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mercoledì 19 luglio 2023

CGUE 2023- (Registrazione di dati biometrici e di dati genetici da parte della polizia)

 

CGUE 2023- (Registrazione di dati biometrici e di dati genetici da parte della polizia)

 

CGUE 2023- (Registrazione di dati biometrici e di dati genetici da parte della polizia)


Corte giustizia Unione Europea Sez. IX, Sent., 13/07/2023, n. 265/22 

Fatto - Diritto P.Q.M. 

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione) 

13 luglio 2023 

"Rinvio pregiudiziale - Tutela dei consumatori - Direttiva 93/13/CEE - Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori - Contratti di mutuo ipotecario - Clausola che prevede un tasso di interesse variabile - Indice di riferimento fondato sui tassi annui effettivi globali (TAEG) dei mutui ipotecari concessi da istituti di credito - Indice stabilito da un atto regolamentare o amministrativo - Indicazioni che figurano nel preambolo di tale atto - Controllo relativo all'obbligo di trasparenza - Valutazione del carattere abusivo" 

Nella causa C-265/22, 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dallo Juzgado de Primera Instancia n. 17 de Palma de Mallorca (Tribunale di primo grado n. 17 di Palma di Maiorca, Spagna), con decisione del 19 aprile 2022, pervenuta in cancelleria il 20 aprile 2022, nel procedimento 

ZR, 

PI 

contro 

B.S., SA, 

LA CORTE (Nona Sezione), 

composta da L.S. Rossi, presidente di sezione, J.-C. Bonichot e O. Spineanu-Matei (relatrice), giudici, 

avvocato generale: L. Medina 

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratrice 

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 16 marzo 2023, 

considerate le osservazioni presentate: 

- per PI e ZR, da F. Fuster-Fabra Toapanta e A. Rebollo Redondo, abogados; 

- per il B.S., SA, da J.M. Rodríguez Cárcamo e A.M. Rodríguez Conde, abogados; 

- per il governo spagnolo, da A. Ballesteros Panizo, in qualità di agente; 

- per la Commissione europea, da S. Pardo Quintillán e N. Ruiz García, in qualità di agenti, 

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni, 

ha pronunciato la seguente 

Sentenza 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione, da un lato, degli articoli 5 e 7 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali") (GU 2005, L 149, pag. 22), nonché, dall'altro, dell'articolo 3, paragrafo 1, degli articoli 4 e 5 nonché dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29). 

2 Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra, da un lato, ZR e PI e, dall'altro, il B.S., SA, relativamente alla validità della clausola di revisione periodica del tasso di interesse applicabile a un mutuo ipotecario concesso a ZR e a PI dal dante causa del B.S.. 

Contesto normativo 

Diritto dell'Unione 

Direttiva 93/13 

3 Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13: 

"Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto". 

4 L'articolo 4 di tale direttiva prevede quanto segue: 

"1. Fatto salvo l'articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende. 

2. La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell'oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall'altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile". 

5 L'articolo 5 di detta direttiva è così formulato: 

"Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore. Questa regola di interpretazione non è applicabile nell'ambito delle procedure previste all'articolo 7, paragrafo 2". 

Direttiva 2005/29 

6 Conformemente all'articolo 19 della direttiva 2005/29, gli Stati membri dovevano aver adottato e pubblicato entro il 12 giugno 2007 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a quest'ultima, e informarne immediatamente la Commissione europea. Tali disposizioni dovevano essere applicabili entro il 12 dicembre 2007. 

Diritto spagnolo 

7 Ai sensi dell'articolo 1258 del Código Civil (codice civile): 

"I contratti si perfezionano mediante il semplice consenso e, a partire da tale momento, obbligano non solo ad adempiere quanto espressamente pattuito, bensì anche relativamente a tutte le conseguenze che, per loro natura, siano conformi alla buona fede, alla consuetudine e alla legge". 

8 La direttiva 93/13 è stata trasposta nell'ordinamento spagnolo con la Ley 7/1998, sobre condiciones generales de la contratación (L. n. 7 del 1998 relativa alle condizioni generali di contratto), del 13 aprile 1998 (BOE n. 89, del 14 aprile 1998, pag. 12304). 

9 L'articolo 7 di tale legge così dispone: 

"Le seguenti condizioni generali devono essere considerate come non inserite nel contratto: 

a) quelle di cui il consumatore non abbia avuto concretamente modo di venire integralmente a conoscenza all'epoca della stipulazione del contratto o che non siano state sottoscritte, laddove necessario, ai sensi dell'articolo 5; 

b) quelle illeggibili, ambigue, oscure e incomprensibili, salvo, nel caso di queste ultime, qualora l'aderente le abbia espressamente accettate per iscritto e ove esse rispettino la specifica normativa che disciplini nella sfera relativa la necessaria trasparenza delle clausole contrattuali in tale settore". 

10 Ai sensi dell'articolo 8, della suddetta legge: 

"1. Sono nulle ipso iure le condizioni generali che, a danno dell'aderente, siano in contrasto con le disposizioni della presente legge o di qualsiasi altra norma imperativa o di divieto, salvo che le stesse non sanzionino diversamente la loro violazione. 

