Translate

lunedì 14 agosto 2017

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI CONFERENZA UNIFICATA ACCORDO 27 luglio 2017 Accordo, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sul documento recante «Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti». (Repertorio atti n. 81/CU). (17A05612)



         PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI CONFERENZA UNIFICATA

ACCORDO 27 luglio 2017 
Accordo, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo  28  agosto
1997,  n.  281,  sul  documento  recante  «Piano  nazionale  per   la
prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema  penitenziario  per
adulti». (Repertorio atti n. 81/CU). (17A05612) 
(GU n.189 del 14-8-2017)

 
 
 
                       LA CONFERENZA UNIFICATA 
 
  Nell'odierna seduta del 27 luglio 2017; 
  Visto l'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e, in
particolare, il  comma  2,  lettera  c),  in  base  al  quale  questa
Conferenza  promuove  e  sancisce  accordi  tra   Governo,   Regioni,
Province,  Comuni  e  Comunita'  montane,  al  fine   di   coordinare
l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in  collaborazione
attivita' di interesse comune; 
  Visto l'art. 2, comma 283, della legge 24  dicembre  2007,  n.  244
(Finanziaria 2008), il quale prevede che, al fine  di  dare  completa
attuazione al  riordino  della  medicina  penitenziaria,  comprensivo
dell'assistenza sanitaria negli Istituti penali minorili, nei  centri
di prima accoglienza, nelle comunita' e degli  ospedali  psichiatrici
giudiziari, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro della salute e del Ministro della giustizia, di
concerto con il Ministro dell'economia  e  delle  finanze  e  con  il
Ministro  per  le   riforme   e   le   innovazioni   nella   pubblica
amministrazione, di intesa  con  la  Conferenza  Stato-Regioni,  sono
definite  le  modalita'  ed  i  criteri  per  il  trasferimento   dal
Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria  e  dal  Dipartimento
della giustizia minorile del Ministero della  giustizia  al  Servizio
sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro,
delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali, in
materia di sanita' penitenziaria; 
  Visto il decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  1°
aprile 2008, emanato in attuazione del menzionato art. 2, comma  283,
della legge n. 244 del 2007, recante  «Modalita'  e  criteri  per  il
trasferimento  al  Servizio  sanitario   nazionale   delle   funzioni
sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e  delle
attrezzature e beni strumentali in materia di sanita' penitenziaria»; 
  Considerato che questa Conferenza, nella seduta del 31 luglio 2008,
ha deliberato (rep. atti n. 81/CU) la  costituzione  del  «Tavolo  di
consultazione permanente sulla sanita'  penitenziaria»  (di  seguito:
«il  Tavolo»)  di  cui  all'Allegato  A  del  predetto  decreto   del
Presidente del Consiglio dei ministri  1°  aprile  2008,  tra  i  cui
compiti e' previsto anche l'espletamento  dell'attivita'  istruttoria
dei  provvedimenti,  da  sottoporre  all'esame  di  questa   medesima
Conferenza, attuativi del piu' volte citato  decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008; 
  Considerato, inoltre, che al Tavolo e' demandato,  in  particolare,
il compito di predisporre indirizzi per favorire la realizzazione  di
programmi di interventi nelle realta' territoriali nei confronti  dei
detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a  provvedimento
penale  e  quello  di  definire  strumenti  volti   a   favorire   il
coordinamento    fra    le    Regioni,    Provveditorati    regionali
dell'Amministrazione penitenziaria e Centri della giustizia minorile; 
  Considerato che l'Allegato A al citato decreto del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 recante «Linee di indirizzo per
gli interventi del Servizio sanitario nazionale a tutela della salute
dei detenuti e degli internati  negli  Istituti  penitenziari  e  dei
minorenni sottoposti a provvedimento penale» riserva, in particolare,
una specifica attenzione alla tematica  della  presa  in  carico  dei
nuovi giunti e della prevenzione del rischio suicidario; 
  Visto l'Accordo, ai sensi dell'art. 9 del  decreto  legislativo  28
agosto 1997, n. 281, sul documento proposto dal Tavolo recante «Linee
di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei
detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a  provvedimento
penale» (rep. atti n. 5/CU del 19 gennaio 2012); 
  Considerata la necessita' di superare la  fase  di  sperimentazione
prevista  dal  suddetto  Accordo  e  di  aggiornarne  e  ampliarne  i
contenuti, allo scopo di costituire una rete integrata di  interventi
tra il livello nazionale, il livello regionale ed il  livello  locale
delle attivita' di prevenzione del rischio suicidario per i  detenuti
adulti; 
  Considerata  la  necessita'  di  formulare  un  apposito  documento
relativo all'area della giustizia minorile,  attese  le  peculiarita'
che  caratterizzano  i  comportamenti  autolesivi  dei  minori,   che
richiedono programmazioni mirate; 
  Vista la lettera pervenuta in data 4 ottobre 2016  e  trasmessa  in
pari data a tutti in componenti del Tavolo, con la quale il Ministero
della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione  penitenziaria  -
ha proposto all'esame del Tavolo medesimo  una  bozza  del  documento
indicato in oggetto; 
  Considerato che, nel corso delle riunioni del Tavolo,  svoltesi  il
18 e il 21 novembre 2016, si e' discussa la  bozza  citata  ritenendo
che, ai fini della proficua conduzione dei  lavori  e  la  successiva
definizione  della  stessa,  fosse  necessario  procedere   con   una
modalita'   partecipata   e   condivisa   delle   Regioni   e   delle
Amministrazioni centrali; 
  Vista la nota del 6  marzo  2017,  con  la  quale  il  Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria ha richiesto la  convocazione  del
Tavolo per  la  ripresa  delle  attivita'  concernenti  la  bozza  di
documento in oggetto; 
  Vista la nota in data 20 aprile 2017 dell'Ufficio di segreteria  di
questa Conferenza, con cui sono  stati  convocati  congiuntamente  il
Tavolo e il Comitato paritetico interistituzionale (di  seguito:  «Il
Comitato») per il 27 aprile 2017; 
  Considerato che, nel corso di detta riunione, si e'  costituito  il
sottogruppo di lavoro ad hoc dedicato alla definizione del Piano e si
e' stabilito di concludere i lavori entro il mese di giugno  2017  al
fine di pervenire ad un Accordo sul documento in sede  di  Conferenza
Unificata entro il mese di luglio 2017; 
  Tenuto conto che nelle riunioni congiunte del Tavolo e del Comitato
tenutesi il 12 e il 26 giugno 2017 il sottogruppo ha dato conto dello
stato dell'arte dei lavori e che il Tavolo ha unanimemente  condiviso
il lavoro svolto; 
  Visto il documento trasmesso dal sottogruppo in data 7 luglio  2017
dal Coordinamento  regionale  sanita'  penitenziaria  all'Ufficio  di
segreteria della Conferenza Unificata, diramato in data 8 luglio 2017
ai componenti del Tavolo e del Comitato unitamente alla  convocazione
dei citati organismi per il giorno 19 luglio 2017; 
  Considerato che nel corso della riunione del  19  luglio  2017,  il
Tavolo ha approvato la versione definitiva del documento  in  parola,
Allegato sub A, parte integrante del  presente  atto,  che  e'  stata
diramata alle Amministrazioni centrali interessate,  alle  Regioni  e
Province autonome ed alle Autonomie locali con  lettera  in  data  21
luglio 2017; 
  Acquisito, nel corso  dell'odierna  seduta  di  questa  Conferenza,
l'assenso del Governo, delle Regioni e  delle  Province  autonome  di
Trento e Bolzano e delle Autonomie locali; 
  Il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano  e
gli Enti locali, 
 
