LA CONFERENZA UNIFICATA
Nell'odierna seduta del 27 luglio 2017;
Visto l'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e, in
particolare, il comma 2, lettera c), in base al quale questa
Conferenza promuove e sancisce accordi tra Governo, Regioni,
Province, Comuni e Comunita' montane, al fine di coordinare
l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione
attivita' di interesse comune;
Visto l'art. 2, comma 283, della legge 24 dicembre 2007, n. 244
(Finanziaria 2008), il quale prevede che, al fine di dare completa
attuazione al riordino della medicina penitenziaria, comprensivo
dell'assistenza sanitaria negli Istituti penali minorili, nei centri
di prima accoglienza, nelle comunita' e degli ospedali psichiatrici
giudiziari, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro della salute e del Ministro della giustizia, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il
Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica
amministrazione, di intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono
definite le modalita' ed i criteri per il trasferimento dal
Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento
della giustizia minorile del Ministero della giustizia al Servizio
sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro,
delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali, in
materia di sanita' penitenziaria;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1°
aprile 2008, emanato in attuazione del menzionato art. 2, comma 283,
della legge n. 244 del 2007, recante «Modalita' e criteri per il
trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni
sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle
attrezzature e beni strumentali in materia di sanita' penitenziaria»;
Considerato che questa Conferenza, nella seduta del 31 luglio 2008,
ha deliberato (rep. atti n. 81/CU) la costituzione del «Tavolo di
consultazione permanente sulla sanita' penitenziaria» (di seguito:
«il Tavolo») di cui all'Allegato A del predetto decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, tra i cui
compiti e' previsto anche l'espletamento dell'attivita' istruttoria
dei provvedimenti, da sottoporre all'esame di questa medesima
Conferenza, attuativi del piu' volte citato decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008;
Considerato, inoltre, che al Tavolo e' demandato, in particolare,
il compito di predisporre indirizzi per favorire la realizzazione di
programmi di interventi nelle realta' territoriali nei confronti dei
detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento
penale e quello di definire strumenti volti a favorire il
coordinamento fra le Regioni, Provveditorati regionali
dell'Amministrazione penitenziaria e Centri della giustizia minorile;
Considerato che l'Allegato A al citato decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 recante «Linee di indirizzo per
gli interventi del Servizio sanitario nazionale a tutela della salute
dei detenuti e degli internati negli Istituti penitenziari e dei
minorenni sottoposti a provvedimento penale» riserva, in particolare,
una specifica attenzione alla tematica della presa in carico dei
nuovi giunti e della prevenzione del rischio suicidario;
Visto l'Accordo, ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, sul documento proposto dal Tavolo recante «Linee
di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei
detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento
penale» (rep. atti n. 5/CU del 19 gennaio 2012);
Considerata la necessita' di superare la fase di sperimentazione
prevista dal suddetto Accordo e di aggiornarne e ampliarne i
contenuti, allo scopo di costituire una rete integrata di interventi
tra il livello nazionale, il livello regionale ed il livello locale
delle attivita' di prevenzione del rischio suicidario per i detenuti
adulti;
Considerata la necessita' di formulare un apposito documento
relativo all'area della giustizia minorile, attese le peculiarita'
che caratterizzano i comportamenti autolesivi dei minori, che
richiedono programmazioni mirate;
Vista la lettera pervenuta in data 4 ottobre 2016 e trasmessa in
pari data a tutti in componenti del Tavolo, con la quale il Ministero
della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria -
ha proposto all'esame del Tavolo medesimo una bozza del documento
indicato in oggetto;
Considerato che, nel corso delle riunioni del Tavolo, svoltesi il
18 e il 21 novembre 2016, si e' discussa la bozza citata ritenendo
che, ai fini della proficua conduzione dei lavori e la successiva
definizione della stessa, fosse necessario procedere con una
modalita' partecipata e condivisa delle Regioni e delle
Amministrazioni centrali;
Vista la nota del 6 marzo 2017, con la quale il Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria ha richiesto la convocazione del
Tavolo per la ripresa delle attivita' concernenti la bozza di
documento in oggetto;
Vista la nota in data 20 aprile 2017 dell'Ufficio di segreteria di
questa Conferenza, con cui sono stati convocati congiuntamente il
Tavolo e il Comitato paritetico interistituzionale (di seguito: «Il
Comitato») per il 27 aprile 2017;
Considerato che, nel corso di detta riunione, si e' costituito il
sottogruppo di lavoro ad hoc dedicato alla definizione del Piano e si
e' stabilito di concludere i lavori entro il mese di giugno 2017 al
fine di pervenire ad un Accordo sul documento in sede di Conferenza
Unificata entro il mese di luglio 2017;
Tenuto conto che nelle riunioni congiunte del Tavolo e del Comitato
tenutesi il 12 e il 26 giugno 2017 il sottogruppo ha dato conto dello
stato dell'arte dei lavori e che il Tavolo ha unanimemente condiviso
il lavoro svolto;
Visto il documento trasmesso dal sottogruppo in data 7 luglio 2017
dal Coordinamento regionale sanita' penitenziaria all'Ufficio di
segreteria della Conferenza Unificata, diramato in data 8 luglio 2017
ai componenti del Tavolo e del Comitato unitamente alla convocazione
dei citati organismi per il giorno 19 luglio 2017;
Considerato che nel corso della riunione del 19 luglio 2017, il
Tavolo ha approvato la versione definitiva del documento in parola,
Allegato sub A, parte integrante del presente atto, che e' stata
diramata alle Amministrazioni centrali interessate, alle Regioni e
Province autonome ed alle Autonomie locali con lettera in data 21
luglio 2017;
Acquisito, nel corso dell'odierna seduta di questa Conferenza,
l'assenso del Governo, delle Regioni e delle Province autonome di
Trento e Bolzano e delle Autonomie locali;
Il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e
gli Enti locali,
Convengono quanto segue
1. di adottare il «Piano nazionale per la prevenzione delle
condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti» Allegato
sub A, parte integrante del presente atto;
2. che dall'applicazione del presente Piano non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Roma, 27 luglio 2017
Il presidente: Bressa
Allegato A
Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie
nel Sistema penitenziario per adulti
Premessa.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1°
aprile 2008 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 maggio 2008, n.