2. In particolare, sono nulle le condizioni generali abusive nei contratti stipulati con un consumatore (...)". 

11 La Ley 3/1991 de Competencia Desleal (L. n. 3 del 1991 sulla concorrenza sleale), del 10 gennaio 1991 (BOE n. 10, dell'11 gennaio 1991, pag. 959) all'articolo 4, paragrafo 1 così dispone: 

"Ogni comportamento che risulti oggettivamente contrario al requisito della buona fede è considerato sleale. 

Nei rapporti con i consumatori e gli utenti, si intende in contrasto con il requisito della buona fede il comportamento di un imprenditore o di un professionista contrario alla diligenza professionale, intesa come il livello di competenza e di attenzione speciali che ci si può attendere da un imprenditore secondo le pratiche oneste del mercato, che falsi o sia in grado di falsare significativamente il comportamento economico del consumatore medio o del membro medio del gruppo destinatario della pratica, nel caso in cui si tratti di una pratica commerciale destinata a un determinato gruppo di consumatori. 

Ai fini della presente legge, per comportamento economico del consumatore o dell'utente si intende qualsiasi decisione con la quale il consumatore o l'utente scelga di agire o di astenersi dall'agire in relazione: 

a) Alla selezione di un'offerta o di un fornitore. 

b) All'acquisizione di un bene o di un servizio così come, se del caso, alle modalità e alle condizioni di tale acquisizione. 

c) Al pagamento del prezzo, totale o parziale, o di qualsiasi altra forma di pagamento. 

(...)". 

12 L'articolo 7 di tale legge, intitolato "Omissioni ingannevoli", è così formulato: 

"1. L'omissione o l'occultamento delle informazioni necessarie affinché il destinatario prenda o possa prendere una decisione relativa al proprio comportamento economico con la debita conoscenza dei fatti è considerata sleale. È del pari sleale offrire informazioni poco chiare, incomprensibili, ambigue o offerte intempestivamente o quando non si rende noto l'intento commerciale della pratica di cui si tratti, qualora non risulti evidente dal contesto. 

2. Ai fini della determinazione del carattere ingannevole degli atti di cui al paragrafo precedente, si prende in considerazione il contesto fattuale nel quale essi si verificano, tenendo conto di tutte le loro caratteristiche e circostanze, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato". 

13 Il B.E. (B.S.) ha adottato la circular 8/1990, a entidades de crédito, sobre transparencia de las operaciones y protección de la clientela (circolare 8/1990 agli istituti di credito, relativa alla trasparenza delle operazioni e alla tutela della clientela), del 7 settembre 1990 (BOE n. 226, del 20 settembre 1990, pag. 27498). Quest'ultima è stata modificata, in particolare, dalla circolare 5/1994, a entidades de crédito (circolare 5/1994 agli istituti di credito), del 22 luglio 1994 (BOE n. 184, del 3 agosto 1994, pag. 25106). Dopo la sua modifica con la circolare 5/1994, la circolare 8/1990 fissava determinati indici o tassi di riferimento ufficiali per i mutui ipotecari. Tra i medesimi figuravano diversi tassi medi di mutui ipotecari di durata superiore a tre anni, destinati all'acquisto di un'abitazione al prezzo di mercato (in prosieguo: gli "IRPH"), tra cui quello relativo ai mutui concessi dalle banche (in prosieguo: l'"IRPH banche") e quello relativo ai mutui concessi dall'insieme degli istituti di credito (in prosieguo: l'"IRPH istituti di credito"). 

14 Il preambolo della circolare 5/1994, circolare recante la modifica di cui al punto precedente, conteneva il seguente passaggio: 

"I tassi di riferimento selezionati sono, in ultima analisi, [tassi annui effettivi globali (TAEG)]. I tassi medi dei mutui ipotecari finalizzati all'acquisto di un'abitazione al prezzo di mercato delle banche e della totalità degli istituti di credito sono TAEG in senso stretto, poiché incorporano inoltre l'effetto delle commissioni. Pertanto, il loro semplice e diretto utilizzo come tassi contrattuali implica la collocazione del TAEG dell'operazione ipotecaria al di sopra del tasso praticato dal mercato. Per allineare il TAEG applicato a tale operazione a quello del mercato, sarebbe necessario applicare un differenziale negativo, il cui valore varierebbe a seconda delle commissioni applicate all'operazione e della frequenza dei versamenti". 

Procedimento principale e questioni pregiudiziali 

15 Il 12 maggio 2006 ZR e PI, da un lato, e il dante causa del B.S., dall'altro, hanno stipulato un contratto di mutuo ipotecario per un importo di EUR 197 934,54. 

16 Conformemente all'articolo 3 bis di tale contratto (in prosieguo: la "clausola controversa"), il tasso di interesse è variabile, con un nuovo tasso da determinare al termine di ciascun periodo di dodici mesi, per i dodici mesi successivi, e ciò fino alla scadenza di detto contratto. Il nuovo tasso di interesse è fissato rispetto a un "tasso di riferimento", vale a dire l'IRPH istituti di credito, maggiorato di 0,20 punti percentuali, o a un "tasso di riferimento sostitutivo", vale a dire l'IRPH banche, maggiorato di 0,50 punti percentuali. 

