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giovedì 16 maggio 2019

N. 116 SENTENZA 2 aprile - 10 maggio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Sicurezza pubblica - Disposizioni regionali finalizzate alla prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo - Istituzione, presso la Giunta regionale, di un "Tavolo di coordinamento per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo. - Legge della Regione Umbria 9 maggio 2018, n. 4 (Disciplina degli interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo - Modificazioni a leggi regionali), artt. 1, comma 1, e 4. (GU n.20 del 15-5-2019 )



N. 116 SENTENZA 2 aprile - 10 maggio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Sicurezza  pubblica  -  Disposizioni   regionali   finalizzate   alla
  prevenzione  e  contrasto  del  fenomeno   del   bullismo   e   del
  cyberbullismo - Istituzione, presso  la  Giunta  regionale,  di  un
  "Tavolo di coordinamento per la  prevenzione  e  il  contrasto  del
  bullismo e del cyberbullismo.
- Legge della Regione Umbria 9 maggio 2018, n.  4  (Disciplina  degli
  interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno
  del  bullismo  e  del  cyberbullismo  -   Modificazioni   a   leggi
  regionali), artt. 1, comma 1, e 4.

(GU n.20 del 15-5-2019 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
1, e 4  della  legge  della  Regione  Umbria  9  maggio  2018,  n.  4
(Disciplina degli  interventi  regionali  per  la  prevenzione  e  il
contrasto  del  fenomeno  del  bullismo   e   del   cyberbullismo   -
Modificazioni  a  leggi  regionali),  promosso  dal  Presidente   del
Consiglio dei ministri, con ricorso notificato l'11-17  luglio  2018,
depositato in cancelleria il 17 luglio 2018, iscritto al  n.  45  del
registro ricorsi 2018 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 2018.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Umbria;
    udito nella  udienza  pubblica  del  2  aprile  2019  il  Giudice
relatore Marta Cartabia;
    uditi l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato  Paola  Manuali  per  la  Regione
Umbria.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con il  ricorso  indicato  in  epigrafe,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 1, comma 1,  e  4  della
legge della Regione Umbria 9 maggio  2018,  n.  4  (Disciplina  degli
interventi regionali per la prevenzione e il contrasto  del  fenomeno
del bullismo e del cyberbullismo - Modificazioni a leggi  regionali),
per contrasto con  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  h),  della
Costituzione.
    Ad  avviso  del  ricorrente,  la  prevenzione  del  fenomeno  del
bullismo e cyberbullismo -  oggetto  di  grande  attenzione  anche  a
livello statale - e' riconducibile alla materia  «ordine  pubblico  e
sicurezza»,  comprensiva  del   settore   dell'ordinamento   riferito
all'«adozione delle misure relative alla prevenzione dei reati  o  al
mantenimento  dell'ordine  pubblico».  Tale  materia,  sottolinea  il
Governo, e'  stata  intesa  dalla  giurisprudenza  costituzionale  in
termini ampi, facendovi rientrare «le misure e le funzioni  pubbliche
preposte a tutelare i beni fondamentali e  ogni  altro  bene  che  ha
prioritaria importanza per  l'ordinamento  giuridico  sociale»  (sono
citate le sentenze di questa Corte n. 33 del 2015, n. 118  del  2013,
n. 35 del 2012, n. 129 del 2009, n. 50 del 2008, n. 105 del 2006,  n.
313 del 2003, n. 290 del 2001 e n. 218 del 1988), ed e'  strettamente
legata a quella dell'ordinamento penale, cui e' sottesa l'esigenza di
uniformita' di disciplina su tutto il territorio nazionale.
