Corte d'Appello 2023 - ripetizione di somme non dovute
Corte d'Appello Roma Sez. lavoro, Sent., 30/03/2023
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
- Sezione Lavoro e Previdenza -
composta dai Signori Magistrati
Dott. Guido ROSA - Presidente -
Dott.ssa Francesca DEL VILLANO ACETO - Consigliere -
Dott.ssa Bianca Maria SERAFINI - Consigliere est. -
all'udienza del 9 febbraio 2023 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 3447 del Ruolo Generale Affari Contenziosi del 2019, vertente
TRA
x
- APPELLANTE -
E
A.U.S.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. omissis, come da procura in atti, elettivamente domiciliata presso l'A.U.F. Ufficio Protocollo Presidio Ospedaliero "Omissis", via S. Omissis s.n.c. Omissis
- APPELLATA-
Oggetto: appello avverso la sentenza n. 309/2019 del Tribunale di Roma pubblicata in data 17/04/20219.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con sentenza n. 309/2019, pubblicata il 17/04/2019, il Tribunale di Omissis, in funzione di giudice del lavoro, ha rigettato il ricorso presentato da Z.R. con cui quest'ultimo, convenendo in giudizio l'A.U.S.L., chiedeva di accertare e dichiarare l'illegittimità del recupero di Euro 625,97 operato dalla azienda convenuta per le maggiori spese di missione corrisposte al ricorrente, e di condannare la resistente alla restituzione dell'importo; in via subordinata di condannare l'azienda, a titolo di arricchimento privo di causa, alla corresponsione della medesima somma o di altra ritenuta di giustizia.
A sostegno delle sue domande il ricorrente deduceva di essere dipendente della A.F. dal 12/11/2007, con qualifica di "operatore tecnico-autista", addetto al distretto di Omissis; di essere stato comandato dai suoi superiori di portarsi presso la Direzione Generale di Frosinone o altri uffici dislocati, per portare documenti o altro, e di avere utilizzato la propria autovet tura per detti spostamenti; di avergli contestato il Responsabile della Direzione Amministrativa una differenza tra le maggiori spese di missione corrisposte dal 31.5.2010 e quelle quantificate con deliberazione n. 376 del 6.4.2012, con richiesta di rimborso di Euro 625,97; di avergli comunicato la A. di dar corso al recupero nei limiti del quinto dello stipendio, con Provv. del 18 giugno 2014, privo di motivazione, con richiamo a note aziendali interne, mai portate a conoscenza del ricorrente, e all'art. 6 L. n. 122 del 2010; di essere tale recupero illegittimo, non essendo stato comunicato al dipendente l'avvio del procedimento; di essere la somma non rilevante in relazione all'interesse della P.A. ma significativa, invece, per l'economia familiare del ricorrente; di doversi escludere l'applicabilità dell'art. 2033 c.c. in considerazione della buona fede del percipiente e del suo legittimo affidamento.
Si costituiva in giudizio l'A.F. che chiedeva il rigetto del ricorso.
Il Tribunale di Omissis, con la sentenza richiamata, ha rigettato il ricorso rilevando: i) che l'art. 6, comma 12, L. n. 122 del 2010 ha vietato alle amministrazioni pubbliche di effettuare spese per missioni, anche all'estero, con esclusione di alcune ipotesi specifiche, e ha altresì previsto che dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla L. n. 122 del 2010, gli articoli 15 della L. n. 836 del 1973- relativo all'indennità prevista quale "rimborso spese viaggio"- e 8 della L. n. 417 del 1978, che ha inciso sul quantum della detta indennità, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi; ii) che l'Azienda, nella deliberazione n. 376 del 6 aprile 2012, aveva indicato il parametro alla stregua del quale quantificare i rimborsi, compreso quello del ricorrente, nel quadro dell'art. 6, comma 12, D.L. n. 78 del 2010, rivolto alla riduzione della spesa pubblica dell'amministrazione; iv) che l'autorizzazione all'uso del mezzo proprio, poteva ancora essere conseguita ma finalizzata esclusivamente alla copertura assicurativa dovuta dall'amministrazione in base alle disposizioni in materia, esclusa ogni possibilità di rimborso delle spese per l'utilizzo del mezzo proprio; v) che era inconferente il richiamo alle norme sul procedimento amministrativo poiché nel pubblico impiego contrattualizzato la P.A., nella sua qualità di datore di lavoro, esercita poteri privatistici e non è applicabile alcuna disposizione della L. n. 241 del 1990.
