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domenica 26 dicembre 2010
L'appello riguardava la sentenza del Tar Lazio, sezione I bis n.4895 del 14 giugno 2005, di inammissibilità del ricorso dai medesimi proposto: a) avverso il silenzioinadempimento del Comando generale dell'Arma concernente l'obbligo di portare a conclusione il procedimento preordinato alla costituzione di un ruolo tecnico per il personale non direttivo e non dirigente dell'Arma che presta servizio nelle investigazioni scientifiche a seguito anche della diffida notificata il 28 maggio 2004; b) per il riconoscimento del diritto alla costituzione del detto ruolo tecnico, del trattamento economico, degli arretrati, per le mansioni tecniche e tecnicoscientifiche investigative effettivamente svolte in relazione a atti formali, provvedimenti e comportamenti concludenti; c) per la condanna al risarcimento del danno nonché per la mancata corresponsione del trattamento economico corrispondente alle mansioni effettivamente svolte.
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 09-12-2010, n. 8690
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con sentenza n.4626 del 2008 questa sezione si pronunciava sull'appello degli attuali ricorrenti in revocazione.
L'appello riguardava la sentenza del Tar Lazio, sezione I bis n.4895 del 14 giugno 2005, di inammissibilità del ricorso dai medesimi proposto: a) avverso il silenzioinadempimento del Comando generale dell'Arma concernente l'obbligo di portare a conclusione il procedimento preordinato alla costituzione di un ruolo tecnico per il personale non direttivo e non dirigente dell'Arma che presta servizio nelle investigazioni scientifiche a seguito anche della diffida notificata il 28 maggio 2004; b) per il riconoscimento del diritto alla costituzione del detto ruolo tecnico, del trattamento economico, degli arretrati, per le mansioni tecniche e tecnicoscientifiche investigative effettivamente svolte in relazione a atti formali, provvedimenti e comportamenti concludenti; c) per la condanna al risarcimento del danno nonché per la mancata corresponsione del trattamento economico corrispondente alle mansioni effettivamente svolte.
Questa sezione, condividendo le conclusioni del primo giudice, così provvedeva in sentenza, ritenendo palesemente infondato l'appello: 1) sul silenzioinadempimento riteneva non sussistente un obbligo di provvedere, essendo la regolamentazione dell'ordinamento militare nella quale si iscrive la chiesta istituzione del ruolo, attinente alla competenza del legislatore; 2) veniva condivisa la conclusione di inammissibilità della pretesa di accertamento del diritto alla costituzione del ruolo tecnico, essendo necessaria la intermediazione di atti a carattere autoritativo; veniva rigettata in quanto infondata e comunque dichiarata inammissibile sia la pretesa di inquadramento nella qualifica superiore - peraltro inesistente - sia la pretesa del trattamento retributivo per mansioni superiori; 4) veniva condivisa la pronuncia di inammissibilità della domanda risarcitoria.
Avverso tale sentenza, viene proposto ricorso per revocazione ai sensi degli articoli 81 r.d.642 del 1907 e 395 c.p.c., n.3 e n.4.
Con un primo motivo di revocazione (da pagina 175 in poi del ricorso) viene invocato il vizio consistente nel reperimento di un documento decisivo, in quanto, successivamente alla udienza di discussione del 9 giugno 2008 il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri avrebbe adottato un documento formale denominato "mansionario e requisiti di base" relativo al raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche, di cui fa parte la totalità dei ricorrenti.
Dalle deduzioni del ricorso (pagina 177 del ricorso) ne deriverebbe il riconoscimento ex tunc e la correlativa attribuzione agli Assistenti di Laboratorio di funzioni superiori a quelle corrispondenti al grado gerarchico di appartenenza, tra cui la redazione del referto e la sua sottoscrizione.
Tale documento sarebbe decisivo poiché idoneo a fornire elementi i quali, se si fossero potuti esaminare, avrebbero potuto indurre a una diversa decisione o, quanto meno, a mutare sostanzialmente un punto decisivo in senso favorevole ai ricorrenti.
