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mercoledì 6 luglio 2011

Corte dei Conti "...La questione sottoposta al giudizio della Corte concerne la computabilità nella base pensionabile  dell’assegno di funzione introdotto dall’art. 1, comma 9, del decreto-legge 16 settembre 1987 n. 379 (recante misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici al personale militare e per la riliquidazione delle pensioni dei dirigenti civili e militari dello Stato e del personale ad essi collegato ed equiparato), convertito con modificazioni nella legge 14 novembre 1987 n. 468, e dall’art. 6 del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387 convertito con modificazioni in legge 20 novembre 1987, n. 472 (Copertura finanziaria del decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 150, di attuazione dell'accordo contrattuale triennale relativo al personale della Polizia di Stato ed estensione agli altri Corpi di polizia), a favore, rispettivamente, degli appartenenti alle Forze Armate e degli appartenenti ai Corpi di Polizia.  ..."

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
la
Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale Regionale
per l'Emilia-Romagna
in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, in persona del Consigliere dott. Francesco Maria Pagliara
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio instaurato con il ricorso n. 42261/PM R.G proposto da ----, contro il Ministero della Difesa nonché contro il Centro Amministrativo dell’Esercito Italiano – Sez. Staccata di Padova, il Comando 2/121° Reggimento Artiglieria e l’INPDAP per il riconoscimento, in sede pensionistica, del diritto alla maggiorazione del 18% sull’assegno di funzione di cui all’art. 1, comma 9, l. n. 468/1987 e del diritto al ricalcolo dell’importo dei sei scatti stipendiali con l’inclusione nella base di computo dell’assegno di funzione;
Udito nella pubblica udienza del 4 maggio 2011, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Maria Cassadonte, il ricorrente sig. R. R.; non costituite le Amministrazioni intimate;
Visti gli atti di causa;
Ritenuto in
FATTO
Nel ricorso in esame il sig. R.R., già Maresciallo Luogotenente dell’Esercito, premesso di essere cessato dal servizio attivo il 13 febbraio 2004, ha lamentato che l’Amministrazione, in sede di liquidazione del trattamento pensionistico di ausiliaria, pur comprendendo l’assegno di funzione previsto dall’art. 1, comma 9, della legge n. 468 del 1987, non abbia riconosciuto detto assegno suscettibile dell’incremento di cui all’art. 16 della legge n. 177 del 1976, ove si dispone che, ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, la base pensionabile è aumentata del 18%.
Ha sostenuto che la mancata attribuzione del richiesto beneficio pensionistico configura un comportamento dell’Amministrazione di appartenenza, e conseguentemente dell’Ente pagatore, affetto da violazione di legge per falsa e/o mancata applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 16, l. n. 177/1976 e 1, c. 9, l. n. 468/1987, nonché per eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta e per disparità di trattamento economico di base dei dipendenti dello Stato.
Al riguardo, ha osservato che detto trattamento è composto da due voci, ovvero il livello retributivo e la retribuzione individuale di anzianità (R.I.A.), e l’assegno funzionale si aggiunge alla R.I.A., sicché viene a far parte di detta voce retributiva, in quanto in essa viene inglobato, e come questa entra nel novero degli importi che contribuiscono alla formazione dello stipendio.
A conferma di ciò, ha richiamato la sentenza n. 66/1999/A della Sezione II giurisdizionale centrale d’appello di questa Corte dei Conti, laddove si deduce che l’assegno funzionale è stato previsto contestualmente al riconoscimento di benefici economici concessi agli ufficiali (art. 1, comma 8, d.l. n. 379 conv. con modificazioni in l. n. 468/87) “quale parziale omogeneizzazione stipendiale con le Forze militari di polizia”, il che significa che ad esso va riconosciuta la stessa natura di questi e che limitazioni sotto tale aspetto creerebbero un’ingiustificata disparità di trattamento tra le due categorie di militari.
Ha inoltre citato la norma contenuta nel comma 10 dell’art. 1 d.l. n. 379/1987, per la quale i nuovi importi – quelli, cioè, previsti quale omogeneizzazione stipendiale, per gli ufficiali, e quale assegno funzionale, per i sottufficiali – “hanno effetto sulla tredicesima mensilità, sul trattamento ordinario di quiescenza, normale e privilegiato, sull’indennità di buonuscita …”.
Ha poi dedotto che poiché l’assegno funzionale va incluso tra gli emolumenti che compongono lo stipendio, lo stesso assegno è computabile nella determinazione dei sei scatti previsti dall’art. 1, comma 15 bis, del d.l. n. 379 del 1987 convertito in l. n. 468/87.
Richiamata, da ultimo, giurisprudenza pensionistica favorevole (Corte dei Conti - Sezione giur. reg. Sicilia, sent. n. 3314/2008; Sezione giur. reg. Piemonte, sent. n. 974/2003; Sezione giur. reg. Veneto, sent. n. 1264/2003), ha concluso chiedendo che questa Corte voglia: 1) “accertare e dichiarare il diritto all’inclusione dell’assegno di funzione nel computo della base pensionabile suscettibile dell’incremento del 18% riconosciuto dall’art. 16 l. n. 177/1976”; 2) “riconoscere il diritto all'inclusione dell’assegno di funzione nel computo della base pensionabile per il ricalcolo dei sei scatti stipendiali, di cui all’art. 1, comma 15 bis, del d.l. n. 379 del 1987 convertito in legge n. 468/87”; 3) condannare: il Ministero della Difesa – Centro Amministrativo dell’Esercito Italiano – Sezione Staccata di Padova alla conseguente riliquidazione del trattamento pensionistico di ausiliaria in godimento del ricorrente; il Ministero della Difesa e l’INPDAP, per quanto di rispettiva competenza, al pagamento del trattamento pensionistico di ausiliaria come rideterminato e riliquidato, nonché delle somme arretrate dovute a titolo di conguaglio, con rivalutazione monetaria e interessi legali da computarsi dalla maturazione dei singoli ratei e fino all’effettivo pagamento. Con ogni conseguenza in ordine alle spese di giudizio.
In data 7 aprile 2011 l’avv. -- ha depositato, nell’interesse del ricorrente, memoria difensiva con allegata procura notarile alla lite.
In detta memoria si espone che in risposta ad apposita domanda in data 13 maggio 2008 del sig. R., volta ad ottenere l’incremento del 18% sull’assegno di funzione percepito in attività di servizio, l’Amministrazione, con nota del 3 giugno 2008, ha negato detto beneficio sulla base di quanto disposto dall’art. 16 della legge n. 177 del 1976.
In opposizione a tale diniego, si richiama l’interpretazione favorevole e condivisibile data alla suddetta disposizione dalla Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Sicilia, citandosi in particolare la sentenza n. 133/A/2010, e si evidenzia, altresì, l’“illogico” operato dell’Amministrazione la quale, mentre ha incluso l’assegno in discussione ai fini della determinazione della pensione, lo ha poi escluso ai fini dell’aumento del 18%.
Si osserva che la normativa citata non prevede affatto “questa sorta di disciplina diacronica, fatta propria dall’amministrazione stessa”, ed è pertanto errato l’assunto contenuto nell’impugnata reiezione secondo cui la legge istituisce l’indennità di funzione, ma non ne prevede la maggiorazione del 18% pur considerandola pensionabile.
Si insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso nelle conclusioni così come direttamente formulate. Con vittoria di spese, competenze ed onorari.
Nell’udienza odierna il ricorrente, liberamente interrogato, ha confermato il contenuto del ricorso e depositato, su richiesta del giudicante, sia la relazione di notificazione del ricorso alle controparti sottoscritta dall’ufficiale giudiziario, sia l’avviso di ricevimento di cui agli artt. 149 c.p.c. e 4 l. n. 890 del 1982.
La causa è quindi passata in decisione con conseguente lettura del dispositivo e fissazione del termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza, ai sensi dell’ultima parte dell’art. 429, comma 1, secondo capoverso, c.p.c., come sostituito dall’art. 53 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2008, n. 133.
Considerato in
DIRITTO
La questione sottoposta al giudizio della Corte concerne la computabilità nella base pensionabile  dell’assegno di funzione introdotto dall’art. 1, comma 9, del decreto-legge 16 settembre 1987 n. 379 (recante misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici al personale militare e per la riliquidazione delle pensioni dei dirigenti civili e militari dello Stato e del personale ad essi collegato ed equiparato), convertito con modificazioni nella legge 14 novembre 1987 n. 468, e dall’art. 6 del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387 convertito con modificazioni in legge 20 novembre 1987, n. 472 (Copertura finanziaria del decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 150, di attuazione dell'accordo contrattuale triennale relativo al personale della Polizia di Stato ed estensione agli altri Corpi di polizia), a favore, rispettivamente, degli appartenenti alle Forze Armate e degli appartenenti ai Corpi di Polizia.  
Al riguardo si deve ricordare che secondo l’art. 16 (Base pensionabile personale militare) della legge 29 aprile 1976, n. 177, sostitutivo dell’art. 53 del d.P.R. 29 dicembre 1973 per le cessazioni dal servizio aventi decorrenza non anteriore al 1° gennaio 1986, n. 1092, ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, escluso quello indicato nell’art. 54, penultimo comma, del citato d.P.R. n. 1092/73, la base pensionabile, costituita dall’ultimo stipendio o dall’ultima paga e dagli assegni o indennità pensionabili, integralmente percepiti, indicati nello stesso art. 16 [ a) indennità di funzione per i generali di brigata ed i colonnelli, prevista dall’art. 8 della legge 10 dicembre 1973, n. 804; b) assegno perequativo ed assegno personale pensionabile, previsti dall’art. 1 della legge 27 ottobre 1973, n. 628, in favore degli ufficiali di grado inferiore a colonnello o capitano di vascello, nonché dei sottufficiali e dei militari di truppa; c) assegno personale previsto dall’art. 202 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, applicabile al personale militare in base all’art. 3 della legge 8 agosto 1957, n. 751 ] è aumentata del 18% (primo comma); “agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile” (secondo comma).
Nella fattispecie va osservato che l’assegno funzionale in discussione non soddisfa alcuna delle due anzidette condizioni, non essendo compreso tra gli assegni e indennità di cui al primo comma e non essendo assistito dalla clausola espressa di valutabilità nella base pensionabile di cui al secondo dei commi succitati.
Devesi, altresì, rilevare che le argomentazioni assunte dalla Sezione Seconda giurisdizionale centrale di appello con la sentenza n. 66/99 invocata dal ricorrente sono state espressamente disattese da successive sentenze (n. 314, n. 315, n. 317, n. 336 e n. 337 del 2 ottobre 2003) della medesima Sezione la quale, “rimeditata la complessa questione anche alla luce delle perspicue considerazioni svolte dalla Sezione del controllo nella deliberazione n. 52/2000” (cfr. sentenza n. 347 del 30 ottobre 2003), ha osservato che l’assegno funzionale in argomento, in quanto entità che si aggiunge ad un’altra (nella specie: R.I.A.), costituisce emolumento distinto e separato dalla stessa R.I.A. e non può, in ipotesi, affermarsi che esso è inglobato nella R.I.A. o essere considerato di natura analoga alla R.I.A.
Essendosi peraltro delineati, nella giurisprudenza di questa Corte, orientamenti interpretativi non univoci sulla inclusione o meno dell’assegno de quo nella base pensionabile, la questione controversa è stata deferita una prima volta nel dicembre 2003 alle Sezioni Riunite, che l’hanno dichiarata inammissibile sul rilievo che al momento del deferimento un contrasto giurisprudenziale esisteva soltanto tra le Sezioni di primo grado, “tenuto conto che in grado di appello era stato emessa una sola pronuncia in materia favorevole alla inclusione dell’assegno di funzione nella base pensionabile” e che la stessa Sezione Seconda d’appello aveva poi proceduto “ad una integrale rivisitazione della problematica affermando in maniera uniforme, in più pronunce, che l’assegno di cui trattasi non può essere incluso nella base pensionabile e, quindi, non è soggetto alla maggiorazione del 18%”, sicché una difformità di soluzioni interpretative si riscontrava soltanto tra le Sezioni regionali, venendo a difettare quella difformità di soluzioni giurisprudenziali in grado di appello – “cosiddetta orizzontale” – ritenuta idonea ad attivare presso le Sezioni Riunite il potere-dovere di rendere la pronuncia del punto di diritto sulla questione di massima (cfr. Corte dei Conti – Sezioni Riunite, 27 aprile 2004 n. 6/QM).
Successivamente, però, la giurisprudenza d’appello ha espresso due diversi ed opposti orientamenti, l’uno contrario e l’altro favorevole all’includibilità dell’assegno funzionale nella base pensionabile.
Da un lato, le Sezioni giurisdizionali centrali d’appello, con una serie costante di decisioni conformi, hanno statuito che, anche se pensionabile, l’assegno di cui si discute, pur aggiungendosi alla retribuzione individuale di anzianità, mantiene la sua natura di emolumento accessorio dello stipendio, non suscettibile di maggiorazione, in assenza di espressa previsione legislativa (ex multis: Sez. I, 6 febbraio 2006 n. 57/A; Sez. II, 2 settembre 2005 n. 304/A; Sez. II, 11 novembre 2004 n. 342/A; Sez. III, 24 marzo 2004 n. 205/A).
Per contro, alcune pronunce della Sezione giurisdizionale d’appello per la regione Sicilia – concordando con precedenti decisioni di primo grado - hanno affermato che l’assegno funzionale percepito ai sensi dell’art. 1 d.l. n. 379 del 1987, presentando indubbio carattere di componente stipendiale, confluisce a pieno titolo nella base pensionabile, con conseguente applicabilità dell’incremento del 18% previsto dall’art. 53 d.P.R. n. 1092/1973, nel testo sostituito dall’art. 16 l. n. 177 del 1976 (cfr. sentenze 4 luglio 2005 n. 146/A e 17 marzo 2005 n. 66/A).
La questione è quindi tornata alle Sezioni Riunite le quali, con la sentenza n. 9/2006/QM del 28 settembre 2006, hanno affermato che “l’assegno funzionale previsto a favore degli appartenenti alle Forze Armate dall'art. 1 comma 9 del d.l. 16 settembre 1987 n. 379, convertito nella legge 14 novembre 1987 n. 468, nonché l'analogo assegno funzionale previsto a favore degli appartenenti ai Corpi di Polizia dall'art. 6 del d.l. 21 settembre 1987 n. 387, convertito con modificazioni nella legge 20 novembre 1987 n. 472, ancorché pensionabili, non sono inclusi nella base pensionabile e quindi non possono usufruire della maggiorazione del 18% in relazione all'art. 53, comma 1 del DPR 29 dicembre 1973 n. 1092, come modificato dall'art. 16 della legge 29 aprile 1976 n. 177”.
Hanno, pertanto, conclusivamente statuito le Sezioni Riunite che << Nessun rilievo può al riguardo essere riconosciuto all’espressione “si aggiungono alla retribuzione individuale di anzianità” utilizzata dal legislatore nell’istituire gli assegni in questione limitatamente agli appartenenti alle forse armate, che ha invece il significato di evidenziare la autonomia di tali emolumenti in ragione della diversa natura giuridica. Gli assegni funzionali in discorso non vanno infatti a confluire indistintamente nella retribuzione individuale di anzianità, ma invece si cumulano a questa nel confluire nello stipendio di base, senza restare assorbiti al suo interno, mantenendo così le loro caratteristiche peculiari >>.
Ritiene questo giudice che non vi siano decisive ragioni per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale consacrato nella surrichiamata pronuncia, orientamento peraltro già adottato in precedenza dalla Sezione: la pretesa azionata dal ricorrente, volta ad ottenere l’inclusione nella base pensionabile - con i conseguenziali relativi effetti (maggiorazione del 18% ex art. 16 della legge n. 177/76; rideterminazione dei sei scatti attribuiti dall’art. 1, comma 15 bis, della legge n. 468/87, come sostituito dall’art. 11 della legge n. 231/90) - dell’assegno funzionale previsto dall’art. 1, comma 9, del d.l. n. 468/87 (conv. in l. n. 468/87), deve pertanto essere respinta.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso de quo si appalesa infondato e, pertanto, non meritevole di accoglimento; in difetto di costituzione delle parti intimate non vi è luogo a pronuncia sulle spese di giudizio.
P.Q.M.
la Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, definitivamente pronunciando
Respinge
il ricorso in epigrafe.
Nulla per le spese.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Bologna il 4 maggio 2011.
Il giudice
(Francesco Maria Pagliara)
                        f.to Francesco Maria Pagliara
Depositata in Segreteria il 10 giugno 2011
                        Il Direttore di Segreteria
f.to Nicoletta Natalucci
DECRETO
Il Giudice, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 nr. 196,
DISPONE
Che a cura della Segreteria venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto articolo 52 nei riguardi della parte privata e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
                                                                       Il Giudice Unico
                                                           (Francesco Maria Pagliara)
                                   f.to Francesco Maria Pagliara
Depositato in Segreteria il giorno 10 giugno 2011
                                               Il Direttore della Segreteria
                                   f.to Nicoletta Natalucci
In esecuzione del Provvedimento ai sensi dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 nr. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi della parte privata e se esistenti del dante causa e degli eventi causa.
Data 10 giugno 2011
                                               Il Direttore della Segreteria
                        f.to Nicoletta Natalucci
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
EMILIA ROMAGNA Sentenza 282 2011 Pensioni 10-06-2011

