CIRCOLAZIONE STRADALE - CORTE COSTITUZIONALE
Corte cost., Sent., 07-04-2011, n. 118
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
SENTENZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 168, comma 10, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso dal
Giudice di pace di Verona nel procedimento vertente tra la ####################
s.p.a. e il Ministero dell'Interno con ordinanza del 2 dicembre 2009, iscritta
al n. 282 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2010.
Visti l'atto di costituzione della #################### s.p.a. nonchè gli atti
di intervento dell'A.N.P.A.M. (Associazione Nazionale Produttori Armi e
Munizioni) e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 2011 il Giudice relatore Giuseppe
Frigo;
uditi l'avvocato #################### per la #################### s.p.a. e
l'avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
1. - Con ordinanza del 2 dicembre 2009 (r.o. n. 282 del 2010), il Giudice di
pace di Verona ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 27 e 117, primo
comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art.
168, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della strada), che estende alle sanzioni amministrative per le violazioni della
«disciplina del trasporto su strada dei materiali pericolosi» la previsione del
precedente art. 167, comma 9, in forza della quale le sanzioni «si applicano
sia al conducente che al proprietario del veicolo, nonché al committente, quando
si tratta di trasporto eseguito per suo conto esclusivo».
Il rimettente riferisce di essere investito del giudizio di opposizione a
processo verbale di accertamento e contestazione di violazione amministrativa
proposto da una società, quale «committente esclusivo» di un trasporto su strada
di merci pericolose: trasporto in relazione al quale identica contestazione era
stata elevata, a seguito di controllo della polizia stradale, anche nei
confronti del conducente e del proprietario del veicolo. Di qui la rilevanza
della questione, la quale inciderebbe sulla stessa «legittimità [della]
identificazione dei soggetti passivi della verbalizzazione».
Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente deduce, innanzitutto, il
contrasto della disposizione censurata con il principio di personalità della
responsabilità, enunciato in rapporto alle sanzioni amministrative dall'art. 3
della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) e che -
secondo il giudice a quo - costituirebbe espressione dell'analogo principio
sancito, in materia penale, dall'art. 27 Cost.
L'art. 168, comma 10, cod. strada sottoporrebbe, infatti, a sanzione il
proprietario del mezzo e il «committente esclusivo» a titolo di responsabilità
oggettiva, non essendo le violazioni in alcun modo imputabili ai predetti
soggetti, privi di qualsiasi «facoltà» di effettuare controlli sulle modalità di
esercizio del trasporto.
In particolare, il committente si limiterebbe a rivolgersi a un professionista
abilitato al trasporto di merci pericolose e dotato di mezzi omologati a tal
fine: il che gli consentirebbe - anche in forza dei principi di affidamento del
pubblico e della clientela, sanciti dall'art. 5, comma 1, del d.lgs. 2 febbraio
2006, n. 30 (Ricognizione dei princìpi fondamentali in materia di professioni,
ai sensi dell'articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131) - di confidare nel
rispetto della normativa vigente e nell'esecuzione della prestazione secondo le
regole della buona tecnica. Il committente non potrebbe essere, pertanto,
chiamato a rispondere delle conseguenze negative derivanti dall'inadempimento
del professionista, in relazione al quale sarebbe piuttosto il soggetto
danneggiato.
Sanzionando soggetti ai quali l'infrazione stradale non è addebitabile, la norma
censurata violerebbe anche il principio di ragionevolezza.
Al riguardo, il rimettente rileva come la disposizione in esame si differenzi da
quella dall'art. 196, comma 1, cod. strada, che, sulla falsariga di quanto
previsto nell'art. 6 della legge n. 689 del 1981, stabilisce che «per le
violazioni punibili con sanzione amministrativa pecuniaria il proprietario del
veicolo [...] è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento
della somma da questi dovuta»: regola generale la cui ratio - come chiarito
dalla giurisprudenza costituzionale - risiede nella duplice necessità di evitare
che numerose norme sulla circolazione stradale restino eluse e che i
danneggiati da sinistri stradali possano non ottenere il giusto risarcimento. Di
contro, l'art. 168, comma 10, cod. strada configurerebbe in capo al proprietario
del mezzo e al «committente esclusivo» del trasporto una responsabilità, non
solidale e alternativa, ma
«parallela» e per fatto altrui: assetto da reputare privo di razionale
giustificazione, poiché il responsabile materiale della violazione risulterebbe
«già necessariamente individuato» e nessuna norma rischierebbe di venire elusa.
