N. 10 SENTENZA 16 - 31 gennaio 2020
Giudizio sull'ammissibilita' dei referendum.
Referendum - Richiesta di referendum abrogativo denominata
"Abolizione del metodo proporzionale nell'attribuzione dei seggi in
collegi plurinominali nel sistema elettorale della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica" - Finalita' di realizzare
(con la c.d. tecnica del "ritaglio") un sistema elettorale
totalmente maggioritario a collegi uninominali avente il carattere
di auto-applicativita' - Eccessiva manipolativita' del quesito
referendario, nella parte in cui investe la delega di cui all'art.
3 della legge n. 51 del 2019 (conferita al Governo per l'attuazione
della riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei
parlamentari) - Inammissibilita' della richiesta presentata dai
Consigli regionali dell'Abruzzo, della Basilicata, del
Friuli-Venezia Giulia, della Liguria, della Lombardia, del
Piemonte, della Sardegna e del Veneto.
- Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (nel
testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso
successivamente apportate), artt. 1, 3, 4, 14, 17, 18-bis, 19, 20,
21, 22, 24, 30, 31, 48, 53, 58, 59-bis, 68, 69, 71, 77, 83, 83-bis,
84, 85, 86 e 106, e allegate Tabelle A-bis e A-ter; decreto
legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (nel testo risultante dalle
modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate),
artt. 1, 2, 9, 10, 11, 14, 16, 16-bis, 17, 17-bis e 19, e allegate
Tabelle A e B; legge 27 maggio 2019, n. 51, art. 3; legge 3
novembre 2017, n. 165, art. 3.
- Costituzione, art. 75; legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,
art. 2, primo comma.
(GU n.6 del 5-2-2020 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Marta CARTABIA;
Giudici :Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo
comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 (Norme
integrative della Costituzione concernenti la Corte costituzionale),
della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione delle
seguenti disposizioni:
«a) [...] Testo Unico delle leggi recanti norme per l'elezione
della Camera dei Deputati, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante dalle
modificazioni ed integrazioni ad esso successivamente apportate,
limitatamente a:
- articolo 1, comma 2, limitatamente alle parole "un numero di",
nonche' alle parole "tre ottavi del totale dei", alle parole "con
arrotondamento all'unita' inferiore," alle parole "la circoscrizione
Trentino-Alto Adige/Südtirol e' ripartita in un numero di collegi
uninominali pari alla meta' dei seggi assegnati alla circoscrizione
medesima, con arrotondamento all'unita' pari superiore." e all'ultimo
periodo: "Le circoscrizioni cui sono assegnati tre deputati sono
ripartite in due collegi uninominali; le circoscrizioni cui sono
assegnati due deputati sono costituite in un collegio uninominale";
comma 3: "3. Per l'assegnazione degli altri seggi ciascuna
circoscrizione e' ripartita in collegi plurinominali costituiti, di
norma, dall'aggregazione del territorio di collegi uninominali
contigui e tali che a ciascuno di essi sia assegnato, di norma, un
numero di seggi non inferiore a tre e non superiore a otto."; comma
4, ultimo periodo: "Gli altri seggi sono assegnati nei collegi
plurinominali e sono attribuiti, con metodo proporzionale, ai sensi
degli articoli 83 e 83-bis, alle liste e alle coalizioni di liste.";
- articolo 3, comma 2: "2. Con il medesimo decreto del Presidente
della Repubblica di cui al comma 1, sulla base dei risultati
dell'ultimo censimento generale della popolazione, riportati dalla
piu' recente pubblicazione ufficiale dell'Istituto nazionale di
statistica, e' determinato il numero complessivo di seggi da
attribuire in ciascuna circoscrizione nei collegi plurinominali,
compresi i seggi spettanti ai collegi uninominali.";
- articolo 4, comma 2, limitatamente alle parole ", corredato dei
nomi dei candidati nel collegio plurinominale";
- articolo 14, primo comma, limitatamente alle parole "nei
collegi plurinominali e" nonche' alle parole "nei singoli collegi
plurinominali e";
- articolo 17, primo comma, limitatamente alle parole "delle
liste di candidati nei collegi plurinominali e";
- articolo 18-bis, comma 1, limitatamente alle parole "nel
collegio plurinominale, con l'indicazione dei candidati della lista",
nonche' alle parole "compresi nel collegio plurinominale,", alla
parola "plurinominale" ovunque ricorra, nonche' alla parola
"plurinominali"; comma 1-bis, limitatamente alla parola
"plurinominale"; comma 2-bis, secondo periodo: "Ciascuna lista e'
tenuta a presentare candidati in tutti i collegi uninominali del
collegio plurinominale, a pena di inammissibilita'."; comma 3: "3. In
ogni collegio plurinominale ciascuna lista, all'atto della
presentazione, e' composta da un elenco di candidati presentati
secondo un ordine numerico. Il numero dei candidati non puo' essere
inferiore alla meta', con arrotondamento all'unita' superiore, dei
seggi assegnati al collegio plurinominale e non puo' essere superiore
al limite massimo di seggi assegnati al collegio plurinominale; in
ogni caso, il numero dei candidati non puo' essere inferiore a due
ne' superiore a quattro. A pena di inammissibilita', nella
successione interna delle liste nei collegi plurinominali, i
candidati sono collocati secondo un ordine alternato di genere.";
comma 3.1, secondo periodo: "Nel complesso delle liste nei collegi
plurinominali presentate da ciascuna lista a livello nazionale,
nessuno dei due generi puo' essere rappresentato nella posizione di
capolista in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento
all'unita' piu' prossima."; comma 3-bis: "3-bis. Salvo quanto
previsto dal comma 3, alla lista e' allegato un elenco di quattro
candidati supplenti, due di sesso maschile e due di sesso
femminile.";
- articolo 19, comma 1, limitatamente alle parole "plurinominali
o"; commi 2: "2. Nessun candidato puo' essere incluso in liste con lo
stesso contrassegno in piu' di cinque collegi plurinominali, a pena
di nullita'." e 4: "4. Il candidato in un collegio uninominale puo'
essere candidato, con il medesimo contrassegno, in collegi
plurinominali, fino ad un massimo di cinque."; comma 5, limitatamente
alle parole "plurinominale o";
- articolo 20, primo comma, limitatamente alle parole "Le liste
dei candidati nei collegi plurinominali e";
- articolo 21, secondo comma, limitatamente alle parole "delle
liste di candidati nei collegi plurinominali presentate,";
- articolo 22, primo comma, n. 3), limitatamente alle parole
"riduce al limite prescritto le liste contenenti un numero di
candidati superiore a quello stabilito al comma 3 dell'articolo
18-bis, cancellando gli ultimi nomi, e dichiara non valide le liste
contenenti un numero di candidati inferiore a quello stabilito al
comma 3 dell'articolo 18-bis e quelle che non presentano i requisiti
di cui al terzo periodo del medesimo comma"; n. 6-bis, limitatamente
alle parole "dei candidati di ciascuna lista e" nonche' alle parole
"che procedono per le eventuali modifiche nel modo seguente" e alle
successive lettere a) e b): " a) nel caso in cui risultino comunque
rispettate le disposizioni di cui all'articolo 18-bis, comma 3,
inserendo in coda alle liste dei candidati i candidati dello stesso
sesso presenti nell'elenco dei candidati supplenti di cui
all'articolo 18-bis, comma 3-bis;", "b) nel caso in cui, procedendo
ai sensi della lettera a), non risultino rispettate le disposizioni
di cui all'articolo 18-bis, comma 3, inserendo nei posti rimasti
vacanti nelle liste i candidati dello stesso sesso presenti
nell'elenco dei candidati supplenti di cui all'articolo 18-bis, comma
3-bis."; n. 6-ter: "6-ter) a seguito di eventuale rinuncia alla
candidatura, delle verifiche di cui al presente articolo ai fini del
rispetto dei criteri di cui all'articolo 18-bis e di ulteriori
verifiche prescritte dalla legge, procede all'eventuale modifica
della composizione delle liste dei candidati nei collegi
plurinominali nel modo seguente: a) nel caso in cui risultino
comunque rispettate le disposizioni di cui all'articolo 18-bis, comma
3, inserendo in coda alle liste dei candidati i candidati dello
stesso sesso presenti nell'elenco dei candidati supplenti di cui
all'articolo 18-bis, comma 3-bis; b) nel caso in cui, procedendo ai
sensi della lettera a), non risultino rispettate le disposizioni di
cui all'articolo 18-bis, comma 3, inserendo nei posti rimasti vacanti
nelle liste i candidati dello stesso sesso presenti nell'elenco dei
candidati supplenti di cui all'articolo 18-bis, comma 3-bis.";
secondo comma, limitatamente alle parole "e delle modificazioni da
questo apportate alla lista.";
- articolo 24, primo comma, n. 2), limitatamente alla parola
"plurinominali", alle parole "di lista,", alle parole "delle liste
della coalizione," nonche' alle parole "ai nominativi dei candidati,
nell'ordine numerico di cui all'articolo 18-bis, comma 3, e"; n. 5),
limitatamente alla parola "plurinominali";
- articolo 30, primo comma, n. 4, limitatamente alle parole "le
liste dei candidati del collegio plurinominale e";
- articolo 31, comma 1, limitatamente alle parole "con le
caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A-bis
e A-ter allegate al presente testo unico"; comma 2, secondo periodo:
"A fianco del contrassegno, nello stesso rettangolo, sono elencati i
nomi e i cognomi dei candidati nel collegio plurinominale secondo il
rispettivo ordine di presentazione."; comma 3, limitatamente alle
parole "nonche' i nomi e i cognomi dei candidati nel collegio
plurinominale"; comma 4, limitatamente alle parole "nonche' i nomi e
i cognomi dei candidati nel collegio plurinominale."; comma 5: "5.