17 Il paragrafo 3 della clausola controversa definisce il tasso di riferimento nel seguente modo: 

"Il tasso di riferimento sarà [l'IRPH istituti di credito], definito come la media semplice dei tassi di interesse medi ponderati per il capitale delle operazioni di mutuo con una garanzia ipotecaria di durata pari o superiore a tre anni finalizzate all'acquisto di un'abitazione al prezzo di mercato, operazioni che siano state avviate o rinnovate dal complesso degli [istituti, ossia le] banche, casse di risparmio e società di mutui ipotecari nel mese cui fa riferimento l'indice, prendendo come riferimento l'ultimo di detti tassi medi pubblicato nel [BOE] dalla B.S. prima dell'inizio di ciascun nuovo periodo di interessi e nel corso dei tre mesi di calendario precedenti al medesimo". 

18 Tale paragrafo 3 definisce in termini analoghi il tasso di riferimento sostitutivo, il quale si applica in caso di mancata pubblicazione del tasso di riferimento. 

19 Nella clausola controversa viene altresì precisato che il tasso di riferimento e il tasso di riferimento sostitutivo sono descritti nell'allegato VIII della circolare 8/1990. 

20 Il 13 febbraio 2020 ZR e PI hanno investito lo Juzgado de Primera Instancia n. 17 de Palma de Mallorca (Tribunale di primo grado n. 17 di Palma di Maiorca, Spagna), giudice del rinvio, di una domanda volta a far constatare la nullità della clausola controversa a causa del suo carattere abusivo e a far condannare il B.S. al risarcimento del danno che avrebbero subito a causa dell'applicazione di tale clausola. 

21 ZR e PI fanno valere dinanzi al suddetto organo giurisdizionale che il fatto che la clausola controversa rinvii, per la revisione annuale del tasso d'interesse del loro mutuo, a degli IRPH, prevedendo al contempo una modesta maggiorazione di questi ultimi, vale a dire 0,20 punti percentuali se si tratta dell'IRPH istituti di credito o 0,50 punti percentuali se si tratta dell'IRPH banche, è ingannevole. Infatti, una siffatta presentazione, consistente in una maggiorazione relativamente limitata, incentiverebbe i candidati mutuatari a concludere un mutuo il cui tasso è modificabile con riferimento a un IRPH piuttosto che con riferimento al tasso medio del mercato interbancario europeo (in prosieguo: l'"indice Euribor"), mentre, con una maggiorazione nettamente più considerevole, anche dell'ordine del 2%, un riferimento all'indice Euribor condurrebbe all'applicazione di un tasso di interesse rivisto inferiore. Ciò deriverebbe dal fatto che, contrariamente all'indice Euribor, gli IRPH sarebbero calcolati sulla base di tassi che tengono conto delle commissioni. Secondo i ricorrenti nel procedimento principale, il danno che hanno subito a causa dell'applicazione della clausola controversa ammonta a EUR 39799,25. 

22 La parte convenuta nel procedimento principale contesta detta domanda per quanto riguarda sia l'affermazione del carattere abusivo della clausola controversa sia la valutazione del danno asserito. Essa sostiene altresì che tale clausola è stata negoziata individualmente e che è legittima ab origine, poiché gli IRPH costituiscono indici ufficiali e pubblici, e quindi accessibili ai consumatori, potendo in tal modo questi ultimi conoscere i dati pertinenti quanto alle loro modalità di calcolo e alla loro evoluzione storica facendo riferimento ai dati contenuti nel contratto di cui trattasi nel procedimento principale. 

23 Nel corso del procedimento dinanzi al giudice del rinvio, i ricorrenti nel procedimento principale hanno fatto valere inoltre che la nullità della clausola controversa doveva essere constatata per il fatto che quest'ultima, designando un IRPH come tasso di riferimento per le revisioni periodiche del tasso di interesse del mutuo di cui trattasi, avrebbe dovuto prevedere l'applicazione di un differenziale negativo, come richiesto dalla circolare 5/1994, e non di un differenziale positivo. 

24 Il giudice del rinvio sottolinea che il preambolo della circolare 5/1994 non ha valore normativo. Tuttavia, esso ritiene che tale preambolo attesti il fatto che l'autorità amministrativa autrice della circolare in parola riteneva che la commercializzazione di prodotti contenenti un riferimento a un IRPH dovesse essere accompagnata dall'applicazione di un differenziale negativo. 

25 Quanto alla presentazione della clausola controversa, il giudice del rinvio rileva che il contratto di cui trattasi nel procedimento principale non menziona le indicazioni contenute in tale preambolo relative all'applicazione di un differenziale negativo agli IRPH al fine di allinearli al tasso di mercato. 

26 Quanto agli effetti della clausola controversa, il giudice in parola sottolinea che il riferimento a un IRPH è intrinsecamente sfavorevole ai mutuatari, in quanto un siffatto indice è costituito da una media dei tassi di interesse dell'insieme delle operazioni di prestito di cui trattasi in corso, tassi che sono già costituiti in parte da commissioni e maggiorazioni. 

