Nota 24 maggio 2011 (1).
Bilancio demografico nazionale - Anno 2010: popolazione residente, natalità, mortalità, migrazioni, famiglie e convivenze.
(1) Emanata dall'Istituto nazionale di statistica.
Al 31 dicembre 2010 risiedevano in Italia 60.626.442 persone, con un incremento di 286.114 unità (+0,5%) dovuto esclusivamente alle migrazioni dall'estero.
Più dei due terzi dell'incremento della popolazione si registra nelle regioni del Nord, mentre solo poco più di un decimo nel Mezzogiorno.
Il movimento naturale della popolazione è negativo. In particolare, sono nati quasi 7 mila bambini in meno rispetto all'anno precedente (si tratta di una riduzione pari a quella già registrata nel corso del 2009).
Il movimento migratorio con l'estero nel 2010 ha fatto registrare un saldo positivo pari a +380 mila unità.
Ogni mese del 2010 si sono iscritti in anagrafe circa 38 mila nuovi residenti provenienti dall'estero.
Il movimento migratorio, sia interno sia dall'estero, è indirizzato prevalentemente verso le regioni del Nord e del Centro.
Le famiglie anagrafiche sono 25 milioni e 193 mila; il numero medio di componenti per famiglia è pari a 2,4 e stabile rispetto al 2009.
Figura 1. Bilancio della popolazione residente: saldo naturale, saldo migratorio estero e saldo interno e per altri motivi per mese - Anno 2010
Prospetto 1. Popolazione residente per sesso e ripartizione geografica - 31 dicembre 2010
Popolazione al 31 dicembre 2010
Variazioni rispetto al 31 dicembre 2009
Ripartizioni geografiche
Maschi
Femmine
Totale
Comp. %
di cui: % stranieri
V. A.
%
Nord-ovest
7.833.670
8.286.397
16.120.067
26,6
9,9
103.844
0,6
Nord-est
5.672.547
5.970.647
11.643.194
19,2
10,3
90.982
0,8
Centro
5.755.106
6.195.216
11.950.322
19,7
9,6
59.858
0,5
Sud
6.889.163
7.297.210
14.186.373
23,4
3,1
20.340
0,1
Isole
3.262.788
3.463.698
6.726.486
11,1
2,7
11.090
0,2
Italia
29.413.274
31.213.168
60.626.442
100,0
7,5
286.114
0,5
Le migrazioni segnano un più nel bilancio demografico nazionale
Al 31 dicembre 2010 la popolazione complessiva risulta pari a 60.626.442 unità. Si è dunque registrato un incremento di 286.114 unità rispetto all'anno precedente, pari allo 0,5%, dovuto completamente alle migrazioni dall'estero.
Complessivamente, la variazione della popolazione è stata determinata dalla somma delle seguenti voci di bilancio: il saldo del movimento naturale, pari a -25.544 unità, il saldo del movimento migratorio con l'estero, pari a +380.085, un incremento dovuto al movimento per altri motivi e al saldo interno pari a -68.427 unità (a livello nazionale, il saldo migratorio interno può risultare diverso da zero a causa dello sfasamento temporale delle registrazioni anagrafiche di iscrizione e cancellazione).
La quota di stranieri sulla popolazione totale residente è pari al 7,5% [1], in crescita rispetto al 2009 (7,0 stranieri ogni 100 residenti). L'incidenza della popolazione straniera è molto più elevata in tutto il Centro-Nord (9,9% nel Nord-ovest, 10,3% nel Nord-est e 9,6% nel Centro), rispetto alle regioni del Sud e delle Isole, dove la quota di stranieri residenti è, rispettivamente, appena del 3,1% e del 2,7%.
[1] Tutti i dati del 2010 relativi agli stranieri sono da considerarsi provvisori.
Forti differenze nelle dinamiche demografiche in rapporto al territorio
La crescita della popolazione non è uniforme sul territorio nazionale in conseguenza di bilanci naturali e migratori notevolmente diversificati. Si conferma anche per il 2010 un movimento migratorio, sia interno sia dall'estero, indirizzato prevalentemente verso le regioni del Nord e del Centro, e un saldo naturale che risulta positivo solo nel Sud. Il risultato di queste dinamiche contrapposte è una variazione positiva della popolazione in tutte le ripartizioni geografiche, ma piuttosto modesta nelle isole e nelle regioni meridionali.
La distribuzione della popolazione residente per ripartizione geografica assegna ai comuni delle regioni del Nord-ovest 16.120.067 abitanti (il 26,6% del totale), a quelli del Nord-est 11.643.194 abitanti (il 19,2%), al Centro 11.950.322 (il 19,7%), al Sud 14.186.373 (il 23,4%) e alle Isole 6.726.486 abitanti Tali percentuali sono pressoché invariate rispetto al 2009.
Saldo naturale più basso dal 2003
Nel corso del 2010 sono nati 561.944 bambini (6.913 in meno rispetto all'anno precedente) e sono morte 587.488 persone (4.175 in meno rispetto al 2009). Pertanto il saldo naturale, dato dalla differenza tra nati e morti, è risultato negativo per 25.544 unità, che rappresenta il picco negativo dell'ultimo decennio, dopo quello del 2003, quando la mortalità toccò valori elevati per la forte calura estiva.
Il saldo naturale è positivo nella ripartizione Sud, specificatamente in Campania e Puglia, ma anche in regioni di altre ripartizioni: nel Lazio, nelle due province autonome di Trento e Bolzano, in Veneto, Lombardia e Sicilia.
Prospetto 2. Movimento naturale della popolazione residente: nati, morti, saldo naturale - Anno 2010, valori assoluti, percentuali e quozienti per 1000 residenti
Ripartizioni geografiche
Nati vivi
Tasso di natalità
Morti
Tasso di mortalità
Saldo naturale
Tasso di
2010
Variazione sul 2009
di cui: %
2010
Variazione sul 2009
crescita
Val. assoluti
%
stranieri
Val. assoluti
%
naturale
Nord-ovest
149.437
-2.115
-1,4
20,4
9,3
161.707
-728
-0,4
10,1
-12.270
-0,8
Nord-est
109.914
-941
-0,8
20,8
9,5
115.073
252
0,2
9,9
-5.159
-0,4
Centro
108.931
-649
-0,6
15,7
9,1
121.448
-210
-0,2
10,2
-12.517
-1,1
Sud
132.041
-2.104
-1,6
3,9
9,3
126.752
-1.472
-1,1
8,9
5.289
0,4
Isole
61.621
-1.104
-1,8
3,9
9,2
62.508
-2.017
-3,1
9,3
-887
-0,1
Italia
561.944
-6.913
-1,2
13,9
9,3
587.488
-4.175
-0,7
9,7
-25.544
-0,4
Continua il decremento delle nascite, soprattutto in Sardegna e Sicilia
Il numero dei nati è diminuito rispetto al 2009 (-6.913, pari all'1,2%), seguendo un andamento già registrato nel corso dell'anno precedente. Il decremento, seppur contenuto, si registra in tutte le ripartizioni, in particolare nelle due Isole (-1,8%), nelle regioni del Sud (-1,6%) e del Nord-ovest (1,4%), mentre risulta più lieve nel Centro (-0,6%) e nel Nord-est (-0,8%).
A livello nazionale si conferma la diminuzione delle nascite già osservata l'anno precedente, che aveva interrotto la serie positiva dell'aumento della natalità. L'incremento registrato nel decennio appena concluso, era dovuto principalmente all'apporto alla natalità dato dalle donne straniere. Infatti, di pari passo con l'aumento di stranieri che vivono in Italia, anche l'incidenza delle nascite di bambini stranieri sul totale dei nati ha avuto un notevole incremento, passando dal 4,8% del 2000 al 13,9% del 2010; in valori assoluti da quasi 30 mila nati nel 2000 a quasi 80 mila nel 2010.
Tuttavia, l'incremento che le donne straniere danno alla natalità non compensa la diminuzione dovuta a quello delle donne italiane. Infatti, da un lato le donne italiane in età riproduttiva (15-49 anni) fanno registrare una diminuzione della propensione alla procreazione, testimoniata dal tasso di fecondità stimato, che passa da 1,33 a 1,29 nel giro di un solo anno; dall'altro si registra una progressiva riduzione delle potenziali madri, dovuto al prolungato calo delle nascite iniziato all'incirca a metà anni '70, con effetti che si attendono ancora più rilevanti in futuro. Inoltre, nonostante l'assenza di relazioni dirette di causa-effetto, non si può escludere che la crisi economica abbia prodotto qualche effetto negativo anche sulla natalità, come peraltro potrebbe essere avvenuto per la concomitante diminuzione dei matrimoni, registrata proprio negli ultimi due anni [2].