Con altro motivo si propone l'errore di fatto revocatorio (pagina 178 e 179 del ricorso), in relazione alla inesistenza dell'obbligo di provvedere e quindi al concretarsi del c.d. silenzioinadempimento: secondo la tesi del ricorso revocatorio, l'errore del Consiglio di Stato sarebbe consistito nel travisare le risultanze processuali e degli atti normativoregolamentari adottati dal Comando Generale dell'Arma, tra cui quelli disciplinanti l'espletamento delle attività in questione, oltre che il mansionario suddetto.
Con altro motivo viene dedotta in subordine la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs.298 del 2000 e del D.Lgs.198 del 1995 e del DPR 337 del 1982 in relazione agli articoli 1,2,3,4,32,35,76,97.
Con ulteriore motivo di ricorso per revocazione (pagine da 192 in poi) si lamenta il vizio dell'errore di fatto revocatorio: l'errore e travisamento dei fatti sarebbe consistito nella errata valutazione della disciplina di legge (pagine 193 e 194) e nel travisamento della documentazione depositata in giudizio, dalla quale risulterebbero: 1) provvedimenti formali di assegnazione delle mansioni, previa frequentazione dei corsi; 2) il mansionario sopra citato; 3) la individuazione del plesso di mansioni di riferimento.
Si è costituito il Ministero intimato deducendo per la inammissibilità anche per tardività e comunque il rigetto del proposto ricorso per revocazione, osservando altresì che il ricorrente Roberto Gennari difetta di legittimazione, non essendo stato parte del giudizio concluso con sentenza di appello, avendo invece perseguito il rimedio del ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Alla udienza pubblica del 23 novembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1. In primo luogo, va dichiarata la inammissibilità - per difetto di legittimazione ad impugnare, perché non assume la qualità di parte del giudizio concluso con il provvedimento impugnato, che infatti non lo menziona - della impugnativa straordinaria per revocazione proposta dal Gennari.
2. In secondo luogo, il primo motivo di revocazione è chiaramente inammissibile, sia per le deduzioni con le quali viene proposto, che lo rendono inconfigurabile nel rimedio straordinario di legge, sia perché proposto oltre i termini, in relazione al ritrovamento del documento decisivo.
Con il primo motivo, il ricorso deduce che, in epoca successiva alla decisione del Consiglio di Stato, il Comando generale avrebbe adottato il documento definito "Mansionario e requisiti di base"; tale documento ritrovato sarebbe decisivo perché costituirebbe il formale recepimento da parte dell'amministrazione del riconoscimento per gli istanti delle mansioni superiori e quindi del relativo diritto al trattamento retributivo differenziale.
In ordine al ritrovamento l'Amministrazione eccepisce che tale atto è stato formato prima della decisione (prima anche della udienza di discussione del 10 giugno 2008, la sentenza risulta depositata nel settembre 2008, mentre l'atto è del 5 maggio 2008).
Infatti, se il documento fosse successivo, tale fatto sarebbe di per sé idoneo a rendere inammissibile il ritrovamento di un documento non preesistente.
Il Collegio, in ordine al motivo di ricorso per revocazione consistente nel ritrovamento di un documento decisivo, che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario (n. 3 dell'art. 395 c.p.c.) rammenta che: 1) si deve trattare di un documento decisivo, nel senso che esso è idoneo a fornire elementi i quali, se si fossero esaminati, avrebbero condotto a una diversa decisione o avrebbero potuto mutare sostanzialmente un punto decisivo della controversia; 2) il documento, e non solo il fatto del ritrovamento, deve preesistere alla sentenza impugnata; 3) la data del recupero (anche in ordine alla ammissibilità e alla tempestività) deve essere dimostrata nel senso che deve essere dimostrata la incolpevole impossibilità di produzione nel giudizio in questione, per colpa dell'avversario o per forza maggiore.