Nella parte esterna della scheda, entro un apposito rettangolo, e'
riportata in carattere maiuscolo la seguente dicitura: "Il voto si
esprime tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta ed
e' espresso per tale lista e per il candidato uninominale ad essa
collegato. Se e' tracciato un segno sul nome del candidato
uninominale il voto e' espresso anche per la lista ad esso collegata
e, nel caso di piu' liste collegate, il voto e' ripartito tra le
liste della coalizione in proporzione ai voti ottenuti nel
collegio".";
- articolo 48, primo comma, secondo periodo, limitatamente alla
parola "plurinominale."; terzo periodo, limitatamente alla parola
"plurinominale,";
- articolo 53, primo comma, limitatamente alla parola
"plurinominale";
- articolo 58, secondo comma, primo periodo, limitatamente alle
parole "e i nominativi dei candidati nel collegio plurinominale.";
secondo periodo, limitatamente alle parole "a favore della lista e";
terzo comma, primo periodo, limitatamente alle parole "a favore della
lista e" nonche' secondo periodo: "Nel caso di piu' liste collegate
in coalizione, i voti sono ripartiti tra le liste della coalizione in
proporzione ai voti ottenuti da ciascuna nel collegio uninominale.";
- articolo 59-bis, comma 1, limitatamente alle parole "e i
nominativi dei candidati nel collegio plurinominale," nonche' alle
parole "a favore della lista e"; comma 2, limitatamente alle parole
"e un altro segno sulla lista di candidati nel collegio plurinominale
della lista medesima" nonche' alle parole "a favore della lista e";
- articolo 68, comma 3, quarto periodo, limitatamente alle parole
"dei voti di ciascuna lista e"; comma 3-bis, limitatamente alle
parole "i voti di lista e";
- articolo 69, secondo periodo: "Quando un unico segno sia
tracciato su piu' rettangoli, il voto si intende riferito al
contrassegno su cui insiste la parte prevalente del segno stesso.";
- articolo 71, primo comma, n. 2), limitatamente alle parole "dei
voti di lista e"; secondo comma, limitatamente alle parole "per le
singole liste e";
- articolo 77, primo comma, lettere c) d), e) f) g), h), i) ed
l): "c) determina la cifra elettorale di collegio uninominale di
ciascuna lista. Tale cifra e' data dalla somma dei voti validi
conseguiti dalla lista stessa nelle singole sezioni elettorali del
collegio uninominale e dei voti espressi a favore dei soli candidati
nei collegi uninominali collegati a piu' liste in coalizione di cui
all'articolo 58, terzo comma, ultimo periodo, attribuiti alla lista a
seguito delle seguenti operazioni: l'Ufficio divide il totale dei
voti validi conseguiti da tutte le liste della coalizione nel
collegio uninominale per il numero dei voti espressi a favore dei
soli candidati nei collegi uninominali, ottenendo il quoziente di
ripartizione. Divide poi il totale dei voti validi conseguiti da
ciascuna lista per tale quoziente. La parte intera del quoziente
cosi' ottenuto rappresenta il numero dei voti da assegnare a ciascuna
lista; i voti che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente
assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni abbiano
dato i maggiori resti, secondo l'ordine decrescente dei resti
medesimi. Nella ripartizione dei voti espressi in favore dei soli
candidati nei collegi uninominali collegati a piu' liste in
coalizione, l'Ufficio esclude dal computo i voti espressi in favore
della lista rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute
nei collegi uninominali dove questa ha presentato proprie candidature
ai sensi dell'articolo 18-bis, comma 1-bis;", "d) determina la cifra
elettorale di collegio plurinominale di ciascuna lista. Tale cifra e'
data dalla somma delle cifre elettorali di collegio uninominale di
ciascuna lista;", "e) determina la cifra elettorale percentuale di
collegio plurinominale di ciascuna lista. Tale cifra e' data dal
quoziente risultante dalla divisione della cifra elettorale di
collegio plurinominale di ciascuna lista per il totale dei voti
validi del rispettivo collegio plurinominale, moltiplicato per
cento;", "f) determina la cifra elettorale circoscrizionale di
ciascuna lista. Tale cifra e' data dalla somma delle cifre elettorali
di collegio plurinominale della lista stessa;", "g) determina la
cifra elettorale percentuale di ciascun candidato nel collegio
uninominale. Tale cifra e' data dal quoziente risultante dalla
divisione della cifra elettorale individuale di ciascun candidato per
il totale dei voti validi del rispettivo collegio uninominale,
moltiplicato per cento;", "h) determina, per ciascuna lista, la
graduatoria dei candidati nei collegi uninominali della
circoscrizione non proclamati eletti, disponendoli nell'ordine delle
rispettive cifre elettorali individuali percentuali. A parita' di
cifre individuali percentuali, prevale il piu' giovane di eta'. In
caso di collegamento dei candidati con piu' liste, i candidati
entrano a far parte della graduatoria relativa a ciascuna delle liste
con cui e' stato dichiarato il collegamento;", "i) determina il
totale dei voti validi della circoscrizione. Tale totale e' dato
dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le
liste;", "l) comunica all'Ufficio centrale nazionale, a mezzo di
estratto del verbale, la cifra elettorale circoscrizionale di
ciascuna lista nonche' il totale dei voti validi della
circoscrizione.";
- articolo 83;
- articolo 83-bis;
- articolo 84;
- articolo 85;
- articolo 86, commi 1: "1. Il seggio che rimanga vacante per
qualsiasi causa, anche sopravvenuta, in un collegio plurinominale e'
attribuito, nell'ambito del medesimo collegio plurinominale, al
candidato primo dei non eletti, secondo l'ordine di presentazione." e
2: "2. Nel caso in cui una lista abbia gia' esaurito i propri
candidati si procede con le modalita' di cui all'articolo 84, commi
2, 3, 4 e 5.";
- articolo 106, primo comma, limitatamente alle parole "o piu' di
una lista di candidati";
- tabelle A-BIS e A-TER;
b) [...] decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, recante
testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della
Repubblica, nel testo risultante dalle modificazioni ed integrazioni
ad esso successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti:
- articolo 1, comma 2, limitatamente alle parole "un numero di",
alle parole "pari ai tre ottavi del totale dei seggi da eleggere
nelle circoscrizioni regionali, con arrotondamento all'unita' piu'
prossima, assicurandone uno per ogni circoscrizione." nonche' alle
parole "e quelli del Trentino-Alto Adige/Südtirol," e alla parola
"restanti"; commi 2-bis: "2-bis. Per la assegnazione degli altri
seggi ciascuna circoscrizione regionale e' ripartita in collegi
plurinominali costituiti, di norma, dall'aggregazione del territorio
di collegi uninominali contigui e tali che a ciascuno di essi sia
assegnato, di norma, un numero di seggi non inferiore a due e non
superiore a otto. L'assegnazione dei seggi alle liste e alle
coalizioni di liste nei collegi plurinominali si effettua con metodo
proporzionale, ai sensi dell'articolo 17.", 2-ter: "2-ter. Con il
medesimo decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1,
sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della
popolazione, riportati dalla piu' recente pubblicazione ufficiale
dell'Istituto nazionale di statistica, e' determinato il numero
complessivo di seggi da attribuire in ciascuna circoscrizione
regionale nei collegi plurinominali, compresi i seggi spettanti ai
collegi uninominali." e 4: "4. La regione Trentino-Alto Adige e'
costituita in sei collegi uninominali definiti ai sensi della legge
30 dicembre 1991, n. 422, ovvero in un numero di collegi uninominali
individuato nel numero pari piu' alto nel limite dei seggi assegnati
alla regione. La restante quota di seggi spettanti alla regione e'
attribuita con metodo del recupero proporzionale.";
- articolo 2, limitatamente alle parole "e in collegi
plurinominali.";
- articolo 9, comma 2, limitatamente alle parole "di candidati
per l'attribuzione dei seggi nei collegi plurinominali" e alle parole
"compresi nel collegio plurinominale,"; comma 4: "4. In ogni collegio
plurinominale ciascuna lista, all'atto della presentazione, e'
composta da un elenco di candidati presentati secondo un ordine
numerico. Il numero dei candidati non puo' essere inferiore alla
meta', con arrotondamento all'unita' superiore, dei seggi assegnati
al collegio plurinominale e non puo' essere superiore al numero dei
seggi assegnati al collegio plurinominale. In ogni caso il numero dei
candidati non puo' essere inferiore a due ne' superiore a quattro;
nei collegi plurinominali in cui e' assegnato un solo seggio, la
lista e' composta da un solo candidato. A pena di inammissibilita',
nella successione interna delle liste nei collegi plurinominali, i
candidati sono collocati secondo un ordine alternato di genere.";
comma 4-bis, secondo periodo: "Nel complesso delle liste nei collegi
plurinominali presentate da ciascuna lista a livello regionale,
nessuno dei due generi puo' essere rappresentato nella posizione di
capolista in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento
all'unita' piu' prossima.";
- articolo 10, comma 5, limitatamente alle parole "delle liste di
candidati"; comma 6, limitatamente alle parole "di liste o";
- articolo 11, comma 1, lettera a), limitatamente alla parola
"plurinominali" nonche' alle parole "di lista", alle parole "delle
liste della coalizione", alle parole "di ciascuna lista" e alle
parole "ai nominativi dei candidati, nell'ordine numerico di
presentazione, e"; lettera c), n. 1), limitatamente alle parole
"delle liste"; comma 3, secondo periodo: "Le schede hanno le
caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A e B
allegate al presente testo unico.";
- articolo 14, comma 1, primo periodo, limitatamente alla parola
"plurinominale", e secondo periodo: "Il voto e' valido a favore della
lista e ai fini dell'elezione del candidato nel collegio
uninominale."; comma 2, primo periodo, limitatamente alle parole "a
favore della lista e ai fini dell'elezione del candidato nel collegio
uninominale", e secondo periodo: "Nel caso di piu' liste collegate in
coalizione, i voti sono ripartiti tra le liste della coalizione in
proporzione ai voti ottenuti da ciascuna nel collegio uninominale.";
- articolo 16, comma 1, lettere c), d), e), f) g), h), i) ed l):
"c) determina la cifra elettorale di collegio uninominale di ciascuna
lista. Tale cifra e' data dalla somma dei voti validi conseguiti
dalla lista stessa nelle singole sezioni elettorali del collegio
uninominale e dei voti espressi a favore dei soli candidati nei
collegi uninominali collegati a piu' liste in coalizione di cui
all'articolo 14, comma 2, secondo periodo, attribuiti alla lista a
seguito delle seguenti operazioni: l'ufficio divide il totale dei
voti validi conseguiti da tutte le liste della coalizione nel
collegio uninominale per il numero dei voti espressi a favore dei
soli candidati nei collegi uninominali, ottenendo il quoziente di
ripartizione. Divide poi il totale dei voti validi conseguiti da
ciascuna lista per tale quoziente. La parte intera del quoziente
cosi' ottenuto rappresenta il numero dei voti da assegnare a ciascuna
lista; i voti che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente
assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni abbiano
dato i maggiori resti, secondo l'ordine decrescente dei resti
medesimi. Nella ripartizione dei voti espressi in favore dei soli
candidati nei collegi uninominali collegati a piu' liste in
coalizione, l'ufficio esclude dal computo i voti espressi in favore
della lista rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute
nei collegi uninominali dove questa abbia presentato proprie
candidature ai sensi dell'articolo 18-bis, comma 1-bis, del testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo
1957, n. 361;", "d) determina la cifra elettorale di collegio
plurinominale di ciascuna lista. Tale cifra e' data dalla somma delle
cifre elettorali di collegio uninominale di ciascuna lista;", "e)
determina la cifra elettorale percentuale di collegio plurinominale
di ciascuna lista. Tale cifra e' data dal quoziente risultante dalla
divisione della cifra elettorale di collegio plurinominale di
ciascuna lista per il totale dei voti validi del rispettivo collegio
plurinominale, moltiplicato per cento;", "f) determina la cifra
elettorale regionale di ciascuna lista. Tale cifra e' data dalla
somma delle cifre elettorali di collegio plurinominale della lista
stessa;", "g) determina la cifra elettorale percentuale di ciascun
candidato nel collegio uninominale. Tale cifra e' data dal quoziente
risultante dalla divisione della cifra elettorale individuale di
ciascun candidato per il totale dei voti validi del rispettivo
collegio uninominale, moltiplicato per cento;", "h) determina, per
ciascuna lista, la graduatoria dei candidati nei collegi uninominali
della regione non proclamati eletti, disponendoli nell'ordine delle
rispettive cifre elettorali individuali percentuali. A parita' di
cifre individuali percentuali, prevale il piu' giovane di eta'. In
caso di collegamento dei candidati con piu' liste, i candidati
entrano a far parte della graduatoria relativa a ciascuna delle liste
con cui e' stato dichiarato il collegamento;", "i) determina il
totale dei voti validi della regione. Tale totale e' dato dalla somma
delle cifre elettorali regionali di tutte le liste;", "l) comunica
all'Ufficio elettorale centrale nazionale di cui all'articolo 12 del
testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30
marzo 1957, n. 361, a mezzo di estratto del verbale, la cifra
elettorale regionale di ciascuna lista nonche' il totale dei voti
validi della regione.";
- articolo 16-bis;
- articolo 17;
- articolo 17-bis;
- articolo 19, comma 2: "2. Nel caso in cui rimanga vacante per
qualsiasi causa, anche sopravvenuta, un seggio in un collegio
plurinominale si applica l'articolo 86 del testo unico delle leggi
recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.";