Ciò, senza considerare che - proprio perché si tratta di responsabilità distinte
e non solidali - la possibile coincidenza tra le varie figure sanzionate
potrebbe determinare «la paradossale evenienza che un soggetto, seppure
responsabile, venga sanzionato due volte per il medesimo fatto».
Un ulteriore profilo di violazione dell'art. 3 Cost., per trattamento
differenziato di situazioni uguali, si connetterebbe alla circostanza che la
norma censurata sottoponga a sanzione il solo committente «in via esclusiva».
Nella grande maggioranza dei casi, infatti, il committente non è in grado di
controllare se i propri prodotti vengano trasportati da soli o insieme a quelli
di altri committenti: con la conseguenza che l'elemento differenziale, ai fini
dell'assoggettabilità a sanzione, non rientrerebbe nella «disponibilità»
dell'interessato. La stessa distinzione tra committente in via esclusiva o meno
apparirebbe, d'altra parte, irragionevole, «dal momento che tutti i committenti
usufruiscono di un medesimo servizio».
Sarebbe, altresì, violato l'art. 117, primo comma, Cost., per inadempimento di
obblighi internazionali e mancato rispetto dei vincoli «di omogeneità e di
parità di trattamento di tutti i cittadini europei derivanti dall'ordinamento
comunitario». La disciplina dettata dalla disposizione censurata risulterebbe,
infatti, non conforme all'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale
su strada delle merci pericolose (ADR), concluso a Ginevra il 30 settembre
1957, ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 12 agosto 1962, n. 1839,
successivamente recepito anche in ambito comunitario (in particolare, con la
direttiva n. 94/55/CE, ora sostituita dalla direttiva n. 2008/68/CE). Il citato
Accordo contemplerebbe, infatti, nelle sezioni 1.4.2 e 1.4.3 dell'allegato A,
una dettagliata ripartizione delle responsabilità tra i diversi soggetti
coinvolti nelle operazioni di
trasporto (speditore, trasportatore, destinatario, caricatore, riempitore,
imballatore), della quale l'art. 168, comma 10, cod. strada non avrebbe tenuto
affatto conto.
Ne deriverebbe una concorrente lesione dell'art. 3 Cost. per difetto di
«coerenza interna dell'ordinamento giuridico», ove si consideri che lo stesso
art. 168 cod. strada, ai commi da 7 a 9-ter, delinea un sistema sanzionatorio
volto a garantire proprio il rispetto dell'Accordo ADR, specificamente
richiamato dal comma 1.
Risulterebbe leso, per altro verso, l'art. 23 Cost., giacché, nel comminare una
sanzione a carattere «patrimoniale» nei confronti di soggetti esenti da ogni
responsabilità, la norma denunciata oltrepasserebbe i limiti del legittimo
«esercizio del potere impositivo attribuito allo Stato [...] dal parametro in
parola».
Irragionevole risulterebbe, infine, l'estensione al trasporto delle merci
pericolose della disciplina sanzionatoria relativa all'eccesso di carico dei
veicoli adibiti al trasporto di cose, cui si riferisce il richiamato art. 167,
comma 9, cod. strada. In quest'ultima ipotesi, infatti, la responsabilità del
«committente esclusivo», almeno sotto il profilo della culpa in vigilando,
potrebbe essere fatta discendere dalla circostanza che egli è a conoscenza della
quantità di merce trasportata e, quindi, dell'eventuale sovraccarico del
veicolo, dal quale potrebbe trarre vantaggio in termini di risparmio di spesa
dovuto all'utilizzazione di un singolo mezzo di trasporto. Al contrario, nel
caso di trasporto di merci pericolose, il committente non acquisirebbe alcun
vantaggio dalla violazione delle norme sulla sicurezza del trasporto, ma ne
sarebbe danneggiato, dal momento che i beni di
sua proprietà verrebbero messi in pericolo. D'altro canto, egli non avrebbe
alcuna possibilità di effettuare i controlli necessari sui mezzi utilizzati e
sulle loro dotazioni nel corso dell'intero viaggio. Da ciò conseguirebbe la
violazione del principio di eguaglianza, perché la norma disporrebbe un
trattamento uguale di situazioni differenti.