126) disciplina «le modalita', i criteri e le procedure per il
trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni
sanitarie, delle risorse finanziarie, dei rapporti di lavoro, delle
attrezzature, arredi e beni strumentali relativi alla sanita'
penitenziaria». I relativi Allegati A e C definiscono nel dettaglio
le azioni necessarie a realizzare, rispettivamente, la presa in
carico sanitaria negli istituti penitenziari e il superamento degli
Ospedali psichiatrici giudiziari. Nell'Allegato A, in particolare,
viene riservata un'attenzione specifica al tema della presa in carico
dei nuovi giunti e della prevenzione del rischio suicidario.
Prevenire il rischio di suicidi in ambito carcerario, cosi' come
presso le strutture minorili, e' un obiettivo condiviso tanto dalla
Amministrazione della Giustizia quanto dalla Amministrazione della
Salute, ed e' caratterizzato dalla scelta di metodologie di lavoro
con caratteristiche di innovativita', comune perseguimento degli
obiettivi ed integrazione delle reciproche competenze.
La stessa normativa di riforma della sanita' penitenziaria
prevede espressamente che i presidi sanitari presenti in ogni
istituto penitenziario e servizio minorile debbano adottare procedure
di accoglienza che consentano di attenuare gli effetti potenzialmente
traumatici della privazione della liberta' e mettere in atto gli
interventi necessari a prevenire atti di autolesionismo.
La Conferenza Unificata nella seduta del 19 gennaio 2012 ha
sancito l'Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome
di Trento e Bolzano sul documento recante «Linee di indirizzo per la
riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli
internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale»
(Repertorio Atti n.: 5/CU del 19 gennaio 2012; Allegato A) che,
concretamente, ha richiesto la definizione di specifici indirizzi
operativi da sperimentare in ogni Regione e PP.AA., in almeno un
Istituto Penitenziario per adulti e uno per minorenni.
E' in questo contesto che si puo' sinteticamente individuare la
ratio delle implementazioni, successivamente realizzate dalle Regioni
e dalle PP.AA., dell'intera attivita' di sperimentazione collegata
alle Linee di indirizzo suddette.
Le attivita' sono state oggetto di specifici monitoraggi -
realizzati sia dalle singole Amministrazioni coinvolte nel processo
che dal Tavolo di consultazione permanente per la sanita'
penitenziaria, istituito fin dal 2009 presso la Conferenza Unificata
- che hanno evidenziato come nella maggior parte del territorio gli
interventi avviati siano stati focalizzati sull'effettuazione di una
rilevazione personalizzata, innanzitutto a ridosso dell'ingresso
nell'istituzione, dei fattori di rischio e di protezione e sulla
predisposizione di interventi integrati di prevenzione, supporto e
trattamento, regolamentati da protocolli operativi riferiti ai
diversi ambiti locali (Regione, Azienda Sanitaria, Amministrazione
Penitenziaria regionale o singolo Istituto Penitenziario).
Tale monitoraggio ha altresi' evidenziato numerose criticita',
prevalentemente connesse a impostazioni teoriche talora non
appropriate, incostanza nella implementazione delle attivita', rigida
separazione delle competenze ed assenza di idonei monitoraggi o
difficolta' nella loro realizzazione.
Sulla base delle rilevazioni analitiche cosi' rese disponibili,
e' risultato necessario e possibile procedere al presente
aggiornamento degli indirizzi precedentemente definiti, configurabile
come un vero e proprio Piano nazionale di intervento, finalizzato a
realizzare in tutti gli Istituti Penitenziari attivita' che, con
continuita' ed uniformita', posseggano le seguenti essenziali
caratteristiche:
piena condivisione del complesso degli interventi da parte del
Servizio Sanitario Nazionale e dell'Amministrazione della Giustizia,
coerente con l'evidenza che i comportamenti e le scelte autolesive e
suicidarie sono prevalentemente da inquadrare come eventi derivanti
dalle comuni condizioni di vita e non necessariamente da condizioni
di patologia, rispetto ai quali le predette Amministrazioni
concorrono in tutte le fasi degli interventi per le rispettiva
competenze;
implementazione di definite e dedicate organizzazioni funzionali
a livello centrale, regionale e locale, costantemente integrate nelle
professionalita' e negli obiettivi;
regolare monitoraggio degli interventi (in particolare sul piano
della valutazione di processo) e degli esiti, condiviso e aggregabile
a livello regionale e centrale, con miglioramento della qualita' dei
dati, con preferenziale modalita' di rilevazione basata su di un
sistema informativo informatizzato concordato dalle due parti
sanitaria e penitenziaria e dotato di un buon livello di
specificita'; il tutto per consentire tra l'altro un'appropriata
definizione di caso e un'adeguata differenziazione tra gli eventi
critici;
definizione di caso opportunamente condivisa e idonea a
soddisfare adeguatamente i criteri di riferimento dei diversi attori
interessati all'analisi e alla gestione del fenomeno suicidio, con
particolare riferimento alla separazione dei comportamenti e delle
scelte autolesive da quelle suicidarie, in quanto prevalentemente si
tratta di fenomeni diversi tra loro e non necessariamente collegati o
collegabili;
costante definizione e aggiornamento di protocolli operativi
locali, tra il singolo Istituto Penitenziario e la competente Azienda
Sanitaria;
esclusione di ogni forma di iniziale, prevalente e/o non mediato
coinvolgimento dei servizi sanitari specialistici della salute
mentale nelle attivita', al fine di prevenire il frequente rischio di
erronea riconduzione - interpretativa e operativa - dei comportamenti
e delle scelte autolesive e suicidarie nell'ambito di condizioni
patologiche psichiatriche.
