REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
la
Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale
Regionale
per l'Emilia-Romagna
in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione
monocratica, in persona del Consigliere dott. Francesco Maria
Pagliara
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio instaurato con il ricorso n. 42261/PM R.G proposto
da ----, contro il Ministero della Difesa nonché contro il
Centro Amministrativo dell’Esercito Italiano –
Sez. Staccata di Padova, il Comando
2/121° Reggimento Artiglieria e l’INPDAP per il riconoscimento,
in sede pensionistica, del diritto alla maggiorazione del 18%
sull’assegno di funzione di cui all’art. 1, comma 9, l. n.
468/1987 e del diritto al ricalcolo dell’importo dei sei scatti
stipendiali con l’inclusione nella base di computo dell’assegno
di funzione;
Udito nella pubblica udienza del 4 maggio 2011, con l’assistenza
del Segretario dott.ssa Maria Cassadonte, il ricorrente sig. R.
R.; non costituite le Amministrazioni intimate;
Visti gli atti di causa;
Ritenuto in
FATTO
Nel ricorso in esame il sig. R.R.,
già Maresciallo Luogotenente dell’Esercito, premesso di essere
cessato dal servizio attivo il 13 febbraio 2004, ha lamentato
che l’Amministrazione, in sede di liquidazione del trattamento
pensionistico di ausiliaria, pur comprendendo l’assegno di
funzione previsto dall’art. 1, comma 9, della legge n. 468 del
1987, non abbia riconosciuto detto assegno suscettibile
dell’incremento di cui all’art. 16 della legge n. 177 del 1976,
ove si dispone che, ai fini della determinazione della misura
del trattamento di quiescenza del personale militare, la base
pensionabile è aumentata del 18%.
Ha sostenuto che la mancata attribuzione del richiesto beneficio
pensionistico configura un comportamento dell’Amministrazione di
appartenenza, e conseguentemente dell’Ente pagatore, affetto da
violazione di legge per falsa e/o mancata applicazione del
combinato disposto di cui agli artt. 16, l. n. 177/1976 e 1, c.
9, l. n. 468/1987, nonché per eccesso di potere per illogicità
ed ingiustizia manifesta e per disparità di trattamento
economico di base dei dipendenti dello Stato.
Al riguardo, ha osservato che detto trattamento è composto da
due voci, ovvero il livello retributivo e la retribuzione
individuale di anzianità (R.I.A.), e l’assegno funzionale si
aggiunge alla R.I.A., sicché viene a far parte di detta voce
retributiva, in quanto in essa viene inglobato, e come questa
entra nel novero degli importi che contribuiscono alla
formazione dello stipendio.
A conferma di ciò, ha richiamato la sentenza n. 66/1999/A della
Sezione II giurisdizionale centrale d’appello di questa Corte
dei Conti, laddove si deduce che l’assegno funzionale è stato
previsto contestualmente al riconoscimento di benefici economici
concessi agli ufficiali (art. 1, comma 8, d.l. n. 379 conv. con
modificazioni in l. n. 468/87) “quale parziale omogeneizzazione
stipendiale con le Forze militari di polizia”, il che significa
che ad esso va riconosciuta la stessa natura di questi e che
limitazioni sotto tale aspetto creerebbero un’ingiustificata
disparità di trattamento tra le due categorie di militari.
Ha inoltre citato la norma contenuta nel comma 10 dell’art. 1
d.l. n. 379/1987, per la quale i nuovi importi – quelli, cioè,
previsti quale omogeneizzazione stipendiale, per gli ufficiali,
e quale assegno funzionale, per i sottufficiali – “hanno effetto
sulla tredicesima mensilità, sul trattamento ordinario di
quiescenza, normale e privilegiato, sull’indennità di buonuscita
…”.
Ha poi dedotto che poiché l’assegno funzionale va incluso tra
gli emolumenti che compongono lo stipendio, lo stesso assegno è
computabile nella determinazione dei sei scatti previsti
dall’art. 1, comma 15 bis, del d.l. n. 379 del 1987 convertito
in l. n. 468/87.
Richiamata, da ultimo, giurisprudenza pensionistica favorevole
(Corte dei Conti - Sezione giur. reg. Sicilia, sent. n.
3314/2008; Sezione giur. reg. Piemonte, sent. n. 974/2003;
Sezione giur. reg. Veneto, sent. n. 1264/2003), ha concluso
chiedendo che questa Corte voglia: 1) “accertare e dichiarare il
diritto all’inclusione dell’assegno di funzione nel computo
della base pensionabile suscettibile dell’incremento del 18%
riconosciuto dall’art. 16 l. n. 177/1976”; 2) “riconoscere il
diritto all'inclusione dell’assegno di funzione nel computo
della base pensionabile per il ricalcolo dei sei scatti
stipendiali, di cui all’art. 1, comma 15 bis, del d.l. n. 379
del 1987 convertito in legge n. 468/87”; 3) condannare: il
Ministero della Difesa – Centro Amministrativo dell’Esercito
Italiano – Sezione Staccata di Padova alla conseguente
riliquidazione del trattamento pensionistico di ausiliaria in
godimento del ricorrente; il Ministero della Difesa e l’INPDAP,
per quanto di rispettiva competenza, al pagamento del
trattamento pensionistico di ausiliaria come rideterminato e
riliquidato, nonché delle somme arretrate dovute a titolo di
conguaglio, con rivalutazione monetaria e interessi legali da
computarsi dalla maturazione dei singoli ratei e fino
all’effettivo pagamento. Con ogni conseguenza in ordine alle
spese di giudizio.
In data 7 aprile 2011 l’avv. -- ha depositato, nell’interesse
del ricorrente, memoria difensiva con allegata procura notarile
alla lite.
In detta memoria si espone che in risposta ad apposita domanda
in data 13 maggio 2008 del sig. R., volta ad ottenere
l’incremento del 18% sull’assegno di funzione percepito in
attività di servizio, l’Amministrazione, con nota del 3 giugno
2008, ha negato detto beneficio sulla base di quanto disposto
dall’art. 16 della legge n. 177 del 1976.
In opposizione a tale diniego, si richiama l’interpretazione
favorevole e condivisibile data alla suddetta disposizione dalla
Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Sicilia,
citandosi in particolare la sentenza n. 133/A/2010, e si
evidenzia, altresì, l’“illogico” operato dell’Amministrazione la
quale, mentre ha incluso l’assegno in discussione ai fini della
determinazione della pensione, lo ha poi escluso ai fini
dell’aumento del 18%.
Si osserva che la normativa citata non prevede affatto “questa
sorta di disciplina diacronica, fatta propria
dall’amministrazione stessa”, ed è pertanto errato l’assunto
contenuto nell’impugnata reiezione secondo cui la legge
istituisce l’indennità di funzione, ma non ne prevede la
maggiorazione del 18% pur considerandola pensionabile.
Si insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso nelle
conclusioni così come direttamente formulate. Con vittoria di
spese, competenze ed onorari.
Nell’udienza odierna il ricorrente, liberamente interrogato, ha
confermato il contenuto del ricorso e depositato, su richiesta
del giudicante, sia la relazione di notificazione del ricorso
alle controparti sottoscritta dall’ufficiale giudiziario, sia
l’avviso di ricevimento di cui agli artt. 149 c.p.c. e 4 l. n.
890 del 1982.
La causa è quindi passata in
decisione con conseguente lettura del dispositivo e fissazione
del termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza,
ai sensi dell’ultima parte dell’art. 429, comma 1, secondo
capoverso, c.p.c., come sostituito dall’art. 53 del d.l. 25
giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni nella legge 6
agosto 2008, n. 133.
Considerato in
DIRITTO
La questione sottoposta al
giudizio della Corte concerne la computabilità nella base
pensionabile dell’assegno di funzione introdotto dall’art. 1,
comma 9, del decreto-legge 16 settembre 1987 n. 379 (recante
misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici al
personale militare e per la riliquidazione delle pensioni dei
dirigenti civili e militari dello Stato e del personale ad essi
collegato ed equiparato), convertito con modificazioni nella
legge 14 novembre 1987 n. 468, e dall’art. 6 del
decreto-legge 21 settembre 1987,
n. 387 convertito con modificazioni in
legge 20
novembre 1987, n. 472 (Copertura finanziaria del
decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 150,
di attuazione dell'accordo contrattuale triennale relativo al
personale della Polizia
di Stato ed estensione agli altri Corpi di polizia),
a favore, rispettivamente, degli appartenenti alle Forze
Armate e degli appartenenti ai Corpi di Polizia.
Al riguardo si deve ricordare che
secondo l’art. 16 (Base pensionabile personale militare) della
legge 29 aprile 1976, n. 177, sostitutivo dell’art. 53 del
d.P.R. 29 dicembre 1973 per le cessazioni dal servizio aventi
decorrenza non anteriore al 1° gennaio 1986, n. 1092, ai fini
della determinazione della misura del trattamento di quiescenza
del personale militare, escluso quello indicato nell’art. 54,
penultimo comma, del citato d.P.R. n. 1092/73, la base
pensionabile, costituita dall’ultimo stipendio o dall’ultima
paga e dagli assegni o indennità pensionabili, integralmente
percepiti, indicati nello stesso art. 16 [ a) indennità di
funzione per i generali di brigata ed i colonnelli, prevista
dall’art. 8 della legge 10 dicembre 1973, n. 804; b) assegno
perequativo ed assegno personale pensionabile, previsti
dall’art. 1 della legge 27 ottobre 1973, n. 628, in favore degli
ufficiali di grado inferiore a colonnello o capitano di
vascello, nonché dei sottufficiali e dei militari di truppa; c)
assegno personale previsto dall’art. 202 del d.P.R. 10 gennaio
1957, n. 3, applicabile al personale militare in base all’art. 3
della legge 8 agosto 1957, n. 751 ] è aumentata del 18% (primo
comma); “agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità,
anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa
disposizione di legge non ne prevede espressamente la
valutazione nella base pensionabile” (secondo comma).
Nella fattispecie va osservato che
l’assegno funzionale in discussione non soddisfa alcuna delle
due anzidette condizioni, non essendo compreso tra gli assegni e
indennità di cui al primo comma e non essendo assistito dalla
clausola espressa di valutabilità nella base pensionabile di cui
al secondo dei commi succitati.
Devesi, altresì, rilevare che le
argomentazioni assunte dalla Sezione Seconda giurisdizionale
centrale di appello con la sentenza n. 66/99 invocata dal
ricorrente sono state espressamente disattese da successive
sentenze (n. 314, n. 315, n. 317, n. 336 e n. 337 del 2 ottobre
2003) della medesima Sezione la quale, “rimeditata la
complessa questione anche alla luce delle perspicue
considerazioni svolte dalla Sezione del controllo nella
deliberazione n. 52/2000” (cfr. sentenza n. 347 del 30
ottobre 2003), ha osservato che l’assegno funzionale in
argomento, in quanto entità che si aggiunge ad un’altra (nella
specie: R.I.A.), costituisce emolumento distinto e separato
dalla stessa R.I.A. e non può, in ipotesi, affermarsi che esso è
inglobato nella R.I.A. o essere considerato di natura analoga
alla R.I.A.
