TAR 2018: ricorso
avverso sanzione disciplinare riduzione un decimo dello stipendio per
due mensilità, irrogatagli ai sensi art. 80, comma 3, lett. c), del
T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili
dello Stato (TUIC).
Pubblicato il
17/10/2018
N.
05951/2018REG.PROV.COLL.
N. 07297/2012
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di
Stato
in sede
giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso n.
7297/2012, proposto da
xxx xxx,
rappresentato e difeso dall'Avv. Antonino Galletti, con domicilio
eletto presso il suo studio in Roma, Piazzale Don Giovanni Minzoni,
9;
contro
Ministero delle
Politiche Agricole Alimentari e Forestali, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in
Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n.
07273/2012, concernente sanzione disciplinare.
Visti il ricorso in
appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole
Alimentari e Forestali;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza del giorno 25 settembre 2018 il Pres. Marco Lipari e
uditi per le parti l’Avv. Antonino Galletti e l'Avv. dello Stato
Paola Saulino;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La sentenza
impugnata ha rigettato il ricorso proposto dal Sig. xxx xxx, vice
sovrintendente del Corpo Forestale dello Stato, avverso la sanzione
disciplinare della riduzione di un decimo dello stipendio per due
mensilità, irrogatagli ai sensi art. 80, comma 3, lett. c), del T.U.
delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili
dello Stato (TUIC).
2. L’originario
ricorrente impugna la decisione del TAR, riproponendo e sviluppando
le censure articolate in primo grado, anche con riferimento al
mancato esame dei motivi riguardanti la dedotta violazione dei
termini del procedimento disciplinare.
3. L’amministrazione
intimata, costituita in giudizio, resiste al gravame.
4. L’appello è
infondato.
5. Sulla base delle
deduzioni esposte nell’appello e della documentazione istruttoria,
i fatti posti all’origine del provvedimento disciplinare impugnato,
risalenti al 3 luglio 2006, riguardano lo svolgimento di
un’esercitazione di tiro a fuoco presso il Poligono di tiro sito in
Prato.
Al fine di garantire
il regolare svolgimento dell’addestramento, un ordine di servizio
aveva imposto al personale, tenuto alla partecipazione, di trovarsi
in Ufficio alle ore 8.00, così da raggiungere il Poligono di tiro in
tempo utile per l’inizio delle attività, fissato alle ore 9.00.
L’appellante
espone che, però, lo stesso giorno, a causa di un imprevisto
“incidente” con l’arma di ordinanza, era stato costretto a
lasciare l’Ufficio per provvedere alla riparazione. Rientrato nella
sede di servizio e constatato che tutti i colleghi si erano già
recati sul luogo dell’esercitazione, aveva deciso unilateralmente
di avvalersi di un’autovettura di servizio per raggiungere il
Poligono.
Tale determinazione
non era stata comunicata al Capo dell’Ufficio, ma soltanto al
responsabile dell’esercitazione sul luogo dell’addestramento.
Per tali condotte,
il xxx era sottoposto a procedimento disciplinare: le contestazioni
riguardavano, in particolare, l’utilizzo dell’auto di servizio
senza autorizzazione e senza corretta compilazione del “libretto di
macchina”, nonché l’irreperibilità e l’elusione dell’ordine
di servizio sulle modalità di addestramento e l’ostacolo al
regolare svolgimento di tale attività.
In sede
procedimentale, l’appellante giustificava la propria condotta,
dichiarando che “al momento di mettersi la divisa, la fondina ad
estrazione rapida si scuciva completamente da un lato, tanto da
renderla inutilizzabile”, così decideva di riparare l’accessorio
presso un artigiano del luogo, avvisando telefonicamente un collega.
