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mercoledì 17 ottobre 2018

TAR 2018: mancato reintegro in servizio per tutto. Chiesto atto di riassunzione. Pubblicato il 15/10/2018 N. 09986/2018 REG.PROV.COLL. N. 05653/2010 REG.RIC.


TAR 2018: mancato reintegro in servizio per tutto. Chiesto atto di riassunzione.

Pubblicato il 15/10/2018
N. 09986/2018 REG.PROV.COLL.

N. 05653/2010 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5653 del 2010, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Emanuela Mazzola, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Roma, via Tacito, 50;
contro

Ministero dell'Interno - Capo della Polizia di Stato, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento, previa sospensiva,

del decreto del Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, a firma del Capo della Polizia in data 29 gennaio 2010, con il quale nell’affermata intenzione di dare esecuzione alla sentenza del Cons.Stato, sez. VI, n.7941/2009 e alle sentenze del Tar Lazio, Roma, sez. I ter n.6374/2005 e n. 6467/2006, riconosce per il ricorrente utile a tutti gli effetti il periodo di sofferta sospensione cautelare dal servizio dal 18.02.97 al 27.07.99, ma non dispone la reintegrazione in servizio per tutto il periodo per il quale e' stata annullata la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio. Atto di riassunzione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Capo della Polizia di Stato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2018 il Cons.Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con il ricorso in riassunzione in esame il -OMISSIS- descrive la complessa vicenda lavorativa e contenziosa riguardo i diversi provvedimenti sanzionatori adottati dall’Amministrazione di appartenenza nei suoi confronti.

1.1.In particolare con Decreto 30.1.1997, notificato il 17.2.1997, il -OMISSIS- è stato sospeso cautelarmente dal servizio perché sottoposto a procedimento penale (per emissione di assegni bancari privi di provvista) con efficacia della sospensione dal giorno successivo alla notifica del provvedimento ossia dal 18.2.1997.

Durante il periodo di sospensione cautelare, con atto di contestazione degli addebiti del 4.3.1999 è stato instaurato un procedimento disciplinare ex art. 19 dPR n.737/1981 per irrogazione di sanzione più grave della deplorazione (per la sussistenza a carico dello stesso di precedenti specifici già sanzionati).

Con Decreto del 13.7.1999, notificato il 27.7.1999, è stata inflitta al -OMISSIS- la sanzione della destituzione dal servizio, senza indicare la decorrenza della stessa.

Con successivo Decreto del 22.9.1999 è stata stabilita la decorrenza della destituzione dal giorno successivo della notifica del provvedimento espulsivo, e cioè dal 28.7.1999.

Tale atto di destituzione è stato impugnato presso questo Tribunale che ha respinto la domanda cautelare (ord. n.3138/1999), accolta poi dal Cons. di Stato in sede di appello cautelare con ordinanza n. 820/2000. Il -OMISSIS- è stato riammesso in servizio con Decreto 28.7.2000, pur permanendo la posizione di sospeso, in esecuzione del Decreto 30.1.1997.

Questo Tribunale con sentenza n. 6376/2005 ha accolto il ricorso avverso il Decreto 13.7.1999 ed ha annullato detto provvedimento. Il Ministero dell’interno ha proposto appello e il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza n.758/2008 ha accolto il ricorso.

2. Con provvedimento del 14.6.2000 il Questore di Roma ha conferito incarico di svolgimento di inchiesta disciplinare nei confronti del -OMISSIS- con riferimento ai fatti relativi alla precedente sospensione di cui al Decreto 30.1.1997; con atto in data 21.6.2000 sono stati contestati gli addebiti e nonostante le osservazioni di giustificazione (sulla circostanza della sospensione dell’efficacia del primo provvedimento sanzionatorio da parte del Consiglio di Stato e sulla ulteriore circostanza che i decreti penali di condanna riguarderebbero una fattispecie derubricata ad illecito amministrativo) il -OMISSIS- è stato destituito con Decreto 24.11.2000, notificato il 5.1.2001, con espresso riferimento per la decorrenza al Decreto di sospensione cautelare del 30.1.1997 e decorrenza dal 18.2.1997.