Resta inteso che ogni azione prevista dal Piano viene espletata
nel pieno rispetto delle normative che tutelano la privacy
dell'individuo (Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196).
Il presente Piano e' focalizzato esclusivamente sulla prevenzione
delle condotte suicidarie in ambito penitenziario adulto, essendo
stata condivisa la necessita' di formulare un ulteriore autonomo
documento relativo all'area della giustizia minorile, dal momento che
sono ampiamente riconosciute le peculiarita' che caratterizzano i
comportamenti autolesivi dei minori, che richiedono quindi
programmazioni mirate. Diversamente, la previsione della specifica
formazione del personale dell'area della giustizia minorile dovra'
essere ricompresa nelle programmazioni di cui al paragrafo § 5 del
presente documento.
Titolo I
Inquadramento generale
§ 1. L'architettura organizzativa del Piano Nazionale di Prevenzione
Il modello organizzativo che qui di seguito si prospetta prevede
tre livelli in cui sono rappresentate costantemente le istituzioni
sanitarie e penitenziarie.
Il livello centrale e' costituito dal Tavolo di Consultazione
Permanente per la sanita' penitenziaria (TCPSP) la cui composizione
e' definita nell'Accordo approvato dalla Conferenza Unificata il 31
luglio 2008. Ad esso viene affidato il compito di elaborare ed
aggiornare il Piano Nazionale per la Prevenzione delle Condotte
Suicidarie nel Sistema Penitenziario per Adulti, generare una rete
diffusa di referenti sul territorio nazionale, raccogliere e
sistematizzare le buone prassi, stimolare ed indirizzare la
formazione dei referenti regionali e monitorare l'andamento delle
attivita' di prevenzione, in modo da produrre analisi utili per
l'orientamento delle azioni preventive.
Il livello regionale comprende gli Osservatori Regionali
Permanenti di Sanita' Penitenziaria (che devono integrare, laddove
non gia' realizzato, in conformita' alle indicazioni del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, componenti del
PRAP e dei Servizi Sanitari regionali competenti), con il supporto di
ulteriori Articolazioni regionali eventualmente presenti. Ad esso
viene affidato il compito di individuare il nucleo di referenti
regionali, di elaborare in uno specifico Piano Regionale per la
prevenzione delle Condotte Suicidarie le linee di indirizzo regionali
utili per rendere operativi quelli locali in modo omogeneo, tenendo
conto del presente Piano Nazionale al fine di seguire e verificare la
redazione e l'aggiornamento dei Piani Operativi Locali di
prevenzione, garantire la formazione degli operatori locali, nonche'
diffondere a livello centrale le buone prassi individuate. Esso segue
e verifica la redazione e l'aggiornamento periodico dei Protocolli
Operativi Locali di prevenzione, gestisce la formazione degli
operatori locali, pianifica ed organizza le attivita' di audit
clinico, raccoglie le prassi ritenute piu' interessanti da inviare al
livello centrale. Svolge o delega le azioni conoscitive e le
inchieste amministrative ritenute opportune e/o dovute, in funzione
delle specifiche competenze di ciascuna Amministrazione.
Il livello locale nasce dall'attivita' congiunta delle Direzioni
di ciascun Istituto Penitenziario e delle Aziende Sanitarie
territorialmente competenti. Ad esso viene chiesto di redigere,
aggiornare, declinare, implementare e monitorare - conformemente alle
direttive del livello centrale e regionale - il Piano Locale di
Prevenzione (PLP), che ha natura spiccatamente tecnico-operativa e
viene inserito nell'ambito del progetto d'Istituto. Ciascuna delle
Amministrazioni coinvolte assicura il perseguimento di tali finalita'
integrandole nelle attribuzioni gia' previste per i responsabili
delle attivita' di propria competenza o individuando un referente
specifico del PLP. Il livello locale ha inoltre il compito di
facilitare/assicurare la formazione del personale operante, elaborare
protocolli operativi clinici e di pronto intervento coerenti con il
PLP, raccogliere ed inviare ai livelli regionali i dati e le prassi
locali ritenute piu' efficaci.
In estrema sintesi potremmo configurare l'implementazione
dell'architettura organizzativa del Piano come nella tavola sinottica
di seguito riportata, che incrocia il livello competente con le varie
azioni che costituiscono il piano di prevenzione.
Parte di provvedimento in formato grafico
§ 2. Le azioni
Di seguito vengono declinate le indicazioni vincolanti per le
varie articolazioni, che dovranno svilupparle nei propri protocolli e
nelle proprie azioni. La descrizione di tali azioni segue un ordine
logico - temporale progressivo.
§ 2.1. Costituzione della rete
Il Piano Nazionale non puo' prescindere dall'attivazione,
innanzitutto, di una rete di referenti che lo sostenga. In tal senso
la prima azione da porre in essere e' formalizzare i vari gruppi, che
ai livelli regionali e locali e nella logica precedentemente
indicata, si occuperanno dell'implementazione dei programmi.
Sara' cura dei livelli regionali trasmettere al Tavolo di
Consultazione Permanente gli atti da cui desumere la costituzione
formale della rete, nonche' i componenti che di essa fanno parte e le
eventuali modifiche che nel corso del tempo verranno a determinarsi.