- tabelle A e B;
c) [...] legge 27 maggio 2019, n. 51, limitatamente alle seguenti
parti:
- articolo 3, rubrica, limitatamente alle parole "e
plurinominali"; comma 1, limitatamente alle parole: "Qualora, entro
ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, sia promulgata una legge costituzionale che modifica il numero
dei componenti delle Camere di cui agli articoli 56, secondo comma, e
57, secondo comma, della Costituzione," e alle parole "e
plurinominali"; comma 2, alinea, limitatamente alle parole "dalla
data di entrata in vigore della legge costituzionale di cui al
medesimo comma 1,"; comma 2, lettera a), n. 2), limitatamente alla
parola "b),"; comma 2, lettera b), n. 2), limitatamente alla parola
"b),";
d) [...] legge 3 novembre 2017, n. 165, limitatamente alle
seguenti parti: articolo 3, rubrica, limitatamente alle parole "e dei
collegi plurinominali"; comma 1, alinea, limitatamente alle parole "e
dei collegi plurinominali"; comma 1, lettera a), limitatamente alle
parole "fatto salvo quanto stabilito per la circoscrizione Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste,", alla parola "restanti", alla parola "231"
nonche' alle parole "Nelle circoscrizioni Trentino-Alto
Adige/Südtirol e Molise sono costituiti, rispettivamente, sei e due
collegi uninominali come territorialmente definiti dal decreto
legislativo 20 dicembre 1993, n. 535, recante determinazione dei
collegi uninominali del Senato della Repubblica;" alla parola
"altre"; comma 1, lettera b): "b) con esclusione della circoscrizione
Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, in ciascuna delle altre circoscrizioni
del territorio nazionale sono costituiti collegi plurinominali
formati dall'aggregazione di collegi uninominali contigui; il numero
dei collegi plurinominali costituiti in ciascuna circoscrizione e il
territorio di ciascuno di essi sono determinati in modo che in
ciascun collegio plurinominale, sulla base della popolazione
residente calcolata ai sensi della lettera a), sia assegnato un
numero di seggi determinato dalla somma del numero dei collegi
uninominali che lo costituiscono e di un ulteriore numero di seggi,
di norma, non inferiore a tre e non superiore a otto, in modo tale
che tendenzialmente risulti minimo il numero di collegi plurinominali
nei quali e' assegnato un numero di seggi inferiore al valore medio;
al Molise e' assegnato un seggio da attribuire con metodo
proporzionale ai sensi degli articoli 83 e 83-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 361 del 1957. Ciascun collegio
uninominale della circoscrizione e' compreso in un collegio
plurinominale. Nelle circoscrizioni Trentino-Alto Adige/Südtirol,
Umbria, Molise e Basilicata e' costituito un unico collegio
plurinominale comprensivo di tutti i collegi uninominali della
circoscrizione;"; comma 1, lettera c), limitatamente alle parole "e
di ciascun collegio plurinominale", alla parola "rispettivamente," e
alle parole "e dei collegi plurinominali"; comma 1, lettera d),
limitatamente alle parole "e nella formazione dei collegi
plurinominali", nonche' alle parole "e i collegi plurinominali,"
nonche' all'ultimo periodo: "Fermi restando i principi e criteri
direttivi previsti per la determinazione dei collegi plurinominali,
nelle circoscrizioni nelle quali il numero dei collegi uninominali e'
pari a quello previsto dal citato decreto legislativo n. 535 del 1993
la formazione dei collegi uninominali e' effettuata adottando come
riferimento, ove possibile, le delimitazioni dei collegi previste dal
medesimo decreto legislativo n. 535 del 1993"; comma 2, alinea,
limitatamente alle parole "e i collegi plurinominali"; comma 2,
lettera a), limitatamente alle parole "fatto salvo quanto stabilito
per le circoscrizioni Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e Trentino-Alto
Adige/Südtirol,", alla parola "restanti", alla parola "109" nonche'
al secondo periodo: "Il territorio della regione Molise e' costituito
in un unico collegio uninominale." e, al terzo periodo, alla parola
"altre"; lettera b): "b) con esclusione delle regioni Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste, Trentino-Alto Adige/Südtirol e Molise, in
ciascuna delle restanti regioni sono costituiti collegi plurinominali
formati dall'aggregazione di collegi uninominali contigui; il numero
dei collegi plurinominali costituiti in ciascuna regione e il
territorio di ciascuno di essi sono determinati in modo che in
ciascun collegio plurinominale, sulla base della popolazione
residente calcolata ai sensi della lettera a), sia assegnato un
numero di seggi determinato dalla somma del numero dei collegi
uninominali che lo costituiscono e di un ulteriore numero di seggi,
di norma, non inferiore a due e non superiore a otto, in modo tale
che tendenzialmente risulti minimo il numero dei collegi
plurinominali nei quali e' assegnato un numero di seggi inferiore al
valore medio. Ciascun collegio uninominale della regione e' compreso
in un collegio plurinominale;"; lettera c), limitatamente alle parole
"e di ciascun collegio plurinominale", alla parola "rispettivamente,"
nonche' alle parole "e dei collegi plurinominali"; lettera d),
limitatamente alle parole "e nella formazione dei collegi
plurinominali" e alle parole "e i collegi plurinominali,"; comma 6,
secondo e terzo periodo, limitatamente alle parole "e dei collegi
plurinominali"», giudizio iscritto al n. 172 del registro referendum.
Vista l'ordinanza del 20 novembre 2019 con la quale l'Ufficio
centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha
dichiarato conforme a legge la richiesta;
udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 2020 il Giudice
relatore Daria de Pretis;
uditi gli avvocati Enzo Paolini per Giuseppe Libutti e altri,
Felice Besostri per se' medesimo, per Giuseppe Libutti e altri, per
Federico Fornaro in proprio e nella qualita' di legale rappresentante
del gruppo parlamentare della Camera dei deputati "Liberi e Uguali",
per Paolo Maddalena in proprio e nella qualita' di legale
rappresentante dell'Associazione "Attuare la Costituzione", Pietro
Adami per Massimo Villone in proprio e nella qualita' di legale
rappresentante del "Coordinamento per la Democrazia costituzionale" e
Mario Bertolissi e Giovanni Guzzetta per i delegati dei Consigli
regionali di Abruzzo, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e
Veneto;
deliberato nella camera di consiglio del 16 gennaio 2020.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 20 novembre 2019, depositata in pari data,
l'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di
cassazione, ai sensi dell'art. 12 della legge 25 maggio 1970, n. 352
(Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa
legislativa del popolo) e successive modificazioni, ha dichiarato
conforme alle disposizioni di legge la richiesta di referendum
popolare abrogativo, promossa dai Consigli regionali delle Regioni
Abruzzo, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia,
Piemonte, Sardegna e Veneto, sul quesito di cui in epigrafe.
2.- L'Ufficio centrale per il referendum ha attribuito al quesito
il seguente titolo: «Abolizione del metodo proporzionale
nell'attribuzione dei seggi in collegi plurinominali nel sistema
elettorale della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica».
3.- Ricevuta comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale
per il referendum, il Presidente della Corte costituzionale ha
fissato, per la conseguente deliberazione, la camera di consiglio del
15 gennaio 2020, disponendo che ne fosse data comunicazione ai
presentatori della richiesta di referendum e al Presidente del
Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della
legge n. 352 del 1970.
4.- In prossimita' della data fissata per la camera di consiglio,
i Consigli regionali richiedenti hanno depositato una memoria, nella
quale, dopo un'ampia premessa sulla natura e sulle finalita' del
referendum abrogativo e, in particolare, su quello avente ad oggetto
leggi elettorali, argomentano a sostegno dell'ammissibilita'
dell'odierno quesito.
Al riguardo, i Consigli promotori sottolineano come l'esito del
referendum consista in una «espansione della disciplina, gia'
esistente, ma limitata solo ad una quota di seggi, che prevede un
meccanismo elettorale di tipo uninominale maggioritario a un turno».
Precisano, altresi', che i quattro complessi normativi oggetto del
quesito sarebbero «avvinti da una matrice unitaria, in quanto
strumentali a perseguire il fine intrinseco della volonta'
abrogatrice».
4.1.- Quanto al «problema dell'auto-applicativita' della
disciplina residuale», la scelta di integrare il quesito con la
proposta abrogativa di alcune disposizioni dell'art. 3 della legge 27
maggio 2019, n. 51 (Disposizioni per assicurare l'applicabilita'
delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari)
troverebbe fondamento nell'«esigenza di evitare il rischio di vuoto
normativo, quale esito del pronunciamento popolare». In particolare,
la norma di delega contenuta nel citato art. 3 avrebbe «una finalita'
immediata (rectius: un'occasio legis) consistente nell'evitare che la
modifica costituzionale in questione [...] possa riflettersi su un
assetto normativo tale da rendere la vigente disciplina elettorale
inapplicabile, attesa la riduzione del numero dei seggi parlamentari
e la necessita' di una ridefinizione dei relativi collegi
elettorali». Secondo la difesa dei Consigli regionali, «[t]ale
obiettivo, perseguito dalla menzionata legge, pero', si iscrive in
una cornice teleologica piu' ampia; una finalita', per dir cosi'
mediata, ascrivibile, appunto, al principio per il quale nessun
evento normativo incidente sulla legislazione elettorale sia
tollerabile dall'ordinamento costituzionale allorche' da esso
discenda rischio di paralisi di funzionamento degli organi
costituzionali cui la legislazione elettorale si riferisce». In altri
termini, «la ratio ultima della disciplina, di cui all'art. 3 della
legge n. 51/2019, e' pur sempre quella di evitare vuoti normativi in
materie su cui operano leggi costituzionalmente necessarie».
Alla luce di queste considerazioni l'inserimento nella richiesta
referendaria anche di questa disposizione sarebbe stato, in un certo
senso, obbligato, «proprio per assicurare coerenza all'intervento
abrogativo (la matrice razionalmente unitaria) e scongiurare il
rischio di una normativa di risulta non auto-applicativa», con la
conseguenza che la mancata integrazione di questa disposizione nel
quesito «avrebbe determinato un vulnus in termini di omogeneita' e
coerenza dello stesso».
Si sarebbe cosi' proceduto «ad un intervento "chirurgico",
finalizzato a far espandere, a seguito dell'abrogazione, le
potenzialita' normative gia' insite nella legislazione "aggredita"».
Tale "espansione" delle «virtualita' applicative della delega», al
fine di «ampliare lo spettro della propria potenzialita'
teleologica», sarebbe stata realizzata attraverso l'abrogazione della
disposizione che condiziona la delega «alla "sola" circostanza
dell'approvazione di una legge costituzionale di modifica [del numero
dei parlamentari]». In questo modo, a seguito dell'eventuale
abrogazione referendaria, «la delega potra' essere utilizzata
"anche", ma non "solo", per dare copertura legislativa (elettorale)
alla riforma costituzionale». In definitiva, l'intervento
manipolativo si muoverebbe «all'interno dei limiti consentiti dalla
giurisprudenza costituzionale, in quanto non si [proporrebbe] un
ritaglio finalizzato a propiziare una "saldatura" tra due frammenti
lessicali appartenenti a due norme completamente diverse. [...] Al
contrario, la disciplina risultante [deriverebbe] "dalla fisiologica
espansione delle norme residue, o dai consueti criteri di
autointegrazione dell'ordinamento"» (e' richiamata la sentenza n. 36
del 1997).
4.2.- Cio' chiarito, la difesa dei promotori ritiene che non sia
imputabile al quesito referendario alcun rischio di «vuoto
normativo», giacche' l'aver ricompreso nella richiesta anche la norma
di delega consentirebbe di «scongiurare un vuoto normativo come
diretta conseguenza del referendum». Sul punto la stessa difesa
sottolinea come non possa essere imposto ai promotori di perseguire
tale obiettivo «in una modalita' piu' gravosa di quanto e' consentito
al legislatore parlamentare»; in sostanza, «il quesito
[assicurerebbe] l'auto-applicativita', tanto quanto - e nelle
condizioni in cui - essa e' assicurata dalla legislazione vigente».
Infatti, il rischio di inerzia governativa «sussiste[rebbe] comunque
(indipendentemente dallo svolgimento del referendum abrogativo), con
riferimento al "seguito" dell'eventuale riforma costituzionale».
Ne' si potrebbe obiettare che «l'utilizzo della delega per
assicurare l'operativita' della disciplina di risulta del referendum
finirebbe inevitabilmente per "consumare" la delega stessa,
determinando l'impossibilita' di un intervento per l'attuazione della
riforma costituzionale». Sempre secondo i promotori, «la
sovrapposizione cronologica tra i due procedimenti in questione
consentirebbe, in concreto, di coordinare l'applicazione, di tal che'
l'intervento del legislatore delegato potrebbe tener conto di
entrambi gli esiti dei procedimenti». A tal fine, la difesa dei
Consigli regionali svolge «una ricognizione della scansione temporale
dei procedimenti considerando gli scenari estremi, a seconda che la
riforma costituzionale entri in vigore immediatamente o sia, invece,
depositata richiesta di referendum approvativo».
All'esito di tale ricognizione i promotori rilevano che sarebbe
«perfettamente possibile coordinare i procedimenti [...] al fine di
consentire al Governo di procedere all'esercizio della delega alla
luce di entrambi i risultati degli eventuali referendum, calibrando
cosi' la confezione del decreto legislativo in modo coerente con i
risultati medesimi». Si tratterebbe, quindi, di operare solo
«aggiustamenti pratici, che non possono essere considerati ostativi
rispetto all'esigenza di assicurare l'esercizio della sovranita'
popolare mediante il referendum abrogativo».
