MARTEDÌ 11 GIUGNO 2024 18.39.42
Berlinguer, Fratoianni: credeva in quello che faceva
Berlinguer, Fratoianni: credeva in quello che faceva Berlinguer, Fratoianni: credeva in quello che faceva "Trasmetteva la possibilità di un cambiamento" Roma, 11 giu. (askanews) - "Nel giugno di quarant'anni fa, avevo quasi 12 anni, ma ricordo distintamente lo spaesamento, la commozione, il disorientamento che la notizia della morte di Enrico Berlinguer trasmise a una parte grande di questo Paese, certo ai compagni e alle compagne del suo partito, del Partito Comunista Italiano, alla sinistra italiana, ma fu un'emozione che andò oltre quei confini, attraversò come un'onda d'urto la società italiana". Lo afferma Nicola Fratoianni dell'Alleanza Verdi Sinistra prendendo la parola nell'Aula di Montecitorio nel corso della commemorazione del leader del Pci. "Lo fece perché quell'uomo, Enrico Berlinguer, il segretario del più grande Partito Comunista d'Occidente, fu un dirigente di straordinaria complessità, "l'uomo delle anticipazioni", come ha ricordato Gianni Cuperlo poco fa, un dirigente politico capace, dal suo punto di vista, immerso nella sua storia, nei suoi valori, nella sua comunità, nella politica come grande storia collettiva, capace di vedere per primo ciò che ancora non era arrivato, che sembrava semplicemente annunciarsi sull'orlo della storia: il femminismo, il pacifismo, l'ecologia, contraddizioni, terreni su cui impegnare la ricerca e la politica. Berlinguer vide la questione morale prima che la questione morale, nella sua piega, quella che più brutalmente avrebbe scosso la Repubblica, esplodesse con la stagione di Tangentopoli". "Ma anche quella intuizione non fu mai questione separata dalla battaglia politica, sociale; fu lettura di una crisi in corso e ricerca costante di strumenti in grado di produrre una trasformazione capace di spostare in avanti l'equilibrio che fin lì si andava determinando e annunciando un principio di degenerazione. La stessa diversità dei comunisti italiani non è mai stata un riflesso moralistico, è stata l'intuizione di una necessità, quella di accompagnare alla battaglia parlamentare una presenza costante dentro i gangli vivi della società. Il Berlinguer capace di schierarsi senza indugio accanto ai metalmeccanici che scioperavano in un clima di isolamento, il Berlinguer dei pensieri lunghi, sì, intesi come la politica che ha come orizzonte, di fronte a sé, sempre, e come bussola, il bisogno di trasformare la realtà, non di gestirla in un equilibrio di interessi; di cambiarla nel segno dell'interesse generale di chi vive le condizioni più difficili. La capacità di stare da una parte per guardare al tutto e per cambiarlo", ha osservato. "È forse anche qui che sta la ragione di un amore così diffuso, che continua anche oggi. Ha ragione ancora Gianni Cuperlo: siamo in tanti e tante a chiedercelo, per primi coloro che, come me, fanno parte di una generazione che non lo ha incontrato direttamente e non ha avuto il privilegio di conoscerlo e di militare con lui.Un amore così forte si spiega, forse, a partire da qui, dal fatto che chi lo vedeva, lo guardava, chi lo vede e lo guarda ancora oggi, magari in qualche filmato dell'epoca, riconosce subito un punto: Berlinguer ci credeva, credeva in quello che faceva. Ci credeva e, quando ci credi, sei in grado di trasmettere a chi ti guarda l'emozione e la possibilità di un cambiamento", ha concluso. Pol/Vep 20240611T183930Z
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