TAR 2018: mancato
reintegro in servizio per tutto. Chiesto atto di riassunzione.
Pubblicato il
15/10/2018
N. 09986/2018
REG.PROV.COLL.
N. 05653/2010
REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima
Quater)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 5653 del 2010, proposto dal signor -OMISSIS-,
rappresentato e difeso dall’avv. Emanuela Mazzola, con domicilio
eletto presso lo studio della stessa in Roma, via Tacito, 50;
contro
Ministero
dell'Interno - Capo della Polizia di Stato, in persona dei legali
rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura
Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
per l'annullamento,
previa sospensiva,
del decreto del
Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, a
firma del Capo della Polizia in data 29 gennaio 2010, con il quale
nell’affermata intenzione di dare esecuzione alla sentenza del
Cons.Stato, sez. VI, n.7941/2009 e alle sentenze del Tar Lazio, Roma,
sez. I ter n.6374/2005 e n. 6467/2006, riconosce per il ricorrente
utile a tutti gli effetti il periodo di sofferta sospensione
cautelare dal servizio dal 18.02.97 al 27.07.99, ma non dispone la
reintegrazione in servizio per tutto il periodo per il quale e' stata
annullata la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio.
Atto di riassunzione.
Visti il ricorso e i
relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Capo della
Polizia di Stato;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2018 il Cons.Mariangela
Caminiti e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato
nel verbale;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con il ricorso in
riassunzione in esame il -OMISSIS- descrive la complessa vicenda
lavorativa e contenziosa riguardo i diversi provvedimenti
sanzionatori adottati dall’Amministrazione di appartenenza nei suoi
confronti.
1.1.In particolare
con Decreto 30.1.1997, notificato il 17.2.1997, il -OMISSIS- è stato
sospeso cautelarmente dal servizio perché sottoposto a procedimento
penale (per emissione di assegni bancari privi di provvista) con
efficacia della sospensione dal giorno successivo alla notifica del
provvedimento ossia dal 18.2.1997.
Durante il periodo
di sospensione cautelare, con atto di contestazione degli addebiti
del 4.3.1999 è stato instaurato un procedimento disciplinare ex art.
19 dPR n.737/1981 per irrogazione di sanzione più grave della
deplorazione (per la sussistenza a carico dello stesso di precedenti
specifici già sanzionati).
Con Decreto del
13.7.1999, notificato il 27.7.1999, è stata inflitta al -OMISSIS- la
sanzione della destituzione dal servizio, senza indicare la
decorrenza della stessa.
Con successivo
Decreto del 22.9.1999 è stata stabilita la decorrenza della
destituzione dal giorno successivo della notifica del provvedimento
espulsivo, e cioè dal 28.7.1999.
Tale atto di
destituzione è stato impugnato presso questo Tribunale che ha
respinto la domanda cautelare (ord. n.3138/1999), accolta poi dal
Cons. di Stato in sede di appello cautelare con ordinanza n.
820/2000. Il -OMISSIS- è stato riammesso in servizio con Decreto
28.7.2000, pur permanendo la posizione di sospeso, in esecuzione del
Decreto 30.1.1997.
Questo Tribunale con
sentenza n. 6376/2005 ha accolto il ricorso avverso il Decreto
13.7.1999 ed ha annullato detto provvedimento. Il Ministero
dell’interno ha proposto appello e il Consiglio di Stato, sez. VI,
con sentenza n.758/2008 ha accolto il ricorso.
2. Con provvedimento
del 14.6.2000 il Questore di Roma ha conferito incarico di
svolgimento di inchiesta disciplinare nei confronti del -OMISSIS- con
riferimento ai fatti relativi alla precedente sospensione di cui al
Decreto 30.1.1997; con atto in data 21.6.2000 sono stati contestati
gli addebiti e nonostante le osservazioni di giustificazione (sulla
circostanza della sospensione dell’efficacia del primo
provvedimento sanzionatorio da parte del Consiglio di Stato e sulla
ulteriore circostanza che i decreti penali di condanna
riguarderebbero una fattispecie derubricata ad illecito
amministrativo) il -OMISSIS- è stato destituito con Decreto
24.11.2000, notificato il 5.1.2001, con espresso riferimento per la
decorrenza al Decreto di sospensione cautelare del 30.1.1997 e
decorrenza dal 18.2.1997.
