Consiglio di Stato gennaio 2018: "..In secondo luogo il Comitato non ha considerato la tipologia assai particolare del gravoso servizio espletato dal militare a livello territoriale, in condizioni di impiego ben documentate dalle relazioni dei superiori gerarchici ( prolungato uso del pesante giubbotto antiproiettile/ turni esterni continuativi anche in orario notturno e con qualsiasi clima con conseguente esposizione a fattori atmosferici avversi/ lunghi pattugliamenti a piedi etc.)..."
Pubblicato il
18/01/2018
N.
00305/2018REG.PROV.COLL.
N. 07634/2012
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di
Stato
in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 7634 del 2012, proposto da:
xxx xxx,
rappresentato e difeso dagli avvocati Niccolo' Lucchi Clemente, Gian
Comita Ragnedda, domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria
Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Ministero della
Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del
legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del
T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE I n. 00337/2012, resa tra le
parti, concernente diniego equo indennizzo
Visti il ricorso in
appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio di Ministero della Difesa - Comando Generale
dell'Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2018 il Cons. Antonino
Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Salone su delega di
Ragnedda, Avv.to dello Stato Tidore;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con la sentenza in
epigrafe indicata il TAR Sardegna ha respinto il ricorso proposto dal
sig. xxx xxx avverso i provvedimenti coi quali il Ministero della
Difesa ha respinto le istanze dell’interessato, volte ad ottenere
la concessione dell’equo indennizzo in relazione ad infermità
asseritamente contratte per causa di servizio.
La sentenza è stata
impugnata con l’atto di appello oggi all’esame dal soccombente il
quale ne ha chiesto l’integrale riforma, con accoglimento del
ricorso di primo grado.
Si è costituita con
memoria di stile l’Amministrazione intimata.
Alla pubblica
udienza del 16 gennaio 2018 l’appello è stato trattenuto in
decisione.
L’appello non è
fondato e non può pertanto essere accolto.
Il sig. xxx xxx,
appuntato scelto nell’Arma dei carabinieri, ha nel corso della
carriera prestato servizio in Sicilia ( Bagheria e Palermo) e a
Sassari.
Nell’anno 2008 il
predetto ha presentato una prima domanda di riconoscimento della
dipendenza da servizio per infermità inerenti le ginocchia.
Successivamente
nell’anno 2009 ha presentato analoga domanda in relazione alle
seguenti patologie: -patologie della colonna, focolaio mielitico,
ernie e protrusione discale -rinopatia cronica vasomotoria
ipertrofica e sinusite cronica mascellare sinistra.
Con verbale del
8/5/2009 la CMO di Cagliari ha riconosciuto dipendente da causa di
servizio l’infermità esiti di meniscectomia mediale ginocchio
destro, meniscopatia mediale ginocchio sinistro in gonartrosi
bilaterale.
Di seguito, con
verbale del 9/3/2010 la CMO di Cagliari riconosceva sussistenti e
dipendenti da servizio anche le seguenti tre infermità : *focolaio
mielitico *ernia discale e protrusione discale *sinusite mascellare
in rinite vasomotoria.
Come di norma
l’Amministrazione ha quindi sottoposto le pratiche al Comitato di
verifica per le cause di servizio ( ex CPPO) , il quale ha adottato
due pareri negativi.
Con il primo parere
il Comitato ha ritenuto che la patologia alle ginocchia, trattandosi
di patologia degenerativa, non potesse essere insorta per causa di
lavoro, neppure in termini concausali, in considerazione della
tipologia e delle modalità del servizio prestato.
Con il secondo
parere il Comitato ha ritenuto che anche le altre tre patologie non
potevano essere poste in rapporto di causa-effetto rispetto
all'attività lavorativa espletata dall’appuntato xxx.
L'amministrazione,
sulla base dei due pareri resi dal Comitato di verifica, con decreti
del 24 gennaio 2011 e 7 marzo 2011 ha respinto le domande di equo
indennizzo.
Ciò premesso, con
il motivo che conviene prioritariamente esaminare l’appellante
torna a lamentare il difetto di motivazione e la contraddittorietà
che vizierebbe il parere del Comitato, il quale in primo luogo non ha
tenuto in alcun conto le diverse conclusioni alle quali era pervenuto
l’Organo tecnico sanitario di prima istanza.
In secondo luogo il
Comitato non ha considerato la tipologia assai particolare del
gravoso servizio espletato dal militare a livello territoriale, in
condizioni di impiego ben documentate dalle relazioni dei superiori
gerarchici ( prolungato uso del pesante giubbotto antiproiettile/
turni esterni continuativi anche in orario notturno e con qualsiasi
clima con conseguente esposizione a fattori atmosferici avversi/
lunghi pattugliamenti a piedi etc.).