Il tasso di natalità è pari al 9,3 per mille e si presenta come il valore più basso dell'ultimo decennio; supera la media nazionale nella ripartizione del Nord-est e varia da un minimo di 7,4 nati per mille abitanti in Liguria a un massimo di 10,4 per mille nella provincia autonoma di Bolzano.
Figura 2. Tasso di natalità e tasso di mortalità per regione. Anno 2010
[2] Vedi il matrimonio in Italia http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20110518_00/statistica
Tasso di mortalità in riduzione quasi ovunque
Il numero di decessi, pari a 587.488, è inferiore di 4.175 unità a quello del 2009. Il tasso di mortalità è pari a 9,7 per mille, e varia da un minimo di 7,7 per mille nella provincia autonoma di Bolzano a un massimo di 13,3 per mille in Liguria, risultando in diminuzione in tutte le regioni, eccetto la Campania e le due province autonome di Trento e Bolzano (dove però presenta valori di gran lunga inferiori ala media nazionale). Complessivamente è più elevato nelle regioni del Centro-Nord, tradizionalmente a più forte invecchiamento.
Al contrario di quanto avviene per la natalità, la popolazione straniera, influenzando in modo consistente l'ammontare di popolazione, contribuisce alla riduzione dei tassi di mortalità, facendo anche registrare un numero limitato di decessi a causa della composizione per età particolarmente giovane rispetto alla popolazione italiana.
Figura 3. Movimento naturale della popolazione: nati, morti e tassi di natalità e mortalità - Anni 2000-2010
Migrazioni più consistenti verso Nord-ovest e Centro
Come già da diversi anni, l'incremento demografico del nostro Paese deriva da un saldo migratorio con l'estero positivo (6,3 per mille), mentre quello interno è pari a 0,2 per mille [3]. Considerando i dati a livello ripartizionale, la somma dei tassi migratori interno ed estero indica il Nord-ovest e il Centro come le aree più attrattive, con un tasso pari al 9,1 mille; segue il Nord-est (8,7 per mille). Il Sud acquista popolazione a causa delle migrazioni con l'estero, ma ne perde a causa delle migrazioni interne, con il risultato di un tasso migratorio appena superiore all'1 per mille. A livello regionale, l'Emilia-Romagna risulta essere la regione più attrattiva (11,5 per mille), seguita dalla Lombardia (10,3 per mille), dall'Umbria (9,7 per mille), dalla Toscana (9,6 per mille). Tra le regioni del Mezzogiorno solo l'Abruzzo si stacca nettamente dalle altre con un tasso pari a
5,6 per mille.
Prospetto 3. Movimento migratorio della popolazione: iscritti e cancellati per tipo e di cui stranieri. Anno 2010
ISCRITTI
Ripartizioni geografiche
Da altro comune
di cui: % stranieri
Dall'estero
di cui: % stranieri
Per altri motivi
di cui: % stranieri
Totale
Nord-ovest
460.457
19,5
149.946
94,0
13.263
54,5
623.666
Nord-est
305.457
22,3
107.408
94,5
11.993
68,0
424.858
Centro
254.174
19,3
109.909
93,9
7.359
56,6
371.442
Sud
236.313
8,1
64.475
88,1
5.399
52,9
306.187
Isole
117.962
6,5
27.118
81,4
2.026
33,5
147.106
Italia
1.374.363
17,0
458.856
92,5
40.040
57,7
1.873.259
CANCELLATI
Ripartizioni geografiche
Per altro comune
di cui: % stranieri
Per l'estero
di cui: % stranieri
Per altri motivi
di cui: % stranieri
Totale
Nord-ovest
438.314
18,9
25.194
43,6
44.031
76,2
507.539
Nord-est
290.813
23,1
21.410
53,7
34.628
80,1
346.851
Centro
240.694
19,8
15.296
43,8
24.943
79,0
280.933
Sud
269.521
8,5
10.696
26,5
10.917
65,4
291.134
Isole
124.080
6,2
6.166
12,9
4.883
63,8
135.129
Italia
1.363.422
16,8
78.762
41,7
119.402
76,4
1.561.586
[3] Il tasso migratorio interno dovrebbe essere uguale a zero, ma sfasamenti temporali nelle registrazioni e cancellazioni possono produrre differenze positive o negative nel saldo nazionale.
Oltre la metà degli immigrati sono donne
Nel corso del 2010 sono state iscritte in anagrafe 458.856 persone provenienti dall'estero. Il numero di iscritti dall'estero è cresciuto di circa 16 mila unità rispetto a quello del 2009. La ripresa del flusso di iscritti dall'estero, dopo un anno in cui si era registrato un rallentamento (90 mila iscritti in meno nel 2009 rispetto al 2008) [4] è stata comunque contenuta e più rilevante nelle ripartizioni del Sud, delle Isole e del Nord-ovest. Le iscrizioni risultano distribuite nel corso di tutto il 2010, con una media di circa 38 mila nuovi iscritti ogni mese. Le iscrizioni sono da ascriversi in parte prevalente alle donne (54,7%), ancor più che negli anni precedenti.
Tra gli iscritti, gli italiani che rientrano dopo un periodo di permanenza all'estero rappresentano solo il 7,5%, pari a meno di 35 mila persone. La larga maggioranza è costituita invece da cittadini stranieri, soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro.
Le cancellazioni dalle anagrafi di persone residenti in Italia trasferitesi all'estero ammontano a 78.762 unità. Tra i cancellati per l'estero prevalgono gli italiani (circa il 60% del totale). Va notato che la maggior parte degli stranieri che lasciano il nostro Paese sono conteggiati tra i cancellati per altri motivi, poiché cancellati per irreperibilità o per scadenza del permesso di soggiorno: si tratta di più di 90 mila casi nel 2010 sulle circa 120 mila cancellazioni per altri motivi in totale.
Complessivamente, il bilancio migratorio con l'estero, pari a +380.085, è dovuto a un saldo fortemente positivo per gli stranieri, superiore a 390 mila unità, che compensa il saldo lievemente negativo relativo alla sola componente italiana (-12 mila unità circa), che si presenta stabile rispetto ai due anni precedenti.
Il bilancio con l'estero risulta positivo per tutte le regioni e il corrispondente tasso varia dal 2,7 per mille della Sardegna al 9,6 per mille dell'Emilia-Romagna, rispetto a una media nazionale del 6,3 per mille. Le regioni con tassi migratori esteri più elevati sono: Emilia-Romagna (9,6 per mille) Lombardia (8,6 per mille), Umbria (8,1 per mille) e Toscana (8,0 per mille: in generale, le regioni delle ripartizioni del Nord e del Centro hanno tassi migratori esteri doppi rispetto a quelli delle regioni del Sud e delle Isole.
Figura 4. Saldo migratorio estero per ripartizione geografica - Anni 2002-2010
[4] Il decretamento del 2009 rispetto al 2008 era da attribuire al progressivo esaurimento dell’effetto congiunturale indotto dall’allargamento dell’UE del 2007.
Flusso migratorio interno stabile verso Centro e Nord
Nel corso del 2010 i trasferimenti di residenza interni hanno coinvolto circa 1 milione e 370 mila persone e, secondo un modello migratorio ormai consolidato, sono caratterizzati prevalentemente da uno spostamento di popolazione dalle regioni del Mezzogiorno (eccettuato l'Abruzzo) a quelle del Nord e del Centro. Anche dal punto di vista quantitativo, il dato conferma quello del 2009. Il tasso migratorio interno oscilla tra il -3,2 per mille della Basilicata e il 3,0 per mille della provincia autonoma di Trento, seguito dal 1,9 per mille dell'Emilia-Romagna.
Le migrazioni interne sono dovute anche agli stranieri residenti nel nostro Paese, che seguono una direttrice simile a quella delle migrazioni degli italiani, ma presentano una maggior propensione alla mobilità. Infatti, i cittadini stranieri, pur rappresentando il 7,5% della popolazione, contribuiscono al movimento interno per più del 17%.
Rettifiche post-censuarie ridotte al minimo
Il numero di iscrizioni e cancellazioni per altri motivi risulta piuttosto ridotto rispetto agli anni precedenti, nei quali in tale voce venivano contabilizzate le rettifiche post-censuarie, ormai residuali. I valori registrati sono da attribuirsi principalmente alle reiscrizioni di persone già cancellate e successivamente ricomparse, e alle cancellazioni per irreperibilità ordinaria e di stranieri cancellati per scadenza del permesso di soggiorno.