Tale secondo atto di
destituzione è stato impugnato innanzi al Tar che ha accolto il
ricorso con sentenza sez. I ter n. 6374/2005. L’Amministrazione ha
proposto appello e il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza
n.2285/2008 ha accolto il ricorso.
Il -OMISSIS- ha
proposto ricorso per revocazione avverso la sentenza di secondo
grado, revocazione accolta con sentenza del Cons. di Stato, sez. VI,
n.7941 del 2009, dichiarando la irricevibilità del ricorso in
appello. Conseguentemente la decisione di secondo grado è stata
revocata con passaggio in giudicato della sentenza del Tar, sez. I
ter, n.6374/2005 che ha accolto il ricorso avverso la seconda
destituzione.
3.Con atto di
contestazione degli addebiti del 27.9.2000 è stato instaurato a
carico del -OMISSIS- un ulteriore procedimento disciplinare.
Con decreto del
9.2.2001 il Ministero ha inflitto la terza destituzione dal servizio,
con la precisazione che il provvedimento avrebbe avuto solo effetti
dichiarativi, in quanto l’interessato già destituito
dall’Amministrazione con Decreto del 24.11.2000 a decorrere dal
18.2.1997.
Avverso tale atto è
stato proposto ricorso al Tar accolto con sentenza n. 6467/2006,
passata in giudicato.
Con Decreto 3.6.2008
il Ministero dell’interno ritenendo di dover dare esecuzione al
giudicato relativo alla prima destituzione – sentenza n.758/2008
del Consiglio di Stato – ha annullato il Decreto 28.7.2000 , con
cui ha sospeso l’efficacia della destituzione del 17.7.1999,
riservando la valutazione del periodo di sospensione cautelare dal
servizio del -OMISSIS- - dal 18.2.1997 al 27.7.1999 – alla
definizione del giudizio pendente avente ad oggetto la seconda
destituzione adottata il 24.11.2000, per i fatti oggetto di
sospensione cautelare, con decorrenza propria del 18.2.1997.
Il -OMISSIS- ha
proposto ricorso al Presidente della Repubblica avverso tale ultimo
Decreto del 2008 sostenendo che l’Amministrazione, con l’adozione
della 2^ destituzione del 24.11.2000, decorrente con dal 18.2.1997
avesse implicitamente annullato/revocato il precedente provvedimento
destitutorio del 13.7.1999; assume altresì la rilevanza del giudizio
di revocazione, con l’accoglimento, sulla base del quale il
ricorrente avrebbe dovuto essere riammesso in servizio dal 18.2.1997.
Successivamente il
29.1.2010 il Ministero dell’interno ha adottato il Decreto con il
quale dopo aver ripercorso le tappe relative ai provvedimenti
adottati ha sciolto la riserva contenuta nel Decreto 3.6.2008
riconoscendo il relativo periodo di sospensione cautelare utile a
tutti gli effetti (e annullati il Decreto 24.11.2000 e quello in data
9.2.2001).
Avverso tale Decreto
29.1.2010 il -OMISSIS- ha proposto ricorso, qui riassunto ed ha
dedotto: 1) la Violazione di legge e falsa applicazione dei
presupposti. Violazione di legge ed eccesso di potere per violazione
dell’obbligo di ottemperare al giudicato: in quanto le citate
sentenze del Tar escluderebbero l’efficacia ai provvedimenti di
destituzione adottati dal capo della Polizia; 2) Violazione
dell’obbligo di legge di ottemperare al giudicato. Travisamento dei
fatti per inadempimento ed elusione. Eccesso di potere: la sentenza
del Cons. di Stato, sez. VI n.7941/2009 avrebbe reso definitiva la
sentenza n. 6467/2006 che ha annullato il Decreto di destituzione dal
servizio del 2000 (con superamento delle parziali determinazioni
afflittive e quindi un unico procedimento sanzionatorio).
Con sentenza n. 74
del 2015 il Tar, sez. I ter ha respinto il ricorso; la sentenza è
stata impugnata e il Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n.
925 del 2016 ha accolto e, per l’effetto, annullato la sentenza
appellata, con rinvio della causa al giudice di primo grado, in
ragione della causa interruttiva della sospensione dall’Albo del
precedente difensore del ricorrente.
