N. 315 ORDINANZA 12 - 27 dicembre 2012
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Circostanze attenuanti - Esclusione che la circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, possa essere dichiarata prevalente sulla recidiva reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. - Sopravvenuta dichiarazione di illegittimita' costituzionale della disposizione censurata - Questione divenuta priva di oggetto - Manifesta inammissibilita' della questione. - Cod. pen., art. 69, quarto comma, come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251. - Costituzione, artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma. Reati e pene - Circostanze attenuanti - Esclusione che tutte le circostanze attenuanti possano essere dichiarate prevalenti sulla recidiva reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. - Riferimento a circostanze attenuanti non applicabili nel giudizio a quo - Difetto di rilevanza nel giudizio a quo di una eventuale decisione di accoglimento - Manifesta inammissibilita' della questione. - Cod. pen., art. 69, quarto comma, come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251. - Costituzione, artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma.(GU n.1 del 2-1-2013 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Alfonso QUARANTA;
Giudici :Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,
Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,
Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 69,
quarto comma, del codice penale, sostituito dall'art. 3 della legge 5
dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26
luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva,
di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i
recidivi, di usura e di prescrizione), promosso dal Tribunale di
Torino nel procedimento penale a carico di L.B. con ordinanza del 22
maggio 2012, iscritta al n. 145 del registro ordinanze 2012 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima
serie speciale, dell'anno 2012.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2012 il Giudice
relatore Giorgio Lattanzi.
Ritenuto che, con ordinanza del 22 maggio 2012 (r.o. n. 145 del
2012), il Tribunale di Torino ha sollevato, in riferimento agli
articoli 3, 25, secondo comma, e 27, secondo (recte: terzo) comma,
della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'articolo 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito
dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice
penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti
generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze
di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in
cui esclude che le circostanze attenuanti possano essere dichiarate
prevalenti sulla recidiva reiterata, prevista dall'art. 99, quarto
comma, cod. pen.;
che, in via subordinata, il giudice a quo ha sollevato, sempre in
riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, secondo (recte:
terzo) comma, Cost., questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui esclude che
la circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico
delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza) possa essere dichiarata prevalente sulla recidiva
reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen.;
che il giudice rimettente riferisce di procedere, in sede di
giudizio abbreviato successivo all'instaurazione del giudizio
direttissimo, nei confronti di una persona accusata del reato di cui
all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 per avere illegalmente
detenuto e ceduto 1,6 grammi lordi di eroina (fatto commesso il 2
maggio 2012);
che, ricostruiti i fatti che avevano condotto all'arresto
dell'imputato, il Tribunale di Torino riferisce che l'episodio per il
quale si procede deve ritenersi attenuato a norma del quinto comma
del citato art. 73, risultando rilevanti in tal senso il quantitativo
della sostanza stupefacente di cui all'imputazione, il prezzo di
vendita assai modesto, le modalita' della vendita stessa, nonche' le
caratteristiche dell'acquirente, persona non «vulnerabile», e quelle
dell'imputato, che si trova in condizioni di vita sicuramente non
facili;
che all'imputato e' contestata la recidiva reiterata, specifica e
infraquinquennale, avendo subito quattro condanne per fatti di
cessione illecita di sostanze stupefacenti commessi dal dicembre del
2001 al novembre del 2007;
che il rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale (in
particolare, la sentenza n. 192 del 2007) che ha prospettato
un'interpretazione della disciplina della recidiva cosi' come
modificata dalla legge n. 251 del 2005, in forza della quale l'unica
ipotesi di recidiva obbligatoria e' quella delineata dal quinto comma
dell'art. 99 cod. pen., laddove il quarto comma prevede un'ipotesi di
recidiva facoltativa, in relazione alla quale il giudice conserva il
potere discrezionale di escluderla ovvero di riconoscerla qualora il
nuovo episodio delittuoso appaia concretamente significativo, in
rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, sotto
il profilo della piu' accentuata colpevolezza e della maggiore
pericolosita' del reo;
che tale interpretazione e' stata condivisa dalla giurisprudenza
di legittimita' (Cass. pen., sezioni unite, 27 maggio 2010, n.