Corte dei Conti "...La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica nella persona del consigliere Luigi Di Murro, visto l’art. 5 della l. 21 luglio 2000 n. 205 nonché gli artt. 420, 421, 429, 430 e 431 del codice di procedura civile, definitivamente pronunciando, ACCOGLIE il ricorso iscritto al n. 032975/Pensioni Civili del registro di segreteria, proposto dalla sig.ra B. A. e, per l’effetto, dichiara la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “Evento suicidario a seguito di colpo di arma da fuoco in sede temporale destra, in soggetto affetto da sindrome ansioso depressiva reattiva”...."

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE
EMILIA-ROMAGNA
In funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica in persona del Presidente Luigi Di Murro, ha pronunciato, nella pubblica udienza dell’11 maggio 2010 e con l’assistenza del segretario dott. Lucia Caldarelli, la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso iscritto al n. 032975/Pensioni Civili del registro di segreteria, proposto dalla sig.ra ---ha eletto domicilio, avverso il silenzio rifiuto formatosi sulla domanda avanzata dalla ricorrente per il riconoscimento della pensione privilegiata di reversibilità per dipendenza da causa di servizio dell’evento suicidario che in data 30 maggio 1994 ha tratto a morte il di lei coniuge, già Sovrintendente della Polizia di Stato presso il Comando Militare di OMISSIS.
            Udito, nella pubblica udienza, l’avv. Andrea Trentin per la parte privata ricorrente; non rappresentato il Ministero della Difesa resistente.
F A T T O
            Con ricorso presentato in data 15 gennaio 2004 presso la segreteria di questa Sezione giurisdizionale la sig.ra B. A., vedova del Sovrintendente della Polizia di Stato S. L., nato il OMISSIS e deceduto in servizio il OMISSIS per “Evento suicidario a seguito di colpo di arma da fuoco in sede temporale destra, in soggetto affetto da sindrome ansioso depressiva reattiva”, ha impugnato il silenzio rifiuto formatosi sulla domanda avanzata dall’interessata per il riconoscimento della pensione privilegiata di reversibilità.
            Con l’atto introduttivo del presente giudizio la parte privata, rilevato preliminarmente il silenzio serbato per sette anni dall’Amministrazione, il che legittima il ricorso avverso il silenzio rifiuto, e premessa l’esposizione dei fatti, in merito allo svolgimento della fase amministrativa precisa che in data 28 novembre 1994 ha presentato domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio del decesso del coniuge ai fini del riconoscimento dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata di reversibilità, e che con verbale AB n. 922 del 6 marzo 1990 la C.M.O. del Centro di Medicina legale militare di OMISSIS ha negato il richiesto riconoscimento nella considerazione che non si ravvisa nel servizio prestato nel caso in essere, nella sua specificità, modo causale o concausale efficiente e preponderante, ma solo occasionale nel determinismo dell’infermità in esame, né si ravvisa nesso di interdipendenza con l’infermità già dipendente da causa di servizio.
            Il giudizio negativo è stato confermato dalla Commissione Medica di II^ istanza con l’ulteriore specificazione che dalle relazioni in atti non risulta che lo S. sia stato impegnato in turni e straordinari particolarmente stressanti, né sono emerse, anche in base ai supplementi di relazioni richieste da quel Comando, situazioni conflittuali con l’ambiente e i colleghi di lavoro, e che durante il servizio lo S. non ha mai manifestato disturbi psichici né alterazioni comportamentali.
            Con il ricorso qui in esame la sig.ra B. A. sottolinea come l’evento suicidario sia direttamente collegabile alla sindrome ansioso depressiva reattiva contratta dal defunto coniuge unicamente per fatti e causa di servizio, riportando le dichiarazioni di colleghi, amici e sanitari.
            In particolare si afferma che l’ambiente di lavoro con gli atteggiamenti dei superiori, nonché con l’orario di lavoro e le sentite responsabilità, avevano determinato nel sig. S., sicuramente negli ultimi due anni di servizio, ed in ogni caso nell’ultimo anno, in modo fortemente violento una condizione di malessere psico-fisico, con fortissime turbe psichiche che gli erano state diagnosticate quale una “sindrome ansioso depressiva di tipo reattivo”, per la quale si era affidato a cure di natura psicologica, ma che non è stata assolutamente avvertita dai diretti superiori dell’interessato il quale, quindi, si è trovato nell’ambiente di lavoro senza alcuna protezione.
            Il ricorso è corredato da copiosa documentazione tra cui, in particolare, il parere medico-legale del prof. G. Beduschi di Modena 28 giugno 1998 con tre allegati (all. n. 76) e la relazione di consulenza Prof. I. Galliani di Modena (all. n. 77).
            Il Ministero dell’Interno ha depositato in data 13 settembre 2004 il fascicolo degli atti sanitari ed amministrativi del Sovrintendente S. L.; in particolare l’allegato n. 4 (relazione del Dirigente dell’11° Reparto Volo di OMISSIS) risulta corredato dai certificati medici in data 8 giugno 1994 del dott. Pier Paolo Gamberi, in data 8 giugno 1994 della dott. M. Luisa Montebelli ed in data 24 ottobre 1994 del dott. Alberto Padovani attestanti la sussistenza, prima del decesso, dell’infermità “sindrome ansiosa depressiva di tipo reattivo” da porre in diretta correlazione con il serviizo prestato dall’interessato.
            In data 17 giugno 2009 l’Amministrazione resistente si è costituita con apposita memoria, corredata da copia della documentazione già trasmessa integrata con il decreto ministeriale n. 11168/04 del 16 aprile 2004 negativo di trattamento pensionistico privilegiato e con la dichiarazione di notifica del decreto stesso, insistendo per il rigetto del gravame ed eccependo in via subordinata l’intervenuta prescrizione quinquennale.
            In data 25 giugno 2009 il difensore della parte privata ricorrente ha depositato una memoria difensiva concludente per l’accoglimento del ricorso dovendo ravvisarsi nel servizio prestato una connessione anche in via mediata con il suicidio del Sovrintendente S..
            Con ordinanza n. 206/09/C del 13 ottobre 2009 questa Sezione giurisdizionale, considerato che la questione da decidere si sostanzia nell’accertamento della dipendenza da causa di servizio, sub specie di dipendenza dall’infermità “sindrome ansioso depressiva reattiva” a sua volta dipendente da causa di servizio, anche sotto il profilo del ritardo diagnostico e terapeutico, dell’evento suicidario che in data OMISSIS ha tratto a morte il Sovrintendente della Polizia di Stato S. L. e che trattasi di questione squisitamente tecnica, ha ritenuto necessario, ai fini di una più avvisata giustizia, che venisse acquisito al riguardo il motivato e definitivo parere dell’Ufficio Medico Legale presso il Ministero della Salute.
            L’istruttoria è stata eseguita ed in data 4 giungo 2010 il consulente tecnico officiato con la predetta ordinanza ha depositato il proprio parere concludente per la dipendenza da causa di servizio della patologia che ha poi indotto al suicidio il sig. S. L..
            Con memoria depositata in data 29 aprile 2011 la parte privata, richiamando le conclusioni della predetta consulenza tecnica, insiste per l’accoglimento del ricorso.
            Alla pubblica udienza l’avv. Andrea Trentin si riporta alle difese depositate ed insiste per l’accoglimento del gravame.
            Si da atto che, per l’assenza della parte pubblica resistente, non è stato possibile esperire il tentativo di conciliazione.
Al termine dell’odierna udienza è stato letto il dispositivo della presente sentenza con la precisazione che, ai sensi dell’ultima parte del primo comma dell’art. 429 c.p.c. come novellato dall’art. 53 del d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni, in legge n. 133 del 6 agosto 2008, per il deposito della sentenza, resta fissato il termine ordinatorio di sessanta giorni decorrente dalla data odierna.
D I R I T T O
                 In via preliminare va precisato che l’art. 429 c.p.c. novellato prevede che, all’esito della discussione “il giudice pronunzia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In caso di particolare complessità della controversia, il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore a sessanta giorni, per il deposito della sentenza”.
                 Nel nuovo contesto normativo, quindi, sono distinguibili due ipotesi: a) che il giudice dia lettura integrale della sentenza (tale dovendosi intendere l’esposizione delle ragioni, in fatto e in diritto) e del dispositivo; b)  che il giudice si limiti a leggere il dispositivo, depositando in un momento successivo la sentenza comprensiva della motivazione, in presenza di particolare complessità.
                 Ma la circostanza che la lettura dell’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione debba avvenire al termine dell’udienza, fermo restando, ovviamente, che la sentenza non può che essere redatta dopo che le parti abbiano discusso la causa (artt. 429, 275, 276 comma 5 c.p.c. in relazione agli artt. 26 e 20 R.D. n. 1038 del 1933), induce a ritenere che l’applicazione dell’art. 429 c.p.c. novellato possa, per ragioni immediatamente intuibili, aver luogo soltanto in presenza di questioni di estrema semplicità (id est, quelle di cui all’ultimo comma dell’art. 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo sostituito dal primo comma dell’art. 9 della l. 21 luglio 2000, n. 205, applicabile, per espressa previsione contenuta nel terzo comma del medesimo art. 9, ai giudizi innanzi alla Corte dei conti in materia di ricorsi pensionistici, civili, militari e di guerra) e laddove non sia necessario, all’esito della discussione, dare pronuncia su eccezioni e deduzioni formulate dalle parti, sempre che il numero delle questioni trattate nella medesima udienza non sia tale da imporre un eccessivo prolungamento della camera di consiglio susseguente alla pubblica udienza con gli evidenti disagi per le parti presenti, che attendono quanto meno la lettura del dispositivo delle decisioni adottate per le singole controversie trattate, ed analoghe difficoltà per l’organizzazione e lo svolgimento del servizio del segretario di udienza, la cui presenza alla lettura delle sentenze o dei soli dispositivi delle stesse è indefettibile per la funzione del verbale d’udienza, che deve essere redatto dal segretario medesimo, con la cui sottoscrizione da parte del giudice si intende pubblicata la sentenza, con conseguente esonero della segreteria della Sezione dall’onere della comunicazione, giacché il provvedimento si ritiene, con presunzione assoluta di legge, conosciuto dalle parti presenti o che avrebbero dovuto esser presenti (Cassazione civile, sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22942).
                 Alla luce di tali considerazioni si è reputata necessaria la fissazione del termine indicato nella narrativa in fatto per il deposito della presente sentenza comprensiva della motivazione oltre che del dispositivo letto in udienza, anche in considerazione della circostanza che la lettura in udienza, oltre che del dispositivo, anche della relativa motivazione, non costituisce esordio del termine per l’impugnazione della sentenza da parte del soccombente, atteso che detto termine decorre dalla data di notificazione della sentenza a cura  della parte vittoriosa e che il termine cosiddetto “lungo” per la proposizione dell’appello è quello di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza che, all’evidenza, non può coincidere con la lettura della stessa nella pubblica udienza per gli adempimenti di segreteria connessi alla pubblicazione stessa.
            Tanto premesso, la questione all’attenzione della Sezione si sostanzia nell’accertamento della dipendenza da causa di servizio, sub specie di dipendenza dall’infermità “sindrome ansioso depressiva reattiva” a sua volta dipendente da causa di servizio, anche sotto il profilo del ritardo diagnostico e terapeutico, dell’evento suicidario che in data OMISSIS ha tratto a morte il Sovrintendente della Polizia di Stato S. L..
Detta questione risulta adeguatamente circoscritta dall’ordinanza istruttoria indicata nella narrativa in fatto ed esaurientemente analizzata dal consulente officiato con la medesima ordinanza dalla cui conclusioni, basate di attendibili elementi di fatto e su convincenti motivazioni medico legali, non sussistono motivi per discostarsi, anche per l’assenza di qualsiasi contraria argomentazione che avrebbe dovuto e potuto essere offerta dalla parte pubblica resistente.
Afferma invero il consulente tecnico officiato con l’ordinanza indicata nella narrativa in fatto che precede dopo l’attento esame degli atti trasmessi in visione che numerose sono le notizie che permettono di definire la personalità del soggetto: dedizione al lavoro, scrupolosità, applicazione per migliorare le sue competenze e professionalità; da esse deriva il quadro di una persona attenta, sensibile alla critica e rispettosa dell’autorità di cui riconosce la funzione, lievemente introvertita.
Tale struttura psichica, prosegue il consulente, si è mostrata stabile nel tempo, almeno fino all’ultimo anno di permanenza presso la Polizia di Stato di OMISSIS nel corso del quale si è manifestato un cambiamento netto del carattere del soggetto che è descritto come estremamente ansioso, insicuro delle sue capacità ed assalito da dubbi.
Il quadro psico-patologico che se ne ricava, secondo il C.T.U., appare più profondo di una depressione reattiva e mostra una lunga ruminazione su idee di incapacità che arrivano a ridefinire sé stesso come ostacolo alla vita dei familiari, manifestandosi così uni sviluppo deliroide di rovina ed alla costituzione di tale quadro sicuramente parteciparono numerosi fattori ambientali, che sono ben evidenti degli atti allegati e sono costituiti da un progressivo deterioramento delle relazioni lavorative (il soggetto è meno loquace, più chiuso in sé stesso, dubbioso delle sue prestazioni lavorative, preoccupato), da una (verosimilmente depercepita) relazione con i superiori, dai quali non si sente apprezzato, sentendosi addirittura umiliato in certe particolari situazioni e da un aumento delle preoccupazioni per le nuove condizioni che avrebbe trovato con il trasferimento, anche se da lui stesso richiesto; anche l’introduzione del trattamento con farmaci può aver modificato, ameno inizialmente in senso peggiorativo,le condizioni psico-patologiche.
Tali fattori, conclude il consulente, hanno in certa misura agito patoplasticamente nell’approfondire la dimensione sensitiva della personalità, peraltro ben compensata fino ad allora, fino a giungere alla condizione deliroide sopra descritta e pertanto, in base a quanto suddetto, non si può non ravvedere nel servizio svolto una forte componente concausale valida nel determinismo della sindrome depressiva che ha poi, modificandosi in peggio, condotto il soggetto al suicidio.
   A giudizio di questo giudice unico, il Consulente d’ufficio ha adeguatamente motivato in merito alla sussistenza del requisito della dipendenza da causa di servizio della sindrome depressiva che ha poi condotto al suicidio il sig. S. L., ed il Ministero della Difesa resistente non ha in alcun modo contrastato il sopra riportato parere, per cui non soccorrono motivi per disattenderlo in questa sede.
Ciò posto, deve essere accolta la domanda della parte privata ricorrente, sussistendo peraltro giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.
Quanto all’eccezione di intervenuta prescrizione sollevata dall’Amministrazione resistente con la memoria difensiva depositata in data 17 giugno 2009, la stessa, appare infondata alla luce della copiosissima corrispondenza intercorsa tra la ricorrente e l’Amministrazione della Difesa, dimostrante il perdurante interesse della parte privata alla risoluzione della controversia sorta a seguito del silenzio serbato dal Ministero della Difesa in merito alle richieste della sig.ra B. A.; anche in assenza di specifica qualificazione in tal senso di detta corrispondenza, la stessa appare tuttavia idonea ad interrompere il decorso della prescrizione che, conseguentemente, non risulta essersi maturata.
P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica nella persona del consigliere Luigi Di Murro, visto l’art. 5 della l. 21 luglio 2000 n. 205 nonché gli artt. 420, 421, 429, 430 e 431 del codice di procedura civile, definitivamente pronunciando, ACCOGLIE il ricorso iscritto al n. 032975/Pensioni Civili del registro di segreteria, proposto dalla sig.ra B. A. e, per l’effetto, dichiara la dipendenza da causa di servizio dell’infermità Evento suicidario a seguito di colpo di arma da fuoco in sede temporale destra, in soggetto affetto da sindrome ansioso depressiva reattiva”.
Dispone che gli atti siano trasmessi all’Amministrazione della Difesa per quanto di competenza.
Spese compensate.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio dell’11 maggio 2011.
DECRETO
Il Giudice Unico delle Pensioni, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196,
DISPONE
che, a cura della Segreteria, venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto articolo nei confronti della parte ricorrente.
Il Giudice
                                                                       Presidente Luigi Di Murro
                                                                       f.to Luigi Di Murro
Depositata in Segreteria il 09/06/2011
                                                                                  IL DIRIGENTE
                                                                       f.to dr.ssa Lucia Caldarelli
In esecuzione del provvedimento del Giudice Unico delle Pensioni, ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione, omettere le generalità e gli altri dati identificativi di parte ricorrente.
                                                                                  IL DIRIGENTE
                                                                       f.to dr.ssa Lucia Caldarelli
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
EMILIA ROMAGNA Sentenza 271 2011 Pensioni 09-06-2011