Tuttavia, non essendo riuscito a contattare l’agente scelto con il
quale avrebbe dovuto svolgere l’attività addestrativa e che si era
già avviato verso il poligono di tiro, “con la sola intenzione di
dare compimento al servizio predisposto nel più breve tempo”,
utilizzava un mezzo di servizio per recarsi sul luogo
dell’esercitazione senza attendere l’autorizzazione del Capo
Ufficio, “impegnato in una riunione con molte persone nella propria
stanza”, e chiedendo al responsabile degli automezzi di riferire la
situazione al suddetto Capo Ufficio, non appena fosse stato
possibile.
Per quanto riguarda
la contestazione relativa all’incompleta compilazione del libretto
di macchina, l’appellante replicava che si trattava solo della
“mera dimenticanza dell’apposizione della sigla accanto agli
estremi del viaggio, tutti compilati correttamente”. Aggiungeva che
l’utilizzo del mezzo di servizio, senza preventiva autorizzazione
del responsabile, era stato sanato in altre occasioni, sia nei suoi
confronti sia verso altri colleghi, con semplice comunicazione
verbale e con formale ratifica successiva.
In sintesi,
l’appellante giustificava le condotte addebitate come “incongruenze
nel procedere, solo frutto di causa di forza maggiore, unito forse ad
un eccesso di zelo e alla più assoluta buona fede di comportamento”,
ribadendo come l’unica intenzione fosse quella di “creare meno
problemi possibili al servizio, di fronte ad una situazione non
prevista”.
All’esito
dell’istruttoria, la Commissione di disciplina per il personale del
Corpo forestale dello Stato, esaminati gli atti relativi al
procedimento disciplinare, tenuto conto della relazione del Capo
Ufficio e delle sue osservazioni rese in trattazione orale, rilevata
la responsabilità del deferito per aver utilizzato senza alcuna
autorizzazione un’auto di servizio e ritenuta “mera irregolarità
amministrativa di lieve entità” l’inesatta compilazione de
libretto di macchina, anche alla luce delle considerazioni del Capo
Ufficio, volte ad inquadrare il fatto contestato ad un periodo di
particolare criticità del vice sovrintendente, ormai superato
essendosi lo stesso ristabilito nel proprio equilibrio
comportamentale, e delle particolari modalità di svolgimento della
fattispecie, all’unanimità, deliberava la proposta “di irrogare
al deferito la sanzione disciplinare della riduzione dello stipendio
di un decimo di due mensilità, ai sensi dell’articolo 80, lettera
c) del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 per inosservanza dei doveri
d’ufficio”, ritenendo di infliggere una sanzione “commisurata
alla gravità del fatto ma attenuata”.
Conseguentemente,
con decreto dirigenziale del 13 febbraio 2007, ritenuto regolare il
procedimento disciplinare espletato e ravvisata l’opportunità di
procedere in conformità alla citata deliberazione, all’appellante
è stata irrogata la sanzione disciplinare della riduzione dello
stipendio.
6. La sentenza
appellata ha respinto il ricorso proposto dall’interessato avverso
la sanzione, rilevando che le contestazioni non hanno riguardato “le
circostanze di fatto alla base della vicenda processuale”, ma
l’interpretazione che ne è stata data dalle parti in giudizio.
La pronuncia ha
ritenuto dimostrata la piena regolarità del procedimento e la
legittimità del provvedimento impugnato, rilevando, in assenza di
difetto di istruttoria, l’inconfigurabilità di un falso
apprezzamento o travisamento dei fatti da parte della Commissione di
disciplina: “nessun approfondimento istruttorio sarebbe stato
necessario per diversamente orientare il convincimento unanime della
Commissione di disciplina”, “…non può, infatti,
ragionevolmente dubitarsi della completezza e dell'esaustività
dell'istruttoria svolta e del corretto rilievo attribuito ad alcuni
significativi elementi, quali l’effettivo utilizzo dell’auto di
servizio senza la debita autorizzazione, circostanza confermata dal
ricorrente e che ha originato, in definitiva, la sanzione
disciplinare, così che le doglianze dell'appellante si atteggiano a
mero dissenso dalle conclusioni della Commissione di disciplina”.