    1.1.- Cio' premesso, il Governo sostiene che l'impugnato art.  1,
comma 1, della legge regionale umbra, nella  parte  in  cui  prevede,
quale  finalita'  della  legge  stessa,  quella   di   «prevenire   e
contrastare il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo in tutte  le
sue manifestazioni», interferirebbe indebitamente con  la  competenza
esclusiva statale in materia «ordine pubblico e sicurezza», in quanto
«involge necessariamente  i  profili  di  rilievo  penalistico  delle
condotte  riconducibili   al   bullismo   e   alla   sua   dimensione
cibernetica».
    Al riguardo, il  Governo  distingue  infatti  gli  interventi  di
carattere prettamente educativo  da  quelli  di  politica  criminale,
attenendo i primi alla promozione dei valori di  civilta'  e  di  una
cultura della legalita' tra le fasce piu' giovani della  popolazione,
e i secondi alla prevenzione e repressione dei reati  perpetrati  dai
minori attraverso aggressioni e molestie ai danni dei piu' deboli. In
tale quadro, la Regione potrebbe intervenire solo  attraverso  misure
di  carattere  educativo,   essendo   illegittima   qualsiasi   altra
iniziativa regionale in tema di contrasto al bullismo quale  fenomeno
criminale.
    Pertanto, il generico riferimento a  «tutte  le  manifestazioni»,
contenuto  nella  disposizione  censurata,  si  presta,  secondo   il
ricorrente, a un indebito ampliamento  dell'area  di  intervento  del
legislatore regionale, in quanto  idoneo  a  ricomprendere  non  solo
interventi  di   carattere   social-preventivo,   ma   anche   quelli
strettamente inerenti all'ordine pubblico e sicurezza.
    1.2.- L'art. 4 della legge reg. Umbria n. 4 del  2018,  parimenti
impugnato, istituisce il «Tavolo di coordinamento per la  prevenzione
e il contrasto del bullismo e del  cyberbullismo»  presso  la  Giunta
regionale,  con  l'obiettivo  di   raccogliere   informazioni   sulle
iniziative in  tema  di  prevenzione  e  contrasto  del  fenomeno  in
questione, al fine di creare una sinergia tra tutti i soggetti che in
ambito regionale svolgono tali attivita'.
    Secondo la prospettazione  del  ricorrente,  la  norma  censurata
conferirebbe  alla  Regione  «il  generale  potere   di   promuovere,
attraverso il  menzionato  Tavolo,  "il  coordinamento"  tra  i  vari
soggetti  preposti  all'attivita'  di  prevenzione  e  contrasto  del
bullismo, senza specificazione alcuna in  merito  alla  natura  delle
informazioni acquisite, che ben potrebbero riguardare profili  penali
e attivita' di polizia in ordine alla prevenzione e  repressione  dei
vari reati sussumibili nel fenomeno del bullismo», con la conseguenza
che l'acquisizione di informazioni sull'attivita' di ordine  pubblico
espletata dagli appartenenti  alle  Forze  di  polizia  -  componenti
facoltativi  di  detto  tavolo  -  trascenderebbe  le  finalita'   di
carattere sociale ed educativo sottese all'intervento regionale.
    2.- Con atto di costituzione depositato il 9 agosto 2018,  si  e'
costituita in giudizio la  Regione  Umbria  che  ha  argomentato  per
l'infondatezza  delle  questioni  prospettate  dal   Presidente   del
Consiglio dei ministri.
    Ad  avviso  della  resistente,  la  legge   regionale   censurata
perseguirebbe  esclusivamente  finalita'  di  carattere  educativo  e
socio-sanitario,  estranee  alla  materia  di  competenza   esclusiva
statale «ordine pubblico e sicurezza» e rientranti, piuttosto,  nella
competenza concorrente in materia  di  «tutela  della  salute»  e  di
«istruzione».