                       Convengono quanto segue 
 
  1. di  adottare  il  «Piano  nazionale  per  la  prevenzione  delle
condotte suicidarie nel sistema penitenziario  per  adulti»  Allegato
sub A, parte integrante del presente atto; 
  2. che dall'applicazione del presente  Piano  non  devono  derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 
    Roma, 27 luglio 2017 
 
                                                Il presidente: Bressa 
                                                           Allegato A 
 
    Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie 
                nel Sistema penitenziario per adulti 
 
Premessa. 
    Il decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  del  1°
aprile 2008 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 maggio  2008,  n.
126) disciplina «le modalita',  i  criteri  e  le  procedure  per  il
trasferimento  al  Servizio  Sanitario   Nazionale   delle   funzioni
sanitarie, delle risorse finanziarie, dei rapporti di  lavoro,  delle
attrezzature,  arredi  e  beni  strumentali  relativi  alla   sanita'
penitenziaria». I relativi Allegati A e C definiscono  nel  dettaglio
le azioni necessarie  a  realizzare,  rispettivamente,  la  presa  in
carico sanitaria negli istituti penitenziari e il  superamento  degli
Ospedali psichiatrici giudiziari. Nell'Allegato  A,  in  particolare,
viene riservata un'attenzione specifica al tema della presa in carico
dei nuovi giunti e della prevenzione del rischio suicidario. 
    Prevenire il rischio di suicidi in ambito carcerario, cosi'  come
presso le strutture minorili, e' un obiettivo condiviso  tanto  dalla
Amministrazione della Giustizia quanto  dalla  Amministrazione  della
Salute, ed e' caratterizzato dalla scelta di  metodologie  di  lavoro
con caratteristiche  di  innovativita',  comune  perseguimento  degli
obiettivi ed integrazione delle reciproche competenze. 
    La  stessa  normativa  di  riforma  della  sanita'  penitenziaria
prevede  espressamente  che  i  presidi  sanitari  presenti  in  ogni
istituto penitenziario e servizio minorile debbano adottare procedure
di accoglienza che consentano di attenuare gli effetti potenzialmente
traumatici della privazione della liberta'  e  mettere  in  atto  gli
interventi necessari a prevenire atti di autolesionismo. 
    La Conferenza Unificata nella  seduta  del  19  gennaio  2012  ha
sancito l'Accordo tra il Governo, le Regioni e le  Province  autonome
di Trento e Bolzano sul documento recante «Linee di indirizzo per  la
riduzione del rischio autolesivo e  suicidario  dei  detenuti,  degli
internati  e  dei  minorenni  sottoposti  a   provvedimento   penale»
(Repertorio Atti n.: 5/CU del  19  gennaio  2012;  Allegato  A)  che,
concretamente, ha richiesto la  definizione  di  specifici  indirizzi
operativi da sperimentare in ogni Regione  e  PP.AA.,  in  almeno  un
Istituto Penitenziario per adulti e uno per minorenni. 
    E' in questo contesto che si puo' sinteticamente  individuare  la
ratio delle implementazioni, successivamente realizzate dalle Regioni
e dalle PP.AA., dell'intera attivita'  di  sperimentazione  collegata
alle Linee di indirizzo suddette. 
    Le attivita'  sono  state  oggetto  di  specifici  monitoraggi  -
realizzati sia dalle singole Amministrazioni coinvolte  nel  processo
che  dal  Tavolo  di  consultazione   permanente   per   la   sanita'
penitenziaria, istituito fin dal 2009 presso la Conferenza  Unificata
- che hanno evidenziato come nella maggior parte del  territorio  gli
interventi avviati siano stati focalizzati sull'effettuazione di  una
rilevazione  personalizzata,  innanzitutto  a  ridosso  dell'ingresso
nell'istituzione, dei fattori di rischio  e  di  protezione  e  sulla
predisposizione di interventi integrati di  prevenzione,  supporto  e
trattamento,  regolamentati  da  protocolli  operativi  riferiti   ai
diversi ambiti locali (Regione,  Azienda  Sanitaria,  Amministrazione
Penitenziaria regionale o singolo Istituto Penitenziario). 
    Tale monitoraggio ha altresi'  evidenziato  numerose  criticita',
prevalentemente  connesse  a   impostazioni   teoriche   talora   non
appropriate, incostanza nella implementazione delle attivita', rigida
separazione delle competenze  ed  assenza  di  idonei  monitoraggi  o
difficolta' nella loro realizzazione. 
    Sulla base delle rilevazioni analitiche cosi'  rese  disponibili,
e'  risultato  necessario   e   possibile   procedere   al   presente
aggiornamento degli indirizzi precedentemente definiti, configurabile
come un vero e proprio Piano nazionale di intervento,  finalizzato  a
realizzare in tutti gli  Istituti  Penitenziari  attivita'  che,  con
continuita'  ed  uniformita',  posseggano  le   seguenti   essenziali
caratteristiche: 
    piena condivisione del complesso degli interventi  da  parte  del
Servizio Sanitario Nazionale e dell'Amministrazione della  Giustizia,
coerente con l'evidenza che i comportamenti e le scelte autolesive  e
suicidarie sono prevalentemente da inquadrare come  eventi  derivanti
dalle comuni condizioni di vita e non necessariamente  da  condizioni
di  patologia,  rispetto  ai  quali   le   predette   Amministrazioni
concorrono in tutte  le  fasi  degli  interventi  per  le  rispettiva
competenze; 
    implementazione di definite e dedicate organizzazioni  funzionali
a livello centrale, regionale e locale, costantemente integrate nelle
professionalita' e negli obiettivi; 
    regolare monitoraggio degli interventi (in particolare sul  piano
della valutazione di processo) e degli esiti, condiviso e aggregabile
a livello regionale e centrale, con miglioramento della qualita'  dei
dati, con preferenziale modalita' di  rilevazione  basata  su  di  un
sistema  informativo  informatizzato  concordato  dalle   due   parti
sanitaria  e  penitenziaria  e  dotato  di   un   buon   livello   di
specificita'; il tutto  per  consentire  tra  l'altro  un'appropriata
definizione di caso e un'adeguata  differenziazione  tra  gli  eventi
critici; 
    definizione  di  caso  opportunamente  condivisa   e   idonea   a
soddisfare adeguatamente i criteri di riferimento dei diversi  attori
interessati all'analisi e alla gestione del  fenomeno  suicidio,  con
particolare riferimento alla separazione dei  comportamenti  e  delle
scelte autolesive da quelle suicidarie, in quanto prevalentemente  si
tratta di fenomeni diversi tra loro e non necessariamente collegati o
collegabili; 
    costante definizione  e  aggiornamento  di  protocolli  operativi
locali, tra il singolo Istituto Penitenziario e la competente Azienda
Sanitaria; 
    esclusione di ogni forma di iniziale, prevalente e/o non  mediato
coinvolgimento  dei  servizi  sanitari  specialistici  della   salute
mentale nelle attivita', al fine di prevenire il frequente rischio di
erronea riconduzione - interpretativa e operativa - dei comportamenti
e delle scelte autolesive  e  suicidarie  nell'ambito  di  condizioni
patologiche psichiatriche. 
    Resta inteso che ogni azione prevista dal Piano  viene  espletata
nel  pieno  rispetto  delle  normative  che   tutelano   la   privacy
dell'individuo (Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196). 
    Il presente Piano e' focalizzato esclusivamente sulla prevenzione
delle condotte suicidarie in  ambito  penitenziario  adulto,  essendo
stata condivisa la necessita'  di  formulare  un  ulteriore  autonomo
documento relativo all'area della giustizia minorile, dal momento che
sono ampiamente riconosciute le  peculiarita'  che  caratterizzano  i
comportamenti  autolesivi   dei   minori,   che   richiedono   quindi
programmazioni mirate. Diversamente, la  previsione  della  specifica
formazione del personale dell'area della  giustizia  minorile  dovra'
essere ricompresa nelle programmazioni di cui al paragrafo  §  5  del
presente documento. 
 
