Translate

lunedì 19 marzo 2018

TAR marzo 2018: ricorso per l’annullamento del regolamento di servizio degli istituti di vigilanza privata operanti nella provincia di Napoli approvato il 23.02.2011 dal Questore di Napoli.







TAR marzo 2018: ricorso per l’annullamento del regolamento di servizio degli istituti di vigilanza privata operanti nella provincia di Napoli approvato il 23.02.2011 dal Questore di Napoli.


Pubblicato il 12/03/2018
N. 01528/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02567/2011 REG.RIC.

logo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2567 del 2011, proposto da:
Il xxx xxx., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Capasso e Antonio Pezone, con domicilio eletto presso lo studio Antonio Pezone in Napoli, Poggio di Capodimonte, 33 - Piccirillo;
contro

Questura di Napoli, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvoc. Distrett. dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento

- del Regolamento di servizio degli istituti di vigilanza privata operanti nella Provincia di Napoli, approvato il 23.02.2011 dal Questore di Napoli, e di tutti gli atti presupposti e derivati e notificato il 10.03.2011;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Napoli e del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 5 dicembre 2017 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I. L’istituto ricorrente agisce per l’annullamento del regolamento di servizio degli istituti di vigilanza privata operanti nella provincia di Napoli approvato il 23.02.2011 dal Questore di Napoli.

II. A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di ricorso:

a) violazione e falsa applicazione dell’art. 134 TULPS, dell’art. 1 della l. n. 527/1934, dell’art. 257 del Reg. Esec., degli artt. 1 e ss. del R.D.L. del 26.09.1935, n. 1952, degli artt. 43 e 49 del Trattato UE e del D.M. del Ministero dell’Interno 1.12.2010;

b) eccesso di potere per esercizio del potere regolamentare con finalità di normazione generale anziché di integrazione dell’autoregolamentazione degli istituti e in contrasto con la normativa comunitaria.

III. Si è costituita l’Amministrazione statale intimata, nelle diverse articolazioni, concludendo per il rigetto del ricorso.

IV. All’udienza pubblica del 5.12.2017, fissata per lo smaltimento, la causa è stata introitata per la decisione.

V. Il ricorso è infondato.

V.1. Come già affermato dalla sezione, ai fini della decisione della presenta controversia, prioritariamente, “giova premettere una sintetica ricognizione del quadro normativo.

Ai sensi dell’art. 257 del r.d. 6 maggio 1940, n. 635 (regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), i soggetti che richiedono il rilascio della licenza per le attività di vigilanza ex art. 134 TULPS debbono corredare la domanda con un progetto organizzativo e tecnico-operativo dell'istituto (art. 257, co. 2) e con un progetto di regolamento tecnico dei servizi che si intendono svolgere (art. 257, co. 3, in base al quale esso «dovrà risultare adeguato, per mezzi e personale, alla tipologia degli stessi, all'ambito territoriale richiesto, alla necessità che sia garantita la direzione, l'indirizzo unitario ed il controllo dell'attività delle guardie particolari giurate da parte del titolare della licenza, o degli addetti alla direzione dell'istituto, nonché alle locali condizioni della sicurezza pubblica»).

La caratteristiche minime cui deve conformarsi il progetto organizzativo ed i requisiti minimi di qualità degli istituti e dei servizi sono determinati con decreto del Ministro dell’interno (art. 257, co. 4).

Al Questore, cui spetta la vigilanza sul servizio delle guardie particolari giurate (art. 249, co. 5, r.d. n. 635/40; art. 1 r.d.l. 26 settembre 1935, n. 1952, conv. con legge 19 marzo 1936, n. 508) e sugli istituti di vigilanza privata (art. 1 r.d. 12 novembre 1936, n. 2144), è affidata invece la potestà di approvare le modalità con cui deve essere eseguito il servizio espletato con l’impiego di guardie particolari giurate, le quali modalità debbono essergli sottoposte da coloro che tali guardie utilizzino (art. 2 r.d.l. n. 1952/35).

Nell’esercizio di questo potere «è data facoltà al Questore di modificare le norme di servizio proposte [...] e di aggiungervi tutti quegli obblighi che ritenesse opportuno nel pubblico interesse» (art. 3 r.d.l. n.1952/35).

Il potere del Ministro dell’Interno di determinare le caratteristiche ed i requisiti minimi di cui all’art. 257 r.d. 635/40 è stato, di recente, esercitato con il decreto ministeriale del 1° dicembre 2010, n. 557/PAS/10971.10089.D(1)Reg.

V.1.1. L’istituto di vigilanza ricorrente ha impugnato il “regolamento di servizio degli istituti di vigilanza operanti nella provincia di Napoli” adottato dal Questore di Napoli in data 23 febbraio 2011, sostenendo che, alla luce del suddetto quadro normativo, al Questore non sarebbe consentito l’esercizio in materia di potestà regolamentari.

Tale motivo di ricorso che muove dal presupposto della natura regolamentare dell’atto emanato dal Questore di Napoli non merita accoglimento.

