno di reclusione. Ricorrendo, invece,
l'aggravante di cui al secondo comma della medesima disposizione
(pena da otto a dodici anni di reclusione), la pena minima di otto
anni di reclusione potrebbe essere diminuita, ai sensi del settimo
comma dell'art. 589-bis cod. pen. in caso di riconoscimento di
concorso di colpa della parte offesa, a quattro anni di reclusione.
La' dove il divieto di bilanciamento delle circostanze previsto
dalla disposizione censurata non operasse, potrebbe aversi, in caso
di prevalenza della circostanza attenuante, la diminuzione fino alla
meta' sulla pena prevista per il delitto base sicche' dal minimo
edittale di due anni si scenderebbe a un anno di reclusione.
Il risultato complessivo e' che per effetto dell'art. 590-quater
cod. pen. l'imputato subisce un aumento della cornice edittale pari
al quadruplo.
Sottrarre al giudice la possibilita' di valutare nel caso
concreto la prevalenza della diminuente rispetto all'aggravante
contestata potrebbe comportare un aumento sproporzionato di pena
anche nel caso di percentuale minima di colpa dell'imputato; ad
esempio - osserva il giudice rimettente - in un caso in cui fosse
accertato nei confronti del soggetto che si sia posto alla guida in
stato di ebbrezza alcoolica una colpa dell'evento mortale pari a una
percentuale dell'1 per cento e del 99 per cento in capo al soggetto
rimasto ucciso la pena minima sara' pur sempre di quattro anni, non
potendo in alcun modo essere valutata la circostanza che la colpa sia
minima e quindi come prevalente sulla circostanza della guida in
stato di ebbrezza. In sostanza la pena subisce un aumento esorbitante
e inevitabile solo per effetto dello stato di ebbrezza e non in
relazione all'effettivo contributo causale della condotta del
colpevole. Il legislatore attribuirebbe eccessiva considerazione
all'integrazione dell'aggravante dello stato di ebbrezza, senza tener
conto che l'ipotesi di guida in stato di ebbrezza e' punita a titolo
contravvenzionale dall'art. 186 cod. strada.
In sintesi, il divieto di bilanciamento delle circostanze del
reato, previsto dalla disposizione censurata (art. 590-quater cod.
pen.), ha l'effetto che la fattispecie dell'omicidio stradale
aggravato dalla guida in stato di ebbrezza (art. 589-bis, secondo
comma, cod. pen.) risulta punita in misura sproporzionata rispetto
alla fattispecie di omicidio stradale non aggravato cosi'
compromettendo anche la finalita' rieducativa della pena.
1.2.- Nel presente giudizio di costituzionalita' si e' costituito
l'imputato F.M. e, condividendo le argomentazioni dell'ordinanza di
rimessione in punto di irragionevolezza della cornice edittale del
contestato reato, ha concluso per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale della disposizione censurata.
1.3.- Con atto depositato il 7 novembre 2017 e' intervenuto nel
presente giudizio di legittimita' costituzionale il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo di dichiarare le questioni non
fondate, vertendosi in un settore in cui e' ampia la discrezionalita'
del legislatore e in particolare in relazione a una condotta che ben
puo' prevedere un trattamento sanzionatorio particolarmente severo
trattandosi di soggetti che avendo gia' commesso un reato (guida in
stato di ebbrezza) ne provocano un altro piu' grave.
2.- Il Tribunale ordinario di Torino, con ordinanza dell'8 giugno
2018 (r.o. n. 139 del 2018), in accoglimento dell'eccezione della
difesa dell'imputata, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27
Cost., questioni di legittimita' costituzionale della medesima
disposizione (art. 590-quater cod. pen.), nella parte in cui prevede
il divieto di prevalenza e di equivalenza dell'attenuante speciale
contemplata dall'art. 590-bis, settimo comma, cod. pen.
Inoltre, ha contestualmente sollevato, in riferimento all'art. 3
Cost., questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 222, commi
2 e 3-ter, cod. strada, come modificato dall'art. 1, comma 6, lettera
b), numeri 1) e 2), della legge n. 41 del 2016, nella parte in cui,
in caso di omicidio stradale o di lesioni personali stradali,
prevedono rispettivamente la sanzione amministrativa della revoca
della patente di guida e l'impossibilita' di conseguire una nuova
patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca.
2.1.- Il rimettente da' atto che procede nei confronti
dell'imputata per il delitto di lesioni personali stradali gravi
(art. 590-bis cod. pen.), con il concorso dell'aggravante di cui al
quinto comma di tale disposizione e la diminuente di cui al
successivo settimo comma, perche', alla guida dell'autovettura, per
negligenza, imprudenza, imperizia e violando le norme in materia di
circolazione stradale, in particolare, non rispettando l'indicazione
luminosa del semaforo proiettante luce rossa per i veicoli, investiva
un pedone che stava impegnando l'attraversamento pedonale, procurando
a quest'ultimo «lesioni personali (fratture maxillo-facciali, trauma
cranico, frattura scapola) giudicate guaribili in giorni 60 s.c.»,
con il concorso di colpa della parte offesa che a propria volta
attraversava l'intersezione stradale con luce semaforica rossa per i
pedoni (fatto avvenuto dopo l'entrata in vigore della legge n. 41 del
2016).
Il giudice a quo osserva che, non potendo attribuire all'imputata
un grado di colpa maggiore di quello contenuto nel capo
d'imputazione, necessariamente dovra' tener conto del concorso di
colpa della persona offesa che ha attraversato la strada allorquando
il semaforo, proiettando la luce rossa, le indicava l'obbligo di
fermarsi.
Pertanto, l'applicazione dell'attenuante del settimo comma
dell'art. 590-bis cod. pen. rende rilevanti le questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 590-quater cod. pen. che
impedisce di ritenere l'attenuante equivalente o prevalente rispetto
all'aggravante - contestata nel capo d'imputazione - di avere
l'imputata, alla guida della propria autovettura, attraversato
anch'essa l'incrocio con semaforo proiettante luce rossa per i
veicoli; aggravante prevista dal quinto comma, numero 2), dell'art.
590-bis cod. pen.
Di conseguenza, il giudice potrebbe ridurre la pena per
l'attenuante del concorso di colpa esclusivamente fino alla meta'
della pena prevista per il delitto aggravato ai sensi del quinto
comma dell'art. 590-bis cod. pen. (pena prevista: da un anno e sei
mesi a tre anni) e dunque fino al minimo di mesi nove di reclusione.
Se invece fosse possibile il bilanciamento, in caso di ritenuta
equivalenza delle circostanze la pena minima potrebbe essere quella
di mesi tre di reclusione e, in ipotesi di prevalenza
dell'attenuante, la pena minima potrebbe essere quella di mesi uno e
giorni quindici di reclusione.
Il giudice a quo, in punto di non manifesta infondatezza,
richiama la suddetta ordinanza del Giudice dell'udienza preliminare
del Tribunale ordinario di Roma e le argomentazioni in essa
contenute.
In particolare, rileva che questa Corte si e' gia' espressa nel
senso della illegittimita' di una disposizione analoga a quella
censurata, affermando che le deroghe al bilanciamento delle
circostanze possono essere ritenute costituzionalmente legittime,
purche' non trasmodino nella manifesta irragionevolezza o
nell'arbitrio e se non determinano un'alterazione degli equilibri
costituzionalmente imposti nella struttura della responsabilita'
penale (sentenza n. 251 del 2012).
Secondo il rimettente, per effetto del divieto di cui all'art.
590-quater cod. pen., si ha un indiscriminato incremento del minimo,
pari a sei volte, ed e' impedito al giudice di parametrare la pena
all'effettivo grado di colpa dell'imputato in rapporto a quella degli
altri soggetti che hanno concorso a causare l'evento.
Tale limitazione della discrezionalita' del giudice nella
valutazione del fatto e' arbitraria e irragionevole, in quanto si
tratta di una pena eccessiva che lede anche il principio di
rieducazione del colpevole, perche' non proporzionata al reale
disvalore della condotta punita.
2.2.- Inoltre, il giudice rimettente rileva che, in caso di
condanna dell'imputata, sara' chiamato a fare applicazione della
sanzione amministrativa prevista dall'art. 222 cod. strada disponendo
la revoca della patente di guida.
Il comma 2 di tale disposizione, nella versione precedente a
quella attualmente in vigore, graduava i tempi della sospensione
della patente in funzione dei danni cagionati alla persona offesa. La
revoca della patente era prevista per l'ipotesi di lesioni causate da
soggetti che avevano guidato in stato di alterazione psicofisica da
ebbrezza alcoolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
A seguito della modifica apportata dalla legge n. 41 del 2016,
alla condanna, o all'applicazione della pena su richiesta delle parti
a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di
cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen. consegue in ogni caso la
revoca della patente di guida, anche nel caso in cui sia stata
concessa la sospensione condizionale della pena.
Sempre la legge n. 41 del 2016 ha introdotto altresi' il comma
2-ter nell'art. 222 cod. strada in forza del quale l'interessato non
puo' poi conseguire una nuova patente di guida prima che siano
decorsi cinque anni dalla revoca; tale termine e' raddoppiato nel
caso in cui l'interessato sia stato in precedenza condannato per i
reati di cui all'art. 186, commi 2, lettere b) e c), e 2-bis, ovvero
di cui all'art. 187, commi l e 1-bis, cod. strada. Il termine e'
ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso in cui
l'interessato non abbia ottemperato agli obblighi di cui all'art.