                              Titolo I 
 
 
                       Inquadramento generale 
 
§ 1. L'architettura organizzativa del Piano Nazionale di Prevenzione 
    Il modello organizzativo che qui di seguito si prospetta  prevede
tre livelli in cui sono rappresentate  costantemente  le  istituzioni
sanitarie e penitenziarie. 
    Il livello centrale e' costituito  dal  Tavolo  di  Consultazione
Permanente per la sanita' penitenziaria (TCPSP) la  cui  composizione
e' definita nell'Accordo approvato dalla Conferenza Unificata  il  31
luglio 2008. Ad esso  viene  affidato  il  compito  di  elaborare  ed
aggiornare il Piano  Nazionale  per  la  Prevenzione  delle  Condotte
Suicidarie nel Sistema Penitenziario per Adulti,  generare  una  rete
diffusa  di  referenti  sul  territorio  nazionale,   raccogliere   e
sistematizzare  le  buone  prassi,  stimolare   ed   indirizzare   la
formazione dei referenti regionali  e  monitorare  l'andamento  delle
attivita' di prevenzione, in  modo  da  produrre  analisi  utili  per
l'orientamento delle azioni preventive. 
    Il  livello  regionale  comprende   gli   Osservatori   Regionali
Permanenti di Sanita' Penitenziaria (che  devono  integrare,  laddove
non gia' realizzato, in conformita' alle indicazioni del decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, componenti  del
PRAP e dei Servizi Sanitari regionali competenti), con il supporto di
ulteriori Articolazioni regionali  eventualmente  presenti.  Ad  esso
viene affidato il compito  di  individuare  il  nucleo  di  referenti
regionali, di elaborare in  uno  specifico  Piano  Regionale  per  la
prevenzione delle Condotte Suicidarie le linee di indirizzo regionali
utili per rendere operativi quelli locali in modo  omogeneo,  tenendo
conto del presente Piano Nazionale al fine di seguire e verificare la
redazione  e  l'aggiornamento   dei   Piani   Operativi   Locali   di
prevenzione, garantire la formazione degli operatori locali,  nonche'
diffondere a livello centrale le buone prassi individuate. Esso segue
e verifica la redazione e l'aggiornamento  periodico  dei  Protocolli
Operativi  Locali  di  prevenzione,  gestisce  la  formazione   degli
operatori locali,  pianifica  ed  organizza  le  attivita'  di  audit
clinico, raccoglie le prassi ritenute piu' interessanti da inviare al
livello  centrale.  Svolge  o  delega  le  azioni  conoscitive  e  le
inchieste amministrative ritenute opportune e/o dovute,  in  funzione
delle specifiche competenze di ciascuna Amministrazione. 
    Il livello locale nasce dall'attivita' congiunta delle  Direzioni
di  ciascun  Istituto  Penitenziario  e   delle   Aziende   Sanitarie
territorialmente competenti.  Ad  esso  viene  chiesto  di  redigere,
aggiornare, declinare, implementare e monitorare - conformemente alle
direttive del livello centrale e  regionale  -  il  Piano  Locale  di
Prevenzione (PLP), che ha natura  spiccatamente  tecnico-operativa  e
viene inserito nell'ambito del progetto  d'Istituto.  Ciascuna  delle
Amministrazioni coinvolte assicura il perseguimento di tali finalita'
integrandole nelle attribuzioni  gia'  previste  per  i  responsabili
delle attivita' di propria competenza  o  individuando  un  referente
specifico del PLP.  Il  livello  locale  ha  inoltre  il  compito  di
facilitare/assicurare la formazione del personale operante, elaborare
protocolli operativi clinici e di pronto intervento coerenti  con  il
PLP, raccogliere ed inviare ai livelli regionali i dati e  le  prassi
locali ritenute piu' efficaci. 
    In  estrema  sintesi   potremmo   configurare   l'implementazione
dell'architettura organizzativa del Piano come nella tavola sinottica
di seguito riportata, che incrocia il livello competente con le varie
azioni che costituiscono il piano di prevenzione. 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
§ 2. Le azioni 
    Di seguito vengono declinate le  indicazioni  vincolanti  per  le
varie articolazioni, che dovranno svilupparle nei propri protocolli e
nelle proprie azioni. La descrizione di tali azioni segue  un  ordine
logico - temporale progressivo. 
    § 2.1. Costituzione della rete 
    Il  Piano  Nazionale  non  puo'   prescindere   dall'attivazione,
innanzitutto, di una rete di referenti che lo sostenga. In tal  senso
la prima azione da porre in essere e' formalizzare i vari gruppi, che
ai  livelli  regionali  e  locali  e  nella  logica   precedentemente
indicata, si occuperanno dell'implementazione dei programmi. 
    Sara'  cura  dei  livelli  regionali  trasmettere  al  Tavolo  di
Consultazione Permanente gli atti da  cui  desumere  la  costituzione
formale della rete, nonche' i componenti che di essa fanno parte e le
eventuali modifiche che nel corso del tempo verranno a determinarsi. 
    § 2.2. Elaborazione dei Piani Regionali e Locali di Prevenzione -
Considerazioni generali 
    In coerenza con il presente Piano le Regioni formulano o rivedono
e, ove necessario adeguano, i protocolli pertinenti gia' redatti  tra
le rispettive parti. Tali Protocolli regionali  dovranno  fornire  le
indicazioni piu' utili ai livelli locali,  prendendo  necessariamente
in considerazione e prevedendo tutti i  punti  indicati  nelle  Linee
Guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanita' (1)   (che  verranno
