N. 8 ORDINANZA 4 dicembre 2019- 31 gennaio 2020
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Imposte e tasse - Accertamento di tributi "non armonizzati" - Obbligo
di instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente
- Esclusione (in base al diritto vivente), salvo il caso di
accertamenti preceduti da accessi, verifiche o ispezioni nei luoghi
di riferimento del contribuente - Denunciata violazione delle
garanzie dell'equo processo e della tutela dei beni privati
previste dalla CEDU e dal relativo Protocollo addizionale,
ingiustificata discriminazione tra contribuenti, lesione del
diritto di difesa, del principio della parita' delle parti e del
diritto al giusto processo - Manifesta inammissibilita' delle
questioni.
- Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
artt. 32, 39 e 42; legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7.
- Costituzione, artt. 3, 24, 53, 111 e 117, primo comma; Convenzione
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali, art. 6; Protocollo addizionale alla Convenzione per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali, art. 1.
(GU n.6 del 5-2-2020 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Aldo CAROSI;
Giudici :Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 32, 39 e
42, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.
600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi), nonche' dell'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000,
n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del
contribuente), promosso dalla Commissione tributaria provinciale di
Siracusa nel giudizio vertente tra C. L. e l'Agenzia delle entrate -
Direzione provinciale di Siracusa, con ordinanza del 26 marzo 2018,
iscritta al n. 170 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale,
dell'anno 2018.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 2019 il Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera.
Ritenuto che con ordinanza depositata il 26 marzo 2018 (reg. ord.
n. 170 del 2018) la Commissione tributaria provinciale di Siracusa ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 32, 39
e 42 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,
n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte
sui redditi), nonche' dell'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio
2000, n. 212, recante «Disposizioni in materia di statuto dei diritti
del contribuente» (da ora in avanti: statuto contribuente), in
riferimento agli artt. 3, 24, 53, 111 e 117, primo comma, della
Costituzione;
che, per quanto emerge dall'ordinanza, il giudizio principale ha
ad oggetto l'impugnazione di un avviso di accertamento inerente al
recupero delle maggiori imposte dovute per IRPEF, addizionale
regionale IRPEF, IRAP, IVA e correlate sanzioni, in conseguenza di
ricavi non dichiarati nell'anno 2004;
che, come evidenziato dal rimettente, l'accertamento contestato,
effettuato senza accedere presso i locali del contribuente, e'
disciplinato dal combinato disposto degli artt. 32, 39, comma 1,
lettera d), e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e che il soggetto
d'imposta, con il secondo motivo di ricorso, ha contestato
l'illegittimita' dell'atto per la mancata instaurazione del
contraddittorio preventivo, avendo a suo avviso l'Agenzia delle
entrate «trasferito nella sede giudiziaria la fase istruttoria»;
che secondo il Collegio rimettente va condivisa l'interpretazione
del quadro normativo di riferimento offerta dalla giurisprudenza
delle Sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza 9
dicembre 2015, n. 24823, in forza della quale deve ritenersi: a) per
un verso, che il contraddittorio preventivo dettato dall'art. 12,
comma 7, dello statuto contribuente non puo' esondare dagli argini
definiti dal tenore letterale della relativa disposizione,
rappresentati, ai sensi del comma 1 del medesimo articolo, dai soli
accertamenti legati ad accessi, verifiche o ispezioni rese sui luoghi
di riferimento del contribuente, cosi' da non risultare estensibile
alle verifiche, come quella di specie, rese "a tavolino" perche'
svolte esclusivamente presso l'ufficio che procede al controllo
fiscale; b) per altro verso, che manca nel sistema tributario
nazionale un principio generale che, alla stessa stregua di quanto
imposto per i tributi armonizzati dall'art. 41 della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza
il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007,
imponga il contraddittorio preventivo per le imposizioni fiscali
esclusivamente interne;