Corte dei Conti "...ACCOGLIE il ricorso in esame (n. 57792 PC), proposto da L. B. nei confronti del Ministero dell’Interno, e, per l’effetto, dichiara l’applicabilità, nei suoi confronti, dell’art. 67 del DPR n. 1092/1973 ed il conseguente riconoscimento del diritto alla percezione dei dovuti benefici pensionistici, fatti salvi gli effetti della prescrizione, a decorrere dalla data di cessazione dal servizio...."

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico delle pensioni, Consigliere Francesco D’ISANTO, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso, iscritto al n.  57792 P.C. del registro di Segreteria, promosso da ----è elettivamente domiciliato – avverso il decreto 1068/2002 del Ministero dell’Interno.
            Nella pubblica udienza del 4 maggio 2011, udito l’avv. Marco Canapicchi, per delega.
            Non rappresentata l’Amministrazione.
            Visti gli atti ed i documenti della causa;
            Visto il D.L. 15.11.1993, n. 453, convertito in Legge 14.1.1994, n. 19;
            Visto il D.L. 23.10.1996 n. 543, convertito in Legge 20.12.1996, n. 639;
            Vista la Legge 27.7.2000, n. 205
FATTO
1.         Con ricorso qui pervenuto il 1903.2009, il sig. L., già in servizio presso la Polizia di Stato fino al 02.09.1998, impugnava il citato decreto n. 1068/2002 con cui – pur riconoscendo che le infermità da lui sofferte erano dipendenti da causa di servizio ed ascrivibili a tab. A 7^ ctg. – gli veniva negata la relativa p.p.o. in quanto le medesime non portavano l’inabilità al servizio.
            Ulteriore memoria perveniva il 22.04.1011.
2.         Il Ministero dell’Interno, costituitosi il 26.04.2011, nell’evidenziare il mutato orientamento, in proposito, di questa Corte, eccepisce la prescrizione quinquennale.
3.         A conclusione dell’odierna udienza di discussione – nel corso della quale il difensore si riporta agli atti – questo Giudice, ai sensi dell’art. 429 c.p.c., ha dato lettura del dispositivo della presente decisione riservandosi il deposito entro il termine prefissato.
DIRITTO
1.         Preliminarmente, è da evidenziare, con riferimento alla previsione del novellato art. 420 c.p.c., l’impossibilità del tentativo di conciliazione, considerato che non sono presenti entrambe le parti.
2.         Per giurisprudenza consolidata (vgs. 3^ sez. centr. n. 13621/2002; sez. giur. Toscana nn. 740/2006 e 654/2009), per il personale della Polizia di Stato, il diritto a percepire il trattamento di P.P.O. è regolato, ai sensi dell’art. 5 (comma 6) della legge n. 472/1987, dalla stessa norma prevista per il personale delle FF.AA. e delle FF.PP. ad ordinamento militare: l’art. 67 del D.P.R. n. 1092/1973.
            Quest’ultimo prevede, come condizione indispensabile, l’accertata dipendenza da fatti di servizio dell’infermità riscontrata, (requisito che si riscontra nella documentazione relativa al ricorrente) e non l’asserita inabilità al servizio.
            Alla stregua di quanto sopra, il ricorso è fondato e, quindi meritevole di accoglimento.
            Si deve, pertanto, dichiarare l’applicabilità, nei confronti del ricorrente, dell’art. 67 del DPR n. 1092/1973 ed il suo conseguente diritto, in relazione all’esito della prescritta procedura, a percepire i dovuti benefici pensionistici, fatti salvi gli effetti dell’eccepita prescrizione, relativa ai ratei maturati prima del quinquennio precedente alla data di ricezione della sua istanza, datata 31.03.2008..
3.         Su quanto dovuto spettano, inoltre, interessi legali e rivalutazione monetaria, ex artt. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c., dalla maturazione dei singoli ratei al soddisfo, da liquidarsi cumulativamente, nel senso di una possibile integrazione degli interessi legali ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi (SS.RR. 10/2002).
4.         Attesa la chiarezza della normativa, risalente ad oltre due decenni, e la univocità della relativa giurisprudenza, le spese legali quantificate come da notula, in euro 1.377,00 (milletrecentosettantasette/00) più IVA e CAP, vanno poste a carico dell’Amministrazione soccombente.
P.Q.M.
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Toscana – in composizione monocratica – definitivamente pronunciando
ACCOGLIE
il ricorso in esame (n. 57792 PC), proposto da L. B. nei confronti del Ministero dell’Interno, e, per l’effetto, dichiara l’applicabilità, nei suoi confronti, dell’art. 67 del DPR n. 1092/1973 ed il conseguente riconoscimento del diritto alla percezione dei dovuti benefici pensionistici, fatti salvi gli effetti della prescrizione, a decorrere dalla data di cessazione dal servizio.
            Segue il riconoscimento delle somme aggiuntive, come indicato in parte motiva.
Dispone la trasmissione degli atti all’Amministrazione, per gli ulteriori adempimenti di competenza, ed alla locale Procura Regionale per quanto, eventualmente, di interesse.
            Le spese legali, pari ad € 1.377,00 (milletrecentosettantasette/00) più IVA e CAP, sono a carico dell’Amministrazione soccombente.
Così deciso, in Firenze, previa lettura del dispositivo, nell’udienza del 4 maggio 2011.
In esito alla riserva ivi contenuta, la presente sentenza, emessa nella Camera di Consiglio del 06.05.2011, in pari data viene comunicata alla Segreteria, per il seguito di competenza.
                                                                               IL GIUDICE UNICO
                                                                          F.to Francesco D’Isanto
Depositata in Segreteria il 14 GIUGNO 2011
                                                              IL DIRETTORE DI SEGRETERIA
                                                                       F.to Paola Altini
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TOSCANA Sentenza 215 2011 Pensioni 14-06-2011