2. - È intervenuto nel giudizio di costituzionalità il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il
quale ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata.
Ad avviso della difesa dello Stato, la norma in esame andrebbe coordinata con la
nuova disciplina in materia di autotrasporto introdotta dal d.lgs. 21 novembre
2005 n. 286 (Disposizioni per il riassetto normativo in materia di
liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasportatore),
disciplina che ruota intorno al principio della «responsabilità condivisa», tra
gli operatori della cosiddetta «filiera del trasporto» (vettore, committente,
caricatore e proprietario della merce), per le violazioni di alcune delle norme
in materia di sicurezza della circolazione stradale. Il relativo meccanismo,
attivato con l'accertamento da parte della polizia stradale della violazione
commessa dal conducente, mira segnatamente a favorire la contrattazione in forma
scritta, al fine di garantire la certezza dei rapporti tra le parti. Se,
infatti, l'operatore di polizia verifica
che dal contratto, presente a bordo del mezzo, e dall'eventuale documentazione
di accompagnamento risultano modalità di esecuzione della prestazione
incompatibili con il rispetto, da parte del conducente, delle norme del codice
della strada, egli contesta la violazione al soggetto che vi ha dato causa con
le istruzioni, e, inoltre, al committente, al caricatore e al proprietario delle
merci: questi ultimi, dunque, risponderanno per fatto proprio, in concorso con
il conducente.
Diversamente, se la copia del contratto, stipulato in forma scritta, non fosse a
bordo del veicolo, l'organo accertatore ne richiede la presentazione, unitamente
all'eventuale documentazione di accompagnamento; in caso di mancata esibizione
sono previste apposite sanzioni.
Infine, nel caso in cui il contratto sia stato stipulato oralmente, il
committente viene invitato a produrre la documentazione da cui risulti che le
istruzioni impartite al vettore non contrastano con il rispetto della norma che
il conducente ha violato.
L'elemento soggettivo richiesto per la configurabilità della responsabilità in
capo al vettore e al committente sarebbe, quindi, almeno la colpa: essi
rispondono, infatti, dell'infrazione commessa dal conducente solo se vi abbiano
cooperato, non predisponendo adeguate e vincolanti istruzioni di sicurezza.
Escluso, dunque, che la norma censurata preveda una forma di responsabilità
oggettiva, essa non contrasterebbe neppure con l'Accordo ADR, relativo al
trasporto internazionale di merci pericolose su strada. L'art. 168 cod. strada
si limiterebbe, infatti, a prevedere le sanzioni applicabili in caso di
inosservanza delle prescrizioni contenute in detto Accordo; quest'ultimo,
d'altro canto, al punto 1.4.2.1.3 dell'allegato A, stabilisce specificamente
che «quando lo speditore agisce per conto di un terzo, questi deve segnalare per
iscritto allo speditore che si tratta di merci pericolose e mettere a sua
disposizione tutte le informazioni e i documenti necessari all'esecuzione dei
suoi obblighi»: donde l'infondatezza dell'assunto del giudice a quo, secondo il
quale l'atto internazionale in parola non sarebbe riferibile al committente.
L'Avvocatura dello Stato ricorda, da ultimo, come la norma censurata riproduca
la disposizione contenuta nell'art. 121, nono comma, del previgente codice della
strada (d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393), come sostituito dall'art. 12 della legge
10 febbraio 1982, n. 38 (Modifiche ad alcuni articoli del codice della strada, e
della legge 27 novembre 1980, n. 815, riguardanti i pesi e le misure dei
veicoli): disposizione che questa Corte ha ritenuto non contrastante con l'art.
3 Cost., escludendo, in particolare, che essa configurasse «una sorta di
responsabilità oggettiva concorsuale» (ordinanza n. 3 del 1989). Alla luce di
una corretta esegesi della norma, condotta sulla base dei lavori parlamentari,
il conducente, il proprietario e il committente dovevano ritenersi, infatti,
gravati da autonomi obblighi di comportamento, consistenti segnatamente in un
dovere di vigilanza: con la
conseguenza che ciascuno di detti soggetti rispondeva per fatto proprio.