Ritiene il Collegio, infatti, che, in assenza di qualsivoglia deroga all’obbligo degli istituti di vigilanza privata di presentare al Questore per l’approvazione un proprio regolamento di servizio redatto sulla base delle regole tecniche dettate con decreto ministeriale, debba attribuirsi all’atto della Questura di Napoli, solo apparentemente regolamentare ed impositivo alle singole imprese di un regolamento di servizio eteronomo, piuttosto la natura di documento con cui la autorità preposta al controllo ed all’approvazione dei singoli regolamenti d’istituto individua semplicemente, in via preventiva e generalizzata, i parametri cui intende attenersi nell’esercizio del potere autorizzatorio che la legge le attribuisce ( Tar Campania sent. n. 5509/2011).

Rientra nelle migliori prassi amministrative proprie della autorità pubbliche di vigilanza e controllo, rispondendo a principi di coerenza, trasparenza e buona amministrazione, la predeterminazione e pubblicizzazione dei criteri ai quali tali autorità intendono informare la propria azione. In tal modo, infatti, i soggetti destinatari di tale azione sono resi preventivamente avvertiti degli indirizzi e del tipo di valutazioni cui si adeguerà l’esercizio discrezionale del potere e possono, quindi, prepararsi in anticipo a quanto richiesto.

Nel caso di specie il Questore gode, appunto, di un ampio potere di aggiungere alle norme di servizio proposte dagli istituti privati di vigilanza «tutti quegli obblighi che ritenesse opportuno nel pubblico interesse» (art. 3 r.d.l. n.1952/35), fermo restando il rispetto delle ordinarie regole, sostanziali e procedimentali, che presidiano il legittimo svolgersi dell’attività provvedimentale della pubblica amministrazione.

In questi termini, nulla vieta che possa predisporre un modello o schema di regolamento tipo cui le imprese possono rifarsi” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 7.07.2015, n. 3627).

V.1.2. Alla luce di quanto esposto risulta privo di fondamento anche il secondo motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 43 e 49 Trattato Ce e l’eccesso di potere per esercizio del potere regolamentare in contrasto con la normativa comunitaria avuto specifico riguardo alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi, sottostanti a restrizioni solo in ragione del mantenimento dell’ordine pubblico.

Le contestate limitazioni sono, invero, legittimamente imposte per motivi di interesse pubblico, -concorrendo la sicurezza alla tutela dell’integrità dei beni patrimoniali-, e, come tali, consentite in via derogatoria. Esse, cioè, non sono dirette, come erroneamente sostenuto, ad assicurare l’ordine pubblico per la cui tutela, aspetto non contestato, non sono affatto coinvolti gli istituiti di vigilanza.

V.1.3. Il terzo gruppo di censure mosse dal ricorrente concerne la difformità tra quanto previsto dal regolamento ministeriale del 01.12.2010 e l’impugnato provvedimento.

Il regolamento di servizio è stato contestato nelle parti in cui prevede, differenziandosi dal regolamento ministeriale, a) la conservazione per un periodo di cinque anni della documentazione relativa ai turni di servizio espletati nonché degli ordini di servizio comunicati alle medesime guardie giurate (anziché 2 anni); b) l’obbligatorietà, la durata e la documentazione dei corsi di aggiornamento professionale delle guardie giurate; c) le modalità concernenti le esercitazioni di tiro, eccessivamente generiche; d) che il servizio di vigilanza fissa, diurna e notturna, debba essere effettuato da guardia munita di giubbotto antiproiettile (prevedendo, invece, il decreto tale cautela solo per il servizio di intervento su allarmi e nulla in aggiunta all'apparato radio ricetrasmittente); e) la conservazione delle registrazioni video nei servizi interni al caveau dell’istituto di vigilanza per almeno sei mesi; f) il numero di unità di personale, modalità e requisiti richiesti, quanto all’anzianità di servizio, nei servizi di scorta valori, in ragione anche dell’ammontare; g) limiti di valore relativi al rischio marciapiede.

Tutte le menzionate previsioni comporterebbero un’indebita lesione dell’autonomia d’impresa giacchè l'Amministrazione, in assenza di necessità attinenti alla sicurezza pubblica, ha ritenuto di poter dettare disposizioni concernenti le modalità di organizzazione interna degli IVP, rendendone più gravosa l’attività anche per quanto concerne la concorrenza con altri istituti operanti in altre province.

V.1.4. “Tali censure vanno respinte. Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, infatti, sotto tale profilo, con il regolamento ci si è limitati a dettare delle ragionevoli regole inerenti ai requisiti minimi di qualità degli istituti e dei servizi (la cui disciplina è demandata alla fonte regolamentare dall’art. 257, co. 4, RD n. 635/1040), delle regole di prudenza in ordine alle dotazioni di uomini e mezzi e non ad ‘invadere’ indebitamente i poteri e le facoltà espressione della libertà di impresa” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 7.07.2015, n. 3627).

VI. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato.

VII. Sussistono i motivi di legge, in ragione dell’esito della lite e delle questioni trattate, per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Pierluigi Russo, Presidente FF

Diana Caminiti, Consigliere

Gabriella Caprini, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gabriella Caprini Pierluigi Russo
IL SEGRETARIO

Numero 00635/2018 e data 14/03/2018 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 8 marzo 2018

NUMERO AFFARE 00257/2018

Nessun commento: