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lunedì 17 luglio 2023

Corte d’Appello 2023- Lamentava la violazione dell'art. 2109 c.c. che impone al datore di lavoro di riconoscere almeno un giorno di riposo ogni settimana, di regola coincidente con la domenica e dell'art. 36, comma 3, Cost. e sosteneva che non esisteva una disciplina di fonte normativa o sindacale in grado di derogare all'art.2109 c.c. sul riposo settimanale.

 

Corte d’Appello 2023-Lamentava la violazione dell'art. 2109 c.c. che impone al datore di lavoro di riconoscere almeno un giorno di riposo ogni settimana, di regola coincidente con la domenica e dell'art. 36, comma 3, Cost. e sosteneva che non esisteva una disciplina di fonte normativa o sindacale in grado di derogare all'art.2109 c.c. sul riposo settimanale.

 

 

Corte d'Appello Roma Sez. lavoro, Sent., 15/05/2023

Fatto Diritto P.Q.M.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI ROMA

V SEZIONE LAVORO

La Corte d'Appello di Roma, in funzione di giudice del lavoro, composta dai Magistrati:

Dott.ssa Giovanna Ciardi - Presidente

Dott. Carlo Chiriaco - Consigliere

Dott.ssa Sabrina Mostarda - Consigliere rel.

all'udienza del 28/04/2023 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 2337/2020 vertente tra:

tra

ROMA CAPITALE

con l'avv.RICHTER MAPELLI MOZZI PAOLO

Appellante

x

Appellata

Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n.1114/2020 del 04/02/2020

Svolgimento del processo

L.R., dipendente di Roma Capitale, funzionario di Polizia Locale A1, esponeva che dal gennaio 2004 aveva espletato il proprio servizio in regime di settimana corta, con articolazione oraria di 7 ore e 12 minuti a giorni alternati dal lunedì al venerdì, di essere inserito in una squadra al fine di garantire la copertura del servizio nelle giornate del sabato, della domenica e dei festivi infrasettimanali e di aver effettuato il relativo riposto nelle giornate di venerdì e lunedì secondo la programmazione d'ufficio.

Evidenziava che i propri turni si erano svolti secondo lo schema seguente:

1^ settimana: lunedì riposo, da martedì a sabato lavoro, domenica riposo;

2^ settimana: da lunedì a venerdì lavoro, sabato e domenica riposo;

3^ settimana: lunedì riposo, da martedì a domenica lavoro;

4^ settimana: da lunedì a giovedì lavoro, venerdì sabato e domenica riposo.

Egli, quindi, era stato comandato a lavorare 10 giorni consecutivi (dal martedì della 3^ settimana al giovedì della 4^) ogni 28 giorni, con il differimento del riposo settimanale all'undicesimo giorno coincidente con il venerdì della 4^ settimana.

Lamentava la violazione dell'art. 2109 c.c. che impone al datore di lavoro di riconoscere almeno un giorno di riposo ogni settimana, di regola coincidente con la domenica e dell'art. 36, comma 3, Cost. e sosteneva che non esisteva una disciplina di fonte normativa o sindacale in grado di derogare all'art.2109 c.c. sul riposo settimanale.

Chiedeva la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno per usura psicofisica quantificando il danno in misura pari al 50% della retribuzione giornaliera per il settimo giorno ed al 100% della retribuzione per il lavoro prestato oltre il settimo giorno per complessivi Euro 31.612,44 per il periodo dal 16.6.06 al 30.6.16.

In via subordinata, chiedeva accertarsi la violazione dell'art.2126 c.c. e dell'art.24 del ccnl comma 1 per ogni ora e ogni giorno lavorato oltre il 6 giorno lavorativo e non retribuita con le relative indennità previste dal ccnl e, per l'effetto, condannare Roma Capitale al pagamento delle indennità previste dal ccnl in favore dei lavoratori che svolgono attività lavorativa oltre il 6 giorno consecutivo.

Si costituiva Roma Capitale eccependo in via preliminare la prescrizione dei diritti e chiedendo nel merito il rigetto delle domande per la loro infondatezza, stante la deroga al principio generale del riposo settimanale prevista dalla normativa legale e contrattuale collettiva e la remunerazione del servizio prestato a mezzo delle indennità onnicomprensive regolate dai contratti collettivi, anche contestando i conteggi formulati dal ricorrente.

In particolare, la resistente evidenziava che la turnazione era stata adottata sulla base dell'art.13 D.P.R. n. 268 del 1987 e della L.R. Lazio n. 1 del 2005 che prevedono la possibilità di turnazioni per garantire la copertura effettiva del servizio di Polizia Locale, che per gli appartenenti alla Polizia Locale adibiti alle attività operative specificatamente istituzionali non trovava applicazione quanto stabilito dall'art.9 D.Lgs. n. 66 del 2003 in tema di riposo settimanale.

Esponeva che la contrattazione collettiva prevedeva per le particolari funzioni che il Corpo di Polizia Locale era chiamato a svolgere, il trattamento per attività prestate in giorno festivo: l'indennità ex art.24 ccnl 14.9.00 per attività prestata in giorno festivo, la quale è dovuta "al dipendente che per particolari esigenze di servizio non usufruisce del giorno di riposo settimanale", al quale "deve essere corrisposto, per ogni ora di lavoro effettivamente prestata, un compenso aggiuntivo pari al 50% della retribuzione giornaliera …, con diritto al riposo compensativo …" (art. 24 C.C.N.L. 14.09.2000, come modificato dall'art. 14 C.C.N.L. 2000-2001), indennità corrisposta in busta paga; nonché l'indennità corrisposta al personale turnista (art. 22 C.C.N.L. 14.09.2000: "gli enti, in relazione alle proprie esigenze organizzative o di servizio funzionali, possono istituire turni giornalieri di lavoro. Il turno consiste in un'effettiva rotazione del personale in prestabilite articolazioni giornaliere" (comma 1), che "le prestazioni lavorative svolte in turnazione, ai fini della corresponsione della relativa indennità, devono essere distribuite nell'arco del mese …" (comma 2) e soprattutto, ai fini che qui interessano, che "al personale turnista è corrisposta una indennità che compensa interamente il disagio derivante dalla particolare articolazione dell'orario di lavoro i cui valori sono stabiliti come segue: - turno diurno antimeridiano e pomeridiano (tra le 6 e le 22.00): maggiorazione oraria del 10% della retribuzione …; - turno notturno o festivo: maggiorazione oraria del 30% della retribuzione …; - turno festivo notturno: maggiorazione oraria del 50% della retribuzione" (comma 5).

I contratti collettivi integrativi avevano poi previsto le maggiorazioni per orario festivo o notturno, per articolazione oraria festiva e notturna, l'indennità di turno diurno, l'indennità di turno notturno o festivo, l'indennità di turno festivo-notturno. Evidenziava che recentemente il tribunale aveva anche negato la cumulabilità fra le indennità di turno con le maggiorazioni di cui all'art.24 ccnl

Contestava, in ogni caso, anche la correttezza della quantificazione delle somme richieste.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale ha ritenuto provata la circostanza del differimento del giorno di riposo e del mancato godimento del riposo settimanale, così come previsto dall'art.2109 c.c.

Ha ritenuto, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, che i turni non erano illegittimi perché trovavano fondamento nelle disposizioni di fonte legale derogative all'art.2109 c.c e per essere legittima la contrattazione collettiva.

Il CCDI vigente dall'1.1.5 era stato legittimamente approvato dalla giunta capitolina, evidenziando che comunque la turnazione era valida ai sensi del CCDI vigente dal 2005 e del ccnl 14.9.00.