    2.1.- La difesa regionale evidenzia infatti come il fine indicato
nell'art. 1, oggetto di parziale impugnativa, sia quello di «tutelare
e valorizzare  la  crescita  educativa,  sociale  e  psicologica  dei
minorenni, proteggendo e sostenendo in particolare  i  soggetti  piu'
fragili» e come questo sia perseguito anche attraverso  «uno  stretto
raccordo   con    l'ufficio    scolastico    regionale    finalizzato
all'attivazione di specifiche campagne di educazione civica» (art. 1,
comma 2, lettera b), della legge reg. Umbria n. 4 del 2018).
    Inoltre, prosegue la resistente, gli interventi e i programmi che
la Regione puo' porre in essere per il perseguimento delle  finalita'
della   legge,   individuati   al   successivo   art.   2,   assumono
esclusivamente   carattere   social-preventivo,   senza   che   possa
configurarsi alcuna ingerenza  con  la  materia  «ordine  pubblico  e
sicurezza».
    D'altra parte, sottolinea la difesa regionale, lo stesso  art.  1
indicato prevede che la legge in oggetto e'  adottata,  non  solo  in
attuazione degli artt. 2 e 5 della  legge  della  Regione  Umbria  16
aprile 2005, n. 21 (Nuovo Statuto  della  Regione  Umbria),  dedicati
rispettivamente  ai  valori  fondamentali  dell'identita'  regionale,
quali  la  cultura  della  non  violenza   e   della   legalita',   e
all'uguaglianza, ma anche in osservanza dei principi costituzionali e
della legge 29 maggio 2017, n. 71 (Disposizioni a tutela  dei  minori
per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno  del  cyberbullismo),
principi costituzionali che comprendono il rispetto della  competenza
esclusiva statale in materia di  «ordine  pubblico  e  sicurezza,  ad
esclusione della polizia amministrativa locale».
    Peraltro, alla luce della  costante  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale, secondo cui ai fini dell'individuazione della materia
in  cui  si  colloca  la  norma  impugnata,  si  deve   tener   conto
dell'oggetto,  della  ratio   e   della   finalita'   della   stessa,
«tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, cosi'  da
identificare  correttamente   e   compiutamente   anche   l'interesse
tutelato» (sono citate a tal fine le sentenze n. 175 del 2016, n. 245
e n. 140 del 2015, e n. 167 del  2014),  si  dovrebbe  ritenere  che,
nella specie, il legislatore umbro sia intervenuto non per  prevenire
le ipotesi di  reato  e  turbativa  dell'ordine  pubblico  legate  al
fenomeno in questione, ma per «tutelare  e  valorizzare  la  crescita
educativa, sociale e psicologica dei minorenni»  (art.  1,  comma  1,
della legge reg. Umbria n. 4 del 2018).
    A sostegno delle  proprie  argomentazioni,  la  difesa  regionale
evidenzia inoltre come norme di formulazione  identica  o  del  tutto
analoga a quella oggetto del giudizio siano contenute in altre  leggi
regionali, non impugnate dal Governo (sono indicati  l'art.  1  della
legge  della  Regione  Piemonte  5  febbraio  2018,  n.  2,   recante
«Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni  del
bullismo e del cyberbullismo»; l'art. 1  della  legge  della  Regione
Lombardia 7 febbraio 2017, n. 1, recante «Disciplina degli interventi
regionali in materia di  prevenzione  e  contrasto  al  fenomeno  del
bullismo e del cyberbullismo»; l'art. 1  della  legge  della  Regione
Lazio 24 marzo 2016,  n.  2,  recante  «Disciplina  degli  interventi
regionali  per  la  prevenzione  e  il  contrasto  del  fenomeno  del
bullismo»).
    2.2.-  Con  riguardo  al  secondo  motivo  di  ricorso,  relativo
all'art. 4 della legge regionale impugnata, la resistente  sottolinea
come lo scopo del Tavolo di coordinamento sia  unicamente  quello  di
raccogliere  informazioni  sul  bullismo  e  cyberbullismo  e   sulle
iniziative di prevenzione e contrasto dei due fenomeni  presenti  sul
territorio regionale, essendo evidente, ad avviso della Regione,  che
la raccolta delle informazioni avvenga per le  finalita'  esplicitate
all'art. 1 della legge stessa, ossia per «tutelare e  valorizzare  la
crescita educativa, sociale e psicologica dei minorenni,  proteggendo
e sostenendo in particolare i soggetti piu' fragili».
    Diversamente da quanto sostenuto dal  Governo,  nell'articolo  in
esame non vi sarebbe quindi alcuna previsione in capo alla Regione di
un «generale potere di promuovere attraverso il menzionato Tavolo, il
"coordinamento"  tra  i  vari  soggetti  preposti  all'attivita'   di
prevenzione e contrasto del bullismo», bensi' la chiara finalita'  di
«creare una sinergia tra tutti i soggetti  che  in  ambito  regionale
contribuiscono a prevenire e contrastare il fenomeno del  bullismo  e
del cyberbullismo».
    La censura sarebbe comunque infondata alla luce della sentenza n.
105 del 2006  di  questa  Corte,  che  ha  ritenuto  non  fondata  la
questione di legittimita' costituzionale della  disposizione  di  una
legge abruzzese, istitutiva di un comitato scientifico regionale  per
le politiche di sicurezza e legalita', in ragione  dei  compiti  allo
stesso affidati, aventi essenzialmente carattere di studio e ricerca,
analogamente all'attivita' del Tavolo di coordinamento umbro, cui  e'
demandata un'attivita' precipuamente  conoscitiva,  che  escluderebbe
ogni incidenza sull'invocata competenza statale.
    Inoltre, secondo la resistente, il  carattere  facoltativo  della
partecipazione all'organo indicato da parte dei rappresentanti  delle
Forze di polizia  sarebbe  sufficiente  ad  escludere  comunque  ogni
profilo di illegittimita' costituzionale  alla  luce  della  sentenza
della Corte n. 134 del 2004.
    Infine, la difesa regionale sottolinea come previsioni analoghe a
quella impugnata, contenute in simili leggi  di  altre  Regioni,  non
siano state oggetto di censura governativa.

                       Considerato in diritto

    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 1, e  4
della legge della Regione Umbria 9  maggio  2018,  n.  4  (Disciplina
degli interventi regionali per la  prevenzione  e  il  contrasto  del
fenomeno del bullismo e del cyberbullismo  -  Modificazioni  a  leggi
regionali), in riferimento all'art. 117, secondo comma,  lettera  h),
della Costituzione.
    Ad avviso del ricorrente, l'art. 1, laddove prevede che la  legge
regionale umbra e' volta a prevenire e contrastare  il  fenomeno  del
bullismo e  del  cyberbullismo  «in  tutte  le  sue  manifestazioni»,
conterrebbe  una  «formulazione  generica  e  poco  chiara»,  atta  a
ricomprendere non solo interventi di carattere social-preventivo,  ma
anche  quelli  strettamente  inerenti  all'ordine  pubblico  e   alla
sicurezza.
    Con  riferimento  all'art.   4,   istitutivo   del   «Tavolo   di
coordinamento per la prevenzione e il contrasto del  bullismo  e  del
cyberbullismo», il Governo lamenta che l'acquisizione di informazioni
sull'attivita' di ordine pubblico espletata dagli  appartenenti  alle
Forze  di  polizia  -  componenti  facoltativi  di  detto  tavolo   -
trascenderebbe le finalita' di carattere sociale ed educativo sottese
all'intervento regionale  e  conferirebbe  invece  alla  Regione  «il
generale potere di promuovere, attraverso il menzionato  Tavolo,  "il
coordinamento"  tra  i  vari  soggetti  preposti   all'attivita'   di
prevenzione e contrasto del bullismo, e potrebbero riguardare profili
penali  e  attivita'  di  polizia  in  ordine  alla   prevenzione   e
repressione dei vari reati sussumibili nel fenomeno del bullismo».
    Entrambe le disposizioni impugnate, dunque, eccederebbero  l'area
di intervento regionale, circoscritta agli  interventi  di  carattere
educativo e  social-preventivo,  interferendo  indebitamente  con  la
competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  «ordine  pubblico  e
sicurezza».
    2.- Le questioni non sono fondate.
    2.1.-  Deve  preliminarmente  osservarsi  come  il  fenomeno  del
bullismo e del cyberbullismo sia oggetto di particolare attenzione ad
ogni livello, per l'allarme destato dal diffondersi di  comportamenti
aggressivi, soprattutto negli ambienti scolastici, che  non  di  rado
trascendono in  forme  di  violenza  fisica  e  psicologica  verso  i
soggetti piu' deboli e meno integrati. Il fenomeno non e'  nuovo,  ma
nelle nuove generazioni presenta caratteri di maggiore  diffusione  e
pervasivita', a causa delle  potenzialita'  offerte  dagli  strumenti
tecnologici, i nuovi  media  e  i  social  networks.  Il  legislatore
statale e' da ultimo intervenuto in materia con la  legge  29  maggio
2017, n. 71 (Disposizioni a tutela dei minori per la  prevenzione  ed
il contrasto del fenomeno del cyberbullismo), che  ha,  tra  l'altro,
previsto l'attivazione di un tavolo tecnico presso la Presidenza  del
Consiglio dei ministri, con il compito di redigere un piano di azione
integrato per contrastare e prevenire il bullismo  e  realizzare  una
banca dati per il monitoraggio del fenomeno.
    Il tema e' particolarmente sentito anche a livello  locale,  dove
numerose  sono  le  iniziative  regionali,  non   necessariamente   a
carattere  legislativo,  che  perseguono  il  medesimo  obiettivo  di
prevenzione e contrasto del bullismo, attraverso la promozione  e  il
finanziamento di progetti  e  programmi  per  la  diffusione  di  una
cultura del rispetto dell'altro,  della  dignita'  di  ogni  persona,
della convivenza civile, della solidarieta', nonche' l'istituzione di
organismi tecnici per il monitoraggio e l'analisi  del  fenomeno.  Un
tale obiettivo, del resto, richiede un'azione capillare,  soprattutto
di tipo educativo, che coinvolga tutti i soggetti che quotidianamente
entrano in contatto con i ragazzi nei vari ambiti di socializzazione,
a partire dalle famiglie e dalle scuole.
    2.2.- In questo quadro si inserisce anche la legge reg. Umbria n.
4 del 2018, la quale prevede  una  serie  di  interventi  volti  alla
prevenzione  e  al  contrasto  del  bullismo  e   cyberbullismo   nel
territorio regionale.
    Si tratta invero di un intervento normativo  volto  a  promuovere
campagne  di  educazione   civica   all'interno   delle   istituzioni
scolastiche, nonche' accordi e intese con  i  soggetti  istituzionali
operanti  nel  territorio,  promuovendo  e  finanziando  progetti   e
programmi per la diffusione  della  cultura  della  legalita'  e  del
rispetto della dignita' della persona in ambiente  scolastico  e  nei
luoghi di aggregazione giovanile, come  pure  per  l'uso  consapevole
degli strumenti informatici e della rete.
