LAVORO: UN DIRIGENTE GUADAGNA 356 EURO GIORNO IN PIU' DI OPERAIO
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(AGI) - Roma, 1 set - Un dirigente guadagna 356 euro al giorno
piu'
di un operaio, rispetto alla retribuzione di un "quadro",
un operaio prende
in meno ogni giorno 127 euro mentre, rispetto
a un impiegato, la differenza
e' di 22 euro: a fronte della
divaricazione eccessiva delle retribuzioni,
occorre restituire
risorse ai lavoratori e alle famiglie del ceto medio e
per
questo e' "assolutamente ripristinare nella manovra economica
il contributo di solidarieta' e la
misura patrimoniale". E'
quanto ha affermato il presidente delle Acli, Andrea
Olivero,
commentando i dati diffusi del rapporto dell'Iref - l'istituto
di
ricerca delle Associazioni cristiane dei lavorati italiani-
presentato nella
giornata di apertura del 44° Incontro
nazionale di studi, a Castel Gandolfo,
dedicato al tema del
"Lavoro scomposto". "Al di la' delle ovvie
componenti
organizzative che fanno riferimento a diverse mansioni, ruoli
e
responsabilita', sono dati - ha sottolineato il presidente
delle Acli -
che mettono in evidenza una divaricazione
eccessiva delle retribuzioni, che
non puo' non essere presa in
considerazione in queste ore in cui si discute
di sacrifici per
il Paese. Ancora una volta la questione della
redistribuzione
si rivela cruciale. Non solo per esigenze di giustizia e
di
coesione sociale, ma per oggettive ragioni economiche.
Restituire
risorse ai lavoratori e alle famiglie del ceto medio
e' l'unico modo per
garantire la tenuta dei consumi e il
rilancio del Paese. Occorre
assolutamente ripristinare nella
manovra economica
il contributo di solidarieta' e la misura
patrimoniale". (AGI)
Lda
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LAVORO: UN DIRIGENTE GUADAGNA 356 EURO GIORNO IN PIU' DI OPERAIO
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(AGI) - Roma, 1 set. - Secondo il rapporto dell'Iref, che
mette a
confronto le retribuzioni, sono queste le medie
giornaliere dei lavoratori
dipendenti nelle diverse professioni
del settore privato: "Rispetto alla
retribuzione media
giornaliera (82 euro), un dirigente guadagna 340 euro in
piu'
al giorno, un quadro 111 euro, un impiegato 6 euro in piu'.
Un
operaio si mette invece in tasca un salario giornaliero di 16
euro
inferiore alla media. Peggio di lui solo il lavoratore
apprendista, che
guadagna in meno 31 euro al giorno. Le donne,
rispetto agli uomini, ricevono
in media al giorno 27 euro in
meno". Quello sui salari e' solo uno dei dati
presi in
considerazione dalle Acli per mostrare le
difficolta' e le
contraddizioni di un mondo del lavoro "scomposto",
che
necessita di una "profonda riorganizzazione". "Considerare
la
situazione attuale frutto esclusivo della congiuntura economica
puo'
essere fuorviante", scrivono le Acli, che invitano a
"non
dimenticare i ritardi storici del sistema produttivo italiano".
Il
lavoro sommerso: 12 posti di lavoro su 100 sono oggi
irregolari, 18% al Sud e
il 27% il Calabria. La struttura della
produzione: solo lo 0,1% di grandi
imprese contro lo 0,5 della
Germania e lo 0,4 della Gran Bretagna. Il
prospetto demografico
sempre piu' negativo: l'indice di ricambio della
popolazione
attiva (rapporto tra popolazione 15-24 anni e popolazione
55-64
anni, moltiplicato per cento) pone oggi l'Italia in una
posizione
intermedia rispetto all'Europa ma e' destinato a
peggiorare nettamente da qui
a 20 anni. In tema di occupazione,
secondo lo studio, diminuiscono gli
occupati di fascia alta,
cresce l'occupazione non specializzata. "Gli
indicatori di
occupazione e disoccupazione - scrivono i ricercatori
dell'Iref
- pur evidenziando dinamiche fondamentali come l'ingresso
e
l'uscita dal mercato del lavoro, non sono sufficienti per
analizzare lo
stato di salute di un sistema occupazionale".
Ragionando sugli effetti della
crisi sulla qualita'
dell'occupazione, le Acli
segnalano la progressiva diminuzione
degli addetti alla manifattura
tradizionale (-1,1% dal 2004 al
2007; -4,4% dal 2007 al 2009) e l'inversione
di tendenza nei
settori dell'high-tech, che tornano a scendere del
2,8%
nell'ultimo triennio rilevato dall'Istat. Nel 2010 sono andate
perse
circa 70mila posizioni dirigenziali, hanno perso il
lavoro 78mila
professionisti della conoscenza e oltre 100mila
tecnici. Questo nella fascia
alta della forza lavoro. 110mila
sono stati invece gli operai specializzati e
gli artigiani
costretti a lasciare i lavoro. Hanno fatto ingresso nel
mercato
del lavoro soprattutto donne in posizioni professionali
non
specializzate (+108mila) o impiegatizie (+58mila). In sintesi,
"a
fronte di una perdita di occupati di fascia alta, si ha un
ulteriore
allargamento della base occupazionale poco o per
nulla specializzata".
(AGI)
Lda
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LAVORO: UN DIRIGENTE GUADAGNA 356 EURO GIORNO IN PIU' DI OPERAIO
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AGI)- Roma, 1 set - Secondo le Acli la
composizione interna
degli occupati presenta dualismi e divari "non
piu'
sostenibili", tra lavoratori piu' o meno garantiti. Quasi
un
lavoratore su quattro (23%) ha una occupazione "non standard",
ovvero
non a orario pieno e non a tempo indeterminato: il 12%,
pari a 2milioni e
700mila individui, e' un lavoratore a tempo
parziale, mentre l'11% e' un
atipico (tempi determinati e
collaboratori). Il lavoro a tempo parziale
interessa
maggiormente le donne: le part-timers sono un 1milione
e
800mila. Per gli atipici il rapporto di genere e' pressoche'
pari mentre
l'eta' evidenzia una buona quota di giovani (39%),
ma soprattutto un'elevata
percentuale di individui adulti (il
48% degli atipici ha tra i 30 e i 49
anni).
"Dopo quindici anni di flessibilizzazione del mercato del
lavoro -
commentano le Acli - sembrano essersi consolidate
due
generazioni di lavoratori flessibili: giovani in ingresso nel
mercato
del lavoro, adulti per i quali la fase dell'inserimento
lavorativo e'
terminata ma che si ritrovano nelle stesse
condizioni contrattuali di
partenza.
Riguardo ai disoccupati, il rapporto evidenzia un milione
e
mezzo di 'scoraggiati': piu' del doppio della media europea.
Uno dei fattori
piu' importanti nelle crisi economiche - rileva
lo studio - e' la capacita'
di riassorbimento del mercato del
lavoro. A livello europeo l'Italia fa parte
del gruppo di Paesi
nei quali i disoccupati di lunga durata (almeno 24
mesi)
superano il 45% del totale dei disoccupati. Mezzogiorno a
parte, il
dato piu' preoccupante e' quello del Nord-Est, dove
dal 2002 al 2007 la
disoccupazione di luna durata e' passata da
un esiguo 17% a un ben piu'
consistente 31,4%, tornando poi a
scendere nel 2008 (29%): "Una delle aree
piu' dinamiche del
paese non riesce piu' ad occupare coloro che sono fuori
dal
mercato del lavoro da troppo tempo".
E sempre a proposito dei
disoccupati di lungo corso che
sono quella quota di inattivi che si e' soliti
definire
"scoraggiati", ovvero individui disponibili a lavorare ma
che
dichiarano di non cercare lavoro perche' sfiduciati rispetto
alla
possibilita' di ottenere un impiego, le Acli rilevano
che
in Europa questo dato continua ad oscillare attorno al 4% (sul
totale
degli inattivi) e sembra essere in moderata crescita per
l'anno 2010 (4,6%).
In Italia invece il dato e' piu' del doppio
e tra il 2009 e i 2010 e'
cresciuto di quasi un punto
percentuale, arrivando al 10%. Nel complesso gli
scoraggiati
rappresentano 1 milione e mezzo di persone, in gran
parte
concentrate nelle regioni meridionali.
Altro capitolo dolente e'
quello dei 'sottoccupati e sovra
istruiti' a fronte del paradosso degli
immigrati.
Sottoccupazione e sovra istruzione, secondo lo studio
delle
Acli , denotano l'incapacita' di un mercato
del lavoro di
valorizzare risorse e competenze. Tra gli immigrati,
la
percentuale di sottoccupati (individui che dichiarano di aver
lavorato,
per motivi indipendenti dalla propria volonta', meno
ore di quelle che
avrebbero potuto o voluto fare) e sovra
istruiti (persone che svolgono un
lavoro che richiede un titolo
di studio inferiore a quello in loro possesso)
e' maggiore
rispetto agli italiani. La sottoccupazione interessa infatti
il
4% dei lavoratori italiani, mentre tra gli stranieri si supera
il 10%.
La percentuale di sovra-istruzione tra gli italiani e'
del 19% . Tra gli
stranieri supera il 42%. "Si e' ormai
consolidato in Italia un modello di
specializzazione
dell'occupazione straniera nel segmento basso del mercato
del
lavoro: gli immigrati svolgono i lavori piu' disagiati e
meno
remunerativi anche se hanno credenziali formative utili a
ottenere
impieghi migliori". (AGI)
Lda
011308 SET 11
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