3. - Si è costituita la s.p.a. ####################, opponente nel giudizio a
quo.
Ribadita la rilevanza della questione, la parte privata ha chiesto che la stessa
venga accolta sulla base di argomentazioni del tutto analoghe a quelle svolte
nell'ordinanza di rimessione.
4. - È intervenuta, inoltre, la A.N.P.A.M. (Associazione Nazionale Produttori
Armi e Munizioni), ritenendosi a ciò legittimata - alla luce della
giurisprudenza costituzionale relativa all'ammissibilità dell'intervento di
soggetti investiti di funzioni di rappresentanza di interessi generali, quali
gli ordini professionali - in quanto chiamata a svolgere, ai sensi dell'art. 2
dello Statuto sociale, compiti di tutela delle imprese italiane produttrici di
armi, munizioni ed esplosivi per il mercato civile, nonché di rappresentanza
delle medesime nei rapporti con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni.
L'intervento sarebbe finalizzato, nella specie, a tutelare un interesse comune
delle imprese associate, le quali, nell'attività quotidiana, devono ricorrere al
trasporto di prodotti pericolosi.
L'interveniente ha, quindi, riproposto le considerazioni già svolte dalla s.p.a.
####################, concludendo per la declaratoria di incostituzionalità
della norma oggetto di giudizio.
5. - Con memorie depositate il 2 febbraio 2011, di contenuto sostanzialmente
identico, la s.p.a. #################### e la A.N.P.A.M. hanno insistito per
l'accoglimento della questione.
In particolare, hanno ribadito l'irragionevolezza dell'equiparazione del regime
sanzionatorio relativo al trasporto di merci pericolose a quello previsto per
l'eccesso di carico. Solo nel caso dell'eccesso di carico, sanzionato dall'art.
167 cod. strada, infatti, il committente esclusivo potrebbe trarre un ingiusto
vantaggio dalla violazione delle norme sulla circolazione, perché egli sarebbe
consapevole della quantità di carico eccedente la misura trasportabile; inoltre,
il solo comma 7 dell'art. 168 cod. strada sanziona l'eccesso di carico delle
merci pericolose, mentre le disposizioni contenute negli altri commi non
riguardano detta violazione.Motivi della decisione
1. - Il Giudice di pace di Verona dubita della legittimità costituzionale, in
riferimento agli artt. 3, 23, 27 e 117, primo comma, della Costituzione,
dell'art. 168, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada), che estende alle sanzioni amministrative per le violazioni
della «disciplina del trasporto su strada dei materiali pericolosi» la
previsione del precedente art. 167, comma 9, in forza della quale le sanzioni
si applicano «sia al conducente che al proprietario del veicolo, nonché al
committente, quando si tratta di trasporto eseguito per suo conto esclusivo».
Ad avviso del giudice a quo, la disposizione censurata violerebbe, anzitutto, i
principi di ragionevolezza e di personalità della responsabilità penale (artt. 3
e 27 Cost.), configurando in capo al proprietario del veicolo e al committente
una responsabilità per fatto altrui e a carattere oggettivo: detti soggetti
sarebbero, infatti, estranei alla violazione commessa ed esenti da ogni colpa,
perché privi della possibilità di effettuare controlli sulle modalità di
esercizio del trasporto. La natura autonoma, e non solidale, della
responsabilità comporterebbe, d'altro canto, che, nel caso di cumulo di più
qualità fra quelle contemplate dalla norma in capo allo stesso soggetto,
quest'ultimo, se pure responsabile, verrebbe sanzionato due volte per il
medesimo fatto.
Con l'assoggettare a sanzioni pecuniarie persone estranee all'illecito commesso,
la disposizione denunciata si porrebbe in contrasto anche con l'art. 23 Cost.,
oltrepassando i limiti del legittimo esercizio del potere dello Stato di imporre
prestazioni patrimoniali.