35738);
che, secondo il giudice a quo, la descritta evoluzione
giurisprudenziale «ha aperto la strada a una ridda di decisioni di
merito assai diverse su casi sostanzialmente analoghi», registrandosi
talora «veri e propri "equilibrismi dialettici" per motivare
l'esclusione della recidiva - in situazioni che ragionevolmente non
l'avrebbero consentito - pur di evitare l'assurdo dell'inflizione di
sei anni di reclusione in ipotesi di cessione di una singola dose di
sostanza stupefacente» e, in altri, pronunce che statuivano tali
condanne «senza chiedersi se cio' fosse rispettoso dei principi di
proporzionalita' e personalita' della pena»;
che, nonostante l'orientamento indicato, il problema ancora
aperto, ad avviso del rimettente, «deriva dal fatto che il
riconoscere o escludere la recidiva reiterata facoltativa e'
operazione valutativa radicalmente diversa dal "bilanciare" quella
recidiva con concorrenti circostanze attenuanti», esistendo
«situazioni in cui, giudicando con onesta' intellettuale, la recidiva
non puo' essere esclusa, e tuttavia viene sentito come ingiusto
negare la prevalenza di determinate attenuanti»;
che tale rilievo sarebbe tanto piu' evidente nella disciplina
penale del traffico di stupefacenti, dove le disposizioni di cui al
primo e al quinto comma dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990
«rispecchiano due situazioni enormemente diverse dal punto di vista
criminologico», in quanto «al comma 1 e' prevista la condotta del
grande trafficante, che dispone di significative risorse economiche e
muove quantitativi rilevanti di sostanze stupefacenti senza mai
esporsi in luoghi pubblici», laddove al comma 5 e' contemplata «la
condotta del piccolo spacciatore, per lo piu' straniero e
disoccupato, che si procura qualcosa per vivere svolgendo "sulla
strada" la piu' rischiosa attivita' di vendita al minuto delle
sostanze stupefacenti»;
che, sulla base di tali differenze, il legislatore ha sanzionato
la seconda condotta «con una pena detentiva che, nel minimo edittale,
e' pari ad appena un sesto della pena prevista per la prima»;
che l'assetto normativo per il quale «una circostanza attenuante
riduce la pena edittale minima da sei a un anno di reclusione,
costituisce un unicum nel nostro sistema penale» e, ad avviso del
Tribunale di Torino, spiega perche' la questione di legittimita'
costituzionale sia stata proposta con «specifica limitazione» al
rapporto tra l'art. 69, comma quarto, cod. pen. e la disposizione di
cui al quinto comma dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990;
che, in materia di stupefacenti, il legislatore avrebbe fatto
ricorso a una tecnica normativa peculiare, in quanto mentre in alcuni
casi (ad esempio con riguardo ai delitti di lesioni, di furto, di
truffa e di rapina) «la legge prevede la pena per le ipotesi meno
gravi (e piu' frequenti nella prassi) e aggiunge una serie di
circostanze aggravanti per le ipotesi di maggiore allarme sociale»,
in altri (come per l'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990)
«la legge fissa la pena base per le ipotesi piu' gravi e prevede poi
circostanze attenuanti per adeguare la sanzione ai casi piu' lievi e
frequenti»;
che, in questi ultimi casi, «il divieto di prevalenza delle
attenuanti sulla recidiva reiterata produce conseguenze sanzionatorie
devastanti, perche' finisce con l'equiparare quoad poenam casi
oggettivamente lievi a casi di particolare allarme sociale», sicche'
mentre all'autore di molteplici furti sarebbe applicabile, in caso di
riconoscimento di circostanze attenuanti equivalenti a circostanze
aggravanti, una pena edittale minima sempre pari a sei mesi di
reclusione, il piccolo spacciatore, in caso di riconoscimento della
recidiva reiterata, vedrebbe elevata la pena edittale minima da uno a
sei anni di reclusione;
che la possibilita' di escludere discrezionalmente la recidiva
non sarebbe sempre praticabile e, in particolare, non lo sarebbe nel
giudizio a quo;
che, secondo l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale
confermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza comune, per
escludere la recidiva occorre valorizzare «la natura e il tempo di
commissione dei precedenti»;
che le condanne gia' riportate dall'imputato attengono a quattro
violazioni della disciplina degli stupefacenti in un arco temporale
compreso tra il 2000 e il 2007, sicche' natura e tempo di commissione
dei reati indicherebbero che il reato sub iudice e' «espressione
della medesima "devianza" gia' denotata in occasione dei precedenti
reati, ed e' percio' sicura manifestazione di maggior colpevolezza e
pericolosita' dell'imputato»;
che, pertanto, non sarebbe possibile escludere la recidiva
reiterata, mentre il reato commesso dall'imputato resterebbe una
modesta violazione sussumibile nel quinto comma dell'art. 73 del
d.P.R. n. 309 del 1990 e non sarebbe conforme ai principi
costituzionali che «il riconoscimento della recidiva reiterata
imponga al giudice di trascurare integralmente questo dato di
realta'»;
che la norma censurata sarebbe in contrasto con il principio di
uguaglianza perche' «conduce, in determinati casi, ad applicare pene
identiche a violazioni di rilievo penale enormemente diverso»;
che il recidivo reiterato implicato nel grande traffico di
stupefacenti (art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990) al quale
siano riconosciute le circostanze attenuanti generiche verrebbe
punito con la stessa pena prevista per il recidivo reiterato autore
di uno «spaccio di strada» di infime quantita' al quale siano
riconosciute le circostanze attenuanti generiche e quella prevista
dal quinto comma dell'art. 73: «l'enorme differenza oggettiva,
naturalistica, criminologica delle due condotte viene completamente
obliterata in virtu' di una esclusiva considerazione dei precedenti
penali del loro autore»;
che sussisterebbe, inoltre, la violazione dell'art. 25, secondo
comma, Cost., che, con il suo espresso richiamo al «fatto commesso»,
riconosce rilievo fondamentale all'azione delittuosa per il suo
obiettivo disvalore e non solo in quanto manifestazione
sintomatologica di pericolosita' sociale; la costituzionalizzazione
del principio di offensivita' implicherebbe «la necessita' di un
trattamento penale differenziato per fatti diversi, senza che la
considerazione della mera pericolosita' dell'agente possa
legittimamente avere rilievo esclusivo»;
che verrebbe in rilievo, infine, attraverso l'art. 27, secondo
(recte: terzo) comma, Cost., il principio di proporzionalita' della
pena (nelle sue due funzioni retributiva e rieducativa), perche' «una
pena sproporzionata alla gravita' del reato commesso da un lato non
puo' correttamente assolvere alla funzione di ristabilimento della
legalita' violata, dall'altro non potra' mai essere sentita dal
condannato come rieducatrice: essa gli apparira' solo come brutale e
irragionevole vendetta dello stato, suscitatrice di ulteriori istinti
antisociali»;
che, ad avviso del rimettente, sarebbe un dato autoevidente che
l'inflizione di sei anni di reclusione per la cessione di una singola
modesta dose di sostanza stupefacente, chiunque ne sia l'autore, non
possa essere considerata una risposta sanzionatoria proporzionata,
come l'esperienza quotidiana delle aule di giustizia conferma;
che, osserva ancora il giudice a quo, la pena edittale minima per
il piccolo spaccio del recidivo reiterato e' piu' grave di quella
prevista, ad esempio, per la partecipazione ad associazioni
terroristiche o mafiose (artt. 270-bis e 416-bis cod. pen.), per la
concussione (art. 317 cod. pen.), per le lesioni dolose con pericolo
di vita della vittima (art. 583, primo comma, cod. pen.), per la
rapina aggravata e l'estorsione (artt. 628 e 629 cod. pen.), per la
violenza sessuale (art. 609-bis cod. pen.) e per l'introduzione
illegale di armi da guerra nel territorio dello Stato (art. 1, legge
2 ottobre 1967, n. 895);
che il giudice rimettente chiede, dunque, una declaratoria di
illegittimita' costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen.
nella parte in cui esclude che «le circostanze attenuanti (tutte)
possano essere dichiarate prevalenti sulla riconosciuta recidiva
reiterata»;
che, in via subordinata, il rimettente chiede che sia dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen.
nella parte in cui esclude che la circostanza attenuante di cui
all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 possa essere
dichiarata prevalente sulla recidiva reiterata;
che e' intervenuto nel giudizio di legittimita' costituzionale il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata;
che emergerebbe, in primo luogo, «il difetto di rilevanza delle
questioni di costituzionalita' poste dal giudice remittente»;
che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69,
quarto comma, cod. pen. nella parte in cui esclude che tutte le
circostanze attenuanti possano essere dichiarate prevalenti sulla
riconosciuta recidiva reiterata sarebbe palesemente inammissibile, in
quanto «non e' minimamente motivata in punto di rilevanza ed e'
sollevata dal giudice a quo soltanto nella parte dispositiva
dell'ordinanza di remissione»;
che in ordine alla questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 69, quarto comma, cod. pen. nella parte in cui esclude che
l'attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990
possa essere dichiarata prevalente sulla riconosciuta recidiva
reiterata sarebbe ugualmente priva del requisito della motivazione
sulla rilevanza, in quanto il rimettente non spiegherebbe perche' il
fatto commesso debba essere riconosciuto di lieve entita', ne'
perche' tale modesta violazione debba essere ritenuta circostanza
prevalente sulla recidiva reiterata;
che l'Avvocatura generale dello Stato ritiene comunque la
questione non fondata;
che, infatti, con la riforma dell'art. 69 cod. pen. introdotta
dal decreto-legge 11 aprile 1974, n. 99 (Provvedimenti urgenti sulla
giustizia penale), convertito, con modificazioni, nella legge 7
giugno 1974, n. 220, si sarebbe gravato il giudice di un potere
discrezionale estremamente lato e non immune esso stesso dal pericolo
di disparita' e incertezze in sede applicativa;
che la dilatazione del giudizio di bilanciamento conseguente alla
riforma del 1974 avrebbe in seguito indotto piu' volte il legislatore
a circoscriverlo o ad escluderlo per talune circostanze (ad esempio:
art. 1, decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, recante «Misure
urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza
pubblica», convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio
1980, n. 15; art. 90, decreto legislativo 30 marzo 1990, n. 76,
recante il «Testo unico delle leggi per gli interventi nei territori
della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti dagli eventi
sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo 1982»), con
una serie di eccezioni attestanti la possibilita' di un ripensamento
della riforma stessa;
che in tale contesto si inserirebbe la modifica dell'art. 69,
quarto comma, cod. pen., la cui ratio e' chiaramente volta ad
«inasprire il regime sanzionatorio di coloro che versano nella
situazione di recidiva reiterata, impedendo che tale importante
circostanza sia sottratta alla commisurazione della pena in
concreto»;
che si tratterebbe di una «scelta discrezionale del legislatore
immune dalle censure denunciate dal giudice remittente»;
che la norma censurata non sarebbe in contrasto con il principio
di uguaglianza, volendo attuare «una forma di prevenzione generale
della recidiva reiterata, inasprendone il regime sanzionatorio»; che
essa, inoltre, non comporterebbe un'applicazione sproporzionata della
pena, intendendo sanzionare maggiormente coloro che pervicacemente
hanno commesso un altro reato essendo gia' recidivi, cosi'
dimostrando un alto e persistente grado di antisocialita';
che, osserva ancora l'Avvocatura generale dello Stato, gia' in
relazione ad altre ipotesi, quali la circostanza aggravante di cui al
citato art. 1 del decreto-legge n. 625 del 1979 e l'art. 280, commi 2
e 4, cod. pen., il legislatore avrebbe escluso espressamente il
bilanciamento sulla base di una disciplina ritenuta
costituzionalmente legittima (sentenze n. 38 e n. 194 del 1985);
che, inoltre, non si potrebbe ragionevolmente ritenere che la
previsione di trattamenti sanzionatori piu' aspri per i recidivi
reiterati possa portare ad un trattamento sanzionatorio di per se'
sproporzionato, il che sarebbe sufficiente ad escludere anche
qualsiasi conflitto con la funzione rieducativa della pena;
che la commisurazione della pena, sottolinea l'Avvocatura
generale dello Stato, e' «demandata al giudice alla stregua dei
principi fissati dal legislatore», che, nel caso di specie, avrebbe
inteso sanzionare il fenomeno della recidiva reiterata in se', a
prescindere dalla gravita' dei fatti commessi, dai loro tempi e modi
e dalle sanzioni irrogate, in quanto «il fatto stesso della
persistenza nelle condotte antisociali, quali che esse siano,
dimostra che la funzione rieducativa non ha potuto efficacemente
esplicarsi nei confronti del soggetto, e quindi e' necessario
assicurare la possibilita' (quantomeno escludendo la prevalenza delle
attenuanti) che, attraverso l'applicazione della pena, tale funzione
trovi una nuova occasione di svolgimento»;
che inoltre, osserva l'Avvocatura dello Stato, salvo che per i
reati di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), cod. proc. pen., la
recidiva conserva il carattere discrezionale o facoltativo, cosi'
restando integro il potere del giudice di escludere l'applicazione
della circostanza qualora ritenga che la ricaduta nel reato non sia
«indice di insensibilita' etico/sociale del colpevole», ma sia un
fatto occasionale determinato da motivi contingenti o, comunque,
irrilevante dal punto di vista della tutela sociale in considerazione
del lungo tempo trascorso dal precedente reato;
che, anche nelle ipotesi di recidiva reiterata, il giudice di
merito sarebbe tuttora in grado, motivando adeguatamente la
decisione, di commisurare il trattamento sanzionatorio alla effettiva
gravita' del fatto e alla reale necessita' di rieducazione mostrata
dal colpevole.
Considerato che, con ordinanza del 22 maggio 2012 (r.o. n. 145
del 2012), il Tribunale di Torino ha sollevato questione di
legittimita' costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 25,
secondo comma, e 27, secondo (recte: terzo) comma, della
Costituzione, dell'articolo 69, quarto comma, del codice penale, come
sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche
al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di
attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle
circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione),
nella parte in cui esclude che le circostanze attenuanti possano
essere dichiarate prevalenti sulla recidiva reiterata, prevista
dall'art. 99, quarto comma, cod. pen.;
che, in via subordinata, il giudice a quo ha sollevato, sempre in
riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, secondo (recte:
terzo) comma, Cost., questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui esclude che
la circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico
delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza), possa essere dichiarata prevalente sulla recidiva
reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen.;
che, in via preliminare, deve rilevarsi che con la sentenza n.
251 del 2012, successiva all'ordinanza di rimessione, questa Corte ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 69, quarto
comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre
2005, n. 251, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza
della circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R.
n. 309 del 1990 sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod.
pen.;
che, a seguito della declaratoria di illegittimita'
costituzionale di cui alla sentenza n. 251 del 2012, la questione
sollevata in via subordinata deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile, in quanto e' diventata priva di oggetto;
che a tale conclusione si giunge sul rilievo che la questione in
esame riguarda la stessa norma della quale e' stata dichiarata
l'illegittimita' costituzionale, «sicche', in forza dell'efficacia ex
tunc di tale pronuncia, e' preclusa al giudice a quo una nuova
valutazione della perdurante rilevanza della questione stessa, unica
valutazione che potrebbe giustificare la restituzione degli atti al
giudice rimettente» (cosi', ex plurimis, l'ordinanza n. 182 del
2012);
che la declaratoria di manifesta inammissibilita' si impone anche
con riguardo alla questione di legittimita' costituzionale, sollevata
in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, secondo (recte:
terzo) comma, Cost., dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., nella
parte in cui esclude che «tutte» le circostanze attenuanti possano
essere dichiarate prevalenti sulla recidiva reiterata;
che, infatti, sulla base della stessa descrizione della vicenda
processuale svolta dal rimettente, non risulta l'applicabilita', nel
caso di specie, di circostanze attenuanti diverse da quella di cui
all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, sicche', in seguito
alla declaratoria di illegittimita' costituzionale di cui alla
sentenza n. 251 del 2012, l'eventuale accoglimento della questione
principale sollevata dal rimettente non avrebbe alcun «rilievo nel
giudizio a quo» (sentenza n. 278 del 2011).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale dell'articolo 69, quarto comma, del
codice penale, come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre
2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975,
n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio
di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e
di prescrizione), nella parte in cui esclude che le circostanze
attenuanti possano essere dichiarate prevalenti sulla recidiva
reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen., sollevata,
in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma,
della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l'ordinanza di cui in
epigrafe;
2) dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale dell'articolo 69, quarto comma, del
codice penale, come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre
2005, n. 251, nella parte in cui esclude che la circostanza
attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in
materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza), possa essere dichiarata prevalente sulla recidiva
reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. sollevata,
in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma,
della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l'ordinanza di cui in
epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 dicembre 2012.
Il Cancelliere
F.to: Roberto MILANA

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