189, comma 1, e si sia dato alla fuga.
Secondo il giudice rimettente vi e' un primo profilo di
irragionevolezza: la contraddittoria contemporanea previsione della
sospensione e della revoca della patente. Inoltre, la scelta del
legislatore travalicherebbe i limiti della ragionevolezza perche'
sottopone, senza possibilita' di' graduazione, alla medesima sanzione
accessoria situazioni la cui ontologica diversita' e' invece
attestata dalla notevole differenziazione delle sanzioni penali,
graduate in funzione di un diverso disvalore sociale.
L'art. 222, comma 2, cod. strada non lascia al giudice alcuna
possibilita' di commisurare la sanzione accessoria alla gravita' del
danno, alle modalita' della condotta, all'intensita' della colpa e al
concorso di altri fattori (quali, ad esempio, il concorso di colpa
della persona offesa).
Il legislatore, pur avendo differenziato sul piano della sanzione
penale le fattispecie delle lesioni colpose (art. 590-bis cod. pen.)
e dell'omicidio colposo (art. 589-bis cod. pen.) secondo specifiche
violazioni del codice della strada e pur avendo attribuito un diverso
disvalore alle condotte dettagliatamente descritte come circostanze
aggravanti, non ha poi trasposto tale distinzione nell'art. 222 cod.
strada laddove ha disciplinato in modo uniforme e indifferenziato la
sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di
guida.
Anche in relazione al perseguimento di finalita' preventive il
legislatore non puo' travalicare i limiti della ragionevolezza senza
incorrere in censure di incostituzionalita'.
2.3.- Con atto depositato in data 25 ottobre 2018, si e'
costituita l'imputata M. V. che, rappresentata dal difensore, ha
aderito alle argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione
chiedendo la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle
disposizioni censurate.
2.4.- Con atto depositato il 30 ottobre 2018 e' intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo la non fondatezza
delle questioni di legittimita' costituzionale.
In particolare, con riferimento all'art. 222 cod. strada,
l'Avvocatura osserva che l'obbligatorieta' dell'irrogazione della
sanzione amministrativa della revoca della patente di guida, con
chiara e spiccata finalita' preventiva e non repressiva, in ogni caso
di omicidio stradale o di lesioni personali stradali gravi o
gravissime, deriva da una scelta rientrante nei limiti dell'esercizio
ragionevole del potere legislativo.
Considerato in diritto
1.- Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario
di Roma, con ordinanza del 16 maggio 2017 (r.o. n. 144 del 2017), ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
590-quater del codice penale, inserito dall'art. 1, comma 2, della
legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio
stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche'
disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), in
riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione,
nella parte in cui prevede, in caso di omicidio stradale (art.
589-bis cod. pen.), il divieto di prevalenza e di equivalenza
dell'attenuante speciale di cui al settimo comma di tale ultima
disposizione, secondo cui «qualora l'evento non sia esclusiva
conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole la pena e'
diminuita fino alla meta'».
Secondo il giudice rimettente la norma censurata violerebbe gli
artt. 3, 25, secondo comma, e 27 Cost., in quanto determina un
trattamento sanzionatorio di per se' irragionevole e sproporzionato
dal momento che il giudice - non potendo procedere ad un giudizio di
prevalenza o di equivalenza della circostanza attenuante di cui al
settimo comma dell'art. 589-bis cod. pen. - deve applicare una pena
minima di otto anni sulla quale operare la riduzione della
circostanza attenuante, cosi' da dover comminare la pena minima di
quattro anni di reclusione, mentre, se tale divieto non operasse e
l'attenuante fosse ritenuta prevalente sull'aggravante di cui al
secondo comma dell'art. 589-bis cod. pen. (guida in stato di ebbrezza
alcoolica), potrebbe irrogare la pena minima di un anno di
reclusione.
Inoltre, sottraendo al giudice la possibilita' di verificare in
concreto la prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art.
589-bis, settimo comma, cod. pen., sulle circostanze aggravanti
contestate, il divieto di bilanciamento previsto dalla disposizione
censurata comporta uno sproporzionato aumento di pena anche nel caso
in cui si accerti che la condotta di colui che si e' posto alla guida
di un veicolo a motore abbia contribuito causalmente al verificarsi
dell'evento letale in una percentuale minima, anche dell'1 per cento,
rispetto alla condotta del soggetto rimasto ucciso.
Osserva ulteriormente il giudice rimettente che, non essendovi
alcuna sostanziale differenza tra l'ipotesi «speciale» di omicidio
stradale di cui all'art. 589-bis cod. pen. e le altre forme di
omicidio colposo sanzionate dall'art. 589 cod. pen. (in caso di colpa
medica o di infortunio sul lavoro), non risponde a equita' un
trattamento sanzionatorio che consente solo nell'ipotesi di omicidio
colposo non stradale aggravato, attraverso il giudizio di
bilanciamento delle circostanze, l'irrogazione di una pena minima di
sei mesi, mentre per l'omicidio stradale aggravato, ricorrendo
l'attenuante suddetta, la pena minima e' di quattro anni di
reclusione.
Altresi', il trattamento sanzionatorio che consegue al divieto di
equivalenza e di prevalenza della circostanza attenuante di cui
all'art. 589-bis, settimo comma, cod. pen. si porrebbe in contrasto
anche con il principio di necessaria finalizzazione rieducativa della
pena, trattandosi di pena percepita come ingiusta dal reo.
2.- Il Tribunale ordinario di Torino, con ordinanza dell'8 giugno
2018 (r.o. n. 139 del 2018), ha sollevato questioni di legittimita'
costituzionale del medesimo art. 590-quater cod. pen., negli stessi
termini, denunciando la sospetta violazione degli artt. 3 e 27 Cost.,
in quanto il divieto di prevalenza o di equivalenza della circostanza
attenuante di cui al settimo comma dell'art. 590-bis cod. pen. e il
conseguente obbligo di riconoscere la diminuzione solo sulla pena
aggravata, comportano che al soggetto al quale sia contestata una
delle aggravanti di cui all'art. 590-bis cod. pen., in caso di
lesioni personali stradali gravi, debba essere applicata una pena
minima che, ove sia riconosciuto il concorso di colpa della parte
offesa, e' di nove mesi di reclusione (un anno e mesi sei di
reclusione, ridotti della meta'), mentre la' dove fosse possibile il
bilanciamento e segnatamente la prevalenza dell'attenuante, la pena
minima irrogabile sarebbe pari a un mese e quindici giorni di
reclusione (tre mesi di reclusione, ridotti della meta'), cosi'
determinando un trattamento sanzionatorio irragionevole e in
contrasto con la finalita' rieducativa della pena.
Ritiene il giudice rimettente che la disposizione censurata
assoggetta a sanzione eccessiva chi e' ritenuto responsabile di
lesioni stradali con colpa minima, aggravate (come nella specie) ai
sensi del quinto comma dell'art. 590-bis cod. pen. (attraversamento
di un'intersezione stradale con il semaforo disposto al rosso) e, nel
complesso, impedisce al giudice di parametrare la pena all'effettivo
grado di colpa dell'imputato in rapporto a quella degli altri
soggetti che hanno concorso a causare l'evento.
2.1.- Inoltre, lo stesso Tribunale ordinario di Torino ritiene
che l'art. 222, commi 2 e 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) - come modificato, dall'art.
1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2), della legge n. 41 del 2016 -
nella parte in cui prevede, in caso di condanna per il reato di
omicidio stradale o di lesioni personali stradali gravi o gravissime,
rispettivamente la revoca della patente di guida (comma 2) e
l'impossibilita' di conseguire una nuova patente di guida prima che
siano decorsi cinque anni dalla revoca (comma 3-ter), contrasti con
l'art. 3 Cost. sotto il profilo della violazione dei principi di
proporzionalita', ragionevolezza e uguaglianza, in quanto sottopone -
senza possibilita' di commisurare la sanzione amministrativa
accessoria alla gravita' del danno, alle modalita' della condotta,
all'intensita' della colpa e al concorso di altri fattori - alla
medesima sanzione accessoria della revoca della patente situazioni,
la cui ontologica diversita' emerge dalla notevole differenziazione
delle sanzioni penali, graduate in funzione del diverso disvalore
sociale, ponendo sullo stesso piano tutte le ipotesi di lesioni gravi
o gravissime (art. 590-bis cod. pen.) e di omicidio stradale (art.
589-bis cod. pen.).
3.- Le due ordinanze di rimessione pongono questioni di
costituzionalita' strettamente connesse e pertanto i relativi giudizi
incidentali possono essere riuniti e decisi con un'unica pronuncia.
4.- La questione avente ad oggetto l'art. 222, comma 3-ter, cod.
strada, sollevata dal solo Tribunale ordinario di Torino, e'
inammissibile per difetto di rilevanza.