27 Di conseguenza, il giudice del rinvio ritiene che l'assenza di informazioni fornite ai mutuatari quanto al contenuto del preambolo della circolare 5/1994, e quindi sulle caratteristiche degli IRPH, ma anche, più in generale, sui livelli rispettivi degli IRPH e dell'indice Euribor, potrebbe essere contraria alla buona fede e generatrice di uno squilibrio a danno dei consumatori, il che giustificherebbe la qualificazione della clausola controversa come abusiva. 

28 Peraltro, detto giudice ritiene che la mancanza di informazioni sul contenuto del preambolo della circolare 5/1994, unitamente all'applicazione di un differenziale positivo leggermente inferiore a quelli applicati per i prestiti i cui tassi sono fissati con riferimento all'indice Euribor, potrebbe costituire uno stratagemma commerciale, destinato a dare l'impressione che l'onere degli interessi sarà vantaggioso. Al contrario, la comunicazione ai candidati mutuatari dell'informazione contenuta nel preambolo della circolare 5/1994 consentirebbe a questi ultimi di prendere una decisione informata. 

29 In siffatto contesto, il giudice del rinvio considera la possibilità che l'inclusione della clausola controversa nel contratto di mutuo di cui trattasi nel procedimento principale sia considerata una pratica commerciale sleale, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2005/29, giacché essa altererebbe o sarebbe tale da falsare in modo sostanziale il comportamento economico del consumatore medio a causa della mancanza di informazioni sulla necessità di applicare un differenziale negativo quando il tasso di riferimento è un IRPH. Al riguardo, esso rileva che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, l'esistenza di una pratica commerciale sleale, ai sensi della direttiva 2005/29, in relazione a una clausola contrattuale costituisce un elemento di valutazione del carattere abusivo della clausola di cui trattasi. 

30 Stanti tali circostanze, lo Juzgado de Primera Instancia n. 17 de Palma de Mallorca (Tribunale di primo grado n. 17 di Palma di Maiorca) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 

"1) Se, in considerazione del fatto che l'elaborazione dell'[IRPH istituti di credito]include le commissioni e i differenziali [applicati] ai tassi nominali, cosicché [esso] rappresent[a] un onere maggiore per il consumatore rispetto agli altri TAEG di mercato, e tenuto conto del fatto che, secondo (...) la circolare 5/1994 (...) - che costituisce il criterio normativo dell'ente di regolamentazione - tali differenziali devono essere negativi, requisito che è stato omesso e in ampia misura non rispettato dagli istituti finanziari, la totale disapplicazione del criterio normativo fissato dall'organismo di regolamentazione sia in contrasto con gli articoli 5 e 7 della direttiva [2005/29]. 

2) Se, qualora sia dimostrato che la disapplicazione del suddetto criterio normativo sia contraria agli articoli 5 e 7 della direttiva [2005/29], conformemente alla giurisprudenza della Corte (...) nella causa C-689/20, tale pratica sleale costituisca un elemento di analisi e di valutazione del carattere abusivo della clausola, e se sia contraria agli articoli 3 e 4 della direttiva 93/13 (...). 

3) Qualora la circolare 5/1994 (...), specifica del settore finanziario ma non nota al pubblico in generale, non sia stata tenuta in considerazione alcuna e sia accertato che tale omissione è contraria all'articolo 7 della direttiva [2005/29], se siffatta omissione costituisca un elemento di valutazione del carattere abusivo ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, e, se del caso, l'indice [IRPH], che è composto da "un indice di riferimento e differenziale", debba essere oggetto di un controllo di trasparenza. 

4) Se gli articoli 3, paragrafo 1, 4 e 5 della direttiva [93/13] ostino a una giurisprudenza nazionale [secondo la quale] l'assenza di applicazione di un differenziale negativo all'IRPH [non] costituisce una pratica abusiva, nonostante l'obbligo imposto dal preambolo della circolare [5/1994], e il fatto che [i mutui il cui tasso variabile è determinato con rifermento al]l'IRPH, il quale è meno vantaggioso rispetto a tutti i TAEG esistenti, e laddove l'IRPH sia[no] stat[i] commercializzat[i] come prodott[i] altrettanto vantaggios[i] dei [mutui il cui tasso variabile è determinato con riferimento al]l'[indice] Euribor, senza tener conto della necessità di [applicare all'IRPH] un differenziale negativo, cosicché sarebbe possibile far cessare gli effetti di clausole che prevedono [una siffatta] applicazione [dell'IRPH] ne[i] contratt[i interessati], a causa della loro nullità, indurre gli istituti di credito ad astenersi in futuro dall'impiegarlo, poiché commercializzare il servizio in parola [presso] consumatori vulnerabili può incidere sul loro comportamento economico, e dichiarare che le clausole in parola sono escluse dai contratti commerciali a causa del loro carattere sleale, tenuto conto del fatto che queste ultime sono state inserite [per determinare] [tassi d'interesse] in violazione della direttiva [2005/29]. 