Essendosi peraltro delineati, nella
giurisprudenza di questa Corte, orientamenti interpretativi non
univoci sulla inclusione o meno dell’assegno de quo nella
base pensionabile, la questione controversa è stata deferita una
prima volta nel dicembre 2003 alle Sezioni Riunite, che l’hanno
dichiarata inammissibile sul rilievo che al momento del
deferimento un contrasto giurisprudenziale esisteva soltanto tra
le Sezioni di primo grado, “tenuto conto che in grado di
appello era stato emessa una sola pronuncia in materia
favorevole alla inclusione dell’assegno di funzione nella base
pensionabile” e che la stessa Sezione Seconda d’appello
aveva poi proceduto “ad una integrale rivisitazione della
problematica affermando in maniera uniforme, in più pronunce,
che l’assegno di cui trattasi non può essere incluso nella base
pensionabile e, quindi, non è soggetto alla maggiorazione del
18%”, sicché una difformità di soluzioni interpretative si
riscontrava soltanto tra le Sezioni regionali, venendo a
difettare quella difformità di soluzioni giurisprudenziali in
grado di appello – “cosiddetta orizzontale” – ritenuta idonea ad
attivare presso le Sezioni Riunite il potere-dovere di rendere
la pronuncia del punto di diritto sulla questione di massima
(cfr. Corte dei Conti – Sezioni Riunite, 27 aprile 2004 n. 6/QM).
Successivamente, però, la
giurisprudenza d’appello ha espresso due diversi ed opposti
orientamenti, l’uno contrario e l’altro favorevole all’includibilità
dell’assegno funzionale nella base pensionabile.
Da un lato, le Sezioni
giurisdizionali centrali d’appello, con una serie costante di
decisioni conformi, hanno statuito che, anche se pensionabile,
l’assegno di cui si discute, pur aggiungendosi alla retribuzione
individuale di anzianità, mantiene la sua natura di emolumento
accessorio dello stipendio, non suscettibile di maggiorazione,
in assenza di espressa previsione legislativa (ex multis: Sez.
I, 6 febbraio 2006 n. 57/A; Sez. II, 2 settembre 2005 n. 304/A;
Sez. II, 11 novembre 2004 n. 342/A; Sez. III, 24 marzo 2004 n.
205/A).
Per contro, alcune pronunce della
Sezione giurisdizionale d’appello per la regione Sicilia –
concordando con precedenti decisioni di primo grado - hanno
affermato che l’assegno funzionale percepito ai sensi dell’art.
1 d.l. n. 379 del 1987, presentando indubbio carattere di
componente stipendiale, confluisce a pieno titolo nella base
pensionabile, con conseguente applicabilità dell’incremento del
18% previsto dall’art. 53 d.P.R. n. 1092/1973, nel testo
sostituito dall’art. 16 l. n. 177 del 1976 (cfr. sentenze 4
luglio 2005 n. 146/A e 17 marzo 2005 n. 66/A).
La questione è quindi tornata alle
Sezioni Riunite le quali, con la sentenza n. 9/2006/QM del 28
settembre 2006, hanno affermato che “l’assegno funzionale
previsto a favore degli appartenenti alle Forze Armate dall'art.
1 comma 9 del d.l. 16 settembre 1987 n. 379, convertito nella
legge 14 novembre 1987 n. 468, nonché l'analogo assegno
funzionale previsto a favore degli appartenenti ai Corpi di
Polizia dall'art. 6 del d.l. 21 settembre 1987 n. 387,
convertito con modificazioni nella legge 20 novembre 1987 n.
472, ancorché pensionabili, non sono inclusi nella base
pensionabile e quindi non possono usufruire della maggiorazione
del 18% in relazione all'art. 53, comma 1 del DPR 29 dicembre
1973 n. 1092, come modificato dall'art. 16 della legge 29 aprile
1976 n. 177”.
Hanno, pertanto, conclusivamente
statuito le Sezioni Riunite che
<< Nessun rilievo può al
riguardo essere riconosciuto all’espressione “si aggiungono alla
retribuzione individuale di anzianità” utilizzata dal
legislatore nell’istituire gli assegni in questione
limitatamente agli appartenenti alle forse armate, che ha invece
il significato di evidenziare la autonomia di tali emolumenti in
ragione della diversa natura giuridica. Gli assegni funzionali
in discorso non vanno infatti a confluire indistintamente nella
retribuzione individuale di anzianità, ma invece si cumulano a
questa nel confluire nello stipendio di base, senza restare
assorbiti al suo interno, mantenendo così le loro
caratteristiche peculiari >>.
Ritiene questo giudice che non vi siano decisive ragioni per
discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale consacrato nella
surrichiamata pronuncia, orientamento peraltro già adottato in
precedenza dalla Sezione: la pretesa azionata dal ricorrente,
volta ad ottenere l’inclusione nella base pensionabile - con i
conseguenziali relativi effetti (maggiorazione del 18% ex art.
16 della legge n. 177/76; rideterminazione dei sei scatti
attribuiti dall’art. 1, comma 15 bis, della legge n. 468/87,
come sostituito dall’art. 11 della legge n. 231/90) -
dell’assegno funzionale previsto dall’art. 1, comma 9, del d.l.
n. 468/87 (conv. in l. n. 468/87), deve pertanto essere
respinta.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso de
quo si appalesa infondato e, pertanto, non meritevole di
accoglimento; in difetto di
costituzione delle parti intimate non vi è luogo a pronuncia
sulle spese di giudizio.
P.Q.M.
la Corte dei Conti - Sezione
giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna in funzione di
giudice unico delle pensioni in composizione monocratica,
definitivamente pronunciando
Respinge
il ricorso in epigrafe.
Nulla per le spese.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Bologna il 4 maggio 2011.
Il giudice
(Francesco Maria Pagliara)
f.to Francesco
Maria Pagliara
Depositata in Segreteria il 10
giugno 2011
Il
Direttore di Segreteria
f.to Nicoletta
Natalucci
DECRETO
Il Giudice,
ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del
Decreto Legislativo 30 giugno 2003 nr.
196,
DISPONE
Che a cura della
Segreteria venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di
detto articolo 52 nei riguardi della parte privata e, se
esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Il Giudice Unico
(Francesco Maria
Pagliara)
f.to Francesco
Maria Pagliara
Depositato in
Segreteria il giorno 10 giugno 2011
Il Direttore
della Segreteria
f.to Nicoletta
Natalucci
In esecuzione del
Provvedimento ai sensi dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30
giugno 2003 nr. 196, in caso di
diffusione omettere le generalità e gli altri dati
identificativi della parte privata e se esistenti del dante
causa e degli eventi causa.
Data 10 giugno
2011
Il Direttore
della Segreteria
f.to Nicoletta
Natalucci
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mercoledì 6 luglio 2011
Corte dei Conti "...La questione sottoposta al giudizio della Corte concerne la computabilità nella base pensionabile dell’assegno di funzione introdotto dall’art. 1, comma 9, del decreto-legge 16 settembre 1987 n. 379 (recante misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici al personale militare e per la riliquidazione delle pensioni dei dirigenti civili e militari dello Stato e del personale ad essi collegato ed equiparato), convertito con modificazioni nella legge 14 novembre 1987 n. 468, e dall’art. 6 del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387 convertito con modificazioni in legge 20 novembre 1987, n. 472 (Copertura finanziaria del decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 150, di attuazione dell'accordo contrattuale triennale relativo al personale della Polizia di Stato ed estensione agli altri Corpi di polizia), a favore, rispettivamente, degli appartenenti alle Forze Armate e degli appartenenti ai Corpi di Polizia. ..."
Corte dei Conti "...La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica nella persona del consigliere Luigi Di Murro, visto l’art. 5 della l. 21 luglio 2000 n. 205 nonché gli artt. 420, 421, 429, 430 e 431 del codice di procedura civile, definitivamente pronunciando, ACCOGLIE il ricorso iscritto al n. 032975/Pensioni Civili del registro di segreteria, proposto dalla sig.ra B. A. e, per l’effetto, dichiara la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “Evento suicidario a seguito di colpo di arma da fuoco in sede temporale destra, in soggetto affetto da sindrome ansioso depressiva reattiva”...."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE
GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE
EMILIA-ROMAGNA
In funzione di
giudice unico delle pensioni in composizione monocratica in
persona del Presidente Luigi Di Murro, ha pronunciato, nella
pubblica udienza dell’11 maggio 2010 e con l’assistenza del
segretario dott. Lucia Caldarelli, la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n.
032975/Pensioni Civili del registro di segreteria, proposto
dalla sig.ra ---ha eletto domicilio, avverso il silenzio rifiuto
formatosi sulla domanda avanzata dalla ricorrente per il
riconoscimento della pensione privilegiata di reversibilità per
dipendenza da causa di servizio dell’evento suicidario che in
data 30 maggio 1994 ha tratto a morte il di lei coniuge, già
Sovrintendente della
Polizia di Stato presso il Comando Militare di OMISSIS.
Udito, nella
pubblica udienza, l’avv. Andrea Trentin per la parte privata
ricorrente; non rappresentato il Ministero della Difesa
resistente.
F A T T O
Con ricorso presentato in data 15 gennaio 2004 presso la
segreteria di questa Sezione giurisdizionale la sig.ra B. A.,
vedova del Sovrintendente della
Polizia di Stato
S. L., nato il OMISSIS e deceduto in servizio il OMISSIS per “Evento
suicidario a seguito di colpo di arma da fuoco in sede temporale
destra, in soggetto affetto da sindrome ansioso depressiva
reattiva”, ha impugnato il silenzio rifiuto formatosi sulla
domanda avanzata dall’interessata per il riconoscimento della
pensione privilegiata di reversibilità.
Con l’atto introduttivo del presente giudizio la parte privata,
rilevato preliminarmente il silenzio serbato per sette anni
dall’Amministrazione, il che legittima il ricorso avverso il
silenzio rifiuto, e premessa l’esposizione dei fatti, in merito
allo svolgimento della fase amministrativa precisa che in data
28 novembre 1994 ha presentato domanda per il riconoscimento
della dipendenza da causa di servizio del decesso del coniuge ai
fini del riconoscimento dell’equo indennizzo e della pensione
privilegiata di reversibilità, e che con verbale AB n. 922 del 6
marzo 1990 la C.M.O. del Centro di Medicina legale militare di
OMISSIS ha negato il richiesto riconoscimento nella
considerazione che non si ravvisa nel servizio prestato nel caso
in essere, nella sua specificità, modo causale o concausale
efficiente e preponderante, ma solo occasionale nel determinismo
dell’infermità in esame, né si ravvisa nesso di interdipendenza
con l’infermità già dipendente da causa di servizio.
Il
giudizio negativo è stato confermato dalla Commissione Medica di
II^ istanza con l’ulteriore specificazione che dalle relazioni
in atti non risulta che lo S. sia stato impegnato in turni e
straordinari particolarmente stressanti, né sono emerse, anche
in base ai supplementi di relazioni richieste da quel Comando,
situazioni conflittuali con l’ambiente e i colleghi di lavoro, e
che durante il servizio lo S. non ha mai manifestato disturbi
psichici né alterazioni comportamentali.
Con il ricorso qui in esame la sig.ra B. A. sottolinea come
l’evento suicidario sia direttamente collegabile alla sindrome
ansioso depressiva reattiva contratta dal defunto coniuge
unicamente per fatti e causa di servizio, riportando le
dichiarazioni di colleghi, amici e sanitari.
