Corte dei Conti
2018: ricorso VS respingimento domanda di rideterminazione della
pensione in relazione alla base pensionabile cui il ricorrente
avrebbe avuto diritto in assenza del c.d. blocco retributivo
Corte dei Conti Piemonte 110/2018
PIEMONTE
Esito
SENTENZA
Materia
PENSIONI
Anno
2018
Numero
110
Pubblicazione
16/10/2018
Codice ecli
ECLI:IT:CONT:2018:110SGPIE
Provvedimenti
collegati
Nessun provvedimento
collegato presente
SENT. N. 110/18
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
la Corte dei Conti
Sezione
giurisdizionale
per la regione
Piemonte
in composizione
monocratica nella persona del Cons. Walter BERRUTI ai sensi dell’art.
151 c.g.c, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio
iscritto al n. 20479 del Registro di Segreteria, promosso da
A. B. (cf Omissis),
nato a Omissis il Omissis e residente in Omissis, rappresentato e
difeso dagli Avv.ti Andrea Saccucci e Matteo Magnano del Foro di
Roma, giusta procura speciale in calce al ricorso;
contro
MINISTERO
DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE e GUARDIA DI FINANZA;
e contro
INPS – Istituto
Nazionale della Previdenza Sociale – Gestione dipendenti pubblici,
in persona del Presidente e legale rappresentante, rappresentato e
difeso anche disgiuntamente, dagli Avv.ti Giorgio RUTA (RTU GRG 55C09
H501X) e Patrizia SANGUINETI (SNG PRZ 69A66 D969D) dell’Ufficio
legale dell’Istituto, giusta procura generale ad lites conferita
per atto del notaio Paolo Castellini, rep. n. 80974/21569 del 21
luglio 2015, con loro elettivamente domiciliato in Torino, Via
Arcivescovado n. 9;
avverso
la nota del 6
febbraio 2018, prot. n. 0040022 con cui l’Amministrazione
finanziaria ha respinto la domanda di rideterminazione della pensione
in relazione alla base pensionabile cui il ricorrente avrebbe avuto
diritto in assenza del c.d. blocco retributivo di cui all’art. 9,
comma 21, secondo periodo, del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, convertito,
con modificazioni, in L. 30 luglio 2010 n. 122.
Visto il decreto con
il quale è stata fissata l’odierna udienza di discussione.
Uditi, alla pubblica
udienza del 25 settembre 2018, il rappresentante dell’Amministrazione
e i legali delle parti, come da verbale.
Ritenuto in
FATTO
Il ricorrente è
ufficiale della Guardia di finanza in pensione, cessato dal servizio,
per limiti di età, in data 29 novembre 2016, con il grado di
colonnello e collocato in riserva a decorrere dalla medesima data.
Al ricorrente,
appartenente ad una categoria di personale che fruisce di meccanismi
di progressione automatica degli stipendi, non è stato considerato
utile ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di
stipendio e, conseguentemente, della pensione, il periodo di servizio
incluso negli anni (2011-2015) del c.d. blocco retributivo di cui
all’art. 9, comma 21, secondo periodo, del D.L. 31 maggio 2010 n.
78, convertito, con modificazioni, in L. 30 luglio 2010 n. 122 (e
norme successive collegate). Con l’istanza in epigrafe e, poi, con
il ricorso in esame il ricorrente ha chiesto la rideterminazione
della pensione in relazione alla base pensionabile cui avrebbe avuto
diritto in assenza del predetto blocco retributivo, osservando come
questo abbia determinato non soltanto un effetto temporaneo sul
trattamento retributivo, ma anche, secondo l’interpretazione
seguita dall’Amministrazione, un effetto permanente sul trattamento
pensionistico.
L’INPS si è
costituito con comparsa depositata in data 31 agosto 2018, in cui ha
eccepito il difetto di giurisdizione di questa Corte sulla domanda
relativa alla spettanza e al computo di elementi retributivi inerenti
direttamente al rapporto di pubblico impiego, la cui cognizione è
demandata al competente TAR, mentre nel merito ha concluso per
l’infondatezza del ricorso e il suo rigetto.
La Guardia di
finanza si è costituita con memoria depositata il 3 settembre 2018,
nella quale ha sostenuto la correttezza del proprio operato,
evidenziato che il c.d. blocco stipendiale ha inevitabilmente
prodotto effetti sul trattamento di quiescenza di coloro che, cessati
dal servizio durante la sua vigenza, non hanno percepito gli
emolumenti stipendiali colpiti dal blocco, i quali conseguentemente,
per effetto delle norme in materia previdenziale, non sono entrati a
far parte della base pensionabile. Ha chiesto, quindi, il rigetto del
ricorso e, in subordine, ha eccepito la prescrizione quinquennale dei
ratei già maturati.
Il giorno
dell’udienza, 25 settembre 2018, la difesa del ricorrente ha
depositato precedenti giurisprudenziali di altre sezioni regionali
favorevoli. Le parti hanno concluso come in atti e la causa è stata
decisa come da dispositivo.