    2.3.- L'art. 1 della legge regionale  impugnata,  dichiaratamente
collocandosi nel rispetto dei principi costituzionali e della  citata
legge  n.  71  del  2017,  descrive  le   finalita'   dell'intervento
regionale, che mira a «tutelare e valorizzare la crescita  educativa,
sociale e psicologica dei  minorenni,  proteggendo  e  sostenendo  in
particolare i soggetti piu' fragili». Per il raggiungimento  di  tali
obiettivi,  la  Regione  Umbria  promuove  e   sostiene,   attraverso
finanziamenti gravanti su  appositi  capitoli  di  spesa  nell'ambito
della Missione  denominata  «Diritti  sociali,  politiche  sociali  e
famiglia» (art. 8 della legge reg. Umbria n. 4 del 2018), progetti  e
programmi   concernenti:   la   realizzazione    di    campagne    di
sensibilizzazione e informazione in ordine alla gravita' del bullismo
e cyberbullismo e delle sue conseguenze; la promozione di  iniziative
di carattere culturale, sociale, sanitario, ricreativo e sportivo sui
temi, tra gli  altri,  della  legalita'  e  del  rispetto  reciproco;
l'attivazione di  programmi  di  sostegno  in  favore  dei  minorenni
vittime di atti di bullismo, nonche' di programmi di recupero rivolti
agli  autori  di  detti  atti,  oltre  all'organizzazione  di  corsi,
programmi di assistenza e di supporto per i genitori  (art.  2  della
medesima legge regionale).
    2.4.- L'art. 4 impugnato istituisce il «Tavolo  di  coordinamento
per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del  cyberbullismo»,
presieduto dal Presidente della Giunta regionale o l'Assessore a  tal
fine  delegato.  Esso  e'  composto  dai  presidenti  delle  consulte
provinciali degli studenti, dai rappresentanti  delle  ASL  e  da  un
rappresentante dell'ANCI. Possono altresi' partecipare, previa intesa
con gli enti di appartenenza, anche  i  Prefetti,  un  rappresentante
dell'Ufficio scolastico regionale, uno  dell'Ordine  degli  avvocati,
uno dell'Arma dei Carabinieri, uno della Polizia e uno della  Guardia
di finanza.
    Detto organismo ha il compito  di  raccogliere  informazioni  sui
fenomeni in esame e sulle iniziative di prevenzione e contrasto degli
stessi presenti nel territorio, al fine di creare una «sinergia»  tra
tutti i soggetti che in ambito regionale contribuiscono a prevenire e
contrastare il bullismo.
    Il Tavolo opera in raccordo con il Tavolo di coordinamento  delle
politiche giovanili e si avvale del supporto  del  Garante  regionale
dell'infanzia  e  l'adolescenza,  del  Comitato  regionale   per   le
comunicazioni e del Comitato tecnico-scientifico per la  sicurezza  e
la vivibilita'.
    3. - La lettura complessiva  della  legge  della  Regione  Umbria
porta ad escludere che le disposizioni impugnate eccedano l'ambito di
intervento regionale e interferiscano, come  sostenuto  nel  ricorso,
con la competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico  in
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.
    La giurisprudenza di questa Corte ha piu' volte ribadito che  «ai
fini dell'individuazione della materia  nella  quale  si  colloca  la
norma impugnata, si deve tener  conto  dell'oggetto,  della  ratio  e
della finalita' della disciplina da essa stabilita, "tralasciando gli
aspetti marginali e  gli  effetti  riflessi,  cosi'  da  identificare
correttamente  e  compiutamente  anche  l'interesse   tutelato"   (ex
plurimis, sentenze n. 140 del 2015 e n. 167  del  2014;  analogamente
sentenze n. 175 del 2016 e n. 245 del 2015)»  (sentenza  n.  108  del
2017).