4.3.- In subordine, la difesa dei Consigli regionali eccepisce
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, terzo comma, secondo
periodo, della legge n. 352 del 1970, per il caso in cui la Corte
costituzionale ritenesse non soddisfatto il criterio
dell'auto-applicativita' della normativa di risulta. In proposito, i
promotori ricordano di aver sollevato conflitto di attribuzione nei
confronti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati in
relazione alla disposizione anzidetta, precisando che l'eccezione di
illegittimita' costituzionale e' formulata per il caso in cui la
Corte non accogliesse il conflitto tra poteri.
4.3.1.- Quanto all'asserita incostituzionalita', i promotori
richiamano la giurisprudenza costituzionale che, nell'ipotesi di
referendum abrogativi attinenti a leggi costituzionalmente necessarie
e, in particolare, a leggi elettorali, ha ripetutamente affermato che
gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale «non possono
essere esposti alla eventualita', anche soltanto teorica, di paralisi
di funzionamento» (sentenza n. 29 del 1987), con la conseguenza che
questi referendum devono riguardare solo parti di tali leggi, in modo
che residui «una normativa complessivamente idonea a garantire il
rinnovo, in ogni momento, dell'organo costituzionale elettivo»
(sentenza n. 15 del 2008, ma sono richiamate anche altre pronunzie in
termini analoghi).
Dall'esame di questa giurisprudenza la difesa dei Consigli
regionali deduce che «il principio della "perdurante operativita'"
degli organi costituzionali e di rilievo costituzionale dispiega una
pregnante portata assiologica, ostando all'ammissibilita' di
referendum abrogativi su leggi elettorali, tutte le volte che il
relativo quesito non assicuri una normativa di risulta
"auto-applicativa"». Proprio la considerazione che l'eventuale
difetto di «autosufficienza» della normativa di risulta possa
determinare «il sacrificio integrale del contrapposto interesse dei
promotori e dei cittadini, rispettivamente, a dare impulso
all'iniziativa referendaria e a pronunciarsi mediante l'esercizio del
suffragio», renderebbe ineludibile - secondo i promotori -
«ricondurre il bilanciamento tra i principi costituzionali menzionati
[...] entro canoni di "ragionevolezza" e "proporzionalita'"».
In proposito, la difesa dei Consigli regionali riconosce che i
criteri di ammissibilita' dei referendum enucleati da questa Corte
«condizionano, e precedono, logicamente, il perimetro dell'interesse
tutelato (vale a dire, il diritto-potere al referendum)»; tuttavia,
«trattandosi di parametri ricavati, per via ermeneutica, da "esigenze
supreme" dell'ordinamento giuridico-costituzionale», la stessa difesa
ritiene necessario «interrogarsi sul "peso" che, nella valutazione
operata, si sarebbe dovuto - e si dovrebbe - attribuire proprio a
quell'interesse, quale corollario del principio di sovranita'
popolare».
In altre parole, si ritiene che questa Corte non possa accordare
«preferenza assoluta, esclusiva e assorbente» al principio di
«costante operativita'» degli organi costituzionali e di rilievo
costituzionale, che per questo verso diverrebbe «tiranno» nei
confronti di altre situazioni giuridiche riconosciute e tutelate, ma
debba bilanciare la tutela di siffatto principio con quella di altri
interessi di pari rango, tra cui quello allo svolgimento del
referendum. Sempre attraverso il richiamo a numerose pronunce, la
difesa dei Consigli regionali rileva come la giurisprudenza
costituzionale sia «approdata, attraverso la valorizzazione del
canone di proporzionalita', quale riflesso del piu' generale
principio di ragionevolezza, alla dottrina del "vincolo del minor
sacrificio possibile", come regola di sindacato (e censura)
sull'utilizzo della discrezionalita' legislativa».
Di questa dottrina non vi sarebbe traccia, pero', nella
giurisprudenza relativa all'ammissibilita' dei referendum abrogativi
su leggi elettorali, sebbene il vincolo rappresentato
dall'«autosufficienza» della normativa di risulta comporti - sempre
secondo i promotori - «una limitazione estrema a carico del
diritto-potere al referendum, sancito dall'art. 75 Cost.». Questa
considerazione sarebbe aggravata dalla considerazione che, nel caso
delle leggi costituzionalmente necessarie, il legislatore potrebbe
costruire la struttura dell'atto normativo in modo tale da impedire,
di fatto, un intervento manipolativo capace di garantire la
sopravvivenza di una normativa di risulta «autosufficiente».
Pertanto, la possibilita' di esercitare i «diritti di democrazia
diretta» sarebbe rimessa alla «totale disponibilita' del
"controinteressato" all'iniziativa referendaria, il Legislatore»,
«grazie ad un'applicazione "opportunistica" dell'usbergo del
principio di "costante operativita'" degli organi costituzionali e di
rilievo costituzionale».
L'esigenza di tener conto della dottrina del «vincolo del minor
sacrificio possibile», che costituirebbe «la premessa "metodologica"
indispensabile» per bilanciare il principio della «costante
operativita'» con quello di sovranita' popolare, si tradurrebbe in
concreto nella necessita' di una «modulazione degli effetti temporali
dell'abrogazione referendaria». In particolare, il «punto di
equilibrio normativo» e' individuato dai Consigli regionali nella
«previsione della sospensione dell'entrata in vigore dell'abrogazione
referendaria, sino all'adozione, ad opera del Legislatore, delle
misure applicative, che ne rendano gli effetti interamente
operativi».
In proposito, i promotori sostengono che la sospensione degli
effetti dell'abrogazione referendaria «non rappresent[i] una
fattispecie meramente ipotetica, tra le possibili soluzioni di
bilanciamento tra principi costituzionali in gioco» e richiamano, sul
punto, quanto previsto dall'art. 37, terzo comma, secondo periodo,
della legge n. 352 del 1970 e quanto eccezionalmente disposto
dall'art. 2 della legge 7 agosto 1987, n. 332 (Deroghe alla legge 25
maggio 1970, n. 352, in materia di referendum). Nella medesima
prospettiva si inquadrerebbero anche le disposizioni contenute
nell'art. 10 della legge 4 agosto 1993, n. 276 (Norme per l'elezione
del Senato della Repubblica) e nell'art. 10 della legge 4 agosto
1993, n. 277 (Nuove norme per l'elezione della Camera dei deputati),
con le quali veniva introdotta una disciplina transitoria che
subordinava la produzione dell'effetto abrogativo della pregressa
disciplina elettorale all'entrata in vigore di quella di attuazione.
Gli eventuali inconvenienti applicativi derivanti
dall'introduzione di una nuova disciplina sarebbero stati risolti,
dunque, «attraverso la scelta, propria della discrezionalita'
legislativa, di utilizzare l'istituto della condizione sospensiva
dell'operativita' della novella, in modo tale da bilanciare
l'interesse e/o valore riconducibile all'esercizio della funzione
legislativa stessa con quello della "continuita'" degli organi
costituzionali e di rilievo costituzionale».
Da tutto questo i promotori traggono argomenti per censurare
l'assenza nella legge n. 352 del 1970 di «un dispositivo che, nella
logica del bilanciamento - ragionevole e proporzionato - tra
interessi e/o valori costituzionali confliggenti, contempli la
sospensione degli effetti dell'abrogazione, sino all'adozione della
disciplina necessaria al fine di garantire l'"autosufficienza" della
normativa di risulta, si' da attenuare l'entita' del sacrificio
(attualmente integrale) a carico del principio della sovranita'
popolare a vantaggio di quello della "costante operativita'" degli
organi costituzionali e di rilievo costituzionale, permettendo,
comunque, al corpo elettorale di esprimersi e manifestare la propria
(eventuale) volonta' abrogatrice».
La disciplina recata dall'art. 37, terzo comma, secondo periodo,
della legge n. 352 del 1970 costituirebbe dunque «una soluzione
irragionevole - e, percio', costituzionalmente illegittima -, nella
misura in cui, nella sua attuale formulazione, non e' in grado di far
fronte - per il caso di approvazione di un referendum abrogativo da
cui scaturisca una normativa non "autoapplicativa" - al rischio di
una lesione integrale del bene giuridico della "continuita'
funzionale" delle istituzioni coinvolte, a meno di non rinunziare,
completamente, alla tutela del principio di sovranita' popolare».
La difesa dei Consigli regionali ricorda come, in occasione del
giudizio di ammissibilita' del referendum, deciso con la sentenza n.
13 del 2012, l'allora Comitato promotore avesse eccepito
l'incostituzionalita' dell'art. 37, terzo comma, secondo periodo,
della legge n. 352 del 1970, chiedendo a questa Corte, previa
rimessione davanti a se' della relativa questione, di dichiarare
l'illegittimita' parziale di tale disposizione. L'eccezione era
stata, tuttavia, respinta, in quanto manifestamente infondata poiche'
l'eventuale accoglimento, oltre a rimettere alla mera volonta' dei
parlamentari la determinazione del momento di produzione dell'effetto
abrogativo del referendum, avrebbe comportato, in caso di inerzia del
legislatore e di ripetute reiterazioni, «una grave incertezza che
esporrebbe organi costituzionali a una paralisi di funzionamento
anche solo teorica e temporanea».
Per questa ragione, con la loro nuova eccezione di illegittimita'
costituzionale, i Consigli regionali sollecitano un intervento
additivo, che estenda la previsione della sospensione, di cui
all'art. 37, comma 3, secondo periodo, della legge n. 352 del 1970,
«rendendola automatica, e a tempo indeterminato, per il caso in cui
la normativa di risulta non sia "auto-applicativa", sino
all'adozione, da parte del Legislatore, delle misure attuative
sufficienti ad assicurare la piena operativita' della legge
costituzionalmente necessaria, e, segnatamente, della legge
elettorale stessa».
La difesa dei Consigli regionali esclude, inoltre, che abbiano
fondamento le possibili obiezioni secondo cui l'intervento additivo
richiesto alla Corte rischierebbe - in caso di persistente inerzia
del legislatore - di pregiudicare il bene della vita che si vuole
perseguire mediante il referendum e sarebbe dubbia l'esistenza stessa
di un obbligo, a carico del Parlamento, di intervenire nel senso
richiesto dai promotori. L'eventuale omissione del legislatore
integrerebbe, infatti, «una fattispecie indiretta di violazione del
limite [...] per il quale la disciplina abrogata per via popolare e'
da reputarsi superata e non piu' "ripristinabile"».
In altre parole, il legislatore, «per non trasgredire il divieto
di ripristino (di cui il mantenimento in vigore costituirebbe,
palesemente, una variante "in frode" al divieto stesso)», sarebbe
obbligato a introdurre le misure attuative dell'esito referendario o
ad adottare una nuova disciplina sostanzialmente diversa da quella
abrogata. Di conseguenza, la mera inerzia esporrebbe il legislatore
alla censura della responsabilita' politica, ma costituirebbe anche
un comportamento «antigiuridico, in quanto commesso in spregio dei
principi costituzionali in tema di "seguito" referendario».
I Consigli regionali sottolineano, da ultimo, che non
mancherebbero gli strumenti volti a stimolare l'intervento del
legislatore: innanzitutto, i promotori del referendum potrebbero
proporre un conflitto interorganico contro l'omissione legislativa,
ben potendosi considerare legittimati ad agire, in quanto il
procedimento referendario non potrebbe dirsi effettivamente esaurito
in ragione della sospensione dell'effetto abrogativo; in secondo
luogo, il Presidente della Repubblica potrebbe esercitare il suo
potere di messaggio e di esternazione o addirittura di scioglimento
delle Camere, saldandosi, in questo caso, la responsabilita'
giuridica da inadempimento con la verifica della responsabilita'
politica.
5.- In prossimita' della data fissata per la camera di consiglio,
sono stati depositati quattro atti di intervento ad opponendum, di
identico contenuto, da parte dell'on. F. Fornaro, legale
rappresentante del gruppo parlamentare "Liberi e Uguali" alla Camera
dei deputati, del prof. P. Maddalena, legale rappresentante
dell'associazione di promozione sociale "Attuare la Costituzione",
dell'on. prof. M. Villone, legale rappresentante dell'associazione
politica "Coordinamento per la democrazia costituzionale", dei
signori G. Libutti, prof. A.D.G. Ferrara, F. Astengo, R. Biscardini,
avv. F. Besostri, sen. G. De Falco, L.A. Belli Paci, avv. E. Paolini,
tutti anche in proprio.
5.1.- Gli atti di intervento prendono le mosse da alcune
considerazioni di carattere generale sull'importanza della legge
elettorale nel sistema istituzionale, da cui viene fatta discendere
la inammissibilita' di quesiti referendari eccessivamente
manipolativi. Gli intervenienti si soffermano lungamente sui principi
di univocita', omogeneita' e chiarezza elaborati dalla giurisprudenza
costituzionale in sede di ammissibilita' del referendum abrogativo.
In particolare, richiamano poi il principio di auto-applicativita'
della normativa di risulta, delineato dalla Corte costituzionale con
specifico riferimento alla materia elettorale.
Sono, poi, prese in esame le disposizioni di delegazione
legislativa inserite nel quesito referendario dai Consigli regionali
promotori al fine di assicurare l'auto-applicativita' della normativa
di risulta, rendendo possibile l'esercizio della delega per la
definizione dei collegi elettorali da parte del Governo. Sul punto
gli intervenienti sollevano diverse censure per violazione: a)
dell'art. 76 Cost., in relazione sia al termine di esercizio della
delega, che sarebbe modificato, sia all'oggetto della stessa, in
quanto il Governo e' delegato dalla legge n. 51 del 2019 a
ridisegnare i collegi in caso di approvazione della revisione
costituzionale che riduce il numero dei parlamentari, che, infine, ai
principi e criteri direttivi, in quanto sono richiamati quelli
dettati dalla legge n. 165 del 2017, che contiene una delega gia'
esercitata; b) dell'art. 77, primo comma, Cost., poiche' il quesito
in esame conferirebbe al Governo la potesta' legislativa delegata,
che solo il Parlamento - e non il corpo elettorale - puo' conferire
all'esecutivo; c) dell'art. 76 Cost., in quanto il termine per
l'esercizio della delega legislativa contenuta nella legge n. 165 del
2017 sarebbe spirato e la delega gia' esercitata; d) degli artt. 70 e
77 Cost., poiche' il corpo elettorale in sede referendaria non
potrebbe conferire al Governo alcuna delega legislativa; e) dei
criteri di univocita', omogeneita' e chiarezza, in quanto il quesito
referendario ometterebbe l'abrogazione di alcuni riferimenti alle
liste dei candidati per i collegi plurinominali; f) dell'art. 51,
primo comma, secondo periodo, Cost., poiche' il quesito eliminerebbe
le disposizioni dirette a favorire la parita' di genere nelle
candidature.
Gli intervenienti analizzano, inoltre, il rapporto tra il numero
di elettori e il numero di eletti che verrebbe a determinarsi a
seguito dell'approvazione della revisione costituzionale sulla
riduzione dei parlamentari e mettono in evidenza come esso possa
condurre gli elettori a valutazioni diverse sul sistema elettorale
della Camera dei deputati rispetto a quello per il Senato della
Repubblica, data la perdurante previsione costituzionale che impone
l'elezione su base regionale di quest'ultimo. Inoltre, gli atti di
intervento accennano alla necessita' di assicurare rappresentanza
alle minoranze linguistiche presenti in diverse Regioni italiane,
oltre che nelle Province autonome di Trento e Bolzano. L'insieme di
queste considerazioni dovrebbe indurre a ritenere carente il quesito
sotto i profili della univocita' e chiarezza, posto che la normativa
elettorale di entrambi i rami del Parlamento viene ricompresa nel
medesimo quesito.
Gli intervenienti sottolineano come il conflitto di attribuzione
proposto da alcuni dei Consigli regionali promotori abbia lo scopo di
far dichiarare la non spettanza alle Camere del potere di omettere la
previsione della disposizione dell'art. 37, terzo comma, secondo
periodo, della legge n. 352 del 1970, nella parte in cui non prevede
la sospensione de jure degli effetti del referendum approvato,
condizionata all'adozione delle misure applicative sufficienti per la
piena operativita' della legge costituzionalmente necessaria e,
segnatamente, della legge elettorale per gli organi costituzionali e
di rilievo costituzionale, con conseguente parziale annullamento
della disposizione in parola. Il conflitto di attribuzione proposto
rappresenterebbe, per gli intervenienti, un riconoscimento della non
auto-applicativita' della normativa di risulta, da cui discenderebbe
l'inevitabile inammissibilita' del quesito referendario.
Negli atti di intervento si propone che la Corte costituzionale,
in sede di giudizio sulla ammissibilita' del referendum abrogativo in
esame, sollevi questioni di costituzionalita' dinanzi a se' stessa su
diverse disposizioni della normativa oggetto del quesito
referendario: 1) la prima censura riguarda le norme sulla nomina e
sulla composizione della Commissione di cui dovrebbe avvalersi il
Governo nella designazione dei collegi elettorali, come stabilito
dall'art. 3 della legge n. 51 del 2019 e dall'art. 3, comma 2, della
legge n. 165 del 2017; viene, inoltre, censurata la procedura che
tale Commissione dovrebbe seguire nel determinare i collegi
elettorali; 2) la seconda questione ha ad oggetto l'impossibilita' -
derivante dai commi 4, 19 e 21 dell'art. 1 della legge n. 165 del
2017 - per gli elettori di esprimere un voto disgiunto per l'elezione
dei candidati al collegio uninominale e per i candidati nelle liste
proporzionali a questi collegate; a tal fine, si sostiene che, in
caso di autorimessione di una questione di costituzionalita' sulle
norme oggetto del quesito referendario, dovrebbe essere sospeso il
giudizio di ammissibilita' del referendum, in quanto i termini di cui
alla legge n. 352 del 1970 non sarebbero perentori, purche' non sia
impedita la celebrazione della consultazione referendaria nel periodo
compreso tra il 15 aprile e il 15 giugno.
5.2.- Infine, gli intervenienti allegano ai propri atti uno
schema delle censure di incostituzionalita' relative al sistema
elettorale disciplinato nella legge n. 165 del 2017. In particolare,
lamentano l'incostituzionalita' della quota maggioritaria, che
produrrebbe una distorsione dei risultati elettorali, accentuata dal
collegamento obbligato tra seggi uninominali e liste bloccate
proporzionali. I dubbi sollevati si aggraverebbero e acquisterebbero
ancor piu' evidenza qualora venisse definitivamente approvata la
revisione costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari
e nell'ipotesi in cui dovesse entrare in vigore il sistema delineato
dal quesito referendario. Le eccezioni di illegittimita'
costituzionale vengono riassunte in base ai seguenti parametri
invocati: 1) l'art. 48 Cost. sarebbe violato sotto i profili della
liberta' del voto, a causa della impossibilita' di esprimere il voto
disgiunto tra candidati al collegio uninominale e liste
proporzionali, della uguaglianza del voto, in ragione della
sussistenza delle soglie di sbarramento e della personalita' del
voto, per la previsione delle liste bloccate; 2) l'art. 51 Cost.
verrebbe leso in quanto non sarebbe assicurata la parita' di genere
nelle candidature; 3) la base regionale prevista all'art. 57 Cost.
verrebbe violata dalla previsione di una soglia di sbarramento
nazionale per l'elezione del Senato; 4) gli artt. 3 e 6 Cost.
sarebbero violati poiche' la legge elettorale vigente non
assicurerebbe parita' nell'accesso alla rappresentanza alle minoranze
linguistiche di Regioni diverse dal Trentino-Alto Adige/Südtirol; 5)
il principio di eguaglianza del voto sarebbe leso dalle norme sulla
elezione per la Camera dei deputati per il Trentino-Alto
Adige/Südtirol, in quanto i deputati eletti tramite collegi
uninominali sarebbero i sei undicesimi, invece dei tre ottavi
previsti per tutto il territorio nazionale; 6) il principio per cui
il candidato in una circoscrizione non puo' essere danneggiato o
favorito dai voti in altre circoscrizioni sarebbe violato in quanto
la legge elettorale oggetto di referendum consentirebbe l'elezione
dei candidati al Senato attraverso il recupero dei resti ottenuti
dalla medesima lista in altre Regioni.
Considerato in diritto
1.- Il presente giudizio ha a oggetto l'ammissibilita' della
richiesta di referendum popolare dichiarata legittima con ordinanza
del 20 novembre 2019 dell'Ufficio centrale per il referendum,
costituito presso la Corte di cassazione.
La richiesta di referendum popolare, promossa dai Consigli
regionali delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia,
Liguria, Lombardia, Piemonte, Sardegna e Veneto, ha a oggetto
l'abrogazione di alcune disposizioni del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361
(Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la
elezione della Camera dei deputati), del decreto legislativo 20
dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per
l'elezione del Senato della Repubblica), della legge 27 maggio 2019,
n. 51 (Disposizioni per assicurare l'applicabilita' delle leggi
elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari) e della
legge 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al sistema di elezione della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo
per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e
plurinominali).
2.- In via preliminare, si deve rilevare che, nella camera di
consiglio del 15 gennaio 2020, questa Corte ha disposto, come gia'
avvenuto piu' volte in passato, sia di consentire l'illustrazione
orale delle memorie depositate dai soggetti presentatori del
referendum ai sensi dell'art. 33, terzo comma, della legge 25 maggio
1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e
sulla iniziativa legislativa del popolo), sia - prima ancora - di
ammettere gli scritti presentati da soggetti diversi da quelli
contemplati dalla disposizione citata, e tuttavia interessati alla
decisione sull'ammissibilita' delle richieste referendarie, come
contributi contenenti argomentazioni ulteriori rispetto a quelle
altrimenti a disposizione della Corte (ex plurimis: sentenze n. 5 del
2015, n. 13 del 2012, n. 28, n. 27, n. 26, n. 25 e n. 24 del 2011, n.
17, n. 16 e n. 15 del 2008).
Tale ammissione, che viene qui confermata, non si traduce in un
diritto di questi soggetti di partecipare al procedimento - che,
comunque, «deve tenersi, e concludersi, secondo una scansione
temporale definita» (sentenza n. 31 del 2000) - e di illustrare le
relative tesi in camera di consiglio, ma comporta solo la facolta'
della Corte, ove lo ritenga opportuno, di consentire brevi
integrazioni orali degli scritti, come e' appunto avvenuto nella
camera di consiglio del 15 gennaio 2020, prima che i soggetti di cui
al citato art. 33 illustrino le rispettive posizioni.
3.- Sempre in via preliminare, occorre definire il contesto
normativo nel quale si collocano le disposizioni oggetto del quesito
referendario.
3.1.- Il d.P.R. n. 361 del 1957 e il d.lgs. n. 533 del 1993,
recanti, rispettivamente, i testi unici delle leggi elettorali della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, sono stati
novellati, da ultimo, proprio dagli ulteriori due testi normativi
oggetto, in parte, del quesito referendario (legge n. 165 del 2017 e
legge n. 51 del 2019).
3.2.- Piu' precisamente, la legge n. 165 del 2017 ha modificato
il meccanismo di elezione dei membri della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica, prevedendo, per entrambi i rami del
Parlamento, un sistema elettorale misto a prevalenza proporzionale.
Alla Camera il territorio nazionale e' cosi' ripartito in 28
circoscrizioni. Per alcune circoscrizioni il territorio coincide con
quello dell'intera Regione, mentre negli altri casi il territorio
regionale e' ripartito in piu' circoscrizioni. Ciascuna
circoscrizione e' suddivisa in collegi uninominali e in uno o piu'
collegi plurinominali. I 231 collegi uninominali del territorio
nazionale sono ripartiti in ciascuna circoscrizione sulla base della
popolazione (cui si aggiunge il collegio uninominale della Regione
autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste). Per l'assegnazione del
restante numero di seggi, con metodo proporzionale, ogni
circoscrizione e' ripartita in collegi plurinominali costituiti dalla
aggregazione del territorio di collegi uninominali contigui e tali
che a ciascuno di essi sia assegnato, di norma, un numero di seggi
non inferiore a tre e non superiore a otto.