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI - PROVVEDITORATO INTERREGIONALE ALLE OPERE PUBBLICHE TOSCANA - UMBRIA AVVISO Avviso relativo al concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di: A3) due opere pittoriche con soggetto che si ispiri all'attivita' istituzionale del Corpo della Polizia di Stato da ubicare nell'ambito del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto. (GU n. 53 del 5-7-2011 )

In data 1° febbraio 2011, 9 marzo 2011 e 9 maggio 2011 e' stato esperito un concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di: A3) due opere pittoriche con soggetto che si ispira all'attivita' istituzionale del Corpo della Polizia di Stato da ubicare nell'ambito del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto sede della Questura e Polizia Stradale di Grosseto, piazza Platucci. Importo complessivo dell'opera: € 28.000,00 (€ 14.000,00 per ciascun quadro). Per conoscere l'esito del concorso si rinvia alla pagina: Gare - Aggiudicazioni del sito internet: www.comune.firenze.it/soggetti/oopptoscana/Home_page.html.

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI - PROVVEDITORATO INTERREGIONALE ALLE OPERE PUBBLICHE TOSCANA - UMBRIA AVVISO Avviso relativo al concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di: A2) pannello in bassorilievo o mosaico, ispirato all'attivita' istituzionale del Corpo di Polizia di Stato da ubicare nell'ambito del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto. (GU n. 53 del 5-7-2011 )

In data 1° febbraio 2011, 9 marzo 2011 e 9 maggio 2011 e' stato esperito un concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di: A2) pannello in bassorilievo o mosaico ispirato all'attivita' istituzionale del Corpo della Polizia di Stato da ubicare nell'ambito del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto sede della Questura e Polizia Stradale di Grosseto, piazza Platucci. Importo complessivo dell'opera: € 45.000,00. Per conoscere l'esito del concorso si rinvia alla pagina: Gare - Aggiudicazioni del sito internet: www.comune.firenze.it/soggetti/oopptoscana/Home_page.html.

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI - PROVVEDITORATO INTERREGIONALE ALLE OPERE PUBBLICHE TOSCANA - UMBRIA AVVISO Avviso relativo al concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di: A1) complesso scultoreo (Statua) con soggetto che ricordi il Corpo della Polizia di Stato da ubicare nell'ambito del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto. (GU n. 53 del 5-7-2011 )

In data 1° febbraio 2011, 9 marzo 2011 e 9 maggio 2011 e' stato esperito un concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di: A1) complesso scultoreo (Statua) con soggetto che ricordi il Corpo della Polizia di Stato da ubicare nell'ambito del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto sede della Questura e Polizia Stradale di Grosseto, piazza Platucci. Importo complessivo dell'opera: € 100.000,00. Per conoscere l'esito del concorso si rinvia alla pagina: Gare - Aggiudicazioni del sito internet: www.comune.firenze.it/soggetti/oopptoscana/Home_page.html.

martedì 5 luglio 2011

TV: FRECCERO, POTREI DIMETTERMI DA RAI PER FARE TELEVISIONE LIBERA CON SANTORO

TV: FRECCERO, POTREI DIMETTERMI DA RAI PER FARE TELEVISIONE LIBERA CON SANTORO =

Roma, 5 lug. (Adnkronos) - ''Potrei dimettermi dalla Rai per
fare un nuovo progetto di tv libera, in proprio con Santoro, come
artisti associati. Ci sto lavorando un po' per valutare se e'
possibile costruire questa convergenza, anche con le tv locali. Si',
c'e' la possibilita' che mi dimetta, anche a breve''. Lo ha detto il
direttore di Rai4, Carlo Freccero, intervenendo alla 'Zanzara' su
Radio 24.

(Spe/Ct/Adnkronos)
05-LUG-11 21:18TV: FRECCERO,POTREI DIMETTERMI DA RAI PER ANDARE CON SANTORO

(ANSA) - ROMA, 5 LUG - ''Potrei dimettermi dalla Rai per fare
un nuovo progetto di tv libera, in proprio con Santoro, come
artisti associati. Ci sto lavorando un po' per valutare se e'
possibile costruire questa convergenza, anche con le tv locali.
Si', c'e' la possibilita' che mi dimetta, anche a breve'' Lo ha
detto Carlo Freccero intervenendo alla Zanzara su Radio
24.(ANSA).

Roma, Cgil, omicidio a Prati acuisce divario tra sicurezza reale e mediatica

ROMA: CGIL, OMICIDIO A PRATI ACUISCE DIVARIO TRA SICUREZZA REALE E MEDIATICA =

Roma, 5 lug. - (Adnkronos) - "La feroce esecuzione avvenuta oggi
in pieno centro a Roma non fa che avvalorare le tesi, da noi da tempo
sostenute, circa il problema della sicurezza e della legalita' nella
capitale, acuendo ulteriormente il divario esistente fra sicurezza
reale e quella mediatica". Lo dichiarano Claudio Di Berardino,
segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini,
segretario generale del Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti,
segretario generale del Silp Cgil di Roma.

"Non si puo' continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre
aumenta la presenza di clan criminali e si registra un'escalation
della deliquenza e della violenza - proseguono - assistiamo
paradossalmente a una riduzione dell'organico in una citta' che
dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato".

"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la
sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a
una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo
a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo
interistituzionale permanente".

(Fla/Col/Adnkronos)
05-LUG-11 18:54

NNNN

Prati, Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica" (link diretto al portale dell'autore)



L'agguato

Prati, Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica"

Claudio Di Berardino

"Assistiamo paradossalmente a una riduzione dell'organico in una città che dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato", scrivono il una nota Claudio Di Berardino, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini, segretario generale del Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti, segretario generale del Silp Cgil di Roma
"La feroce esecuzione avvenuta oggi in pieno centro a Roma non fa che avvalorare le tesi da noi da tempo sostenute circa il problema della sicurezza e della legalità nella Capitale, acuendo ulteriormente il divario esistente fra sicurezza reale e quella mediatica". Così in una nota Claudio Di Berardino, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini, segretario generale del Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti, segretario generale del Silp Cgil di Roma. "Non si può continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre aumenta la presenza di clan criminali e si registra una escalation della deliquenza e della violenza - proseguono - assistiamo paradossalmente a una riduzione dell'organico in una città che dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato".
"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo interistituzionale permanente".

Prati, ucciso il figlio di un ex della banda della Magliana (link diretto al portale dell'autore)


