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mercoledì 5 febbraio 2020

N. 8 ORDINANZA 4 dicembre 2019- 31 gennaio 2020 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Imposte e tasse - Accertamento di tributi "non armonizzati" - Obbligo di instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente - Esclusione (in base al diritto vivente), salvo il caso di accertamenti preceduti da accessi, verifiche o ispezioni nei luoghi di riferimento del contribuente - Denunciata violazione delle garanzie dell'equo processo e della tutela dei beni privati previste dalla CEDU e dal relativo Protocollo addizionale, ingiustificata discriminazione tra contribuenti, lesione del diritto di difesa, del principio della parita' delle parti e del diritto al giusto processo - Manifesta inammissibilita' delle questioni. - Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, artt. 32, 39 e 42; legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7. - Costituzione, artt. 3, 24, 53, 111 e 117, primo comma; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 6; Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 1. (GU n.6 del 5-2-2020 )



N. 8 ORDINANZA 4 dicembre 2019- 31 gennaio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte e tasse - Accertamento di tributi "non armonizzati" - Obbligo
  di instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente
  - Esclusione (in  base  al  diritto  vivente),  salvo  il  caso  di
  accertamenti preceduti da accessi, verifiche o ispezioni nei luoghi
  di riferimento  del  contribuente  -  Denunciata  violazione  delle
  garanzie  dell'equo  processo  e  della  tutela  dei  beni  privati
  previste  dalla  CEDU  e  dal  relativo   Protocollo   addizionale,
  ingiustificata  discriminazione  tra  contribuenti,   lesione   del
  diritto di difesa, del principio della parita' delle  parti  e  del
  diritto al  giusto  processo  -  Manifesta  inammissibilita'  delle
  questioni.
- Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.  600,
  artt. 32, 39 e 42; legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7.
- Costituzione, artt. 3, 24, 53, 111 e 117, primo comma;  Convenzione
  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle   liberta'
  fondamentali, art. 6; Protocollo addizionale alla  Convenzione  per
  la  salvaguardia   dei   diritti   dell'uomo   e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 1.
(GU n.6 del 5-2-2020 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Aldo CAROSI;
Giudici :Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              ORDINANZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 32, 39  e
42, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.
600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi), nonche' dell'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio  2000,
n.  212  (Disposizioni  in  materia  di  statuto  dei   diritti   del
contribuente), promosso dalla Commissione tributaria  provinciale  di
Siracusa nel giudizio vertente tra C. L. e l'Agenzia delle entrate  -
Direzione provinciale di Siracusa, con ordinanza del 26  marzo  2018,
iscritta al n. 170 del registro ordinanze  2018  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  48,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2018.
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del 4 dicembre  2019  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera.
    Ritenuto che con ordinanza depositata il 26 marzo 2018 (reg. ord.
n. 170 del 2018) la Commissione tributaria provinciale di Siracusa ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 32, 39
e 42 del decreto del Presidente della Repubblica 29  settembre  1973,
n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle  imposte
sui redditi), nonche' dell'art. 12, comma 7, della  legge  27  luglio
2000, n. 212, recante «Disposizioni in materia di statuto dei diritti
del contribuente»  (da  ora  in  avanti:  statuto  contribuente),  in
riferimento agli artt. 3, 24, 53,  111  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione;
    che, per quanto emerge dall'ordinanza, il giudizio principale  ha
ad oggetto l'impugnazione di un avviso di  accertamento  inerente  al
recupero  delle  maggiori  imposte  dovute  per  IRPEF,   addizionale
regionale IRPEF, IRAP, IVA e correlate sanzioni,  in  conseguenza  di
ricavi non dichiarati nell'anno 2004;
    che, come evidenziato dal rimettente, l'accertamento  contestato,
effettuato senza  accedere  presso  i  locali  del  contribuente,  e'
disciplinato dal combinato disposto degli  artt.  32,  39,  comma  1,
lettera d), e 42 del d.P.R.  n.  600  del  1973  e  che  il  soggetto
d'imposta,  con  il  secondo  motivo  di   ricorso,   ha   contestato
l'illegittimita'  dell'atto  per   la   mancata   instaurazione   del
contraddittorio preventivo,  avendo  a  suo  avviso  l'Agenzia  delle