Prospetto 4. Movimento migratorio della popolazione: saldi e tassi per mille abitanti - Anno 2010
Ripartizioni
Saldo
Saldo
Saldo
Saldo
Tasso
geografiche
migratorio interno (a)
migratorio estero (b)
per altri motivi
migratorio(a+b)
Migratorio interno (c)
Migratorio estero (d)
Per altri motivi (e)
Migratorio (c+d)
Totale (c+d+e)
Nord-ovest
22.131
124.751
-30.768
146.882
1,4
7,8
-1,9
9,1
7,2
Nord-est
14.644
85.998
-22.635
100.642
1,3
7,4
-2,0
8,7
6,7
Centro
13.480
94.613
-17.584
108.093
1,1
7,9
-1,5
9,1
7,6
Sud
-33.188
53.771
-5.532
20.583
-2,3
3,8
-0,4
1,5
1,1
Isole
-6.118
20.952
-2.857
14.834
-0,9
3,1
-0,4
2,2
1,8
Italia
10.949
380.085
-79.376
391.034
0,2
6,3
-1,3
6,5
5,2
Figura 5. Tasso migratorio interno ed estero per regione - Anno 2010
Nei grandi comuni il tasso naturale è sempre negativo
Nei 12 grandi comuni con popolazione superiore ai 250 mila abitanti risiedono poco più di 9 milioni di abitanti, pari al 15% del totale. Nel complesso di questi comuni si registra un incremento di popolazione rispetto all'anno precedente pari a 30.015 unità. In termini percentuali l'aumento è dello 0,3%, evidenziando una crescita inferiore a quella del resto del Paese. Così come nel 2009 sono i comuni di Milano, Roma, Bologna e Firenze a evidenziare una lieve crescita mentre gli altri comuni si presentano stabili (Bari e Venezia) o in decremento.
In tutti i grandi comuni il tasso di crescita naturale è negativo, con la sola eccezione di Palermo. Il tasso migratorio interno è sempre negativo, a parte Bologna e Milano che presentano un tasso lievemente positivo, a evidenziare un processo di reinsediamento della popolazione che penalizza i grandi centri urbani, in particolare Catania (-8,2 per mille), Napoli (-8,0 per mille) e Verona (-5,9 per mille). Si conferma una generale capacità di attrarre le migrazioni dall'estero: il tasso migratorio estero risulta positivo in tutti i grandi comuni, secondo il consueto gradiente Nord-Sud. In particolare, Milano (13,6 per mille), Bologna (13,5 per mille) e Firenze (12,2 per mille) presentano i tassi più elevati, ma in termini assoluti sono Roma e Milano le mete dei più rilevanti flussi migratori dall'estero.
In Campania le famiglie più numerose
Le famiglie anagrafiche sono 25 milioni e 190 mila circa; il numero medio di componenti per famiglia è pari a 2,4 e risulta stabile rispetto all'anno precedente. Il valore minimo è di 2,0 e si rileva in Liguria, mentre il massimo è di 2,8, riscontrato in Campania. Il 99,5% della popolazione residente in Italia al 31 dicembre 2010 vive in famiglie. Il restante 0,5% della popolazione, pari a circa 320 mila abitanti, vive in convivenze anagrafiche (caserme, case di riposo, carceri, conventi, ecc.).
I nuovi confini amministrativi delle province
Nel corso del 2009 sono stati eletti i consigli provinciali delle tre nuove province di Monza e della Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani. Le nuove province sono nate attraverso il distacco di comuni rispettivamente dalle province di Milano (Monza), Ascoli Piceno (Fermo), Foggia e Bari (Barletta-Andria-Trani). Nello stesso anno sette comuni della provincia di Pesaro e Urbino, a seguito di referendum consultivo, sono stati trasferiti alla provincia di Rimini, provocando un incremento di popolazione per quest'ultima provincia (per l'Emilia-Romagna e per il Nord-est) pari a +14.372 residenti, e un corrispondente decremento della provincia e regione Marche e ripartizione Centro di precedente appartenenza. I dati sono pubblicati secondo la distribuzione territoriale che considera le nuove province.
Note informative
I dati relativi alla popolazione residente in Italia risultano dalle registrazioni nelle anagrafi negli 8.094 comuni al 31 dicembre 2010. La rilevazione è totale e sono pervenuti i dati di tutti i Comuni italiani.
Tali dati sono calcolati a partire dalla popolazione legale dichiarata sulla base delle risultanze del 14° Censimento generale della popolazione effettuato il 21 ottobre 2001 (D.P.C.M. 2 aprile 2003 pubblicato sulla G.U. 7 aprile 2003, n. 81, S.O.).
II calcolo è effettuato sulla base dei dati relativi al movimento naturale (iscrizioni per nascita e cancellazioni per morte) e migratorio (iscrizioni e cancellazioni per trasferimento di residenza) verificatosi nei comuni dal 22 ottobre 2001 al 31 dicembre 2010.
Link utili
Sul sito web http://demo.istat.it, alla voce "Bilancio demografico" sono disponibili i dati del bilancio demografico per ciascun comune italiano. Con la pubblicazione dei dati del bilancio demografico annuale anche i dati mensili, pubblicati regolarmente dall'Istat divengono definitivi.
Eurostat raccoglie i dati, i prodotti e i Regolamenti comunitari del settore "Popolazione" all'indirizzo http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/population/introduction
Glossario
Convivenza: ai sensi dell'articolo 5 del regolamento anagrafico (D.P.R. n. 223 del 1989): "agli effetti anagrafici per convivenza s'intende un insieme di persone normalmente coabitanti per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena, e simili, aventi dimora abituale nello stesso comune. Le persone addette alla convivenza per ragioni di impiego o di lavoro, se vi convivono abitualmente, sono considerate membri della convivenza, purché non costituiscano famiglie a sé stanti. Le persone ospitate anche abitualmente in alberghi, locande, pensioni e simili non costituiscono convivenza anagrafica". Le convivenze anagrafiche sono conteggiate sulla base del numero di schede di convivenza presenti negli archivi anagrafici.
Cancellazioni: si distinguono in a) Cancellazioni per altro comune: numero di persone cancellate per trasferimento di residenza in altro comune italiano; b) Cancellazioni per l'estero: numero di persone cancellate per trasferimento di residenza all'estero; c) Cancellazioni per altri motivi: non si tratta di effettivi trasferimenti di residenza, ma di cancellazioni dovute a pratiche di rettifica anagrafica. Tra queste sono comprese le persone cancellate per irreperibilità, ossia poiché non risultano residenti in seguito ad accertamenti anagrafici; gli stranieri per scadenza del permesso di soggiorno, secondo la vigente normativa anagrafica; le persone censite come aventi dimora abituale, ma che non hanno voluto o potuto (per mancanza di requisiti) iscriversi nel registro anagrafico dei residenti del comune nel quale erano stati censiti.
Famiglia: ai sensi dell'articolo 4 del regolamento anagrafico (D.P.R. n. 223 del 1989) si intende per famiglia "un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune". Le famiglie sono conteggiate sulla base del numero di schede di famiglia presenti nell'archivio anagrafico.
Iscrizioni: si distinguono in a) Iscrizioni da altro comune: numero di persone iscritte per trasferimento di residenza da un altro comune italiano; b) Iscrizioni dall'estero: numero di persone iscritte per trasferimento di residenza dall'estero; c) Iscrizioni per altri motivi: non si tratta di iscrizioni dovute ad un effettivo trasferimento di residenza, ma di iscrizioni dovute ad operazioni di rettifica anagrafica. Tra queste sono comprese le iscrizioni di persone erroneamente cancellate per irreperibilità e successivamente ricomparse; le iscrizioni di persone non censite, e quindi non entrate a far parte del computo della popolazione legale, ma effettivamente residenti.
Movimento migratorio e per altri motivi: è costituito dal numero delle iscrizioni e delle cancellazioni anagrafiche della popolazione residente registrate durante l'anno.
Movimento naturale: è costituito dal numero dei nati da genitori residenti in Italia, indipendentemente dal luogo in cui è avvenuta la nascita (in Italia o all'estero) e dal numero di morti relativi alla popolazione residente, anch'essi indipendentemente dal luogo in cui si è verificato l'evento (sia in Italia sia all'estero). Sono quindi esclusi i nati in Italia da genitori non residenti e i morti non residenti. Sia i nati sia i morti sono conteggiati al momento della trascrizione dell'atto di nascita o di morte nel registro anagrafico.
Numero medio di componenti per famiglia: è dato dal rapporto tra la popolazione residente in famiglia e il numero delle famiglie anagrafiche.
Numero medio di figli per donna: vedi Tasso di fecondità totale.