trattati dettagliatamente nel paragrafo § 3). 
    La  revisione/redazione  dei  protocolli  locali  dovra'   essere
improntata alla massima  condivisione  e  concretezza  tra  le  parti
interessate. 
    Metodologicamente si indicano le tre aree  operative  che  devono
ricomprendere  l'opera  di   tutte   le   componenti   professionali,
volontarie e detenute. Ad ognuna di queste aree e'  assegnato  uno  o
piu' dei seguenti compiti: 
    Attenzione; 
    Decisione; 
    Sostegno. 
    Area dell'attenzione e del sostegno tecnico - clinico 
      Vi afferiscono tutte quelle figure clinico - professionali  che
operano quotidianamente e che possono cogliere sintomi e/o  richieste
di attenzione e di cura nel corso di visite, colloqui,  distribuzione
di terapie. Tale ambito si compone di medici,  infermieri,  psicologi
che possono, in questi casi, dare corso ad un primo sostegno  e  alla
segnalazione del caso. 
    Area dell'attenzione e del sostegno tecnico 
      In questo caso ci si riferisce specificatamente alla figura del
funzionario giuridico pedagogico che, seppur non dotato di competenza
clinica, nell'ambito delle sue incombenze puo' individuare situazioni
personali di fragilita' e difficolta', comunicarla e dare corso ad un
primo sostegno. 
    Area dell'attenzione atecnica 
      E' la parte numericamente piu' consistente della rete. Se tutte
le altre figure citate possono venire in contatto con  situazioni  di
rischio nel  corso  delle  loro  attivita'  professionali  (colloqui,
visite, ecc.) quelle che compongono quest'area svolgono un  presidio,
o comunque hanno una  presenza,  costante  dei  settori  detentivi  e
possono, quindi, agire  un'attenzione  diffusa  e  capillare.  Ci  si
riferisce  al  personale  di  polizia  penitenziaria  e  agli  stessi
compagni di detenzione. Un'ulteriore rete, sicuramente non di  minore
importanza, e' rappresentata dai volontari penitenziari  che  possono
intercettare casi di fragilita' e interfacciarsi sia con  i  sanitari
che con gli operatori penitenziari per  segnalare  le  situazioni  di
vulnerabilita' sociale. E' necessario, sin da  subito,  sgombrare  il
campo da eventuali equivoci. Trattandosi  di  figure  non  dotate  di
competenze specifiche, ad essi non potranno essere assegnati  compiti
tecnici di natura clinica, e nel caso dei detenuti, il  loro  impegno
non  potra'   in   nessun   modo   essere   considerato   sostitutivo
dell'attivita'  istituzionale  e   ancor   di   piu'   potenzialmente
costitutivo di potenziali responsabilita'. Nondimeno, e' da ritenersi
essenziale la possibilita' di sviluppare nel personale, nei volontari
e nei detenuti una sensibilita' finalizzata  a  cogliere  segnali  di
disagio e generare soluzioni che limitino la possibilita' che i  loro
portatori rimangano senza una rete di attenzione. 
    Area della decisione 
      E' costituita dal Direttore dell'istituto ma anche da chi,  nel
particolare momento della decisione, in assenza delle figure apicali,
svolge le funzioni di governo quali, ad esempio,  il  Comandante  del
reparto o gli Addetti  alla  c.d.  Sorveglianza  Generale.  A  queste
figure spettano le decisioni operative in ragione degli  elementi  di
conoscenza che, nell'immediatezza dei fatti, la  rete  di  attenzione
gli sottopone. 
    L'elaborazione  dei  Piani  Regionali  e  Locali  di  Prevenzione
costituisce il nucleo centrale del Piano Nazionale di prevenzione. E'
forte la convinzione che il  livello  centrale  non  possa  impartire
direttive di dettaglio, in ragione della naturale diversita'  tra  le
varie realta' locali  in  termini  di  strutture,  scelte  operative,
contesto,  risorse  e  opportunita'  a  disposizione.  Nondimeno   e'
sicuramente possibile  indirizzare  l'operato  di  tutte  le  realta'
fornendo  loro  conoscenze,  spunti  di  riflessione,  indicazioni  e
direttive che aiutino l'elaborazione regionale e locale attraverso la
declinazione delle prime con riferimento alle dovute differenziazioni
gia' dette. 
    E' questo  il  senso  del  presente  Piano  che  si  ispira  alle
indicazioni  elaborate  dall'O.M.S.  e  ad  alcuni  specifici   studi
condotti in Italia. 
    Pertanto, sulla base di questi  ultimi,  i  livelli  regionali  e
locali elaboreranno i propri Piani ricercando,  rispettivamente,  gli
accordi  generali  e  le  soluzioni  localmente   praticabili.   Come
accennato, l'approccio che pare piu' opportuno  fa  riferimento  alla
necessita' di coinvolgere tutti gli attori del sistema  penitenziario
e sanitario, compresa la componente detenuta, al fine di attivare una
rete di attenzione la piu' possibile estesa e capillare, che consenta
di rilevare eventuali segnali di disagio  e  sofferenza  emotiva,  in
correlazione con un rischio suicidario. Colte queste  necessita',  si
trattera' di prevedere le modalita' con le quali segnalarle a  quelle
componenti specialistiche che possono adeguatamente  predisporre  gli
interventi piu' opportuni. 
    E'  fondamentale,  quindi,  promuovere  il  modello   di   lavoro
interdisciplinare tra le diverse aree di intervento, penitenziario  e
sanitario, per intercettare e trattare in  modo  coordinato,  celere,
adeguato e continuo, i frangenti di criticita' dei detenuti. 
 