Al Senato il territorio nazionale e' ripartito in 20
circoscrizioni corrispondenti al territorio di ciascuna Regione. Ogni
circoscrizione regionale e' suddivisa in collegi uninominali e in uno
o piu' collegi plurinominali. I 109 collegi uninominali del
territorio nazionale sono ripartiti in ciascuna circoscrizione sulla
base della popolazione (ad essi si aggiungono 1 collegio nella
Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e 6 collegi nella
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol). Al Senato i collegi
plurinominali sono costituiti dalla aggregazione del territorio di
collegi uninominali contigui e tali che a ciascuno di essi sia
assegnato, di norma, un numero di seggi non inferiore a due e non
superiore a otto.
Al totale dei seggi cosi' assegnati si aggiungono 12 deputati e 6
senatori eletti nella circoscrizione Estero.
A seguito dell'introduzione del sistema elettorale cosi'
sinteticamente descritto, si e' reso necessario determinare i collegi
uninominali e quelli plurinominali; e a tale fine l'art. 3 della
legge n. 165 del 2017 recava una norma di delega, che e' stata
esercitata dal Governo con il decreto legislativo 12 dicembre 2017,
n. 189 (Determinazione dei collegi elettorali della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica, in attuazione dell'articolo 3
della legge 3 novembre 2017, n. 165, recante modifiche al sistema di
elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali
uninominali e plurinominali).
3.3.- La legge n. 51 del 2019 reca, invece, «Disposizioni per
assicurare l'applicabilita' delle leggi elettorali indipendentemente
dal numero dei parlamentari». Questa legge, pur novellando il testo
unico delle leggi elettorali per la Camera (all'art. 1) e per il
Senato (all'art. 2), non modifica il meccanismo di trasformazione dei
voti in seggi, ma si limita a introdurre una serie di disposizioni
dirette ad assicurare l'applicabilita' delle leggi elettorali vigenti
«indipendentemente dal numero dei parlamentari».
Dalla relazione illustrativa del relativo disegno di legge e dai
lavori preparatori si evince chiaramente che la legge in parola -
destinata a trovare applicazione, teoricamente, in caso di
qualsivoglia modifica del numero dei parlamentari - e' stata
approvata nella prospettiva dell'eventuale approvazione definitiva
della legge costituzionale che dispone la riduzione del numero dei
parlamentari.
Quest'ultima, com'e' noto, e' stata approvata dal Senato, in
seconda deliberazione, con la maggioranza assoluta dei suoi
componenti (e quindi non con quella dei due terzi) nella seduta
dell'11 luglio 2019, e dalla Camera dei deputati, in seconda
deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti
nella seduta dell'8 ottobre 2019. La mancata approvazione da parte di
entrambe le Camere con la maggioranza dei due terzi ha impedito
l'immediata promulgazione e pubblicazione della legge costituzionale,
rendendo possibile la richiesta di referendum ai sensi dell'art. 138
della Costituzione; pertanto, il testo della legge costituzionale e'
stato pubblicato, a fini notiziali, nella Gazzetta Ufficiale, Serie
generale, del 12 ottobre 2019, n. 240. Entro il termine di tre mesi
da tale pubblicazione, ossia entro il 12 gennaio 2020, un quinto dei
membri del Senato ha depositato un'apposita richiesta referendaria
presso la Corte di cassazione. La legge costituzionale in parola
prevede la riduzione del numero complessivo dei deputati da 630 a
400, e, tra questi, di quelli eletti nella circoscrizione Estero da
12 a 8; prevede inoltre la riduzione del numero complessivo dei
senatori da 315 a 200, e, tra questi, di quelli eletti nella
circoscrizione Estero da 6 a 4.
Nella prospettiva dell'approvazione definitiva e dell'entrata in
vigore di questa legge costituzionale, la legge n. 51 del 2019 ha
disposto, tra l'altro, nel d.P.R. n. 361 del 1957 (t.u. Camera), la
sostituzione delle parole: «231 collegi uninominali» con le seguenti:
«un numero di collegi uninominali pari ai tre ottavi del totale dei
seggi da eleggere nelle circoscrizioni elettorali di cui alla tabella
A allegata al presente testo unico, con arrotondamento all'unita'
inferiore,», e delle parole da: «le circoscrizioni Trentino-Alto
Adige/Südtirol» fino alla fine del comma con le seguenti: «la
circoscrizione Trentino-Alto Adige/Südtirol e' ripartita in un numero
di collegi uninominali pari alla meta' dei seggi assegnati alla
circoscrizione medesima, con arrotondamento all'unita' pari
superiore. Le circoscrizioni cui sono assegnati tre deputati sono
ripartite in due collegi uninominali; le circoscrizioni cui sono
assegnati due deputati sono costituite in un collegio uninominale».
La stessa legge ha disposto, tra l'altro, nel d.lgs. n. 533 del
1993 (t.u. Senato) la sostituzione delle parole: «Il territorio
nazionale, con eccezione della Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e del
Trentino-Alto Adige/Südtirol, e' suddiviso in 109 collegi uninominali
nell'ambito delle circoscrizioni regionali. Nella regione Molise e'
costituito un collegio uninominale. I» con le seguenti: «Il
territorio nazionale e' suddiviso in un numero di collegi uninominali
pari ai tre ottavi del totale dei seggi da eleggere nelle
circoscrizioni regionali, con arrotondamento all'unita' piu'
prossima, assicurandone uno per ogni circoscrizione. Fatti salvi i
collegi uninominali delle regioni che eleggono un solo senatore e
quelli del Trentino-Alto Adige/Südtirol, i».
La legge n. 51 del 2019 non e' quindi intervenuta per modificare
i meccanismi di conversione dei voti in seggi, ma per sostituire
l'indicazione numerica dei collegi uninominali con un'indicazione a
mezzo di frazioni, al fine di rendere immediatamente applicabile la
legge elettorale vigente in caso di modifica del denominatore della
frazione (cioe' del totale dei seggi), restando del tutto inalterata
la proporzione tra il numero dei parlamentari eletti nei collegi
uninominali (con sistema maggioritario) e quello dei parlamentari
eletti nei collegi plurinominali (con sistema proporzionale).
La legge n. 51 del 2019 reca, poi, una norma di delega (art. 3)
per la determinazione dei nuovi collegi elettorali (uninominali e
plurinominali), che, pur rimanendo nella stessa proporzione quanto ai
parlamentari eletti (i tre ottavi di questi ultimi nei collegi
uninominali e i cinque ottavi in quelli plurinominali), a seguito
dell'eventuale entrata in vigore della legge costituzionale saranno
ovviamente di numero inferiore e, di conseguenza, di dimensioni
maggiori rispetto agli attuali. Piu' precisamente, l'art. 3, comma 1,
della legge n. 51 del 2019 prevede che «[q]ualora, entro ventiquattro
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sia
promulgata una legge costituzionale che modifica il numero dei
componenti delle Camere di cui agli articoli 56, secondo comma, e 57,
secondo comma, della Costituzione, il Governo e' delegato ad adottare
un decreto legislativo per la determinazione dei collegi uninominali
e plurinominali per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica». Il comma 2 del medesimo art. 3 dispone che «[i]l
decreto legislativo di cui al comma 1 e' adottato, entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale di
cui al medesimo comma 1», sulla base dei medesimi principi e criteri
direttivi recati dalla legge n. 165 del 2017.
La norma di delega di cui si discute presenta dunque la
caratteristica di essere sottoposta a una condizione sospensiva
legata al verificarsi di un evento complesso: la promulgazione, entro
ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 51
del 2019, di una legge costituzionale che modifica il numero dei
componenti delle Camere. Di conseguenza, la delega in questione non
sarebbe esercitabile se una legge costituzionale di modifica del
numero dei parlamentari non fosse mai promulgata, ne' se la
promulgazione avvenisse oltre il termine dei ventiquattro mesi
dall'entrata in vigore della legge n. 51 del 2019, quindi oltre il 26
giugno 2021. Si tratta, dunque, di una delega "precaria", rispetto al
cui esercizio e' incerto l'an, ma non il quando, essendo definiti i
limiti temporali del suo esercizio, ovviamente possibile solo a
condizione che si verifichi l'evento complesso di cui sopra.
4.- Il quesito referendario investe le disposizioni recate dai
testi unici delle leggi elettorali della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica attinenti all'articolazione del territorio
nazionale in collegi uninominali e plurinominali, e inoltre dall'art.
3 della legge n. 51 del 2019, che contiene l'anzidetta norma di
delega in materia di determinazione dei collegi elettorali in caso di
modifica del numero dei parlamentari, nonche' dall'art. 3 della legge
n. 165 del 2017, nelle parti - peraltro eccedenti il mero richiamo ad
esso contenuto nell'art. 3 della legge n. 51 del 2019 - in cui
stabilisce i principi e criteri direttivi della delega per la
determinazione dei collegi elettorali a seguito della modifica del
sistema elettorale operata dalla stessa legge n. 165 del 2017.
In particolare, i Consigli regionali promotori chiedono che sia
sottoposta al referendum popolare la proposta di abrogazione, in
tutto o in parte: degli artt. 1, 3, 4, 14, 17, 18-bis, 19, 20, 21,
22, 24, 30, 31, 48, 53, 58, 59-bis, 68, 69, 71, 77, 83, 83-bis, 84,
85, 86 e 106 del d.P.R. n. 361 del 1957 e delle allegate Tabelle
A-bis e A-ter; degli artt. 1, 2, 9, 10, 11, 14, 16, 16-bis, 17,
17-bis e 19 del d.lgs. n. 533 del 1993 e delle allegate Tabelle A e
B; dell'art. 3 della legge n. 51 del 2019; e dell'art. 3 della legge
n. 165 del 2017.
4.1.- Quanto al d.P.R. n. 361 del 1957 (t.u. Camera), i promotori
del referendum chiedono l'abrogazione di tutte le disposizioni, i
frammenti normativi e le singole parole che fanno riferimento ai
collegi plurinominali, con l'obiettivo di estendere alla totalita'
dei seggi un meccanismo di assegnazione basato su collegi
uninominali, portandolo quindi dall'attuale previsione di tre ottavi
al totale di otto ottavi.
In questa prospettiva oggetto della richiesta di abrogazione
sono, tra le altre: le disposizioni che regolano la presentazione
delle liste e delle candidature; quelle che stabiliscono le modalita'
di espressione del voto; quelle che disciplinano l'assegnazione dei
seggi e quindi la trasformazione dei voti in seggi; e, infine, quelle
che definiscono le caratteristiche della scheda (art. 31).
Dall'abrogazione richiesta deriva la conseguenza che il sistema
elettorale attualmente misto (maggioritario per la quota di seggi
assegnata nei collegi uninominali e proporzionale per quella
assegnata nei collegi plurinominali) diventerebbe esclusivamente
maggioritario con collegi uninominali a turno unico.
Conseguenziale rispetto a quanto detto e' la richiesta di
abrogazione anche delle tabelle allegate al d.P.R. n. 361 del 1957,
che disciplinano, rispettivamente, la parte interna (Tabella A-bis) e
quella esterna (Tabella A-ter) della scheda per la votazione. In
questo caso l'abrogazione richiesta e' totale, non essendo possibile
ritagliare nell'allegato modello di scheda la sola parte relativa ai
candidati nei collegi plurinominali.
4.2.- Quanto al d.lgs. n. 533 del 1993 (t.u. Senato), anche in
questo caso valgono le considerazioni svolte sopra a proposito del
d.P.R. n. 361 del 1957. D'altro canto, l'identita' dei sistemi
elettorali di Camera e Senato determina, di riflesso, la pressoche'
totale identita' delle disposizioni oggetto della richiesta di
referendum popolare. Anche con riferimento al d.lgs. n. 533 del 1993,
quindi, i promotori del referendum chiedono l'abrogazione di tutte le
disposizioni, i frammenti normativi e le singole parole che fanno
riferimento ai collegi plurinominali, con l'obiettivo di estendere
alla totalita' dei seggi un meccanismo di assegnazione basato su
collegi uninominali, portandolo quindi dall'attuale previsione di tre
ottavi al totale di otto ottavi.