7. L’appellante
ribadisce le proprie contestazioni circa la sussistenza degli
elementi costitutivi dell’illecito disciplinare, spiegando la
propria condotta come corretto tentativo di contemperare le “esigenze
formali” rappresentate dall’amministrazione con i “propri
doveri sostanziali”, disattendendo le regole “il meno possibile”
e adattandole alle circostanze contingenti nel “modo meno
traumatico”.
In particolare,
l’appellante non condivide la ricostruzione dei fatti compiuta
dall’organo disciplinare, che ha individuato nei fatti descritti
un’arbitraria disattenzione e una volontaria trasgressione degli
ordini di servizio, e continua a sostenere l’assoluta mancanza di
pregiudizi recati all’attività di addestramento, in lesione
dell’interesse pubblico, evidenziando altresì una mancata
contestazione dell’infondatezza dei rilievi dedotti.
La tesi
dell’appellante non è condivisibile.
L’impugnato
provvedimento disciplinare ha tenuto conto delle giustificazioni
presentate dal deferito e ha ragionevolmente commisurato la sanzione
alle particolari circostanze della fattispecie in esame, attentamente
ponderate e correttamente riferite nella motivazione.
Pertanto, anche
prescindendo dai profili di discrezionalità amministrativa che
contraddistingue i provvedimenti disciplinari, non emergono elementi
idonei a smentire l’esattezza della ricostruzione dei fatti
compiuta dall’amministrazione e la sua adeguata valutazione sul
piano del codice deontologico applicabile al personale del Corpo
Forestale.
Infatti,
l’amministrazione ha compiutamente esaminato i fatti e
motivatamente ha deliberato di applicare la sanzione prevista per
l’inosservanza di doveri d’ufficio nella misura minima, ritenendo
tale riduzione ragionevole, proprio perché attentamente correlata
alle particolarissime circostanze emerse nel corso dell’istruttoria.
A fronte di questa
equilibrata e approfondita valutazione della vicenda disciplinare, il
sindacato del giudice amministrativo, quand’anche potesse tradursi
in una completa rivalutazione del procedimento sanzionatorio, non
condurrebbe ad esiti diversi da quelli stabiliti dal provvedimento
disciplinare impugnato.
8. Ad avviso del
Collegio non appare, poi, condivisibile il richiamo, compiuto
dall’appellante, all’art. 64, comma 2, c.p.a. e al principio di
non contestazione alle deduzioni difensive del ricorrente. Secondo
questa errata prospettiva, il TAR avrebbe dovuto accogliere la tesi
del ricorrente, in mancanza di puntuali repliche
dell’amministrazione.
Ma è evidente
l’equivoco in cui cade l’appellante: la “non contestazione”
riguarda i “fatti materiali” oggetto del giudizio e non le
argomentazioni giuridiche indicate dalle parti.
In questo senso,
allora, è corretta l’impostazione seguita dal TAR, secondo cui il
contrasto tra le parti non riguarda i fatti storici all’origine del
procedimento disciplinare, ma la qualificazione giuridica e
disciplinare delle circostanze fattuali in esame.
Del resto, gli
episodi esposti dall’appellante, oggetto del provvedimento
impugnato, sono stati valutati dalla stessa amministrazione in sede
di procedimento disciplinare e costituiscono il presupposto della
sanzione.
9. Le considerazioni
che procedono conducono anche al rigetto delle censure relative alla
ipotizzata sproporzione e inadeguatezza della sanzione e alla
violazione del termine del procedimento, riproposte in appello, in
quanto ritenute non esaminate dal TAR.
L’applicazione
della sanzione nella misura minima, infatti, è stata attentamente e
ragionevolmente motivata, sicché non emerge la denunciata
illegittimità.