Popolazione residente: è costituita dalle persone, di cittadinanza italiana e straniera, aventi dimora abituale nel territorio nazionale anche se temporaneamente assenti. Ogni persona avente dimora abituale in Italia deve iscriversi, per obbligo di legge, nell'anagrafe del comune nel quale ha stabilito la sua dimora abituale. In seguito ad ogni Censimento della popolazione viene determinata la popolazione legale. A tale popolazione si somma il movimento anagrafico dei periodi successivi, calcolati con riferimento alla fine di ciascun anno solare e si calcola così la popolazione residente in ciascun comune al 31 di dicembre di ogni anno.
Popolazione residente media: è data dalla semisomma della popolazione al 1° gennaio e della popolazione al 31 dicembre.
Saldo migratorio e per altri motivi: è la differenza tra le iscrizioni e le cancellazioni per trasferimento di residenza e per altri motivi dai registri anagrafici dei residenti.
Saldo migratorio estero: è la differenza tra le iscrizioni e le cancellazioni da/per l'estero.
Saldo migratorio interno: è la differenza tra le iscrizioni e le cancellazioni da/per altro comune.
Saldo migratorio: è la differenza tra le iscrizioni da altri comuni e dall'estero e le cancellazioni per altri comuni e per l'estero.
Saldo naturale: è la differenza tra il numero dei nati e il numero dei morti residenti in Italia.
Saldo per altri motivi: è la differenza tra le iscrizioni e le cancellazioni effettuate per altri motivi.
Saldo totale: è la somma del saldo naturale, del saldo migratorio e del saldo per altri motivi.
Tasso di crescita naturale: è il rapporto tra il saldo naturale dell'anno e la popolazione media, moltiplicato per 1.000.
Tasso di crescita totale: è il rapporto tra il saldo totale dell'anno e la popolazione media, moltiplicato per 1.000.
Tasso di fecondità totale (TFT) o Numero medio di figli per donna: è la somma dei quozienti specifici di fecondità calcolati rapportando, per ogni donna in età feconda (15-49 anni) il numero di nati vivi all'ammontare medio annuo della popolazione femminile.
Tasso di mortalità: è il rapporto tra il numero di morti nell'anno e la popolazione media, moltiplicato per 1.000.
Tasso di natalità: è il rapporto tra il numero di nati nell'anno e la popolazione media, moltiplicato per 1.000.
Tasso migratorio estero: è il rapporto tra il saldo migratorio estero dell'anno e la popolazione media, moltiplicato per 1.000.
Tasso migratorio interno: è il rapporto tra il saldo migratorio interno dell'anno e la popolazione media, moltiplicato per 1.000.
Tasso migratorio totale è il rapporto tra il saldo migratorio + il saldo per altri motivi dell'anno e la popolazione media, moltiplicato per 1.000.
Tasso migratorio: è il rapporto tra il saldo migratorio e la popolazione media, moltiplicato per 1.000.
Tasso per altri motivi: è il rapporto tra il saldo per altri motivi dell'anno e la popolazione media, moltiplicato per 1.000.
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martedì 7 giugno 2011
lunedì 6 giugno 2011
Farmaci: online portale per ridurre rischi di prescrizione....sistema di controllo basato sulla nuova banca dati dell'Informatore Farmaceutico, che puo' aiutare i medici e le aziende sanitarie a non sbagliare.
FARMACI: ONLINE PORTALE PER RIDURRE RISCHI DI PRESCRIZIONE
(ANSA) - MILANO, 6 GIU - I fattori che possono aumentare il
rischio clinico associato ai farmaci sono innumerevoli: dagli
errori di prescrizione del medico, alle reazioni avverse, dalle
interazioni sfavorevoli con altri farmaci all'errore nei
dosaggi. Dal primo giugno e' pero' online, messo a disposizione
da Elsevier, WWW.CODIFA.IT, sistema di controllo basato sulla
nuova banca dati dell'Informatore Farmaceutico, che puo' aiutare
i medici e le aziende sanitarie a non sbagliare.
Il valore di Codifa di Elsevier e' evidente fin dalla
homepage del portale, dove viene immediatamente visualizzato
l'elenco dei farmaci sottoposti a recente revisione della scheda
tecnica (RCP) o ad aggiornamento delle norme prescrittive. Per
ottenere le informazioni specifiche su un medicinale, c'e' una
banda di ricerca che permette la consultazione dei contenuti
dell' Informatore Farmaceutico per trovare tutti i dati
indispensabili per la prescrizione e l'impiego ottimale di ogni
specialita' presente sul mercato italiano, i riferimenti ai
farmaci equivalenti corrispondenti e i brand delle analoghe
specialita' presenti sul mercato estero.
''Poter accedere in tempo reale ai dati critici sull'impiego
dei farmaci in funzione delle peculiarita' di ciascun paziente e
del contesto clinico - spiega Ludovico Baldessin, Digital
Business Solutions Director di Elsevier - migliora l'
appropriatezza delle cure e riduce i rischi. Un altro importante
vantaggio e' l' ottimizzazione dei costi di gestione, che
permette di evitare spese aggiuntive per il trattamento di
complicanze dovute a un uso imperfetto del farmaco e tutelando
il singolo professionista e la struttura che rappresenta da
accuse di malpractice''.
Oggi i contenuti della banca dati e tutti i servizi associati
sono sempre a portata di mano, grazie ad applicazioni per iPad e
smartphone e rapidamente condivisibili con i colleghi,
attraverso Twitter e Facebook.(ANSA).
BRA
06-GIU-11 19:29 NNNN
(ANSA) - MILANO, 6 GIU - I fattori che possono aumentare il
rischio clinico associato ai farmaci sono innumerevoli: dagli
errori di prescrizione del medico, alle reazioni avverse, dalle
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dosaggi. Dal primo giugno e' pero' online, messo a disposizione
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attraverso Twitter e Facebook.(ANSA).
BRA
06-GIU-11 19:29 NNNN
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI CIRCOLARE 23 febbraio 2011, n. 1 Art. 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall'art. 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 - trasmissione per via telematica dei certificati di malattia. Ulteriori indicazioni. (11A07426) (GU n. 129 del 6-6-2011 )
Alle pubbliche amministrazioni di cui all'art.1, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2011 Premessa. Con circolari n. 1/2010/DFP/DDI dell'11 marzo 2010 e n. 2/2010/DFP/DDI del 28 settembre 2010 sono state fornite indicazioni operative relativamente all'avvio del sistema di trasmissione telematica dei certificati e degli attestati medici per la giustificazione delle assenze per malattia dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni previsto dall'art. 55-septies del d.lgs. n. 165 del 2001, introdotto dall'art. 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Nelle circolari, al cui contenuto si rinvia, sono stati dati chiarimenti relativamente al funzionamento generale del sistema, ai soggetti tenuti alla trasmissione telematica, agli oneri e vantaggi per i lavoratori, ai tempi di attuazione e alle sanzioni per l'inosservanza degli obblighi di trasmissione secondo le nuove modalita'. In particolare, al paragrafo 4 della circolare n. 2, a proposito delle sanzioni, era stata evidenziata l'esigenza di monitorare il processo di trasmissione telematica dei certificati, visto che durante i lavori della commissione di collaudo erano emerse criticita' organizzative, soprattutto per alcuni settori ed aree territoriali. Veniva quindi precisato che "... fermo restando l'obbligo dei medici di continuare a trasmettere i certificati per via telematica in presenza delle condizioni organizzative e tecniche che lo rendono possibile, per il periodo transitorio, sino al 31 gennaio 2011, durante il quale le piu' rilevanti criticita' dovranno essere affrontate, e' opportuno che le Amministrazioni competenti si astengano dalla contestazione degli addebiti specificamente riferiti all'adempimento.". Considerato che il predetto termine e' ormai decorso, si ritiene opportuno fornire ulteriori informazioni ed indicazioni, tenendo conto anche del fatto che, a partire dal mese di settembre 2010, e' stato avviato un confronto tra le Amministrazioni centrali interessate e le Regioni per l'esame ed il superamento delle criticita' inerenti l'introduzione della nuova procedura, al fine di accelerare il processo in corso, con l'istituzione presso la Conferenza Stato - Regioni di un tavolo tecnico congiunto. In questo ambito sono stati approfonditi - mediante appositi gruppi di lavoro - gli aspetti normativi, organizzativi e medico-legali della trasmissione telematica, gli aspetti tecnici di sistema e quelli giuridico amministrativi per l'applicazione delle sanzioni. I gruppi hanno concluso i propri lavori a fine gennaio individuando delle linee operative che sono state valutate, per quanto di competenza, nell'elaborazione delle indicazioni contenute in questa circolare. 1. La modifica normativa apportata dalla l. n. 183 del 2010 (c.d. collegato lavoro) al regime del rilascio e della trasmissione dei certificati di assenza per malattia. Preliminarmente, e' utile segnalare che l'art. 25 della l. n. 183 del 2010 ha previsto che "Al fine di assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e privato, nonche' un efficace sistema di controllo delle stesse, a decorrere dal 1° gennaio 2010, in tutti i casi di assenza per malattia dei dipendenti di datori di lavoro privati, per il rilascio e la trasmissione della attestazione di malattia si applicano le disposizioni di cui all' art. 