Avverso la suddetta decisione ha proposto appello Z.R., lamentando l'erroneità della sentenza impugnata per: 1) mancato esame dei motivi di ricorso, motivazione tautologica e incongrua rispetto ai motivi di doglianza, relativi alla non applicabilità dell'art. 2033 c.c. in caso di percezione in buona fede e del legittimo affidamento; 2) profili di incostituzionalità dell'art. 6, comma 12, D.L. n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla L. n. 122 del 2010, per irragionevolezza in quanto obbligare il dipendente all'utilizzo del mezzo pubblico comporta un costo aziendale superiore considerato l'impiego del tempo oltre il normale orario di servizio.
Ha, pertanto, concluso chiedendo l'accoglimento dell'appello e, in riforma della gravata sentenza, l'accoglimento delle domande formulate con il ricorso di primo grado.
Si è costituita in giudizio l'A.U.S.L., resistendo al gravame, e chiedendone il rigetto, perché infondato in fatto e diritto.
All'odierna udienza, all'esito degli adempimenti previsti dall'art. 437 c.p.c., la causa è stata decisa come da dispositivo.
Rileva la Corte che l'appello non è fondato e le conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado sono meritevoli di conferma nella presente fase di impugnazione.
Con il primo motivo l'appellante censura la sentenza impugnata per non aver applicato, alla fattispecie in esame, l'art. 2033 c.c. sussistendo la buona fede ed il legittimo affidamento del percipiente.
Il motivo è infondato.
L'art. 6, comma 12, D.L. n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla L. n. 122 del 2010, prevede: "A decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della L. 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per missioni, anche all'estero, con esclusione delle missioni internazionali di pace e delle Forze armate, delle missioni delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, del personale di magistratura, nonché di quelle strettamente connesse ad accordi internazionali ovvero indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari, nonché con investitori istituzionali necessari alla gestione del debito pubblico, per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009. Gli atti e i contratti posti in essere in violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. Il limite di spesa stabilito dal presente comma può essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un motivato provvedimento adottato dall'organo di vertice dell'amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi di revisione dell'ente. Il presente comma non si applica alla spesa effettuata per lo svolgimento di compiti ispettivi, a quella effettuata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per lo svolgimento delle attività indispensabili di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale e a quella effettuata dalle università nonché a quella effettuata dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti dell'Unione europea ovvero di soggetti privati nonché da finanziamenti di soggetti pubblici destinati ad attività di ricerca… A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto gli articoli 15 della L. 18 dicembre 1973, n. 836 e 8 della L. 26 luglio 1978, n. 417 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettive".
La norma è entrata in vigore il 31.5.2010 ed ha espressamente escluso l'applicazione dell'art. 15 L. n. 836 del 1973, relativo all'indennità prevista quale "rimborso spese di viaggio" per l'uso del mezzo proprio di trasporto in favore del personale che " per lo svolgimento di funzioni ispettive abbia frequente necessità di recarsi in località comprese nell'ambito della circoscrizione territo riale dell'ufficio di appartenenza e comunque non oltre i limiti di quella provinciale", semprechè l'uso di tale mezzo "risulti più conveniente dei normali servizi di linea", norma applicabile anche al personale che debba recarsi per servizio in località comprese nelle circoscrizioni di cui al comma 1, qualora l'orario dei servizi pubblici di linea sia inconciliabile con lo svolgimento della missione o nei casi in cui tali servizi manchino del tutto"; e dell'art. 8 L. n. 417 del 1978, che ha inciso sulla misura dell'indennità in questione, "fissata in L. 43 a chilometro", ragguagliandola ad "un quinto del prezzo del litro di benzina super vigente nel tempo".
L'intervento abrogativo trova riscontro nella Relazione del disegno di legge "conversione in legge del D.L. 31 maggio 2010, n. 78" "in quanto lo scopo ultimo del legislatore si sostanzia neltaglio della spesa pubblica che, nel caso di specie, si traduce nella soppressione della misura dell'indennità chilometrica, ragguagliata ad un quinto del prezzo di un litro di benzina vigente al tempo, che rimborsava le spese per l'utilizzo del mezzo proprio", e in tal senso si è espressa la Corte dei Conti, Sezioni riunite in sede di controllo con la Delib. n. 8 del 7 febbraio 2011, richiamata dal giudice di prime cure, " Le disposizioni interne delle singole amministrazioni potranno prevedere, in caso di autorizzazione all'uso del mezzo proprio, un indennizzo corrispondente alla somma che il dipendente avrebbe speso ove fosse ricorso ai trasporti pubblici, ove ciò determini un più efficace espletamento dell'attività, garantendo, ad esempio, un più rapido rientro in servizio, risparmi nel pernottamento, l'espletamento di un numero maggiori di interventi".