Il disagio derivante dalla maggior penosità dell'articolazione dell'orario di lavoro era compensato tramite il rinvio a due disposizione del ccnl del 14.9.00 : l'art.22 e l'art.24.

Il tribunale ha confermato l'orientamento espresso dal tribunale secondo il quale il sistema di articolazione dei turni predisposto per il personale del Corpo di polizia locale di Roma capitale gode di copertura normativa di fonte contrattuale che ne garantisce la legittimità in quanto autorizza lo svolgimento di prestazione di lavoro nelle giornate di sabato e domenica e al contempo l'art.24 ccnl 14.9.00 ammette i differimento del riposo settimanale con previsione della contestuale maggiorazione retributiva e del diritto al riposo compensativo da fruire entro un termine massimo.

Il ricorrente non aveva diritto al risarcimento del danno da usura psico-fisica perché la fruizione del riposo oltre il settimo giorno era legittima.

Al ricorrente doveva essere riconosciuto il diritto a percepire la maggiorazione prevista dall'art.24 ccnl nella misura del 50% della retribuzione, perché dagli atti di causa era pacifico che tale emolumento non era mai stato corrisposto. Dalle buste paga emergeva che erano state corrisposte solo importi per indennità turnazione ex art.22 ccnl 14.9.00 e d'altro canto Roma Capitale aveva ammesso di non averla corrisposta sulla base di una pretesa natura omnicomprensiva dell'indennità di cui all'art.22 cit.

Le due maggiorazioni avevano finalità distinte: una mirava a compensare il lavoratore per il disagio connesso all'esecuzione della prestazione lavorativa resa non seguendo un orario fisso ma su turni variabili ed eventualmente ricadenti in giorni festivi o in orario notturno (art.22), l'altra volta a risarcire il dipendente della maggior penosità di una prestazione protratta oltre i 6 giorni consecutivi.

Il tribunale ha accolto l'eccezione di prescrizione, ritenendo prescritte le somme maturate in data antecedente al 15.6.11, ritenendo che la diffida del 15.6.16 costituisse valida interruzione della prescrizione.

Ha condannato il Roma Capitale al pagamento di Euro 9.464,28 (50% per gon giorni di lavoro consecutivo oltre il linite delle 6 giornate lavorative) con riferimento al periodo dal 15.6.11 al 15.6.16 ed ha rigettato la domanda per la maggiorazione del 100% per i giorni di lavoro successivi al primo.

Avverso tale pronunzia Roma Capitale ha proposto appello.

Roma Capitale afferma che erroneamente il tribunale aveva ritenuto che non era stata corrisposta l'indennità ex art.24 ccnl 14.9.00 ma solo quella ex art.22 ccnl.

Sostiene, inoltre, che l'indennità di turnazione ex art.22 ccnl 14.9.00 e 223 ccdi 2002-2005 aveva natura omnicomprensiva ed interamente compensativa del disagio derivante da una particolare articolazione dell'orario di lavoro, per cui l'indennità ex art.24 non era cumulabile; che agli appartenenti della Polizia Locale non era applicabile l'art.9 D.Lgs. n. 66 del 2003 in materia di riposo settimanale; che essi occasionalmente erano chiamati a lavorare in regime di rotazione ciclica, nell'arco di due settimane, 8, 9 o 10 giornate lavorative consecutive seguite da 4 giorni di riposo; che mancava la prova del danno perché non erano mai pervenute istanze contrarie al sistema dei riposi settimanali oggi contestato, i dipendenti avevano anche chiesto di lavorare volontariamente nei giorni di riposo.

Contesta le modalità di calcolo affermando che l'art.24 ccnl prevede la maggiorazione solo per il giorno di riposo settimanale e non anche per i giorni successivi allo stesso.

Motivi della decisione

L'appello è fondato.

Deve preliminarmente rilevarsi che nel ricorso ex art. 414 c.p.c. il riferimento all'art.24 ccnl era presente solo nella domanda subordinata nella quale si chiedeva che -nell'ipotesi di ritenuta non risarcibilità del danno da usura psicofisica per i lavoratori che ogni 28 giorni lavorano per 10 giorni consecutivi saltando il riposo settimanale di 24 ore-, venisse comunque risarcita la particolare penosità che contraddistingue l'attività lavorativa svolta dal ricorrente.

A tal fine l'indennità ex art.24 comma 1 ccnl veniva utilizzata solo come parametro per il risarcimento del danno.

Sulla questione di cui è causa questa Corte di Appello si è già pronunciata, con motivazione condivisa dal Collegio: "Il disagio derivante dalla maggiore penosità della suindicata articolazione dell'orario di lavoro viene compensato dalla stessa contrattazione tramite il rinvio a due disposizioni del CCNL del 14.09.2000 (di cui il ricorrente stesso chiede l'applicazione): l'art. 22, che stabilisce una maggiorazione per il turno espletato nel giorno festivo, e l'art. 24, che invece pone a carico dell'ente di appartenenza l'obbligo di retribuire il "dipendente che per particolari esigenze diservizio non usufruisce del giorno di riposo settimanale" tramite l'erogazione "per ogni ora di lavoro effettivamente prestata" di "un compenso aggiuntivo pari al 50% della retribuzione oraria di cui all'art. 10, comma 2, lett. b) CCNL 9/5/2006, con diritto al riposo compensativo da fruire di regola entro 15 giorni e comunque non oltre il bimestre successivo". Tale disciplina è conforme all'indirizzo da tempo tracciato dalla giurisprudenza di legittimità ( vedi da ultimo Cass. n. 1201/2009) alla stregua del quale "ai dipendenti del comparto delle regioni e delle autonomie locali che svolgono la prestazione lavorativa con il sistema dei turni, funzionale all'esigenza di continuità del servizio, si applica ove la prestazione cada in giornata festiva infrasettimanale, come in quella domenicale, l'art. 22, comma 5 del contratto collettivo 14 settembre 2000 sulle autonomie locali, che compensa il disagio con la maggiorazione del 30 per cento della retribuzione, mentre il disposto dell'art. 24, che ha ad oggetto l'attività prestata dai lavoratori dipendenti, in giorni festivi infrasettimanali, oltre l'orario contrattuale di lavoro, trova applicazione soltanto quando i predetti lavoratori siano chiamati a svolgere la propria attività, in via eccezionale od occasionale, nelle giornate di riposo settimanale che competono loro in base ai turni, ovvero in giornate festive infrasettimanali al di là dell'orario di lavoro" (Cass. n. 8458/2010 e negli stessi termini Cass. n. 2888/2012, Cass. n. 23646/2012, Cass. n. 14038/2014, nonché, fra le più recenti, Cass. n. 30365/2017 e Cass. n. 17990/2017). Costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato, infine, che l'indennità di cui all'art. 24 del CCNL di comparto (menzionato nel ricorso introduttivo) non sia cumulabile con quella prevista dall'art. 22 dello stesso CCNL, che è stata pacificamente già erogata agli appellati ( v. ex multis Cass. n. 23917/2014; n. 7790/2014). In definitiva, è contratto collettivo che deve contenere al suo interno misure che compensino adeguatamente sia la usura psicofisica che deriva dalla modifica della tradizionale cadenza del riposo settimanale sia il disagio connesso alla prestazione della attività lavorativa nel giorno di domenica. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto nel primo motivo gravame con il quale gli appellanti reiterano la difesa articolata sul punto nel ricorso di primo grado, il sistema di articolazione dei turni predisposto per il personale del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale - che prevede il differimento del riposo settimanale oltre il sesto giorno di lavoro consecutivo - gode di una copertura normativa di fonte contrattuale che ne garantisce la legittimità: in quanto da un lato il CC decentrato integrativo del 2005 (replicato dal successivo del 2015) autorizza lo svolgimento di prestazioni di lavoro nelle giornate di sabato e domenica e, al contempo, l'art. 24 del CCNL 14.09.2000 ammette il differimento del riposo settimanale, con contestuale previsione di una maggiorazione retributiva (nella misura del 50% della retribuzione) e del diritto al riposo compensativo, da fruire entro il termine massimodel bimestre successivo alla data della prestazione lavorativa. (Corte App.n. 2810/2020, 5 Collegio, F.)