La disposizione censurata prevede che, nel caso di applicazione
della sanzione accessoria della revoca della patente di guida di cui
al quarto periodo del comma 2 del medesimo art. 222 per i reati di
cui agli artt. 589-bis, primo comma, e 590-bis cod. pen.,
l'interessato non puo' conseguire una nuova patente di guida prima
che siano decorsi cinque anni dalla revoca. Tale termine e'
raddoppiato nel caso in cui l'interessato sia stato in precedenza
condannato per i reati di cui all'art. 186, commi 2, lettere b) e c),
e 2-bis, ovvero di cui all'art. 187, commi 1 e 1-bis, cod. strada. Il
termine e' ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso in cui
l'interessato non abbia ottemperato agli obblighi di cui all'art.
189, comma 1, e si sia dato alla fuga.
Nel precedente comma 3-bis della medesima disposizione, non
investito dalle censure del giudice rimettente, e' prevista una
durata di quindici anni per poter conseguire una nuova patente nel
caso di condanna per i reati di cui all'art. 589-bis, secondo, terzo
e quarto comma, cod. pen., e di dieci anni nel caso di condanna per
il reato di cui all'art. 589-bis, quinto comma, cod. pen.
La disposizione censurata disciplina quindi, con riferimento a
plurime fattispecie, il conseguimento di una nuova patente di guida
dopo l'applicazione da parte del giudice penale della sanzione
amministrativa della revoca della stessa in caso di condanna per il
reato di omicidio stradale o di lesioni personali stradali gravi o
gravissime. Ma il conseguimento di una nuova patente di guida, dopo
un periodo di tempo piu' o meno lungo, determinato per legge, non e'
oggetto del giudizio a quo.
Il giudice non deve fare applicazione di tale disposizione. In
caso di pronuncia di condanna per il reato di omicidio stradale o di
lesioni personali stradali, gravi o gravissime, e' chiamato solo ad
applicare - automaticamente e in ogni caso, per quanto si viene ora a
dire - la sanzione amministrativa della revoca della patente. Ma non
determina il periodo di tempo necessario per conseguire una nuova
patente di guida, che e' fissato dalla legge e che rileva nel
procedimento amministrativo successivamente promosso dall'interessato
per ottenere il provvedimento autorizzatorio.
In sede di possibile contestazione, innanzi al giudice
competente, della legittimita' dell'eventuale diniego del
provvedimento autorizzatorio perche' richiesto prima del decorso del
tempo previsto per legge, puo' aver ingresso la censura di sospetta
illegittimita' costituzionale della norma che tale presupposto pone
fissando la durata del periodo di tempo prima del quale non e'
possibile il rilascio della nuova patente di guida.
5.- Le questioni aventi ad oggetto l'art. 590-quater cod. pen.,
sollevate dal GUP del Tribunale ordinario di Roma e dal Tribunale
ordinario di Torino, sono invece ammissibili.
Oggetto dei due giudizi a quibus - il primo in sede di giudizio
abbreviato innanzi al giudice dell'udienza preliminare, il secondo in
sede dibattimentale nelle forme del rito ordinario - e' la
responsabilita' penale di due imputati, accusati dei reati
rispettivamente di omicidio stradale e di lesioni personali stradali
gravi, sicche' si pone per entrambi i giudici rimettenti il problema
di applicare la disposizione censurata.
Per quantificare la pena i giudici rimettenti devono tener conto
del divieto - posto dalla disposizione censurata (art. 590-quater
cod. pen.) - di bilanciamento delle circostanze aggravanti di cui
all'art. 589-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, cod.
pen. - quanto all'omicidio stradale - e all'art. 590-bis, secondo,
terzo, quarto, quinto e sesto comma, cod. pen. - quanto alle lesioni
personali stradali gravi o gravissime - con le concorrenti
circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt. 98 e
114 cod. pen. La disposizione censurata prevede che le attenuanti non
possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle
aggravanti.
La prospettiva di dover fare applicazione della disposizione
censurata e' concreta, avendo entrambi i giudici rimettenti
identificato la circostanza aggravante e quella attenuante,
ricorrenti nel caso di specie, e per le quali opera il divieto di
bilanciamento.
Il GUP del Tribunale ordinario di Roma, nel processo per omicidio
stradale, deve tener conto dell'aggravante (ex art. 589-bis, secondo
comma, cod. pen.) della guida in stato di ebbrezza alcolica oltre la
soglia di tasso alcolemico di cui all'art. 186, comma 2, lettera c),
cod. strada, e l'attenuante di cui al settimo comma dell'art. 589-bis
cod. pen. perche' l'evento, nella specie, non era stato esclusiva
conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole in quanto la
parte offesa, all'interno del veicolo tamponato, era anch'essa in
colpa non avendo indossato la cintura di sicurezza. Inoltre, il
guidatore di tale veicolo era sotto l'effetto di stupefacenti e nel
tratto di strada dove era avvenuto il sinistro l'illuminazione non
era funzionante.
A sua volta il Tribunale ordinario di Torino, nel processo per
lesioni personali stradali gravi, deve tener conto dell'aggravante
del quinto comma dell'art. 590-bis cod. pen., contestata in ragione
della violazione dell'indicazione luminosa del semaforo proiettante
luce rossa per i veicoli, e l'attenuante di cui al settimo comma
dell'art. 590-bis cod. pen. perche' l'evento non era stato esclusiva
conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole in quanto la
parte offesa, investita mentre attraversava la strada, era anch'essa
in colpa non avendo rispettato l'indicazione luminosa del semaforo
proiettante luce rossa per i pedoni.
Con queste puntuali indicazioni entrambi i giudici rimettenti
hanno soddisfatto l'onere motivazionale della rilevanza delle
sollevate questioni di legittimita' costituzionale, non essendo
necessaria in particolare alcuna ulteriore, piu' specifica,
motivazione in ordine alla possibile colpevolezza degli imputati, che
e' ancora sub iudice.
6.- Parimenti ammissibile e' la questione di costituzionalita'
sollevata dal Tribunale ordinario di Torino e avente ad oggetto
l'art. 222, comma 2, cod. strada.
Essendo il giudice rimettente investito della cognizione di un
processo per il reato di lesioni personali stradali gravi, si ha che,
in caso di condanna, consegue per l'imputato la revoca della patente
di guida in applicazione dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, cod.
strada, che il giudice e' chiamato ad applicare per irrogare la
conseguente sanzione amministrativa.
E' vero che tale disposizione prevede che e' il prefetto che
emette il provvedimento di revoca della patente e di inibizione alla
guida sul territorio nazionale. Ma si tratta di un mero atto
amministrativo conseguenziale di esecuzione dell'ordine giudiziale;
la pronuncia della revoca della patente, quale sanzione
amministrativa che accede alla dichiarazione di responsabilita'
penale per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali
stradali gravi o gravissime, e' demandata al giudice, come previsto
espressamente dal comma 1 dell'art. 222.
E' d'altra parte sufficiente, sotto il profilo della rilevanza,
che il giudice rimettente abbia indicato la condotta dell'imputato
causativa dell'evento lesivo (investimento di un pedone) e la colpa
addebitata a quest'ultimo (mancato rispetto del semaforo rosso). Cio'
implica un plausibile giudizio prognostico di responsabilita'
dell'imputato che rende concreta la possibilita' per il giudice
rimettente di dover fare applicazione della disposizione censurata.
7.- Nel merito, vanno esaminate innanzi tutto le questioni di
costituzionalita' dell'art. 590-quater cod. pen.
8.- Vanno premessi l'ambito e la portata del contesto normativo
in cui si inserisce la disposizione censurata, che prevede: «Quando
ricorrono le circostanze aggravanti di cui agli articoli 589-bis,
secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, 589-ter, 590-bis,
secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, e 590-ter, le
concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli
articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o
prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla
quantita' di pena determinata ai sensi delle predette circostanze
aggravanti».
Tale disposizione e' stata inserita dall'art. 1, comma 2, della
legge n. 41 del 2016, che ha sostituito l'originario art. 590-bis
cod. pen. con gli attuali articoli da 590-bis a 590-quinquies cod.
pen., a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi di quanto disposto
dall'art. 1, comma 8, della medesima legge.
La disposizione denunciata assegna alle aggravanti ad effetto
speciale dei due nuovi reati - omicidio stradale (art. 589-bis cod.
pen.) e lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590-bis
cod. pen.) - un regime particolare: l'esclusione dal giudizio di
comparazione tra circostanze previsto in generale dall'art. 69 cod.
pen.
In vero nell'originaria formulazione dell'art. 69, quarto comma,
cod. pen. questo particolare regime di esclusione accomunava tutte le
circostanze aggravanti (in realta', anche quelle attenuanti), per le
quali la legge stabiliva una pena di specie diversa o determinava la
misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato
(cosiddette circostanze a effetto speciale). Apparteneva alla
discrezionalita' del legislatore, che intendesse dare particolare
rilievo ad una circostanza del reato, conformarla come circostanza ad
effetto speciale. In tal caso non si sarebbe posta l'esigenza di
comparazione con le circostanze attenuanti, che avrebbero operato
dopo quelle ad effetto speciale.
Questa generale fattispecie di esclusione della comparazione
delle circostanze e' venuta meno nel 1974 (decreto-legge 11 aprile
1974 n. 99, recante «Provvedimenti urgenti sulla giustizia penale»,
convertito, con modificazioni, in legge 7 giugno 1974, n. 220) con la
riformulazione del quarto comma dell'art. 69 cod. pen. in termini
diametralmente opposti. Si prevedeva infatti che il regime del
bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti si applicasse
anche a qualsiasi circostanza per la quale la legge stabiliva una
pena di specie diversa o determinava la misura della pena in modo
indipendente da quella ordinaria del reato.