Tanto premesso il
ricorrente con l’odierno atto di riassunzione del giudizio insiste
sui motivi di cui al ricorso introduttivo e, in particolare, precisa
che: -il Decreto del 13.7.1999 (I^ destituzione in ordine
cronologico) dovrebbe considerarsi implicitamente revocato e/o
annullato e comunque superato a fronte dell’adozione del
provvedimento di destituzione del 24.11.2000 (II^ destituzione) il
quale benché successivo in ordine cronologico aveva avuto decorrenza
dalla data anteriore del 18.2.1997, rivelandosi per ciò stesso atto
a travolgere qualsivoglia provvedimento successivo alla data del
18.2.1997, data di cessazione dal servizio del -OMISSIS- e dunque
idoneo a travolgere la successiva destituzione del 13.7.1999. Ciò
troverebbe conferma dalla identità della vicenda sottesa ai due
provvedimenti di destituzione, come affermato nella sentenza n.
6374/2005, passata in giudicato per effetto della revocazione (II^
destituzione) e nella sentenza n. 6467/2006, passata in giudicato
(III^destituzione); - la II^ destituzione, retrodatata rispetto alla
prima destituzione, avrebbe travolto la prima, come sicuramente tutti
i provvedimenti eventualmente e successivamente adottati rispetto ad
essa, perché non sembrerebbe dubbio alcuno sulla cessazione dal
servizio alla data del 18.2.1997; -in altre parole con la
cancellazione dai ruoli della PS del ricorrente il 18.2.1997 si
sarebbe verificata l’automatica caducazione di tutti gli atti
successivi a tale data, anche della destituzione del luglio del 1999.
Del resto l’Amministrazione non avrebbe adottato formalmente un
provvedimento espresso di annullamento o di revoca della destituzione
del 1999. Sembrerebbe aver definito la Pa i contenuti sostanziali
dell’annullamento/revoca della destituzione del 1999, perché la
destituzione del 2000, con contestuale cessazione dei ruoli del
ricorrente dal 18.2.1997, non potrebbe determinare di
annullare/revocare la destituzione del 13.7.1999, essendo
incompatibile la cessazione dai ruoli in data 18.2.1997 con una
diversa modalità e data di cessazione dai ruoli, che risulterebbe
imposta, diversamente ragionando, dalla destituzione del 13.7.1999,
che ha spiegato la propria efficacia dal 28.7.1999.
Pertanto chiede
l’annullamento del Decreto 29 gennaio 2010 impugnato che
nell’affermata intenzione di dare esecuzione alle sentenze del Tar
e del Consiglio di Stato riconosce per il ricorrente utile a tutti
gli effetti il periodo di sofferta sospensione cautelare dal servizio
dal 18.2.1997 sino al 27.7.1999, mentre non avrebbe disposto la
reintegrazione in servizio del medesimo per tutto il periodo per il
quale è stata annullata la sanzione disciplinare della destituzione
dal servizio; con declaratoria per l’Amministrazione dell’obbligo
di reintegro nel servizio a tutti gli effetti nei ruoli della P.S. il
ricorrente dal 18.2.1997 con qualifica e livello spettanti.
L’Amministrazione
intimata costituita in giudizio in resistenza nel ricorso
introduttivo, con memoria dopo aver ricostruito le fasi della vicenda
contenziosa ha evidenziato la correttezza del comportamento
dell’Amministrazione in quanto il ricorrente benché destinatario
di provvedimenti giurisdizionali favorevoli sarebbe da considerare
destituito dal ruolo della PS, per effetto del decreto del Capo della
Polizia datato 13.7.1999, produttivo di effetti dal 28.7.1999.
La stessa
Amministrazione a seguito del ricorso in riassunzione ha ribadito che
la censura di elusione del giudicato sarebbe infondata ed ha ribadito
che il ricorrente risulterebbe destituito dai ruoli
dell’Amministrazione in forza del provvedimento del 13 luglio 1999,
rispetto al quale si sarebbe formata la incontrovertibilità del
giudicato. Con il provvedimento impugnato l’Amministrazione si
sarebbe limitata a dare esecuzione al giudicato, annullando le
destituzioni inflitte rispettivamente con i provvedimenti del
24.11.2000 e del 9 febbraio 2001, successive alla prima, la quale per
tale effetto avrebbe spiegato nuovamente effetti.