5) Se l'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [93/13] osti al fatto all'assenza di controllo dell'inserimento e del carattere abusivo [di una clausola che prevede che il tasso di interesse variabile di un contratto di mutuo sia determinato con riferimento all'IRPH] nel caso di un differenziale imposto dissimulandolo, mentre un differenziale negativo deve essere applicato nell'offerta presentata da un istituto bancario e che il consumatore non giunge ad avere contezza del funzionamento economico degli interessi applicati al proprio contratto di mutuo nella fase d'informazione precontrattuale,, il che è in contrasto con la direttiva [2005/29]". 

Sulle questioni pregiudiziali 

Sulla ricevibilità delle questioni prima, seconda, terza e quinta 

31 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio pone interrogativi alla Corte, in sostanza, sulla compatibilità con gli articoli 5 e 7 della direttiva 2005/29 di un contratto di mutuo a tasso variabile concluso tra un professionista e un consumatore, la cui clausola che stabilisce le modalità di revisione periodica del tasso d'interesse prende come riferimento un indice ufficiale al quale viene applicata una maggiorazione, discostandosi così dalle indicazioni contenute nell'atto con il quale l'autorità competente ha introdotto tale indice, le quali precisavano al contrario che, tenuto conto del suo metodo di calcolo, sarebbe stato necessario applicare un differenziale negativo per allineare il TAEG del mutuo a quello del mercato. 

32 Con le sue questioni seconda e terza, il giudice in parola chiede talune precisazioni nell'ipotesi in cui alla prima questione venga data risposta negativa. 

33 Infine, con la sua quinta questione, il giudice del rinvio si interroga sull'interpretazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nel contesto della conclusione di un contratto di mutuo il cui tasso di interesse è presentato in modo ingannevole, non rispettando i requisiti della direttiva 2005/29. 

34 Secondo constante giurisprudenza, le questioni vertenti sul diritto dell'Unione sottoposte dal giudice nazionale sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l'interpretazione del diritto dell'Unione richiesta non ha alcuna relazione con l'effettività o con l'oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 24 novembre 2020, Openbaar Ministerie (Falso in atti), C-510/19, EU:C:2020:953, punto 26 e giurisprudenza ivi citata]. 

35 A tale scopo, per consentire alla Corte di fornire un'interpretazione del diritto dell'Unione che sia utile al giudice nazionale, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere, conformemente all'articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte, un'illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull'interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell'Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale [sentenza del 26 gennaio 2023, Ministerstvo na vatreshnite raboti (Registrazione di dati biometrici e di dati genetici da parte della polizia), C-205/21, EU:C:2023:49, punto 55 e giurisprudenza ivi citata]. 

36 Le questioni prima, seconda, terza e quinta che sono state poste presuppongono che la direttiva 2005/29 sia applicabile alla controversia di cui al procedimento principale. 

37 Al riguardo, occorre ricordare che una nuova norma giuridica si applica a partire dall'entrata in vigore dell'atto recante la medesima e che, sebbene non si applichi alle situazioni giuridiche sorte e definitivamente acquisite in vigenza della vecchia legge, si applica agli effetti futuri delle medesime, nonché alle situazioni giuridiche nuove, a meno che, fatto salvo il principio di irretroattività degli atti giuridici, la nuova norma sia accompagnata da disposizioni particolari che determinano specificamente le proprie condizioni di applicazione nel tempo (sentenze del 16 dicembre 2010, S.N. e a., C-266/09, EU:C:2010:779, punto 32, nonché del 26 marzo 2015, Commission/Moravia Gas Storage, C-596/13 P, EU:C:2015:203, punto 32). 

38 Pertanto, per quanto riguarda più in particolare le direttive, soltanto le situazioni giuridiche acquisite posteriormente alla scadenza del termine di trasposizione di una direttiva rientrano, ratione temporis, nell'ambito di applicazione di quest'ultima (v., in tal senso, sentenza del 15 gennaio 2019, E.B., C-258/17, EU:C:2019:17, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). 

39 Orbene, conformemente all'articolo 19 della direttiva 2005/29, gli Stati membri dovevano aver adottato e pubblicato entro il 12 giugno 2007 le disposizioni necessarie per conformarsi a quest'ultima e tali disposizioni dovevano essere applicate entro il 12 dicembre successivo. 

40 In pratica, il Regno di Spagna e la Commissione hanno indicato in udienza che la direttiva 2005/29 era stata da ultimo trasposta nel diritto spagnolo dalla Ley 29/2009, por la que se modifica el régimen legal de la competencia desleal y de la publicidad para la mejora de la protección de los consumidores y usuarios (L. n. 29 del 2009, che modifica il regime legale in materia di concorrenza sleale e pubblicità per migliorare la tutela dei consumatori e degli utenti), del 30 dicembre 2009 (BOE n. 315, del 31 dicembre 2009, pag. 112039). 

41 Da quanto precede risulta che la direttiva 2005/29 non era applicabile alla data di conclusione del contratto di cui trattasi nel procedimento principale, avvenuta il 12 maggio 2006. 