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.". Pertanto, con l'approvazione della menzionata legge, che e' entrata in vigore il 24 novembre 2010, e' stato uniformato il regime legale del rilascio e della trasmissione delle certificazioni per il caso di assenza per malattia per i dipendenti pubblici e per quelli privati, ivi compresi gli aspetti sanzionatori. Infatti, il citato art. 25 ha previsto un rinvio generale all'art. 55-septies del d.lgs. n. 165 del 2001. 2. La responsabilita' specifica per violazione della normativa in materia di trasmissione telematica dei certificati. Come accennato, con le menzionate circolari n. 1 e 2 sono state fornite informazioni anche relativamente alle sanzioni previste per l'inosservanza degli obblighi di trasmissione per via telematica dei certificati (rispettivamente ai paragrafi 6 e 4). In questa sede giova ribadire che affinche' si configuri un'ipotesi di illecito disciplinare devono ricorrere sia l'elemento oggettivo dell'inosservanza dell'obbligo di trasmissione per via telematica sia l'elemento soggettivo del dolo o della colpa. Quest'ultimo, in particolare, e' escluso nei casi di malfunzionamento del sistema generale, guasti o malfunzionamenti del sistema utilizzato dal medico, situazioni che debbono essere considerate dalle aziende sanitarie e dalle altre strutture interessate ai fini dell'esercizio dell'azione disciplinare. Pertanto, la contestazione dell'addebito nei confronti del medico dovra' essere effettuata soltanto se dagli elementi acquisiti in fase istruttoria, anche mediante consultazione del cruscotto di monitoraggio reso disponibile dal SAC (sistema di accoglienza centrale), descritto al successivo paragrafo 3, risulti che non si sono verificate anomalie di funzionamento. Inoltre, l'applicazione delle sanzioni deve avvenire in base ai criteri di gradualita' e proporzionalita' secondo le previsioni degli accordi e contratti collettivi di riferimento. Cio' vale anche nei casi di reiterazione della condotta illecita, per i quali l'art. 55-septies, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 prevede la sanzione del licenziamento per il dipendente pubblico e della decadenza dalla convenzione per il medico convenzionato. In proposito, si rammenta che la reiterazione e' da intendersi come recidiva ovvero irrogazione di successive sanzioni a carico di un soggetto gia' sanzionato per la violazione dell'obbligo di trasmissione telematica dei certificati. La valutazione circa l'irrogazione delle sanzioni piu' gravi del licenziamento e della decadenza dalla convenzione va effettuata tenendo conto dei menzionati criteri di gradualita' e proporzionalita', in base alle previsioni degli accordi e contratti collettivi di riferimento, che consentono di modulare la gravita' della sanzione anche nelle ipotesi di reiterazione. A tal riguardo e' inoltre opportuno segnalare che i contratti collettivi di riferimento prevedono delle clausole di salvaguardia nei confronti dell'incolpato, secondo le quali, decorso un certo periodo di tempo, non puo' tenersi conto, ai fini di altro procedimento disciplinare, delle sanzioni disciplinari gia' irrogate (art. 7 CCNL del 6 maggio 2010 per la dirigenza medica e veterinaria, area IV, che prevede il termine del biennio; art. 30 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale del 20 gennaio 2005, come modificato dall'Accordo del 27 gennaio 2009, e art. 27 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni del 9 febbraio 2005, come modificato dall'Accordo del 27 maggio 2009, che prevedono termini anche ancorati alla gravita' dell'infrazione). Sara', comunque, cura delle Regioni, eventualmente tramite la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, e della Conferenza Stato - Regioni, anche sentendo le rappresentanze dei medici, adottare gli opportuni provvedimenti per la regolamentazione degli aspetti procedurali e di dettaglio legati ai procedimenti disciplinari, al fine di assicurare l'omogeneita' di comportamento sul territorio nazionale. In tale ambito, particolare attenzione dovra' essere dedicata alle verifiche tecniche in ordine al funzionamento della rete e di tutti i supporti hardware e software, che rappresentano il presupposto per la valutazione della sussistenza delle condizioni per l'avvio di procedimenti disciplinari e per il superamento delle criticita' e problemi gia' segnalati dai tavoli tecnici. Piu' a monte, lo stesso funzionamento del sistema e' naturalmente condizionato dalla messa a disposizione degli strumenti tecnici e delle apparecchiature necessari in ogni struttura e presidio pubblico interessato dal processo, che per la sua attuazione richiede l'attiva collaborazione ed iniziativa di tutti gli enti istituzionalmente coinvolti. Per quanto riguarda i professionisti convenzionati, si potra' valutare anche in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e di Conferenza Stato - Regioni l'opportunita' di integrare gli Accordi collettivi nazionali vigenti per la definizione di quanto chiarito al presente paragrafo. Al fine di agevolare l'applicazione della nuova procedura, le Regioni possono individuare specifiche strutture o servizi per i quali ritengono non sussistere, per periodi limitati di tempo, le condizioni tecniche necessarie all'avvio di procedimenti disciplinari. Cio' anche per evitare che le procedure di certificazione possano interferire negativamente con l'attivita' clinica o determinare un utilizzo inappropriato dei servizi. Inoltre, allo scopo di perseguire uno sviluppo graduale, armonico e condiviso, si raccomanda la continuazione delle attivita' del tavolo tecnico congiunto Amministrazioni centrali - Regioni, con il coinvolgimento delle rappresentanze dei medici, ai fini della verifica, del monitoraggio e dell'implementazione delle procedure per la trasmissione telematica delle certificazioni di malattia, raccomandando alle Regioni il massimo coinvolgimento delle medesime rappresentanze li' dove, in sede locale, siano costituite commissioni tecniche per le stesse finalita'. Si segnala che non sussiste responsabilita' del medico che redige un certificato in forma cartacea nelle "aree di esenzione", che sono state indicate nella circolare n. 2 al paragrafo 2 (per le sezioni: 2.1 "I dipendenti della pubblica amministrazione interessati" e 2.2 "I medici obbligati all'utilizzo del sistema di trasmissione telematica") sino a quando non sara' comunicato un mutamento della situazione per interventi di natura tecnica ed organizzativa che potranno essere effettuati rispetto al sistema vigente. Per quanto riguarda la trasmissione telematica della certificazione di malattia dalle strutture di pronto soccorso, le strutture ospedaliere individuano le soluzioni tecniche e organizzative piu' idonee a garantirne l'applicabilita', sulla base delle indicazioni regionali, utilizzando i servizi resi disponibili dal SAC, tra i quali il sistema WEB, ovvero tramite integrazione dei propri applicativi con il sistema SAC, in modo che il certificato di malattia possa essere predisposto e inviato da parte del medico contestualmente alla compilazione del verbale di pronto soccorso. Per quanto riguarda i documenti elaborati dagli ospedali al momento del ricovero e della dimissione, eventualmente con prognosi post ricovero, le problematiche sono state discusse nell'ambito del menzionato tavolo congiunto Amministrazioni centrali - Regioni, con la valutazione di iniziative tecniche ed organizzative necessarie per la loro gestione nell'ambito del sistema di trasmissione telematica che saranno implementate nei prossimi mesi con la collaborazione dei soggetti istituzionali interessati. Pertanto, sino all'attuazione delle idonee soluzioni, tali documenti continuano ad essere rilasciati al lavoratore in forma cartacea, ai fini della fruizione delle agevolazioni previste dalla normativa. Si chiarisce che in questi casi, come pure nelle aree di esenzione sopra indicate, le amministrazioni non devono comunicare la ricezione della documentazione cartacea, in luogo del certificato telematico, all'azienda sanitaria competente. 