Con riferimento alla
ipotizzata violazione dei termini di durata del procedimento, va
rilevato che il decreto dirigenziale che ha irrogato la sanzione,
ricostruisce analiticamente le varie fasi di svolgimento del
procedimento disciplinare: con nota del 18.07.2006, pervenuta in data
20.07.2006, sono stati trasmessi gli atti istruttori; le
contestazioni venivano formulate con nota del 4.08.2006 notificata in
data 18.09.2006; in risposta l’interessato produceva le proprie
giustificazioni in data 5.10.2006 pervenute in data 26.10.2009;
seguivano la nota di deferimento alla Commissione di disciplina del
23.10.2006 e le successive note della stessa Commissione del
27.10.2006, notificata il 31.10.2006; e del 22.11.2006, notificata il
25.11.2006; in data 15.12.2006 si collocava il verbale di trattazione
orale da parte della Commissione e la deliberazione di istanza di
convocazione del Capo ad interim dell’ufficio territoriale per il
giorno 19.01.2007; seguiva altra nota della Commissione del
22.12.2006, notificata in data 29.12.2006; e il verbale di
trattazione orale del 19.01.2007; in quest’ultima data si procedeva
alla deliberazione da parte della Commissione, trasmessa con nota del
5.02.2007; interveniva, infine, il provvedimento con decreto del
13.02.2007.
In tal modo
risultano rispettati tutti i termini “interni” del procedimento
disciplinare stabiliti dal T.U. per gli impiegati civili. La
normativa prevede, infatti, che le giustificazioni dell’impiegato
debbano essere comunicate entro venti giorni dall’avvenuta
comunicazione delle contestazioni (18.09.2006); entro il quindicesimo
giorno da quello in cui sono pervenute le giustificazioni
(26.10.2006), il capo del personale se ritiene che possa applicarsi
una sanzione più grave della censura e che il caso sia
sufficientemente istruito trasmette gli atti alla Commissione di
disciplina (nota di deferimento del 23.10.2006); entro dieci giorni
successivi a quello in cui sono pervenuti gli atti, il segretario
della Commissione dà avviso all’impiegato della facoltà di
prendere visione di tutti gli atti del procedimento e di estrarne
copia (nota 191 del 27.10.2006); entro trenta giorni dalla scadenza
del precedente termine deve avere luogo la trattazione orale (fissata
in data 15.12.2006) con comunicazione all’impiegato nel rispetto
dei termini previsti; segue poi, nel caso in esame, un supplemento di
istruttoria ex art. 113, comma 3, del T.U. impiegati civili, e viene
indicata la data del 19.01.2007 per la convocazione del Capo ad
interim dell’ufficio territoriale, di cui è data comunicazione
all’impiegato nel rispetto dei termini previsti; conclusa la
trattazione orale si è provveduto la deliberazione (trasmessa con
nota del 5.02.2007); in data 13.02.2007 è, infine, intervenuto il
decreto applicativo della sanzione, da comunicare all’impiegato
entro dieci giorni dalla sua data (notifica avvenuta in data
13.03.2007).
Non trova
applicazione, invece, il termine centoventi giorni, di cui al
regolamento del Ministro delle Politiche Agricole 25 maggio 1992, n.
376, perché la disposizione richiamata dall’appellante, a parte la
sua valenza ordinatoria, concerne solo lo stato giuridico del
personale del Corpo Forestale e non gli speciali procedimenti
disciplinari.
Va aggiunto che, ai
fini del rispetto dei termini di conclusione del procedimento
disciplinare, occorre fare riferimento alla data di adozione del
provvedimento di irrogazione della sanzione. La successiva
comunicazione assume rilevanza ai fini della decorrenza del termine
per un’eventuale impugnazione.
In definitiva,
quindi, l’appello deve essere respinto.
Le spese del grado
possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente
pronunciando, respinge l'appello.
Spese compensate.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma
nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2018 con
l'intervento dei magistrati:
Marco Lipari,
Presidente, Estensore
Luca Lamberti,
Consigliere
Alessandro Verrico,
Consigliere
Giovanni Pescatore,
Consigliere
Solveig Cogliani,
Consigliere
IL PRESIDENTE,
ESTENSORE
Marco Lipari
IL SEGRETARIO
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