Ai fini della ammissibilità della revocazione ai sensi del n. 3 dell'art. 395, c.p.c., è necessario che la impossibilità di produrre in giudizio il documento - che va riportata al fatto che esso era in precedenza sconosciuto o che era ignoto il luogo in cui si trovava - sia in correlazione con uno stato psicologico della parte non addebitabile in alcun modo a colpa, che deve persistere durante tutte le varie fasi del precedente giudizio di merito, compreso il grado di appello, non essendo in quest'ultimo preclusa la facoltà di produrre nuovi documenti (così, Consiglio Stato, sez. IV, 12 dicembre 2005, n. 6994).
Ne deriva che evidentemente, già dalla prospettazione, il motivo è inammissibile, in quanto non sono esplicitate le ragioni per le quali prima era impossibile il ritrovamento, nonché le circostanze nelle quali esso è avvenuto, la colpa dell'avversario o la forza maggiore.
Inoltre, tale motivo, proprio a causa della mancata dimostrazione di tali circostanze, rende sotto tale profilo il ricorso addirittura tardivo e quindi inammissibile anche per altra causa.
Infatti, il gravame è stato notificato in data 17 aprile 2009, ben oltre quindi il termine di decadenza di sessanta giorni dal ritrovamento incolpevole, mentre, come detto, il Mansionario risale al maggio 2008.
Ai fini dell'ammissibilità dell'impugnazione per revocazione l'istante è tenuto a fornire prova rigorosa che la mancata produzione a suo tempo del documento deriva effettivamente da causa di forza maggiore o da fatto della controparte, e non già dalla sua inerzia, posto che la ragione giustificatrice della domanda ex art. 395, n. 3, c.p.c. consiste non nella sola impossibilità di produzione dei documenti che si assumano decisivi, ma nella circostanza che tale impossibilità non sia derivata da colpa del soccombente (in tal senso, Consiglio Stato, sez. V, 26 marzo 2009, n. 1812).
Ai fini del rispetto del termine previsto per l'istanza di revocazione, non può farsi esclusivo riferimento alla data di materiale apprensione del documento, essendo specifico onere della parte, non assolto nella fattispecie, dimostrare l'impossibilità della precedente conoscenza del documento stesso attraverso una prova particolarmente rigorosa nel caso di documenti esistenti presso una pubblica amministrazione (così, Consiglio Stato, sez. V, 26 marzo 2009, n. 1812).
Infine, per completezza, si osserva che tale documento non sarebbe neanche decisivo, in quanto con esso non si costituisce affatto un riconoscimento dello svolgimento delle mansioni superiori, come sostiene il ricorso per revocazione, ma soltanto in esso si provvede a una formale individuazione dei compiti specificamente attribuiti, ai vari livelli, al personale operante nel settore delle investigazioni scientifiche.
Ai fini della sussistenza del motivo di revocazione per scoperta di un documento decisivo, ai sensi dell'art. 395 n. 3 c.p.c. è necessario che i documenti recuperati siano decisivi nel senso che i noviter reperta siano tali in relazione al loro oggetto e che non interferiscano sull'onere allegatorio e probatorio delle parti (in tal senso, tra le tante, Consiglio Stato, sez. IV, 05 luglio 2007, n. 3828; Consiglio Stato, sez. IV, 06 giugno 2008, n. 2701).
3.Anche l'altro motivo di revocazione, consistente in un asserito errore di fatto revocatorio, è del tutto inammissibile.
Con tale motivo, si sostiene che il Consiglio di Stato non avrebbe ben valutato la sussistenza dell'obbligo di provvedere dell'Amministrazione della Difesa, che si desumerebbe da una corretta lettura della normativa (articoli 21 e 22 del D.Lgs.297 del 2000) e che si sarebbe manifestata una ingiustificata disparità di trattamento tra dipendenti rispetto all'inquadramento e al trattamento retributivo per mansioni superiori.
Il motivo è chiaramente inammissibile, perché attiene: 1) all'obbligo o meno di provvedere sulla base della vigente normativa primaria; 2) alla asserita disparità di trattamento tra dipendenti in condizioni analoghe.
Su entrambi gli aspetti, attinenti inoltre in buona parte anche a questione di diritto, si è espressamente pronunciato il Consiglio di Stato in sede di appello, con la sentenza censurata per vizio revocatorio.
