Regeni: un amico, la polizia cercava Giulio da fine dicembre
Su Repubblica la testimonianza agli investigatori italiani
(ANSA) - ROMA, 9 MAR - La polizia del Cairo conosceva Giulio
Regeni, e lo cercò nella sua abitazione di Dokki senza trovarlo
alla fine del dicembre scorso. La circostanza, ufficialmente
smentita nei verbali di interrogatorio dei condomini del
palazzo, é confermata da due diverse nuove fonti a Repubblica,
che pubblica anche le dichiarazioni rese in una testimonianza
agli investigatori italiani da un amico di Regeni.
"L' 11 dicembre eravamo insieme in una sala con un centinaio
di persone. L' assemblea era stata convocata da una Ong che si
occupa di diritti dei lavoratori per riunire il fronte dei
sindacati indipendenti", ha raccontato l' amico di Regeni ai
nostri investigatori. "Non si trattava di una riunione
particolarmente a rischio. Anzi. La notizia era circolata anche
sulla stampa nei giorni precedenti, ed erano presenti anche
diversi giornalisti. Una cosa però ci inquietò. Giulio si
accorse che durante la riunione era stato fotografato da una
ragazza egiziana, con un telefonino. Pochi scatti. Strano. Ne
parlammo a lungo. Una delle possibilità é che fossero presenti
informatori delle forze di sicurezza".
Due settimane dopo, secondo le fonti, la polizia cercò Regeni
nella sua abitazione senza trovarlo, in un caso minacciando la
perquisizione. Come spiega l' amico del ricercatore italiano, "il
giorno della scomparsa di Giulio era il 25 gennaio, anniversario
di piazza Tahrir, bastava uscire di casa per incappare in un
controllo. Nelle settimane precedenti c' era stato un clima di
tensione e paranoia fortissimo, non solo nei confronti degli
attivisti. C' erano stati controlli a tappeto negli appartamenti
abitati da stranieri. Nel clima di paranoia e xenofobia é
possibile che alcuni corpi, reparti, gruppi, abbiano scambiato
Giulio, il suo lavoro, chissà per cosa. A volte basta essere
stranieri e parlare arabo per destare sospetti".
L' amico, insieme ad altre persone vicine a Regeni, fu
convocato la sera del 3 febbraio nella stazione di polizia di
Dokki, all' insaputa dell' ambasciata. "Seppi quella sera della
morte di Giulio. Me lo comunicarono nella sala d' attesa del
commissariato", ha raccontato. "Mi avevano convocato ' per farmi
alcune domande'. Mi interrogarono in sei, forse sette. Non
c' erano magistrati. Cominciarono a chiedermi di Giulio, dei suoi
studi, delle sue relazioni al di fuori della ragazza con cui
stava, se facesse uso di sostanze stupefacenti".
(ANSA).
Y89-PNZ
09-MAR-16 10: 23 NNN
(ANSA) - ROMA, 9 MAR - La polizia del Cairo conosceva Giulio
Regeni, e lo cercò nella sua abitazione di Dokki senza trovarlo
alla fine del dicembre scorso. La circostanza, ufficialmente
smentita nei verbali di interrogatorio dei condomini del
palazzo, é confermata da due diverse nuove fonti a Repubblica,
che pubblica anche le dichiarazioni rese in una testimonianza
agli investigatori italiani da un amico di Regeni.
"L' 11 dicembre eravamo insieme in una sala con un centinaio
di persone. L' assemblea era stata convocata da una Ong che si
occupa di diritti dei lavoratori per riunire il fronte dei
sindacati indipendenti", ha raccontato l' amico di Regeni ai
nostri investigatori. "Non si trattava di una riunione
particolarmente a rischio. Anzi. La notizia era circolata anche
sulla stampa nei giorni precedenti, ed erano presenti anche
diversi giornalisti. Una cosa però ci inquietò. Giulio si
accorse che durante la riunione era stato fotografato da una
ragazza egiziana, con un telefonino. Pochi scatti. Strano. Ne
parlammo a lungo. Una delle possibilità é che fossero presenti
informatori delle forze di sicurezza".
Due settimane dopo, secondo le fonti, la polizia cercò Regeni
nella sua abitazione senza trovarlo, in un caso minacciando la
perquisizione. Come spiega l' amico del ricercatore italiano, "il
giorno della scomparsa di Giulio era il 25 gennaio, anniversario
di piazza Tahrir, bastava uscire di casa per incappare in un
controllo. Nelle settimane precedenti c' era stato un clima di
tensione e paranoia fortissimo, non solo nei confronti degli
attivisti. C' erano stati controlli a tappeto negli appartamenti
abitati da stranieri. Nel clima di paranoia e xenofobia é
possibile che alcuni corpi, reparti, gruppi, abbiano scambiato
Giulio, il suo lavoro, chissà per cosa. A volte basta essere
stranieri e parlare arabo per destare sospetti".
L' amico, insieme ad altre persone vicine a Regeni, fu
convocato la sera del 3 febbraio nella stazione di polizia di
Dokki, all' insaputa dell' ambasciata. "Seppi quella sera della
morte di Giulio. Me lo comunicarono nella sala d' attesa del
commissariato", ha raccontato. "Mi avevano convocato ' per farmi
alcune domande'. Mi interrogarono in sei, forse sette. Non
c' erano magistrati. Cominciarono a chiedermi di Giulio, dei suoi
studi, delle sue relazioni al di fuori della ragazza con cui
stava, se facesse uso di sostanze stupefacenti".
(ANSA).
Y89-PNZ
09-MAR-16 10: 23 NNN
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