L'agguato

Prati, ucciso il figlio di un ex della banda della Magliana

Omicidio prati


L'omicidio è avvenuto in via Riccardo Grazioli Lante nel XVII municipio. Il padre della vittima fu coinvolto, nel 1993, nell'ambito dell'operazione "Colosseo" contro la potente organizzazione crimanale romana. Il Silp Cgil: criminalità organizzata, "guerra per controllare il territorio". Per il presidente della commissione lotta alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio Filiberto Zaratti (Sel): "Roma assediata da criminalità e mafie". Pd Roma: "Capitale insicura, intervenga Maroni". Piccolo (Pdl): "Quartiere a rischio Scampia". Rossodivita: "Necessario un vertice sulla sicurezza". Ranucci: "Roma come Chicago degli anni '20". Le indagini sono coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della capitale
L'AGGUATO I testimoni: "Visti due uomini in moto"
LE REAZIONI/1 Alemanno: "Siamo di fronte a un reato grave"
LE REAZIONI/2 Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica"
Era già stato gambizzato in piazza del Monte di Pietà nel febbraio scorso l'uomo ucciso stamane in via Riccardo Grazioli Lante all'incrocio con via Simone de Saint Bon, al quartiere Prati. Al tempo si parlò di movente passionale, nonostante lo scetticismo degli inquirenti. Flavio Simmi, 33 anni, si trovava al volante della propria auto, una Ford Ka grigia, fermo al semaforo. Con lui una donna. La vettura poi sarebbe stata avvicinata dal killer che avrebbe esploso più colpi di pistola mentre l'uomo cercava di uscire fuori dalla macchina senza riuscirvi e restare con i piedi incastrati nell'abitacolo e il corpo riverso sull'asfalto. Ancora da chiarire al dinamica dell'omicidio. Sette sarebbero i colpi esplosi dal killer contro la vittima.
Simmi era figlio di una persona che negli anni Novanta fu accusata di aver preso parte alla banda della magliana. Il genitore fu coinvolto nel 1993 come presunto riciclatore nella cosiddetta "operazione Colosseo" che portò alla confisca di beni appartenenti al gruppo criminale per cento milioni di lire, ma fu poi scagionato al termine del processo.
Interrogatori sono in corso da parte degli investigatori della squadra mobile. Gli inquirenti stanno cercando testimonianze per stringere il cerchio sugli autori dell'omicidio. Movente, numero dei killer, tra i principali nodi da sciogliere.
Un grande telo verde copre il corpo in strada di Flavio Simmi. Il cadevere dell'uomo è stato caricato sul furgone della polizia mortuaria. Intorno l'area è transennata e oltre ai curiosi, ci sono amici e parenti molti dei quali non riesco a trattenere le lacrime. Sul posto ci sono ancora gli agenti della polizia scientifica che sono alla ricerca di indizi. L'uomo viveva poco distante dal luogo dell'omicidio in via Fa' di Bruno, era sposato e aveva dei figli. Amici e parenti si trovano sul luogo del delitto, davanti alla pozza di sangue.
IL SILP CGIL. Le modalità di esecuzione del delitto sembrerebbero tipiche del codice mafioso. "I casi di malavita che vanno dall'usura allo spaccio di droga, sebbe siano isolati, dimostrano che a Roma c'è un vero e proprio controllo del territorio - torna a denunciare con forza il segretario del Silp Cgil Roma, Gianni Ciotti -, non si tratta di un semplice regolamento di conti, c'è una guerra in atto tra bande di criminalità organizzata che vogliono conquistarsi l'egemonia sulla Capitale".
IL PD. "L'ennesimo omicidio avvenuto a Roma in pieno giorno e in pieno centro è l'ennesima dimostrazione dell'insicurezza e della violenza presenti in città. Nella Roma di Alemanno, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale, ogni giorno si registra un episodio di inaudita ferocia, come non succedeva da decenni. Chiediamo quindi al Ministro Maroni di intervenire al più presto prima che la situazione sfugga ad ogni controllo. Non ci fidiamo più di Alemanno e della sua Giunta, che davanti ad ogni caso di questo tipo, rispondono esponendo sterili statistiche sulla diminuzione dei reati, omettendo sempre di dire che sono in calo dal 2007 e in tutta italia perché in quell'anno a causa dell'amnistia in molti uscirono dal carcere provocando un innalzamento dei reati. A Roma ormai è il Far west, ma Alemanno sciorina numeri che non interessano a nessuno". Lo dichiara in una nota il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli. Per il senatore Raffaele Ranucci: "Oggi Roma sembra la Chicago degli anni Venti dove avvenivano omicidi e regolamenti di conti in pieno giorno e nelle strade più centrali e frequentate. La violenza nella città di Roma sta dilagando in modo allarmante. Nelle ultime settimane si sono ripetuti stupri, omicidi e violenze, alcuni ancora senza responsabili. L'uccisione di Flavio Simmi di questa mattina a Prati è solo l'ultimo caso dopo tanti tra cui il pestaggio, di pochi giorni fa, di Alberto Bonanni, ridotto in fin di vita nel centralissimo rione Monti".
IL PDL. “L’assassinio avvenuto nel cuore del quartiere Prati-Della Vittoria dimostra che la zona è ormai terra di esecuzioni malavitose. Un omicidio efferato, violento, avvenuto in pieno giorno e a pochi metri dal Vaticano e che fa seguito all’analogo regolamento di conti avvenuto lo scorso aprile in piazza Mazzini quando venne ucciso davanti a decine di persone un imprenditore. Mi auguro fortemente che gli investigatori facciano immediata luce su questo nuovo agghiacciante episodio che rischia di trasformare Prati in una nuova Scampia”. Così in una nota Samuele Piccolo (Pdl), vicepresidente dell’Assemblea capitolina. 
I RADICALI. "L'ennesimo omicidio di questa mattina nel quartiere Prati di Roma che si è consumato con una dinamica da vera e propria esecuzione della criminalità organizzata sbatte in faccia ai romani il totale fallimento di Alemanno che fu eletto sul tema della sicurezza". Lo afferma in una nota Giuseppe Rossodivita, Capogruppo Lista Bonino Pannella Federalisti Europei, Membro Commissione sulla sicurezza, integrazione sociale e lotta alla criminalità al Consiglio Regionale del Lazio.
 "A Roma da tempo sta accadendo qualcosa che oramai sembra sfuggito al controllo di tutte le autorità preposte a garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini - prosegue - Sarebbe a questo punto necessario un vertice tra tutti i soggetti istituzionali che hanno responsabilità in materia al fine di affrontare, con azioni concrete, una questione che non si può più far finta di non vedere".
L'IDV. "L'esecuzione che si è consumata stamattina a Prati è l'ennesimo, inquietante fatto di cronaca che sconfessa la favoletta di Roma città sicura. I romani cominciano ad avere il dubbio che i giornali che leggono tutte le mattine siano vecchie copie degli anni '70". Lo dichiara in una nota il segretario regionale dell'Italia dei valori, Vincenzo Maruccio. "Ora Alemanno ci dirà che la colpa è delle fiction televisive, o che sono fatti isolati - aggiunge - Peccato che il segnale sia ormai chiaro a tutti: non passa giorno senza pestaggi, esecuzioni in puro stile malavitoso, violenze di ogni genere. E' giunto il momento di intervenire, ammettendo l'emergenza e unendo le forze per combattere un fenomeno dilagante che non segna solo il fallimento del sindaco e della sua amministrazione, ma scredita la città agli occhi del mondo".
SEL. "L’omicidio in Prati e il maxi sequestro di beni immobili appartenenti alla ‘ndrangheta del clan Gallico di Palmi, sono due episodi di una lunga serie di gravissimi fatti criminosi che si susseguono a Roma e nella sua provincia. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una vera e propria escalation criminale: omicidi, tentati omicidi, gambizzazioni, regolamenti di conti, incendi dolosi, sequestri di beni ai clan di ‘ndrangheta e camorra. Questo scenario impone una reazione delle istituzioni, lasciando da parte i tentativi di minimizzazione del fenomeno e le sterili polemiche. Per questo motivo ho scritto una lettera al Presidente della Commissione parlamentare antimafia, Senatore Giuseppe Pisanu, chiedendo l’apertura immediata di un’inchiesta sulle mafie a Roma e nel Lazio, visto che l’ultima e del 1994”. Lo dichiara in una nota Filiberto Zaratti (Sel), Presidente della Commissione lotta alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio.
 

Corte Costituzionale ".. Tagli di spesa delle Regioni La Regione può decidere autonomamente dove tagliare le spese, purché la somma dei tagli sia pari all'importo fissato complessivamente dalla legge nazionale. Ma non può indicare un anno diverso da quello fissato a livello centrale, come base per calcolare le percentuali di spesa da ridurre e autorizzare, perché ciò viola la riserva di legge nazionale. Sono questi i principi affermati dalla Corte costituzionale con la Sent. n. 182, depositata il 10 giugno 2011. .."


  
 
