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giovedì 16 maggio 2019
N. 116 SENTENZA 2 aprile - 10 maggio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Sicurezza pubblica - Disposizioni regionali finalizzate alla prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo - Istituzione, presso la Giunta regionale, di un "Tavolo di coordinamento per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo. - Legge della Regione Umbria 9 maggio 2018, n. 4 (Disciplina degli interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo - Modificazioni a leggi regionali), artt. 1, comma 1, e 4. (GU n.20 del 15-5-2019 )
N. 116 SENTENZA 2 aprile - 10 maggio 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Sicurezza pubblica - Disposizioni regionali finalizzate alla
prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e del
cyberbullismo - Istituzione, presso la Giunta regionale, di un
"Tavolo di coordinamento per la prevenzione e il contrasto del
bullismo e del cyberbullismo.
- Legge della Regione Umbria 9 maggio 2018, n. 4 (Disciplina degli
interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno
del bullismo e del cyberbullismo - Modificazioni a leggi
regionali), artt. 1, comma 1, e 4.
(GU n.20 del 15-5-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma
1, e 4 della legge della Regione Umbria 9 maggio 2018, n. 4
(Disciplina degli interventi regionali per la prevenzione e il
contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo -
Modificazioni a leggi regionali), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri, con ricorso notificato l'11-17 luglio 2018,
depositato in cancelleria il 17 luglio 2018, iscritto al n. 45 del
registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 2018.
Visto l'atto di costituzione della Regione Umbria;
udito nella udienza pubblica del 2 aprile 2019 il Giudice
relatore Marta Cartabia;
uditi l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Paola Manuali per la Regione
Umbria.
Ritenuto in fatto
1.- Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 1, comma 1, e 4 della
legge della Regione Umbria 9 maggio 2018, n. 4 (Disciplina degli
interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno
del bullismo e del cyberbullismo - Modificazioni a leggi regionali),
per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera h), della
Costituzione.
Ad avviso del ricorrente, la prevenzione del fenomeno del
bullismo e cyberbullismo - oggetto di grande attenzione anche a
livello statale - e' riconducibile alla materia «ordine pubblico e
sicurezza», comprensiva del settore dell'ordinamento riferito
all'«adozione delle misure relative alla prevenzione dei reati o al
mantenimento dell'ordine pubblico». Tale materia, sottolinea il
Governo, e' stata intesa dalla giurisprudenza costituzionale in
termini ampi, facendovi rientrare «le misure e le funzioni pubbliche
preposte a tutelare i beni fondamentali e ogni altro bene che ha
prioritaria importanza per l'ordinamento giuridico sociale» (sono
citate le sentenze di questa Corte n. 33 del 2015, n. 118 del 2013,
n. 35 del 2012, n. 129 del 2009, n. 50 del 2008, n. 105 del 2006, n.
313 del 2003, n. 290 del 2001 e n. 218 del 1988), ed e' strettamente
legata a quella dell'ordinamento penale, cui e' sottesa l'esigenza di
uniformita' di disciplina su tutto il territorio nazionale.
1.1.- Cio' premesso, il Governo sostiene che l'impugnato art. 1,
comma 1, della legge regionale umbra, nella parte in cui prevede,
quale finalita' della legge stessa, quella di «prevenire e
contrastare il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo in tutte le
sue manifestazioni», interferirebbe indebitamente con la competenza
esclusiva statale in materia «ordine pubblico e sicurezza», in quanto
«involge necessariamente i profili di rilievo penalistico delle
condotte riconducibili al bullismo e alla sua dimensione
cibernetica».
Al riguardo, il Governo distingue infatti gli interventi di
carattere prettamente educativo da quelli di politica criminale,
attenendo i primi alla promozione dei valori di civilta' e di una
cultura della legalita' tra le fasce piu' giovani della popolazione,
e i secondi alla prevenzione e repressione dei reati perpetrati dai
minori attraverso aggressioni e molestie ai danni dei piu' deboli. In
tale quadro, la Regione potrebbe intervenire solo attraverso misure
di carattere educativo, essendo illegittima qualsiasi altra
iniziativa regionale in tema di contrasto al bullismo quale fenomeno
criminale.
Pertanto, il generico riferimento a «tutte le manifestazioni»,
contenuto nella disposizione censurata, si presta, secondo il
ricorrente, a un indebito ampliamento dell'area di intervento del
legislatore regionale, in quanto idoneo a ricomprendere non solo
interventi di carattere social-preventivo, ma anche quelli
strettamente inerenti all'ordine pubblico e sicurezza.