entrate «trasferito nella sede giudiziaria la fase istruttoria»;
    che secondo il Collegio rimettente va condivisa l'interpretazione
del quadro normativo  di  riferimento  offerta  dalla  giurisprudenza
delle Sezioni unite  della  Corte  di  cassazione  nella  sentenza  9
dicembre 2015, n. 24823, in forza della quale deve ritenersi: a)  per
un verso, che il contraddittorio  preventivo  dettato  dall'art.  12,
comma 7, dello statuto contribuente non puo'  esondare  dagli  argini
definiti  dal   tenore   letterale   della   relativa   disposizione,
rappresentati, ai sensi del comma 1 del medesimo articolo,  dai  soli
accertamenti legati ad accessi, verifiche o ispezioni rese sui luoghi
di riferimento del contribuente, cosi' da non  risultare  estensibile
alle verifiche, come quella di  specie,  rese  "a  tavolino"  perche'
svolte esclusivamente  presso  l'ufficio  che  procede  al  controllo
fiscale; b)  per  altro  verso,  che  manca  nel  sistema  tributario
nazionale un principio generale che, alla stessa  stregua  di  quanto
imposto per i  tributi  armonizzati  dall'art.  41  della  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a  Nizza
il 7 dicembre 2000 e adattata  a  Strasburgo  il  12  dicembre  2007,
imponga il contraddittorio  preventivo  per  le  imposizioni  fiscali
esclusivamente interne;
    che, tuttavia, ad avviso del  rimettente,  muovendo  da  siffatta
lettura  interpretativa  di  sistema,   le   disposizioni   censurate
violerebbero, in primo luogo, l'art. 117, primo comma, Cost.;
    che, in particolare, le norme censurate  sarebbero  in  contrasto
con l'art. 1 del  Protocollo  addizionale  alla  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
firmato a Parigi il 20 marzo 1952, ratificato e  reso  esecutivo  con
legge 4 agosto 1955, n. 848, perche', a fronte  di  un  provvedimento
dotato di immediata esecutivita', assunto dall'amministrazione  senza
garantire il preventivo  contraddittorio  con  il  contribuente,  non
rispettano il canone della proporzionalita';
    che, inoltre, le disposizioni indubbiate sarebbero  in  conflitto
l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti  dell'uomo
e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4  novembre
1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto  1955,  n.  848,
perche' l'atto impositivo contiene sanzioni dotate di  una  efficacia
sostanziale non dissimile da quella propria  delle  sanzioni  penali,
cosi' che non potrebbe prescindersi, nella relativa irrogazione,  dal
preventivo confronto con le ragioni del contribuente;
    che le medesime disposizioni sarebbero altresi' in contrasto  con
gli artt. 24 e 111 Cost., perche' pregiudicano il diritto di  difesa,
il principio di parita' delle parti  e  il  diritto  ad  un  processo
"giusto", avuto riguardo anche ai tempi di durata dello stesso;
    che, ad avviso della Commissione  rimettente,  infine,  le  norme
censurate violerebbero anche gli artt. 3  e  53  Cost.,  perche',  in
assenza di  una  ragionevole  giustificazione,  discriminerebbero  la
posizione dei contribuenti che subiscono accertamenti  non  preceduti
da accessi, ispezioni o verifiche  presso  i  locali  di  riferimento
della relativa attivita' economica, senza garantire loro  il  diritto
al contraddittorio preventivo all'attuazione  impositiva,  altrimenti
previsto, al verificarsi  dei  suddetti  presupposti,  dal  combinato
disposto dei commi 1 e 7 dell'art. 12 dello statuto del contribuente;
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, adducendo diverse eccezioni pregiudiziali  e,  nel  merito,
concludendo per la non fondatezza delle questioni.
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Siracusa
ha  sollevato,  con  ordinanza  del  26  marzo  2018,  questioni   di
legittimita' costituzionale degli artt. 32, 39 e 42 del  decreto  del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.  600  (Disposizioni
comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nonche'
dell'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000,  n.  212,  recante
«Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente» (da
ora in avanti: statuto contribuente), in riferimento  agli  artt.  3,
24, 53, 111 e 117, primo comma, della Costituzione;
    che, relativamente alle eccezioni pregiudiziali  sollevate  dalla
difesa dello Stato, deve ritenersi fondata, nei termini precisati  di
seguito,  quella  inerente  alla   addotta   inammissibilita'   delle
questioni  perche'  erroneamente  o  comunque  non   sufficientemente
argomentate  in  ordine  alla   individuazione   delle   disposizioni
censurate;
    che, sotto questo profilo, va rimarcato che l'ordinanza, in linea
con il complesso delle argomentazioni da  essa  svolte,  indica  piu'
disposizioni censurate e contiene un duplice capo di domanda;
    che, in particolare, nell'ordinanza si censurano  sia  gli  artt.