La norma censurata violerebbe l'art. 3 Cost. anche sotto due ulteriori e
distinti profili. In primo luogo, in quanto la responsabilità del committente è
prevista unicamente quando si tratti di trasporto eseguito «per suo conto
esclusivo»: previsione che risulterebbe irragionevole e foriera di una disparità
di trattamento fra situazioni uguali, giacché il committente non sarebbe
normalmente in grado di controllare se le proprie merci vengano trasportate da
sole o assieme a merci altrui, né usufruirebbe di un servizio diverso a seconda
della sua esclusività o meno.
In secondo luogo, in quanto l'estensione al trasporto di merci pericolose della
disciplina relativa al sovraccarico dei mezzi adibiti al trasporto di cose, alla
quale si riferisce il richiamato art. 167, comma 9, cod. strada, implicherebbe
una irrazionale equiparazione di situazioni differenti. In quest'ultimo caso,
il «committente esclusivo» sarebbe infatti a conoscenza della quantità di merce
trasportata e, quindi, dell'eccesso di carico del veicolo, dal quale potrebbe
trarre vantaggio in termini di risparmio di spesa. Al contrario, nel caso di
trasporto di merci pericolose, il committente non solo non sarebbe in grado di
controllare l'osservanza delle norme di sicurezza, ma verrebbe altresì
danneggiato dalla loro violazione, la quale metterebbe in pericolo i beni di sua
proprietà.
Il censurato art. 168, comma 10, cod. strad. violerebbe, ancora, l'art. 117,
primo comma, Cost., non tenendo conto della dettagliata ripartizione delle
responsabilità fra i vari soggetti coinvolti (speditore, trasportatore,
destinatario, caricatore, riempitore, imballatore) prefigurata dall'Accordo
europeo relativo al trasporto internazionale su strada delle merci pericolose
(ADR), adottato a Ginevra il 30 settembre 1957, ratificato e reso esecutivo in
Italia con legge 12 agosto 1962, n. 1839, e indi recepito anche in ambito
comunitario (in particolare, con la direttiva n. 94/55/CE, ora sostituita dalla
direttiva n. 2008/68/CE). Di qui anche un conclusivo profilo di violazione
dell'art. 3 Cost., connesso al fatto che l'art. 168 cod. strada, ai commi da 7
a 9-ter, delinea un sistema sanzionatorio volto proprio ad assicurare il
rispetto del citato Accordo ADR, con conseguente
incoerenza interna della normativa.
2. - In via preliminare, deve essere dichiarata l'inammissibilità
dell'intervento dell'A.N.P.A.M. (Associazione Nazionale Produttori Armi e
Munizioni).
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, non possono
partecipare al giudizio incidentale di legittimità costituzionale soggetti che
non siano parti in causa nel giudizio a quo al momento del deposito o della
lettura in dibattimento dell'ordinanza di rimessione (tra le ultime, sentenza n.
48 del 2010); principio ritenuto derogabile soltanto in favore di soggetti
titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto
sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni
altro, dalla norma oggetto di censura (ex plurimis, sentenze n. 263 e n. 151 del
2009; ordinanze n. 393 e n. 96 del 2008).
Nel caso in esame, l'A.N.P.A.M. si dichiara portatrice di un interesse a
carattere generale di tutte le imprese produttrici di armi, munizioni ed
esplosivi per il mercato civile, le quali, nella loro quotidiana attività,
devono inevitabilmente ricorrere al trasporto del prodotto pericoloso. La
posizione giuridica dell'A.N.P.A.M., quindi, non risulta suscettibile di essere
pregiudicata in modo immediato e irrimediabile dall'esito del giudizio
incidentale, dal momento che la categoria - di cui l'interveniente assume essere
ente esponenziale - potrebbe ricevere nocumento solo in via indiretta, allorché
ad uno dei produttori venissero irrogate le sanzioni previste nella richiamata
disposizione.
3. - Nel merito, la questione non è fondata, in relazione a tutti i parametri
invocati.
4. - Quanto alla prima censura, inerente all'asserita violazione dei principi di
ragionevolezza e di personalità della responsabilità penale (artt. 3 e 27
Cost.), è dirimente, a prescindere da ogni altro rilievo, la considerazione
che le doglianze del rimettente poggiano su un erroneo presupposto
interpretativo. Tale deve ritenersi l'assunto in forza del quale la norma
censurata configurerebbe, a carico del proprietario del veicolo e del
committente del trasporto, una responsabilità per fatto altrui e a carattere
oggettivo.