3. Cruscotto di monitoraggio reso disponibile dal S.A.C. Il sistema di accoglienza centrale (SAC) rende disponibile per le regioni, le aziende sanitarie e le altre strutture interessate, un apposito cruscotto di monitoraggio del sistema, che consente di acquisire informazioni circa il tasso di utilizzo del sistema (certificati inviati e servizi utilizzati), nonche' informazioni puntuali circa eventuali disservizi (rallentamenti e/o blocchi) registrati dal sistema SAC stesso. Il cruscotto di monitoraggio rende anche disponibili servizi per i medici, per segnalare eventuali malfunzionamenti non riguardanti direttamente il sistema SAC, quali ad esempio, mancanza di connettivita', malfunzionamenti del proprio PC, malfunzionamenti del call center telefonico per l'invio dei certificati, e per acquisire informazioni circa eventuali disservizi (rallentamenti e/o blocchi) registrati dal sistema SAC stesso. Il cruscotto di monitoraggio rende infine disponibili anche servizi per le aziende sanitarie per inviare al SAC le informazioni relative ai certificati cartacei rilasciati dai propri medici e comunicati dai datori di lavoro pubblici, cosi' come previsto dalla Circolare 1/2010/DFP/DDI dell'11 marzo 2010, paragrafo 6 "Le amministrazioni che, in qualita' di datori di lavoro, abbiano conoscenza della violazione delle norme relative alla trasmissione telematica dei certificati di malattia e, senza corrispondente trasmissione telematica da parte dell'Inps, ricevano dal dipendente un attestato di malattia in forma cartacea, sono tenute a segnalare tale anomalia alla ASL di riferimento entro 48 ore dal ricevimento dello stesso, inviando apposita comunicazione alla casella di posta elettronica certificata dell'Azienda di riferimento del medico". Combinando queste informazioni con le informazioni circa i certificati cartacei ricevuti dall'INPS, che saranno comunicate automaticamente dall'Istituto al SAC, il cruscotto di monitoraggio fornira' quindi anche indicazioni circa il numero di certificati cartacei rilasciati da un medico in un dato periodo. Tali informazioni sono comunque da assumersi quale indicazione indiretta di comportamento, in quanto non comprensiva dei dati relativi ai certificati cartacei rilasciati dai medici a lavoratori del settore privato non indennizzati dall'INPS. 4. Ulteriori servizi resi disponibili ai medici prescrittori Come segnalato con le precedenti circolari, oltre ai servizi informatici, il medico ha la possibilita' di utilizzare il servizio telefonico basato su un risponditore automatico reso disponibile dal SAC al numero 800 013 577. Tale servizio e' considerato di secondo livello, per ovviare a problemi di invio tramite il sistema web o problemi di accesso alla rete internet. Si chiarisce che il medico ha la possibilita' di redigere il certificato in forma cartacea nel caso in cui i tempi richiesti dal risponditore automatico, in situazioni contingenti, confliggano con il dovere primario di assolvere gli obblighi assistenziali. Raccomandazioni finali Si invitano le Amministrazioni destinatarie della presente circolare a voler portare a conoscenza il contenuto della stessa ai propri dipendenti. Si chiede inoltre al Ministero della salute, alle Regioni e Province autonome, alle Aziende sanitarie e agli Ordini professionali di riferimento di volerne dare diffusione presso gli esercenti la professione medica. Sara' cura dei Dipartimenti della funzione pubblica, per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica e delle altre Amministrazioni competenti comunicare nel prosieguo ulteriori informazioni. Roma, 23 febbraio 2011 Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Brunetta Registrato alla Corte dei conti il 28 aprile 2011 Ministeri istituzionali - Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 9, foglio n. 351
TAR "...Nel precisare il ricorrente che il gravato provvedimento di destituzione dal servizio è stato adottato a conclusione del procedimento penale in cui si è accertato l'uso non terapeutico di sostanze stupefacenti e sulla base della considerazione della reiterazione di un comportamento già sanzionato con la sospensione dal servizio, nega che sia stata in precedenza inflitta la sanzione disciplinare di cui all'art. 5 lett. f) del D.Lgs. n. 449 del 1992, essendo stato per la prima volta accertato l'uso non terapeutico di sostanze stupefacenti, in relazione al quale avrebbe dovuto applicarsi la sospensione dal servizio con indicazione delle iniziative di recupero socioterapeutico obbligatoriamente previste...."
FORZE ARMATE
T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 2755
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
L'odierno ricorrente, avente la qualifica di Assistente di Polizia Penitenziaria, dopo aver illustrato il procedimento confluito nell'adozione del gravato provvedimento, con il quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, deduce avverso lo stesso i seguenti motivi di censura:
1 - Violazione di legge (art. 12 del D.Lgs. n. 449 del 1992 in relazione all'art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990). Eccesso di potere per illogicità, sviamento ed erronea presupposizione. Difetto di motivazione per carenza di istruttoria.
Lamenta innanzitutto parte ricorrente la genericità della contestazione degli addebiti contenuta nella nota del 5 novembre 1999, la quale si limita a richiamare il contenuto della disposizione normativa che si ritiene violata per effetto della contestata trasgressione.
Né l'onere di specificazione dei fatti potrebbe ritenersi soddisfatto per relationem, non contenendo detta nota alcun rinvio ad ulteriori atti.
La contestazione degli addebiti sarebbe, altresì, viziata non sussistendo alcuna ipotesi di reiterazione di infrazioni già sanzionate con la sospensione dal servizio né di persistente condotta riprovevole, significando il ricorrente come il procedimento penale, a conclusione del quale è stato avvito il procedimento disciplinare, è stato definito con rito abbreviato con sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste e perché il fatto non costituisce reato con riferimento alle due ipotesi contestate di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.
2 - Violazione di legge (art. 5, commi 3, lett. f) e 5 del D.Lgs. n. 449 del 1992). Eccesso di potere sotto specie di perplessità, illogicità, contraddittorietà, travisamento ed ingiustizia manifesta dell'azione amministrativa. Carenza di istruttoria.
Nel precisare il ricorrente che il gravato provvedimento di destituzione dal servizio è stato adottato a conclusione del procedimento penale in cui si è accertato l'uso non terapeutico di sostanze stupefacenti e sulla base della considerazione della reiterazione di un comportamento già sanzionato con la sospensione dal servizio, nega che sia stata in precedenza inflitta la sanzione disciplinare di cui all'art. 5 lett. f) del D.Lgs. n. 449 del 1992, essendo stato per la prima volta accertato l'uso non terapeutico di sostanze stupefacenti, in relazione al quale avrebbe dovuto applicarsi la sospensione dal servizio con indicazione delle iniziative di recupero socioterapeutico obbligatoriamente previste.
Il gravato provvedimento, oltre che adottato in violazione delle norme di riferimento, sarebbe altresì viziato per sproporzione ed anomalia della sanzione, nonché per mancanza di qualsivoglia motivazione in ordine alla graduazione della sanzione rispetto al fatto.
3 - Eccesso di potere per illogicità, incoerenza, contraddittorietà, difetto di motivazione per carenza di istruttoria.
Il gravato provvedimento sarebbe altresì fondato su di una motivazione illogica, contraddittoria e frutto di mere supposizioni, avuto particolare riguardo all'affermato venir meno del rapporto di fiducia e di affidabilità in ragione dell'uso di sostanze stupefacenti, per il quale è prevista la sanzione della sospensione dal servizio e la sottoposizione del dipendente ad iniziative di recupero.
Si è costituita in resistenza l'intimata Amministrazione depositando relazione redatta dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria.
Con ordinanza n. 7986/2000 è stata rigettata la domanda incidentale di sospensione degli effetti del gravato decreto.
Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha insistito nelle proprie deduzioni, ulteriormente argomentando.
Alla Pubblica Udienza del 9 marzo 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.Motivi della decisione
Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso gli atti, meglio indicati in epigrafe nei loro estremi, inerenti il procedimento disciplinare avviato a carico del ricorrente e confluito nella irrogazione allo stesso della sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, in relazione all'infrazione di cui all'art. 6, comma 2, lett. b) e f) del D.Lgs. n. 449 del 1992.
Il ricorso, per le considerazioni che si andranno ad illustrare, non merita accoglimento.
Giova precisare, al fine di meglio delineare i contorni della controversia in esame e meglio comprendere la portata delle censure che alla stessa afferiscono, che la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio è stata inflitta al ricorrente in relazione all'accertamento, risultante dagli atti del procedimento penale conclusosi con sentenza di assoluzione quanto alla detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio, dell'uso non terapeutico, da parte del ricorrente, di sostanze stupefacenti, con reiterazione di un comportamento infrattivo già sanzionato con la sospensione dal servizio.
Con un primo ordine di censure deduce parte ricorrente l'illegittimità dell'atto di contestazione degli addebiti, in quanto si limiterebbe a richiamare il contenuto della disposizione normativa che si ritiene violata per effetto della contestata trasgressione, affermando altresì l'insussistenza di ipotesi di reiterazione di infrazioni già sanzionate con la sospensione dal servizio o di persistente condotta riprovevole.
Le censure non hanno pregio.