Il mezzo non può
essere accolto.
Come ben evidenziato
dal Tribunale, infatti, l'ordinamento, con riguardo al procedimento
di concessione dell'equo indennizzo, non mette a disposizione
dell'Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi
consultivi diversi e dotati di identica competenza, ma affida al
C.P.P.O ( ora Comitato di Verifica) il compito di esprimere un
giudizio conclusivo, anche sulla base di quello reso dalla C.M.O.
(Commissione medico ospedaliera). Pertanto, il parere del C.P.P.O.,
in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi
espressi da altri organi, si impone all'Amministrazione. Tale
orientamento si è affermato a seguito dell'entrata in vigore
dell'art. 5 bis, d.l. n. 387 del 1987, convertito con modificazioni
dalla legge n. 472 del 1987, consentendosi per tale via
all'Amministrazione di conformarsi al giudizio del C.P.P.O. e di
giungere a determinazioni contrastanti con altre precedentemente
espresse, le quali non hanno carattere di irretrattabilità né di
definitività nell'ambito della sequenza procedimentale volta alla
concessione dell'equo indennizzo (ex multis Cons. di Stato, Sez. VI,
23 settembre 2009, n. 5664).
L'Amministrazione,
dunque, ha operato correttamente adeguandosi ai pareri espressi dal
Comitato che costituivano un "momento di sintesi e superiore
valutazione dei giudizi espressi da altri organi".
A quanto precede va,
peraltro, aggiunto che l'esistenza di precedenti pareri tecnici di
segno opposto non poteva in ogni caso comportare l'insorgere, in capo
all'Amministrazione, di uno specifico obbligo motivazionale sul
punto.
Infatti, come già
rilevato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, in sede
di liquidazione dell'equo indennizzo l'Amministrazione è tenuta a
recepire e far proprio il parere del C.P.P.O., unico organo
consultivo al quale, nel procedimento preordinato alla verifica dei
presupposti per la liquidazione dell'equo indennizzo, spetta il
compito di esprimere il giudizio finale sul nesso eziologico
(professionale o non) dell'infermità sofferta dal pubblico
dipendente. Conseguenza della particolare efficacia del parere -
obbligatorio - espresso da tale organo è la sua idoneità, ove non
vi siano elementi comprovanti la sua inattendibilità, a fungere da
unica motivazione per il provvedimento finale, mentre solo nel caso
in cui l'Amministrazione ritenga di non potervi aderire sorge un
obbligo specifico di motivazione in capo alla stessa" (Cons. di
Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2010, n. 378).
Sotto altro profilo
l’appellante insiste affinchè sia disposta una consulenza tecnica
( come usualmente avviene nel rito del lavoro civile) onde appurare
la riconducibilità delle infermità ( almeno sotto il profilo
concausale) a fatti di servizio e di conseguenza l’errore in cui è
incorso ripetutamente il Comitato.
La domanda non può
essere accolta.
Il parere del
Comitato, infatti, consiste in un atto connotato da discrezionalità
tecnica, fondato su nozioni scientifiche e su dati di esperienza
tecnico discrezionale, con la conseguenza che il medesimo nel
giudizio amministrativo è insindacabile, salve le ipotesi di
irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa
considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla
valutazione medica finale, nonché di non correttezza dei criteri
tecnici e del procedimento seguito.
Orbene, nel caso di
specie, i pareri resi dal Comitato non risultano affetti da nessuno
dei succitati vizi, essendo al contrario sorretti da una esauriente,
sebbene sintetica, indicazione delle ragioni per le quali le
infermità sofferte dall'appellante non potevano ritenersi
strettamente riconducibili all'attività lavorativa dal medesimo
svolta, attività che il Comitato – in base alla sua valutazione
tecnica – ha qualificato come non gravosa oltre i limiti propri del
normale servizio espletato dai militari dell’Arma.
Sulla scorta delle
considerazioni che precedono l’appello va dunque respinto.
La peculiarità
della vicenda amministrativa consente di compensare integralmente tra
le parti le spese di questo grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado
integralmente compensate.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma
nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2018 con l'intervento
dei magistrati:
Antonino
Anastasi, Presidente, Estensore
Carlo
Schilardi, Consigliere
Leonardo
Spagnoletti, Consigliere
Alessandro
Verrico, Consigliere
Nicola
D'Angelo, Consigliere
IL PRESIDENTE,
ESTENSORE
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
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