§ 2.2. Elaborazione dei Piani Regionali e Locali di Prevenzione -
Considerazioni generali
In coerenza con il presente Piano le Regioni formulano o rivedono
e, ove necessario adeguano, i protocolli pertinenti gia' redatti tra
le rispettive parti. Tali Protocolli regionali dovranno fornire le
indicazioni piu' utili ai livelli locali, prendendo necessariamente
in considerazione e prevedendo tutti i punti indicati nelle Linee
Guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanita' (1) (che verranno
trattati dettagliatamente nel paragrafo § 3).
La revisione/redazione dei protocolli locali dovra' essere
improntata alla massima condivisione e concretezza tra le parti
interessate.
Metodologicamente si indicano le tre aree operative che devono
ricomprendere l'opera di tutte le componenti professionali,
volontarie e detenute. Ad ognuna di queste aree e' assegnato uno o
piu' dei seguenti compiti:
Attenzione;
Decisione;
Sostegno.
Area dell'attenzione e del sostegno tecnico - clinico
Vi afferiscono tutte quelle figure clinico - professionali che
operano quotidianamente e che possono cogliere sintomi e/o richieste
di attenzione e di cura nel corso di visite, colloqui, distribuzione
di terapie. Tale ambito si compone di medici, infermieri, psicologi
che possono, in questi casi, dare corso ad un primo sostegno e alla
segnalazione del caso.
Area dell'attenzione e del sostegno tecnico
In questo caso ci si riferisce specificatamente alla figura del
funzionario giuridico pedagogico che, seppur non dotato di competenza
clinica, nell'ambito delle sue incombenze puo' individuare situazioni
personali di fragilita' e difficolta', comunicarla e dare corso ad un
primo sostegno.
Area dell'attenzione atecnica
E' la parte numericamente piu' consistente della rete. Se tutte
le altre figure citate possono venire in contatto con situazioni di
rischio nel corso delle loro attivita' professionali (colloqui,
visite, ecc.) quelle che compongono quest'area svolgono un presidio,
o comunque hanno una presenza, costante dei settori detentivi e
possono, quindi, agire un'attenzione diffusa e capillare. Ci si
riferisce al personale di polizia penitenziaria e agli stessi
compagni di detenzione. Un'ulteriore rete, sicuramente non di minore
importanza, e' rappresentata dai volontari penitenziari che possono
intercettare casi di fragilita' e interfacciarsi sia con i sanitari
che con gli operatori penitenziari per segnalare le situazioni di
vulnerabilita' sociale. E' necessario, sin da subito, sgombrare il
campo da eventuali equivoci. Trattandosi di figure non dotate di
competenze specifiche, ad essi non potranno essere assegnati compiti
tecnici di natura clinica, e nel caso dei detenuti, il loro impegno
non potra' in nessun modo essere considerato sostitutivo
dell'attivita' istituzionale e ancor di piu' potenzialmente
costitutivo di potenziali responsabilita'. Nondimeno, e' da ritenersi
essenziale la possibilita' di sviluppare nel personale, nei volontari
e nei detenuti una sensibilita' finalizzata a cogliere segnali di
disagio e generare soluzioni che limitino la possibilita' che i loro
portatori rimangano senza una rete di attenzione.
Area della decisione
E' costituita dal Direttore dell'istituto ma anche da chi, nel
particolare momento della decisione, in assenza delle figure apicali,
svolge le funzioni di governo quali, ad esempio, il Comandante del
reparto o gli Addetti alla c.d. Sorveglianza Generale. A queste
figure spettano le decisioni operative in ragione degli elementi di
conoscenza che, nell'immediatezza dei fatti, la rete di attenzione
gli sottopone.
L'elaborazione dei Piani Regionali e Locali di Prevenzione
costituisce il nucleo centrale del Piano Nazionale di prevenzione. E'
forte la convinzione che il livello centrale non possa impartire
direttive di dettaglio, in ragione della naturale diversita' tra le
varie realta' locali in termini di strutture, scelte operative,
contesto, risorse e opportunita' a disposizione. Nondimeno e'
sicuramente possibile indirizzare l'operato di tutte le realta'
fornendo loro conoscenze, spunti di riflessione, indicazioni e
direttive che aiutino l'elaborazione regionale e locale attraverso la
declinazione delle prime con riferimento alle dovute differenziazioni
gia' dette.
E' questo il senso del presente Piano che si ispira alle
indicazioni elaborate dall'O.M.S. e ad alcuni specifici studi
condotti in Italia.
Pertanto, sulla base di questi ultimi, i livelli regionali e
locali elaboreranno i propri Piani ricercando, rispettivamente, gli
accordi generali e le soluzioni localmente praticabili. Come
accennato, l'approccio che pare piu' opportuno fa riferimento alla
necessita' di coinvolgere tutti gli attori del sistema penitenziario
e sanitario, compresa la componente detenuta, al fine di attivare una
rete di attenzione la piu' possibile estesa e capillare, che consenta
di rilevare eventuali segnali di disagio e sofferenza emotiva, in
correlazione con un rischio suicidario. Colte queste necessita', si
trattera' di prevedere le modalita' con le quali segnalarle a quelle
componenti specialistiche che possono adeguatamente predisporre gli
interventi piu' opportuni.
E' fondamentale, quindi, promuovere il modello di lavoro
interdisciplinare tra le diverse aree di intervento, penitenziario e
sanitario, per intercettare e trattare in modo coordinato, celere,
adeguato e continuo, i frangenti di criticita' dei detenuti.
Titolo II
Gli elementi essenziali dei Piani di prevenzione
§ 3. Elaborazione dei Piani Regionali e Locali di Prevenzione
Gli elementi essenziali da considerare ed a partire dai quali
elaborare i suddetti Protocolli, sono i seguenti:
§ 3.1. La declinazione operativa delle azioni
I Piani Regionali devono obbligatoriamente prevedere che tutte le
strutture penitenziarie di loro competenza si dotino di un Piano
Locale e che tale documento costituisca la declinazione operativa dei
Piani e degli accordi adottati, in linea con le indicazioni
dell'O.M.S., a livello sovraordinato.