                              Titolo II 
 
 
          Gli elementi essenziali dei Piani di prevenzione 
 
§ 3. Elaborazione dei Piani Regionali e Locali di Prevenzione 
    Gli elementi essenziali da considerare ed  a  partire  dai  quali
elaborare i suddetti Protocolli, sono i seguenti: 
    § 3.1. La declinazione operativa delle azioni 
    I Piani Regionali devono obbligatoriamente prevedere che tutte le
strutture penitenziarie di loro competenza  si  dotino  di  un  Piano
Locale e che tale documento costituisca la declinazione operativa dei
Piani  e  degli  accordi  adottati,  in  linea  con  le   indicazioni
dell'O.M.S., a livello sovraordinato. 
    § 3.2. La rilevazione del rischio 
    La valutazione del rischio all'ingresso  e'  da  predisporre  sia
all'arrivo  presso  l'Istituto,  che  ogni   qualvolta   cambino   le
condizioni della  detenzione.  Per  essere  efficace,  inoltre,  deve
avvalersi di valutazioni regolari  nel  tempo,  per  l'intera  durata
della detenzione. Gli operatori dell'Amministrazione penitenziaria in
collaborazione con gli operatori del SSR proseguono,  successivamente
alla  valutazione  iniziale,  con  una  precisa  osservazione  ed  un
regolare follow up. 
    L'accertamento  all'ingresso  deve  essere  svolto  da  personale
sanitario nel piu' breve tempo possibile  e  comunque  non  oltre  le
prime ore dall'ingresso. 
    Il personale penitenziario  e  sanitario  che  gestisce  i  primi
momenti  della  vicenda  detentiva,  al  momento  dell'ingresso,   si
interessa di rilevare  e  riportare  le  informazioni  inerenti  alle
condizioni complessive del detenuto con  l'obiettivo  prioritario  di
intercettare eventuali manifestazioni di volonta' suicidarie. 
    Quanto sopra, operativamente si traduce nella valutazione di  una
serie di  fattori,  a  partire  da  quelli  ampiamente  analizzati  e
documentati dall'O.M.S., che debbono essere  strutturati  all'interno
di uno specifico strumento che consenta di approfondire la conoscenza
del  detenuto,  valutando  l'integrazione  e   l'implementazione   di
strumenti eventualmente gia' adottati a livello regionale e/o locale. 
    La redazione di uno strumento cosi' concepito e strutturato, deve
essere intesa come documento personalizzato ed  individualizzato  per
ogni detenuto, la cui eventuale archiviazione deve essere  codificata
e anonimizzata. 
    Tale strumento, una volta aperto all'ingresso,  dovra'  diventare
un «diario personale» costantemente aggiornato. 
    Resta prioritario pertanto,  sempre  come  specificato  dall'OMS,
favorire e non tralasciare la comunicazione tra il  personale  tutto,
coadiuvata dallo svolgimento di assidue riunioni d'equipe, al fine di
parlare regolarmente del detenuto che abbia dato segni di  rischio  e
stabilire in maniera congiunta le specifiche azioni da intraprendere. 
    Tutti gli aspetti sui  quali  si  ritiene  necessario  porre  una
costante attenzione sono essenzialmente i seguenti: 
    Dati anagrafici; 
    Presenza/assenza   di    componenti    del    nucleo    familiare
specificandone il grado di parentela; 
    Esperienza di detenzione (riportare se il detenuto e' o meno alla
prima esperienza di detenzione, specificando le eventuali  precedenti
esperienze; tipo di reato;  stato  giuridico;  tipo  di  impatto  con
l'istituzione,   nonche'   insoliti   livelli   di    vergogna    e/o
preoccupazione per l'arresto); 
    Date   salienti   (soprattutto   delle   Udienze,   sapendo   che
l'avvicinarsi o il rinvio di tali date rappresenta  fonte  di  grande
stress per il detenuto  ma  anche  ricorrenze  significative  per  la
persona); 
    Abitudini (uso di tabacco, alcolici, ecc.); 
    Informazioni sanitarie (presenza di patologie  psichiatriche,  di
dipendenze, o altre patologie); 
    Fattori di rischio (Ambientali: alloggio  singolo  piuttosto  che
condiviso  da  piu'  persone,  ecc.;  Comportamentali:  aggressivita'
eterodiretta, autodiretta, ecc.; Psicologici:  insoddisfazione  della
vita,  paure  e/o  aspettative  negative   per   il   futuro,   ecc.;
Situazionali: rifiuto di partecipare ad attivita',  di  usufruire  di
ore d'aria, tutto cio' che  evidenzia  una  tendenza  all'isolamento;
Specifici: pensieri suicidari, piani suicidari, ecc.); 
    Eventi vitali  stressanti  (rilevazione  di  quegli  aspetti  che
possono rappresentare fonte di stress e che possono riferirsi, seppur
in maniera differente, tanto alla vita precedente all'ingresso  nella
struttura quanto alla vita all'interno della struttura stessa); 
    Eventi critici (comportamenti autolesivi, tentativi di  suicidio,
comportamenti di tipo dimostrativo, ecc.); 
    Fattori  protettivi  (supporto  sociale,   familiare,   relazione
sentimentale stabile, buone capacita'  di  adattamento  all'ambiente,
ecc.). 
    § 3.3. Il presidio delle situazioni potenzialmente stressanti 
    Nel descrivere le aree operative da  prendere  in  considerazione
nell'elaborazione di un piano di prevenzione, e' stata introdotta  la
questione dell'attenzione quale  fattore  vincente,  sia  in  termini
tecnici che atecnici. 
    A livello locale, nel corso  della  detenzione  possono  emergere
avvenimenti, circostanze, percezioni che aumentano lo  stress.  Nella
biografia  dei  suicidi,  nelle  settimane  e  nei  mesi   precedenti
ricorrono molti di tali fatti. La quotidianita' porta molti operatori
penitenziari a presidiare luoghi ed accadimenti che  possono  essere,
se  non  predittivi,  quantomeno  significativi  rispetto  ad  eventi
stressogeni potenzialmente pericolosi. 
    Quanto segue  e'  un  dettaglio  delle  aree  cui  e'  necessario
prestare particolare attenzione, sempre sul  piano  delle  competenze
relative al livello locale di cui sopra. 
Ingresso 
    Attivazione delle procedure descritte nel  paragrafo  precedente,