42 Di conseguenza, l'interpretazione di tale direttiva è irrilevante ai fini della risoluzione della controversia di cui al procedimento principale, cosicché le questioni dalla prima alla terza nonché, in parte, la quinta questione, che vertono, direttamente o indirettamente, su tale interpretazione, sono irricevibili. 

43 Per quanto riguarda la quinta questione, nella parte in cui essa verte sull'interpretazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, la domanda di pronuncia pregiudiziale non fornisce gli elementi richiesti dall'articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, destinati a consentire alla Corte di dare una risposta utile al giudice del rinvio, dal momento che la domanda in parola non espone le ragioni che hanno indotto tale giudice a interrogarsi sull'interpretazione di detta disposizione. 

44 Di conseguenza, la quinta questione è del pari integralmente irricevibile. 

Sulla quarta questione 

45 Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 3, paragrafo 1, nonché gli articoli 4 e 5 della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una giurisprudenza nazionale secondo la quale non è abusiva una clausola di un contratto di mutuo a tasso variabile che prenda come indice di riferimento un IRPH applicandogli una maggiorazione, nonostante le indicazioni contenute nel preambolo della circolare 5/1994. 

46 In via preliminare, occorre rilevare che, in primo luogo, la decisione di rinvio non contiene informazioni quanto al contenuto preciso della giurisprudenza nazionale menzionata nella questione in parola, cosicché la Corte non dispone degli elementi necessari per formulare una risposta in funzione di tale giurisprudenza. 

47 In secondo luogo, da quanto esposto nella decisione di rinvio risulta che detta questione riguarda non solo il fatto che la clausola controversa non prevede l'applicazione di un differenziale negativo all'IRPH designato come indice di riferimento al fine di tener conto degli effetti del metodo di calcolo degli IRPH quali descritti nel preambolo della circolare 5/1994, ma anche l'assenza di informazioni fornite ai mutuatari durante la fase precontrattuale relativamente all'esistenza e al contenuto di tali indicazioni, il che è corroborato segnatamente dalla menzione dell'articolo 5 della direttiva 93/13, disposizione questa che verte sull'obbligo di trasparenza. 

48 Infine, in terzo luogo, da siffatta esposizione risulta altresì che, da un lato, la clausola controversa rinvia alla circolare 8/1990 nella parte in cui quest'ultima descrive gli IRPH nel suo allegato VIII e, dall'altro, che il preambolo contenente le indicazioni relative agli effetti del metodo di calcolo degli IRPH figura non in tale circolare, bensì nella circolare 5/1994, circolari, queste, che sono state entrambe oggetto di una pubblicazione ufficiale. 

49 In considerazione di quanto precede, occorre ritenere che, con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l'articolo 3, paragrafo 1, nonché gli articoli 4 e 5 della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che è rilevante per valutare la trasparenza e l'eventuale carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile che designa come indice di riferimento, per la revisione periodica del tasso di interesse applicabile a tale mutuo, un indice stabilito da una circolare oggetto di una pubblicazione ufficiale, al quale è applicata una maggiorazione, il tenore delle informazioni contenute in un'altra circolare, le quali menzionano la necessità di applicare all'indice in parola, tenuto conto del suo modo di calcolo, un differenziale negativo al fine di allineare detto tasso di interesse al tasso di mercato. 

50 Occorre precisare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, la competenza di quest'ultima in materia verte sull'interpretazione delle nozioni della direttiva 93/13, nonché sui criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale con riguardo alle disposizioni di quest'ultima, fermo restando che spetta a detto giudice pronunciarsi, in base ai criteri sopra citati, sulla qualificazione concreta di una specifica clausola contrattuale in funzione delle circostanze proprie del caso di specie. Ne risulta che la Corte deve limitarsi a fornire al giudice del rinvio indicazioni che quest'ultimo dovrà prendere in considerazione (v., in tal senso, sentenza del 16 gennaio 2014, Constructora Principado, C-226/12, EU:C:2014:10, punto 20 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C-125/18, EU:C:2020:138, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). 

51 Per quanto riguarda, in primo luogo, il requisito di trasparenza delle clausole contrattuali, quale risulta dall'articolo 4, paragrafo 2, e dall'articolo 5 della direttiva 93/13, occorre ricordare che le informazioni, prima della conclusione di un contratto, in merito alle condizioni contrattuali ed alle conseguenze di detta conclusione, sono, per un consumatore, di fondamentale importanza. È segnatamente in base a tali informazioni che quest'ultimo decide se desidera vincolarsi alle condizioni preventivamente redatte dal professionista (sentenza del 20 settembre 2017, A. e a., C-186/16, EU:C:2017:703, punto 48 nonché giurisprudenza ivi citata). 

52 Di conseguenza, e dal momento che il sistema di tutela istituito da tale direttiva si fonda sull'idea che il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda, in particolare, il grado di informazione, il requisito di cui trattasi deve essere interpretato in modo estensivo (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, A. e a., C-186/16, EU:C:2017:703, punto 44 nonché giurisprudenza ivi citata). 