che, tuttavia, ad avviso del rimettente, muovendo da siffatta
lettura interpretativa di sistema, le disposizioni censurate
violerebbero, in primo luogo, l'art. 117, primo comma, Cost.;
che, in particolare, le norme censurate sarebbero in contrasto
con l'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,
firmato a Parigi il 20 marzo 1952, ratificato e reso esecutivo con
legge 4 agosto 1955, n. 848, perche', a fronte di un provvedimento
dotato di immediata esecutivita', assunto dall'amministrazione senza
garantire il preventivo contraddittorio con il contribuente, non
rispettano il canone della proporzionalita';
che, inoltre, le disposizioni indubbiate sarebbero in conflitto
l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre
1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848,
perche' l'atto impositivo contiene sanzioni dotate di una efficacia
sostanziale non dissimile da quella propria delle sanzioni penali,
cosi' che non potrebbe prescindersi, nella relativa irrogazione, dal
preventivo confronto con le ragioni del contribuente;
che le medesime disposizioni sarebbero altresi' in contrasto con
gli artt. 24 e 111 Cost., perche' pregiudicano il diritto di difesa,
il principio di parita' delle parti e il diritto ad un processo
"giusto", avuto riguardo anche ai tempi di durata dello stesso;
che, ad avviso della Commissione rimettente, infine, le norme
censurate violerebbero anche gli artt. 3 e 53 Cost., perche', in
assenza di una ragionevole giustificazione, discriminerebbero la
posizione dei contribuenti che subiscono accertamenti non preceduti
da accessi, ispezioni o verifiche presso i locali di riferimento
della relativa attivita' economica, senza garantire loro il diritto
al contraddittorio preventivo all'attuazione impositiva, altrimenti
previsto, al verificarsi dei suddetti presupposti, dal combinato
disposto dei commi 1 e 7 dell'art. 12 dello statuto del contribuente;
che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, adducendo diverse eccezioni pregiudiziali e, nel merito,
concludendo per la non fondatezza delle questioni.
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Siracusa
ha sollevato, con ordinanza del 26 marzo 2018, questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 32, 39 e 42 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni
comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nonche'
dell'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante
«Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente» (da
ora in avanti: statuto contribuente), in riferimento agli artt. 3,
24, 53, 111 e 117, primo comma, della Costituzione;
che, relativamente alle eccezioni pregiudiziali sollevate dalla
difesa dello Stato, deve ritenersi fondata, nei termini precisati di
seguito, quella inerente alla addotta inammissibilita' delle
questioni perche' erroneamente o comunque non sufficientemente
argomentate in ordine alla individuazione delle disposizioni
censurate;
che, sotto questo profilo, va rimarcato che l'ordinanza, in linea
con il complesso delle argomentazioni da essa svolte, indica piu'
disposizioni censurate e contiene un duplice capo di domanda;
che, in particolare, nell'ordinanza si censurano sia gli artt.
32, 39 e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui «non
prevedono l'instaurazione di alcun contraddittorio con il
contribuente anteriormente all'emissione di un avviso di
accertamento», sia l'art. 12, comma 7, statuto contribuente, nella
parte «in cui riconosce al contribuente il diritto a ricevere copia
del verbale con cui si concludono le operazioni di accertamento e di
disporre di un termine di 60 giorni per eventuali controdeduzioni,
limitatamente all'ipotesi in cui la Amministrazione abbia effettuato
un accesso, un'ispezione, o una verifica nei locali destinati
all'esercizio dell'attivita' del contribuente»;
che l'eccezione dell'Avvocatura generale dello Stato di erronea o
generica individuazione delle disposizioni censurate coglie nel segno
con riguardo al solo fascio di norme (artt. 32, 39 e 42) ricomprese
nel d.P.R. n. 600 del 1973, attinte dalle censure addotte dal
Collegio rimettente;
che l'ordinanza, in parte qua, coinvolge indistintamente
previsioni dal portato assai eterogeneo, peraltro caratterizzate, al
loro interno, da contenuti in gran parte non pertinenti rispetto al
tenore delle censure prospettate;
che, in particolare, l'art. 32 del citato decreto e'
caratterizzato da un evidente contenuto composito perche': a)
descrive i poteri ascritti agli uffici finanziari nel procedere alla
acquisizione delle informazioni e del materiale probatorio funzionali