L'atto di contestazione degli addebiti, oltre all'indicazione della norma che si assume violata, contiene l'espresso riferimento alla condotta contesta, consistente nell'aver il ricorrente "tenuto un comportamento complessivo fuori dal servizio, tale da evidenziare una palese mancanza del senso morale e del rispetto dei doveri assunti con il giuramento. Tale comportamento è desunto dai diversi provvedimenti delle AA. GG. emanati nei confronti della S.V. che, già contestati nelle forme rituali, hanno già originato la sospensione dal servizio in più occasioni".
Tale atto reca, quindi, tutti gli elementi che consentono all'interessato l'esercizio delle proprie prerogative difensive, venendo ivi indicata la norma di riferimento e la sommaria descrizione dei fatti oggetto di accertamento disciplinare.
Non risponde, inoltre, al vero quanto affermato da parte ricorrente circa l'inesistenza di precedenti provvedimenti disciplinari di sospensione dal servizio, risultando egli essere stato destinatario di siffatta misura per un mese a decorrere dal 5 marzo 1999 all'esito del procedimento penale conclusosi con sentenza passata in giudicato del 19 giugno 1998 del Tribunale di Roma di condanna alla pena di 5 mesi e 20 giorni per il reato di detenzione di munizioni non consentite.
Risulta pertanto corretto il riferimento, contenuto nell'atto di contestazione degli addebiti e nel decreto di irrogazione della destituzione dal servizio, alla reiterazione di un comportamento infrattivo già sanzionato con la sospensione dal servizio, non occorrendo, al fine di configurare tale reiterazione, l'identità dei comportamenti disciplinarmente rilevanti, rilevando tale reiterazione quale sintomo di un comportamento contrastante con i doveri assunti con il giuramento e della persistenza di atteggiamenti riprovevoli.
Il rilievo disciplinare del comportamento contestato al ricorrente non viene meno per effetto dell'intervenuta assoluzione del ricorrente, con le formule perché il fatto non sussiste e perché il fatto non costituisce reato, con riferimento alle due ipotesi contestate in sede penale di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, e ciò in quanto dagli atti del procedimento penale emerge la detenzione, da parte del ricorrente, per uso personale non terapeutico, di sostanze stupefacenti, cui il provvedimento disciplinare fa riferimento.
Il gravato decreto, risulta inoltre essere stato adottato in corretta applicazione dell'art. 6, comma 1, lett. b) e d), del D.Lgs. n. 449 del 1992, che prevede la destituzione dell'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio nei casi di atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento(lett. b) e nei casi di reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari (lett. f), risultando integrati, nella fattispecie in esame, i presupposti per l'applicazione di detta sanzione.
Erroneo e privo di rilievo è, dunque, il riferimento di parte ricorrente all'art. 5, lett. f) del D.Lgs. n. 449 del 1992, ai sensi del quale è applicata la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio nei casi di "uso non terapeutico, provato, di sostanze stupefacenti o psicotrope", non venendo, nella fattispecie in esame, in rilievo - e quindi sanzionata - l'infrazione riferita all'uso di sostanze stupefacenti, ma la reiterazione di comportamenti disciplinarmente rilevanti e l'essere stato il ricorrente già destinatario dell'applicazione della sanzione della sospensione dal servizio, con conseguente irrilevanza della dedotta circostanza inerente l'essere stato tale uso accertato per la prima volta con il procedimento penale a conclusione del quale ha preso avvio il procedimento disciplinare.
Né la gravata sanzione appare sproporzionata o anomala rispetto all'infrazione accertata, e ciò in considerazione della ricorrenza dei presupposti, indicati nella citata norma, per la sua irrogazione, e della reiterazione, da parte del ricorrente, di comportamenti disciplinarmente rilevanti che, in relazione al ruolo dell'Agente di Polizia Penitenziaria, ha determinato l'incompatibilità della sua permanenza in servizio, sulla base delle ragioni esaustivamente indicate nel gravato decreto, che risulta dunque immune anche dalle proposte censure di difetto di motivazione.
Parimenti da disattendere è l'ulteriore profilo di censura con il quale parte ricorrente lamenta la contraddittorietà del gravato decreto laddove fa riferimento al venir meno del rapporto di fiducia e di affidabilità in ragione dell'uso di sostanze stupefacenti, sostenendo in proposito parte ricorrente che per tale comportamento è prevista la sanzione della sospensione dal servizio e la sottoposizione del dipendente ad iniziative di recupero.
Richiamato quanto sopra illustrato circa l'individuazione del parametro normativo di riferimento della fattispecie, da ricondursi alle previsioni di cui all'art. 6 del D.Lgs. n. 449 del 1992, con esclusione della possibilità di applicazione dell'art. 5 riferito alla sanzione della sospensione dal servizio, il pregiudizio al rapporto di fiducia e di affidabilità sul quale deve basarsi il servizio nell'ambito dell'Amministrazione Penitenziaria viene, nel gravato provvedimento, diffusamente motivato e trova adeguato fondamento nella considerazione della gravità dell'azione, che ha implicato l'avere il ricorrente intrattenuto contatti con persone che, spacciando sostanze stupefacenti, si sono poste contro la legge e la cui eventuale detenzione in carcere determinerebbe una situazione di incompatibilità con il ricorrente, incaricato di vigilare su coloro che potrebbero essere stati i
suoi fornitori.
Il gravato provvedimento fa altresì riferimento al delicato ruolo dell'Agente di Polizia Penitenziaria destinato a prestare servizio in ambienti in cui sono presenti soggetti ristretti per reati legati all'uso di stupefacenti, nei cui confronti è chiamato a svolgere un compito non di semplice custodia ma anche di partecipazione alla rieducazione ed al recupero.
Le riferite ragioni, quindi, pienamente e condivisibilmente danno conto del pregiudizio al rapporto di affidabilità che deve intercorrere tra l'Amministrazione e gli Agenti di Polizia Penitenziaria in ragione dei compiti cui gli stessi sono chiamati posti in correlazione con il comportamento tenuto dal ricorrente, risultando pertanto il gravato provvedimento immune, anche sotto tale profilo, dai denunciati vizi.
In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, il ricorso in esame va rigettato stante la rilevata infondatezza delle censure con lo stesso proposte.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso N. 13953/2000 R.G., come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente al pagamento, a favore della resistente Amministrazione, delle spese di giudizio, che liquida forfetariamente in complessivi euro 1.000,00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 2755
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
L'odierno ricorrente, avente la qualifica di Assistente di Polizia Penitenziaria, dopo aver illustrato il procedimento confluito nell'adozione del gravato provvedimento, con il quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, deduce avverso lo stesso i seguenti motivi di censura:
1 - Violazione di legge (art. 12 del D.Lgs. n. 449 del 1992 in relazione all'art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990). Eccesso di potere per illogicità, sviamento ed erronea presupposizione. Difetto di motivazione per carenza di istruttoria.
Lamenta innanzitutto parte ricorrente la genericità della contestazione degli addebiti contenuta nella nota del 5 novembre 1999, la quale si limita a richiamare il contenuto della disposizione normativa che si ritiene violata per effetto della contestata trasgressione.
Né l'onere di specificazione dei fatti potrebbe ritenersi soddisfatto per relationem, non contenendo detta nota alcun rinvio ad ulteriori atti.
La contestazione degli addebiti sarebbe, altresì, viziata non sussistendo alcuna ipotesi di reiterazione di infrazioni già sanzionate con la sospensione dal servizio né di persistente condotta riprovevole, significando il ricorrente come il procedimento penale, a conclusione del quale è stato avvito il procedimento disciplinare, è stato definito con rito abbreviato con sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste e perché il fatto non costituisce reato con riferimento alle due ipotesi contestate di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.
2 - Violazione di legge (art. 5, commi 3, lett. f) e 5 del D.Lgs. n. 449 del 1992). Eccesso di potere sotto specie di perplessità, illogicità, contraddittorietà, travisamento ed ingiustizia manifesta dell'azione amministrativa. Carenza di istruttoria.
Nel precisare il ricorrente che il gravato provvedimento di destituzione dal servizio è stato adottato a conclusione del procedimento penale in cui si è accertato l'uso non terapeutico di sostanze stupefacenti e sulla base della considerazione della reiterazione di un comportamento già sanzionato con la sospensione dal servizio, nega che sia stata in precedenza inflitta la sanzione disciplinare di cui all'art. 5 lett. f) del D.Lgs. n. 449 del 1992, essendo stato per la prima volta accertato l'uso non terapeutico di sostanze stupefacenti, in relazione al quale avrebbe dovuto applicarsi la sospensione dal servizio con indicazione delle iniziative di recupero socioterapeutico obbligatoriamente previste.
Il gravato provvedimento, oltre che adottato in violazione delle norme di riferimento, sarebbe altresì viziato per sproporzione ed anomalia della sanzione, nonché per mancanza di qualsivoglia motivazione in ordine alla graduazione della sanzione rispetto al fatto.