53 Concretamente, il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere formulata in modo chiaro e comprensibile presuppone che, nel caso dei contratti di mutuo, gli istituti finanziari debbano fornire ai mutuatari informazioni sufficienti a consentire a questi ultimi di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, A. e a., C-186/16, EU:C:2017:703, punto 51). Al riguardo, spetta al giudice nazionale, quando valuta le circostanze ricorrenti al momento della conclusione del contratto, verificare che sia stato comunicato al consumatore interessato il complesso degli elementi idonei a incidere sulla portata del suo impegno e che gli consentono di valutare quest'ultima, segnatamente, per quanto riguarda il costo totale del mutuo (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, A. e a., C-186/16, EU:C:2017:703, punto 47 nonché giurisprudenza ivi citata). 

54 Svolgono un ruolo determinante in siffatta valutazione, da un lato, la questione di accertare se le clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile tale da consentire a un consumatore medio, ossia un consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, di valutare un costo del genere e, d'altro lato, la menzione o la mancata menzione nel contratto di credito delle informazioni considerate come essenziali alla luce della natura dei beni o dei servizi che costituiscono l'oggetto del suddetto contratto (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, A. e a., C-186/16, EU:C:2017:703, punto 47 nonché giurisprudenza ivi citata). 

55 Per quanto riguarda, più in particolare, una clausola che preveda, nell'ambito di un contratto di mutuo ipotecario, una remunerazione di tale mutuo mediante interessi calcolati sulla base di un tasso variabile, come nel procedimento principale, con riferimento a un indice ufficiale, il requisito di trasparenza deve essere inteso nel senso che impone, in particolare, che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia posto in grado di comprendere il funzionamento concreto della modalità di calcolo di tale tasso e di valutare in tal modo, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sulle sue obbligazioni finanziarie (sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C-125/18, EU:C:2020:138, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). 

56 Tra gli elementi pertinenti che spetta al giudice nazionale prendere in considerazione quando effettua le necessarie verifiche al riguardo vi sono non solo il contenuto delle informazioni fornite dal mutuante nell'ambito della negoziazione del contratto di mutuo in discussione, ma altresì il fatto che i principali elementi relativi al calcolo dell'indice di riferimento siano facilmente accessibili, grazie alla loro pubblicazione (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C-125/18, EU:C:2020:138, punti 52, 53 e 56). 

57 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che, da un lato, l'indice di riferimento di cui trattasi nel procedimento principale è stato stabilito con la circolare 8/1990, pubblicata nel Boletín Oficial del Estado. Dall'altro lato, nella clausola controversa viene precisato che l'indice in parola è descritto nell'allegato VIII di tale circolare e che quest'ultima proviene dalla B.S.. 

58 Spetta al giudice del rinvio assicurarsi che le informazioni così fornite fossero sufficienti per consentire a un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, di prendere effettivamente conoscenza delle modalità di calcolo dell'indice di riferimento di cui alla clausola controversa. 

59 Per quanto riguarda la questione se la presa di conoscenza effettiva delle modalità di calcolo dell'indice di riferimento di cui alla clausola controversa, figurante all'allegato VIII della circolare 8/1990, fosse sufficiente per consentire a un consumatore medio di comprenderle e di essere conscio delle loro conseguenze economiche senza che fossero parimenti portate a sua conoscenza le informazioni contenute nel preambolo della circolare 5/1994, occorre, per il giudice del rinvio, tener conto dell'importanza, per tale consumatore, di queste ultime per valutare correttamente le conseguenze economiche della conclusione del contratto di mutuo ipotecario di cui trattasi nel procedimento principale. Al riguardo, costituisce un indizio rilevante dell'utilità di siffatte informazioni per il consumatore il fatto che l'istituto autore della circolare 5/1994 abbia ritenuto opportuno, con detto preambolo, attirare l'attenzione degli istituti di credito sul livello degli IRPH rispetto al tasso di mercato e sulla necessità di applicare un differenziale negativo per allinearli a tale tasso. 

60 È altresì rilevante per la valutazione del giudice del rinvio il fatto che tali informazioni, sebbene pubblicate nel Boletín Oficial del Estado, figurino nel preambolo della circolare 5/1994 e non nella circolare che stabilisce l'indice di riferimento contrattuale, a cui rinviava la clausola controversa, ossia la circolare 8/1990. Spetta, in particolare, a tale giudice verificare se l'ottenimento di dette informazioni presupponesse l'espletamento di un'iniziativa che, rientrando nell'ambito di una ricerca giuridica, non poteva ragionevolmente attendersi da un consumatore medio. 

61 In secondo luogo, per quanto riguarda la valutazione dell'eventuale carattere abusivo di una clausola come la clausola controversa, l'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dispone che una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto. 

62 A detto riguardo, occorre rilevare in via preliminare che dalla decisione di rinvio risulta che la convenuta nel procedimento principale sostiene che la clausola controversa è stata oggetto di negoziato individuale. Spetta al giudice del rinvio pronunciarsi su tale aspetto, prendendo in considerazione le norme relative alla ripartizione dell'onere della prova enunciate all'articolo 3, paragrafo 2, primo e terzo comma, della direttiva 93/13, le quali prevedono segnatamente che qualora il professionista affermi che una clausola standardizzata è stata oggetto di negoziato individuale, gli incombe l'onere della prova. 

