TAR marzo 2018:
ricorso per l’annullamento del regolamento di servizio degli
istituti di vigilanza privata operanti nella provincia di Napoli
approvato il 23.02.2011 dal Questore di Napoli.
Pubblicato il
12/03/2018
N. 01528/2018
REG.PROV.COLL.
N. 02567/2011
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 2567 del 2011, proposto da:
Il xxx xxx., in
persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli
avvocati Giovanni Capasso e Antonio Pezone, con domicilio eletto
presso lo studio Antonio Pezone in Napoli, Poggio di Capodimonte, 33
- Piccirillo;
contro
Questura di Napoli,
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvoc. Distrett. dello Stato di
Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento
- del Regolamento di
servizio degli istituti di vigilanza privata operanti nella Provincia
di Napoli, approvato il 23.02.2011 dal Questore di Napoli, e di tutti
gli atti presupposti e derivati e notificato il 10.03.2011;
Visti il ricorso e i
relativi allegati;
Visti gli atti di
costituzione in giudizio della Questura di Napoli e del Ministero
dell'Interno;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza smaltimento del giorno 5 dicembre 2017 la dott.ssa
Gabriella Caprini e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. L’istituto
ricorrente agisce per l’annullamento del regolamento di servizio
degli istituti di vigilanza privata operanti nella provincia di
Napoli approvato il 23.02.2011 dal Questore di Napoli.
II. A sostegno del
gravame deduce i seguenti motivi di ricorso:
a) violazione e
falsa applicazione dell’art. 134 TULPS, dell’art. 1 della l. n.
527/1934, dell’art. 257 del Reg. Esec., degli artt. 1 e ss. del
R.D.L. del 26.09.1935, n. 1952, degli artt. 43 e 49 del Trattato UE e
del D.M. del Ministero dell’Interno 1.12.2010;
b) eccesso di potere
per esercizio del potere regolamentare con finalità di normazione
generale anziché di integrazione dell’autoregolamentazione degli
istituti e in contrasto con la normativa comunitaria.
III. Si è
costituita l’Amministrazione statale intimata, nelle diverse
articolazioni, concludendo per il rigetto del ricorso.
IV. All’udienza
pubblica del 5.12.2017, fissata per lo smaltimento, la causa è stata
introitata per la decisione.
V. Il ricorso è
infondato.
V.1. Come già
affermato dalla sezione, ai fini della decisione della presenta
controversia, prioritariamente, “giova premettere una sintetica
ricognizione del quadro normativo.
Ai sensi dell’art.
257 del r.d. 6 maggio 1940, n. 635 (regolamento di esecuzione del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), i soggetti che
richiedono il rilascio della licenza per le attività di vigilanza ex
art. 134 TULPS debbono corredare la domanda con un progetto
organizzativo e tecnico-operativo dell'istituto (art. 257, co. 2) e
con un progetto di regolamento tecnico dei servizi che si intendono
svolgere (art. 257, co. 3, in base al quale esso «dovrà risultare
adeguato, per mezzi e personale, alla tipologia degli stessi,
all'ambito territoriale richiesto, alla necessità che sia garantita
la direzione, l'indirizzo unitario ed il controllo dell'attività
delle guardie particolari giurate da parte del titolare della
licenza, o degli addetti alla direzione dell'istituto, nonché alle
locali condizioni della sicurezza pubblica»).
La caratteristiche
minime cui deve conformarsi il progetto organizzativo ed i requisiti
minimi di qualità degli istituti e dei servizi sono determinati con
decreto del Ministro dell’interno (art. 257, co. 4).
Al Questore, cui
spetta la vigilanza sul servizio delle guardie particolari giurate
(art. 249, co. 5, r.d. n. 635/40; art. 1 r.d.l. 26 settembre 1935, n.
1952, conv. con legge 19 marzo 1936, n. 508) e sugli istituti di
vigilanza privata (art. 1 r.d. 12 novembre 1936, n. 2144), è
affidata invece la potestà di approvare le modalità con cui deve
essere eseguito il servizio espletato con l’impiego di guardie
particolari giurate, le quali modalità debbono essergli sottoposte
da coloro che tali guardie utilizzino (art. 2 r.d.l. n. 1952/35).
Nell’esercizio di
questo potere «è data facoltà al Questore di modificare le norme
di servizio proposte [...] e di aggiungervi tutti quegli obblighi che
ritenesse opportuno nel pubblico interesse» (art. 3 r.d.l.
n.1952/35).
Il potere del
Ministro dell’Interno di determinare le caratteristiche ed i
requisiti minimi di cui all’art. 257 r.d. 635/40 è stato, di
recente, esercitato con il decreto ministeriale del 1° dicembre
2010, n. 557/PAS/10971.10089.D(1)Reg.
V.1.1. L’istituto
di vigilanza ricorrente ha impugnato il “regolamento di servizio
degli istituti di vigilanza operanti nella provincia di Napoli”
adottato dal Questore di Napoli in data 23 febbraio 2011, sostenendo
che, alla luce del suddetto quadro normativo, al Questore non sarebbe
consentito l’esercizio in materia di potestà regolamentari.
Tale motivo di
ricorso che muove dal presupposto della natura regolamentare
dell’atto emanato dal Questore di Napoli non merita accoglimento.