Tale secondo atto di destituzione è stato impugnato innanzi al Tar che ha accolto il ricorso con sentenza sez. I ter n. 6374/2005. L’Amministrazione ha proposto appello e il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza n.2285/2008 ha accolto il ricorso.

Il -OMISSIS- ha proposto ricorso per revocazione avverso la sentenza di secondo grado, revocazione accolta con sentenza del Cons. di Stato, sez. VI, n.7941 del 2009, dichiarando la irricevibilità del ricorso in appello. Conseguentemente la decisione di secondo grado è stata revocata con passaggio in giudicato della sentenza del Tar, sez. I ter, n.6374/2005 che ha accolto il ricorso avverso la seconda destituzione.

3.Con atto di contestazione degli addebiti del 27.9.2000 è stato instaurato a carico del -OMISSIS- un ulteriore procedimento disciplinare.

Con decreto del 9.2.2001 il Ministero ha inflitto la terza destituzione dal servizio, con la precisazione che il provvedimento avrebbe avuto solo effetti dichiarativi, in quanto l’interessato già destituito dall’Amministrazione con Decreto del 24.11.2000 a decorrere dal 18.2.1997.

Avverso tale atto è stato proposto ricorso al Tar accolto con sentenza n. 6467/2006, passata in giudicato.

Con Decreto 3.6.2008 il Ministero dell’interno ritenendo di dover dare esecuzione al giudicato relativo alla prima destituzione – sentenza n.758/2008 del Consiglio di Stato – ha annullato il Decreto 28.7.2000 , con cui ha sospeso l’efficacia della destituzione del 17.7.1999, riservando la valutazione del periodo di sospensione cautelare dal servizio del -OMISSIS- - dal 18.2.1997 al 27.7.1999 – alla definizione del giudizio pendente avente ad oggetto la seconda destituzione adottata il 24.11.2000, per i fatti oggetto di sospensione cautelare, con decorrenza propria del 18.2.1997.

Il -OMISSIS- ha proposto ricorso al Presidente della Repubblica avverso tale ultimo Decreto del 2008 sostenendo che l’Amministrazione, con l’adozione della 2^ destituzione del 24.11.2000, decorrente con dal 18.2.1997 avesse implicitamente annullato/revocato il precedente provvedimento destitutorio del 13.7.1999; assume altresì la rilevanza del giudizio di revocazione, con l’accoglimento, sulla base del quale il ricorrente avrebbe dovuto essere riammesso in servizio dal 18.2.1997.

Successivamente il 29.1.2010 il Ministero dell’interno ha adottato il Decreto con il quale dopo aver ripercorso le tappe relative ai provvedimenti adottati ha sciolto la riserva contenuta nel Decreto 3.6.2008 riconoscendo il relativo periodo di sospensione cautelare utile a tutti gli effetti (e annullati il Decreto 24.11.2000 e quello in data 9.2.2001).

Avverso tale Decreto 29.1.2010 il -OMISSIS- ha proposto ricorso, qui riassunto ed ha dedotto: 1) la Violazione di legge e falsa applicazione dei presupposti. Violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dell’obbligo di ottemperare al giudicato: in quanto le citate sentenze del Tar escluderebbero l’efficacia ai provvedimenti di destituzione adottati dal capo della Polizia; 2) Violazione dell’obbligo di legge di ottemperare al giudicato. Travisamento dei fatti per inadempimento ed elusione. Eccesso di potere: la sentenza del Cons. di Stato, sez. VI n.7941/2009 avrebbe reso definitiva la sentenza n. 6467/2006 che ha annullato il Decreto di destituzione dal servizio del 2000 (con superamento delle parziali determinazioni afflittive e quindi un unico procedimento sanzionatorio).

Con sentenza n. 74 del 2015 il Tar, sez. I ter ha respinto il ricorso; la sentenza è stata impugnata e il Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n. 925 del 2016 ha accolto e, per l’effetto, annullato la sentenza appellata, con rinvio della causa al giudice di primo grado, in ragione della causa interruttiva della sospensione dall’Albo del precedente difensore del ricorrente.