Il legislatore pero' ben presto ha sentito la necessita', per
alcune aggravanti solitamente qualificate come "privilegiate", di
reintrodurre in modo mirato l'esclusione della comparazione tra
circostanze per perseguire una politica di piu' rigoroso contrasto di
alcune condotte delittuose.
Un'ipotesi che e' venuta all'esame di questa Corte e' stata
l'aggravante prevista dall'art. 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979,
n. 625 (Misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della
sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, in legge 6
febbraio 1980, n. 15, per i reati commessi per finalita' di
terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, e quelle
contemplate per il nuovo reato previsto dall'art. 280 cod. pen.
(attentato per finalita' terroristiche o di eversione). Con due
pronunce quasi coeve (sentenze n. 38 e n. 194 del 1985) questa Corte
ha dichiarato non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'una e dell'altra disposizione accedendo a un'interpretazione
adeguatrice secondo cui il giudice poteva si' tener conto delle
attenuanti, ma solo dopo aver calcolato l'aggravamento di pena per la
circostanza aggravante privilegiata (cio' che il giudice rimettente
riteneva non fosse possibile fare).
Ha affermato questa Corte (sentenza n. 38 del 1985) che
«[n]ell'art. 69 cod. pen., infatti, l'obbligatorieta' del giudizio di
bilanciamento ha una sua razionalita' nell'essenza stessa di quella
valutazione, che e' giudizio di valore globale del fatto». Ma il
legislatore puo' sospendere l'applicazione dell'art. 69 cod. pen.,
togliendo al giudice il potere discrezionale di operare il
bilanciamento a compensazione delle aggravanti o a favore delle
attenuanti in un'ottica di inasprimento sanzionatorio. Si tratta di
una «grave limitazione» che in se' non e' illegittima, ma non puo'
accompagnarsi anche alla irrilevanza ex lege delle circostanze
attenuanti. Con questa limitazione, si e' quindi riconosciuto che
appartiene alla discrezionalita' del legislatore introdurre speciali
ipotesi di circostanze aggravanti privilegiate che sono sottratte al
bilanciamento di cui all'art. 69 cod. pen.
In seguito numerose sono state le disposizioni che, in
riferimento a particolari reati, hanno previsto aggravanti speciali
sottratte alla comparazione dell'art. 69 cod. pen., tra le quali
spicca l'aggravante del metodo e dell'agevolazione mafiosa (art. 7
del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, recante «Provvedimenti
urgenti in tema di lotta alla criminalita' organizzata e di
trasparenza e buon andamento dell'attivita' amministrativa»,
convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 1991, n. 203).
Questa clausola di esclusione della comparazione e' oggi prevista
dall'art. 416-bis.1 cod. pen. (Circostanze aggravanti e attenuanti
per reati connessi ad attivita' mafiose) - articolo inserito
dall'art. 5, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 1º marzo
2018, n. 21, recante «Disposizioni di attuazione del principio di
delega della riserva di codice nella materia penale a norma
dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n.
103» - che stabilisce, al secondo comma, che le circostanze
attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt. 98 e 114 cod.
pen., concorrenti con l'aggravante di cui al primo comma della
medesima disposizione, non possono essere ritenute equivalenti o
prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano
sulla quantita' di pena risultante dall'aumento conseguente alla
predetta aggravante.
Il quarto comma dell'art. 69 cod. pen. e' stato in seguito
novellato introducendo un'eccezione di carattere generale al
bilanciamento delle circostanze, ma solo come divieto di prevalenza
delle attenuanti. L'art. 3, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n.
251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354,
in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di
comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di
prescrizione), ha cosi' riformulato il quarto comma dell'art. 69 cod.
pen.: «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle
circostanze inerenti alla persona del colpevole, esclusi i casi
previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonche' dagli articoli 111 e
112, primo comma, numero 4), per cui vi e' divieto di prevalenza
delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti,
ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una
pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo
indipendente da quella ordinaria del reato».
Ancora piu' recentemente l'art. 5, comma 1, lettera b), del
d.lgs. n. 21 del 2018 ha introdotto l'art. 69-bis cod. pen. che
prevede per i delitti di cui all'art. 407, comma 2, lettera a),
numeri da 1) a 6) del codice di procedura penale un generale divieto
di bilanciamento di circostanze aggravanti e attenuanti nell'ipotesi
in cui chi ha determinato altri a commettere il reato, o si e'
avvalso di altri nella commissione del delitto, ne e' il genitore
esercente la responsabilita' genitoriale ovvero il fratello o la
sorella e che le diminuzioni di pena si operano sulla quantita' di
pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.
9.- In questo contesto normativo, che prevede plurime ipotesi di
divieto di bilanciamento tra circostanze aggravanti "privilegiate" e
circostanze attenuanti, si inserisce la disposizione censurata che
contempla analogo divieto con riferimento alle circostanze aggravanti
di cui ai commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, sia dell'art.
589-bis (omicidio stradale), sia dell'art. 590-bis (lesioni personali
stradali gravi o gravissime) cod. pen.
Tale divieto segna un marcato irrigidimento della disciplina di
contrasto di tali condotte lesive del bene della vita e
dell'integrita' fisica delle persone.
Per lungo tempo l'omicidio stradale e le lesioni personali
stradali gravi o gravissime hanno costituito solo ipotesi
circostanziate dei corrispondenti reati comuni.
Gia' l'art. 1 della legge 11 maggio 1966, n. 296, recante
«Modifiche degli articoli 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni
personali colpose) del codice penale», nel riformulare l'art. 589
cod. pen. (omicidio colposo), prevedeva il fatto commesso con
violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale,
limitandosi ad aumentare il minimo della pena dell'omicidio colposo
(da sei mesi di reclusione ad un anno). E parimenti il successivo
art. 2 prevedeva distintamente la condotta di lesioni personali
colpose gravi e gravissime con violazione delle norme sulla
disciplina della circolazione stradale.
Solo nel 2006 (legge 21 febbraio 2006, n. 102, recante
«Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti
stradali») c'e' stato un primo deciso inasprimento delle pene con la
riformulazione del secondo comma dell'art. 589 cod. pen. e del terzo
comma dell'art. 590 cod. pen. In particolare, la pena per l'omicidio
colposo per violazione delle norme sulla circolazione stradale e'
stata elevata nel minimo (da uno a due anni di reclusione) con il
limite massimo di cinque anni di reclusione.
E' seguito nel 2008 (decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante
«Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica», convertito, con
modificazioni, nella legge 24 luglio 2008, n. 125) un ulteriore
inasprimento delle pene e, soprattutto, e' stato introdotto per la
prima volta - nell'art. 590-bis cod. pen. - il divieto di
bilanciamento delle circostanze aggravanti "privilegiate" con le
circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt. 98 e
114 cod. pen.
In particolare, vengono contemplate nuove aggravanti a effetto
speciale. Nel novellato art. 589 cod. pen. si prevede, nel comma 3,
che si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il
fatto e' commesso con violazione delle norme sulla disciplina della
circolazione stradale da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai
sensi dell'art. 186, comma 2, lettera c), cod. strada, o da soggetto
sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Analoga
aggravante viene introdotta nell'art. 590, comma 3, cod. pen. nel
caso di lesioni personali gravi o gravissime.
Ma cio' che maggiormente rileva al fine del presente giudizio di
legittimita' costituzionale e' l'art. 590-bis cod. pen. sul computo
delle circostanze dei due reati; disposizione questa che, anticipando
negli stessi termini quella attualmente censurata, gia' prevedeva:
«Quando ricorre la circostanza di cui all'articolo 589, terzo comma,
ovvero quella di cui all'articolo 590, terzo comma, ultimo periodo,
le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste
dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o
prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla
quantita' di pena determinata ai sensi delle predette circostanze
aggravanti».
In seguito, l'allarme sociale suscitato dal ricorrente fenomeno
delle "vittime della strada" - alcune migliaia di morti sull'asfalto
ogni anno e ancor di piu' feriti in modo grave o gravissimo - ha
indotto il legislatore, con la legge n. 41 del 2016, a fare un salto
di livello nell'azione di contrasto di condotte gravemente colpevoli
nella guida di veicoli a motore.
Si abbandona la fattispecie del mero reato circostanziato e si
introducono due nuovi reati speciali - omicidio stradale e lesioni
personali stradali gravi o gravissime - accompagnati, in
parallelismo, da plurime aggravanti "privilegiate" in quanto
presidiate dalla clausola di esclusione della comparazione con le
attenuanti (art. 590-quater cod. pen.), che ripete, con un ambito
piu' ampio, l'analoga regola posta in precedenza dall'art. 590-bis
cod. pen.
Al legislatore pero' non e' sfuggito che possono esserci condotte
che, seppur legate con nesso di causalita' all'evento dannoso (sia
morte, sia lesioni gravi o gravissime), possono in concreto avere
un'efficienza causale non esclusiva. Per moderare il notevole maggior
rigore della risposta sanzionatoria il legislatore ha introdotto -
nel settimo comma sia dell'art. 589-bis che dell'art. 590-bis cod.
pen. - un'inedita attenuante ad effetto speciale del tutto
particolare perche' attiene all'efficienza causale e che vale - in
via eccezionale - a derogare al principio dell'equivalenza delle
concause (art. 41 cod. pen.).
Si tratta di un'attenuante tutt'affatto speciale nel panorama
delle circostanze del reato proprio perche' afferisce al rapporto
causale retto dal generale principio dell'equivalenza delle cause
(art. 41 cod. pen.), che vuole che il concorso di cause preesistenti
o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od
omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalita' fra
l'azione od omissione e l'evento; e cio' e' vero anche quando la
causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto
illecito altrui.
Nei reati puniti a titolo di colpa l'eventuale concorso della
colpa della parte offesa non solo non esclude ne' interrompe il
rapporto di causalita', ma neppure vale come circostanza attenuante,
bensi' puo' essere tenuta in conto dal giudice, sotto il profilo
della modalita' della condotta del colpevole, nella graduazione della
pena ai sensi dell'art. 133 cod. pen. Costituisce, invece,
circostanza attenuante comune solo l'essere concorso a determinare
l'evento, insieme con l'azione o l'omissione del colpevole, il fatto
doloso della persona offesa (art. 62, primo comma, numero 5, cod.
pen.); cio' che e' ben diverso dal concorso del fatto colposo della
parte offesa che invece - sia detto incidentalmente - rileva sul
piano civilistico del risarcimento del danno (artt. 2056 e 1227 del
codice civile). Solo in caso di cooperazione colposa (art. 113 cod.
pen.) puo' venire in rilievo la «minima importanza» dell'apporto del
concorrente come circostanza attenuante (ex art. 114 cod. pen.), la
quale - in caso di omicidio stradale o di lesioni personali stradali
- e' espressamente sottratta al divieto di bilanciamento previsto
dall'art. 590-quater cod. pen.
Il legislatore del 2016, nel creare due reati colposi di nuovo
conio (artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.), che in precedenza per
lungo tempo avevano costituito invece reati comuni aggravati dalla
violazione delle norme sulla circolazione stradale, li ha
accompagnati con la contestuale introduzione di questa attenuante che
non solo e' a effetto speciale, ma ha anche un contenuto marcatamente
diverso da quello delle circostanze attenuanti comuni. Il suo
presupposto e' dato dal carattere non esclusivo dell'efficienza
causale della condotta dell'imputato; circostanza che ricade nel
divieto di bilanciamento posto dalla disposizione censurata
diversamente dalla circostanza attenuante dell'apporto di «minima
importanza» del concorrente nella cooperazione colposa.
10.- Cio' premesso, quanto all'ambito e alla portata del divieto
di bilanciamento delle circostanze del reato, previsto dalla
disposizione oggetto di scrutinio, e' poi preliminare all'esame del
merito delle censure prospettate dai giudici rimettenti l'esatta
delimitazione - nel contesto del quadro normativo di riferimento come
sopra sommariamente descritto - del perimetro delle questioni di
costituzionalita'.
Pur censurando entrambi la speciale preclusione del bilanciamento
delle circostanze privilegiate sia nell'omicidio stradale che nelle
lesioni personali stradali gravi o gravissime, recata dalla
disposizione oggetto di scrutinio, essi non pongono in dubbio la
legittimita' della scelta del legislatore del 2016 di assegnare alle
circostanze aggravanti a effetto speciale, sia dell'art. 589-bis sia
dell'art. 590-bis cod. pen., il particolare regime, certamente di
rigore, previsto dall'art. 590-quater cod. pen. che replica la stessa
disciplina derogatoria dell'ordinario bilanciamento delle
circostanze, anche a effetto speciale, ai sensi dell'art. 69 cod.
pen., gia' prevista dal previgente art. 590-bis.
Nessuna questione di costituzionalita' e' attualmente posta con
tale ampiezza con riferimento all'art. 590-quater cod. pen., cosi'
come in passato nessuna questione e' stata sollevata con riferimento
al simmetrico art. 590-bis cod. pen. nel testo precedente la legge n.
41 del 2016.
Entrambi i giudici rimettenti sollevano invece una questione di
costituzionalita' piu' specifica che puo' porsi solo con riferimento
al riformulato quadro normativo a seguito della riforma del 2016
perche' il divieto di bilanciamento e' censurato unicamente in
riferimento all'attenuante a effetto speciale del settimo comma
dell'art. 589-bis e del simmetrico (e di identico contenuto) settimo
comma dell'art. 590-bis cod. pen.: la circostanza - ignota al
richiamato quadro normativo prima della riforma del 2016 - che ha
come presupposto essere la condotta dell'imputato la causa non
esclusiva dell'evento.
Il divieto di bilanciamento e' poi censurato, rispettivamente, a
due aggravanti specifiche: per l'omicidio stradale, l'aggravante di
cui al secondo comma dell'art. 589-bis cod. pen. (guida in stato di
ebbrezza alcoolica); per le lesioni personali stradali, l'aggravante
di cui al quinto comma, numero 2), dell'art. 590-bis cod. pen.
(attraversamento di un'intersezione stradale quando il semaforo
proietta luce rossa per i veicoli).
Questa limitazione delle questioni di costituzionalita' e'
peraltro pienamente aderente all'oggetto dei giudizi a quibus perche'
- come si e' gia' posto in rilievo - entrambi i giudici rimettenti si
confrontano con due reati colposi in cui, ricorrendo il concorso di
colpa della parte offesa, la condotta dell'imputato appare essere
causa non esclusiva dell'evento.
Nella fattispecie delle lesioni personali stradali, aggravate
dall'inosservanza dell'indicazione semaforica, il Tribunale ordinario
di Torino riferisce che il pedone investito aveva attraversato la
strada nonostante il semaforo proiettasse luce rossa per i pedoni.
Nella fattispecie dell'omicidio stradale, aggravato dalla guida
in stato di ebbrezza alcolica, il GUP del Tribunale ordinario di Roma
riferisce che la parte offesa non indossava la cintura di sicurezza.
Aggiunge poi, in termini assolutamente generici, che l'illuminazione
pubblica non era funzionante e che il guidatore del veicolo tamponato
era sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
Peraltro, in vero, il GUP, in via meramente argomentativa, rileva
che l'efficienza causale non esclusiva della condotta dell'imputato
potrebbe essere anche di «minima importanza» perche' ipotizza che «si
accerti un grado di colpa pari all'1% in capo all'imputato (poiche'
per il restante 99% la colpa e' dell'altro conducente rimasto ucciso
nel sinistro)». Ma lo stesso GUP ritiene che non sia questo il caso
di specie perche' neppure ipotizza che la condotta colposa
dell'imputato (essersi posto alla guida in stato di ebbrezza
alcoolica) abbia avuto - o possa aver avuto - una cosi' ridotta
efficienza causale. Ne' tanto meno fa alcuna comparazione con il
trattamento del concorrente nella cooperazione colposa (art. 113 cod.
pen.) il cui apporto, in termini di efficienza causale, sia stato di
«minima importanza» (art. 114 cod. pen.); fattispecie questa che,
rilevando come circostanza attenuante, e' espressamente esclusa dal
divieto di bilanciamento previsto dalla disposizione censurata.
Sicche', l'ipotesi estrema della condotta del colpevole che risulti
essere di «minima importanza» rispetto al concorso di colpa della
parte offesa e all'eventuale concorso di altre cause dell'evento, non
appartiene in realta' alle sollevate questioni di costituzionalita';
ne' potrebbe esserlo per difetto di rilevanza.
Pertanto, le due fattispecie all'esame dei giudici rimettenti
sono sovrapponibili in quanto accomunate dal fatto che in entrambe
ricorre la circostanza attenuante dell'efficacia (meramente) non
esclusiva della condotta dell'imputato perche' a determinare l'evento
ha concorso anche il comportamento colposo della parte offesa
(settimo comma sia dell'art. 589-bis, sia dell'art. 590-bis cod.
pen.); circostanza che, in applicazione della disposizione censurata,
non puo' essere bilanciata rispettivamente con l'aggravante della
guida in stato di ebbrezza (secondo comma dell'art. 589-bis cod.
pen.) e con l'aggravante dell'attraversamento di un'intersezione con
il semaforo rosso (quinto comma, numero 2, dell'art. 590-bis cod.
pen.).
Solo con riferimento a tale speciale circostanza attenuante -
nella misura in cui questa sussiste in ragione di un generico
concorso di colpa della parte offesa (o anche di altre concause), che
rende "non esclusivo" l'apporto causale della condotta dell'imputato
- sono poste le questioni di legittimita' costituzionale.
11.- Tutto cio' premesso, le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 590-bis cod. pen. non sono fondate.
12.- Non vi e' dubbio che la legge n. 41 del 2016, al culmine del
(sopra descritto) progressivo sviluppo normativo lungo la direttrice
costante del sempre piu' incisivo contrasto delle condotte gravemente
colpose nella conduzione di veicoli a motore, che maggiormente
pongono a rischio la vita e l'integrita' fisica delle persone, ha
inasprito la risposta sanzionatoria in termini di pene irrogabili,
soprattutto nel minimo.
Quanto all'omicidio stradale, oggetto del giudizio a quo innanzi
al GUP del Tribunale ordinario di Roma, per l'aggravante a effetto
speciale in questione, contestata all'imputato per aver guidato in
stato di ebbrezza alcolica (secondo comma dell'art. 589-bis cod.
pen.), e' prevista una pena della reclusione da otto a dodici anni.