La giurisprudenza di legittimità che ha affrontato la questione in numerose occasioni (a partire da Cass. n. 8458/2010; in seguito, tra le ultime, Cass. 28628/2020; Cass. n. 19326/2021) ha stabilito che la speciale disciplina dettata dall'art. 22 del c.c.n.l. compensa interamente il disagio che deriva dall'articolazione dell'orario, sicché l'applicazione dell'art. 24 dello stesso contratto, che riguarda l'attività prestata in giorno festivo, resta limitata ai casi in cui si verifichi un'eccedenza rispetto al normale orario di lavoro assegnato al turnista, ossia qualora, in via eccezionale ovvero occasionale, al lavoratore venga richiesto di prestare la propria attività nella giornata di riposo settimanale che gli compete in base al turno assegnato.

Ancora più recentemente, in relazione alla dedotta maggior penosità di una prestazione protratta oltre i 6 giorni consecutivi , con sentenza condivisa dal Collegio, questa Corte d'Appello ha aggiunto alla fattispecie in esame che: "Invero, la protrazione dell'attività non può essere considerata produttiva di danno anche qualora, come nella fattispecie, il riposo sia stato goduto, ma in un arco temporale più ampio, in base non solo alla disciplina contrattuale citata ma anche a quella normativa ed ai principi affermati al riguardo dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Giustizia. L'art. 9 del D.Lgs. n. 66 del 2003, con il quale è stata data attuazione alle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, anche nella sua versione originaria, prevede infatti specifiche deroghe alla regola, fissata dal comma 1, del necessario godimento ogni sette giorni di lavoro di un giorno di riposo, di norma coincidente con la domenica. Dette deroghe risultano giustificate o dalla particolare natura dell'attività esercitata o dall'intervento della contrattazione collettiva, autorizzata ad adottare una tale disciplina, purché nel rispetto del limite di cui all'art. 17, comma 4, dello stesso decreto, secondo cui ai lavoratori devono essere accordati periodi equivalenti di riposo compensativo. Si tratta di una disciplina che, nel consentire il differimento del riposo in presenza di esigenze di servizio, non presenta profili di contrasto con il principio dell'inderogabilità del riposo settimanale perché la Corte Costituzionale, nelle già menzionate pronunce n. 146/1971 e n. 101/1975, ha affermato che l'art. 36, terzo comma, della Costituzione, garantisce al lavoratore il diritto al riposo settimanale, ma ha anche precisato che, col termine "riposo settimanale", il costituente ha inteso esprimere sostanzialmente il concetto della periodicità del riposo, nel rapporto di un giorno su sei di lavoro, senza con ciò escludere la possibilità di discipline difformi in relazione alla diversa qualità ed alla varietà di tipi del lavoro. Tanto, sempreché si tratti di situazioni idonee a giustificare un regime eccezionale, con riguardo ad altri apprezzabili interessi, e comunque "non venganosuperati i limiti di ragionevolezza sia rispetto alle esigenze particolari della specialità del lavoro, sia rispetto alla tutela degli interessi del lavoratore soprattutto per quanto riguarda la salute dello stesso". La Corte ha rimarcato che, poiché l'esercizio del diritto del lavoratore al riposo periodico va regolato in modo assai vario, per essere adattato alle esigenze di lavori di ogni specie, e poiché non c'è una costituzionale riserva di legge, la relativa disciplina può essere disposta non solo da norme di legge, ma anche da contratti collettivi aventi forza di legge, da altri contratti sia collettivi che individuali, o da regolamenti. Analogamente la Corte di giustizia con la sentenza 9 novembre 2017 nella causa C306/16, dopo avere precisato che l'art. 5 della direttiva 2003/88 non indica in quale momento deve essere concesso il periodo minimo di riposo, ha evidenziato che "risulta dalla citata direttiva, in particolare dal suo considerando 15, che la stessa concede anche una certa flessibilità nell'attuazione delle sue disposizioni. Difatti in essa sono contenute varie disposizioni che consentono di derogare, mediante misure compensative, ai periodi minimi di riposo prescritti, segnatamente per le attività di lavoro a turni o per le attività caratterizzate dalla necessità di garantire la continuità del servizio o della produzione. Inoltre, l'articolo 16, lettera a), della direttiva 2003/88 stabilisce che gli Stati membri possono prevedere un periodo di riferimento più lungo per l'applicazione dell'articolo 5 della stessa, relativo al riposo settimanale…".

Non a caso, quindi, il legislatore nazionale con il D.L. n. 112 del 2008, convertito dalla L. n. 133 del 2008, è intervenuto a modificare il comma 1 dell'art. 9 del D.Lgs. n. 66 del 2003, stabilendo che "il periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a quattordici giorni".

In altri termini, né la disciplina contrattuale applicabile alla fattispecie, né le fonti normative interne e sovranazionali impongono che il godimento del riposo, che deveessere assicurato in ragione di un giorno su sette, debba anche avvenire sempre nelsettimo giorno consecutivo.

Nel caso di specie, nell'arco di quattrodici giorni ricomprendenti i dieci giorni lavorati di seguito, gli attuali appellanti hanno goduto di almeno quattro giorni diriposo, come si rileva dallo schema grafico prodotto in atti dagli stessi lavoratori,che prevedeva tre giorni di riposo seguiti da dieci giorni lavorati, a loro volta seguitida altri quattro giorni di riposo, di modo che la cadenza temporale normativa risulta osservata.

Né a diverse conclusioni sono giunti i molteplici precedenti della Suprema Corte (Cass. n. 24563/2016 e Cass. n. 24180/2013) che, in continuità con Cass. SS.UU. n. 142/2013, hanno ribadito che qualora la fruizione del risposo avvenga oltre il settimo giorno, ma nel rispetto della disciplina contrattuale e normativa inerente la specifica organizzazione del tempo di lavoro, al lavoratore, ferma la necessità diassicurare il riposo compensativo, per l'attività lavorativa svolta nel settimo giorno sarà dovuta solo la maggiorazione del compenso prevista dalle parti collettive, in ragione della maggiore gravosità del lavoro prestato.

La risarcibilità del danno da usura psico-fisica, invece, presuppone che la prestazione nel settimo giorno sia stata resa in assenza di previsioni legittimanti ed in violazione degli artt. 36 Cost. e 2109 c.c., perché solo in tal caso la perdita definitiva del riposo settimanale è di per sé produttiva di danno" (Corte App.n.1080/22).

La fattispecie presa in esame è uguale a quella dell'odierno appellante, come da prospetti turni depositati composti da tre giorni di riposo seguiti da dieci giorni lavorati, a loro volta seguiti da altri quattro giorni di riposo.

La sentenza appellata deve essere riformata, con rigetto di tutte le originarie domande proposte.

Le spese del doppio grado seguono la soccombenza.

P.Q.M.

-in accoglimento dell'appello proposto da Roma Capitale e in parziale riforma della sentenza appellata, ferma nel resto, rigetta integralmente l'originario ricorso proposto da OMISSIS;

-condanna OMISSIS al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio liquidate in Euro 1.500,00 per il primo grado ed Euro 2.000,00 per il grado d'appello, oltre spese forfettarie iva e cpa.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2023.

Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2023.

 


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