Con memoria
conclusionale il -OMISSIS- ha insistito sulle proprie posizioni
difensive con ulteriori argomentazioni, evidenziando che, operata la
cancellazione dai ruoli della P.S. del ricorrente il 18.02.1997, si
sarebbe verificata l’automatica caducazione di tutti gli atti
successivi a questa data, anche della destituzione del luglio del
1999. Né l’annullamento della destituzione del 24.11.2000, operato
grazie all’esito favorevole al ricorrente all’esito di un
percorso giurisdizionale conclusosi con l’accoglimento del ricorso
per revocazione, avrebbe potuto fare tornare in vita e riesumare un
provvedimento oramai non più esistente, e cioè quello della I^
destituzione in ordine cronologico.
Alla udienza
pubblica del 12 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
1.La questione posta
con l’atto di riassunzione all’esame del Collegio, come sopra
descritto, muove dalla complessa vicenda contenziosa, articolata
anche con le fasi di appello, riguardo i diversi provvedimenti
sanzionatori adottati dall’Amministrazione di appartenenza nei
confronti del ricorrente.
In particolare con
il proposto ricorso in riassunzione viene chiesto l’annullamento
del decreto del Capo della Polizia emesso il 29.1.2010, con il quale
è stato riconosciuto utile ai fini economici-giuridici il periodo di
sospensione cautelare sofferto dal 18.2.1997 al 27.7.1999, senza
disporre la reintegrazione in servizio del ricorrente. Nella sequenza
dei provvedimenti adottati dall’Amministrazione e delle pronunce
giurisdizionali relative agli stessi, parte ricorrente sostiene che
con riferimento al rapporto tra la I^ e la II^ destituzione
quest’ultima (Decreto 24.11.2000) con efficacia dal 18.02.1997,
data di inizio del periodo di sospensione cautelare dal servizio,
avrebbe travolto così la destituzione del 1999, stante la cessazione
dal servizio del ricorrente alla data del 1997 (decorrenza
retrodatata). Secondo il ricorrente l’annullamento della
destituzione del 24.11.2000, operato grazie all’esito favorevole al
medesimo del giudizio di revocazione, non potrebbe riesumare un
provvedimento non più esistente, e cioè quello della I^
destituzione in ordine cronologico (Decreto 13.7.1999). Assume
altresì che la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n.7941 del
2009 a conclusione del processo per revocazione sarebbe l’ultimo
provvedimento giurisdizionale adottato in ordine di tempo riguardo i
provvedimenti di destituzione adottati nei confronti dello stesso e
non conterrebbe alcun riferimento ad altri provvedimenti di
destituzione.
2. Il Collegio non
condivide le argomentazioni avanzate da parte ricorrente per le
seguenti considerazioni.
Il Decreto di
destituzione dal servizio in data 27 novembre 2000 (II^ destituzione)
recava espressamente la data di decorrenza “dal 18.2.1997, giorno
dal quale decorre la sospensione cautelare dal servizio disposta con
decreto del Capo della Polizia datato 30.1.1997”.
Va dato atto che
tale provvedimento di destituzione è stato annullato in sede
giurisdizionale con sentenza sez. I ter n.6374/2005, avverso la quale
è stato proposto appello e il Consiglio di Stato, sez. VI, con
sentenza n.2285/2008 lo ha accolto. Tale ultima sentenza è stata
successivamente revocata con sentenza del Cons.di Stato sez. VI,
n.7941/2009 che ha dichiarato irricevibile l’appello proposto dal
Ministero avverso la sentenza di primo grado (per motivo procedurale
ossia per inesistenza della notifica del ricorso in appello avvenuta
presso procuratore non avente alcun tipo di collegamento con
l’intimato).
Il provvedimento
29.1.2010 impugnato con l’atto in riassunzione ha indicato nelle
premesse la ricostruzione degli atti e giudizi intervenuti,
precisando espressamente: - di dover dare esecuzione a quanto
disposto dal Consiglio di Stato con la suddetta sentenza n.7941/2009,
- nonché tenuto conto del passaggio in giudicato della sentenza del
Tar n. 6467/2006 che ha annullato il provvedimento 9.2.2001 (III^
destituzione), di dover dare esecuzione a tale sentenza; ed ha così
disposto l’annullamento del provvedimento di destituzione dal
servizio del 24.11.2000 (II^ destituzione) nonché del provvedimento
9.2.2001 (III^ destituzione); ha altresì sciolto la riserva espressa
nel decreto del Capo della Polizia in data 3 giugno 2008 precisando
che “ il periodo di sospensionecautelare che va dal 18 febbraio
1997 al 27 luglio 1999 è riconosciuto utile a tutti gli effetti,
giuridici, economici e previdenziali”.