Tanto premesso il ricorrente con l’odierno atto di riassunzione del giudizio insiste sui motivi di cui al ricorso introduttivo e, in particolare, precisa che: -il Decreto del 13.7.1999 (I^ destituzione in ordine cronologico) dovrebbe considerarsi implicitamente revocato e/o annullato e comunque superato a fronte dell’adozione del provvedimento di destituzione del 24.11.2000 (II^ destituzione) il quale benché successivo in ordine cronologico aveva avuto decorrenza dalla data anteriore del 18.2.1997, rivelandosi per ciò stesso atto a travolgere qualsivoglia provvedimento successivo alla data del 18.2.1997, data di cessazione dal servizio del -OMISSIS- e dunque idoneo a travolgere la successiva destituzione del 13.7.1999. Ciò troverebbe conferma dalla identità della vicenda sottesa ai due provvedimenti di destituzione, come affermato nella sentenza n. 6374/2005, passata in giudicato per effetto della revocazione (II^ destituzione) e nella sentenza n. 6467/2006, passata in giudicato (III^destituzione); - la II^ destituzione, retrodatata rispetto alla prima destituzione, avrebbe travolto la prima, come sicuramente tutti i provvedimenti eventualmente e successivamente adottati rispetto ad essa, perché non sembrerebbe dubbio alcuno sulla cessazione dal servizio alla data del 18.2.1997; -in altre parole con la cancellazione dai ruoli della PS del ricorrente il 18.2.1997 si sarebbe verificata l’automatica caducazione di tutti gli atti successivi a tale data, anche della destituzione del luglio del 1999. Del resto l’Amministrazione non avrebbe adottato formalmente un provvedimento espresso di annullamento o di revoca della destituzione del 1999. Sembrerebbe aver definito la Pa i contenuti sostanziali dell’annullamento/revoca della destituzione del 1999, perché la destituzione del 2000, con contestuale cessazione dei ruoli del ricorrente dal 18.2.1997, non potrebbe determinare di annullare/revocare la destituzione del 13.7.1999, essendo incompatibile la cessazione dai ruoli in data 18.2.1997 con una diversa modalità e data di cessazione dai ruoli, che risulterebbe imposta, diversamente ragionando, dalla destituzione del 13.7.1999, che ha spiegato la propria efficacia dal 28.7.1999.

Pertanto chiede l’annullamento del Decreto 29 gennaio 2010 impugnato che nell’affermata intenzione di dare esecuzione alle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato riconosce per il ricorrente utile a tutti gli effetti il periodo di sofferta sospensione cautelare dal servizio dal 18.2.1997 sino al 27.7.1999, mentre non avrebbe disposto la reintegrazione in servizio del medesimo per tutto il periodo per il quale è stata annullata la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio; con declaratoria per l’Amministrazione dell’obbligo di reintegro nel servizio a tutti gli effetti nei ruoli della P.S. il ricorrente dal 18.2.1997 con qualifica e livello spettanti.

L’Amministrazione intimata costituita in giudizio in resistenza nel ricorso introduttivo, con memoria dopo aver ricostruito le fasi della vicenda contenziosa ha evidenziato la correttezza del comportamento dell’Amministrazione in quanto il ricorrente benché destinatario di provvedimenti giurisdizionali favorevoli sarebbe da considerare destituito dal ruolo della PS, per effetto del decreto del Capo della Polizia datato 13.7.1999, produttivo di effetti dal 28.7.1999.

La stessa Amministrazione a seguito del ricorso in riassunzione ha ribadito che la censura di elusione del giudicato sarebbe infondata ed ha ribadito che il ricorrente risulterebbe destituito dai ruoli dell’Amministrazione in forza del provvedimento del 13 luglio 1999, rispetto al quale si sarebbe formata la incontrovertibilità del giudicato. Con il provvedimento impugnato l’Amministrazione si sarebbe limitata a dare esecuzione al giudicato, annullando le destituzioni inflitte rispettivamente con i provvedimenti del 24.11.2000 e del 9 febbraio 2001, successive alla prima, la quale per tale effetto avrebbe spiegato nuovamente effetti.