con particolare riferimento all'accoglienza con  la  possibilita'  di
prevedere  spazi  specificamente  dedicati.  Il  personale   operante
l'arresto gestisce i primi momenti della vicenda detentiva. 
    E' importante  che  i  suddetti  operatori  siano  opportunamente
preparati all'osservazione specifica delle reazioni emotive e che, al
momento dell'ingresso, riferiscano adeguatamente  se  l'arrestato  ha
espresso disagio o volonta' suicidarie. 
Colloqui 
    Lo svolgimento di un colloquio particolarmente teso o, viceversa,
caratterizzato  da  lunghi  momenti  di  silenzio  o  addirittura  di
sofferenza puo' meritare un successivo approfondimento. 
    Analogamente creare la possibilita' per i famigliari di esprimere
preoccupazione a seguito del contatto con il  parente  detenuto  puo'
essere  importante   per   verificare   tali   preoccupazioni.   Tali
comunicazioni devono poter essere fatte secondo procedure certe e con
referenti esattamente  individuati  e  non  possono  essere  lasciate
all'estemporaneita' e al caso. 
Corrispondenza 
    La cessazione di corrispondenza verso l'esterno o il  rifiuto  di
riceverne sono l'evidente segno di una  rottura  relazionale  e  come
tale indice di una situazione stressante che merita approfondimento. 
    Analogamente verificare la presenza di litigi violenti nel  corso
di telefonate di cui e' consentito l'ascolto. 
Processi 
    Gli Uffici Matricola sono  in  grado  di  registrare  l'evolversi
processuale, in particolare nel caso di reati gravi  o  nel  caso  di
soggetti plurirecidivi. Occorre  tener  presente  che  i  giorni  che
precedono  le  udienze  e  i   giorni   della   condanna   e   quelli
immediatamente  successivi  meritano  attenzione  e,  se  del   caso,
sostegno. Il personale di  scorta  per  e  dalle  aule  di  giustizia
adeguatamente formato, puo' essere in grado di riferire  le  reazioni
del soggetto in ambito processuale e puo' riferirlo  al  momento  del
rientro in carcere. 
Notifiche 
    La comunicazione della fissazione delle udienze, soprattutto  nel
caso di processi riguardanti fatti gravi, o la notifica di condanne o
di provvedimenti che negano misure alternative, in alcune persone che
si presumono  essere  particolarmente  fragili,  puo'  costituire  un
momento stressante da tenere sotto controllo. 
Colloqui avvocati 
    Analogamente al caso dei familiari, anche ai legali  deve  essere
data la possibilita' di riferire al personale eventuali  dubbi  sulla
tenuta emotivo - psicologica dei  propri  assistiti  riscontrata  nel
corso dei colloqui che intercorrono con essi. 
Colloqui magistrati 
    Il  momento  degli  interrogatori  puo'  evidenziare   condizioni
critiche e volonta' suicidarie che meritano  attenzione.  Per  questo
motivo, come nei casi su descritti, i magistrati devono essere  messi
nelle condizioni di comunicare le loro impressioni e i loro timori al
personale penitenziario. 
Patologie 
    L'insorgenza o la presenza di patologie, in particolare se gravi,
invalidanti  o  a  prognosi  infausta,  nel  corso  della  detenzione
costituisce una variabile stressogena da monitorare adeguatamente. 
La vita in sezione 
    La vita in sezione puo' evidenziare atteggiamenti e comportamenti
significativi dal punto  di  vista  del  cedimento  delle  resistenze
individuali allo stress. 
    In tutti questi casi e'  necessario  che  il  personale  operante
possa riferire a referenti certi le proprie impressioni in  modo  che
si possano  effettuare  colloqui  di  approfondimento  ed  interventi
integrati. 
    Una considerazione particolare merita la gestione dei detenuti  a
seguito dell'adozione dei provvedimenti di trasferimento  che  devono
essere limitati ai soli casi strettamente necessari. 
    Il programma operativo previsto per i «nuovi giunti» deve  essere
esteso anche ai detenuti trasferiti. Infatti, anche se tali  detenuti
non  possono  essere  tecnicamente  definiti  «nuovi  giunti»,   sono
tuttavia  sottoposti   per   il   solo   fatto   del   trasferimento,
indipendentemente dai motivi, ad uno stress che puo' essere anche non
indifferente.  Il  detenuto  trasferito  si  ritrova,   infatti,   in
brevissimo  tempo  a  vivere  da  un  ambiente  a  lui  noto  ad  uno
sconosciuto dal punto di vista delle strutture, delle  regole,  delle
persone con le quali interloquire, siano essi  altri  detenuti  o  il
personale penitenziario. Tale nuovo  status  crea,  a  livello  anche
inconscio, un sentimento  di  disagio  nei  confronti  del  nuovo  e,
quindi, si potrebbe porre come fattore di rischio. 
    Tra le situazioni potenzialmente stressanti  si  puo'  annoverare
anche la dimissione. 
    L'Amministrazione penitenziaria ha previsto da tempo  in  diversi
istituti   la   sezione   destinata   ai   soggetti   prossimi   alla
scarcerazione,  al  fine  di  porre  un'attenzione   particolare   al
reinserimento sociale degli stessi. 
    Queste articolazioni devono essere  incrementate  destinandovi  i
detenuti con fine pena nei successivi 3-6 mesi, e sviluppando al loro
interno  un  programma  intensificato  di  sostegno  propedeutico  al
reingresso nella societa'. 
    Infatti, se l'ingresso in carcere dalla  liberta'  e'  un  evento
traumatico, non lo e' meno la rimessione in liberta' specialmente per
le persone che la riacquistano dopo a lunghi periodi di carcerazione. 
    La situazione psicologica del condannato ad un  lungo  fine  pena
rimesso  in  liberta'  potrebbe  creare  criticita'  in  quanto   nel
soggetto, abituato ai ritmi della vita penitenziaria che proprio  per
la sua invasivita' protegge entro certi limiti dagli eventi  esterni,
il timore della rimessione in liberta' potrebbe  far  riemergere  nel
dimettendo sensi di insicurezza, di  precarieta',  di  preoccupazione
per l'ignoto e per il futuro. 