Orbene tale Decreto
29.1.2010 è stato impugnato con ricorso RG n.5653 del 2010 che è
stato respinto con sentenza sez. I ter n.74 del 2015, in quanto
infondato; è seguito l’appello proposto dal ricorrente e il
Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n.925/2016 ha accolto il
gravame solo per mero difetto procedurale, con rinvio al giudice di
primo grado, in ragione della causa interruttiva del processo a
seguito della cancellazione del difensore dall’Albo dal giorno
precedente dell’udienza.
In relazione a tale
successione di atti e giudizi intervenuti va rilevato che il Decreto
di destituzione 24.11.2000, annullato con il Decreto 29.1.2010, aveva
decorrenza dalla data di sospensione cautelare dal servizio, ossia
dal 18 febbraio 1997 e nella sequenza procedurale intervenuta non
emergono vizi del provvedimento impugnato, il quale riconosce a tutti
gli effetti il servizio come prestato anche successivamente a detta
data, come disposto con lo scioglimento della riserva ivi prevista.
A ciò va aggiunto
che con provvedimento in data 13 luglio 1999 il ricorrente era stato
destituito con decorrenza 28 luglio 1999, per cui il termine di
riferimento del servizio utile (di sospensione cautelare)
riconosciuto dal Decreto impugnato va considerato quello del 27
luglio 1999, come indicato correttamente in tale Decreto.
Pertanto non possono
condividersi le pur argomentate considerazioni del ricorrente, anche
da ultimo nella memoria conclusionale, sugli effetti
dell’annullamento del successivo Decreto di destituzione del 24
novembre 2000 che avrebbe travolto il precedente provvedimento del 13
luglio 1999 e sulla definitiva pronuncia del Cons. di Stato, sez. VI,
n.7941/2009 sulla vicenda del ricorrente. E ciò in quanto il
giudicato favorevole al ricorrente formatosi sul Decreto di
destituzione del 24 novembre 2000 si è basato esclusivamente su un
aspetto processuale e infatti la predetta sentenza non si pronuncia
sugli aspetti indicati da parte ricorrente e inoltre perché
l’articolata vicenda è stata segnata da autonomi provvedimenti
impugnati con separati e autonomi ricorsi, e quello proposto avverso
il Decreto di destituzione del 13 luglio 1999 (I^ destituzione), pur
favorevole al ricorrente in primo grado con sentenza di accoglimento
di questo Tribunale n. 6376/2005, in sede di appello il Consiglio di
Stato, sez. VI, con sentenza n. 758/2008 ha accolto il ricorso
dell’Amministrazione, derivandone l’efficacia del Decreto della
I^ destituzione del 13 luglio 1999, che resta quindi fermo in quanto
coperto da giudicato.
Con il provvedimento
impugnato, come sopra rilevato, l’Amministrazione - in esecuzione a
quanto disposto dal Consiglio di Stato con la suddetta sentenza
n.7941/2009 e tenuto conto del passaggio in giudicato della sentenza
del Tar n. 6467/2006 che ha annullato il Decreto 9.2.2001 (III^
destituzione) – ha correttamente riconosciuto il servizio fino al
27 luglio 1999 e conforme a giudicato la mancata reintegrazione nel
posto di lavoro.
3. In definitiva, il
ricorso è infondato e va respinto.
Sussistono giusti
motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio tenuto conto
della complessa e articolata vicenda contenziosa.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese del giudizio
compensate tra le parti.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che
sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30
giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte
interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle
generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il
signor -OMISSIS-.
Così deciso in Roma
nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2018 con l'intervento
dei magistrati:
Salvatore
Mezzacapo, Presidente
Mariangela
Caminiti, Consigliere, Estensore
Laura
Marzano, Consigliere
L'ESTENSORE IL
PRESIDENTE
Mariangela
Caminiti Salvatore Mezzacapo
IL SEGRETARIO
Nessun commento:
Posta un commento