L'aggravamento sanzionatorio rispetto al regime previgente -
quello introdotto dal decreto-legge n. 92 del 2008, come convertito,
in vigore fino alla legge n. 41 del 2016 - e' marcato perche' la pena
prima prevista per la medesima condotta era quella della reclusione
da tre a dieci anni.
Pero' nel regime vigente - e non anche in quello precedente - il
carattere non esclusivo dell'efficienza causale della condotta
dell'imputato comporta (ex art. 589-bis, settimo comma, cod. pen.)
una diminuzione di pena fino alla meta' e quindi il minimo della pena
puo' ridursi fino a quattro anni.
La stessa condotta - omicidio stradale con guida in stato di
ebbrezza alcolica - che prima era sanzionata con una pena minima di
tre anni di reclusione, dopo la legge n. 41 del 2016 lo e' con una
pena minima di quattro anni di reclusione ove ricorra, in ipotesi, il
concorso di colpa della parte offesa e, quindi, l'efficienza causale
della condotta dell'imputato non abbia carattere esclusivo. Infatti,
ove ricorra l'attenuante in esame, la diminuzione fino alla meta'
puo' essere operata, per effetto della preclusione di cui all'art.
590-quater cod. pen., solo sulla pena prevista per la fattispecie
aggravata.
Quanto alle lesioni stradali gravi - oggetto del giudizio a quo
innanzi al Tribunale ordinario di Torino - e' ora prevista la pena
della reclusione da un anno e sei mesi a tre anni, ove ricorra
l'aggravante di cui al quinto comma, numero 2), dell'art. 590-bis
cod. pen., stante l'attraversamento di un'intersezione stradale con
il semaforo disposto al rosso per i veicoli. Ricorrendo l'attenuante
del settimo comma dell'art. 590-bis cod. pen. la pena, per effetto
della preclusione censurata, e' diminuita fino a nove mesi di
reclusione.
Si tratta di sanzioni indubbiamente severe perche' nelle ipotesi
attenuate all'esame dei giudici rimettenti la pena minima per
l'omicidio e' di quattro anni di reclusione e quella minima per le
lesioni gravi e' di nove mesi di reclusione.
Esse rientrano, pero', nell'ambito dell'esercizio non
irragionevole della discrezionalita' del legislatore che ha ritenuto,
secondo una non sindacabile opzione politica in materia penale, di
contrastare in modo piu' energico condotte gravemente lesive
dell'incolumita' delle persone, che negli ultimi anni hanno creato
diffuso allarme sociale.
Ha affermato questa Corte (sentenza n. 179 del 2017) che dal
principio di legalita' sancito all'art. 25 Cost. discende che «le
scelte sulla misura della pena sono affidate alla discrezionalita'
politica del legislatore» sempre che il trattamento sanzionatorio sia
proporzionato alla violazione commessa e non comprometta la finalita'
di rieducazione del condannato. Con riferimento ad altra disposizione
incriminatrice, pure «caratterizzata da un consistente inasprimento
del trattamento sanzionatorio», la Corte ha ritenuto che a essa non
appartengono «valutazioni discrezionali di dosimetria sanzionatoria
penale, di esclusiva pertinenza del legislatore» e che nella
fattispecie non erano stati superati «i limiti costituzionali alla
previsione di risposte punitive rigide», tenuto anche conto della
graduabilita' della pena tra il minimo e il massimo che offre al
giudice la possibilita' di renderla maggiormente proporzionata alla
gravita' della condotta contestata (sentenza n. 233 del 2018).
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, le
valutazioni sulla dosimetria della pena appartengono alla
«rappresentanza politica, [...] attraverso la riserva di legge
sancita nell'art. 25 Cost.» (sentenza n. 236 del 2016), e sono
assoggettate al giudizio di legittimita' costituzionale solo a fronte
di scelte palesemente arbitrarie del legislatore che, per la loro
manifesta irragionevolezza, evidenzino un uso distorto della
discrezionalita' a esso spettante (ex multis, sentenze n. 142 del
2017, n. 148 e n. 23 del 2016, n. 81 del 2014, n. 394 del 2006;
ordinanze n. 249 e n. 71 del 2007, n. 169 e n. 45 del 2006). Da
ultimo questa Corte (sentenza n. 40 del 2019) ha precisato che «
fermo restando che non spetta alla Corte determinare autonomamente la
misura della pena (sentenza n. 148 del 2016), l'ammissibilita' delle
questioni di legittimita' costituzionale che riguardano l'entita'
della punizione risulta condizionata non tanto dalla presenza di
un'unica soluzione costituzionalmente obbligata, quanto dalla
presenza nel sistema di previsioni sanzionatorie che, trasposte
all'interno della norma censurata, garantiscano coerenza alla logica
perseguita dal legislatore (sentenza n. 233 del 2018)».
13.- Solo in caso di trattamenti sanzionatori manifestamente
sproporzionati e di sperequazioni punitive di particolare gravita',
questa Corte e' intervenuta a riequilibrare la risposta sanzionatoria
dell'ordinamento. Ma cio' e' avvenuto considerando la coerenza
interna del regime sanzionatorio e l'offensivita' della condotta.
Proprio in tema di bilanciamento di circostanze questa Corte e'
intervenuta piu' volte a riequilibrare situazioni sperequate che
vedevano condotte ritenute dal legislatore di minore offensivita', le
quali in ragione del divieto di prevalenza di specifiche circostanze
attenuanti finivano per essere sanzionate in modo sproporzionato.
In passato - come gia' ricordato - e' stata ritenuta la
legittimita', in generale, della tecnica legislativa del divieto di
prevalenza o equivalenza delle circostanze attenuanti su specifiche
circostanze aggravanti in ragione di speciali esigenze di contrasto
di condotte particolarmente lesive dell'integrita' delle persone
(sentenze n. 194 e n. 38 del 1985).
E' vero che il giudizio di bilanciamento delle circostanze
consente al giudice di apprezzare meglio lo specifico disvalore della
condotta penalmente sanzionata. Ma quando ricorrono particolari
esigenze di protezione di beni costituzionalmente tutelati, quale il
diritto fondamentale e personalissimo alla vita e all'integrita'
fisica, ben puo' il legislatore dare un diverso ordine al gioco delle
circostanze richiedendo che vada calcolato prima l'aggravamento di
pena di particolari circostanze. Come gia' evidenziato (sentenza n.
251 del 2012), «[d]eroghe al bilanciamento [...] sono possibili e
rientrano nell'ambito delle scelte del legislatore» e sono
sindacabili da questa Corte «soltanto ove trasmodino nella manifesta
irragionevolezza o nell'arbitrio» (sentenza n. 68 del 2012).
Questa «anomalia sanzionatoria» (sentenza n. 179 del 2017) si e'
verificata in ipotesi di particolari attenuanti cui il legislatore
stesso ha assegnato un essenziale ruolo di riequilibrio della
fattispecie penale.
Talvolta, quando il reato base, in ragione della sua
formulazione, ha una portata ampia, il legislatore ritaglia ipotesi
di minore gravita'. E' cio' che si e' verificato per i fatti di
"spaccio" di sostanze stupefacenti "di lieve entita'", circostanza
attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in
materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza), prima della sua trasformazione in reato autonomo.
La stessa tecnica legislativa ricorre per i fatti di ricettazione «di
particolare tenuita'» (attenuante prevista dall'art. 648, secondo
comma, cod. pen.); per i fatti di minore gravita' di abusi sessuali
riconducibili alla nozione di violenza sessuale (art. 609-bis, terzo
comma, cod. pen.); per i fatti di bancarotta fraudolenta, bancarotta
semplice e ricorso abusivo al credito quando hanno cagionato un
«danno patrimoniale di speciale tenuita'» (art. 219, terzo comma, del
regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante «Disciplina del
fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa»).
Con riferimento a queste particolari circostanze attenuanti la
Corte ha ritenuto che il divieto, applicato a esse, della prevalenza
di tutte le circostanze attenuanti sull'aggravante della recidiva ex
art. 99, quarto comma, cod. pen., divieto introdotto nell'art. 69,
quarto comma, cod. pen., conducesse a sanzionare condotte di minore
offensivita' con pene non proporzionate. Ha, quindi, dichiarato, di
volta in volta, l'illegittimita' costituzionale di tale ultima
disposizione nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza di
ciascuna di tali specifiche attenuanti in comparazione con
l'aggravante privilegiata della recidiva reiterata (sentenze n. 251
del 2012, n. 105 e n. 106 del 2014, e n. 205 del 2017). Il
legislatore puo' schermare l'ordinario bilanciamento di circostanze
del reato, secondo i criteri dell'art. 69 cod. pen., ma non fino al
punto di sanzionare condotte di minore gravita' con pene eccessive
perche' sproporzionate rispetto al canone della necessaria
offensivita'.
Ma nella fattispecie in esame, l'attenuante ad effetto speciale
che viene in gioco non attiene all'offensivita'. Sia l'omicidio
stradale che le lesioni personali stradali, ove ricorra l'attenuante
di cui al settimo comma degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.,
offendono comunque, anche nell'ipotesi cosi' attenuata, il bene della
vita e quello dell'integrita' personale. L'attenuante speciale non
identifica una fattispecie di minore offensivita', ma si colloca sul
piano del tutto distinto dell'efficienza causale dove opera il
principio non gia' di proporzionalita', bensi' quello di equivalenza
delle concause dell'evento.