Con memoria conclusionale il -OMISSIS- ha insistito sulle proprie posizioni difensive con ulteriori argomentazioni, evidenziando che, operata la cancellazione dai ruoli della P.S. del ricorrente il 18.02.1997, si sarebbe verificata l’automatica caducazione di tutti gli atti successivi a questa data, anche della destituzione del luglio del 1999. Né l’annullamento della destituzione del 24.11.2000, operato grazie all’esito favorevole al ricorrente all’esito di un percorso giurisdizionale conclusosi con l’accoglimento del ricorso per revocazione, avrebbe potuto fare tornare in vita e riesumare un provvedimento oramai non più esistente, e cioè quello della I^ destituzione in ordine cronologico.

Alla udienza pubblica del 12 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.La questione posta con l’atto di riassunzione all’esame del Collegio, come sopra descritto, muove dalla complessa vicenda contenziosa, articolata anche con le fasi di appello, riguardo i diversi provvedimenti sanzionatori adottati dall’Amministrazione di appartenenza nei confronti del ricorrente.

In particolare con il proposto ricorso in riassunzione viene chiesto l’annullamento del decreto del Capo della Polizia emesso il 29.1.2010, con il quale è stato riconosciuto utile ai fini economici-giuridici il periodo di sospensione cautelare sofferto dal 18.2.1997 al 27.7.1999, senza disporre la reintegrazione in servizio del ricorrente. Nella sequenza dei provvedimenti adottati dall’Amministrazione e delle pronunce giurisdizionali relative agli stessi, parte ricorrente sostiene che con riferimento al rapporto tra la I^ e la II^ destituzione quest’ultima (Decreto 24.11.2000) con efficacia dal 18.02.1997, data di inizio del periodo di sospensione cautelare dal servizio, avrebbe travolto così la destituzione del 1999, stante la cessazione dal servizio del ricorrente alla data del 1997 (decorrenza retrodatata). Secondo il ricorrente l’annullamento della destituzione del 24.11.2000, operato grazie all’esito favorevole al medesimo del giudizio di revocazione, non potrebbe riesumare un provvedimento non più esistente, e cioè quello della I^ destituzione in ordine cronologico (Decreto 13.7.1999). Assume altresì che la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n.7941 del 2009 a conclusione del processo per revocazione sarebbe l’ultimo provvedimento giurisdizionale adottato in ordine di tempo riguardo i provvedimenti di destituzione adottati nei confronti dello stesso e non conterrebbe alcun riferimento ad altri provvedimenti di destituzione.

2. Il Collegio non condivide le argomentazioni avanzate da parte ricorrente per le seguenti considerazioni.

Il Decreto di destituzione dal servizio in data 27 novembre 2000 (II^ destituzione) recava espressamente la data di decorrenza “dal 18.2.1997, giorno dal quale decorre la sospensione cautelare dal servizio disposta con decreto del Capo della Polizia datato 30.1.1997”.

Va dato atto che tale provvedimento di destituzione è stato annullato in sede giurisdizionale con sentenza sez. I ter n.6374/2005, avverso la quale è stato proposto appello e il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza n.2285/2008 lo ha accolto. Tale ultima sentenza è stata successivamente revocata con sentenza del Cons.di Stato sez. VI, n.7941/2009 che ha dichiarato irricevibile l’appello proposto dal Ministero avverso la sentenza di primo grado (per motivo procedurale ossia per inesistenza della notifica del ricorso in appello avvenuta presso procuratore non avente alcun tipo di collegamento con l’intimato).