Con l'entrata in vigore della norma sopra richiamata sono quindi divenuti immediatamente inapplicabili i criteri di liquidazione dell'indennità di missione fissati dall'art. 15 L. n. 836 del 1973 e dall'art. 8 L. n. 417 del 1978, e l'Azienda appellata con la deliberazione n. 376 del 6 aprile 2012 ha disposto:- l'utilizzo, in via generale, di un mezzo aziendale per gli spostamenti da una località all'altra;- l'utilizzo del mezzo proprio solo al personale con compiti ispettivi di verifica e di controllo con il rimborso, previa autorizzazione, per le spese sostenute per l'acquisto di carburante (un quinto del prezzo del litro di benzina);- l'indennizzo ai dipendenti autorizzati all'uso del mezzo proprio per ragioni di servizio se ciò determina un più efficace espletamento dell'attività lavorativa, equivalente alla somma che il dipendente avrebbe speso con il mezzo pubblico, ferma l'estensione della copertura assicurativa;- la possibilità di un rimborso spese calcolato sulla base di una tariffa chilometrica pari a 0,085 al chilometro, e non ad un quinto del prezzo al litro della benzina.
Il Tribunale, con motivazione pienamente condivisibile, ha ritenuto che "costituisce legittima esplicazione del potere dell'amministrazione pubblica- e le "aziende e gli enti del Servizio Sanitario nazionale" rientrano tra le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001-l'organizzazione dei propri servizi secondo i ben noti criteri di economicità ed efficienza dell'azione amministrativa ( il " buon andamento" di cui all'art. 97 Cost.) fissando "il costo" del servizio reso con l'uso del mezzo proprio che non potrà mai eccedere le spese del trasporto in ipotesi di utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto", come effettivamente ha fatto l'A.S. convenuta.
Le maggiori somme corrisposte all'odierno appellante a titolo di indennità di spese di viaggio, maturate dal periodo da giugno 2010 sino alla data della delibera, alla luce delle considerazioni sopra espresse, sono state quindi erogate "sine titulo" con conseguente inapplicabilità dell'art. 2033 c.c. alla stregua del principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui "In materia di impiego pubblico privatizzato, nel caso di domanda di ripetizione dell'indebito proposta da un'amministrazione nei confronti di un proprio dipendente, in relazione alle somme corrisposte a titolo di retribuzione, qualora risulti accertato che l'erogazione è avvenuta "sine titulo", la ripetibilità delle somme non può essere esclusa ex art. 2033 c.c. per la buona fede dell'"accipiens", in quanto questa norma riguarda, sotto il profilo soggettivo, soltanto la restituzione dei frutti e degli interessi. ( Cass.Sez. L Sentenza n. 4323 del 20/02/2017; Sez. L, Sentenza n. 8338 del 08/04/2010).
Inammissibile è la seconda doglianza, prospettata come questione subordinata, con cui parte appellante ha prospettato "profili di incostituzionalità dell'art. 6 comma 12 D.L. n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla L. n. 122 del 2010 per irragionevolezza sotto il profilo della mancanza di coerenza con il fine", in assenza di ogni indicazione del parametro risultante dalle disposizioni della Costituzione o di leggi di rango costituzionale che si presumono violate.
Tali i motivi della decisione alla stregua dei quali l'appello non è meritevole di accoglimento.
In considerazione delle questioni interpretative poste dalla normativa di riferimento le spese del grado sono integralmente compensate tra le parti.
Sussistono, stante il tenore della decisione, le condizioni oggettive richieste dall'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento da parte dell'appellante dell'ulteriore importo del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta l'appello. Compensa integralmente tra le parti le spese del grado. Sussistono le condizioni oggettive richieste dall'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento da parte dell'appellante dell'ulteriore importo del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2023.
Depositata in Cancelleria il 30 marzo 2023.
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