§ 3.2. La rilevazione del rischio
La valutazione del rischio all'ingresso e' da predisporre sia
all'arrivo presso l'Istituto, che ogni qualvolta cambino le
condizioni della detenzione. Per essere efficace, inoltre, deve
avvalersi di valutazioni regolari nel tempo, per l'intera durata
della detenzione. Gli operatori dell'Amministrazione penitenziaria in
collaborazione con gli operatori del SSR proseguono, successivamente
alla valutazione iniziale, con una precisa osservazione ed un
regolare follow up.
L'accertamento all'ingresso deve essere svolto da personale
sanitario nel piu' breve tempo possibile e comunque non oltre le
prime ore dall'ingresso.
Il personale penitenziario e sanitario che gestisce i primi
momenti della vicenda detentiva, al momento dell'ingresso, si
interessa di rilevare e riportare le informazioni inerenti alle
condizioni complessive del detenuto con l'obiettivo prioritario di
intercettare eventuali manifestazioni di volonta' suicidarie.
Quanto sopra, operativamente si traduce nella valutazione di una
serie di fattori, a partire da quelli ampiamente analizzati e
documentati dall'O.M.S., che debbono essere strutturati all'interno
di uno specifico strumento che consenta di approfondire la conoscenza
del detenuto, valutando l'integrazione e l'implementazione di
strumenti eventualmente gia' adottati a livello regionale e/o locale.
La redazione di uno strumento cosi' concepito e strutturato, deve
essere intesa come documento personalizzato ed individualizzato per
ogni detenuto, la cui eventuale archiviazione deve essere codificata
e anonimizzata.
Tale strumento, una volta aperto all'ingresso, dovra' diventare
un «diario personale» costantemente aggiornato.
Resta prioritario pertanto, sempre come specificato dall'OMS,
favorire e non tralasciare la comunicazione tra il personale tutto,
coadiuvata dallo svolgimento di assidue riunioni d'equipe, al fine di
parlare regolarmente del detenuto che abbia dato segni di rischio e
stabilire in maniera congiunta le specifiche azioni da intraprendere.
Tutti gli aspetti sui quali si ritiene necessario porre una
costante attenzione sono essenzialmente i seguenti:
Dati anagrafici;
Presenza/assenza di componenti del nucleo familiare
specificandone il grado di parentela;
Esperienza di detenzione (riportare se il detenuto e' o meno alla
prima esperienza di detenzione, specificando le eventuali precedenti
esperienze; tipo di reato; stato giuridico; tipo di impatto con
l'istituzione, nonche' insoliti livelli di vergogna e/o
preoccupazione per l'arresto);
Date salienti (soprattutto delle Udienze, sapendo che
l'avvicinarsi o il rinvio di tali date rappresenta fonte di grande
stress per il detenuto ma anche ricorrenze significative per la
persona);
Abitudini (uso di tabacco, alcolici, ecc.);
Informazioni sanitarie (presenza di patologie psichiatriche, di
dipendenze, o altre patologie);
Fattori di rischio (Ambientali: alloggio singolo piuttosto che
condiviso da piu' persone, ecc.; Comportamentali: aggressivita'
eterodiretta, autodiretta, ecc.; Psicologici: insoddisfazione della
vita, paure e/o aspettative negative per il futuro, ecc.;
Situazionali: rifiuto di partecipare ad attivita', di usufruire di
ore d'aria, tutto cio' che evidenzia una tendenza all'isolamento;
Specifici: pensieri suicidari, piani suicidari, ecc.);
Eventi vitali stressanti (rilevazione di quegli aspetti che
possono rappresentare fonte di stress e che possono riferirsi, seppur
in maniera differente, tanto alla vita precedente all'ingresso nella
struttura quanto alla vita all'interno della struttura stessa);
Eventi critici (comportamenti autolesivi, tentativi di suicidio,
comportamenti di tipo dimostrativo, ecc.);
Fattori protettivi (supporto sociale, familiare, relazione
sentimentale stabile, buone capacita' di adattamento all'ambiente,
ecc.).
§ 3.3. Il presidio delle situazioni potenzialmente stressanti
Nel descrivere le aree operative da prendere in considerazione
nell'elaborazione di un piano di prevenzione, e' stata introdotta la
questione dell'attenzione quale fattore vincente, sia in termini
tecnici che atecnici.
A livello locale, nel corso della detenzione possono emergere
avvenimenti, circostanze, percezioni che aumentano lo stress. Nella
biografia dei suicidi, nelle settimane e nei mesi precedenti
ricorrono molti di tali fatti. La quotidianita' porta molti operatori
penitenziari a presidiare luoghi ed accadimenti che possono essere,
se non predittivi, quantomeno significativi rispetto ad eventi
stressogeni potenzialmente pericolosi.
Quanto segue e' un dettaglio delle aree cui e' necessario
prestare particolare attenzione, sempre sul piano delle competenze
relative al livello locale di cui sopra.
Ingresso
Attivazione delle procedure descritte nel paragrafo precedente,
con particolare riferimento all'accoglienza con la possibilita' di
prevedere spazi specificamente dedicati. Il personale operante
l'arresto gestisce i primi momenti della vicenda detentiva.
E' importante che i suddetti operatori siano opportunamente
preparati all'osservazione specifica delle reazioni emotive e che, al
momento dell'ingresso, riferiscano adeguatamente se l'arrestato ha
espresso disagio o volonta' suicidarie.