Corte Cost., 10 giugno 2011, n. 182
Corte cost., Sent., 10-06-2011, n. 182Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
SENTENZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24 febbraio - 3 marzo 2011, depositato in cancelleria il 1° marzo 2011 ed iscritto al n. 11 del registro ricorsi 2011.
Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;
uditi l'avvocato dello Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Lucia Bora per  la Regione Toscana.
1. - Con ricorso notificato il 24 febbraio 2011 e  depositato il successivo 1° marzo (reg. ric. n. 11 del 2011), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, e dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65  (Legge finanziaria per l'anno 2011), in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
L'art. 1, comma 1, della legge impugnata stabilisce che «in applicazione della disposizione di cui all'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122,  la Giunta regionale, sulla base delle spese risultanti dal rendiconto per l'anno 2009, determina con proprio atto l'ammontare complessivo della riduzione delle proprie spese di funzionamento indicate dal citato  articolo 6. Tale ammontare è assicurato dalla Giunta regionale anche mediante una modulazione delle percentuali di risparmio in misura diversa rispetto a quanto disposto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 78/2010».
A propria volta, l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010,  al quale la disposizione impugnata si riferisce, prevede la «riduzione dei costi degli apparati amministrativi», operando su numerose voci di spesa della pubblica amministrazione, anche per mezzo di decurtazioni indicate in percentuale.
A parere del ricorrente, la disposizione impugnata, nel consentire alla Giunta regionale di modificare tali percentuali «definite e puntuali», si pone in contrasto con la normativa  statale interposta, espressiva di un principio di coordinamento della finanza pubblica, e viola, di conseguenza, l'art. 117, terzo comma, Cost.
La seconda disposizione impugnata, ossia l'art. 12, comma 2, lettera b), della legge in questione, stabilisce che per l'anno 2011 gli enti e le aziende del servizio sanitario regionale procedono «all'adozione di misure per il contenimento della spesa per il  personale idonee a garantire che la spesa stessa non superi il corrispondente ammontare dell'anno 2006, comprensivo dei costi contrattuali di competenza 2006, anche se erogati negli anni successivi,  diminuito dell'1,4 per cento. A tal fine si considera anche la spesa per il personale con rapporto di lavoro a termine. Dalla spesa 2006 sono  esclusi gli oneri per arretrati relativi ad anni precedenti, a seguito del rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e dalla spesa 2011 gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali intervenuti successivamente al 2006».
Il ricorrente ritiene tale previsione in contrasto con l'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010), secondo cui l'anno di riferimento, ai fini della determinazione del livello di spesa, è il 2004, anziché il 2006: anche in questo caso il legislatore regionale avrebbe violato un principio di coordinamento della finanza pubblica.
Il pregiudizio che le norme censurate avrebbero prodotto a carico delle «finanze pubbliche» giustificherebbe, secondo l'Avvocatura, la sospensione della legge impugnata, ai sensi dell'art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).
2. - Si è costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
La Regione osserva che con l'art. 1, comma 1, impugnato viene rispettato l'«ammontare complessivo delle riduzioni disposte dalla norma statale» (art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010),  ma si riserva alla Giunta il potere di ripartire i tagli apportati alle  specifiche voci di spesa, anche secondo percentuali di volta in volta diverse rispetto a quelle indicate dalla norma interposta.
Difatti, prosegue la Regione, la disposizione statale evocata dal ricorrente non potrebbe in nessun caso ritenersi espressiva di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, tale da imporsi all'autonomia regionale, ove si dovesse intendere che le percentuali ivi indicate siano rigide e immodificabili da parte del legislatore regionale. Si tratterebbe, infatti, di un'incisione su minute e dettagliate voci di spesa, tale da ledere l'autonomia finanziaria della Regione, secondo quanto avrebbe ripetutamente affermato la stessa giurisprudenza costituzionale.
Questo rilievo troverebbe conferma nello stesso art. 6, comma 20, del decreto-legge n. 78 del 2010,  secondo cui «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica».
Quanto, poi, all'art. 12, comma 2, lettera b), l'altra disposizione impugnata, la Regione Toscana ritiene che anche con  riguardo alla spesa per il personale del settore sanitario il legislatore statale non possa imporre in modo rigido un tetto a una singola voce del bilancio, dovendosi limitare a prescrivere il perseguimento dell'«equilibrio economico-finanziario» complessivo.
Ciò troverebbe avallo nell'art. 2, comma 73, della legge n. 191 del 2009,  secondo cui, in sede di verifica dell'osservanza degli adempimenti cui è  vincolata per il contenimento della spesa sanitaria, la Regione è considerata adempiente, ove, pur in caso di mancato raggiungimento degli  specifici obiettivi, abbia comunque assicurato il predetto equilibrio. In tale contesto, la disposizione impugnata, relativa al 2011, avrebbe ben potuto assumere come anno di riferimento per la determinazione della  spesa il 2006, anziché il 2004, confermando in tal modo una scelta già compiuta dalla legge regionale 1 agosto 2006, n. 42 (Misure di razionalizzazione della spesa delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale), con riferimento al triennio 2007-2009. Rispetto a quest'ultimo triennio, infatti, la riduzione della spesa è stata aumentata dall'1% all'1,4%, assicurando in tal modo,
secondo la difesa regionale, l'equilibrio economico complessivo.Motivi della decisione
1.  - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, e dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65  (Legge finanziaria per l'anno 2011), in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Il ricorrente ritiene che tali disposizioni ledano la competenza dello Stato a dettare i principi fondamentali della  materia a riparto concorrente "coordinamento della finanza pubblica", ponendosi in contrasto con due norme specificamente adottate nell'esercizio di essa.
In particolare, l'art. 1, comma 1, nel consentire  alla Giunta regionale di determinare l'ammontare complessivo della riduzione delle proprie spese di funzionamento, rispetto al livello raggiunto nel 2009, contrasterebbe con l'art. 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122.  Questo articolo, al fine di ridurre il costo degli apparati amministrativi, ha prescritto un taglio, secondo percentuali prestabilite, di numerose voci di spesa proprie delle amministrazioni statali, stabilendo altresì, al comma 20, che le singole disposizioni con cui tali tagli sono stati indicati nel corpo dello stesso art. 6 costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica per Regioni, Province autonome ed enti del
Servizio sanitario nazionale.
La norma regionale censurata, pur nel dichiarato intento di dare attuazione all'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010,  consentirebbe alla Giunta una «modulazione delle percentuali di risparmio in misura diversa» rispetto a quella rigidamente determinata dalla disposizione statale, con ciò, a parere dell'Avvocatura, contravvenendovi.
Il ricorrente muove, infatti, dal presupposto interpretativo secondo cui l'art. 6 pretende di trovare applicazione integrale nei confronti delle Regioni, le quali sarebbero perciò obbligate a operare una contrazione di singole e minute voci di spesa, proprio nella misura prescritta per le amministrazioni dello Stato.
In particolare, con riguardo alle sole spese concernenti il funzionamento della Giunta (le uniche ad essere disciplinate dalla norma impugnata, tra le molte previste dall'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010),  si sarebbe trattato di ridurre del 10%, rispetto al 2010, indennità, compensi, gettoni, retribuzioni ed altre utilità corrisposte ai componenti di organi (art. 6, comma 3); di contenere entro il 20% del tetto raggiunto nel 2009 sia le spese per studi ed incarichi di consulenza (art. 6, comma 7), sia le spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza (art. 6, comma 8); di rinunciare integralmente alle spese per sponsorizzazioni (art. 6, comma 9); di ridurre al 50% del 2009 le spese sia per missioni (art. 6, comma 12), sia per la formazione (art. 6, comma 13); di restringere all'80% del 2009 le spese per la gestione delle autovetture, compresi i
buoni taxi (art. 6, comma 14).
Secondo la Regione, invece, la disposizione in questione non potrebbe in nessun caso ritenersi espressiva di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, tale da imporsi all'autonomia regionale, ove si dovesse intendere che le percentuali ivi indicate siano rigide e immodificabili da parte del legislatore regionale. Si tratterebbe, infatti, di un'incisione su minute e dettagliate voci di spesa, tale da ledere l'autonomia finanziaria della Regione, secondo quanto avrebbe ripetutamente affermato la stessa giurisprudenza costituzionale.
E' solo nel suo insieme che l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010 potrebbe eventualmente considerarsi espressione di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, e sotto questo aspetto nessuna violazione sarebbe configurabile dal momento che «la Regione Toscana ha previsto di attenersi all'ammontare complessivo delle  riduzioni disposte dalla norma statale, con la facoltà di ripartire la riduzione complessiva in autonomia, e dunque in modo anche diverso da quanto disposto a livello nazionale».
1.2. - La questione non è fondata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore statale, con una "disciplina di principio", può legittimamente «imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento  finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi  si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti» (sentenza n. 36 del 2004; si veda anche la sentenza  n. 417 del 2005). Questi vincoli, perché possano considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali, devono riguardare «l'entità del disavanzo di parte corrente oppure - ma solo "in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale" -  la crescita della spesa corrente». In altri termini, la legge statale può
stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenze n. 417 del 2005 e n. 36 del 2004; si vedano anche le sentenze n. 88 del 2006 e n. 449 del 2005).
Poste tali premesse, è da aggiungere che interventi analoghi per i contenuti a quelli operati dalle diverse disposizioni dell'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010,  disposti negli anni trascorsi dal legislatore statale, non sono stati in grado di superare il vaglio di legittimità costituzionale, data l'indebita compressione dell'autonomia finanziaria delle Regioni che con  essi veniva realizzata. In particolare, sono state ritenute illegittime, nella parte in cui pretendevano di imporsi al sistema regionale, rigide misure concernenti la spesa per studi, consulenze, missioni all'estero, rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni (sentenza n. 417 del 2005); la spesa per viaggi in aereo (sentenza n. 449 del 2005); i compensi e il numero massimo degli amministratori di società partecipate dalla Regione (sentenza n. 159 del 2008); le spese per autovetture (sentenza n. 297 del 2009).