In
particolare si afferma che l’ambiente di lavoro con gli
atteggiamenti dei superiori, nonché con l’orario di lavoro e le
sentite responsabilità, avevano determinato nel sig. S.,
sicuramente negli ultimi due anni di servizio, ed in ogni caso
nell’ultimo anno, in modo fortemente violento una condizione di
malessere psico-fisico, con fortissime turbe psichiche che gli
erano state diagnosticate quale una “sindrome ansioso depressiva
di tipo reattivo”, per la quale si era affidato a cure di natura
psicologica, ma che non è stata assolutamente avvertita dai
diretti superiori dell’interessato il quale, quindi, si è
trovato nell’ambiente di lavoro senza alcuna protezione.
Il
ricorso è corredato da copiosa documentazione tra cui, in
particolare, il parere medico-legale del prof. G. Beduschi di
Modena 28 giugno 1998 con tre allegati (all. n. 76) e la
relazione di consulenza Prof. I. Galliani di Modena (all. n.
77).
Il
Ministero dell’Interno ha depositato in data 13 settembre 2004
il fascicolo degli atti sanitari ed amministrativi del
Sovrintendente S. L.; in particolare l’allegato n. 4 (relazione
del Dirigente dell’11° Reparto Volo di OMISSIS) risulta
corredato dai certificati medici in data 8 giugno 1994 del dott.
Pier Paolo Gamberi, in data 8 giugno 1994 della dott. M. Luisa
Montebelli ed in data 24 ottobre 1994 del dott. Alberto Padovani
attestanti la sussistenza, prima del decesso, dell’infermità
“sindrome ansiosa depressiva di tipo reattivo” da porre in
diretta correlazione con il serviizo prestato dall’interessato.
In
data 17 giugno 2009 l’Amministrazione resistente si è costituita
con apposita memoria, corredata da copia della documentazione
già trasmessa integrata con il decreto ministeriale n. 11168/04
del 16 aprile 2004 negativo di trattamento pensionistico
privilegiato e con la dichiarazione di notifica del decreto
stesso, insistendo per il rigetto del gravame ed eccependo in
via subordinata l’intervenuta prescrizione quinquennale.
In
data 25 giugno 2009 il difensore della parte privata ricorrente
ha depositato una memoria difensiva concludente per
l’accoglimento del ricorso dovendo ravvisarsi nel servizio
prestato una connessione anche in via mediata con il suicidio
del Sovrintendente S..
Con ordinanza n.
206/09/C del 13 ottobre 2009 questa Sezione giurisdizionale,
considerato che la questione da decidere si sostanzia
nell’accertamento della dipendenza da causa di servizio, sub
specie di dipendenza dall’infermità “sindrome ansioso depressiva
reattiva” a sua volta dipendente da causa di servizio, anche
sotto il profilo del ritardo diagnostico e terapeutico,
dell’evento suicidario che in data OMISSIS ha tratto a morte il
Sovrintendente della
Polizia di Stato S. L. e che trattasi di questione
squisitamente tecnica, ha ritenuto necessario, ai fini di una
più avvisata giustizia, che venisse acquisito al riguardo il
motivato e definitivo parere dell’Ufficio Medico Legale presso
il Ministero della Salute.
L’istruttoria è
stata eseguita ed in data 4 giungo 2010 il consulente tecnico
officiato con la predetta ordinanza ha depositato il proprio
parere concludente per la dipendenza da causa di servizio della
patologia che ha poi indotto al suicidio il sig. S. L..
Con memoria
depositata in data 29 aprile 2011 la parte privata, richiamando
le conclusioni della predetta consulenza tecnica, insiste per
l’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza l’avv. Andrea Trentin si riporta alle
difese depositate ed insiste per l’accoglimento del gravame.
Si
da atto che, per l’assenza della parte pubblica resistente, non
è stato possibile esperire il tentativo di conciliazione.
Al termine
dell’odierna udienza è stato letto il dispositivo della presente
sentenza con la precisazione che, ai sensi dell’ultima parte del
primo comma dell’art. 429 c.p.c. come novellato dall’art. 53 del
d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni,
in legge n. 133 del 6 agosto 2008, per il deposito della
sentenza, resta fissato il termine ordinatorio di sessanta
giorni decorrente dalla data odierna.
D I R I T T O
In via preliminare va precisato che l’art. 429
c.p.c. novellato prevede che, all’esito della discussione “il
giudice pronunzia sentenza con cui definisce il giudizio dando
lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di
fatto e di diritto della decisione. In caso di particolare
complessità della controversia, il giudice fissa nel dispositivo
un termine, non superiore a sessanta giorni, per il deposito
della sentenza”.
Nel nuovo contesto normativo, quindi, sono
distinguibili due ipotesi: a) che il giudice dia lettura
integrale della sentenza (tale dovendosi intendere
l’esposizione delle ragioni, in fatto e in diritto) e del
dispositivo; b) che il giudice si limiti a leggere il
dispositivo, depositando in un momento successivo la sentenza
comprensiva della motivazione, in presenza di particolare
complessità.
Ma la circostanza che la lettura
dell’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della
decisione debba avvenire al termine dell’udienza, fermo
restando, ovviamente, che la sentenza non può che essere redatta
dopo che le parti abbiano discusso la causa (artt. 429, 275, 276
comma 5 c.p.c. in relazione agli artt. 26 e 20 R.D. n. 1038 del
1933), induce a ritenere che l’applicazione dell’art. 429 c.p.c.
novellato possa, per ragioni immediatamente intuibili, aver
luogo soltanto in presenza di questioni di estrema semplicità (id
est, quelle di cui all’ultimo comma dell’art. 26 della legge
6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo sostituito dal primo comma
dell’art. 9 della l. 21 luglio 2000, n. 205, applicabile, per
espressa previsione contenuta nel terzo comma del medesimo art.
9, ai giudizi innanzi alla Corte dei conti in materia di ricorsi
pensionistici, civili, militari e di guerra) e laddove non sia
necessario, all’esito della discussione, dare pronuncia su
eccezioni e deduzioni formulate dalle parti, sempre che il
numero delle questioni trattate nella medesima udienza non sia
tale da imporre un eccessivo prolungamento della camera di
consiglio susseguente alla pubblica udienza con gli evidenti
disagi per le parti presenti, che attendono quanto meno la
lettura del dispositivo delle decisioni adottate per le singole
controversie trattate, ed analoghe difficoltà per
l’organizzazione e lo svolgimento del servizio del segretario di
udienza, la cui presenza alla lettura delle sentenze o dei soli
dispositivi delle stesse è indefettibile per la funzione del
verbale d’udienza, che deve essere redatto dal segretario
medesimo, con la cui sottoscrizione da parte del giudice si
intende pubblicata la sentenza, con conseguente esonero della
segreteria della Sezione dall’onere della comunicazione, giacché
il provvedimento si ritiene, con presunzione assoluta di legge,
conosciuto dalle parti presenti o che avrebbero dovuto esser
presenti (Cassazione civile, sez. III, 30 ottobre 2007, n.
22942).
Alla luce di tali considerazioni si è reputata
necessaria la fissazione del termine indicato nella narrativa in
fatto per il deposito della presente sentenza comprensiva della
motivazione oltre che del dispositivo letto in udienza, anche in
considerazione della circostanza che la lettura in udienza,
oltre che del dispositivo, anche della relativa motivazione, non
costituisce esordio del termine per l’impugnazione della
sentenza da parte del soccombente, atteso che detto termine
decorre dalla data di notificazione della sentenza a cura della
parte vittoriosa e che il termine cosiddetto “lungo” per la
proposizione dell’appello è quello di sei mesi dalla
pubblicazione della sentenza che, all’evidenza, non può
coincidere con la lettura della stessa nella pubblica udienza
per gli adempimenti di segreteria connessi alla pubblicazione
stessa.
Tanto premesso, la questione all’attenzione della Sezione
si sostanzia
nell’accertamento della dipendenza da causa di servizio, sub
specie di dipendenza dall’infermità “sindrome ansioso depressiva
reattiva” a sua volta dipendente da causa di servizio, anche
sotto il profilo del ritardo diagnostico e terapeutico,
dell’evento suicidario che in data
OMISSIS
ha tratto a morte il Sovrintendente della
Polizia di Stato
S. L..
Detta questione risulta
adeguatamente circoscritta dall’ordinanza istruttoria indicata
nella narrativa in fatto ed esaurientemente analizzata dal
consulente officiato con la medesima ordinanza dalla cui
conclusioni, basate di attendibili elementi di fatto e su
convincenti motivazioni medico legali, non sussistono motivi per
discostarsi, anche per l’assenza di qualsiasi contraria
argomentazione che avrebbe dovuto e potuto essere offerta dalla
parte pubblica resistente.
Afferma invero
il consulente tecnico officiato con l’ordinanza indicata nella
narrativa in fatto che precede dopo l’attento esame degli atti
trasmessi in visione che numerose sono le notizie che permettono
di definire la personalità del soggetto: dedizione al lavoro,
scrupolosità, applicazione per migliorare le sue competenze e
professionalità; da esse deriva il quadro di una persona
attenta, sensibile alla critica e rispettosa dell’autorità di
cui riconosce la funzione, lievemente introvertita.
Tale struttura
psichica, prosegue il consulente, si è mostrata stabile nel
tempo, almeno fino all’ultimo anno di permanenza presso la
Polizia di Stato
di OMISSIS nel corso del quale si è manifestato un cambiamento
netto del carattere del soggetto che è descritto come
estremamente ansioso, insicuro delle sue capacità ed assalito da
dubbi.
Il quadro
psico-patologico che se ne ricava, secondo il C.T.U., appare più
profondo di una depressione reattiva e mostra una lunga
ruminazione su idee di incapacità che arrivano a ridefinire sé
stesso come ostacolo alla vita dei familiari, manifestandosi
così uni sviluppo deliroide di rovina ed alla costituzione di
tale quadro sicuramente parteciparono numerosi fattori
ambientali, che sono ben evidenti degli atti allegati e sono
costituiti da un progressivo deterioramento delle relazioni
lavorative (il soggetto è meno loquace, più chiuso in sé stesso,
dubbioso delle sue prestazioni lavorative, preoccupato), da una
(verosimilmente depercepita) relazione con i superiori, dai
quali non si sente apprezzato, sentendosi addirittura umiliato
in certe particolari situazioni e da un aumento delle
preoccupazioni per le nuove condizioni che avrebbe trovato con
il trasferimento, anche se da lui stesso richiesto; anche
l’introduzione del trattamento con farmaci può aver modificato,
ameno inizialmente in senso peggiorativo,le condizioni
psico-patologiche.
Tali fattori,
conclude il consulente, hanno in certa misura agito
patoplasticamente nell’approfondire la dimensione sensitiva
della personalità, peraltro ben compensata fino ad allora, fino
a giungere alla condizione deliroide sopra descritta e pertanto,
in base a quanto suddetto, non si può non ravvedere nel servizio
svolto una forte componente concausale valida nel determinismo
della sindrome depressiva che ha poi, modificandosi in peggio,
condotto il soggetto al suicidio.