    In ossequio a tali principi, occorre  esaminare  le  disposizioni
impugnate nel contesto di una lettura integrata e  sistematica  della
legge regionale Umbria n. 4 del 2018, a partire dalle  sue  finalita'
che perseguono il dichiarato intento di «prevenire e  contrastare  il
fenomeno  del  bullismo  e  del  cyberbullismo,  in  tutte   le   sue
manifestazioni,  al  fine  di  tutelare  e  valorizzare  la  crescita
educativa,  sociale  e  psicologica  dei  minorenni,  proteggendo   e
sostenendo in particolare i  soggetti  piu'  fragili»  (art.  1).  Le
tipologie  di  interventi  programmati  allo  scopo,  il  novero  dei
soggetti  coinvolti,  l'enunciazione  delle  tipologie  dei  progetti
ammessi ai  finanziamenti  e  l'individuazione  dei  beneficiari  dei
medesimi denotano che la Regione ha inteso agire esclusivamente su un
piano educativo, con particolare attenzione agli ambienti rivolti  ai
piu' giovani e con azioni  di  tipo  culturale,  sociale,  sanitario,
ricreativo e sportivo. Non vi sono elementi che  possano  manifestare
una interferenza della Regione nelle  attivita'  di  repressione  del
bullismo e del cyberbullismo, la cui individuazione e definizione  e'
data invece dal legislatore statale (art. 1, comma 2, della legge  n.
71 del 2017) che ha stabilito anche i relativi rimedi e  le  relative
sanzioni (si vedano gli artt. 2, 5 e 7 della legge n. 71  del  2017).
Ne' vi  e'  traccia  di  sovrapposizione  da  parte  del  legislatore
regionale con le scelte di politica criminale  per  il  contrasto  ai
reati  connessi  ai  fenomeni  in  questione,  anch'esse  rientranti,
invece, nella sfera statale (art. 7 della legge n. 71 del 2017).
    Il legislatore regionale e' piuttosto intervenuto in un'ottica di
prevenzione  del  bullismo  quale  problema  di   interesse   sociale
generale, per tutelare e valorizzare la crescita educativa, sociale e
psicologica dei  minorenni,  perseguendo  finalita'  di  prevenzione,
estranee alla materia  della  tutela  dell'ordine  pubblico  e  della
sicurezza.
    4.- Anche in riferimento al Tavolo di coordinamento regionale  di
cui all'art. 4 della legge reg. Umbria n.  4  del  2018,  il  ricorso
lamenta una invasione  delle  competenze  esclusive  del  legislatore
statale in materia di sicurezza  e  ordine  pubblico,  ex  art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost., poiche', ad avviso del  ricorrente,
e' ben possibile che le informazioni  raccolte  da  questo  organismo
trascendano le finalita' di carattere sociale, culturale ed educativo
proclamate all'art. 1 della suddetta  legge  regionale  e  sconfinino
nella materia penale, intersecando, percio', le attivita' di  polizia
relative ai reati sussumibili nel fenomeno del bullismo.  Invero,  il
dato testuale e una lettura della disposizione  impugnata  alla  luce
delle altre previsioni della legge regionale consentono di  escludere
che l'attivita' di detto organo possa  ledere  l'invocata  competenza
esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza.
    Occorre innanzi tutto osservare  che  i  compiti  del  Tavolo  di
coordinamento, di cui all'impugnato art. 4, si limitano alla raccolta
di «informazioni sul bullismo e sul cyberbullismo e sulle  iniziative
di prevenzione e contrasto degli  stessi  presenti  sul  territorio».
Questa Corte ha ripetutamente ritenuto non fondate  le  questioni  di
legittimita'  costituzionale  sollevate  in  riferimento   ad   altre
disposizioni di leggi  regionali  che  prevedevano  l'istituzione  di
organismi operanti nell'ambito della promozione della  cultura  della
legalita', quando i compiti da questi svolti erano essenzialmente  di
promozione culturale, di studio e di ricerca  (sentenze  n.  208  del
2018 e n. 105 del 2006). Invero,  secondo  un  orientamento  costante
della giurisprudenza costituzionale, la  competenza  dello  Stato  in
materia di ordine e sicurezza pubblica riguarda le funzioni dirette a
tutelare interessi fondamentali, quali l'integrita' fisica e psichica
delle persone, o la sicurezza dei beni (sentenza n.  290  del  2001),
restando estranea a tale ambito l'attivita' di conoscenza, formazione
e  ricerca  che   appare   strutturalmente   inidonea   ad   incidere
sull'assetto della competenza statale (sentenze n. 208 del 2018 e  n.