63 Nell'ambito della valutazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale non negoziata individualmente, che spetta al giudice nazionale effettuare in forza dell'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, esso è tenuto a valutare, in considerazione di tutte le circostanze della controversia, in un primo momento, la possibile violazione del requisito della buona fede e, in un secondo momento, la sussistenza di un eventuale significativo squilibrio a danno del consumatore, ai sensi di tale disposizione (sentenza del 3 ottobre 2019, K. e C.B., C-621/17, EU:C:2019:820, punto 49 nonché giurisprudenza ivi citata). 

64 Al fine di precisare tali nozioni, occorre ricordare, da un lato, relativamente al punto di quali siano le circostanze in cui un tale squilibrio sia determinato "malgrado il requisito della buona fede", che, alla luce del sedicesimo considerando della direttiva 93/13, il giudice nazionale deve verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest'ultimo aderisse ad una clausola del genere nell'ambito di un negoziato individuale (sentenza del 26 gennaio 2017, B.P., C-421/14, EU:C:2017:60, punto 60, e giurisprudenza citata). 

65 Da un lato, al fine di determinare se una clausola crei, a danno del consumatore, un "significativo squilibrio" dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, occorre tener conto, in particolare, delle disposizioni applicabili nel diritto nazionale in mancanza di un accordo tra le parti, in modo da valutare se, ed eventualmente in che misura tale contratto collochi tale consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2017, B.P., C-421/14, EU:C:2017:60, punto 59). Trattandosi di una clausola relativa al calcolo degli interessi relativi a un contratto di mutuo, è altresì pertinente confrontare il metodo di calcolo del tasso degli interessi ordinari previsto da tale clausola e l'importo effettivo di detto tasso che ne risulta con i metodi di calcolo abitualmente adottati e il tasso d'interesse legale nonché i tassi d'interesse praticati sul mercato alla data della conclusione del contratto di cui trattasi nel procedimento principale per un mutuo di importo e di durata equivalenti a quelli del contratto di mutuo considerato (sentenza del 26 gennaio 2017, B.P., C-421/14, EU:C:2017:60, punto 65). 

66 Va inoltre ricordato che il carattere trasparente di una clausola contrattuale, come richiesto all'articolo 5 della direttiva 93/13, costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione nell'ambito dell'esame del carattere abusivo di tale clausola (sentenza del 3 ottobre 2019, K. e C.B., C-621/17, EU:C:2019:820, punto 49). Per contro, dall'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva in parola si evince che la circostanza che una clausola non sia redatta in maniera chiara e comprensibile non è, di per sé, tale da conferirle un carattere abusivo (v., in tal senso, ordinanza del 17 novembre 2021, Gómez del Moral Guasch, C-655/20, EU:C:2021:943, punto 37). 

67 Infine, occorre tener conto dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nella parte in cui precisa che il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato, in particolare, facendo riferimento a tutte le altre clausole del contratto. A tal riguardo, poiché, ai sensi del preambolo della circolare 5/1994, gli IRPH includono l'effetto delle commissioni, può essere pertinente esaminare la natura delle commissioni eventualmente stipulate in altre clausole del contratto di cui trattasi nel procedimento principale, al fine di verificare se esista un rischio di duplice remunerazione di talune prestazioni del mutuante. 

68 Spetta al giudice del rinvio valutare la situazione in discussione nel procedimento principale tenendo conto delle indicazioni menzionate ai punti da 51 a 67 della presente sentenza, dopo aver verificato gli elementi che rientrano nel quadro fattuale di tale caso e nel quadro giuridico nazionale. 

69 Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l'articolo 3, paragrafo 1, nonché gli articoli 4 e 5 della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che è rilevante per valutare la trasparenza e l'eventuale carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile che designa come indice di riferimento, per la revisione periodica del tasso di interesse applicabile a tale mutuo, un indice stabilito da una circolare oggetto di una pubblicazione ufficiale, al quale viene applicata una maggiorazione, il tenore delle informazioni contenute in un'altra circolare che menzionano la necessità di applicare all'indice in parola, tenuto conto del suo metodo di calcolo, un differenziale negativo al fine di allineare detto tasso di interesse al tasso di mercato. È altresì rilevante la questione se tali informazioni siano sufficientemente accessibili per un consumatore medio. 

Sulle spese 

70 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. 

P.Q.M. 

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara: 

L'articolo 3, paragrafo 1, nonché gli articoli 4 e 5 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, 

devono essere interpretati nel senso che: 

è rilevante per valutare la trasparenza e l'eventuale carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile che designa come indice di riferimento, per la revisione periodica del tasso di interesse applicabile a tale mutuo, un indice stabilito da una circolare oggetto di una pubblicazione ufficiale, al quale viene applicata una maggiorazione, il tenore delle informazioni contenute in un'altra circolare che menzionano la necessità di applicare all'indice in parola, tenuto conto del suo metodo di calcolo, un differenziale negativo al fine di allineare detto tasso di interesse al tasso di mercato. È altresì rilevante la questione se tali informazioni siano sufficientemente accessibili per un consumatore medio. 

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