Colloqui
Lo svolgimento di un colloquio particolarmente teso o, viceversa,
caratterizzato da lunghi momenti di silenzio o addirittura di
sofferenza puo' meritare un successivo approfondimento.
Analogamente creare la possibilita' per i famigliari di esprimere
preoccupazione a seguito del contatto con il parente detenuto puo'
essere importante per verificare tali preoccupazioni. Tali
comunicazioni devono poter essere fatte secondo procedure certe e con
referenti esattamente individuati e non possono essere lasciate
all'estemporaneita' e al caso.
Corrispondenza
La cessazione di corrispondenza verso l'esterno o il rifiuto di
riceverne sono l'evidente segno di una rottura relazionale e come
tale indice di una situazione stressante che merita approfondimento.
Analogamente verificare la presenza di litigi violenti nel corso
di telefonate di cui e' consentito l'ascolto.
Processi
Gli Uffici Matricola sono in grado di registrare l'evolversi
processuale, in particolare nel caso di reati gravi o nel caso di
soggetti plurirecidivi. Occorre tener presente che i giorni che
precedono le udienze e i giorni della condanna e quelli
immediatamente successivi meritano attenzione e, se del caso,
sostegno. Il personale di scorta per e dalle aule di giustizia
adeguatamente formato, puo' essere in grado di riferire le reazioni
del soggetto in ambito processuale e puo' riferirlo al momento del
rientro in carcere.
Notifiche
La comunicazione della fissazione delle udienze, soprattutto nel
caso di processi riguardanti fatti gravi, o la notifica di condanne o
di provvedimenti che negano misure alternative, in alcune persone che
si presumono essere particolarmente fragili, puo' costituire un
momento stressante da tenere sotto controllo.
Colloqui avvocati
Analogamente al caso dei familiari, anche ai legali deve essere
data la possibilita' di riferire al personale eventuali dubbi sulla
tenuta emotivo - psicologica dei propri assistiti riscontrata nel
corso dei colloqui che intercorrono con essi.
Colloqui magistrati
Il momento degli interrogatori puo' evidenziare condizioni
critiche e volonta' suicidarie che meritano attenzione. Per questo
motivo, come nei casi su descritti, i magistrati devono essere messi
nelle condizioni di comunicare le loro impressioni e i loro timori al
personale penitenziario.
Patologie
L'insorgenza o la presenza di patologie, in particolare se gravi,
invalidanti o a prognosi infausta, nel corso della detenzione
costituisce una variabile stressogena da monitorare adeguatamente.
La vita in sezione
La vita in sezione puo' evidenziare atteggiamenti e comportamenti
significativi dal punto di vista del cedimento delle resistenze
individuali allo stress.
In tutti questi casi e' necessario che il personale operante
possa riferire a referenti certi le proprie impressioni in modo che
si possano effettuare colloqui di approfondimento ed interventi
integrati.
Una considerazione particolare merita la gestione dei detenuti a
seguito dell'adozione dei provvedimenti di trasferimento che devono
essere limitati ai soli casi strettamente necessari.
Il programma operativo previsto per i «nuovi giunti» deve essere
esteso anche ai detenuti trasferiti. Infatti, anche se tali detenuti
non possono essere tecnicamente definiti «nuovi giunti», sono
tuttavia sottoposti per il solo fatto del trasferimento,
indipendentemente dai motivi, ad uno stress che puo' essere anche non
indifferente. Il detenuto trasferito si ritrova, infatti, in
brevissimo tempo a vivere da un ambiente a lui noto ad uno
sconosciuto dal punto di vista delle strutture, delle regole, delle
persone con le quali interloquire, siano essi altri detenuti o il
personale penitenziario. Tale nuovo status crea, a livello anche
inconscio, un sentimento di disagio nei confronti del nuovo e,
quindi, si potrebbe porre come fattore di rischio.
Tra le situazioni potenzialmente stressanti si puo' annoverare
anche la dimissione.
L'Amministrazione penitenziaria ha previsto da tempo in diversi
istituti la sezione destinata ai soggetti prossimi alla
scarcerazione, al fine di porre un'attenzione particolare al
reinserimento sociale degli stessi.
Queste articolazioni devono essere incrementate destinandovi i
detenuti con fine pena nei successivi 3-6 mesi, e sviluppando al loro
interno un programma intensificato di sostegno propedeutico al
reingresso nella societa'.
Infatti, se l'ingresso in carcere dalla liberta' e' un evento
traumatico, non lo e' meno la rimessione in liberta' specialmente per
le persone che la riacquistano dopo a lunghi periodi di carcerazione.
La situazione psicologica del condannato ad un lungo fine pena
rimesso in liberta' potrebbe creare criticita' in quanto nel
soggetto, abituato ai ritmi della vita penitenziaria che proprio per
la sua invasivita' protegge entro certi limiti dagli eventi esterni,
il timore della rimessione in liberta' potrebbe far riemergere nel
dimettendo sensi di insicurezza, di precarieta', di preoccupazione
per l'ignoto e per il futuro.
In tale fase appare rilevante l'apporto fornito dagli Uffici di
Esecuzione Penale Esterna - UEPE - e dai servizi sociali territoriali
per attivare una rete di attenzione e supporto relazionale
rispondente ai bisogni del soggetto per accompagnarlo al
reinserimento nella societa'.
§ 3.4. Lavoro integrato e multidisciplinare
In caso siano evidenziati rilevanti aspetti di rischio, e'
fondamentale procedere attraverso riunioni di equipe
multidisciplinare composte da Personale di area Penitenziaria e
Sanitaria, da replicarsi con scadenze prefissate ed il cui obiettivo
e' di individuare le cause dei suddetti aspetti e le misure piu'
idonee per porvi rimedio e prevenire pericolosi acting - out. Va, in
tal senso, potenziata la presa in carico congiunta e coordinata del
paziente detenuto da parte del personale sanitario e penitenziario,
con massimo utilizzo del momento di incontro degli operatori
all'interno di uno staff multidisciplinare
La richiesta di convocazione della riunione di cui sopra, deve
essere avanzata necessariamente ad horas da chiunque evidenzi un
elemento di potenziale rischio per la salute del detenuto. La
richiesta va inoltrata ai referenti individuati nel Protocollo
locale.