Ritiene il Collegio,
infatti, che, in assenza di qualsivoglia deroga all’obbligo degli
istituti di vigilanza privata di presentare al Questore per
l’approvazione un proprio regolamento di servizio redatto sulla
base delle regole tecniche dettate con decreto ministeriale, debba
attribuirsi all’atto della Questura di Napoli, solo apparentemente
regolamentare ed impositivo alle singole imprese di un regolamento di
servizio eteronomo, piuttosto la natura di documento con cui la
autorità preposta al controllo ed all’approvazione dei singoli
regolamenti d’istituto individua semplicemente, in via preventiva e
generalizzata, i parametri cui intende attenersi nell’esercizio del
potere autorizzatorio che la legge le attribuisce ( Tar Campania
sent. n. 5509/2011).
Rientra nelle
migliori prassi amministrative proprie della autorità pubbliche di
vigilanza e controllo, rispondendo a principi di coerenza,
trasparenza e buona amministrazione, la predeterminazione e
pubblicizzazione dei criteri ai quali tali autorità intendono
informare la propria azione. In tal modo, infatti, i soggetti
destinatari di tale azione sono resi preventivamente avvertiti degli
indirizzi e del tipo di valutazioni cui si adeguerà l’esercizio
discrezionale del potere e possono, quindi, prepararsi in anticipo a
quanto richiesto.
Nel caso di specie
il Questore gode, appunto, di un ampio potere di aggiungere alle
norme di servizio proposte dagli istituti privati di vigilanza «tutti
quegli obblighi che ritenesse opportuno nel pubblico interesse»
(art. 3 r.d.l. n.1952/35), fermo restando il rispetto delle ordinarie
regole, sostanziali e procedimentali, che presidiano il legittimo
svolgersi dell’attività provvedimentale della pubblica
amministrazione.
In questi termini,
nulla vieta che possa predisporre un modello o schema di regolamento
tipo cui le imprese possono rifarsi” (T.A.R. Campania, Napoli, sez.
V, 7.07.2015, n. 3627).
V.1.2. Alla luce di
quanto esposto risulta privo di fondamento anche il secondo motivo di
ricorso, con il quale parte ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 43 e 49 Trattato Ce e l’eccesso di potere
per esercizio del potere regolamentare in contrasto con la normativa
comunitaria avuto specifico riguardo alla libertà di stabilimento e
alla libera prestazione dei servizi, sottostanti a restrizioni solo
in ragione del mantenimento dell’ordine pubblico.
Le contestate
limitazioni sono, invero, legittimamente imposte per motivi di
interesse pubblico, -concorrendo la sicurezza alla tutela
dell’integrità dei beni patrimoniali-, e, come tali, consentite in
via derogatoria. Esse, cioè, non sono dirette, come erroneamente
sostenuto, ad assicurare l’ordine pubblico per la cui tutela,
aspetto non contestato, non sono affatto coinvolti gli istituiti di
vigilanza.
V.1.3. Il terzo
gruppo di censure mosse dal ricorrente concerne la difformità tra
quanto previsto dal regolamento ministeriale del 01.12.2010 e
l’impugnato provvedimento.
Il regolamento di
servizio è stato contestato nelle parti in cui prevede,
differenziandosi dal regolamento ministeriale, a) la conservazione
per un periodo di cinque anni della documentazione relativa ai turni
di servizio espletati nonché degli ordini di servizio comunicati
alle medesime guardie giurate (anziché 2 anni); b) l’obbligatorietà,
la durata e la documentazione dei corsi di aggiornamento
professionale delle guardie giurate; c) le modalità concernenti le
esercitazioni di tiro, eccessivamente generiche; d) che il servizio
di vigilanza fissa, diurna e notturna, debba essere effettuato da
guardia munita di giubbotto antiproiettile (prevedendo, invece, il
decreto tale cautela solo per il servizio di intervento su allarmi e
nulla in aggiunta all'apparato radio ricetrasmittente); e) la
conservazione delle registrazioni video nei servizi interni al caveau
dell’istituto di vigilanza per almeno sei mesi; f) il numero di
unità di personale, modalità e requisiti richiesti, quanto
all’anzianità di servizio, nei servizi di scorta valori, in
ragione anche dell’ammontare; g) limiti di valore relativi al
rischio marciapiede.
Tutte le menzionate
previsioni comporterebbero un’indebita lesione dell’autonomia
d’impresa giacchè l'Amministrazione, in assenza di necessità
attinenti alla sicurezza pubblica, ha ritenuto di poter dettare
disposizioni concernenti le modalità di organizzazione interna degli
IVP, rendendone più gravosa l’attività anche per quanto concerne
la concorrenza con altri istituti operanti in altre province.
V.1.4. “Tali
censure vanno respinte. Contrariamente a quanto affermato dal
ricorrente, infatti, sotto tale profilo, con il regolamento ci si è
limitati a dettare delle ragionevoli regole inerenti ai requisiti
minimi di qualità degli istituti e dei servizi (la cui disciplina è
demandata alla fonte regolamentare dall’art. 257, co. 4, RD n.
635/1040), delle regole di prudenza in ordine alle dotazioni di
uomini e mezzi e non ad ‘invadere’ indebitamente i poteri e le
facoltà espressione della libertà di impresa” (T.A.R. Campania,
Napoli, sez. V, 7.07.2015, n. 3627).
VI. Alla luce delle
considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia
infondato.
VII. Sussistono i
motivi di legge, in ragione dell’esito della lite e delle questioni
trattate, per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in
Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con
l'intervento dei magistrati:
Pierluigi
Russo, Presidente FF
Diana
Caminiti, Consigliere
Gabriella
Caprini, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL
PRESIDENTE
Gabriella
Caprini Pierluigi Russo
IL SEGRETARIO
Numero 00635/2018 e
data 14/03/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva
per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione
del 8 marzo 2018
NUMERO AFFARE
00257/2018
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