A fronte di tale consolidato indirizzo della giurisprudenza costituzionale, il legislatore statale, con l'art. 6 citato, ha mostrato di saper superare la tecnica normativa in origine adottata, ai fini del contenimento della spesa pubblica, preferendo agire direttamente sulla spesa delle proprie amministrazioni con norme puntuali, delle quali si è invece dichiarata l'efficacia nei confronti delle Regioni esclusivamente quali principi di coordinamento della finanza pubblica, escludendone l'applicabilità diretta (sentenza n. 289 del 2008).
Va da sé che tale operazione può rispettare il riparto concorrente della potestà legislativa in tema di coordinamento della finanza pubblica, solo a condizione di permettere l'estrapolazione, dalle singole disposizioni statali, di principi rispettosi di uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale. In caso contrario, la disposizione statale non potrà essere ritenuta di principio (sentenza n. 159 del 2008), quale che ne sia l'eventuale autoqualificazione operata dal legislatore nazionale (sentenza n. 237 del 2009).
E' da ritenere che il comma 20 del citato art. 6 abbia inteso operare in tal senso, con la previsione che «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica». Perciò la premessa su cui si fonda integralmente la censura dello Stato avverso l'art. 1, comma 1, della legge impugnata è palesemente erronea, poiché tradisce il senso dell'evocata norma interposta.
L'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010,  diversamente da quanto postulato dall'Avvocatura dello Stato, non intende imporre alle Regioni l'osservanza puntuale ed incondizionata dei  singoli precetti di cui si compone e può considerarsi espressione di un  principio fondamentale della finanza pubblica in quanto stabilisce, rispetto a specifiche voci di spesa, limiti puntuali che si applicano integralmente allo Stato, mentre vincolano le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale solo come limite complessivo di spesa.
Questa conclusione si fonda sulla possibilità di effettuare una duplice operazione logico-giuridica: in primo luogo, l'art. 6 citato consente un processo di induzione che, partendo da un apprezzamento non atomistico, ma globale, dei precetti in gioco, conduce  all'isolamento di un principio comune; in secondo luogo, siffatto principio è idoneo al compito inverso di dedurre da esso, in modo consequenziale, ma adeguato a preservare la discrezionalità del legislatore regionale, una diversificata normativa di dettaglio. Il comma 20 dell'art. 6, infatti, autorizza le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, anzitutto, a determinare, sulla base di una valutazione globale dei limiti di spesa puntuali dettati dall'art. 6, l'ammontare complessivo dei risparmi da conseguire e, quindi, a modulare in modo discrezionale, tenendo fermo quel vincolo, le percentuali
di riduzione delle singole voci di spesa contemplate nell'art. 6.
Pertanto, il rigetto della censura discende dal rilievo per il quale la norma impugnata non è contraria a quella interposta assunta nel significato che correttamente la Regione le ha attribuito: l'erroneità del presupposto interpretativo posto a base del ricorso determina l'infondatezza della questione.
2. - L'art. 12, comma 2, lettera b), della legge impugnata dispone che, per l'anno 2011, enti ed aziende del servizio sanitario regionale limitino le spese per il personale all'ammontare sostenuto nel 2006, ridotto dell'1,4%.
Lo Stato reputa tale disposizione in contrasto con l'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010), secondo cui tali spese non possono, per il triennio 2010-2012, eccedere il livello raggiunto nel 2004, diminuito anche in tal caso dell'1,4%: posto che tale ultima norma  esprimerebbe un principio di coordinamento della finanza pubblica, la disposizione regionale censurata sarebbe illegittima.
2.1. - La questione è fondata.
Anzitutto, va messo in chiaro che la norma regionale oggetto di impugnazione permette un incremento della spesa per  il personale sanitario per l'anno 2011, rispetto al livello massimo prescritto dalla norma statale interposta.
Il legislatore toscano, infatti, ha preso in considerazione, quale base di riferimento per contenere la spesa in questione, l'anno 2006, anziché l'anno 2004, indicato dall'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009. Sennonché tale ultima disposizione si salda senza soluzione di continuità con l'art. 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2007), che aveva previsto analoga misura  per il triennio 2007-2009, con l'effetto che la spesa per il personale sanitario dal 2007 al 2012 deve ritenersi agganciata, salvo espresse deroghe legislative, all'ammontare raggiunto nel 2004, diminuito dell'1,4%. È perciò chiaro che, riferendosi invece al 2006, ovvero all'ultimo anno durante il quale si è permessa un'ulteriore lievitazione  dei costi, la legge impugnata consente alla Regione
una spesa inevitabilmente superiore, e come tale si pone in contrasto con quanto stabilito dalla norma interposta.
Del tutto privo di rilevanza, sul punto, è l'argomento impiegato dalla difesa regionale, secondo cui la norma censurata avrebbe comunque ridotto la capacità di spesa della Regione, rispetto a quanto in precedenza operato da talune delibere di Giunta, con le quali si era imposta la mera riduzione dell'1% rispetto alle uscite del 2006, anziché quella dell'1,4%. È ovvio, infatti, che la vigenza nel passato di un criterio amministrativo, anch'esso in palese conflitto con la legislazione statale, non ne legittima in sé la trasposizione in legge per gli anni a venire, né diviene punto di raffronto per valutare la conformità a Costituzione di tale legge.
Ciò acclarato, si tratta di interrogarsi sulla natura della disposizione interposta: questa Corte le ha già attribuito carattere di principio con la sentenza n. 333 del 2010 e con la sentenza  n. 68 del 2011; del resto già la sentenza n. 120 del 2008 aveva concluso nel medesimo modo, con riguardo all'analoga norma recata dall'art. 1, comma 565, della legge n. 296 del 2006.
E' fuor di dubbio che la spesa per il personale costituisca una delle voci del bilancio regionale, caratterizzata sia dal peso preponderante che vi riveste, sia dalla storica ritrosia delle Regioni a porvi adeguati limiti. Può quindi ritenersi proporzionata la valutazione del legislatore statale, sottesa alla norma interposta, relativa all'inefficacia che eventuali e assai improbabili misure regionali alternative potrebbero sortire, ai fini della riduzione del debito pubblico (sentenza n. 169 del 2007). Questa Corte è giunta alla medesima conclusione anche con riguardo alla sottocategoria delle spese per il personale sanitario (sentenze n. 333 del 2010 e n. 120 del 2008),  anch'esse di regola così elevate da non giustificare una prognosi favorevole circa l'introduzione di idonee misure alternative da parte della legge regionale.
Alla luce di simili considerazioni va letto lo stesso art. 2, comma 73, della legge n. 191 del 2009,  richiamato dalla difesa regionale, secondo cui «alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti dalle disposizioni  di cui ai commi 71 e 72 per gli anni 2010, 2011 e 2012, si provvede nell'ambito del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n.  83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005. La regione è giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti. In caso contrario la regione è considerata adempiente solo ove abbia comunque assicurato l'equilibrio economico».
Secondo la Regione Toscana il riconoscimento del corretto adempimento regionale, anche in caso di deroga ai precetti di cui al precedente comma 71, ove comunque sia stato assicurato l'equilibrio economico, dovrebbe far ritenere che non si renda necessaria la scrupolosa osservanza del risparmio di spesa indicato con riferimento al personale sanitario, ben potendo l'autonomia regionale trovare soluzioni alternative, ugualmente idonee allo scopo di conseguire l'obiettivo indicato.
Va però osservato, in senso contrario, che l'ipotesi residuale contemplata dall'ultimo periodo del comma 73 non elide affatto la previsione principale, secondo cui l'adempimento della Regione va misurato con riferimento agli specifici obiettivi recati dal precedente comma 71. Proprio le considerazioni innanzi svolte, con riferimento alla natura sfavorevole della prognosi relativa all'adozione  di misure alternative di risparmio, fanno ritenere che l'esigenza di coordinamento della finanza pubblica non possa ritenersi adeguatamente protetta, in assenza di un criterio primario alla luce del quale indirizzare immediatamente, e senza attendere verifiche necessariamente posteriori, la politica di contenimento delle spese. Pertanto l'eventuale raggiungimento dell'equilibrio economico sarà senz'altro di giovamento alla Regione su altri piani, essendo ad esempio manifestamente irragionevole
che il legislatore statale pretenda comunque di persistere nell'applicazione di eventuali sanzioni. Ma, in attesa, al termine del triennio, dell'accertamento sul raggiungimento dell'equilibrio economico, deve ritenersi vincolante l'obbligo primario descritto dal comma 71.
A questo punto, resta solo da verificare se l'imposizione di un simile vincolo sia tollerabile, in ragione della funzione compensativa che va attribuita, in tali casi, alla discrezionalità del sistema regionale nell'individuare in concreto i mezzi idonei al raggiungimento dell'obiettivo. Anche su questo piano, l'accertamento è favorevole alla legislazione statale, poiché la norma interposta «non determina gli strumenti e le modalità per il perseguimento del predetto obiettivo, ma lascia libere le Regioni di individuare le misure necessarie al fine del contenimento della spesa per il personale» (sentenza n. 120 del 2008). Nell'ambito di tale accertamento, si pone l'ulteriore osservazione, svolta dalla sentenza n.  120 del 2008 con riguardo ad una norma del tutto analoga all'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009,  secondo cui assume rilievo anche la clausola di salvezza
prevista oggi dal successivo comma 73, e appena ricordata. Se, infatti, va escluso per  le ragioni innanzi precisate che nell'immediato le Regioni possano sottrarsi al vincolo descritto dal comma 71, resta parimenti inoppugnabile che, all'esito del triennio durante cui esso transitoriamente opera, le pur sempre possibili manovre regionali alternative si siano davvero rivelate idonee, vincendo la ragionevole presunzione contraria. In tal caso, lo Stato non potrà più pretendere di  persistere in eventuali misure sostitutive o sanzionatorie, e dovrà verificare per il futuro la congruità di un vincolo, la cui cogenza si è  dimostrata, alla prova dei fatti, basata su un convincimento erroneo.
Allo stato, preso atto della difformità dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge impugnata rispetto all'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, e accertata la natura di principio rivestita da tale ultima disposizione, la questione deve ritenersi fondata.
2.2. - L'istanza di sospensione dell'efficacia delle norme impugnate, formulata nel ricorso, rimane assorbita (da ultimo, sentenze n. 326 e n. 16 del 2010).P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.  12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011);
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana n. 65 del 2010, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.