La riunione di equipe multidisciplinare dovra' svolgersi nel piu'
breve tempo possibile e comunque non oltre le 72 ore dalla
rilevazione della situazione di rischio per il detenuto. In ogni
caso, in questo lasso di tempo, dovranno essere previste le azioni di
cautela corrispondenti al livello di rischio stimato dal sanitario.
Vanno definiti modelli di riferimento per la valutazione del
rischio, che abbiano alla base solide evidenze scientifiche.
§ 3.5. La gestione dei casi a rischio
L'individuazione del rischio deve comportare l'attivazione di un
processo gestionale del caso, a livello locale, che tenga conto
essenzialmente dei seguenti aspetti:
attivazione della procedura gestionale;
alloggiamento;
controllo della persona;
disponibilita' di oggetti pericolosi;
interventi sanitari;
interventi di supporto istituzionali;
interventi di supporto da parte di peer supporter;
chiusura procedura.
I suddetti elementi, presi validamente in considerazione nelle
indicazioni fornite a Livello Regionale, saranno declinati a livello
locale.
§ 3.6. Protocolli operativi per affrontare le urgenze
Il tentativo di porre in essere un suicidio necessita di
protocolli operativi per la gestione dell'urgenza che la gravita' del
gesto e le sue conseguenze potenziali impongono. In tal senso occorre
essere ben consapevoli del fatto che il tempo di reazione all'evento
e la qualita' dei primi soccorsi possono essere essenziali per fare
la differenza tra la vita e la morte.
L'O.M.S. sul tema evidenzia una serie di condizioni che devono
essere adeguatamente presidiate. In particolare:
il personale regolarmente a contatto con i detenuti deve essere
opportunamente addestrato su temi quali il «primo soccorso», le
tecniche di rianimazione cardio-polmonare ed altro, mediante
attivita' formative regolari e nel rispetto della condivisione di
programmazione, risorse ed attivita';
il suddetto personale deve inoltre saper comunicare adeguatamente
con gli operatori sanitari chiamati in via d'urgenza, in modo da
poter prevedere quanto necessario gia' nel corso dell'avvicinamento
al luogo dell'evento;
l'adeguatezza degli interventi dovra' anche essere periodicamente
testata attraverso prove in «bianco», realizzando esercitazioni per
la verifica delle procedure che sono state definite per ogni
situazione di emergenza, in termini di efficienza ed efficacia delle
azioni previste.
L'O.M.S. raccomanda che l'equipaggiamento per il salvataggio di
emergenza sia non solo facilmente accessibile ma anche costantemente
funzionale grazie a periodiche verifiche. Analogamente anche gli
strumenti di comunicazione devono godere della stessa funzionalita'.
A tal proposito si deve ricordare la maggiore affidabilita' delle
radio rispetto ai telefoni interni che possono risultare occupati o
non presidiati. La predisposizione di una rete di comunicazione
interna certa, affidabile, ridotta all'essenziale e veloce e' uno
degli elementi di efficacia che occorre ricercare. Ad essa deve
essere associata una via di comunicazione con l'esterno, quanto piu'
possibile adeguata, che sappia trasmettere non solo la comunicazione
dell'evento ma anche tutti gli elementi utili per una prima
valutazione di gravita'.
§ 3.7. Allocazione e sostegno
Sulla specifica materia dell'isolamento della persona detenuta,
le linee di indirizzo della Organizzazione Mondiale della Sanita'
affermano che esiste una forte associazione tra scelte suicidarie e
collocazione del detenuto in isolamento. Va quindi contrastata la
tendenza ad isolare le persone a rischio, ricorrendo all'ausilio di
detenuti in funzione di peer - supporters (compagni o ascoltatori)
addestrati, tramite attivita' di gruppo organizzate in sinergia tra
Amministrazioni Sanitaria e Penitenziaria, ad offrire vicinanza e
supporto sociale quali elementi importanti ai fini della prevenzione
del rischio suicidario. Ne consegue che, nell'ambito degli spazi di
scambio interdisciplinare e delle scelte individuate in maniera
multiprofessionale ed integrata, i provvedimenti di sorveglianza
speciale per fronteggiare gli eventi critici, siano adottati
unicamente in casi eccezionali, e sempre privilegiando soluzioni in
linea con quanto teste' indicato.
Titolo III
Monitoraggio, valutazione, debriefing
§ 4. La Valutazione dei Piani e delle attivita'
La complessita' del fenomeno e degli sforzi per implementare un
effettivo Piano di prevenzione richiama la necessita' di dotarsi, tra
l'altro, di un programma di valutazione e monitoraggio continuo e
strutturato che schematicamente puo' essere declinato assicurando
almeno le seguenti attivita':
monitoraggio dei Piani elaborati ed implementati;
valutazione dei casi di suicidio in relazione ai Piani di
prevenzione adottati;
attivita' di debriefing in favore del Personale coinvolto;
raccolta e diffusione delle buone prassi.
§ 4.1. Il Monitoraggio.
Come gia' accennato, la possibilita' di migliorare la prevenzione
passa anche dalla capacita' di conoscere meglio il fenomeno. A tal
fine diventa essenziale istituire un sistema di monitoraggio
permanente a livello locale, regionale e nazionale, in grado di
raccogliere i dati che si ritengono necessari.