    In tale fase appare rilevante l'apporto fornito dagli  Uffici  di
Esecuzione Penale Esterna - UEPE - e dai servizi sociali territoriali
per  attivare  una  rete  di  attenzione   e   supporto   relazionale
rispondente  ai   bisogni   del   soggetto   per   accompagnarlo   al
reinserimento nella societa'. 
    § 3.4. Lavoro integrato e multidisciplinare 
    In caso  siano  evidenziati  rilevanti  aspetti  di  rischio,  e'
fondamentale    procedere    attraverso    riunioni     di     equipe
multidisciplinare composte  da  Personale  di  area  Penitenziaria  e
Sanitaria, da replicarsi con scadenze prefissate ed il cui  obiettivo
e' di individuare le cause dei suddetti  aspetti  e  le  misure  piu'
idonee per porvi rimedio e prevenire pericolosi acting - out. Va,  in
tal senso, potenziata la presa in carico congiunta e  coordinata  del
paziente detenuto da parte del personale sanitario  e  penitenziario,
con  massimo  utilizzo  del  momento  di  incontro  degli   operatori
all'interno di uno staff multidisciplinare 
    La richiesta di convocazione della riunione di  cui  sopra,  deve
essere avanzata necessariamente ad  horas  da  chiunque  evidenzi  un
elemento di  potenziale  rischio  per  la  salute  del  detenuto.  La
richiesta  va  inoltrata  ai  referenti  individuati  nel  Protocollo
locale. 
    La riunione di equipe multidisciplinare dovra' svolgersi nel piu'
breve  tempo  possibile  e  comunque  non  oltre  le  72  ore   dalla
rilevazione della situazione di rischio  per  il  detenuto.  In  ogni
caso, in questo lasso di tempo, dovranno essere previste le azioni di
cautela corrispondenti al livello di rischio stimato dal sanitario. 
    Vanno definiti modelli di  riferimento  per  la  valutazione  del
rischio, che abbiano alla base solide evidenze scientifiche. 
    § 3.5. La gestione dei casi a rischio 
    L'individuazione del rischio deve comportare l'attivazione di  un
processo gestionale del caso,  a  livello  locale,  che  tenga  conto
essenzialmente dei seguenti aspetti: 
    attivazione della procedura gestionale; 
    alloggiamento; 
    controllo della persona; 
    disponibilita' di oggetti pericolosi; 
    interventi sanitari; 
    interventi di supporto istituzionali; 
    interventi di supporto da parte di peer supporter; 
    chiusura procedura. 
    I suddetti elementi, presi validamente  in  considerazione  nelle
indicazioni fornite a Livello Regionale, saranno declinati a  livello
locale. 
    § 3.6. Protocolli operativi per affrontare le urgenze 
    Il  tentativo  di  porre  in  essere  un  suicidio  necessita  di
protocolli operativi per la gestione dell'urgenza che la gravita' del
gesto e le sue conseguenze potenziali impongono. In tal senso occorre
essere ben consapevoli del fatto che il tempo di reazione  all'evento
e la qualita' dei primi soccorsi possono essere essenziali  per  fare
la differenza tra la vita e la morte. 
    L'O.M.S. sul tema evidenzia una serie di  condizioni  che  devono
essere adeguatamente presidiate. In particolare: 
    il personale regolarmente a contatto con i detenuti  deve  essere
opportunamente addestrato su  temi  quali  il  «primo  soccorso»,  le
tecniche  di  rianimazione  cardio-polmonare   ed   altro,   mediante
attivita' formative regolari e nel  rispetto  della  condivisione  di
programmazione, risorse ed attivita'; 
    il suddetto personale deve inoltre saper comunicare adeguatamente
con gli operatori sanitari chiamati in  via  d'urgenza,  in  modo  da
poter prevedere quanto necessario gia' nel  corso  dell'avvicinamento
al luogo dell'evento; 
    l'adeguatezza degli interventi dovra' anche essere periodicamente
testata attraverso prove in «bianco», realizzando  esercitazioni  per
la  verifica  delle  procedure  che  sono  state  definite  per  ogni
situazione di emergenza, in termini di efficienza ed efficacia  delle
azioni previste. 
    L'O.M.S. raccomanda che l'equipaggiamento per il  salvataggio  di
emergenza sia non solo facilmente accessibile ma anche  costantemente
funzionale grazie a  periodiche  verifiche.  Analogamente  anche  gli
strumenti di comunicazione devono godere della stessa  funzionalita'.
A tal proposito si deve ricordare  la  maggiore  affidabilita'  delle
radio rispetto ai telefoni interni che possono risultare  occupati  o
non presidiati. La  predisposizione  di  una  rete  di  comunicazione
interna certa, affidabile, ridotta all'essenziale  e  veloce  e'  uno
degli elementi di efficacia  che  occorre  ricercare.  Ad  essa  deve
essere associata una via di comunicazione con l'esterno, quanto  piu'
possibile adeguata, che sappia trasmettere non solo la  comunicazione
dell'evento  ma  anche  tutti  gli  elementi  utili  per  una   prima
valutazione di gravita'. 
    § 3.7. Allocazione e sostegno 
    Sulla specifica materia dell'isolamento della  persona  detenuta,
le linee di indirizzo della  Organizzazione  Mondiale  della  Sanita'
affermano che esiste una forte associazione tra scelte  suicidarie  e
collocazione del detenuto in isolamento.  Va  quindi  contrastata  la
tendenza ad isolare le persone a rischio, ricorrendo  all'ausilio  di
detenuti in funzione di peer - supporters  (compagni  o  ascoltatori)
addestrati, tramite attivita' di gruppo organizzate in  sinergia  tra
Amministrazioni Sanitaria e Penitenziaria,  ad  offrire  vicinanza  e
supporto sociale quali elementi importanti ai fini della  prevenzione
del rischio suicidario. Ne consegue che, nell'ambito degli  spazi  di
scambio interdisciplinare  e  delle  scelte  individuate  in  maniera
multiprofessionale ed  integrata,  i  provvedimenti  di  sorveglianza
speciale  per  fronteggiare  gli  eventi  critici,   siano   adottati
unicamente in casi eccezionali, e sempre privilegiando  soluzioni  in
linea con quanto teste' indicato. 
 