Anche in questo caso la richiesta di abrogazione ha a oggetto,
tra le altre: le disposizioni che regolano la presentazione delle
liste e delle candidature; quelle che stabiliscono le modalita' di
espressione del voto; quelle che disciplinano l'assegnazione dei
seggi e quindi la trasformazione dei voti in seggi; e, infine, quelle
che definiscono le caratteristiche della scheda (art. 11, comma 3).
Dall'abrogazione richiesta deriva che il sistema elettorale
attualmente misto (maggioritario per la quota di seggi assegnata nei
collegi uninominali e proporzionale per quella assegnata nei collegi
plurinominali) diventerebbe esclusivamente maggioritario con collegi
uninominali a turno unico.
Viene chiesta inoltre l'abrogazione delle tabelle allegate al
d.lgs. che disciplinano, rispettivamente, la parte interna (Tabella
A) e quella esterna (Tabella B) della scheda per la votazione. In
questo caso l'abrogazione richiesta e' totale, non potendosi
ritagliare nell'allegato modello di scheda la sola parte relativa ai
candidati nei collegi plurinominali.
4.3.- Quanto all'art. 3 della legge n. 51 del 2019, i promotori
del referendum chiedono l'abrogazione dell'incipit del comma 1 la'
dove si individua la condizione sospensiva della delega e di quella
parte del comma 2 in cui si fissa il dies a quo del termine di 60
giorni per l'esercizio della delega. Infine, sono oggetto del quesito
il riferimento ai collegi plurinominali contenuto nella rubrica e nel
comma 1, nonche' il richiamo dei principi e criteri direttivi di
delega previsti nell'art. 3, comma 1, lettera b), e comma 2, lettera
b), della legge n. 165 del 2017.
4.4.- Quanto all'art. 3 della legge n. 165 del 2017, recante la
norma di delega gia' scaduta ed esercitata dal Governo con il d.lgs.
n. 189 del 2017, i promotori del referendum chiedono l'abrogazione
delle parti di esso costituenti principi e criteri direttivi
dell'altra delega contenuta nell'art. 3 della legge n. 51 del 2019.
4.5.- In definitiva, l'abrogazione parziale dell'art. 3 della
legge n. 51 del 2019 e' chiesta per adattare la delega al Governo per
la ridefinizione dei collegi al mutamento del sistema elettorale
determinato dall'eventuale esito positivo del referendum abrogativo.
A sua volta l'abrogazione parziale dell'art. 3 della legge n. 165 del
2017 e' chiesta per adattare i principi e criteri direttivi in esso
contenuti al detto mutamento del sistema elettorale. Non e' invece
oggetto del quesito referendario il d.lgs. n. 189 del 2017, che
attualmente reca, nelle quattro Tabelle allegate, l'individuazione
dei collegi uninominali e plurinominali di Camera e Senato.
5.- Cosi' delineati il contesto normativo di riferimento e
l'insieme delle disposizioni oggetto del quesito referendario, questa
Corte e' chiamata a giudicare sull'ammissibilita' di quest'ultimo
alla luce dei criteri desumibili dall'art. 75 Cost. e del complesso
dei «valori di ordine costituzionale, riferibili alle strutture od ai
temi delle richieste referendarie, da tutelare escludendo i relativi
referendum, al di la' della lettera dell'art. 75 secondo comma Cost.»
(sentenza n. 16 del 1978).
Di qui la necessita', non solo che la richiesta referendaria non
investa una delle leggi indicate nell'art. 75 Cost. o comunque
riconducibili ad esse, ma anche che il quesito da sottoporre al
giudizio del corpo elettorale consenta una scelta libera e
consapevole, richiedendosi pertanto i caratteri della chiarezza,
dell'omogeneita', dell'univocita' del medesimo quesito, oltre che
l'esistenza di una sua matrice razionalmente unitaria. Al riguardo,
questa Corte ha avuto modo di precisare che «liberta' dei promotori
delle richieste di referendum e liberta' degli elettori chiamati a
valutare le richieste stesse non vanno confuse fra loro: in quanto e'
ben vero che la presentazione delle richieste rappresenta l'avvio
necessario del procedimento destinato a concludersi con la
consultazione popolare; ma non e' meno vero che la sovranita' del
popolo non comporta la sovranita' dei promotori e che il popolo
stesso dev'esser garantito, in questa sede, nell'esercizio del suo
potere sovrano» (sentenza n. 16 del 1978). Ne consegue l'ulteriore
affermazione che il referendum abrogativo non puo' essere
«trasformato - insindacabilmente - in un distorto strumento di
democrazia rappresentativa, mediante il quale si vengano in sostanza
a proporre plebisciti o voti popolari di fiducia, nei confronti di
complessive inscindibili scelte politiche dei partiti o dei gruppi
organizzati che abbiano assunto e sostenuto le iniziative
referendarie» (sentenza n. 16 del 1978).
In generale, questa Corte ha ammesso anche le operazioni di
ritaglio di frammenti normativi e di singole parole, a condizione
pero' che l'abrogazione parziale chiesta con il quesito referendario
non si risolva sostanzialmente «in una proposta all'elettore,
attraverso l'operazione di ritaglio sulle parole e il conseguente
stravolgimento dell'originaria ratio e struttura della disposizione»
(sentenza n. 36 del 1997). In questi casi, infatti, il referendum,
perdendo la propria natura abrogativa, tradirebbe la ragione
ispiratrice dell'istituto, diventando approvativo di nuovi principi e
«surrettiziamente propositivo» (ex plurimis, sentenze n. 13 del 2012,
n. 28 del 2011, n. 33 e n. 23 del 2000 e n. 13 del 1999; nello stesso
senso, sentenze n. 43 del 2003, n. 38 e n. 34 del 2000): un'ipotesi
non ammessa dalla Costituzione, perche' il referendum non puo'
«introdurre una nuova statuizione, non ricavabile ex se
dall'ordinamento» (sentenza n. 36 del 1997).
Agli indicati requisiti questa Corte ne ha aggiunto altri in
ragione della specificita' dell'oggetto della richiesta referendaria,
sempre nella prospettiva della piena realizzazione dei richiamati
«valori di ordine costituzionale». E in questo contesto ha affermato
che sono sottratte all'abrogazione totale mediante referendum le
leggi costituzionalmente necessarie, quali in particolare le leggi
elettorali di organi costituzionali o di rango costituzionale, la cui
mancanza creerebbe un grave vulnus nell'assetto costituzionale dei
poteri dello Stato.
Allo stesso modo, anche l'eventuale abrogazione parziale di leggi
costituzionalmente necessarie, e in primis delle leggi elettorali,
deve comunque garantire l'«indefettibilita' della dotazione di norme
elettorali» (sentenza n. 29 del 1987), dovendosi evitare che l'organo
delle cui regole elettorali si discute possa essere esposto «alla
eventualita', anche solo teorica, di paralisi di funzionamento»
(sentenza n. 47 del 1991). Sicche' e' condizione di ammissibilita'
del quesito che all'esito dell'eventuale abrogazione referendaria
risulti «una coerente normativa residua, immediatamente applicabile,
in guisa da garantire, pur nell'eventualita' di inerzia legislativa,
la costante operativita' dell'organo» (sentenza n. 32 del 1993; nello
stesso senso, sentenze n. 13 del 2012, n. 16 e n. 15 del 2008, n. 13
del 1999, n. 26 del 1997, n. 5 del 1995), dovendosi intendere in
particolare la cosiddetta auto-applicativita' della normativa di
risulta alla stregua di «una disciplina in grado di far svolgere
correttamente una consultazione elettorale in tutte le sue fasi,
dalla presentazione delle candidature all'assegnazione dei seggi»
(sentenze n. 16 e n. 15 del 2008). La medesima esigenza si e' posta
anche nel caso di parziale illegittimita' costituzionale delle leggi
elettorali della Camera e del Senato (sentenze n. 35 del 2017 e n. 1
del 2014).
e' appena il caso di aggiungere che non spetta invece a questa
Corte, in sede di giudizio di ammissibilita' del referendum
abrogativo, «favorire un potenziamento del ruolo dell'elettore nella
scelta degli eletti» al fine di «consentire che il [Parlamento]
rifiorisca», come chiedono i promotori del referendum, giacche' in
tale giudizio essa e' chiamata solamente a verificare il rispetto
delle condizioni e dei limiti costituzionali all'esercizio del
referendum.
6.- Nel caso in esame, il quesito referendario sottoposto al
giudizio di questa Corte e' sicuramente univoco nell'obiettivo che
intende perseguire e risulta dotato di una matrice razionalmente
unitaria. e' evidente, infatti, che l'obiettivo dei Consigli
regionali promotori e' di estendere alla totalita' dei seggi di
Camera e Senato il sistema elettorale attualmente previsto per
l'assegnazione dei tre ottavi di essi. Cio' emerge a chiare lettere
dall'esame dei frammenti normativi che il quesito chiede di rimuovere
nel d.P.R. n. 361 del 1957 e nel d.lgs. n. 533 del 1993. Si puo'
osservare fin d'ora, inoltre, che alla stessa matrice unitaria non e'
estraneo l'intervento proposto sulla norma di delega del 2019 e, in
quanto oggetto di rinvio da parte di quest'ultima, su quella del
2017, giacche' l'inclusione nel quesito anche di queste normative si
pone come strumentale, nelle intenzioni dei promotori, al
raggiungimento del medesimo risultato, come si vedra' meglio infra.
Con specifico riguardo alla parte del quesito che investe i due
testi normativi elettorali, ossia il d.P.R. n. 361 del 1957 e il
d.lgs. n. 533 del 1993, si deve osservare che la proposta
referendaria presenta alcune incongruenze legate per un verso al
permanere, nel tessuto normativo dei due testi, di numerosi richiami
alla «lista» e alle «liste», per altro verso alla richiesta
abrogazione delle Tabelle allegate a entrambi i decreti, recanti i
modelli di scheda elettorale. Si tratta nondimeno di inconvenienti
superabili mediante l'impiego degli ordinari criteri
d'interpretazione, o comunque risolvibili «anche mediante interventi
normativi secondari, meramente tecnici ed applicativi» (in questi
termini, per un analogo intervento sulla scheda elettorale, sentenza
n. 1 del 2014). In presenza di inconvenienti di questo tipo in
quesiti referendari riguardanti leggi elettorali, questa Corte ha
ritenuto infatti di poterli considerare irrilevanti a condizione che
non incidessero sull'operativita' del sistema elettorale e non
paralizzassero la funzionalita' dell'organo (sentenza n. 32 del
1993). Cio' che non avviene nel caso in esame, nel quale le
incongruenze derivanti dai sopravvissuti riferimenti normativi
possono essere agevolmente superate attraverso gli ordinari strumenti
di interpretazione, e all'assenza della previsione legislativa del
modello di scheda puo' essere posto rimedio in modo pressoche'
automatico disponendo - anche con un atto di normazione secondaria -
il mero mantenimento dei nomi dei candidati nei collegi uninominali e
dei gruppi politici che li sostengono.
7.- Quanto alla normativa di risulta, i Consigli regionali
promotori, consapevoli della richiamata giurisprudenza di questa
Corte, si fanno carico dell'esigenza di assicurarne l'immediata
applicabilita' attraverso un duplice percorso. Per un verso, chiedono
l'eliminazione di qualsiasi riferimento ai collegi plurinominali, in
modo da consentire l'«espansione» a tutti i seggi del sistema
elettorale, attualmente previsto solo per quelli assegnati nei
collegi uninominali, dando vita in questo modo a un sistema
elettorale in se' compiuto e astrattamente funzionante. Per altro
verso, implicando il sistema elettorale cosi' risultante la
necessita' di rideterminare i collegi elettorali, chiedono la
parziale abrogazione della norma di delega recata dall'art. 3 della
legge n. 51 del 2019 onde consentire la necessaria ridefinizione dei
nuovi collegi uninominali.
L'operazione abrogativa richiesta, che non manca, come visto, di
intrinseca coerenza, si presenta pero' inammissibile per l'assorbente
ragione del carattere eccessivamente manipolativo dell'intervento
sulla norma di delega.