1.2.- L'art. 4 della legge reg. Umbria n. 4 del 2018, parimenti
impugnato, istituisce il «Tavolo di coordinamento per la prevenzione
e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo» presso la Giunta
regionale, con l'obiettivo di raccogliere informazioni sulle
iniziative in tema di prevenzione e contrasto del fenomeno in
questione, al fine di creare una sinergia tra tutti i soggetti che in
ambito regionale svolgono tali attivita'.
Secondo la prospettazione del ricorrente, la norma censurata
conferirebbe alla Regione «il generale potere di promuovere,
attraverso il menzionato Tavolo, "il coordinamento" tra i vari
soggetti preposti all'attivita' di prevenzione e contrasto del
bullismo, senza specificazione alcuna in merito alla natura delle
informazioni acquisite, che ben potrebbero riguardare profili penali
e attivita' di polizia in ordine alla prevenzione e repressione dei
vari reati sussumibili nel fenomeno del bullismo», con la conseguenza
che l'acquisizione di informazioni sull'attivita' di ordine pubblico
espletata dagli appartenenti alle Forze di polizia - componenti
facoltativi di detto tavolo - trascenderebbe le finalita' di
carattere sociale ed educativo sottese all'intervento regionale.
2.- Con atto di costituzione depositato il 9 agosto 2018, si e'
costituita in giudizio la Regione Umbria che ha argomentato per
l'infondatezza delle questioni prospettate dal Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ad avviso della resistente, la legge regionale censurata
perseguirebbe esclusivamente finalita' di carattere educativo e
socio-sanitario, estranee alla materia di competenza esclusiva
statale «ordine pubblico e sicurezza» e rientranti, piuttosto, nella
competenza concorrente in materia di «tutela della salute» e di
«istruzione».
2.1.- La difesa regionale evidenzia infatti come il fine indicato
nell'art. 1, oggetto di parziale impugnativa, sia quello di «tutelare
e valorizzare la crescita educativa, sociale e psicologica dei
minorenni, proteggendo e sostenendo in particolare i soggetti piu'
fragili» e come questo sia perseguito anche attraverso «uno stretto
raccordo con l'ufficio scolastico regionale finalizzato
all'attivazione di specifiche campagne di educazione civica» (art. 1,
comma 2, lettera b), della legge reg. Umbria n. 4 del 2018).
Inoltre, prosegue la resistente, gli interventi e i programmi che
la Regione puo' porre in essere per il perseguimento delle finalita'
della legge, individuati al successivo art. 2, assumono
esclusivamente carattere social-preventivo, senza che possa
configurarsi alcuna ingerenza con la materia «ordine pubblico e
sicurezza».
D'altra parte, sottolinea la difesa regionale, lo stesso art. 1
indicato prevede che la legge in oggetto e' adottata, non solo in
attuazione degli artt. 2 e 5 della legge della Regione Umbria 16
aprile 2005, n. 21 (Nuovo Statuto della Regione Umbria), dedicati
rispettivamente ai valori fondamentali dell'identita' regionale,
quali la cultura della non violenza e della legalita', e
all'uguaglianza, ma anche in osservanza dei principi costituzionali e
della legge 29 maggio 2017, n. 71 (Disposizioni a tutela dei minori
per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo),
principi costituzionali che comprendono il rispetto della competenza
esclusiva statale in materia di «ordine pubblico e sicurezza, ad
esclusione della polizia amministrativa locale».
Peraltro, alla luce della costante giurisprudenza della Corte
costituzionale, secondo cui ai fini dell'individuazione della materia
in cui si colloca la norma impugnata, si deve tener conto
dell'oggetto, della ratio e della finalita' della stessa,
«tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, cosi' da
identificare correttamente e compiutamente anche l'interesse
tutelato» (sono citate a tal fine le sentenze n. 175 del 2016, n. 245
e n. 140 del 2015, e n. 167 del 2014), si dovrebbe ritenere che,
nella specie, il legislatore umbro sia intervenuto non per prevenire
le ipotesi di reato e turbativa dell'ordine pubblico legate al
fenomeno in questione, ma per «tutelare e valorizzare la crescita
educativa, sociale e psicologica dei minorenni» (art. 1, comma 1,
della legge reg. Umbria n. 4 del 2018).