Modalita' generali e linee procedurali di indirizzo saranno
elaborate a livello centrale e diffuse ai livelli successivi per i
dovuti adempimenti e viceversa, in un'ottica di regolare scambio. A
tal fine, il Tavolo di Consultazione Permanente si occupera' di
verificare il recepimento e l'attuazione degli Indirizzi Operativi da
parte delle Regioni attraverso richiesta di specifici report annuali;
il livello Regionale, a sua volta, si impegnera' a procedere con le
dovute verifiche nei confronti del Livello Locale di competenza, il
quale a sua volta dovra' necessariamente provvedere all'attuazione
regolare dei propri compiti.
§ 4.2. Attivita' post - facto - Documentazione di un evento
infausto
All'esito di un evento infausto o che ha rischiato di esserlo,
occorre un serio approfondimento mirato a raggiungere finalita'
diverse. Nei casi di effettivo suicidio la prima cosa da farsi e'
documentare adeguatamente l'evento a tutela degli eventuali interessi
sia dell'Autorita' Giudiziaria che di quella Amministrativa. Al di
la' del fatto che alla prima doverosa comunicazione al Pubblico
Ministero possono seguire autonome decisioni di quest'ultimo, alle
quali la struttura penitenziaria non puo' che dare corso, e'
opportuno che le parti coinvolte a livello regionale e locale
predispongano un protocollo congiunto di accertamento e
documentazione dell'evento che, fatto salvo quanto disposto dalla
predetta Autorita' Giudiziaria, dovra' essere seguito.
Il presente Piano auspica una valutazione post-facto operata
sempre congiuntamente, innanzitutto con riferimento alla tenuta dei
Piani di prevenzione locali per il miglioramento costante dei
processi.
§ 4.3. Debriefing
L'impatto di un suicidio sul personale coinvolto ha un peso che
non puo' essere trascurato. Per tale motivo le indicazioni generali
segnalano la necessita' di una attivita' di rielaborazione e
compensazione per il Personale interessato. Sino ad oggi nel sistema
penitenziario italiano non e' mai stato attuato o sperimentato. E'
quindi necessario iniziare a porsi la questione della sua
implementazione. In via generale questo Piano Nazionale precisa che,
fatto salvo quanto detto, in particolare a livello dei Piani
Regionali, si vorra' prevedere tale azione di supporto al Personale
ed alle persone coinvolte. Pertanto si deve contraddistinguere per:
il carattere volontario della partecipazione susseguente ad una
offerta informata di intervento;
diversita' di questo intervento da qualunque altro tipo di
approfondimento o valutazione dei fatti;
carattere di ascolto non finalizzato ad altro che al sostegno dei
partecipanti;
informalita' degli incontri con esclusione di attivita' formale o
di verbalizzazione o di relazione finale;
finalizzazione dell'intervento teso a prendere in esame gli stati
d'animo e non la dinamica dei fatti;
conduzione al di fuori della struttura penitenziaria ed
effettuata da Personale idoneo in sede neutra.
§ 4.4. La Raccolta e la diffusione delle buone prassi
Si conferisce agli Osservatori Regionali Permanenti per la
Sanita' Penitenziaria il compito di raccogliere le prassi preventive
ritenute piu' efficaci. Le stesse verranno inviate al Tavolo di
consultazione permanete presso Conferenza Unificata per la loro
analisi, sistematizzazione e periodica diffusione.
Titolo IV
Formazione
§ 5. La Formazione degli operatori
Il presente Piano, per poter esplicare la propria funzione con
riferimento a ciascuna delle sue parti ha la necessita' di essere
accompagnato da un articolato e sistematico programma di informazione
e formazione diretto a tutti gli operatori, in particolare a quelli a
piu' diretto contatto con la quotidianita' detentiva. L'aumento della
consapevolezza e l'acquisizione di elementi di conoscenza teorica ed
operativa consentira' di ridurre alcune visioni stereotipate che
limitano la sensibilita' e la possibilita' di adottare procedure piu'
congrue ed efficaci, sia con riferimento al momento preventivo che a
quello dell'intervento in situazioni d'emergenza.
Si intende sopperire a tale contingenza organizzando una
formazione a «cascata» che consenta di fornire la padronanza del
programma formativo e dei suoi contenuti ai livelli regionali.
Spettera' a questi ultimi organizzare, presso i P.R.A.P. e/o gli
Istituti di Istruzione dell'Amministrazione penitenziaria o altri
Enti Regionali e locali tali attivita'. Le suddette saranno
necessariamente concordate e svolte congiuntamente dalle Aziende
sanitarie e dall'Amministrazione penitenziaria, nonche' inserite nei
programmi annuali di formazione del proprio personale, senza
determinare oneri aggiuntivi per i rispettivi bilanci.
In termini generali ed indicativi i piani formativi dovranno
prevedere le seguenti aree di approfondimento:
Struttura del Piano Nazionale per la Prevenzione delle Condotte
Suicidarie in Ambito Penitenziario;
Elementi fenomenologici del suicidio e degli eventi autolesivi;
Le indicazioni dell'O.M.S.;
Modello operativo generale;
Laboratorio di progettazione;
Fattori ambientali, psicologici e comportamentali specifici
predisponenti ai comportamenti suicidari;
Benessere organizzativo e ricadute sugli operatori;
Temi inerenti strategie di comunicazione e relazione.
Inoltre, come accennato, tutto il personale regolarmente a
contatto con i detenuti deve essere formato anche al primo soccorso
ed alle fondamentali tecniche di rianimazione cardio-polmonare,
nonche' essere addestrato all'utilizzo degli equipaggiamenti
d'emergenza collocati nell'Istituto.
(1) World Health Organization, International Association for Suicide
Prevention, La prevenzione del suicidio nelle carceri, 2007.
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