Questa Corte ha già avuto modo di escludere la correttezza di tale lettura,
pronunciando su questione parzialmente analoga avente ad oggetto l'art. 121,
nono comma, del codice della strada abrogato (d.P.R. 15 giugno 1959, n. 303,
recante il «Testo unico delle norme sulla circolazione stradale»), come
sostituito dall'art. 12 della legge 10 febbraio 1982, n. 38 (Modifiche ad alcuni
articoli del codice della strada, e della legge 27 novembre 1980, n. 815,
concernenti i pesi e le misure dei veicoli): norma di tenore identico a quello
del primo periodo dell'art. 167, comma 9, del vigente codice della strada, cui
la disposizione censurata rinvia (ordinanza n. 3 del 1989).
Nell'occasione, questa Corte ha disatteso la tesi secondo cui la disposizione
dianzi citata avrebbe delineato «una sorta di responsabilità oggettiva
concorsuale», rilevando come essa, al contrario, ponesse a carico dei soggetti
coinvolti - conducente, proprietario del veicolo e committente - «autonomi
obblighi di comportamento che si sostanziano [...] in un dovere di vigilanza,
quando sia escluso il concorso». Con la conseguenza che «i tre soggetti
rispondono ciascuno per fatto proprio, sicché la prova della responsabilità di
ognuno resta regolata dai principi generali». A sostegno della conclusione, si è
fatto leva, in particolare, sull'avvenuto superamento, a seguito dei rilievi
mossi nel corso dei lavori preparatori, dell'originaria impostazione della
proposta di legge n. 299, presentata alla Camera dei deputati il 10 luglio
1979, in forza della quale proprietario e
committente avrebbero dovuto rispondere delle violazioni «in solido» con il
conducente.
La circostanza - su cui lo stesso rimettente pone l'accento - che la
responsabilità prevista dalla norma censurata non abbia carattere solidale,
diversamente da quella sancita in via generale dall'art. 196 cod. strada a
carico del proprietario del veicolo, dimostra, in effetti, il contrario di
quello che il giudice a quo intenderebbe provare: e, cioè, che la responsabilità
in questione resta regolata dai principi generali in materia di sanzioni
amministrative e, in particolare, da quello della responsabilità almeno per
colpa, sancito dall'art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al
sistema penale); principi ai quali non consta che il legislatore abbia inteso
nella specie derogare.
Le indicazioni fornite da questa Corte sono state, d'altro canto, recepite dalla
giurisprudenza di legittimità sia con riguardo al citato art. 121, nono comma,
del codice della strada abrogato (Cass., 26 maggio 1995, n. 5854), sia in
relazione all'art. 167, comma 9, del codice della strada vigente, in cui esso è
stato trasfuso: essendosi ribadito, in specie, che tale disposizione pone a
carico del committente un obbligo, distinto da quello del conducente e del
proprietario, di vigilanza sull'idoneità del veicolo da utilizzare
all'esecuzione del trasporto, in relazione alle prescrizioni normative (Cass.,
29 novembre 2001, n. 15194).
Ad analoga conclusione deve quindi pervenirsi anche con riguardo al trasporto
dei materiali pericolosi, al quale dalla norma denunciata viene esteso il
regime di responsabilità in questione. Per il resto, sarà compito del giudice
verificare, in rapporto alle specificità delle singole violazioni che vengono in
rilievo - descritte dai commi da 7 a 9-ter dello stesso art. 168 cod. strada - e
tenuto conto della particolare regolamentazione della materia, se ed entro quali
limiti l'adempimento del predetto dovere di vigilanza possa considerarsi
concretamente esigibile, trattandosi di presupposto per la configurabilità della
colpa. Tutto ciò, indipendentemente dall'operatività della normativa, evocata
dall'Avvocatura generale dello Stato, di cui al d.lgs. 21 novembre 2005, n. 286
(Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione
regolata dell'esercizio
dell'attività di autotrasportatore) e dalla riferibilità, per quanto attiene
alla cosiddetta responsabilità condivisa del vettore, del committente, del
caricatore e del proprietario della merce, di detta disciplina anche alle
violazioni dell'art. 168 cod. strada, testualmente applicabile solo alle
violazioni dell'art. 167 cod. strada (art. 7, comma 6, lettera e, del citato
decreto legislativo).