Il provvedimento 29.1.2010 impugnato con l’atto in riassunzione ha indicato nelle premesse la ricostruzione degli atti e giudizi intervenuti, precisando espressamente: - di dover dare esecuzione a quanto disposto dal Consiglio di Stato con la suddetta sentenza n.7941/2009, - nonché tenuto conto del passaggio in giudicato della sentenza del Tar n. 6467/2006 che ha annullato il provvedimento 9.2.2001 (III^ destituzione), di dover dare esecuzione a tale sentenza; ed ha così disposto l’annullamento del provvedimento di destituzione dal servizio del 24.11.2000 (II^ destituzione) nonché del provvedimento 9.2.2001 (III^ destituzione); ha altresì sciolto la riserva espressa nel decreto del Capo della Polizia in data 3 giugno 2008 precisando che “ il periodo di sospensionecautelare che va dal 18 febbraio 1997 al 27 luglio 1999 è riconosciuto utile a tutti gli effetti, giuridici, economici e previdenziali”.

Orbene tale Decreto 29.1.2010 è stato impugnato con ricorso RG n.5653 del 2010 che è stato respinto con sentenza sez. I ter n.74 del 2015, in quanto infondato; è seguito l’appello proposto dal ricorrente e il Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n.925/2016 ha accolto il gravame solo per mero difetto procedurale, con rinvio al giudice di primo grado, in ragione della causa interruttiva del processo a seguito della cancellazione del difensore dall’Albo dal giorno precedente dell’udienza.

In relazione a tale successione di atti e giudizi intervenuti va rilevato che il Decreto di destituzione 24.11.2000, annullato con il Decreto 29.1.2010, aveva decorrenza dalla data di sospensione cautelare dal servizio, ossia dal 18 febbraio 1997 e nella sequenza procedurale intervenuta non emergono vizi del provvedimento impugnato, il quale riconosce a tutti gli effetti il servizio come prestato anche successivamente a detta data, come disposto con lo scioglimento della riserva ivi prevista.

A ciò va aggiunto che con provvedimento in data 13 luglio 1999 il ricorrente era stato destituito con decorrenza 28 luglio 1999, per cui il termine di riferimento del servizio utile (di sospensione cautelare) riconosciuto dal Decreto impugnato va considerato quello del 27 luglio 1999, come indicato correttamente in tale Decreto.

Pertanto non possono condividersi le pur argomentate considerazioni del ricorrente, anche da ultimo nella memoria conclusionale, sugli effetti dell’annullamento del successivo Decreto di destituzione del 24 novembre 2000 che avrebbe travolto il precedente provvedimento del 13 luglio 1999 e sulla definitiva pronuncia del Cons. di Stato, sez. VI, n.7941/2009 sulla vicenda del ricorrente. E ciò in quanto il giudicato favorevole al ricorrente formatosi sul Decreto di destituzione del 24 novembre 2000 si è basato esclusivamente su un aspetto processuale e infatti la predetta sentenza non si pronuncia sugli aspetti indicati da parte ricorrente e inoltre perché l’articolata vicenda è stata segnata da autonomi provvedimenti impugnati con separati e autonomi ricorsi, e quello proposto avverso il Decreto di destituzione del 13 luglio 1999 (I^ destituzione), pur favorevole al ricorrente in primo grado con sentenza di accoglimento di questo Tribunale n. 6376/2005, in sede di appello il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza n. 758/2008 ha accolto il ricorso dell’Amministrazione, derivandone l’efficacia del Decreto della I^ destituzione del 13 luglio 1999, che resta quindi fermo in quanto coperto da giudicato.

Con il provvedimento impugnato, come sopra rilevato, l’Amministrazione - in esecuzione a quanto disposto dal Consiglio di Stato con la suddetta sentenza n.7941/2009 e tenuto conto del passaggio in giudicato della sentenza del Tar n. 6467/2006 che ha annullato il Decreto 9.2.2001 (III^ destituzione) – ha correttamente riconosciuto il servizio fino al 27 luglio 1999 e conforme a giudicato la mancata reintegrazione nel posto di lavoro.

3. In definitiva, il ricorso è infondato e va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio tenuto conto della complessa e articolata vicenda contenziosa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il signor -OMISSIS-.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2018 con l'intervento dei magistrati:

Salvatore Mezzacapo, Presidente

Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore

Laura Marzano, Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Mariangela Caminiti Salvatore Mezzacapo
IL SEGRETARIO

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