105 del 2006).
    Analoghe valutazioni possono ripetersi anche  per  le  competenze
affidate al tavolo tecnico umbro a cui, nell'ambito della prevenzione
e contrasto del bullismo, sono  riconosciute  attribuzioni  meramente
informative e conoscitive (a contrario, sentenza n. 325 del 2011, che
ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  di  una  disposizione
legislativa della Regione Puglia istitutiva di una «Agenzia regionale
per la promozione della legalita' e della  cittadinanza  sociale»,  i
cui compiti definivano «un ruolo  operativo  non  riducibile  a  meri
compiti istruttori, consultivi o di studio»).
    Ne' in senso contrario  depone  la  possibile  partecipazione  al
Tavolo  di  coordinamento  di  esponenti  delle  Forze  di   polizia.
L'impugnato art. 4, infatti, prevede che oltre ai  soggetti  indicati
nel primo periodo  -  appartenenti  all'amministrazione  regionale  e
sanitaria, agli  organismi  rappresentativi  degli  studenti  e  alle
associazioni  che  operano  nel  settore   -   al   Tavolo   «possono
partecipare, previa intesa con gli  enti  di  appartenenza,  anche  i
Prefetti  della  Regione   o   loro   delegati,   un   rappresentante
dell'Ufficio scolastico regionale,  un  rappresentante  degli  Ordini
degli  Avvocati  presenti   sul   territorio   regionale,   designato
congiuntamente dagli Ordini stessi, un rappresentante  dell'Arma  dei
Carabinieri,  un  rappresentante  della  Polizia  di   Stato   e   un
rappresentante della Guardia di Finanza». La presenza dei Prefetti  e
dei rappresentanti dell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di  Stato
e della Guardia di Finanza, tra i  soggetti  invitati  al  Tavolo  di
coordinamento, ha erroneamente indotto il ricorrente a ravvisare  una
possibile invasione nel campo delle attivita' di sicurezza  e  ordine
pubblico riservate allo Stato. Invero, la disposizione e' chiara  nel
precisare che la partecipazione dei  rappresentanti  delle  Forze  di
polizia e' solo eventuale e facoltativa, ed e' pur sempre subordinata
ad una «previa intesa con gli enti di appartenenza». Si tratta dunque
di un'ipotesi ben diversa da quelle nelle quali questa  Corte  ha  in
passato dichiarato l'illegittimita' costituzionale di disposizioni di
leggi regionali con le  quali  si  istituivano  organismi  nella  cui
composizione era prevista la presenza necessaria  dei  questori,  dei
prefetti e dei rappresentanti delle Forze dell'ordine  preposte  alla
pubblica sicurezza (tra le molte, sentenza n. 55 del 2001). Nel  caso
del «Tavolo di coordinamento per la prevenzione e  il  contrasto  del
bullismo e del cyberbullismo»  istituito  dalla  Regione  Umbria,  la
facoltativita' della partecipazione dei  rappresentanti  delle  forze
dell'ordine e  la  tipologia  dei  compiti  meramente  conoscitivi  e
informativi ad esso affidati consentono di ritenere  che  la  Regione
resistente si sia  legittimamente  mossa  nell'ambito  della  propria
competenza, di promozione culturale e  politica  socio-assistenziale,
senza tracimare nel campo della tutela dell'ordine pubblico  e  della
sicurezza, spettante in via esclusiva allo Stato.

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
degli artt. 1, comma 1, e 4 della legge della Regione Umbria 9 maggio
2018, n. 4 (Disciplina degli interventi regionali per la  prevenzione
e il contrasto del  fenomeno  del  bullismo  e  del  cyberbullismo  -
Modificazioni  a  leggi  regionali),  promosse  dal  Presidente   del
Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,
lettera h) della Costituzione, con il ricorso in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 2 aprile 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                      Marta CARTABIA, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA


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