5. - Quanto, poi, al denunciato rischio di una duplice punizione dello stesso
soggetto per il medesimo fatto, nel caso di cumulo di più qualifiche fra quelle
contemplate dalla norma (rischio che deriverebbe proprio dal carattere autonomo
delle singole responsabilità), vale osservare, da un lato, come l'eventualità
che il committente del trasporto sia anche il conducente o il proprietario del
veicolo per esso utilizzato appaia meramente teorica, e in fatto non ricorra nel
giudizio a quo; dall'altro, come il risultato paventato possa essere in ogni
caso evitato in via interpretativa - laddove la regola cautelare violata
risultasse unitaria - tramite l'applicazione del principio del ne bis in idem
sostanziale.
6. - Le considerazioni che precedono comportano anche l'insussistenza
dell'ipotizzata violazione dell'art. 23 Cost.: censura basata, peraltro, su un
argomento non pertinente rispetto al parametro, venendo il vulnus costituzionale
fatto discendere - non già dall'inosservanza della riserva di legge ivi sancita
- ma esclusivamente dalla circostanza che la norma in esame sottoponga a
sanzioni pecuniarie soggetti in tesi estranei all'illecito, e dunque dal
medesimo rilievo posto a fondamento della denunciata lesione del principio di
ragionevolezza.
7. - Per quanto attiene agli ulteriori profili di pretesa violazione dell'art. 3
Cost., parimenti insussistente è quello legato alla circostanza che il
committente sia chiamato a rispondere delle violazioni in discorso unicamente
«quando si tratta di trasporto eseguito per suo conto esclusivo».
La censura poggia, in effetti, sul presupposto che la formula «per suo conto
esclusivo» attenga alla merce caricata sul singolo veicolo, la quale dovrebbe
appartenere, in tesi, ad un unico committente affinché la responsabilità divenga
operante. Per converso, tanto nella terminologia del codice civile (si veda, in
specie, l'art. 1737, recante la definizione del contratto di spedizione), quanto
nell'ambito della disciplina speciale del trasporto (si consideri, in
particolare, la distinzione fra il trasporto «in conto proprio» e il trasporto
«per conto di terzi», quali definiti dagli artt. 31 e 40 della legge 6 giugno
1974, n. 298, recante «Istituzione dell'albo nazionale degli autotrasportatori
di cose per conto di terzi, disciplina degli autotrasporti di cose e istituzione
di un sistema di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada»)
l'espressione «per conto»
assume la valenza di «nell'interesse». In questa prospettiva, la nozione di
trasporto eseguito «per [...] conto esclusivo» del committente si contrappone,
non già a quella di trasporto eseguito a favore di più committenti, ma
all'altra di trasporto eseguito anche nell'interesse del trasportatore, e cioè
per soddisfare anche esigenze dell'impresa di quest'ultimo.
Tale lettura esclude le incongruenze denunciate dal giudice a quo, essendo la
situazione appena sopra indicata, da un lato, agevolmente verificabile dal
committente nella generalità dei casi, e, dall'altro, atta a determinare una
differenziazione non irragionevolmente valorizzabile dal legislatore ai fini che
qui rilevano.
8. - Contrariamente a quanto assume il rimettente, il principio di eguaglianza
non può ritenersi violato neppure dalla avvenuta equiparazione, sotto l'aspetto
considerato, delle violazioni relative al trasporto di materiali pericolosi,
sanzionate dall'art. 168 cod. strada, a quelle concernenti il sovraccarico dei
veicoli, di cui al precedente art. 167 (il quale punisce, in realtà, anche
violazioni di altro tipo, attinenti ai limiti alla circolazione dei veicoli che
effettuano trasporti in condizioni di eccezionalità: art. 167, commi 4 e 7, cod.
strada).
Le fattispecie poste a confronto non presentano, infatti, gli elementi
differenziali che, ad avviso del giudice a quo, renderebbero irragionevole detto
allineamento.