A sostegno delle proprie argomentazioni, la difesa regionale
evidenzia inoltre come norme di formulazione identica o del tutto
analoga a quella oggetto del giudizio siano contenute in altre leggi
regionali, non impugnate dal Governo (sono indicati l'art. 1 della
legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2018, n. 2, recante
«Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni del
bullismo e del cyberbullismo»; l'art. 1 della legge della Regione
Lombardia 7 febbraio 2017, n. 1, recante «Disciplina degli interventi
regionali in materia di prevenzione e contrasto al fenomeno del
bullismo e del cyberbullismo»; l'art. 1 della legge della Regione
Lazio 24 marzo 2016, n. 2, recante «Disciplina degli interventi
regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del
bullismo»).
2.2.- Con riguardo al secondo motivo di ricorso, relativo
all'art. 4 della legge regionale impugnata, la resistente sottolinea
come lo scopo del Tavolo di coordinamento sia unicamente quello di
raccogliere informazioni sul bullismo e cyberbullismo e sulle
iniziative di prevenzione e contrasto dei due fenomeni presenti sul
territorio regionale, essendo evidente, ad avviso della Regione, che
la raccolta delle informazioni avvenga per le finalita' esplicitate
all'art. 1 della legge stessa, ossia per «tutelare e valorizzare la
crescita educativa, sociale e psicologica dei minorenni, proteggendo
e sostenendo in particolare i soggetti piu' fragili».
Diversamente da quanto sostenuto dal Governo, nell'articolo in
esame non vi sarebbe quindi alcuna previsione in capo alla Regione di
un «generale potere di promuovere attraverso il menzionato Tavolo, il
"coordinamento" tra i vari soggetti preposti all'attivita' di
prevenzione e contrasto del bullismo», bensi' la chiara finalita' di
«creare una sinergia tra tutti i soggetti che in ambito regionale
contribuiscono a prevenire e contrastare il fenomeno del bullismo e
del cyberbullismo».
La censura sarebbe comunque infondata alla luce della sentenza n.
105 del 2006 di questa Corte, che ha ritenuto non fondata la
questione di legittimita' costituzionale della disposizione di una
legge abruzzese, istitutiva di un comitato scientifico regionale per
le politiche di sicurezza e legalita', in ragione dei compiti allo
stesso affidati, aventi essenzialmente carattere di studio e ricerca,
analogamente all'attivita' del Tavolo di coordinamento umbro, cui e'
demandata un'attivita' precipuamente conoscitiva, che escluderebbe
ogni incidenza sull'invocata competenza statale.
Inoltre, secondo la resistente, il carattere facoltativo della
partecipazione all'organo indicato da parte dei rappresentanti delle
Forze di polizia sarebbe sufficiente ad escludere comunque ogni
profilo di illegittimita' costituzionale alla luce della sentenza
della Corte n. 134 del 2004.
Infine, la difesa regionale sottolinea come previsioni analoghe a
quella impugnata, contenute in simili leggi di altre Regioni, non
siano state oggetto di censura governativa.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 4
della legge della Regione Umbria 9 maggio 2018, n. 4 (Disciplina
degli interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del
fenomeno del bullismo e del cyberbullismo - Modificazioni a leggi
regionali), in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera h),
della Costituzione.
Ad avviso del ricorrente, l'art. 1, laddove prevede che la legge
regionale umbra e' volta a prevenire e contrastare il fenomeno del
bullismo e del cyberbullismo «in tutte le sue manifestazioni»,
conterrebbe una «formulazione generica e poco chiara», atta a
ricomprendere non solo interventi di carattere social-preventivo, ma
anche quelli strettamente inerenti all'ordine pubblico e alla
sicurezza.
Con riferimento all'art. 4, istitutivo del «Tavolo di
coordinamento per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del
cyberbullismo», il Governo lamenta che l'acquisizione di informazioni
sull'attivita' di ordine pubblico espletata dagli appartenenti alle
Forze di polizia - componenti facoltativi di detto tavolo -
trascenderebbe le finalita' di carattere sociale ed educativo sottese
all'intervento regionale e conferirebbe invece alla Regione «il
generale potere di promuovere, attraverso il menzionato Tavolo, "il
coordinamento" tra i vari soggetti preposti all'attivita' di
prevenzione e contrasto del bullismo, e potrebbero riguardare profili
penali e attivita' di polizia in ordine alla prevenzione e
repressione dei vari reati sussumibili nel fenomeno del bullismo».
Entrambe le disposizioni impugnate, dunque, eccederebbero l'area
di intervento regionale, circoscritta agli interventi di carattere
educativo e social-preventivo, interferendo indebitamente con la
competenza esclusiva statale in materia di «ordine pubblico e
sicurezza».
2.- Le questioni non sono fondate.
2.1.- Deve preliminarmente osservarsi come il fenomeno del
bullismo e del cyberbullismo sia oggetto di particolare attenzione ad
ogni livello, per l'allarme destato dal diffondersi di comportamenti
aggressivi, soprattutto negli ambienti scolastici, che non di rado
trascendono in forme di violenza fisica e psicologica verso i
soggetti piu' deboli e meno integrati. Il fenomeno non e' nuovo, ma
nelle nuove generazioni presenta caratteri di maggiore diffusione e
pervasivita', a causa delle potenzialita' offerte dagli strumenti
tecnologici, i nuovi media e i social networks. Il legislatore
statale e' da ultimo intervenuto in materia con la legge 29 maggio
2017, n. 71 (Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed
il contrasto del fenomeno del cyberbullismo), che ha, tra l'altro,
previsto l'attivazione di un tavolo tecnico presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri, con il compito di redigere un piano di azione
integrato per contrastare e prevenire il bullismo e realizzare una
banca dati per il monitoraggio del fenomeno.
Il tema e' particolarmente sentito anche a livello locale, dove
numerose sono le iniziative regionali, non necessariamente a
carattere legislativo, che perseguono il medesimo obiettivo di
prevenzione e contrasto del bullismo, attraverso la promozione e il
finanziamento di progetti e programmi per la diffusione di una
cultura del rispetto dell'altro, della dignita' di ogni persona,
della convivenza civile, della solidarieta', nonche' l'istituzione di
organismi tecnici per il monitoraggio e l'analisi del fenomeno. Un
tale obiettivo, del resto, richiede un'azione capillare, soprattutto
di tipo educativo, che coinvolga tutti i soggetti che quotidianamente
entrano in contatto con i ragazzi nei vari ambiti di socializzazione,
a partire dalle famiglie e dalle scuole.
2.2.- In questo quadro si inserisce anche la legge reg. Umbria n.
4 del 2018, la quale prevede una serie di interventi volti alla
prevenzione e al contrasto del bullismo e cyberbullismo nel
territorio regionale.
Si tratta invero di un intervento normativo volto a promuovere
campagne di educazione civica all'interno delle istituzioni
scolastiche, nonche' accordi e intese con i soggetti istituzionali
operanti nel territorio, promuovendo e finanziando progetti e
programmi per la diffusione della cultura della legalita' e del
rispetto della dignita' della persona in ambiente scolastico e nei
luoghi di aggregazione giovanile, come pure per l'uso consapevole
degli strumenti informatici e della rete.
2.3.- L'art. 1 della legge regionale impugnata, dichiaratamente
collocandosi nel rispetto dei principi costituzionali e della citata
legge n. 71 del 2017, descrive le finalita' dell'intervento
regionale, che mira a «tutelare e valorizzare la crescita educativa,
sociale e psicologica dei minorenni, proteggendo e sostenendo in
particolare i soggetti piu' fragili». Per il raggiungimento di tali
obiettivi, la Regione Umbria promuove e sostiene, attraverso
finanziamenti gravanti su appositi capitoli di spesa nell'ambito
della Missione denominata «Diritti sociali, politiche sociali e
famiglia» (art. 8 della legge reg. Umbria n. 4 del 2018), progetti e
programmi concernenti: la realizzazione di campagne di
sensibilizzazione e informazione in ordine alla gravita' del bullismo
e cyberbullismo e delle sue conseguenze; la promozione di iniziative
di carattere culturale, sociale, sanitario, ricreativo e sportivo sui
temi, tra gli altri, della legalita' e del rispetto reciproco;
l'attivazione di programmi di sostegno in favore dei minorenni
vittime di atti di bullismo, nonche' di programmi di recupero rivolti
agli autori di detti atti, oltre all'organizzazione di corsi,
programmi di assistenza e di supporto per i genitori (art. 2 della
medesima legge regionale).
2.4.- L'art. 4 impugnato istituisce il «Tavolo di coordinamento
per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo»,
presieduto dal Presidente della Giunta regionale o l'Assessore a tal
fine delegato. Esso e' composto dai presidenti delle consulte
provinciali degli studenti, dai rappresentanti delle ASL e da un
rappresentante dell'ANCI. Possono altresi' partecipare, previa intesa
con gli enti di appartenenza, anche i Prefetti, un rappresentante
dell'Ufficio scolastico regionale, uno dell'Ordine degli avvocati,
uno dell'Arma dei Carabinieri, uno della Polizia e uno della Guardia
di finanza.
Detto organismo ha il compito di raccogliere informazioni sui
fenomeni in esame e sulle iniziative di prevenzione e contrasto degli
stessi presenti nel territorio, al fine di creare una «sinergia» tra
tutti i soggetti che in ambito regionale contribuiscono a prevenire e
contrastare il bullismo.
Il Tavolo opera in raccordo con il Tavolo di coordinamento delle
politiche giovanili e si avvale del supporto del Garante regionale
dell'infanzia e l'adolescenza, del Comitato regionale per le
comunicazioni e del Comitato tecnico-scientifico per la sicurezza e
la vivibilita'.
3. - La lettura complessiva della legge della Regione Umbria
porta ad escludere che le disposizioni impugnate eccedano l'ambito di
intervento regionale e interferiscano, come sostenuto nel ricorso,
con la competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico in
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.
La giurisprudenza di questa Corte ha piu' volte ribadito che «ai
fini dell'individuazione della materia nella quale si colloca la
norma impugnata, si deve tener conto dell'oggetto, della ratio e
della finalita' della disciplina da essa stabilita, "tralasciando gli
aspetti marginali e gli effetti riflessi, cosi' da identificare
correttamente e compiutamente anche l'interesse tutelato" (ex
plurimis, sentenze n. 140 del 2015 e n. 167 del 2014; analogamente
sentenze n. 175 del 2016 e n. 245 del 2015)» (sentenza n. 108 del
2017).
In ossequio a tali principi, occorre esaminare le disposizioni
impugnate nel contesto di una lettura integrata e sistematica della
legge regionale Umbria n. 4 del 2018, a partire dalle sue finalita'
che perseguono il dichiarato intento di «prevenire e contrastare il
fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, in tutte le sue
manifestazioni, al fine di tutelare e valorizzare la crescita
educativa, sociale e psicologica dei minorenni, proteggendo e
sostenendo in particolare i soggetti piu' fragili» (art. 1). Le
tipologie di interventi programmati allo scopo, il novero dei
soggetti coinvolti, l'enunciazione delle tipologie dei progetti
ammessi ai finanziamenti e l'individuazione dei beneficiari dei
medesimi denotano che la Regione ha inteso agire esclusivamente su un
piano educativo, con particolare attenzione agli ambienti rivolti ai
piu' giovani e con azioni di tipo culturale, sociale, sanitario,
ricreativo e sportivo. Non vi sono elementi che possano manifestare
una interferenza della Regione nelle attivita' di repressione del
bullismo e del cyberbullismo, la cui individuazione e definizione e'
data invece dal legislatore statale (art. 1, comma 2, della legge n.
71 del 2017) che ha stabilito anche i relativi rimedi e le relative
sanzioni (si vedano gli artt. 2, 5 e 7 della legge n. 71 del 2017).
Ne' vi e' traccia di sovrapposizione da parte del legislatore
regionale con le scelte di politica criminale per il contrasto ai
reati connessi ai fenomeni in questione, anch'esse rientranti,
invece, nella sfera statale (art. 7 della legge n. 71 del 2017).
Il legislatore regionale e' piuttosto intervenuto in un'ottica di
prevenzione del bullismo quale problema di interesse sociale
generale, per tutelare e valorizzare la crescita educativa, sociale e
psicologica dei minorenni, perseguendo finalita' di prevenzione,
estranee alla materia della tutela dell'ordine pubblico e della
sicurezza.
4.- Anche in riferimento al Tavolo di coordinamento regionale di
cui all'art. 4 della legge reg. Umbria n. 4 del 2018, il ricorso
lamenta una invasione delle competenze esclusive del legislatore
statale in materia di sicurezza e ordine pubblico, ex art. 117,
secondo comma, lettera h), Cost., poiche', ad avviso del ricorrente,
e' ben possibile che le informazioni raccolte da questo organismo
trascendano le finalita' di carattere sociale, culturale ed educativo
proclamate all'art. 1 della suddetta legge regionale e sconfinino
nella materia penale, intersecando, percio', le attivita' di polizia
relative ai reati sussumibili nel fenomeno del bullismo. Invero, il
dato testuale e una lettura della disposizione impugnata alla luce
delle altre previsioni della legge regionale consentono di escludere
che l'attivita' di detto organo possa ledere l'invocata competenza
esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza.