7.1.- Al riguardo, occorre premettere che questa Corte, gia' in
altre occasioni, ha avuto modo di affrontare la questione della
necessita' di una nuova determinazione dei collegi elettorali a
seguito dell'eventuale abrogazione referendaria (sentenze n. 5 del
1995, n. 26 del 1997 e n. 13 del 1999) o della dichiarazione di
illegittimita' costituzionale di una parte della normativa elettorale
(sentenza n. 1 del 2014).
In particolare, nel giudizio di ammissibilita' del referendum
deciso con la sentenza n. 5 del 1995, ha rilevato che «[a] seguito
della espansione del sistema maggioritario per l'attribuzione del
totale dei seggi [...], occorrerebbe procedere ad una nuova
determinazione dei collegi uninominali in ciascuna circoscrizione,
ridisegnandoli in modo da ottenerne un numero, sul territorio
nazionale, pari al totale dei deputati da eleggere e non piu' al solo
settantacinque per cento del totale medesimo».
Con la medesima pronuncia, preso atto del fatto che l'opera di
revisione dei collegi «e' pur sempre destinata a concludersi, dopo un
complesso procedimento, con l'approvazione di una legge, ovvero con
un decreto legislativo emanato dal Governo sulla base di una nuova
legge di delegazione, cosi' come avvenuto nel 1993», questa Corte ha
ritenuto «decisivo rilevare che di fronte all'inerzia del
legislatore, pur sempre possibile, l'ordinamento non offre comunque
alcun efficace rimedio», con il rischio che si determini «la crisi
del sistema di democrazia rappresentativa, senza che sia possibile
ovviarvi». Di conseguenza, ha dichiarato inammissibile la richiesta
referendaria.
Parimenti, nel giudizio di ammissibilita' del referendum deciso
con la sentenza n. 26 del 1997, la necessita' di «procedere a una
nuova definizione dei collegi uninominali in ciascuna circoscrizione,
ridisegnandola in modo da ottenere un numero, sul territorio
nazionale, pari al totale dei deputati da eleggere e non piu' [...]
al 75 per cento», ha indotto questa Corte a rilevare che «il sistema
elettorale non consentirebbe la rinnovazione dell'organo», non
potendo «dirsi sufficiente, allo stato, l'attivita' istruttoria
svolta dalla speciale commissione tecnica, di cui all'art. 7 della
legge n. 276 del 1993, dal momento che occorrerebbe pur sempre un
intervento del legislatore, volto a conferire una nuova delega o
imperniato su una diversa scansione procedurale, nel rispetto dei
principi fissati dalla legge e con la garanzia dei pareri delle
Camere». Da cui, anche in quel caso, l'inammissibilita' del relativo
quesito referendario.
A esiti opposti, ma sempre utilizzando lo stesso schema
argomentativo, questa Corte e' giunta nel giudizio di ammissibilita'
del referendum deciso con la sentenza n. 13 del 1999, la' dove ha
riscontrato «una piena garanzia di immediata applicabilita' del
sistema di risulta, in quanto i collegi elettorali uninominali
rimarrebbero immutati, senza nessuna necessita' di ridefinizione in
ciascuna circoscrizione, sia nel numero sia nel conseguente ambito
territoriale».
Infine, nel giudizio di legittimita' costituzionale definito con
la sentenza n. 1 del 2014, questa Corte ha incidentalmente affermato
che «la normativa che rimane in vigore stabilisce un meccanismo di
trasformazione dei voti in seggi che consente l'attribuzione di tutti
i seggi, in relazione a circoscrizioni elettorali che rimangono
immutate, sia per la Camera che per il Senato».
7.2.- Nell'odierno giudizio di ammissibilita' il problema della
determinazione dei collegi elettorali si presenta in termini
parzialmente diversi dai giudizi di cui si e' dato conto nel
paragrafo precedente, per l'inclusione nel quesito referendario di
una previsione di delega per la revisione dei collegi elettorali.
Anche in questo caso, tuttavia, non si puo' non osservare che
l'ineludibile necessita' che siano ridisegnati i collegi elettorali e
che sia quindi adottato un decreto legislativo a cio' diretto,
ulteriore rispetto all'esito del referendum, finirebbe ugualmente per
vanificare le prospettive di ammissibilita' dell'iniziativa
referendaria.
Pur consapevole dei limiti che il requisito della immediata
applicabilita' pone all'ammissibilita' di referendum su leggi
elettorali, questa Corte non ritiene tuttavia praticabile il percorso
demolitorio-ricostruttivo individuato dai promotori per superare
l'ostacolo della non auto-applicativita'. Infatti, i Consigli
regionali promotori, al fine di evitare che la richiesta referendaria
avente ad oggetto i testi delle leggi elettorali di Camera e Senato
potesse incorrere nei medesimi profili di inammissibilita' per
difetto del carattere di auto-applicativita' della normativa di
risulta, gia' rilevati in casi simili dalla giurisprudenza
costituzionale, individuano la soluzione nella richiesta di parziale
abrogazione anche della norma di delega recata dall'art. 3 della
legge n. 51 del 2019, con l'obiettivo di renderne possibile
l'esercizio anche a seguito dell'eventuale esito positivo del
referendum abrogativo.
In altre parole, cogliendo l'occasione dell'esistenza di una
delega resa dal Parlamento al Governo al fine di consentire
l'applicabilita' della riforma costituzionale in itinere che modifica
il numero dei parlamentari - e impone per questo, pur a sistema
elettorale invariato, una modifica dei collegi elettorali,
uninominali e plurinominali, esistenti - i Consigli regionali
promotori propongono un intervento su di essa diretto a conferirle il
contenuto di delega a rideterminare i collegi uninominali in
attuazione del nuovo sistema elettorale in ipotesi prodotto dal
referendum.
L'intervento sulla disposizione di delega si realizza
essenzialmente con: a) la parziale modifica del suo oggetto, che
viene circoscritto, sia nella rubrica sia nel comma 1 del citato art.
3, alla «determinazione dei collegi uninominali» e non piu' di quelli
plurinominali; b) l'eliminazione della condizione sospensiva della
delega, che ne consentirebbe l'esercizio anche in caso di mancata
promulgazione di una legge costituzionale di modifica del numero dei
parlamentari entro ventiquattro mesi dalla entrata in vigore della
legge n. 51 del 2019; c) l'abrogazione del dies a quo del termine di
sessanta giorni per l'esercizio della delega; d) l'eliminazione dei
riferimenti ai collegi plurinominali nei principi e criteri direttivi
della delega (sia nella legge n. 51 del 2019, sia nella legge n. 165
del 2017).
e' evidente, quindi, che l'obiettivo che i promotori si
prefiggono di raggiungere presuppone una modifica della disposizione
di delega che ne investe l'oggetto, la decorrenza del termine per il
suo esercizio, i principi e criteri direttivi e la stessa condizione
di operativita'.
L'intervento richiesto sull'art. 3 della legge n. 51 del 2019 e'
dunque solo apparentemente abrogativo e si traduce con tutta evidenza
in una manipolazione della disposizione di delega diretta a dare vita
a una "nuova" norma di delega, diversa, nei suoi tratti
caratterizzanti, da quella originaria.
Quanto alla radicale alterazione della delega originaria, sia
sufficiente osservare che tutti i "caratteri somatici" della legge di
delegazione - individuati dall'art. 76 Cost. come condizioni per la
delega dell'esercizio della funzione legislativa da parte del
Parlamento - si presenterebbero completamente modificati nella delega
di risulta.
Questa avrebbe, tra l'altro, gia' sulla base della rubrica
dell'art. 3 che lo individua, un oggetto diverso (non piu' «Delega al
Governo per la determinazione dei collegi uninominali e
plurinominali», ma «Delega al Governo per la determinazione dei
collegi uninominali»).
I principi e criteri direttivi della delega originaria
permarrebbero, sia pure sfrondati dei riferimenti ai collegi
plurinominali, con la conseguenza, pero', di rendere ancora piu'
manifesta la manipolazione referendaria. Si finirebbe, infatti, con
il prevedere gli stessi principi e criteri direttivi per la
determinazione dei collegi elettorali nel contesto di un sistema
elettorale radicalmente diverso da quello per il quale essi erano
stati predisposti (quest'ultimo, introdotto con la legge n. 165 del
2017, a forte prevalenza proporzionale; quello risultante all'esito
del referendum, esclusivamente maggioritario). Sicche', in altre
parole, modificandosi il contesto del sistema elettorale in cui la
nuova delega opererebbe, i principi e criteri direttivi finirebbero
per essere solo formalmente gli stessi e per acquistare invece, alla
luce del nuovo e diverso meccanismo di trasformazione dei voti in
seggi, portata a sua volta inevitabilmente nuova e diversa.
Radicalmente diverso sarebbe, ancora, il dies a quo del termine
per l'esercizio della delega, attualmente previsto nel momento di
entrata in vigore della legge costituzionale di modifica del numero
dei parlamentari, ma oggetto di abrogazione totale da parte del
quesito referendario. In questo caso, quand'anche si ritenesse che la
sua abrogazione in esito al referendum consenta di rinvenire, in via
interpretativa, un nuovo dies a quo nel momento in cui si produrra'
l'effetto abrogativo del referendum stesso, si tratterebbe comunque,
all'evidenza, di un termine del tutto nuovo.
Infine, il quesito referendario mira a sopprimere la condizione
sospensiva della delega di cui all'art. 3 della legge n. 51 del 2019,
eliminando per questo verso il suo legame "genetico" con la riforma
costituzionale del numero dei parlamentari e finendo con il produrre
in questo modo una delega "stabile" e, in quanto non piu'
condizionata a una particolare evenienza, sicuramente operativa. Vi
sarebbe, in tal modo, un inammissibile effetto ampliativo della
delega originaria che, conferita dal Parlamento sub condicione,
diventerebbe incondizionata con il risultato di una manipolazione
incompatibile, gia' solo per questo, con i limiti e le connotazioni
peculiari della delega legislativa.
A ulteriore conferma dell'inammissibile grado di manipolazione
che connota il quesito referendario sul punto vi e', poi, la
considerazione che la delega, ancorche' parzialmente abrogata,
dovrebbe rimanere utilizzabile - come affermato dalla difesa degli
stessi promotori - anche a seguito dell'entrata in vigore della legge
costituzionale che riduce il numero dei parlamentari, alla quale era
destinata a dare attuazione, ed essere cosi' oggetto di un duplice e
contestuale esercizio, dopo lo svolgimento del referendum
costituzionale e di quello abrogativo qui all'esame. Al che si
aggiunge la possibilita' che i due referendum si svolgano in tempi
diversi, come potrebbe avvenire, ad esempio, nel caso in cui il
referendum abrogativo dovesse essere rinviato per intervenuto
scioglimento anticipato delle Camere in applicazione di quanto
previsto all'art. 34, secondo comma, della legge n. 352 del 1970. Nel
qual caso la delega stessa risulterebbe esaurita, e non piu'
utilizzabile, all'atto dello svolgimento del referendum abrogativo.
L'unicita' del quesito referendario e la sua stessa matrice
razionalmente unitaria impediscono a questa Corte di scindere la
valutazione di ammissibilita' della parte del quesito relativa alla
norma di delega da quella relativa alle altre parti, con la
conseguenza che sul quesito stesso deve essere formulato un giudizio
unitario.
7.3.- Per le ragioni anzidette deve ritenersi dunque che
l'eccessiva manipolativita' del quesito referendario, nella parte in
cui investe la delega di cui all'art. 3 della legge n. 51 del 2019,
e' incompatibile con la natura abrogativa dell'istituto del
referendum previsto all'art. 75 Cost., cio' che ne determina
l'inammissibilita'.
8.- Deve essere, infine, dichiarata manifestamente inammissibile
anche l'eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata dai
Consigli regionali promotori in riferimento all'art. 37, terzo comma,
secondo periodo, della legge n. 352 del 1970 per difetto di
rilevanza. L'eccezione investiva, infatti, il citato art. 37
nell'ipotesi in cui la Corte avesse ritenuto inammissibile la
richiesta referendaria per difetto del carattere di
auto-applicativita' della normativa di risulta. L'aver escluso
l'ammissibilita' del referendum per una diversa ragione rende,
quindi, priva di rilievo l'eccepita questione di legittimita'
costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la richiesta di referendum in epigrafe,
dichiarata legittima con ordinanza del 20 novembre 2019, pronunciata
dall'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte
di cassazione.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Daria de PRETIS, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2020.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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