32, 39 e 42 del d.P.R. n. 600 del  1973,  nella  parte  in  cui  «non
prevedono   l'instaurazione   di   alcun   contraddittorio   con   il
contribuente   anteriormente   all'emissione   di   un   avviso    di
accertamento», sia l'art. 12, comma 7,  statuto  contribuente,  nella
parte «in cui riconosce al contribuente il diritto a  ricevere  copia
del verbale con cui si concludono le operazioni di accertamento e  di
disporre di un termine di 60 giorni  per  eventuali  controdeduzioni,
limitatamente all'ipotesi in cui la Amministrazione abbia  effettuato
un  accesso,  un'ispezione,  o  una  verifica  nei  locali  destinati
all'esercizio dell'attivita' del contribuente»;
    che l'eccezione dell'Avvocatura generale dello Stato di erronea o
generica individuazione delle disposizioni censurate coglie nel segno
con riguardo al solo fascio di norme (artt. 32, 39 e  42)  ricomprese
nel d.P.R. n.  600  del  1973,  attinte  dalle  censure  addotte  dal
Collegio rimettente;
    che  l'ordinanza,  in  parte   qua,   coinvolge   indistintamente
previsioni dal portato assai eterogeneo, peraltro caratterizzate,  al
loro interno, da contenuti in gran parte non pertinenti  rispetto  al
tenore delle censure prospettate;
    che,  in  particolare,  l'art.   32   del   citato   decreto   e'
caratterizzato  da  un  evidente  contenuto  composito  perche':   a)
descrive i poteri ascritti agli uffici finanziari nel procedere  alla
acquisizione delle informazioni e del materiale probatorio funzionali
all'attuazione impositiva; b) contiene regole di procedura, destinate
a modulare i possibili momenti di contatto con il contribuente o  con
i terzi che sono in  grado  di  offrire  dati  utili  al  fine  della
corretta emersione della base imponibile di  riferimento;  c)  detta,
inoltre, regole di valutazione  probatoria  legate  alla  scelta  del
contribuente di  non  collaborare  a  dispetto  delle  sollecitazioni
istruttorie rivolte dall'ufficio;
    che l'ordinanza in esame  coinvolge  per  intero  tale  articolo,
senza precisare su quale  segmento  dello  stesso  dovrebbe  incidere
l'additiva di principio prospettata nel dispositivo, a  fronte  della
eterogeneita' di contenuti sopra rimarcata;
    che, a sua volta, l'art. 39  del  d.P.R.  n.  600  del  1973  non
contiene alcuna prescrizione procedimentale e, conseguentemente,  non
si presta all'intervento additivo sollecitato dal rimettente,  mentre
l'art. 42 censurato descrive il contenuto che deve  possedere  l'atto
di accertamento anche a pena di nullita' del  relativo  provvedimento
ed attiene, dunque, ad un momento successivo rispetto a quello  della
formazione del provvedimento stesso che immediatamente  interessa  il
giudizio di legittimita' in esame;
    che la descrizione che precede rende evidente  l'inammissibilita'
delle questioni, dirette a colpire un  intero  gruppo  di  norme  non
conferenti   rispetto   alle   censure   prospettate    e    comunque
caratterizzate da un contenuto assai eterogeneo;
    che,  in  particolare,   sotto   quest'ultimo   versante,   viene
inammissibilmente rimesso alla Corte il  compito  di  individuare  la
prescrizione che sostanzia il vulnus addotto e  nei  confronti  della
quale si imporrebbe la  reductio  ad  legitimitatem  sollecitata  dal
rimettente attraverso l'additiva prospettata, in aperto conflitto con
la costante giurisprudenza di questa Corte, in forza della  quale  il
giudice a quo e' tenuto ad individuare la norma o la  parte  di  essa
che determina  la  paventata  lesione  dei  parametri  costituzionali
invocati (ex plurimis, sentenza n. 218 del 2014 e  ordinanza  n.  189
del 2017);
    che  la  genericita'  del  petitum,   che   connota   l'atto   di
promovimento in esame, consente,  inoltre,  l'individuazione  di  una
ulteriore  ragione   di   inammissibilita',   rilevabile   d'ufficio,
destinata a coprire l'intero perimetro delle  questioni  prospettate,
comprensivo anche dell'art. 12, comma 7, statuto contribuente;
    che, in particolare, i  (due)  capi  che  compongono  il  petitum
dell'ordinanza  non  sono   prospettati   in   termini   gradatamente
sequenziali, l'uno subordinato all'altro;
    che, se risponde al vero che il giudice rimettente puo' addurre i
possibili esiti dello scrutinio di costituzionalita' in via  gradata,
pur  senza  una  formale  e  testuale  qualificazione   di   ciascuna
conclusione  rispettivamente  come  «principale»   e   «subordinata»,
potendosi pervenire  ad  una  siffatta  valutazione  anche  guardando
all'intero argomentare del provvedimento di rimessione  (sentenze  n.
175 del 2018; n. 127 del  2017  e  n.  280  del  2011),  va  tuttavia
rimarcato che nel caso in esame una siffatta implicita subordinazione
logica tra i due capi  non  emerge  neppure  dal  tenore  complessivo
dell'ordinanza;
    che, sotto questo ulteriore profilo, le questioni  devono  quindi
ritenersi manifestamente inammissibili perche' ancipiti, dato che  il
rimettente le ha prospettate in termini  alternativi  senza  indicare
quale soluzione ritiene prioritariamente imposta dalla  Costituzione,
rimettendo  un  siffatto  compito,  impropriamente,  alla  Corte  (ex
multis, sentenza n. 22 del 2016 e ordinanze  n.  221  e  n.  130  del
2017).
    Visti gli art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale degli artt. 32, 39 e 42 del  decreto  del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.  600  (Disposizioni
comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nonche'
dell'art.  12,  comma  7,  della  legge  27  luglio  2000,   n.   212
(Disposizioni in materia di statuto dei  diritti  del  contribuente),
sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24,  53,  111  e  117,  primo
comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art.  1  del
Protocollo addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmato a Parigi  il
20 marzo 1952, e all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificati e  resi  esecutivi  con  legge  4
agosto 1955, n. 848,  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di
Siracusa con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 2019.

                                F.to:
                       Aldo CAROSI, Presidente
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2020.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA 

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