In conclusione (o anche TL:DR): la Russia considera le situazioni politico-militari in funzione del rischio per la sua sopravvivenza, la NATO in funzione dei costi. La NATO non si pone il problema di essere distrutta ma di qual è il prezzo da pagare per vincere (o per costringere l’avversario a lasciare quanto prima il tavolo): se è troppo alto rispetto ai benefici che se ne possono trarre o non se ne fa niente o si termina l’investimento, tanto la propria sopravvivenza non è mai a rischio essendo le guerre combattute altrove. La Russia questo ragionamento non se lo può permettere. La minaccia da ovest è sempre potenzialmente distruttiva, questo ovest adesso è vicinissimo e bisogna impedire che si avvicini ancora di più. Qui i NAFO possono esultare nelle loro camerette: ‟Ah, la Russia ha paura di noi!!!” Certo che la Russia ha paura di noi. E fa bene ad averne, vista la sua storia e soprattutto la nostra. Noi però faremmo bene ad avere paura di questa paura, perché questa paura significa, sostanzialmente, che la Russia è disposta ad andare, sempre, molto più in fondo di noi: perché non è la nostra sopravvivenza ad essere minacciata, è la sua. Può tollerare molto, incluso un ridimensionamento anche sostanzioso come quello del post-guerra fredda, finché non percepisce una minaccia esistenziale. Se la percepisce, e l’Ucraina rientra in questo caso, accetterà, come ha fatto, qualunque costo: entrerà in guerra, con tutti i costi umani, economici e politici che la cosa comporta; devasterà in maniera irrimediabile un paese al quale la legano rapporti di amicizia e parentela; accetterà che la propria popolazione civile venga fatto oggetto di atti di rappresaglia; abbandonerà i legami economici e culturali con l’Occidente; accetterà un rapporto sbilanciato, ma non rischioso, con la Cina; e se le operazioni militari non dovessero andare come vuole che vadano, sarà disposta a escalation sempre più gravi, fino a quella ultima.
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