                             Titolo III 
 
 
                Monitoraggio, valutazione, debriefing 
 
    § 4. La Valutazione dei Piani e delle attivita' 
    La complessita' del fenomeno e degli sforzi per  implementare  un
effettivo Piano di prevenzione richiama la necessita' di dotarsi, tra
l'altro, di un programma di valutazione  e  monitoraggio  continuo  e
strutturato che schematicamente  puo'  essere  declinato  assicurando
almeno le seguenti attivita': 
    monitoraggio dei Piani elaborati ed implementati; 
    valutazione dei  casi  di  suicidio  in  relazione  ai  Piani  di
prevenzione adottati; 
    attivita' di debriefing in favore del Personale coinvolto; 
    raccolta e diffusione delle buone prassi. 
    § 4.1. Il Monitoraggio. 
    Come gia' accennato, la possibilita' di migliorare la prevenzione
passa anche dalla capacita' di conoscere meglio il  fenomeno.  A  tal
fine  diventa  essenziale  istituire  un  sistema   di   monitoraggio
permanente a livello locale,  regionale  e  nazionale,  in  grado  di
raccogliere i dati che si ritengono necessari. 
    Modalita' generali  e  linee  procedurali  di  indirizzo  saranno
elaborate a livello centrale e diffuse ai livelli  successivi  per  i
dovuti adempimenti e viceversa, in un'ottica di regolare  scambio.  A
tal fine, il Tavolo  di  Consultazione  Permanente  si  occupera'  di
verificare il recepimento e l'attuazione degli Indirizzi Operativi da
parte delle Regioni attraverso richiesta di specifici report annuali;
il livello Regionale, a sua volta, si impegnera' a procedere  con  le
dovute verifiche nei confronti del Livello Locale di  competenza,  il
quale a sua volta dovra'  necessariamente  provvedere  all'attuazione
regolare dei propri compiti. 
    § 4.2. Attivita' post -  facto  -  Documentazione  di  un  evento
infausto 
    All'esito di un evento infausto o che ha  rischiato  di  esserlo,
occorre un  serio  approfondimento  mirato  a  raggiungere  finalita'
diverse. Nei casi di effettivo suicidio la prima  cosa  da  farsi  e'
documentare adeguatamente l'evento a tutela degli eventuali interessi
sia dell'Autorita' Giudiziaria che di quella  Amministrativa.  Al  di
la' del fatto che  alla  prima  doverosa  comunicazione  al  Pubblico
Ministero possono seguire autonome decisioni  di  quest'ultimo,  alle
quali  la  struttura  penitenziaria  non  puo'  che  dare  corso,  e'
opportuno che  le  parti  coinvolte  a  livello  regionale  e  locale
predispongano   un   protocollo   congiunto   di    accertamento    e
documentazione dell'evento che, fatto  salvo  quanto  disposto  dalla
predetta Autorita' Giudiziaria, dovra' essere seguito. 
    Il presente Piano  auspica  una  valutazione  post-facto  operata
sempre congiuntamente, innanzitutto con riferimento alla  tenuta  dei
Piani  di  prevenzione  locali  per  il  miglioramento  costante  dei
processi. 
    § 4.3. Debriefing 
    L'impatto di un suicidio sul personale coinvolto ha un  peso  che
non puo' essere trascurato. Per tale motivo le  indicazioni  generali
segnalano  la  necessita'  di  una  attivita'  di  rielaborazione   e
compensazione per il Personale interessato. Sino ad oggi nel  sistema
penitenziario italiano non e' mai stato attuato  o  sperimentato.  E'
quindi  necessario  iniziare  a  porsi   la   questione   della   sua
implementazione. In via generale questo Piano Nazionale precisa  che,
fatto  salvo  quanto  detto,  in  particolare  a  livello  dei  Piani
Regionali, si vorra' prevedere tale azione di supporto  al  Personale
ed alle persone coinvolte. Pertanto si deve contraddistinguere per: 
    il carattere volontario della partecipazione susseguente  ad  una
offerta informata di intervento; 
    diversita' di  questo  intervento  da  qualunque  altro  tipo  di
approfondimento o valutazione dei fatti; 
    carattere di ascolto non finalizzato ad altro che al sostegno dei
partecipanti; 
    informalita' degli incontri con esclusione di attivita' formale o
di verbalizzazione o di relazione finale; 
    finalizzazione dell'intervento teso a prendere in esame gli stati
d'animo e non la dinamica dei fatti; 
    conduzione  al  di  fuori  della   struttura   penitenziaria   ed
effettuata da Personale idoneo in sede neutra. 
    § 4.4. La Raccolta e la diffusione delle buone prassi 
    Si  conferisce  agli  Osservatori  Regionali  Permanenti  per  la
Sanita' Penitenziaria il compito di raccogliere le prassi  preventive
ritenute piu' efficaci. Le  stesse  verranno  inviate  al  Tavolo  di
consultazione permanete  presso  Conferenza  Unificata  per  la  loro
analisi, sistematizzazione e periodica diffusione. 
 
                              Titolo IV 
 
 
                             Formazione 
 
    § 5. La Formazione degli operatori 
    Il presente Piano, per poter esplicare la  propria  funzione  con
riferimento a ciascuna delle sue parti ha  la  necessita'  di  essere
accompagnato da un articolato e sistematico programma di informazione
e formazione diretto a tutti gli operatori, in particolare a quelli a
piu' diretto contatto con la quotidianita' detentiva. L'aumento della
consapevolezza e l'acquisizione di elementi di conoscenza teorica  ed
operativa consentira' di  ridurre  alcune  visioni  stereotipate  che
limitano la sensibilita' e la possibilita' di adottare procedure piu'
congrue ed efficaci, sia con riferimento al momento preventivo che  a
quello dell'intervento in situazioni d'emergenza. 
    Si  intende  sopperire  a  tale  contingenza   organizzando   una
formazione a «cascata» che consenta  di  fornire  la  padronanza  del
programma formativo e dei suoi contenuti ai livelli regionali. 
    Spettera' a questi ultimi organizzare, presso i P.R.A.P. e/o  gli
Istituti di Istruzione  dell'Amministrazione  penitenziaria  o  altri
Enti  Regionali  e  locali  tali  attivita'.  Le   suddette   saranno
necessariamente concordate  e  svolte  congiuntamente  dalle  Aziende
sanitarie e dall'Amministrazione penitenziaria, nonche' inserite  nei
programmi  annuali  di  formazione  del  proprio   personale,   senza
determinare oneri aggiuntivi per i rispettivi bilanci. 
    In termini generali ed  indicativi  i  piani  formativi  dovranno
prevedere le seguenti aree di approfondimento: 
    Struttura del Piano Nazionale per la Prevenzione  delle  Condotte
Suicidarie in Ambito Penitenziario; 
    Elementi fenomenologici del suicidio e degli eventi autolesivi; 
    Le indicazioni dell'O.M.S.; 
    Modello operativo generale; 
    Laboratorio di progettazione; 
    Fattori  ambientali,  psicologici  e  comportamentali   specifici
predisponenti ai comportamenti suicidari; 
    Benessere organizzativo e ricadute sugli operatori; 
    Temi inerenti strategie di comunicazione e relazione. 
    Inoltre,  come  accennato,  tutto  il  personale  regolarmente  a
contatto con i detenuti deve essere formato anche al  primo  soccorso
ed  alle  fondamentali  tecniche  di  rianimazione  cardio-polmonare,
nonche'  essere   addestrato   all'utilizzo   degli   equipaggiamenti
d'emergenza collocati nell'Istituto. 

(1) World Health Organization, International Association for  Suicide
    Prevention, La prevenzione del suicidio nelle carceri, 2007. 

Nessun commento: