Tar 2023- Sentenza Tar riduce contratto per guardie giurate
Pubblicato il 04/09/2023
N. 02046/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00272/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 272 del 2023, proposto da
- OMISSISSoc. Coop., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS e domiciliata ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm.;
contro
- il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona del Ministro pro-tempore, e l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Como-Lecco, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliati presso la sede della stessa in Milano, Via Freguglia n. 1;
nei confronti
- I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso Avv.ti Mirella Mogavero e Roberto Maio ed elettivamente domiciliato in Milano, Via Savarè n. 1, presso la sede della propria Avvocatura Distrettuale;
- I.N.A.I.L. - Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituito in giudizio;
- Michele Reale, rappresentato e difeso dall’Avv. Riccardo Fuso e domiciliato ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm.;
- Silvia Paparo, non costituita in giudizio;
- Juliana Ceni, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
- del verbale di disposizione n. 020/060/052 del 21 dicembre 2022 dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Como-Lecco notificato in pari data, con cui è stata disposta, ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D. Lgs. n. 124 del 2004, come sostituito dall’art. 12 bis del decreto legge n. 76 del 2020, introdotto dalla legge n. 120 del 2020, la corresponsione ai soci-lavoratori dipendenti della Cooperativa OMISSISdelle differenze retributive rideterminate secondo le tabelle retributive previste dal C.C.N.L. Multiservizi;
- dei verbali unici di accertamento e notificazione n. 2021008912/DDL e n. 2021008913/DDL del 13 dicembre 2022, entrambi notificati il 21 dicembre 2022 che, oltre ad essere richiamati a fini motivazionali dal verbale di disposizione, contengono anche la quantificazione dei contributi previdenziali obbligatori e delle somme aggiuntive previste dalla legge;
- nonché di ogni altro atto ad essi presupposto, successivo, consequenziale e/o comunque connesso e, in particolare, ove occorrer possa, di tutti i verbali di primo accesso ispettivo e interlocutori e di accesso ispettivo citati nei verbali n. 2021008912/DDL e n. 2021008913/DDL e delle diffide ad adempiere del 13 dicembre 2022, notificate dall’I.N.P.S. in data 21 dicembre 2022, prot. 7001.13/12/2022.1638782 e prot. 4900.13/12/2022.1638782;
- del silenzio-rigetto dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Como-Lecco, perfezionatosi in data 18 gennaio 2023, sul ricorso gerarchico del 2 gennaio 2023, presentato dalla Cooperativa OMISSISavverso il succitato verbale di disposizione n. 020/060/052 del 21 dicembre 2022 dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Como-Lecco.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Como-Lecco, dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e di Michele Reale;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;
Uditi, all’udienza pubblica del 28 giugno 2023, i difensori delle parti, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 16 febbraio 2023 e depositato il 20 febbraio successivo, la Cooperativa ricorrente ha impugnato, unitamente agli atti presupposti, il verbale di disposizione n. 020/060/052 del 21 dicembre 2022 dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Como-Lecco notificato in pari data, con cui, ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D. Lgs. n. 124 del 2004, come sostituito dall’art. 12 bis del decreto legge n. 76 del 2020, introdotto dalla legge n. 120 del 2020, è stata disposta la corresponsione ai soci-lavoratori dipendenti della medesima Cooperativa delle differenze retributive rideterminate secondo le tabelle retributive previste dal C.C.N.L. Multiservizi.
La Cooperativa ricorrente, già Sicuritalia OMISSISSocietà Cooperativa, fornisce OMISSISconsistenti in attività di portierato, custodia, reception e guardiania non armata e conta, indicativamente, 6.800 tra soci-lavoratori e lavoratori dipendenti; la predetta Cooperativa non ha mai svolto attività di pulizia, logistica e servizi integrati di global service. Sin dal mese di gennaio 2013, per la regolamentazione del rapporto di lavoro con i propri soci-lavoratori e lavoratori dipendenti, la Cooperativa ricorrente ha applicato il C.C.N.L. per i dipendenti da Istituti e Imprese di Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari, sottoscritto dalle sigle sindacali maggiormente rappresentative anche dei lavoratori (C.I.G.L. e C.I.S.L., ratificato poi da U.G.L. Sicurezza Civile) e adottato dalla generalità delle imprese del settore dei servizi fiduciari, sia per regolare i rapporti di lavoro col proprio personale, sia per strutturare le rispettive offerte in sede di gara per l’acquisizione in appalto dei servizi stessi. Nel mese di maggio 2017 l’assemblea dei soci della ricorrente ha approvato un piano di crisi aziendale, redatto ai sensi dell’art. 6 della legge n. 142 del 2001 per la durata di quattro anni, poi prorogato fino al mese di maggio 2022, al fine di superare una situazione di criticità nella gestione societaria, aggravata successivamente dall’emergenza sanitaria determinata dalla pandemia da Covid-19. Il piano di crisi è stato approvato – anche per la proroga – dall’Assemblea generale dei soci (con il voto favorevole di oltre 1.200 soci). Va precisato che anche ogni singolo lavoratore, assunto dalla Cooperativa ricorrente in data successiva all’approvazione di tale piano e che decide di diventarne socio, viene debitamente informato e dichiara per iscritto di accettare – oltre allo Statuto e al Regolamento interno della Cooperativa, espressamente ricettivi del C.C.N.L. Vigilanza Privata e OMISSIS– le condizioni del piano di cui all’art. 6 della legge n. 142 del 2001, deliberato in data 8 maggio 2017. Quindi ciascun socio-lavoratore è sempre stato perfettamente a conoscenza sia del piano di crisi approvato (peraltro avente impatto esclusivamente sulle maggiorazioni per lavoro supplementare e/o straordinario e fermo restando il rispetto della retribuzione tabellare e di tutti gli altri elementi salariali ordinariamente previsti dal C.C.N.L.) sia dell’applicazione al proprio rapporto di lavoro del C.C.N.L. per i dipendenti da Istituti e Imprese di Vigilanza privata e servizi fiduciari, in quanto espressamente richiamati nelle lettere di assunzione per presa d’atto e accettazione. In data 21 dicembre 2022, è stato notificato alla ricorrente, da parte dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Como-Lecco, il verbale di disposizione ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D. Lgs. n. 124 del 2004, che ha rilevato una “irregolarità in materia di lavoro e legislazione sociale e che non è soggetta a sanzioni penali e amministrative” costituita dal pagamento “delle retribuzioni a tutto il personale dipendente in misura inferiore ai livelli minimi previsti dalla contrattazione collettiva applicata in violazione dell’art. 3 legge 3 aprile 2001 n. 142 nonché dell’art. 36 Cost. sulla scorta di un deliberato piano di crisi aziendale approvato dall’assemblea generale dei soci in data 8.5.2017, prorogato con ulteriore delibera dell’assemblea generale dei soci in data 20.04.2021”. Secondo l’Ispettorato del Lavoro, la crisi aziendale della ricorrente sarebbe stata insussistente, andando quindi in dissenso rispetto ai revisori ministeriali, i quali, con verbale datato 8 giugno 2018, hanno attestato – previo riconoscimento della sussistenza dei requisiti mutualistici in capo alla predetta Cooperativa – la regolarità formale del piano di crisi approvato, giacché finalizzato a “consentire alla cooperativa un progressivo assorbimento dell’incremento del costo del lavoro derivante dall’applicazione dei miglioramenti introdotti dal nuovo CCNL di riferimento”, che “se attuati immediatamente nella loro interezza avrebbero comportato notevoli perdite economiche non sostenibili dalla cooperativa”. Quindi con l’atto dispositivo del 21 dicembre 2022, si è imposta alla ricorrente la “corresponsione ai soci lavoratori dipendenti delle differenze retributive rideterminate secondo le tabelle retributive previste dal CCNL Multiservizi” (al posto di quello applicato per i dipendenti da Istituti e Imprese di Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari) con effetto ex ante. In conseguenza di ciò, la ricorrente, oltre alle differenze retributive per ciascun socio-lavoratore e dipendente (per un ammontare di oltre 103 milioni di euro), dovrebbe anche corrispondere i relativi contributi previdenziali, quantificati in € 5.366.939,67, nonché “le somme aggiuntive previste dalla legge vigente in materia” pari a € 2.939.791,81 e così per complessivi € 8.306.731,48 (quanto al verbale unico di accertamento e notificazione n. 2021008912/DDL del 13 dicembre 2022), oltre a € 51.990.122,11 (€ 32.769.467,90 per contributi previdenziali e € 19.220.654,21 per somme aggiuntive previste dalla legge vigente in materia), quanto al verbale unico di accertamento e notificazione n. 2021008913/DDL del 13 dicembre 2022, cui hanno fatto seguito le relative diffide dell’I.N.P.S.
Assumendo l’illegittimità dei richiamati provvedimenti, la Cooperativa ricorrente ne ha chiesto l’annullamento, in primo luogo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 1, del D. Lgs. n. 124 del 2004, per violazione degli artt. 3 (principio di ragionevolezza), 97 (principio di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa) e 41 (libertà dell’iniziativa economica privata) della Costituzione, per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 142 del 2001 e dell’art. 7, comma 4, del decreto legge n. 248 del 2007, convertito in legge n. 31 del 2008, per violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e per eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea valutazione dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità, sviamento, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta.
Ulteriormente sono stati dedotti la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 6, lett. d) ed e), della legge n. 142 del 2001, la violazione dell’art. 6, comma 2, della legge n. 142 del 2001, la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 della Costituzione (diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del suo lavoro), la violazione degli artt. 3 (principio di ragionevolezza), 97 (principio di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa), 41 (libertà dell’iniziativa economica privata) e 45 (tutela della cooperazione a carattere di mutualità) della Costituzione, la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea valutazione dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, irrazionalità, illogicità ed ingiustizia manifesta.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Como-Lecco e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, che hanno chiesto il rigetto del ricorso; si è altresì costituito in giudizio Michele Reale, in qualità di socio e lavoratore della Cooperativa ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, i difensori delle parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni; in particolare, la difesa dell’I.N.P.S., in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, mentre nel merito ne ha chiesto il rigetto; la difesa erariale ha altresì eccepito, in via preliminare, oltre al difetto di legittimazione passiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’inammissibilità del ricorso, poiché il verbale di disposizione non avrebbe carattere definitivo, ma costituirebbe un atto c.d. endoprocedimentale; la difesa della società ricorrente ha replicato alle richiamate eccezioni, deducendone l’infondatezza, e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 28 giugno 2023, su conforme richiesta dei difensori delle parti, la controversia è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare, deve essere dichiarata la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla controversia oggetto di scrutinio, essendo infondata l’eccezione formulata dalla difesa dell’I.N.P.S.
1.1. Come ritenuto da condivisibile giurisprudenza, sebbene l’an e il quantum dell’obbligazione previdenziale risultino riservati alla cognizione del giudice ordinario, laddove si controverta in ordine alla legittimità di un verbale di disposizione, adottato dall’Ispettorato del Lavoro a conclusione del procedimento ispettivo, si è al cospetto di un atto che ha inciso autoritativamente sulla posizione giuridica del datore di lavoro, creando il presupposto per il futuro recupero delle somme in questione.
Difatti, «diversamente dalla diffida accertativa (art. 12 del d.lgs. 124 del 2004), suscettibile di acquisire essa stessa efficacia di titolo esecutivo a favore del privato, il provvedimento di cui all’art. 14 del medesimo decreto legislativo non è idoneo a riconoscere al lavoratore un’utilità diretta e immediata. L’atto di disposizione è definito dalla norma “immediatamente esecutivo”, quindi fin da subito efficace e vincolante per il destinatario, ma il dovere giuridico di conformarsi alle sue statuizioni è presidiato solo dal meccanismo di coazione indiretta costituito dalla sanzione pecuniaria per il caso di eventuale inottemperanza. Ogni beneficio a carico del lavoratore dipenderà quindi solo dall’adeguamento del datore alle disposizioni impartite, non essendo consentito all’Amministrazione un intervento diretto sul rapporto giuridico (TAR Friuli - Venezia Giulia Trieste, Sez. I, 18 maggio 2021, n. 155).
Il presente contenzioso, in altri termini, è volto a contestare l’illegittimo esercizio del potere dispositivo di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 124/2004 e non il se e il quanto dell’obbligazione previdenziale (non ancora sorta), sicché esso rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo (TAR Sardegna Cagliari, Sez. II, 21 giugno 2022, n. 427)» (T.A.R. Marche, I, 26 agosto 2022, n. 464).
1.2. Ne discende la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla presente controversia.
2. Sempre in via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per assenza di lesività del verbale di disposizione impugnato, formulata dall’Avvocatura erariale.
2.1. L’eccezione è infondata.
Oggetto del presente giudizio è un provvedimento amministrativo a contenuto ordinatorio, con previsione di una sanzione pecuniaria, espressione di un potere pubblicistico, che la norma definisce “immediatamente esecutivo”, ovvero efficace e vincolante per il destinatario, il quale deve necessariamente conformarsi alle statuizioni contenute nello stesso, pena l’applicazione di una sanzione pecuniaria per il caso di eventuale inottemperanza (da un minimo di € 500 a un massimo di € 3.000); difatti, a differenza delle violazioni riscontrate in sede di verbale di primo accesso ispettivo, che richiedono l’adozione di una diffida (ex art. 13, comma 2, del D. Lgs. n. 124 del 2004), il verbale di disposizione di cui all’art. 14 del D. Lgs. n. 124 del 2004 viene adottato “in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative” (cfr. T.A.R. Friuli - Venezia Giulia, I, 18 maggio 2021, n. 155).
Pertanto, sebbene si tratti di un comando giuridico non accompagnato da alcuna sanzione (norma c.d. “imperfetta”), lo stesso assume i connotati della definitività e della lesività per la parte alla quale lo stesso è indirizzato (cfr. T.A.R. Marche, I, 26 agosto 2022, n. 464), come dimostrato dalle diffide ad adempiere emesse dall’I.N.P.S. in esecuzione proprio di tale provvedimento dispositivo (all. 4 e 5 al ricorso).
2.2. Ne discende il rigetto della suesposta eccezione.
3. Sempre in via preliminare, deve essere esaminata la richiesta di estromissione dal giudizio formulata dalla difesa del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in quanto si tratterebbe di soggetto non legittimato passivamente nel presente giudizio.
3.1. La richiesta deve essere accolta.
Il provvedimento impugnato e gli atti presupposti sono stati emessi dall’articolazione territorialmente competente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, soggetto pubblico istituito con D. Lgs. n. 149 del 2015 e avente personalità giuridica di diritto pubblico, oltre che piena autonomia organizzativa e contabile (art. 1, comma 3). Rispetto a tale Ente, il Ministero esercita unicamente funzioni di vigilanza sull’attività complessiva (“ne monitora periodicamente gli obiettivi e la corretta gestione delle risorse finanziarie”) e non può considerarsi direttamente responsabile degli atti adottati da questi nell’ambito dello svolgimento delle proprie funzioni; ne discende che il Ministero non è un legittimo contraddittore nei giudizi in cui sono impugnati gli atti emessi dall’Ispettorato del Lavoro, come accade nella controversia de qua (cfr. T.A.R. Friuli - Venezia Giulia, I, 18 maggio 2021, n. 155).
3.2. Pertanto, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali deve essere estromesso dal presente giudizio per difetto di legittimazione passiva.
4. Passando all’esame del merito del ricorso, lo stesso è fondato.
5. Con la prima doglianza si assume l’insussistenza di alcuna violazione in capo alla Cooperativa ricorrente per assenza del precetto normativo violato o, comunque, per mancata individuazione dello stesso nel provvedimento di disposizione impugnato, nonché per l’assenza di irregolarità che sarebbero sfornite di sanzione penale o amministrativa; nella sostanza, l’Ispettorato del Lavoro avrebbe adottato un provvedimento di disposizione finalizzato a imporre alla ricorrente, secondo parametri del tutto arbitrari e non sussistenti nella realtà, un Contratto collettivo che sarebbe idoneo a garantire a tutti i suoi soci-lavoratori il diritto costituzionale a una pretesa retribuzione “proporzionata e sufficiente”.
5.1. La doglianza è fondata nei sensi di seguito specificati.
L’art. 14, comma 1, del D. Lgs. n. 124 del 2004 prevede che “il personale ispettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro può adottare nei confronti del datore di lavoro un provvedimento di disposizione, immediatamente esecutivo, in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative”.
Nella specie, con l’impugnato verbale di disposizione è stata accertata una “irregolarità in materia di lavoro e legislazione sociale e che non è soggetta a sanzioni penali e amministrative” costituita dal pagamento “delle retribuzioni a tutto il personale dipendente in misura inferiore ai livelli minimi previsti dalla contrattazione collettiva applicata in violazione dell’art. 3 legge 3 aprile 2001 n. 142 nonché dell’art. 36 Cost. sulla scorta di un deliberato piano di crisi aziendale approvato dall’assemblea generale dei soci in data 8.5.2017, prorogato con ulteriore delibera dell’assemblea generale dei soci in data 20.04.2021”, imponendosi alla ricorrente Cooperativa la “corresponsione ai soci lavoratori dipendenti delle differenze retributive rideterminate secondo le tabelle retributive previste dal CCNL Multiservizi”, al posto di quello relativo agli Istituti e Imprese di Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari.
In realtà, secondo l’art. 7, comma 4, del decreto legge n. 248 del 2007, convertito in legge n. 31 del 2008, “fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori (…) i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria”.
Quindi, secondo la legge, il trattamento complessivo minimo da garantire al socio-lavoratore è quello previsto dal C.C.N.L. comparativamente più rappresentativo del settore, che funge da parametro esterno di commisurazione della proporzionalità e della sufficienza del trattamento economico da corrispondere al socio lavoratore, ai sensi dell’art. 36 Cost. (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 51 del 2015). In tal modo si impedisce l’applicazione al socio-lavoratore di una Cooperativa di un Contratto collettivo c.d. “pirata” (ovvero sottoscritto da organizzazioni sindacali minoritarie e quindi poco rappresentative) o l’applicazione di un Contratto collettivo non pertinente rispetto al settore di attività in cui opera la predetta Cooperativa.
Nella specie, la Cooperativa ricorrente svolge attività relative a servizi di “guardia non armata, portierato, custodia, reception, revisione e manutenzione delle relative attrezzature” (all. 7 al ricorso) e applica il C.C.N.L. per i dipendenti da Istituti e Imprese di Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari, che ha a oggetto l’attività di vigilanza privata e i servizi fiduciari. Tale C.C.N.L. è stato stipulato in data 8 aprile 2013, tra gli altri, anche dalle associazioni sindacali FILCAMS-C.G.I.L. e FISASCAT-C.I.S.L. (e ratificato dalla U.G.L.) e dalle Associazioni datoriali A.N.I.V.P., ASSVIGILANZA e UNIV (all. 8 al ricorso).
Certamente il predetto Contratto collettivo appare appropriato rispetto all’attività svolta dalla Cooperativa ricorrente, visto il settore in cui la stessa è attiva; il differente Contratto collettivo per l’area Multiservizi si riferisce alle imprese che operano anche nel settore della pulizia, della logistica e dei servizi integrati di global service (all. 17 al ricorso), cui la ricorrente risulta estranea.
Oltretutto il Contratto collettivo applicato da quest’ultima ai propri soci-lavoratori – ovvero quello afferente alla Vigilanza privata e OMISSIS– è stato sottoscritto dai sindacati di settore maggiormente rappresentativi, ossia C.G.I.L. e C.I.S.L. (oltre che ratificato dalla U.G.L.), unitamente alle Associazioni datoriali maggiormente rappresentative (A.N.I.V.P., ASSVIGILANZA e UNIV). L’avvenuta sottoscrizione di un Contratto collettivo da parte delle associazioni sindacali (e datoriali) maggiormente rappresentative rende siffatto accordo idoneo a fungere da parametro per l’individuazione della soglia della retribuzione da considerare idonea e proporzionata ai sensi dell’art. 36 Cost. e serve a scongiurare il rischio dell’applicazione dei “contratti cc.dd. pirata, sottoscritti da associazioni sindacali minoritarie o, comechessia, non sufficientemente rappresentative delle parti sociali, con l’obiettivo di costituire una surrettizia ed elusiva alternativa ai più impegnativi e garantistici (in punto di retribuzioni minime, di numero di ferie e/o permessi et similia) contratti nazionali cc.dd. tradizionali” (Consiglio di Stato, V, 19 giugno 2023, n. 6008).
In senso contrario a tale conclusione non assume rilevanza decisiva quanto scaturito dalla sentenza, resa proprio con riferimento alla odierna ricorrente (allora denominata Sicuritalia), dalla Cassazione civile, Sez. Lavoro, n. 4951/2019, che ha ritenuto legittima l’imposizione a carico della predetta dell’applicazione del C.C.N.L. Multiservizi, visto che tale pronuncia ha espressamente escluso, per mere ragioni di carattere processuale, di poter procedere a verificare la pertinenza dei C.C.N.L. invocati – ossia, da una parte, quello Multiservizi e, dall’altra, quello di cui allora era contestata l’applicazione, ossia il Contratto collettivo “Portieri e Custodi” – rispetto al settore in cui operava la ricorrente (“Non possono trovare ingresso in questa sede censure che investono accertamenti in fatto, ad esempio, sull’oggetto dell’attività di Sicuritalia e sulla coincidenza tra questo e il settore dei contratti collettivi esaminati, e che si collocano al di fuori del vizio di violazione di legge e nell’ambito del vizio motivazionale, nel caso di specie neanche articolato secondo lo schema del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass., S.U., n. 8053 del 2014), applicabile ratione temporis”), e che non vi era “spazio per una comparazione col c.c.n.l. Vigilanza OMISSISdell’8.4.13, quindi successivo ai fatti di causa, che non risulta allegato nei precedenti gradi di merito e di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata”.
Peraltro, l’idoneità del richiamato Contratto collettivo “Vigilanza e servizi fiduciari” è rilevabile anche dalla circostanza che è stato preso a riferimento dal Ministero del Lavoro nella predisposizione delle tabelle relative alla determinazione del costo orario delle prestazioni da applicare in sede di verifica della congruità delle offerte presentate in sede di partecipazione agli appalti pubblici (art. 97 del D. Lgs. n. 50 del 2016, ora art. 110 del D. Lgs. n. 32 del 2023). Di conseguenza, il livello retributivo individuato in tale Contratto collettivo è stato assunto, anche in sede ministeriale, quale parametro di riferimento per le prestazioni offerte dalle imprese che ottengono l’aggiudicazione degli appalti pubblici (all. 18 al ricorso).
Ulteriormente, va rilevato – come ampiamente segnalato nel ricorso e nelle difese della ricorrente – che gli stessi Enti pubblici, tra cui anche l’Ispettorato del Lavoro odierno resistente, richiedono alle imprese che partecipano alle gare da essi indette per acquisire servizi di vigilanza e di natura similare l’applicazione del C.C.N.L. per i dipendenti da Istituti e Imprese di Vigilanza Privata e OMISSIS(cfr. all. 9 al ricorso).
Pertanto, stante l’accertata idoneità del C.C.N.L. Vigilanza privata e OMISSISa garantire il trattamento economico proporzionato e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost., secondo quanto precisato dalla già citata sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 2015 – che assume, ai sensi dell’art. 7, comma 4, del decreto legge n. 248 del 2007, convertito in legge n. 31 del 2008, l’idoneità dei trattamenti economici complessivi minimi previsti dai C.C.N.L. di settore, quale parametro esterno di commisurazione, da parte del giudice, della proporzionalità e della sufficienza del trattamento economico da corrispondere al socio-lavoratore, ai sensi dell’art. 36 Cost. –, risulta legittima la scelta della Cooperativa ricorrente di applicare il predetto C.C.N.L. ai propri soci-lavoratori.
Del resto, il C.C.N.L. da applicare ai propri dipendenti rientra nella scelta discrezionale del datore di lavoro e, salvo il caso di Contratti collettivi contenenti previsioni contrarie alla legge oppure riferibili a categorie del tutto disomogenee con quelle in cui opera l’impresa, tale determinazione non è sindacabile nel merito in sede giurisdizionale. Siffatta considerazione rende altresì irrilevante l’avvenuta deliberazione dello stato di crisi da parte della Cooperativa ricorrente, visto che comunque è stata garantita l’erogazione della retribuzione tabellare minima prevista dal C.C.N.L. applicato in favore dei soci-lavoratori, non avendo subito gli stessi alcuna decurtazione nel salario fondamentale e di base, essendosi invece provveduto soltanto alla limitazione delle voci riferite ai compensi supplementari o connessi alle attività aggiuntive (all. 12 al ricorso, pag. 284-285; anche all. 13 e 14).
Nemmeno può prendersi a riferimento, da parte di qualsivoglia autorità di controllo, un salario individuato con parametri differenti rispetto a quanto stabilito in sede normativa – in assenza di un salario minimo previsto (e imposto) dalla legge – visto che, oltre alla violazione del disposto di cui all’art. 7, comma 4, del decreto legge n. 248 del 2007, convertito in legge n. 31 del 2008, che individua le modalità di commisurazione del trattamento economico proporzionato e sufficiente, si lascerebbe all’Amministrazione procedente (in sede ispettiva) o al giudice (in sede contenziosa) la scelta in ordine alla giusta retribuzione, con inevitabili conseguenze in termini di disparità di trattamento tra i lavoratori e le imprese, stante il carattere parcellizzato e soggettivo di tali interventi, e con le ulteriori conseguenze, difficilmente preventivabili nel loro impatto, correlate a interventi certamente avulsi da un approccio di natura complessiva e sistemica rispetto a tale delicato settore, sia per i risvolti sociali che per quelli economici e produttivi.
Attraverso il verbale di disposizione impugnato i richiamati elementi non sono stati affatto presi in considerazione e nemmeno è stata chiarita, se non in maniera generica e stereotipata, la ragione oggettiva e specifica che ha determinato l’Ispettorato del Lavoro a sanzionare la Cooperativa ricorrente, con un potere ritenuto non sussistente, in altre occasioni, dallo stesso Ispettorato (cfr. I.T.L di Lecce del 23 marzo 2022: all. 16 al ricorso; in giurisprudenza, T.A.R. Friuli - Venezia Giulia, I, 18 maggio 2021, n. 155).
5.2. Ne discende l’accoglimento dell’esaminata doglianza.
6. La fondatezza dello scrutinato motivo di gravame, previo assorbimento della restante censura, determina l’accoglimento del ricorso e l’annullamento degli atti con lo stesso ricorso impugnati.
7. Le spese di giudizio, avuto riguardo alle peculiarità della controversia, possono essere compensate tra tutte le parti, fatta salva la rifusione del contributo unificato in favore della parte ricorrente a carico, in solido, dell’Ispettorato del Lavoro di Como-Lecco e dell’I.N.P.S.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, previa estromissione dal giudizio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti con lo stesso ricorso impugnati.
Spese compensate, fatta salva la rifusione del contributo unificato in favore della parte ricorrente a carico, in solido, dell’Ispettorato del Lavoro di Como-Lecco e dell’I.N.P.S.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 28 giugno 2023 con l’intervento dei magistrati:
Gabriele Nunziata, Presidente
Antonio De Vita, Consigliere, Estensore
Silvia Torraca, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonio De Vita Gabriele Nunziata
IL SEGRETARIO
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