Maggiore, pertanto, e' la discrezionalita' del legislatore nel
dimensionare l'incidenza di tale, eccezionale e del tutto
particolare, attenuante nel calcolo della pena. E' vero che il minimo
della pena per il reato base (due anni di reclusione per l'omicidio
stradale comune) e' raddoppiato (quattro anni di reclusione) ove
ricorrano a un tempo la suddetta circostanza aggravante (guida in
stato di ebbrezza alcolica di cui al secondo comma dell'art. 589-bis
cod. pen.) e l'attenuante dell'efficacia causale non esclusiva
dell'azione o dell'omissione del colpevole di cui al settimo comma
dell'art. 589-bis cod. pen. (in ragione del concorso della colpa
della parte offesa o di altre concause). Ma tale differenziale
sanzionatorio puo' dirsi rientrare nella discrezionalita' del
legislatore, esercitata nel limite della non irragionevolezza.
Il maggior rigore conseguente al divieto di bilanciamento di tale
circostanza attenuante a effetto speciale trova ragione nel piu'
incisivo contrasto di condotte altamente pericolose e che da tempo -
come gia' rilevato - creano diffuso allarme sociale per il grave
pregiudizio che arrecano alla sicurezza stradale, quale appunto la
guida di veicoli a motore in stato di ebbrezza alcolica o di
alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze
stupefacenti o psicotrope.
Altresi', per il reato di lesioni personali stradali vi e'
analogo - in vero anche piu' accentuato - differenziale
sanzionatorio. Ma anche in tal caso la condotta di chi, alla guida di
un veicolo a motore, attraversa un'intersezione con il semaforo
disposto al rosso, cosi' commettendo il reato di lesioni personali
stradali gravi, aggravate da tale circostanza cosiddetta privilegiata
(come nel giudizio pendente innanzi al Tribunale ordinario di
Torino), pone gravemente in pericolo l'incolumita' altrui e parimenti
puo' dirsi non irragionevole l'esercizio della discrezionalita' del
legislatore nell'escludere che l'attenuante in esame (quella del
settimo comma dell'art. 590-bis cod. pen.) possa essere valutata dal
giudice come equivalente o prevalente rispetto a tale aggravante.
14.- Ne' giova la comparazione che fa il GUP del Tribunale
ordinario di Roma con altre ipotesi di omicidio colposo.
Il legislatore del 2016 - innovando rispetto ai precedenti (sopra
richiamati) interventi normativi (del 1966, del 2006 e del 2008), che
si erano mossi nel solco del reato comune di omicidio colposo
introducendo solo specifiche circostanze aggravanti - ha reso
autonoma la fattispecie penale dell'omicidio stradale. Cio'
costituisce tipico esercizio di discrezionalita' legislativa,
espressione di una scelta politica in materia penale, in ragione di
una diversa valutazione del rischio al quale sono esposti i beni
della vita e dell'incolumita' personale a causa di condotte giudicate
particolarmente pericolose e quindi da contrastare con piu' severe
sanzioni.
La diversita' di fattispecie tra omicidio stradale e omicidio
colposo comune costituisce ragione sufficiente del trattamento
sanzionatorio differenziato.
Naturalmente trovano applicazione ogni possibile ulteriore
circostanza attenuante nonche' eventuali diminuenti per la scelta del
rito, che valgono a ridurre ulteriormente il rigore sanzionatorio
insito nel divieto di bilanciamento delle circostanze aggravanti,
quale previsto dalla disposizione censurata.
15.- In conclusione, avendo il legislatore introdotto
un'attenuante a effetto speciale legata all'apporto causale del
colpevole, non e' irragionevole che, quando la valutazione sia
limitata all'alternativa dell'efficacia "esclusiva", o non esclusiva,
della condotta del colpevole, l'attenuante non possa essere
bilanciata con le aggravanti "privilegiate" e segnatamente, quanto al
reato di omicidio stradale (nel giudizio a quo innanzi al GUP del
Tribunale ordinario di Roma), con l'aggravante di cui al secondo
comma dell'art. 589-bis cod. pen. per aver guidato in stato di
ebbrezza alcolica oltre la soglia di cui all'art. 186, comma 2,
lettera c), cod. strada, e, quanto al reato di lesioni personali
stradali gravi (nel giudizio a quo innanzi al Tribunale ordinario di
Torino), con l'aggravante di cui al quinto comma, numero 2),
dell'art. 590-bis cod. pen. per aver attraversato un'intersezione
stradale con il semaforo disposto al rosso.
Rientra nella discrezionalita' del legislatore, esercitata non
irragionevolmente, graduare l'effetto diminuente della pena di questa
attenuante a effetto speciale in riferimento alle menzionate
aggravanti "privilegiate" allorche' ricorra un generico concorso
della colpa della parte offesa o di altre concause che rendono non
esclusivo l'apporto causale dell'azione o dell'omissione del
colpevole.
16.- Occorre ora passare all'esame della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 222, comma 2, cod. strada,
sollevata solo dal Tribunale ordinario di Torino.
17.- Giova premettere che inizialmente il comma 2 dell'art. 222
cod. strada, quale introdotto dall'art. 1, comma 1, della legge 21
febbraio 2006, n. 102 (Disposizioni in materia di conseguenze
derivanti da incidenti stradali), prevedeva solo la sospensione della
patente di guida, peraltro secondo una ben chiara progressione
sanzionatoria: quando dal fatto derivava una lesione personale
colposa la sospensione della patente era da quindici giorni a tre
mesi; se invece derivava una lesione personale colposa grave o
gravissima la sospensione della patente era fino a due anni; nel caso
di omicidio colposo la sospensione era fino a quattro anni.
Solo successivamente la revoca della patente, come sanzione
amministrativa accessoria alla condanna penale per il reato di
omicidio (comune) colposo aggravato, e' stata introdotta dal
decreto-legge n. 92 del 2008 che ha modificato il comma 2 dell'art.
222 cod. strada, aggiungendo un quarto periodo cosi' formulato: «Se
il fatto di cui al terzo periodo e' commesso da soggetto in stato di
ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c),
ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o
psicotrope, il giudice applica la sanzione amministrativa accessoria
della revoca della patente». Il richiamo del fatto di cui al
precedente terzo periodo comportava che tale sanzione amministrativa
conseguiva solo alla condanna per omicidio colposo.
La possibilita' di revoca della patente e' poi stata estesa al
reato di lesioni colpose (comuni) gravi e gravissime dalla legge 29
luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale),
che ha aggiunto il richiamo anche del secondo periodo del medesimo
comma 2, sempre e solo in caso di guida in stato di ebbrezza
alcoolica (con tasso alcolemico superiore a quello previsto dall'art.
186, comma 2, lettera c, cod. strada) o sotto l'effetto di sostanze
stupefacenti.
Da ultimo, con la legge n. 41 del 2016 il legislatore non solo ha
introdotto due nuovi reati (omicidio stradale e lesioni personali
stradali gravi o gravissime), elevando le pene con la previsione di
plurime circostanze aggravanti "privilegiate" e aggravando il regime
sanzionatorio con il gia' esaminato divieto di bilanciamento con le
circostanze attenuanti, ma ha modificato anche il regime delle
sanzioni amministrative accessorie, dettando una disciplina piu'
rigorosa quanto alla revoca della patente di guida. La quale,
peraltro, fuori dalle ipotesi in cui ricorra uno dei due reati
suddetti, e' anche contemplata, a determinate condizioni, dagli artt.
186, 186-bis e 187 cod. strada in caso di guida sotto l'influenza
dell'alcool ovvero in stato di alterazione psico-fisica per uso di
sostanze stupefacenti.
Attualmente, la disposizione di cui all'art. 222 cod. strada,
recante le sanzioni amministrative accessorie all'accertamento di
reati, prevede, al comma 1, la regola di carattere generale per cui,
se da una violazione delle norme del codice della strada derivano
danni alle persone, il giudice applica con la sentenza di condanna le
sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca
della patente.
Cio' che pero' rileva maggiormente e' il comma 2, rimasto
immutato nei primi tre periodi, che stabilisce che quando dal fatto
derivi una lesione personale colposa la sospensione della patente e'
da quindici giorni a tre mesi, mentre se la lesione personale colposa
e' grave o gravissima la sospensione della patente e' fino a due
anni. Nel caso poi di omicidio colposo la sospensione e' fino a
quattro anni.
Il quarto periodo - come appena ricordato - e' stato invece
riformulato dalla legge n. 41 del 2016, che ha previsto che in caso
di condanna o di patteggiamento della pena per i reati di omicidio
stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime consegue
sempre la revoca della patente di guida, anche ove sia stata concessa
la sospensione condizionale della pena.
Ne e' risultato, nel complesso, un marcato inasprimento delle
sanzioni accessorie atteso che la revoca della patente e' prevista
indistintamente per tutte le ipotesi di reati cosiddetti stradali,
sia nel caso in cui ricorrono le fattispecie cosiddette semplici, sia
nel caso in cui sussistono le fattispecie aggravate, mentre la
disciplina previgente delle sanzioni amministrative accessorie era
maggiormente graduata.