Considerato in
DIRITTO
1. L’eccezione,
sollevata dall’INPS, di difetto di giurisdizione contabile sulla
domanda in quanto diretta all’accertamento del diritto ad
emolumenti retributivi inerenti il rapporto di pubblico impiego va
respinta.
Come noto, la
giurisdizione va determinata, ai sensi dell'art. 386 c.p.c., sulla
base dell'oggetto della domanda secondo il criterio del petitum
sostanziale.
La domanda del
ricorrente, di poter conseguire i benefici retributivi indicati nel
ricorso, non corrisposti in costanza di servizio per effetto del
blocco stipendiale di cui sopra, è finalizzata ad ottenere l’aumento
della misura del trattamento pensionistico in godimento. La domanda,
delimitata nei termini di cui sopra, i soli di cui possa conoscere la
Corte, riguarda la misura della pensione di cui il ricorrente è
titolare e rientra, pertanto, nella “materia di pensioni in tutto o
in parte a carico dello Stato” (oggi la Gestione dipendenti
pubblici - ex INPDAP in seno all’INPS), che, ai sensi degli artt.
13, comma 9 e 62 comma 1 del R.D. n. 1214/1934 (T.U. delle leggi
sulla Corte dei conti) radica la giurisdizione di questa Corte.
2. Nel merito,
secondo questo Giudice, il ricorso è infondato.
Il D.P.R. 29
dicembre 1973 n. 1092 (recante il T.U. delle norme sul trattamento di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), all’art.
43, come sostituito dall'art. 15 L. 29 aprile 1976 n. 177 (e
analogamente l’art. 53 dello stesso D.P.R. per il personale
militare) così dispone in ordine al calcolo della base pensionabile
: “Ai fini della determinazione della misura del trattamento di
quiescenza dei dipendenti civili, la base pensionabile, costituita
dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga o retribuzione e dagli
assegni o indennità pensionabili sottoindicati integralmente
percepiti, è aumentata del 18 per cento (…).”
Questa Corte (cfr.
Sez. II App. n. 393/2013 e la giurisprudenza ivi richiamata) ha
ribadito il principio secondo il quale non è sufficiente la
pensionabilità di un assegno o di un'indennità per il suo
inserimento nella base pensionabile, in assenza di una specifica
disposizione di legge che ciò espressamente preveda. Sennonché,
nella specie, non risulta, prima di tutto, soddisfatto l’altro
requisito stabilito dalla ridetta norma ovvero che l’ultimo
stipendio, l'ultima paga, gli assegni o indennità pensionabili
indicati siano stati integralmente percepiti. Il che non è
avvenuto, come pacifico in giudizio, dal momento che l’erogazione e
la percezione degli emolumenti di cui si discute sono state sospese
ex lege.
Come correttamente
osserva l’Amministrazione, il ricordato principio non è stato
contraddetto nella normativa successiva e, anzi, confermato da quello
secondo cui il trattamento di quiescenza va ragguagliato alla
contribuzione versata durante il rapporto di impiego (cfr. questa
Sez. n. 195/2016).
Gli aumenti
retributivi in questione, pertanto, non essendo mai entrati nella
base retributiva e contributiva del ricorrente, non possono entrare,
giusta quanto sopra, nel computo della corrispondente base
pensionabile.
3. Neppure
sussistono, a parere di questo Giudice, i dubbi di costituzionalità
sollevati dal ricorrente con riferimento all’art. 9, comma 21,
secondo periodo, del D.L. n. 78/2010 (e norme successive collegate).
Come osservano le difese delle parti pubbliche, la Corte
costituzionale ha già avuto occasione di scrutinare la legittimità
delle norme in discorso, concernenti il c.d. blocco stipendiale di
cui al D.L. n. 78/2010 cit., affermandone la compatibilità con la
Costituzione (cfr. C. Cost. n. 178/2015, n. 96/2016). La
valorizzazione, a fini pensionistici, di periodi non coperti da
contribuzione rientra nella discrezionalità del legislatore e la sua
mancanza non appare irragionevole in considerazione delle esigenze di
contenimento della spesa e di salvaguardia degli equilibri di finanza
pubblica evidenziate dalla giurisprudenza costituzionale sopra
richiamata.
In ogni caso la
questione, così come prospettata nel ricorso, pare difettare anche
di rilevanza, dal momento che il calcolo della base pensionabile del
ricorrente non è direttamente regolato dalle norme da questi
censurate, ma da quelle proprie della materia previdenziale di cui si
è fatto cenno.
4. Il ricorso va
quindi respinto.
5. Le spese tuttavia
possono essere compensate in ragione della non univocità della
giurisprudenza in materia.
P.Q.M.
la Corte dei conti,
Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, in composizione
monocratica, definitivamente pronunciando,
rigetta il ricorso,
compensa le spese.
Così deciso in
Torino il 25 settembre 2018
IL GIUDICE
(F.to Dott.
Walter BERRUTI)
Depositata in
Segreteria il 16 Ottobre 2018
Il Direttore della Segreteria
(F.to Antonio CINQUE)
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