A giudizio di questo giudice
unico, il Consulente d’ufficio ha adeguatamente motivato in
merito alla sussistenza del requisito della dipendenza da causa
di servizio della sindrome depressiva che ha poi condotto al
suicidio il sig. S. L., ed il Ministero della Difesa resistente
non ha in alcun modo contrastato il sopra riportato parere, per
cui non soccorrono motivi per disattenderlo in questa sede.
Ciò posto, deve essere accolta la domanda della parte privata
ricorrente,
sussistendo peraltro giusti motivi per compensare le spese del
presente giudizio.
Quanto
all’eccezione di intervenuta prescrizione sollevata
dall’Amministrazione resistente con la memoria difensiva
depositata in data 17 giugno 2009, la stessa, appare infondata
alla luce della copiosissima corrispondenza intercorsa tra la
ricorrente e l’Amministrazione della Difesa, dimostrante il
perdurante interesse della parte privata alla risoluzione della
controversia sorta a seguito del silenzio serbato dal Ministero
della Difesa in merito alle richieste della sig.ra B. A.; anche
in assenza di specifica qualificazione in tal senso di detta
corrispondenza, la stessa appare tuttavia idonea ad interrompere
il decorso della prescrizione che, conseguentemente, non risulta
essersi maturata.
P. Q. M.
La Corte dei
conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, in
funzione di giudice unico delle pensioni in composizione
monocratica nella persona del consigliere Luigi Di Murro, visto
l’art. 5 della l. 21 luglio 2000 n. 205 nonché gli artt. 420,
421, 429, 430 e 431 del codice di procedura civile,
definitivamente pronunciando, ACCOGLIE il ricorso iscritto al n.
032975/Pensioni Civili del registro di segreteria, proposto
dalla sig.ra B. A. e, per l’effetto, dichiara la dipendenza da
causa di servizio dell’infermità
“Evento
suicidario a seguito di colpo di arma da fuoco in sede temporale
destra, in soggetto affetto da sindrome ansioso depressiva
reattiva”.
Dispone che
gli atti siano trasmessi all’Amministrazione della Difesa per
quanto di competenza.
Spese compensate.
Così deciso in Bologna, nella
camera di consiglio dell’11 maggio 2011.
DECRETO
Il Giudice Unico delle
Pensioni, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52,
comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196,
DISPONE
che, a cura della Segreteria,
venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto articolo
nei confronti della parte ricorrente.
Il Giudice
Presidente Luigi Di Murro
f.to Luigi Di Murro
Depositata in Segreteria il
09/06/2011
IL DIRIGENTE
f.to dr.ssa Lucia Caldarelli
In esecuzione del provvedimento
del Giudice Unico delle Pensioni, ai sensi dell’art. 52 del
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di
diffusione, omettere le generalità e gli altri dati
identificativi di parte ricorrente.
IL DIRIGENTE
f.to dr.ssa Lucia Caldarelli
|
Corte dei Conti "...ACCOGLIE il ricorso in esame (n. 57792 PC), proposto da L. B. nei confronti del Ministero dell’Interno, e, per l’effetto, dichiara l’applicabilità, nei suoi confronti, dell’art. 67 del DPR n. 1092/1973 ed il conseguente riconoscimento del diritto alla percezione dei dovuti benefici pensionistici, fatti salvi gli effetti della prescrizione, a decorrere dalla data di cessazione dal servizio...."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA
REGIONE TOSCANA
in composizione
monocratica, nella persona del
Giudice Unico delle pensioni, Consigliere Francesco D’ISANTO, ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso, iscritto al n.
57792 P.C. del registro di Segreteria, promosso da ----è
elettivamente domiciliato – avverso il decreto 1068/2002 del
Ministero dell’Interno.
Nella pubblica
udienza del 4 maggio 2011, udito l’avv. Marco
Canapicchi, per delega.
Non rappresentata
l’Amministrazione.
Visti gli atti ed i
documenti della causa;
Visto il D.L.
15.11.1993, n. 453, convertito in Legge 14.1.1994, n. 19;
Visto il D.L.
23.10.1996 n. 543, convertito in Legge 20.12.1996, n. 639;
Vista la Legge
27.7.2000, n. 205
FATTO
1.
Con ricorso qui pervenuto il 1903.2009, il sig. L., già in
servizio presso la
Polizia di Stato fino al 02.09.1998, impugnava il citato
decreto n. 1068/2002 con cui – pur riconoscendo che le infermità
da lui sofferte erano dipendenti da causa di servizio ed
ascrivibili a tab. A 7^ ctg. – gli veniva negata la relativa
p.p.o. in quanto le medesime non
portavano l’inabilità al servizio.
Ulteriore memoria
perveniva il 22.04.1011.
2. Il Ministero
dell’Interno, costituitosi il 26.04.2011, nell’evidenziare il
mutato orientamento, in proposito, di questa Corte, eccepisce la
prescrizione quinquennale.
3. A conclusione
dell’odierna udienza di discussione – nel corso della quale il
difensore si riporta agli atti –
questo Giudice, ai sensi
dell’art. 429 c.p.c., ha dato
lettura del dispositivo della presente decisione riservandosi il
deposito entro il termine prefissato.
DIRITTO
1. Preliminarmente, è
da evidenziare, con riferimento alla previsione del novellato
art. 420 c.p.c., l’impossibilità del
tentativo di conciliazione, considerato che non sono presenti
entrambe le parti.
2. Per giurisprudenza
consolidata (vgs. 3^ sez.
centr. n. 13621/2002; sez.
giur. Toscana
nn. 740/2006 e 654/2009), per il personale della
Polizia di Stato,
il diritto a percepire il trattamento di
P.P.O. è regolato, ai sensi dell’art. 5 (comma 6) della
legge n. 472/1987, dalla stessa norma prevista per il personale
delle FF.AA. e delle FF.PP. ad
ordinamento militare: l’art. 67 del D.P.R. n. 1092/1973.
Quest’ultimo
prevede, come condizione indispensabile, l’accertata dipendenza
da fatti di servizio dell’infermità riscontrata, (requisito che
si riscontra nella documentazione relativa al ricorrente) e non
l’asserita inabilità al servizio.
Alla stregua di
quanto sopra, il ricorso è fondato e, quindi meritevole di
accoglimento.
Si deve, pertanto,
dichiarare l’applicabilità, nei confronti del ricorrente,
dell’art. 67 del DPR n. 1092/1973 ed il suo conseguente diritto,
in relazione all’esito della prescritta procedura, a percepire i
dovuti benefici pensionistici, fatti salvi gli effetti
dell’eccepita prescrizione, relativa ai ratei maturati prima del
quinquennio precedente alla data di ricezione della sua istanza,
datata 31.03.2008..
3. Su quanto dovuto
spettano, inoltre, interessi legali e rivalutazione monetaria,
ex artt. 429
c.p.c. e 150 disp. att.
c.p.c., dalla maturazione dei
singoli ratei al soddisfo, da liquidarsi cumulativamente, nel
senso di una possibile integrazione degli interessi legali ove
l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi
(SS.RR. 10/2002).
4. Attesa la chiarezza
della normativa, risalente ad oltre due decenni, e la univocità
della relativa giurisprudenza, le spese legali quantificate come
da notula, in euro 1.377,00
(milletrecentosettantasette/00) più IVA e CAP, vanno poste a
carico dell’Amministrazione soccombente.
P.Q.M.
la Corte dei Conti, Sezione
Giurisdizionale per la Toscana – in composizione
monocratica – definitivamente
pronunciando
ACCOGLIE
il ricorso in esame (n. 57792
PC), proposto da L. B. nei confronti
del Ministero dell’Interno, e, per l’effetto, dichiara
l’applicabilità, nei suoi confronti, dell’art. 67 del DPR n.
1092/1973 ed il conseguente riconoscimento del diritto alla
percezione dei dovuti benefici pensionistici, fatti salvi gli
effetti della prescrizione, a decorrere dalla data di cessazione
dal servizio.
Segue il
riconoscimento delle somme aggiuntive, come indicato in parte
motiva.
Dispone la trasmissione degli
atti all’Amministrazione, per gli ulteriori adempimenti di
competenza, ed alla locale Procura Regionale per quanto,
eventualmente, di interesse.
Le spese legali,
pari ad € 1.377,00 (milletrecentosettantasette/00) più IVA e
CAP, sono a carico dell’Amministrazione soccombente.
Così deciso, in Firenze, previa
lettura del dispositivo, nell’udienza del 4 maggio 2011.
In esito alla riserva ivi
contenuta, la presente sentenza, emessa nella Camera di
Consiglio del 06.05.2011, in pari data viene comunicata alla
Segreteria, per il seguito di competenza.
IL GIUDICE UNICO
F.to Francesco D’Isanto
Depositata
in Segreteria il 14 GIUGNO 2011
IL
DIRETTORE DI SEGRETERIA
F.to Paola
Altini
|
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI - PROVVEDITORATO INTERREGIONALE ALLE OPERE PUBBLICHE TOSCANA - UMBRIA AVVISO Avviso relativo al concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di: A3) due opere pittoriche con soggetto che si ispiri all'attivita' istituzionale del Corpo della Polizia di Stato da ubicare nell'ambito del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto. (GU n. 53 del 5-7-2011 )
In data 1° febbraio 2011, 9 marzo 2011 e 9 maggio 2011 e' stato
esperito un concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di:
A3) due opere pittoriche con soggetto che si ispira all'attivita'
istituzionale del Corpo della Polizia di Stato da ubicare nell'ambito
del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto sede della Questura e
Polizia Stradale di Grosseto, piazza Platucci.
Importo complessivo dell'opera: € 28.000,00 (€ 14.000,00 per
ciascun quadro).
Per conoscere l'esito del concorso si rinvia alla pagina: Gare -
Aggiudicazioni del sito internet:
www.comune.firenze.it/soggetti/oopptoscana/Home_page.html.
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI - PROVVEDITORATO INTERREGIONALE ALLE OPERE PUBBLICHE TOSCANA - UMBRIA AVVISO Avviso relativo al concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di: A2) pannello in bassorilievo o mosaico, ispirato all'attivita' istituzionale del Corpo di Polizia di Stato da ubicare nell'ambito del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto. (GU n. 53 del 5-7-2011 )
In data 1° febbraio 2011, 9 marzo 2011 e 9 maggio 2011 e' stato
esperito un concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di:
A2) pannello in bassorilievo o mosaico ispirato all'attivita'
istituzionale del Corpo della Polizia di Stato da ubicare nell'ambito
del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto sede della Questura e
Polizia Stradale di Grosseto, piazza Platucci.
Importo complessivo dell'opera: € 45.000,00.
Per conoscere l'esito del concorso si rinvia alla pagina: Gare -
Aggiudicazioni del sito internet:
www.comune.firenze.it/soggetti/oopptoscana/Home_page.html.
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI - PROVVEDITORATO INTERREGIONALE ALLE OPERE PUBBLICHE TOSCANA - UMBRIA AVVISO Avviso relativo al concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di: A1) complesso scultoreo (Statua) con soggetto che ricordi il Corpo della Polizia di Stato da ubicare nell'ambito del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto. (GU n. 53 del 5-7-2011 )
In data 1° febbraio 2011, 9 marzo 2011 e 9 maggio 2011 e' stato esperito un concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di: A1) complesso scultoreo (Statua) con soggetto che ricordi il Corpo della Polizia di Stato da ubicare nell'ambito del Nuovo Centro Polifunzionale di Grosseto sede della Questura e Polizia Stradale di Grosseto, piazza Platucci. Importo complessivo dell'opera: € 100.000,00. Per conoscere l'esito del concorso si rinvia alla pagina: Gare - Aggiudicazioni del sito internet: www.comune.firenze.it/soggetti/oopptoscana/Home_page.html.
martedì 5 luglio 2011
TV: FRECCERO, POTREI DIMETTERMI DA RAI PER FARE TELEVISIONE LIBERA CON SANTORO
TV: FRECCERO, POTREI DIMETTERMI DA RAI PER FARE TELEVISIONE LIBERA CON
SANTORO =
Roma, 5 lug. (Adnkronos) - ''Potrei dimettermi dalla Rai per
fare un nuovo progetto di tv libera, in proprio con Santoro, come
artisti associati. Ci sto lavorando un po' per valutare se e'
possibile costruire questa convergenza, anche con le tv locali. Si',
c'e' la possibilita' che mi dimetta, anche a breve''. Lo ha detto il
direttore di Rai4, Carlo Freccero, intervenendo alla 'Zanzara' su
Radio 24.
(Spe/Ct/Adnkronos)
05-LUG-11 21:18TV: FRECCERO,POTREI DIMETTERMI DA RAI PER ANDARE CON SANTORO
(ANSA) - ROMA, 5 LUG - ''Potrei dimettermi dalla Rai per fare
un nuovo progetto di tv libera, in proprio con Santoro, come
artisti associati. Ci sto lavorando un po' per valutare se e'
possibile costruire questa convergenza, anche con le tv locali.
Si', c'e' la possibilita' che mi dimetta, anche a breve'' Lo ha
detto Carlo Freccero intervenendo alla Zanzara su Radio
24.(ANSA).
Roma, 5 lug. (Adnkronos) - ''Potrei dimettermi dalla Rai per
fare un nuovo progetto di tv libera, in proprio con Santoro, come
artisti associati. Ci sto lavorando un po' per valutare se e'
possibile costruire questa convergenza, anche con le tv locali. Si',
c'e' la possibilita' che mi dimetta, anche a breve''. Lo ha detto il
direttore di Rai4, Carlo Freccero, intervenendo alla 'Zanzara' su
Radio 24.
(Spe/Ct/Adnkronos)
05-LUG-11 21:18TV: FRECCERO,POTREI DIMETTERMI DA RAI PER ANDARE CON SANTORO
(ANSA) - ROMA, 5 LUG - ''Potrei dimettermi dalla Rai per fare
un nuovo progetto di tv libera, in proprio con Santoro, come
artisti associati. Ci sto lavorando un po' per valutare se e'
possibile costruire questa convergenza, anche con le tv locali.
Si', c'e' la possibilita' che mi dimetta, anche a breve'' Lo ha
detto Carlo Freccero intervenendo alla Zanzara su Radio
24.(ANSA).
Roma, Cgil, omicidio a Prati acuisce divario tra sicurezza reale e mediatica
ROMA: CGIL, OMICIDIO A PRATI ACUISCE DIVARIO TRA SICUREZZA REALE E MEDIATICA
=
Roma, 5 lug. - (Adnkronos) - "La feroce esecuzione avvenuta oggi
in pieno centro a Roma non fa che avvalorare le tesi, da noi da tempo
sostenute, circa il problema della sicurezza e della legalita' nella
capitale, acuendo ulteriormente il divario esistente fra sicurezza
reale e quella mediatica". Lo dichiarano Claudio Di Berardino,
segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini,
segretario generale del Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti,
segretario generale del Silp Cgil di Roma.
"Non si puo' continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre
aumenta la presenza di clan criminali e si registra un'escalation
della deliquenza e della violenza - proseguono - assistiamo
paradossalmente a una riduzione dell'organico in una citta' che
dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato".
"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la
sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a
una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo
a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo
interistituzionale permanente".
(Fla/Col/Adnkronos)
05-LUG-11 18:54
NNNN
Roma, 5 lug. - (Adnkronos) - "La feroce esecuzione avvenuta oggi
in pieno centro a Roma non fa che avvalorare le tesi, da noi da tempo
sostenute, circa il problema della sicurezza e della legalita' nella
capitale, acuendo ulteriormente il divario esistente fra sicurezza
reale e quella mediatica". Lo dichiarano Claudio Di Berardino,
segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini,
segretario generale del Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti,
segretario generale del Silp Cgil di Roma.
"Non si puo' continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre
aumenta la presenza di clan criminali e si registra un'escalation
della deliquenza e della violenza - proseguono - assistiamo
paradossalmente a una riduzione dell'organico in una citta' che
dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato".
"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la
sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a
una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo
a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo
interistituzionale permanente".
(Fla/Col/Adnkronos)
05-LUG-11 18:54
NNNN
Prati, Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica" (link diretto al portale dell'autore)
L'agguato
Prati, Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica"
"Assistiamo paradossalmente a una riduzione dell'organico
in una città che dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato",
scrivono il una nota Claudio Di Berardino, segretario generale della
Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini, segretario generale del Silp
Cgil del Lazio e Gianni Ciotti, segretario generale del Silp Cgil di
Roma
"La feroce esecuzione avvenuta oggi in pieno centro a
Roma non fa che avvalorare le tesi da noi da tempo sostenute circa il
problema della sicurezza e della legalità nella Capitale, acuendo
ulteriormente il divario esistente fra sicurezza reale e quella
mediatica". Così in una nota Claudio Di Berardino, segretario generale
della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini, segretario generale del
Silp Cgil del Lazio e Gianni Ciotti, segretario generale del Silp Cgil
di Roma. "Non si può continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre
aumenta la presenza di clan criminali e si registra una escalation
della deliquenza e della violenza - proseguono - assistiamo
paradossalmente a una riduzione dell'organico in una città che dovrebbe
avere un numero di poliziotti adeguato".
"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo interistituzionale permanente".
"Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a una razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine e torniamo a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo interistituzionale permanente".
Prati, ucciso il figlio di un ex della banda della Magliana (link diretto al portale dell'autore)
L'agguato
Prati, ucciso il figlio di un ex della banda della Magliana
L'omicidio è avvenuto in via Riccardo Grazioli Lante nel
XVII municipio. Il padre della vittima fu coinvolto, nel 1993,
nell'ambito dell'operazione "Colosseo" contro la potente organizzazione
crimanale romana. Il Silp Cgil: criminalità organizzata, "guerra per
controllare il territorio". Per il presidente della commissione lotta
alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio Filiberto Zaratti
(Sel): "Roma assediata da criminalità e mafie". Pd Roma: "Capitale
insicura, intervenga Maroni". Piccolo (Pdl): "Quartiere a rischio
Scampia". Rossodivita: "Necessario un vertice sulla sicurezza". Ranucci:
"Roma come Chicago degli anni '20". Le indagini sono coordinate dalla
Direzione distrettuale antimafia della capitale
L'AGGUATO I testimoni: "Visti due uomini in moto"
LE REAZIONI/1 Alemanno: "Siamo di fronte a un reato grave"
LE REAZIONI/2 Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica"
L'AGGUATO I testimoni: "Visti due uomini in moto"
LE REAZIONI/1 Alemanno: "Siamo di fronte a un reato grave"
LE REAZIONI/2 Cgil: "Si acuisce divario fra sicurezza reale e mediatica"
Era già stato gambizzato in piazza del Monte di Pietà nel febbraio
scorso l'uomo ucciso stamane in via Riccardo Grazioli Lante all'incrocio
con via Simone de Saint Bon, al quartiere Prati. Al tempo si parlò di
movente passionale, nonostante lo scetticismo degli inquirenti. Flavio
Simmi, 33 anni, si trovava al volante della propria auto, una Ford Ka
grigia, fermo al semaforo. Con lui una donna. La vettura poi sarebbe
stata avvicinata dal killer che avrebbe esploso più colpi di pistola
mentre l'uomo cercava di uscire fuori dalla macchina senza riuscirvi e
restare con i piedi incastrati nell'abitacolo e il corpo riverso
sull'asfalto. Ancora da chiarire al dinamica dell'omicidio. Sette
sarebbero i colpi esplosi dal killer contro la vittima.
Simmi era figlio di una persona che negli anni Novanta fu accusata di aver preso parte alla banda della magliana. Il genitore fu coinvolto nel 1993 come presunto riciclatore nella cosiddetta "operazione Colosseo" che portò alla confisca di beni appartenenti al gruppo criminale per cento milioni di lire, ma fu poi scagionato al termine del processo.
Interrogatori sono in corso da parte degli investigatori della squadra mobile. Gli inquirenti stanno cercando testimonianze per stringere il cerchio sugli autori dell'omicidio. Movente, numero dei killer, tra i principali nodi da sciogliere.
Un grande telo verde copre il corpo in strada di Flavio Simmi. Il cadevere dell'uomo è stato caricato sul furgone della polizia mortuaria. Intorno l'area è transennata e oltre ai curiosi, ci sono amici e parenti molti dei quali non riesco a trattenere le lacrime. Sul posto ci sono ancora gli agenti della polizia scientifica che sono alla ricerca di indizi. L'uomo viveva poco distante dal luogo dell'omicidio in via Fa' di Bruno, era sposato e aveva dei figli. Amici e parenti si trovano sul luogo del delitto, davanti alla pozza di sangue.
IL SILP CGIL. Le modalità di esecuzione del delitto sembrerebbero tipiche del codice mafioso. "I casi di malavita che vanno dall'usura allo spaccio di droga, sebbe siano isolati, dimostrano che a Roma c'è un vero e proprio controllo del territorio - torna a denunciare con forza il segretario del Silp Cgil Roma, Gianni Ciotti -, non si tratta di un semplice regolamento di conti, c'è una guerra in atto tra bande di criminalità organizzata che vogliono conquistarsi l'egemonia sulla Capitale".
IL PD. "L'ennesimo omicidio avvenuto a Roma in pieno giorno e in pieno centro è l'ennesima dimostrazione dell'insicurezza e della violenza presenti in città. Nella Roma di Alemanno, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale, ogni giorno si registra un episodio di inaudita ferocia, come non succedeva da decenni. Chiediamo quindi al Ministro Maroni di intervenire al più presto prima che la situazione sfugga ad ogni controllo. Non ci fidiamo più di Alemanno e della sua Giunta, che davanti ad ogni caso di questo tipo, rispondono esponendo sterili statistiche sulla diminuzione dei reati, omettendo sempre di dire che sono in calo dal 2007 e in tutta italia perché in quell'anno a causa dell'amnistia in molti uscirono dal carcere provocando un innalzamento dei reati. A Roma ormai è il Far west, ma Alemanno sciorina numeri che non interessano a nessuno". Lo dichiara in una nota il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli. Per il senatore Raffaele Ranucci: "Oggi Roma sembra la Chicago degli anni Venti dove avvenivano omicidi e regolamenti di conti in pieno giorno e nelle strade più centrali e frequentate. La violenza nella città di Roma sta dilagando in modo allarmante. Nelle ultime settimane si sono ripetuti stupri, omicidi e violenze, alcuni ancora senza responsabili. L'uccisione di Flavio Simmi di questa mattina a Prati è solo l'ultimo caso dopo tanti tra cui il pestaggio, di pochi giorni fa, di Alberto Bonanni, ridotto in fin di vita nel centralissimo rione Monti".
IL PDL. “L’assassinio avvenuto nel cuore del quartiere Prati-Della Vittoria dimostra che la zona è ormai terra di esecuzioni malavitose. Un omicidio efferato, violento, avvenuto in pieno giorno e a pochi metri dal Vaticano e che fa seguito all’analogo regolamento di conti avvenuto lo scorso aprile in piazza Mazzini quando venne ucciso davanti a decine di persone un imprenditore. Mi auguro fortemente che gli investigatori facciano immediata luce su questo nuovo agghiacciante episodio che rischia di trasformare Prati in una nuova Scampia”. Così in una nota Samuele Piccolo (Pdl), vicepresidente dell’Assemblea capitolina.
I RADICALI. "L'ennesimo omicidio di questa mattina nel quartiere Prati di Roma che si è consumato con una dinamica da vera e propria esecuzione della criminalità organizzata sbatte in faccia ai romani il totale fallimento di Alemanno che fu eletto sul tema della sicurezza". Lo afferma in una nota Giuseppe Rossodivita, Capogruppo Lista Bonino Pannella Federalisti Europei, Membro Commissione sulla sicurezza, integrazione sociale e lotta alla criminalità al Consiglio Regionale del Lazio.
"A Roma da tempo sta accadendo qualcosa che oramai sembra sfuggito al controllo di tutte le autorità preposte a garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini - prosegue - Sarebbe a questo punto necessario un vertice tra tutti i soggetti istituzionali che hanno responsabilità in materia al fine di affrontare, con azioni concrete, una questione che non si può più far finta di non vedere".
L'IDV. "L'esecuzione che si è consumata stamattina a Prati è l'ennesimo, inquietante fatto di cronaca che sconfessa la favoletta di Roma città sicura. I romani cominciano ad avere il dubbio che i giornali che leggono tutte le mattine siano vecchie copie degli anni '70". Lo dichiara in una nota il segretario regionale dell'Italia dei valori, Vincenzo Maruccio. "Ora Alemanno ci dirà che la colpa è delle fiction televisive, o che sono fatti isolati - aggiunge - Peccato che il segnale sia ormai chiaro a tutti: non passa giorno senza pestaggi, esecuzioni in puro stile malavitoso, violenze di ogni genere. E' giunto il momento di intervenire, ammettendo l'emergenza e unendo le forze per combattere un fenomeno dilagante che non segna solo il fallimento del sindaco e della sua amministrazione, ma scredita la città agli occhi del mondo".
SEL. "L’omicidio in Prati e il maxi sequestro di beni immobili appartenenti alla ‘ndrangheta del clan Gallico di Palmi, sono due episodi di una lunga serie di gravissimi fatti criminosi che si susseguono a Roma e nella sua provincia. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una vera e propria escalation criminale: omicidi, tentati omicidi, gambizzazioni, regolamenti di conti, incendi dolosi, sequestri di beni ai clan di ‘ndrangheta e camorra. Questo scenario impone una reazione delle istituzioni, lasciando da parte i tentativi di minimizzazione del fenomeno e le sterili polemiche. Per questo motivo ho scritto una lettera al Presidente della Commissione parlamentare antimafia, Senatore Giuseppe Pisanu, chiedendo l’apertura immediata di un’inchiesta sulle mafie a Roma e nel Lazio, visto che l’ultima e del 1994”. Lo dichiara in una nota Filiberto Zaratti (Sel), Presidente della Commissione lotta alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio.
Simmi era figlio di una persona che negli anni Novanta fu accusata di aver preso parte alla banda della magliana. Il genitore fu coinvolto nel 1993 come presunto riciclatore nella cosiddetta "operazione Colosseo" che portò alla confisca di beni appartenenti al gruppo criminale per cento milioni di lire, ma fu poi scagionato al termine del processo.
Interrogatori sono in corso da parte degli investigatori della squadra mobile. Gli inquirenti stanno cercando testimonianze per stringere il cerchio sugli autori dell'omicidio. Movente, numero dei killer, tra i principali nodi da sciogliere.
Un grande telo verde copre il corpo in strada di Flavio Simmi. Il cadevere dell'uomo è stato caricato sul furgone della polizia mortuaria. Intorno l'area è transennata e oltre ai curiosi, ci sono amici e parenti molti dei quali non riesco a trattenere le lacrime. Sul posto ci sono ancora gli agenti della polizia scientifica che sono alla ricerca di indizi. L'uomo viveva poco distante dal luogo dell'omicidio in via Fa' di Bruno, era sposato e aveva dei figli. Amici e parenti si trovano sul luogo del delitto, davanti alla pozza di sangue.
IL SILP CGIL. Le modalità di esecuzione del delitto sembrerebbero tipiche del codice mafioso. "I casi di malavita che vanno dall'usura allo spaccio di droga, sebbe siano isolati, dimostrano che a Roma c'è un vero e proprio controllo del territorio - torna a denunciare con forza il segretario del Silp Cgil Roma, Gianni Ciotti -, non si tratta di un semplice regolamento di conti, c'è una guerra in atto tra bande di criminalità organizzata che vogliono conquistarsi l'egemonia sulla Capitale".
IL PD. "L'ennesimo omicidio avvenuto a Roma in pieno giorno e in pieno centro è l'ennesima dimostrazione dell'insicurezza e della violenza presenti in città. Nella Roma di Alemanno, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale, ogni giorno si registra un episodio di inaudita ferocia, come non succedeva da decenni. Chiediamo quindi al Ministro Maroni di intervenire al più presto prima che la situazione sfugga ad ogni controllo. Non ci fidiamo più di Alemanno e della sua Giunta, che davanti ad ogni caso di questo tipo, rispondono esponendo sterili statistiche sulla diminuzione dei reati, omettendo sempre di dire che sono in calo dal 2007 e in tutta italia perché in quell'anno a causa dell'amnistia in molti uscirono dal carcere provocando un innalzamento dei reati. A Roma ormai è il Far west, ma Alemanno sciorina numeri che non interessano a nessuno". Lo dichiara in una nota il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli. Per il senatore Raffaele Ranucci: "Oggi Roma sembra la Chicago degli anni Venti dove avvenivano omicidi e regolamenti di conti in pieno giorno e nelle strade più centrali e frequentate. La violenza nella città di Roma sta dilagando in modo allarmante. Nelle ultime settimane si sono ripetuti stupri, omicidi e violenze, alcuni ancora senza responsabili. L'uccisione di Flavio Simmi di questa mattina a Prati è solo l'ultimo caso dopo tanti tra cui il pestaggio, di pochi giorni fa, di Alberto Bonanni, ridotto in fin di vita nel centralissimo rione Monti".
IL PDL. “L’assassinio avvenuto nel cuore del quartiere Prati-Della Vittoria dimostra che la zona è ormai terra di esecuzioni malavitose. Un omicidio efferato, violento, avvenuto in pieno giorno e a pochi metri dal Vaticano e che fa seguito all’analogo regolamento di conti avvenuto lo scorso aprile in piazza Mazzini quando venne ucciso davanti a decine di persone un imprenditore. Mi auguro fortemente che gli investigatori facciano immediata luce su questo nuovo agghiacciante episodio che rischia di trasformare Prati in una nuova Scampia”. Così in una nota Samuele Piccolo (Pdl), vicepresidente dell’Assemblea capitolina.
I RADICALI. "L'ennesimo omicidio di questa mattina nel quartiere Prati di Roma che si è consumato con una dinamica da vera e propria esecuzione della criminalità organizzata sbatte in faccia ai romani il totale fallimento di Alemanno che fu eletto sul tema della sicurezza". Lo afferma in una nota Giuseppe Rossodivita, Capogruppo Lista Bonino Pannella Federalisti Europei, Membro Commissione sulla sicurezza, integrazione sociale e lotta alla criminalità al Consiglio Regionale del Lazio.
"A Roma da tempo sta accadendo qualcosa che oramai sembra sfuggito al controllo di tutte le autorità preposte a garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini - prosegue - Sarebbe a questo punto necessario un vertice tra tutti i soggetti istituzionali che hanno responsabilità in materia al fine di affrontare, con azioni concrete, una questione che non si può più far finta di non vedere".
L'IDV. "L'esecuzione che si è consumata stamattina a Prati è l'ennesimo, inquietante fatto di cronaca che sconfessa la favoletta di Roma città sicura. I romani cominciano ad avere il dubbio che i giornali che leggono tutte le mattine siano vecchie copie degli anni '70". Lo dichiara in una nota il segretario regionale dell'Italia dei valori, Vincenzo Maruccio. "Ora Alemanno ci dirà che la colpa è delle fiction televisive, o che sono fatti isolati - aggiunge - Peccato che il segnale sia ormai chiaro a tutti: non passa giorno senza pestaggi, esecuzioni in puro stile malavitoso, violenze di ogni genere. E' giunto il momento di intervenire, ammettendo l'emergenza e unendo le forze per combattere un fenomeno dilagante che non segna solo il fallimento del sindaco e della sua amministrazione, ma scredita la città agli occhi del mondo".
SEL. "L’omicidio in Prati e il maxi sequestro di beni immobili appartenenti alla ‘ndrangheta del clan Gallico di Palmi, sono due episodi di una lunga serie di gravissimi fatti criminosi che si susseguono a Roma e nella sua provincia. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una vera e propria escalation criminale: omicidi, tentati omicidi, gambizzazioni, regolamenti di conti, incendi dolosi, sequestri di beni ai clan di ‘ndrangheta e camorra. Questo scenario impone una reazione delle istituzioni, lasciando da parte i tentativi di minimizzazione del fenomeno e le sterili polemiche. Per questo motivo ho scritto una lettera al Presidente della Commissione parlamentare antimafia, Senatore Giuseppe Pisanu, chiedendo l’apertura immediata di un’inchiesta sulle mafie a Roma e nel Lazio, visto che l’ultima e del 1994”. Lo dichiara in una nota Filiberto Zaratti (Sel), Presidente della Commissione lotta alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio.
Corte Costituzionale ".. Tagli di spesa delle Regioni La Regione può decidere autonomamente dove tagliare le spese, purché la somma dei tagli sia pari all'importo fissato complessivamente dalla legge nazionale. Ma non può indicare un anno diverso da quello fissato a livello centrale, come base per calcolare le percentuali di spesa da ridurre e autorizzare, perché ciò viola la riserva di legge nazionale. Sono questi i principi affermati dalla Corte costituzionale con la Sent. n. 182, depositata il 10 giugno 2011. .."
Corte Cost., 10 giugno 2011, n. 182 Corte cost., Sent., 10-06-2011, n. 182Fatto Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo SENTENZA Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24 febbraio - 3 marzo 2011, depositato in cancelleria il 1° marzo 2011 ed iscritto al n. 11 del registro ricorsi 2011. Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi; uditi l'avvocato dello Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Lucia Bora per la Regione Toscana. 1. - Con ricorso notificato il 24 febbraio 2011 e depositato il successivo 1° marzo (reg. ric. n. 11 del 2011), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, e dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011), in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. L'art. 1, comma 1, della legge impugnata stabilisce che «in applicazione della disposizione di cui all'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, la Giunta regionale, sulla base delle spese risultanti dal rendiconto per l'anno 2009, determina con proprio atto l'ammontare complessivo della riduzione delle proprie spese di funzionamento indicate dal citato articolo 6. Tale ammontare è assicurato dalla Giunta regionale anche mediante una modulazione delle percentuali di risparmio in misura diversa rispetto a quanto disposto dall'articolo 6 del decreto-legge n. 78/2010». A propria volta, l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, al quale la disposizione impugnata si riferisce, prevede la «riduzione dei costi degli apparati amministrativi», operando su numerose voci di spesa della pubblica amministrazione, anche per mezzo di decurtazioni indicate in percentuale. A parere del ricorrente, la disposizione impugnata, nel consentire alla Giunta regionale di modificare tali percentuali «definite e puntuali», si pone in contrasto con la normativa statale interposta, espressiva di un principio di coordinamento della finanza pubblica, e viola, di conseguenza, l'art. 117, terzo comma, Cost. La seconda disposizione impugnata, ossia l'art. 12, comma 2, lettera b), della legge in questione, stabilisce che per l'anno 2011 gli enti e le aziende del servizio sanitario regionale procedono «all'adozione di misure per il contenimento della spesa per il personale idonee a garantire che la spesa stessa non superi il corrispondente ammontare dell'anno 2006, comprensivo dei costi contrattuali di competenza 2006, anche se erogati negli anni successivi, diminuito dell'1,4 per cento. A tal fine si considera anche la spesa per il personale con rapporto di lavoro a termine. Dalla spesa 2006 sono esclusi gli oneri per arretrati relativi ad anni precedenti, a seguito del rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e dalla spesa 2011 gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali intervenuti successivamente al 2006». Il ricorrente ritiene tale previsione in contrasto con l'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010), secondo cui l'anno di riferimento, ai fini della determinazione del livello di spesa, è il 2004, anziché il 2006: anche in questo caso il legislatore regionale avrebbe violato un principio di coordinamento della finanza pubblica. Il pregiudizio che le norme censurate avrebbero prodotto a carico delle «finanze pubbliche» giustificherebbe, secondo l'Avvocatura, la sospensione della legge impugnata, ai sensi dell'art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). 2. - Si è costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate. La Regione osserva che con l'art. 1, comma 1, impugnato viene rispettato l'«ammontare complessivo delle riduzioni disposte dalla norma statale» (art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010), ma si riserva alla Giunta il potere di ripartire i tagli apportati alle specifiche voci di spesa, anche secondo percentuali di volta in volta diverse rispetto a quelle indicate dalla norma interposta. Difatti, prosegue la Regione, la disposizione statale evocata dal ricorrente non potrebbe in nessun caso ritenersi espressiva di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, tale da imporsi all'autonomia regionale, ove si dovesse intendere che le percentuali ivi indicate siano rigide e immodificabili da parte del legislatore regionale. Si tratterebbe, infatti, di un'incisione su minute e dettagliate voci di spesa, tale da ledere l'autonomia finanziaria della Regione, secondo quanto avrebbe ripetutamente affermato la stessa giurisprudenza costituzionale. Questo rilievo troverebbe conferma nello stesso art. 6, comma 20, del decreto-legge n. 78 del 2010, secondo cui «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica». Quanto, poi, all'art. 12, comma 2, lettera b), l'altra disposizione impugnata, la Regione Toscana ritiene che anche con riguardo alla spesa per il personale del settore sanitario il legislatore statale non possa imporre in modo rigido un tetto a una singola voce del bilancio, dovendosi limitare a prescrivere il perseguimento dell'«equilibrio economico-finanziario» complessivo. Ciò troverebbe avallo nell'art. 2, comma 73, della legge n. 191 del 2009, secondo cui, in sede di verifica dell'osservanza degli adempimenti cui è vincolata per il contenimento della spesa sanitaria, la Regione è considerata adempiente, ove, pur in caso di mancato raggiungimento degli specifici obiettivi, abbia comunque assicurato il predetto equilibrio. In tale contesto, la disposizione impugnata, relativa al 2011, avrebbe ben potuto assumere come anno di riferimento per la determinazione della spesa il 2006, anziché il 2004, confermando in tal modo una scelta già compiuta dalla legge regionale 1 agosto 2006, n. 42 (Misure di razionalizzazione della spesa delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale), con riferimento al triennio 2007-2009. Rispetto a quest'ultimo triennio, infatti, la riduzione della spesa è stata aumentata dall'1% all'1,4%, assicurando in tal modo, secondo la difesa regionale, l'equilibrio economico complessivo.Motivi della decisione 1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, e dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011), in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Il ricorrente ritiene che tali disposizioni ledano la competenza dello Stato a dettare i principi fondamentali della materia a riparto concorrente "coordinamento della finanza pubblica", ponendosi in contrasto con due norme specificamente adottate nell'esercizio di essa. In particolare, l'art. 1, comma 1, nel consentire alla Giunta regionale di determinare l'ammontare complessivo della riduzione delle proprie spese di funzionamento, rispetto al livello raggiunto nel 2009, contrasterebbe con l'art. 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Questo articolo, al fine di ridurre il costo degli apparati amministrativi, ha prescritto un taglio, secondo percentuali prestabilite, di numerose voci di spesa proprie delle amministrazioni statali, stabilendo altresì, al comma 20, che le singole disposizioni con cui tali tagli sono stati indicati nel corpo dello stesso art. 6 costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica per Regioni, Province autonome ed enti del Servizio sanitario nazionale. La norma regionale censurata, pur nel dichiarato intento di dare attuazione all'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, consentirebbe alla Giunta una «modulazione delle percentuali di risparmio in misura diversa» rispetto a quella rigidamente determinata dalla disposizione statale, con ciò, a parere dell'Avvocatura, contravvenendovi. Il ricorrente muove, infatti, dal presupposto interpretativo secondo cui l'art. 6 pretende di trovare applicazione integrale nei confronti delle Regioni, le quali sarebbero perciò obbligate a operare una contrazione di singole e minute voci di spesa, proprio nella misura prescritta per le amministrazioni dello Stato. In particolare, con riguardo alle sole spese concernenti il funzionamento della Giunta (le uniche ad essere disciplinate dalla norma impugnata, tra le molte previste dall'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010), si sarebbe trattato di ridurre del 10%, rispetto al 2010, indennità, compensi, gettoni, retribuzioni ed altre utilità corrisposte ai componenti di organi (art. 6, comma 3); di contenere entro il 20% del tetto raggiunto nel 2009 sia le spese per studi ed incarichi di consulenza (art. 6, comma 7), sia le spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza (art. 6, comma 8); di rinunciare integralmente alle spese per sponsorizzazioni (art. 6, comma 9); di ridurre al 50% del 2009 le spese sia per missioni (art. 6, comma 12), sia per la formazione (art. 6, comma 13); di restringere all'80% del 2009 le spese per la gestione delle autovetture, compresi i buoni taxi (art. 6, comma 14). Secondo la Regione, invece, la disposizione in questione non potrebbe in nessun caso ritenersi espressiva di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, tale da imporsi all'autonomia regionale, ove si dovesse intendere che le percentuali ivi indicate siano rigide e immodificabili da parte del legislatore regionale. Si tratterebbe, infatti, di un'incisione su minute e dettagliate voci di spesa, tale da ledere l'autonomia finanziaria della Regione, secondo quanto avrebbe ripetutamente affermato la stessa giurisprudenza costituzionale. E' solo nel suo insieme che l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010 potrebbe eventualmente considerarsi espressione di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, e sotto questo aspetto nessuna violazione sarebbe configurabile dal momento che «la Regione Toscana ha previsto di attenersi all'ammontare complessivo delle riduzioni disposte dalla norma statale, con la facoltà di ripartire la riduzione complessiva in autonomia, e dunque in modo anche diverso da quanto disposto a livello nazionale». 1.2. - La questione non è fondata. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore statale, con una "disciplina di principio", può legittimamente «imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti» (sentenza n. 36 del 2004; si veda anche la sentenza n. 417 del 2005). Questi vincoli, perché possano considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali, devono riguardare «l'entità del disavanzo di parte corrente oppure - ma solo "in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale" - la crescita della spesa corrente». In altri termini, la legge statale può stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenze n. 417 del 2005 e n. 36 del 2004; si vedano anche le sentenze n. 88 del 2006 e n. 449 del 2005). Poste tali premesse, è da aggiungere che interventi analoghi per i contenuti a quelli operati dalle diverse disposizioni dell'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, disposti negli anni trascorsi dal legislatore statale, non sono stati in grado di superare il vaglio di legittimità costituzionale, data l'indebita compressione dell'autonomia finanziaria delle Regioni che con essi veniva realizzata. In particolare, sono state ritenute illegittime, nella parte in cui pretendevano di imporsi al sistema regionale, rigide misure concernenti la spesa per studi, consulenze, missioni all'estero, rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni (sentenza n. 417 del 2005); la spesa per viaggi in aereo (sentenza n. 449 del 2005); i compensi e il numero massimo degli amministratori di società partecipate dalla Regione (sentenza n. 159 del 2008); le spese per autovetture (sentenza n. 297 del 2009). A fronte di tale consolidato indirizzo della giurisprudenza costituzionale, il legislatore statale, con l'art. 6 citato, ha mostrato di saper superare la tecnica normativa in origine adottata, ai fini del contenimento della spesa pubblica, preferendo agire direttamente sulla spesa delle proprie amministrazioni con norme puntuali, delle quali si è invece dichiarata l'efficacia nei confronti delle Regioni esclusivamente quali principi di coordinamento della finanza pubblica, escludendone l'applicabilità diretta (sentenza n. 289 del 2008). Va da sé che tale operazione può rispettare il riparto concorrente della potestà legislativa in tema di coordinamento della finanza pubblica, solo a condizione di permettere l'estrapolazione, dalle singole disposizioni statali, di principi rispettosi di uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale. In caso contrario, la disposizione statale non potrà essere ritenuta di principio (sentenza n. 159 del 2008), quale che ne sia l'eventuale autoqualificazione operata dal legislatore nazionale (sentenza n. 237 del 2009). E' da ritenere che il comma 20 del citato art. 6 abbia inteso operare in tal senso, con la previsione che «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica». Perciò la premessa su cui si fonda integralmente la censura dello Stato avverso l'art. 1, comma 1, della legge impugnata è palesemente erronea, poiché tradisce il senso dell'evocata norma interposta. L'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, diversamente da quanto postulato dall'Avvocatura dello Stato, non intende imporre alle Regioni l'osservanza puntuale ed incondizionata dei singoli precetti di cui si compone e può considerarsi espressione di un principio fondamentale della finanza pubblica in quanto stabilisce, rispetto a specifiche voci di spesa, limiti puntuali che si applicano integralmente allo Stato, mentre vincolano le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale solo come limite complessivo di spesa. Questa conclusione si fonda sulla possibilità di effettuare una duplice operazione logico-giuridica: in primo luogo, l'art. 6 citato consente un processo di induzione che, partendo da un apprezzamento non atomistico, ma globale, dei precetti in gioco, conduce all'isolamento di un principio comune; in secondo luogo, siffatto principio è idoneo al compito inverso di dedurre da esso, in modo consequenziale, ma adeguato a preservare la discrezionalità del legislatore regionale, una diversificata normativa di dettaglio. Il comma 20 dell'art. 6, infatti, autorizza le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, anzitutto, a determinare, sulla base di una valutazione globale dei limiti di spesa puntuali dettati dall'art. 6, l'ammontare complessivo dei risparmi da conseguire e, quindi, a modulare in modo discrezionale, tenendo fermo quel vincolo, le percentuali di riduzione delle singole voci di spesa contemplate nell'art. 6. Pertanto, il rigetto della censura discende dal rilievo per il quale la norma impugnata non è contraria a quella interposta assunta nel significato che correttamente la Regione le ha attribuito: l'erroneità del presupposto interpretativo posto a base del ricorso determina l'infondatezza della questione. 2. - L'art. 12, comma 2, lettera b), della legge impugnata dispone che, per l'anno 2011, enti ed aziende del servizio sanitario regionale limitino le spese per il personale all'ammontare sostenuto nel 2006, ridotto dell'1,4%. Lo Stato reputa tale disposizione in contrasto con l'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2010), secondo cui tali spese non possono, per il triennio 2010-2012, eccedere il livello raggiunto nel 2004, diminuito anche in tal caso dell'1,4%: posto che tale ultima norma esprimerebbe un principio di coordinamento della finanza pubblica, la disposizione regionale censurata sarebbe illegittima. 2.1. - La questione è fondata. Anzitutto, va messo in chiaro che la norma regionale oggetto di impugnazione permette un incremento della spesa per il personale sanitario per l'anno 2011, rispetto al livello massimo prescritto dalla norma statale interposta. Il legislatore toscano, infatti, ha preso in considerazione, quale base di riferimento per contenere la spesa in questione, l'anno 2006, anziché l'anno 2004, indicato dall'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009. Sennonché tale ultima disposizione si salda senza soluzione di continuità con l'art. 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2007), che aveva previsto analoga misura per il triennio 2007-2009, con l'effetto che la spesa per il personale sanitario dal 2007 al 2012 deve ritenersi agganciata, salvo espresse deroghe legislative, all'ammontare raggiunto nel 2004, diminuito dell'1,4%. È perciò chiaro che, riferendosi invece al 2006, ovvero all'ultimo anno durante il quale si è permessa un'ulteriore lievitazione dei costi, la legge impugnata consente alla Regione una spesa inevitabilmente superiore, e come tale si pone in contrasto con quanto stabilito dalla norma interposta. Del tutto privo di rilevanza, sul punto, è l'argomento impiegato dalla difesa regionale, secondo cui la norma censurata avrebbe comunque ridotto la capacità di spesa della Regione, rispetto a quanto in precedenza operato da talune delibere di Giunta, con le quali si era imposta la mera riduzione dell'1% rispetto alle uscite del 2006, anziché quella dell'1,4%. È ovvio, infatti, che la vigenza nel passato di un criterio amministrativo, anch'esso in palese conflitto con la legislazione statale, non ne legittima in sé la trasposizione in legge per gli anni a venire, né diviene punto di raffronto per valutare la conformità a Costituzione di tale legge. Ciò acclarato, si tratta di interrogarsi sulla natura della disposizione interposta: questa Corte le ha già attribuito carattere di principio con la sentenza n. 333 del 2010 e con la sentenza n. 68 del 2011; del resto già la sentenza n. 120 del 2008 aveva concluso nel medesimo modo, con riguardo all'analoga norma recata dall'art. 1, comma 565, della legge n. 296 del 2006. E' fuor di dubbio che la spesa per il personale costituisca una delle voci del bilancio regionale, caratterizzata sia dal peso preponderante che vi riveste, sia dalla storica ritrosia delle Regioni a porvi adeguati limiti. Può quindi ritenersi proporzionata la valutazione del legislatore statale, sottesa alla norma interposta, relativa all'inefficacia che eventuali e assai improbabili misure regionali alternative potrebbero sortire, ai fini della riduzione del debito pubblico (sentenza n. 169 del 2007). Questa Corte è giunta alla medesima conclusione anche con riguardo alla sottocategoria delle spese per il personale sanitario (sentenze n. 333 del 2010 e n. 120 del 2008), anch'esse di regola così elevate da non giustificare una prognosi favorevole circa l'introduzione di idonee misure alternative da parte della legge regionale. Alla luce di simili considerazioni va letto lo stesso art. 2, comma 73, della legge n. 191 del 2009, richiamato dalla difesa regionale, secondo cui «alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti dalle disposizioni di cui ai commi 71 e 72 per gli anni 2010, 2011 e 2012, si provvede nell'ambito del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005. La regione è giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento degli obiettivi previsti. In caso contrario la regione è considerata adempiente solo ove abbia comunque assicurato l'equilibrio economico». Secondo la Regione Toscana il riconoscimento del corretto adempimento regionale, anche in caso di deroga ai precetti di cui al precedente comma 71, ove comunque sia stato assicurato l'equilibrio economico, dovrebbe far ritenere che non si renda necessaria la scrupolosa osservanza del risparmio di spesa indicato con riferimento al personale sanitario, ben potendo l'autonomia regionale trovare soluzioni alternative, ugualmente idonee allo scopo di conseguire l'obiettivo indicato. Va però osservato, in senso contrario, che l'ipotesi residuale contemplata dall'ultimo periodo del comma 73 non elide affatto la previsione principale, secondo cui l'adempimento della Regione va misurato con riferimento agli specifici obiettivi recati dal precedente comma 71. Proprio le considerazioni innanzi svolte, con riferimento alla natura sfavorevole della prognosi relativa all'adozione di misure alternative di risparmio, fanno ritenere che l'esigenza di coordinamento della finanza pubblica non possa ritenersi adeguatamente protetta, in assenza di un criterio primario alla luce del quale indirizzare immediatamente, e senza attendere verifiche necessariamente posteriori, la politica di contenimento delle spese. Pertanto l'eventuale raggiungimento dell'equilibrio economico sarà senz'altro di giovamento alla Regione su altri piani, essendo ad esempio manifestamente irragionevole che il legislatore statale pretenda comunque di persistere nell'applicazione di eventuali sanzioni. Ma, in attesa, al termine del triennio, dell'accertamento sul raggiungimento dell'equilibrio economico, deve ritenersi vincolante l'obbligo primario descritto dal comma 71. A questo punto, resta solo da verificare se l'imposizione di un simile vincolo sia tollerabile, in ragione della funzione compensativa che va attribuita, in tali casi, alla discrezionalità del sistema regionale nell'individuare in concreto i mezzi idonei al raggiungimento dell'obiettivo. Anche su questo piano, l'accertamento è favorevole alla legislazione statale, poiché la norma interposta «non determina gli strumenti e le modalità per il perseguimento del predetto obiettivo, ma lascia libere le Regioni di individuare le misure necessarie al fine del contenimento della spesa per il personale» (sentenza n. 120 del 2008). Nell'ambito di tale accertamento, si pone l'ulteriore osservazione, svolta dalla sentenza n. 120 del 2008 con riguardo ad una norma del tutto analoga all'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, secondo cui assume rilievo anche la clausola di salvezza prevista oggi dal successivo comma 73, e appena ricordata. Se, infatti, va escluso per le ragioni innanzi precisate che nell'immediato le Regioni possano sottrarsi al vincolo descritto dal comma 71, resta parimenti inoppugnabile che, all'esito del triennio durante cui esso transitoriamente opera, le pur sempre possibili manovre regionali alternative si siano davvero rivelate idonee, vincendo la ragionevole presunzione contraria. In tal caso, lo Stato non potrà più pretendere di persistere in eventuali misure sostitutive o sanzionatorie, e dovrà verificare per il futuro la congruità di un vincolo, la cui cogenza si è dimostrata, alla prova dei fatti, basata su un convincimento erroneo. Allo stato, preso atto della difformità dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge impugnata rispetto all'art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, e accertata la natura di principio rivestita da tale ultima disposizione, la questione deve ritenersi fondata. 2.2. - L'istanza di sospensione dell'efficacia delle norme impugnate, formulata nel ricorso, rimane assorbita (da ultimo, sentenze n. 326 e n. 16 del 2010).P.Q.M. LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65 (Legge finanziaria per l'anno 2011); dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana n. 65 del 2010, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale) Msg. 4-7-2011 n. 13888 Incentivo al reimpiego in forma autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di trattamento di sostegno al reddito. Proroga per l'anno 2011. Chiarimenti. Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.
Msg. 4 luglio 2011, n. 13888 (1). Incentivo al reimpiego in forma autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di trattamento di sostegno al reddito. Proroga per l'anno 2011. Chiarimenti. (1) Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale. In merito ad alcune richieste pervenute dalle Sedi, concernenti l'erogabilità, anche per l'anno 2011, dell'incentivo al reimpiego in forma autonoma o in cooperativa per i lavoratori destinatari di trattamento di sostegno al reddito, si precisa quanto segue. Il comma 7 dell'art. 7-ter del D.L. 10 febbraio 2009 n. 5, convertito con modifiche nella L. 9 aprile 2009, n. 33, ha previsto che i datori di lavoro che, senza esservi tenuti (e senza avere sospensioni in atto), assumono lavoratori licenziati o sospesi destinatari di ammortizzatori in deroga, relativamente agli anni 2009 e 2010, possono godere di un indennizzo pari all'indennità spettante ai lavoratori nei limiti di spesa autorizzati, per il numero di mensilità o di giornate di trattamento integrativo non ancora erogato. Successivamente, l'articolo 1, comma 7, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito nella L. 3 agosto 2009, n. 102, ha integrato il predetto comma 7 dell'art. 7-ter prevedendo che tale incentivo possa essere corrisposto al lavoratore che faccia richiesta di intraprendere un'attività autonoma, anche di auto o micro impresa, o finalizzata a un'associazione in cooperativa e, in caso di lavoratore in cassa integrazione in deroga, previe dimissioni dall'impresa da cui è dipendente. L'art. 1 del comma 31 della L. 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), ha infine prorogato i termini dell'art. 7-ter, comma 7, sostituendo le parole «per gli anni 2009 e 2010», con le parole «per gli anni 2009, 2010 e 2011». Dal combinato disposto dell'art. 7-ter, comma 7, della L. 9 aprile 2009, n. 33 e dell'articolo 1, comma 7, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 ed in virtù dell'art. 1, comma 31, della 13 dicembre 2010 n.220, anche l'incentivo al lavoratore per intraprendere una attività autonoma, avviare una auto o micro impresa, o per associarsi in cooperativa, è prorogato per tutto il 2011. Si rinvia in ogni caso, per la disciplina di dettaglio sull'incentivo in oggetto, a quanto stabilito con il D.M. n. 49409/2009 ove, tra l'altro, si rileva che del predetto incentivo possono essere destinatari solo i lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali in deroga. Si ricorda, infine che le istruzioni operative sono state impartite con il Msg. 23 marzo 2010, n. 8123 ed il Msg. 20 settembre 2010, n. 23542. D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, art. 7-ter D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 1 L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1 D.M. 18 dicembre 2009, n. 49409
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