I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale) Msg. 4-7-2011 n. 13888 Incentivo al reimpiego in forma autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di trattamento di sostegno al reddito. Proroga per l'anno 2011. Chiarimenti. Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.


Msg. 4 luglio 2011, n. 13888 (1).
 Incentivo al reimpiego in forma         autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di trattamento di         sostegno al reddito. Proroga per l'anno 2011. Chiarimenti.      

(1) Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.
 

In merito ad alcune richieste pervenute dalle         Sedi, concernenti l'erogabilità, anche per l'anno 2011, dell'incentivo al         reimpiego in forma autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di         trattamento di sostegno al reddito, si precisa quanto segue.       
Il comma 7 dell'art. 7-ter del D.L. 10 febbraio         2009 n. 5, convertito con modifiche nella L. 9 aprile 2009, n. 33, ha previsto         che i datori di lavoro che, senza esservi tenuti (e senza avere sospensioni in         atto), assumono lavoratori licenziati o sospesi destinatari di ammortizzatori         in deroga, relativamente agli anni 2009 e 2010, possono godere di un indennizzo         pari all'indennità spettante ai lavoratori nei limiti di spesa autorizzati, per         il numero di mensilità o di giornate di trattamento integrativo non ancora         erogato.       
Successivamente, l'articolo 1, comma 7, del D.L.         1° luglio 2009, n. 78, convertito nella L. 3 agosto 2009, n. 102, ha integrato         il predetto comma 7 dell'art. 7-ter prevedendo che tale incentivo possa essere         corrisposto al lavoratore che faccia richiesta di intraprendere un'attività        autonoma, anche di auto o micro impresa, o finalizzata a un'associazione in         cooperativa e, in caso di lavoratore in cassa integrazione in deroga, previe         dimissioni dall'impresa da cui è dipendente.       
L'art. 1 del comma 31 della L. 13 dicembre 2010,         n. 220 (legge di stabilità 2011), ha infine prorogato i termini dell'art.         7-ter, comma 7, sostituendo le parole «per gli anni 2009 e 2010», con le parole         «per gli anni 2009, 2010 e 2011».       
Dal combinato disposto dell'art. 7-ter, comma 7,         della L. 9 aprile 2009, n. 33 e dell'articolo 1, comma 7, del D.L. 1° luglio         2009, n. 78 ed in virtù dell'art. 1, comma 31, della 13 dicembre 2010 n.220,         anche l'incentivo al lavoratore per intraprendere una attività autonoma,         avviare una auto o micro impresa, o per associarsi in cooperativa, è prorogato         per tutto il 2011.       
Si rinvia in ogni caso, per la disciplina di         dettaglio sull'incentivo in oggetto, a quanto stabilito con il D.M. n.         49409/2009 ove, tra l'altro, si rileva che del predetto incentivo possono         essere destinatari solo i lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali in         deroga.       
Si ricorda, infine che le istruzioni operative         sono state impartite con il Msg. 23 marzo 2010, n. 8123 ed il Msg. 20 settembre         2010, n. 23542.     

 

D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, art.       7-ter
D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art.       1
L. 13 dicembre 2010, n. 220, art.       1
D.M. 18 dicembre 2009, n.       49409