all'attuazione impositiva; b) contiene regole di procedura, destinate
a modulare i possibili momenti di contatto con il contribuente o con
i terzi che sono in grado di offrire dati utili al fine della
corretta emersione della base imponibile di riferimento; c) detta,
inoltre, regole di valutazione probatoria legate alla scelta del
contribuente di non collaborare a dispetto delle sollecitazioni
istruttorie rivolte dall'ufficio;
che l'ordinanza in esame coinvolge per intero tale articolo,
senza precisare su quale segmento dello stesso dovrebbe incidere
l'additiva di principio prospettata nel dispositivo, a fronte della
eterogeneita' di contenuti sopra rimarcata;
che, a sua volta, l'art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 non
contiene alcuna prescrizione procedimentale e, conseguentemente, non
si presta all'intervento additivo sollecitato dal rimettente, mentre
l'art. 42 censurato descrive il contenuto che deve possedere l'atto
di accertamento anche a pena di nullita' del relativo provvedimento
ed attiene, dunque, ad un momento successivo rispetto a quello della
formazione del provvedimento stesso che immediatamente interessa il
giudizio di legittimita' in esame;
che la descrizione che precede rende evidente l'inammissibilita'
delle questioni, dirette a colpire un intero gruppo di norme non
conferenti rispetto alle censure prospettate e comunque
caratterizzate da un contenuto assai eterogeneo;
che, in particolare, sotto quest'ultimo versante, viene
inammissibilmente rimesso alla Corte il compito di individuare la
prescrizione che sostanzia il vulnus addotto e nei confronti della
quale si imporrebbe la reductio ad legitimitatem sollecitata dal
rimettente attraverso l'additiva prospettata, in aperto conflitto con
la costante giurisprudenza di questa Corte, in forza della quale il
giudice a quo e' tenuto ad individuare la norma o la parte di essa
che determina la paventata lesione dei parametri costituzionali
invocati (ex plurimis, sentenza n. 218 del 2014 e ordinanza n. 189
del 2017);
che la genericita' del petitum, che connota l'atto di
promovimento in esame, consente, inoltre, l'individuazione di una
ulteriore ragione di inammissibilita', rilevabile d'ufficio,
destinata a coprire l'intero perimetro delle questioni prospettate,
comprensivo anche dell'art. 12, comma 7, statuto contribuente;
che, in particolare, i (due) capi che compongono il petitum
dell'ordinanza non sono prospettati in termini gradatamente
sequenziali, l'uno subordinato all'altro;
che, se risponde al vero che il giudice rimettente puo' addurre i
possibili esiti dello scrutinio di costituzionalita' in via gradata,
pur senza una formale e testuale qualificazione di ciascuna
conclusione rispettivamente come «principale» e «subordinata»,
potendosi pervenire ad una siffatta valutazione anche guardando
all'intero argomentare del provvedimento di rimessione (sentenze n.
175 del 2018; n. 127 del 2017 e n. 280 del 2011), va tuttavia
rimarcato che nel caso in esame una siffatta implicita subordinazione
logica tra i due capi non emerge neppure dal tenore complessivo
dell'ordinanza;
che, sotto questo ulteriore profilo, le questioni devono quindi
ritenersi manifestamente inammissibili perche' ancipiti, dato che il
rimettente le ha prospettate in termini alternativi senza indicare
quale soluzione ritiene prioritariamente imposta dalla Costituzione,
rimettendo un siffatto compito, impropriamente, alla Corte (ex
multis, sentenza n. 22 del 2016 e ordinanze n. 221 e n. 130 del
2017).
Visti gli art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilita' delle questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 32, 39 e 42 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni
comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nonche'
dell'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212
(Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente),
sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 53, 111 e 117, primo
comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 1 del
Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmato a Parigi il
20 marzo 1952, e all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a
Roma il 4 novembre 1950, ratificati e resi esecutivi con legge 4
agosto 1955, n. 848, dalla Commissione tributaria provinciale di
Siracusa con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 2019.
F.to:
Aldo CAROSI, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2020.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
Nessun commento:
Posta un commento