Occorre innanzi tutto osservare che i compiti del Tavolo di
coordinamento, di cui all'impugnato art. 4, si limitano alla raccolta
di «informazioni sul bullismo e sul cyberbullismo e sulle iniziative
di prevenzione e contrasto degli stessi presenti sul territorio».
Questa Corte ha ripetutamente ritenuto non fondate le questioni di
legittimita' costituzionale sollevate in riferimento ad altre
disposizioni di leggi regionali che prevedevano l'istituzione di
organismi operanti nell'ambito della promozione della cultura della
legalita', quando i compiti da questi svolti erano essenzialmente di
promozione culturale, di studio e di ricerca (sentenze n. 208 del
2018 e n. 105 del 2006). Invero, secondo un orientamento costante
della giurisprudenza costituzionale, la competenza dello Stato in
materia di ordine e sicurezza pubblica riguarda le funzioni dirette a
tutelare interessi fondamentali, quali l'integrita' fisica e psichica
delle persone, o la sicurezza dei beni (sentenza n. 290 del 2001),
restando estranea a tale ambito l'attivita' di conoscenza, formazione
e ricerca che appare strutturalmente inidonea ad incidere
sull'assetto della competenza statale (sentenze n. 208 del 2018 e n.
105 del 2006).
Analoghe valutazioni possono ripetersi anche per le competenze
affidate al tavolo tecnico umbro a cui, nell'ambito della prevenzione
e contrasto del bullismo, sono riconosciute attribuzioni meramente
informative e conoscitive (a contrario, sentenza n. 325 del 2011, che
ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una disposizione
legislativa della Regione Puglia istitutiva di una «Agenzia regionale
per la promozione della legalita' e della cittadinanza sociale», i
cui compiti definivano «un ruolo operativo non riducibile a meri
compiti istruttori, consultivi o di studio»).
Ne' in senso contrario depone la possibile partecipazione al
Tavolo di coordinamento di esponenti delle Forze di polizia.
L'impugnato art. 4, infatti, prevede che oltre ai soggetti indicati
nel primo periodo - appartenenti all'amministrazione regionale e
sanitaria, agli organismi rappresentativi degli studenti e alle
associazioni che operano nel settore - al Tavolo «possono
partecipare, previa intesa con gli enti di appartenenza, anche i
Prefetti della Regione o loro delegati, un rappresentante
dell'Ufficio scolastico regionale, un rappresentante degli Ordini
degli Avvocati presenti sul territorio regionale, designato
congiuntamente dagli Ordini stessi, un rappresentante dell'Arma dei
Carabinieri, un rappresentante della Polizia di Stato e un
rappresentante della Guardia di Finanza». La presenza dei Prefetti e
dei rappresentanti dell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato
e della Guardia di Finanza, tra i soggetti invitati al Tavolo di
coordinamento, ha erroneamente indotto il ricorrente a ravvisare una
possibile invasione nel campo delle attivita' di sicurezza e ordine
pubblico riservate allo Stato. Invero, la disposizione e' chiara nel
precisare che la partecipazione dei rappresentanti delle Forze di
polizia e' solo eventuale e facoltativa, ed e' pur sempre subordinata
ad una «previa intesa con gli enti di appartenenza». Si tratta dunque
di un'ipotesi ben diversa da quelle nelle quali questa Corte ha in
passato dichiarato l'illegittimita' costituzionale di disposizioni di
leggi regionali con le quali si istituivano organismi nella cui
composizione era prevista la presenza necessaria dei questori, dei
prefetti e dei rappresentanti delle Forze dell'ordine preposte alla
pubblica sicurezza (tra le molte, sentenza n. 55 del 2001). Nel caso
del «Tavolo di coordinamento per la prevenzione e il contrasto del
bullismo e del cyberbullismo» istituito dalla Regione Umbria, la
facoltativita' della partecipazione dei rappresentanti delle forze
dell'ordine e la tipologia dei compiti meramente conoscitivi e
informativi ad esso affidati consentono di ritenere che la Regione
resistente si sia legittimamente mossa nell'ambito della propria
competenza, di promozione culturale e politica socio-assistenziale,
senza tracimare nel campo della tutela dell'ordine pubblico e della
sicurezza, spettante in via esclusiva allo Stato.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli artt. 1, comma 1, e 4 della legge della Regione Umbria 9 maggio
2018, n. 4 (Disciplina degli interventi regionali per la prevenzione
e il contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo -
Modificazioni a leggi regionali), promosse dal Presidente del
Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettera h) della Costituzione, con il ricorso in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 2 aprile 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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