L'errore di fatto revocatorio idoneo a integrare il supposto vizio deve consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, non potendo, per converso, riguardare la lettura o la interpretazione dei documenti di causa, che appartengono alla valutazione del giudice: nella specie è evidente la palese inammissibilità, riferendosi, l'asserito vizio, da un lato all'eventuale errore di giudizio circa la sussistenza o meno dell'obbligo di provvedere, e dall'altro alla asserita disparità di trattamento tra dipendenti in condizioni analoghe.
L'errore revocatorio non è configurabile allorchè il fatto, nel quale sarebbe incorso il giudice, ha costituito un punto controverso della impugnata sentenza, come è appunto avvenuto nel corpo della sentenza contestata.
L'errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi dell'art. 81 n. 4, r.d. 17 agosto 1907 n. 642 e dell'art. 395 n. 4, c.p.c., deve rispondere a tre distinti requisiti, consistenti: a) nel derivare da una pura e semplice errata od emessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio (non già quindi un errore di giudizio), la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso o inesistente un fatto documentalmente provato; b) nell'attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; infine, c) nell'essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare (così Consiglio Stato, sez. IV, 23 settembre 2008, n. 4607).
L'errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall'art. 395 n. 4 c.p.c., deve consistere in un travisamento di fatto costitutivo di quell'abbaglio dei sensi che cade su un punto decisivo ma non espressamente controverso della causa (Consiglio Stato, sez. IV, 07 settembre 2006, n. 5196). Deve trattarsi di un errore di fatto e non di diritto.
Il motivo deve cioè consistere nella lamentela della errata supposizione di un fatto: deve esservi contrasto tra due diverse rappresentazioni del medesimo oggetto, emergenti l'una dalla realtà e l'altra dagli atti e documenti processuali. L'errore deve essere una svista di carattere materiale; esso deve essere incontroverso; deve essere un presupposto essenziale se non unico della decisione (non già un errore del giudizio e cioè della decisione, ma un presupposto) e deve presentare i caratteri di evidenza, obiettività, rilevabilità immediata.
L'errore di fatto non può invece consistere in un preteso inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, poiché in tale ipotesi si è in presenza di un errore di giudizio e non di una falsa rappresentazione della realtà.
4.E' altresì del tutto inammissibile, per come prospettato, il motivo consistente nel prospettare il sospetto di legittimità costituzionale, sollevato in via subordinata rispetto al primo motivo revocatorio, per asserita contrarietà della normativa in materia (D.Lgs. 12 maggio 1995 n.198 e 5 ottobre 2000, n.298 in materia di riordino dei ruoli del personale dell'Arma dei Carabinieri e DPR 24 aprile 1982 n.337 disciplinante l'ordinamento degli appartenenti alla Polizia di Stato impiegati in mansioni tecnicoscientifiche) rispetto a una serie di articoli della Carta Costituzionale, nella parte in cui non prevedono la costituzione di un "Ruolo tecnico" anche per gli Ispettori, Sovrintendenti, Appuntati e Carabinieri dell'Arma.
Il motivo è palesemente inammissibile, prospettando una questione o censura di costituzionalità e comunque un vizio che, fin dalla prospettazione, in nulla può essere assimilato né al ritrovamento incolpevole del documento decisivo, né all'errore di fatto revocatorio.
Il mancato esame di una questione di costituzionalità, la mancata considerazione di una norma di legge e di alcuni motivi di gravame nonché dell'ammissibilità dell'atto introduttivo di un grado del giudizio, non implicano un errore di fatto consistente in una falsa rappresentazione della realtà ma implicano un errore di diritto insindacabile nel giudizio di revocazione (Consiglio Stato, sez. V, 07 settembre 1982, n. 640).
5. La condanna alle spese del giudizio della impugnazione di revocazione segue il principio di soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) pronunciando sul ricorso in revocazione indicato in epigrafe, così provvede:
dichiara la inammissibilità del ricorso in revocazione.
Condanna parte ricorrente in revocazione al pagamento delle spese di giudizio, liquidandole in complessivi euro settemilacinquecento, in ragione di trecento euro a ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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