18.- Cio' premesso, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 222, comma 2, cod. strada e' fondata nei termini che
seguono.
19.- La disposizione censurata prevede la sanzione amministrativa
della revoca della patente, estesa indistintamente a tutte le ipotesi
- sia aggravate dalle circostanze "privilegiate", sia non aggravate -
di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o
gravissime.
Si e' sopra esaminato (paragrafi n. 8 e n. 9) lo sviluppo
normativo che ha condotto da ultimo alla configurazione di due nuove
fattispecie di reato colposo (art. 589-bis e art. 590-bis cod. pen.),
connotate dalla previsione di plurime circostanze aggravanti
"privilegiate" con un differenziato trattamento sanzionatorio di
maggior rigore, nonche' dal divieto di bilanciamento tra circostanze
attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt. 98 e 114 cod.
pen., e quelle aggravanti a effetto speciale cosi' introdotte.
L'aggravamento della risposta sanzionatoria, voluto dal
legislatore del 2016, e' quindi risultato articolato in piu' livelli.
In perfetta simmetria le due citate disposizioni prevedono - per
l'omicidio stradale e per le lesioni personali stradali - l'ipotesi
base del reato colposo (al primo comma); l'ipotesi maggiormente
aggravata della guida in stato di ebbrezza alcolica oltre una certa
soglia di tasso alcolemico o sotto l'effetto di stupefacenti (ai
commi secondo e terzo); nonche' un'ipotesi intermedia perche'
aggravata in misura minore (ai commi quarto, quinto e sesto), ma
comunque con una pena aumentata rispetto all'ipotesi base.
Il disvalore della condotta in violazione delle norme sulla
disciplina della circolazione stradale e' quindi articolato secondo
una precisa graduazione. Il divario e' di tutta evidenza se si
pongono in comparazione le ipotesi base del primo comma dell'art.
589-bis e dell'art. 590-bis cod. pen. con le condotte, sanzionate con
la pena piu' elevata, rientranti nel secondo e nel terzo comma di
entrambe le disposizioni. La pena prevista ove ricorrano tali
aggravanti privilegiate e' marcatamente piu' elevata della pena base,
come risulta in particolare dal fatto che i minimi di pena delle
fattispecie circostanziate sono sensibilmente incrementati.
Invece, per la sanzione amministrativa della revoca della patente
di guida vi e' un indifferenziato automatismo sanzionatorio, che
costituisce possibile indice di disparita' di trattamento e
irragionevolezza intrinseca.
In generale, questa Corte (sentenza n. 50 del 1980) ha affermato
che «[i]n linea di principio, previsioni sanzionatorie rigide non
appaiono [...] in armonia con il "volto costituzionale" del sistema
penale; ed il dubbio d'illegittimita' costituzionale potra' essere,
caso per caso, superato a condizione che, per la natura dell'illecito
sanzionato e per la misura della sanzione prevista, quest'ultima
appaia ragionevolmente "proporzionata" rispetto all'intera gamma di
comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato».
Piu' recentemente, tali principi sono stati ribaditi da questa
Corte (sentenza n. 222 del 2018) che, con riferimento ai reati
fallimentari, ha evidenziato che la gravita' dei fatti concreti,
riconducibili alle fattispecie penali, puo' essere marcatamente
differente, censurando proprio la «rigidita' applicativa» di una
sanzione accessoria fissa.
In particolare, un profilo di irragionevolezza e' gia' stato
rilevato da questa Corte in un'ipotesi di automatismo della "revoca"
amministrativa della patente di guida, prevista dall'art. 120, comma
2, cod. strada (sentenza n. 22 del 2018).
Orbene, nell'art. 222 cod. strada l'automatismo della risposta
sanzionatoria, non graduabile in ragione delle peculiarita' del caso,
puo' giustificarsi solo per le piu' gravi violazioni contemplate
dalle due citate disposizioni, quali previste, come ipotesi
aggravate, sanzionate con le pene rispettivamente piu' gravi, dal
secondo e dal terzo comma sia dell'art. 589-bis, sia dell'art.
590-bis cod. pen. Porsi alla guida in stato di ebbrezza alcolica
(oltre la soglia di tasso alcolemico prevista dal secondo e dal terzo
comma sia dell'art. 589-bis, sia dell'art. 590-bis cod. pen.) o sotto
l'effetto di stupefacenti costituisce un comportamento altamente
pericoloso per la vita e l'incolumita' delle persone, posto in essere
in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali; e,
pertanto, si giustifica una radicale misura preventiva per la
sicurezza stradale consistente nella sanzione amministrativa della
revoca della patente nell'ipotesi sia di omicidio stradale, sia di
lesioni personali gravi o gravissime.
Al di sotto di questo livello vi sono comportamenti pur
gravemente colpevoli, ma in misura inferiore sicche' non e'
compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalita' la
previsione della medesima sanzione amministrativa. In tal caso,
l'automatismo della sanzione amministrativa piu' non si giustifica e
deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice.
Oltre all'irragionevolezza intrinseca di una sanzione
amministrativa fissa per tali ultimi comportamenti, c'e' anche che
nell'art. 222 cod. strada rimane vigente la prescrizione del secondo
e del terzo periodo del comma 2, i quali prevedono rispettivamente
che, quando dal fatto commesso con violazione del codice della strada
derivi una lesione personale colposa grave o gravissima, la
sospensione della patente e' fino a due anni, mentre nel caso di
omicidio colposo la sospensione e' fino a quattro anni. Quindi
coesistono nella stessa norma (comma 2 dell'art. 222 cod. strada)
prescrizioni che si sovrappongono senza una chiara delimitazione di
applicabilita'.
Nel caso di condanna per il reato di omicidio stradale ex art.
589-bis cod. pen. e' prevista, dal quarto periodo del comma 2
dell'art. 222 cod. strada, la sanzione amministrativa della revoca
della patente. Invece, il precedente terzo periodo prevede, in caso
di omicidio colposo con violazione delle norme del codice della
strada, la sospensione della patente fino a quattro anni.
Analogamente, nel caso di condanna per il reato di lesioni
personali stradali gravi o gravissime ex art. 590-bis cod. pen. e'
prevista, sempre dal quarto periodo del comma 2 dell'art. 222 cod.
strada, la sanzione amministrativa della revoca della patente. Invece
il precedente secondo periodo prevede, in caso di lesioni colpose con
violazione delle norme del codice della strada, la sospensione della
patente fino a due anni.
Vi e', quindi, anche una poco coerente sovrapposizione di
fattispecie sanzionate, o no, con la revoca della patente, che si
aggiunge all'irragionevolezza intrinseca della sanzione
indifferenziata per ipotesi marcatamente diverse in termini di
gravita' della condotta.
20.- In conclusione, la revoca della patente di guida non puo'
essere "automatica" indistintamente in ognuna delle plurime ipotesi
previste sia dall'art. 589-bis (omicidio stradale) sia dall'art.
590-bis cod. pen. (lesioni personali stradali), ma si giustifica solo
nelle ben circoscritte ipotesi piu' gravi sanzionate con la pena
rispettivamente piu' elevata come fattispecie aggravate dal secondo e
dal terzo comma di entrambe tali disposizioni (guida in stato di
ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti). Negli altri casi, che il
legislatore stesso ha ritenuto di non pari gravita', sia nelle
ipotesi non aggravate del primo comma delle due disposizioni
suddette, sia in quelle aggravate dei commi quarto, quinto e sesto,
il giudice deve poter valutare le circostanze del caso ed
eventualmente applicare come sanzione amministrativa accessoria, in
luogo della revoca della patente, la sospensione della stessa come
previsto - e nei limiti fissati - dal secondo e dal terzo periodo del
comma 2 dell'art. 222 cod. strada.
Pertanto, tale comma e' costituzionalmente illegittimo, nel suo
quarto periodo, nella parte in cui non prevede, ove non ricorrano le
circostanze aggravanti privilegiate di cui al secondo e al terzo
comma sia dell'art. 589-bis, sia dell'art. 590-bis cod. pen., la
possibilita' per il giudice di applicare, in alternativa alla
sanzione amministrativa della revoca della patente di guida, quella
della sospensione della patente, secondo il disposto del secondo e
del terzo periodo del comma 2 dell'art. 222 cod. strada.
In questi casi il giudice, secondo la gravita' della condotta del
condannato, tenendo conto degli artt. 218 e 219 cod. strada, potra'
sia disporre la sanzione amministrativa della revoca della patente di
guida, sia quella, meno afflittiva, della sospensione della stessa
per la durata massima prevista dal secondo e dal terzo periodo del
medesimo comma 2 dell'art. 222 cod. strada.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 222, comma
2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285
(Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede che, in
caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta
delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per
i reati di cui agli artt. 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis
(Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il
giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di
guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo
periodo dello stesso comma 2 dell'art. 222 cod. strada allorche' non
ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi
commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 222, comma 3-ter, cod. strada, sollevata dal
Tribunale ordinario di Torino, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 590-quater cod. pen., inserito dall'art. 1,
comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di
omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche'
disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), sollevate,
in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27 Cost., dal
Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma e
dal Tribunale ordinario di Torino, con le ordinanze indicate in
epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giovanni AMOROSO, Redattore
Filomena PERRONE, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2019.
Il Cancelliere
F.to: Filomena PERRONE
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