3 - Eccesso di potere per illogicità, incoerenza, contraddittorietà, difetto di motivazione per carenza di istruttoria.
Il gravato provvedimento sarebbe altresì fondato su di una motivazione illogica, contraddittoria e frutto di mere supposizioni, avuto particolare riguardo all'affermato venir meno del rapporto di fiducia e di affidabilità in ragione dell'uso di sostanze stupefacenti, per il quale è prevista la sanzione della sospensione dal servizio e la sottoposizione del dipendente ad iniziative di recupero.
Si è costituita in resistenza l'intimata Amministrazione depositando relazione redatta dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria.
Con ordinanza n. 7986/2000 è stata rigettata la domanda incidentale di sospensione degli effetti del gravato decreto.
Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha insistito nelle proprie deduzioni, ulteriormente argomentando.
Alla Pubblica Udienza del 9 marzo 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.Motivi della decisione
Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso gli atti, meglio indicati in epigrafe nei loro estremi, inerenti il procedimento disciplinare avviato a carico del ricorrente e confluito nella irrogazione allo stesso della sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, in relazione all'infrazione di cui all'art. 6, comma 2, lett. b) e f) del D.Lgs. n. 449 del 1992.
Il ricorso, per le considerazioni che si andranno ad illustrare, non merita accoglimento.
Giova precisare, al fine di meglio delineare i contorni della controversia in esame e meglio comprendere la portata delle censure che alla stessa afferiscono, che la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio è stata inflitta al ricorrente in relazione all'accertamento, risultante dagli atti del procedimento penale conclusosi con sentenza di assoluzione quanto alla detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio, dell'uso non terapeutico, da parte del ricorrente, di sostanze stupefacenti, con reiterazione di un comportamento infrattivo già sanzionato con la sospensione dal servizio.
Con un primo ordine di censure deduce parte ricorrente l'illegittimità dell'atto di contestazione degli addebiti, in quanto si limiterebbe a richiamare il contenuto della disposizione normativa che si ritiene violata per effetto della contestata trasgressione, affermando altresì l'insussistenza di ipotesi di reiterazione di infrazioni già sanzionate con la sospensione dal servizio o di persistente condotta riprovevole.
Le censure non hanno pregio.
L'atto di contestazione degli addebiti, oltre all'indicazione della norma che si assume violata, contiene l'espresso riferimento alla condotta contesta, consistente nell'aver il ricorrente "tenuto un comportamento complessivo fuori dal servizio, tale da evidenziare una palese mancanza del senso morale e del rispetto dei doveri assunti con il giuramento. Tale comportamento è desunto dai diversi provvedimenti delle AA. GG. emanati nei confronti della S.V. che, già contestati nelle forme rituali, hanno già originato la sospensione dal servizio in più occasioni".
Tale atto reca, quindi, tutti gli elementi che consentono all'interessato l'esercizio delle proprie prerogative difensive, venendo ivi indicata la norma di riferimento e la sommaria descrizione dei fatti oggetto di accertamento disciplinare.
Non risponde, inoltre, al vero quanto affermato da parte ricorrente circa l'inesistenza di precedenti provvedimenti disciplinari di sospensione dal servizio, risultando egli essere stato destinatario di siffatta misura per un mese a decorrere dal 5 marzo 1999 all'esito del procedimento penale conclusosi con sentenza passata in giudicato del 19 giugno 1998 del Tribunale di Roma di condanna alla pena di 5 mesi e 20 giorni per il reato di detenzione di munizioni non consentite.
Risulta pertanto corretto il riferimento, contenuto nell'atto di contestazione degli addebiti e nel decreto di irrogazione della destituzione dal servizio, alla reiterazione di un comportamento infrattivo già sanzionato con la sospensione dal servizio, non occorrendo, al fine di configurare tale reiterazione, l'identità dei comportamenti disciplinarmente rilevanti, rilevando tale reiterazione quale sintomo di un comportamento contrastante con i doveri assunti con il giuramento e della persistenza di atteggiamenti riprovevoli.
Il rilievo disciplinare del comportamento contestato al ricorrente non viene meno per effetto dell'intervenuta assoluzione del ricorrente, con le formule perché il fatto non sussiste e perché il fatto non costituisce reato, con riferimento alle due ipotesi contestate in sede penale di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, e ciò in quanto dagli atti del procedimento penale emerge la detenzione, da parte del ricorrente, per uso personale non terapeutico, di sostanze stupefacenti, cui il provvedimento disciplinare fa riferimento.
Il gravato decreto, risulta inoltre essere stato adottato in corretta applicazione dell'art. 6, comma 1, lett. b) e d), del D.Lgs. n. 449 del 1992, che prevede la destituzione dell'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio nei casi di atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento(lett. b) e nei casi di reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari (lett. f), risultando integrati, nella fattispecie in esame, i presupposti per l'applicazione di detta sanzione.
Erroneo e privo di rilievo è, dunque, il riferimento di parte ricorrente all'art. 5, lett. f) del D.Lgs. n. 449 del 1992, ai sensi del quale è applicata la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio nei casi di "uso non terapeutico, provato, di sostanze stupefacenti o psicotrope", non venendo, nella fattispecie in esame, in rilievo - e quindi sanzionata - l'infrazione riferita all'uso di sostanze stupefacenti, ma la reiterazione di comportamenti disciplinarmente rilevanti e l'essere stato il ricorrente già destinatario dell'applicazione della sanzione della sospensione dal servizio, con conseguente irrilevanza della dedotta circostanza inerente l'essere stato tale uso accertato per la prima volta con il procedimento penale a conclusione del quale ha preso avvio il procedimento disciplinare.
Né la gravata sanzione appare sproporzionata o anomala rispetto all'infrazione accertata, e ciò in considerazione della ricorrenza dei presupposti, indicati nella citata norma, per la sua irrogazione, e della reiterazione, da parte del ricorrente, di comportamenti disciplinarmente rilevanti che, in relazione al ruolo dell'Agente di Polizia Penitenziaria, ha determinato l'incompatibilità della sua permanenza in servizio, sulla base delle ragioni esaustivamente indicate nel gravato decreto, che risulta dunque immune anche dalle proposte censure di difetto di motivazione.
Parimenti da disattendere è l'ulteriore profilo di censura con il quale parte ricorrente lamenta la contraddittorietà del gravato decreto laddove fa riferimento al venir meno del rapporto di fiducia e di affidabilità in ragione dell'uso di sostanze stupefacenti, sostenendo in proposito parte ricorrente che per tale comportamento è prevista la sanzione della sospensione dal servizio e la sottoposizione del dipendente ad iniziative di recupero.
Richiamato quanto sopra illustrato circa l'individuazione del parametro normativo di riferimento della fattispecie, da ricondursi alle previsioni di cui all'art. 6 del D.Lgs. n. 449 del 1992, con esclusione della possibilità di applicazione dell'art. 5 riferito alla sanzione della sospensione dal servizio, il pregiudizio al rapporto di fiducia e di affidabilità sul quale deve basarsi il servizio nell'ambito dell'Amministrazione Penitenziaria viene, nel gravato provvedimento, diffusamente motivato e trova adeguato fondamento nella considerazione della gravità dell'azione, che ha implicato l'avere il ricorrente intrattenuto contatti con persone che, spacciando sostanze stupefacenti, si sono poste contro la legge e la cui eventuale detenzione in carcere determinerebbe una situazione di incompatibilità con il ricorrente, incaricato di vigilare su coloro che potrebbero essere stati i
suoi fornitori.
Il gravato provvedimento fa altresì riferimento al delicato ruolo dell'Agente di Polizia Penitenziaria destinato a prestare servizio in ambienti in cui sono presenti soggetti ristretti per reati legati all'uso di stupefacenti, nei cui confronti è chiamato a svolgere un compito non di semplice custodia ma anche di partecipazione alla rieducazione ed al recupero.
Le riferite ragioni, quindi, pienamente e condivisibilmente danno conto del pregiudizio al rapporto di affidabilità che deve intercorrere tra l'Amministrazione e gli Agenti di Polizia Penitenziaria in ragione dei compiti cui gli stessi sono chiamati posti in correlazione con il comportamento tenuto dal ricorrente, risultando pertanto il gravato provvedimento immune, anche sotto tale profilo, dai denunciati vizi.
In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, il ricorso in esame va rigettato stante la rilevata infondatezza delle censure con lo stesso proposte.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso N. 13953/2000 R.G., come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente al pagamento, a favore della resistente Amministrazione, delle spese di giudizio, che liquida forfetariamente in complessivi euro 1.000,00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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