Quanto alla culpa in vigilando del committente - ipotizzabile, secondo il
rimettente, solo in rapporto all'eccesso di carico - si è già rimarcato come la
sua configurabilità in concreto condizioni, in base ai principi generali, la
responsabilità di detto soggetto anche in rapporto alle infrazioni alla
disciplina del trasporto di materiali pericolosi (infrazioni tra le quali
rientra, peraltro, anche il sovraccarico del veicolo: art. 168, comma 7, cod.
strada).
Inoltre, non diversamente dalle restanti violazioni delle regole cautelari
attinenti al trasporto di materiali pericolosi, anche l'eccessivo carico del
mezzo di trasporto, rendendone meno sicura la circolazione, ingenera il rischio
della perdita o del danneggiamento della merce: sicché non è condivisibile
nemmeno l'altro argomento del giudice a quo, secondo il quale il committente
trarrebbe vantaggio dagli illeciti amministrativi previsti dall'art. 167 cod.
strada, mentre potrebbe essere soltanto danneggiato da quelli contemplati
nell'articolo che segue.
9. - Parimenti infondata, infine, è la censura di violazione degli artt. 117,
primo comma, e 3 Cost., conseguente all'asserita non conformità della norma
censurata alle previsioni dell'Accordo europeo relativo al trasporto
internazionale su strada di merci pericolose (ADR).
Al riguardo, va rilevato che il comma 2 dell'art. 168 cod. strada rinvia
specificamente agli allegati a detto Accordo per la disciplina della
circolazione dei veicoli che trasportano merci pericolose, nonché «per le
prescrizioni relative all'etichettaggio, all'imballaggio, al carico, allo
scarico ed allo stivaggio sui veicoli stradali». In tal modo, le prescrizioni
contenute negli allegati all'Accordo ADR vengono ad integrare - anche per quanto
attiene alla determinazione degli obblighi gravanti sui diversi soggetti
coinvolti nelle operazioni - la componente precettiva degli illeciti
amministrativi previsti dai commi 9, 9-bis e 9-ter dello stesso art. 168 cod.
strada, i quali sanzionano specificamente le violazioni del citato comma 2: il
che assicura la piena aderenza della disciplina interna all'atto internazionale
di cui si tratta.
Il richiamo all'art. 167, comma 9, operato dal censurato comma 10 dell'art. 168
cod. strada, ha, a sua volta, una valenza estensiva, e non già delimitativa
dell'area della responsabilità (basti considerare, al riguardo, l'esplicito
riferimento del comma 9, secondo periodo, dell'art. 168 cod. strada alla
responsabilità del «trasportatore», in contrapposizione a quella del conducente:
soggetto - il trasportatore - contemplato dall'Accordo ADR, e non pure
dall'art. 167, comma 9, cod. strada).
Detta estensione non può reputarsi, d'altra parte, contrastante con l'Accordo,
il cui art. 5 stabilisce espressamente che i trasporti da esso regolati restano
soggetti alle norme nazionali riguardanti, in via generale, la circolazione
stradale: norme che, per quanto qui rileva, prevedono, come principio di
massima, la corresponsabilizzazione del proprietario del veicolo e del
committente per le violazioni relative ai trasporti di cose, come emerge non
soltanto dall'art. 167, comma 9, ma anche dall'art. 10, comma 23, cod. strada,
con particolare riguardo ai trasporti eccezionali o in condizioni di
eccezionalità.
Inoltre, l'allegato A all'Accordo, se da un lato contempla uno specifico dovere
di cooperazione del terzo nell'esecuzione del trasporto, il quale deve
segnalare per iscritto allo speditore che si tratta di merci pericolose e
mettere a sua disposizione tutte le informazioni e i documenti necessari
all'esecuzione dei suoi obblighi (punto 1.4.2.); dall'altro, fornisce
un'indicazione dichiaratamente non esaustiva degli obblighi degli altri
«operatori» (punto 1.4.3), consentendo, in tal modo, ai singoli Stati di
ampliarne l'area.
10. - La questione sollevata va, in conclusione, dichiarata non fondata.P.Q.M.
La Corte costituzionale
dichiara inammissibile l'intervento della A.N.P.A.M. (Associazione Nazionale
Produttori Armi e Munizioni);
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 168,
comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 23, 27 e 117, primo comma,
della Costituzione, dal Giudice di pace di Verona con l'ordinanza indicata in
epigrafe.