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giovedì 3 gennaio 2013

N. 315 ORDINANZA 12 - 27 dicembre 2012 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.



N. 315 ORDINANZA 12 - 27 dicembre 2012
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati e pene - Circostanze attenuanti - Esclusione che la circostanza
  attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990,
  possa  essere  dichiarata  prevalente  sulla  recidiva   reiterata,
  prevista dall'art. 99,  quarto  comma,  cod.  pen.  -  Sopravvenuta
  dichiarazione di illegittimita' costituzionale  della  disposizione
  censurata  -  Questione  divenuta  priva  di  oggetto  -  Manifesta
  inammissibilita' della questione. 
- Cod. pen., art. 69, quarto comma, come sostituito dall'art. 3 della
  legge 5 dicembre 2005, n. 251. 
- Costituzione, artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma. 
Reati e pene - Circostanze  attenuanti  -  Esclusione  che  tutte  le
  circostanze attenuanti possano essere dichiarate  prevalenti  sulla
  recidiva reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod.  pen.
  - Riferimento a circostanze attenuanti non applicabili nel giudizio
  a quo - Difetto di rilevanza nel giudizio a quo  di  una  eventuale
  decisione  di  accoglimento  -  Manifesta  inammissibilita'   della
  questione. 
- Cod. pen., art. 69, quarto comma, come sostituito dall'art. 3 della
  legge 5 dicembre 2005, n. 251. 
- Costituzione, artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma. 
(GU n.1 del 2-1-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  69,
quarto comma, del codice penale, sostituito dall'art. 3 della legge 5
dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale  e  alla  legge  26
luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva,
di  giudizio  di  comparazione  delle  circostanze  di  reato  per  i
recidivi, di usura e di  prescrizione),  promosso  dal  Tribunale  di
Torino nel procedimento penale a carico di L.B. con ordinanza del  22
maggio 2012, iscritta  al  n.  145  del  registro  ordinanze  2012  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  33,  prima
serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 5 dicembre  2012  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 22 maggio 2012 (r.o. n.  145  del
2012), il Tribunale di  Torino  ha  sollevato,  in  riferimento  agli
articoli 3, 25, secondo comma, e 27, secondo  (recte:  terzo)  comma,
della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo 69, quarto comma, del codice  penale,  come  sostituito
dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al  codice
penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di  attenuanti
generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze
di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte  in
cui esclude che le circostanze attenuanti possano  essere  dichiarate
prevalenti sulla recidiva reiterata, prevista  dall'art.  99,  quarto
comma, cod. pen.; 
    che, in via subordinata, il giudice a quo ha sollevato, sempre in
riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e  27,  secondo  (recte:
terzo)  comma,  Cost.,  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui esclude che
la circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma  5,  del  decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309  (Testo  unico
delle leggi in materia di disciplina degli  stupefacenti  e  sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza) possa essere dichiarata prevalente sulla  recidiva
reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen.; 
    che il giudice rimettente riferisce  di  procedere,  in  sede  di
giudizio  abbreviato  successivo   all'instaurazione   del   giudizio
direttissimo, nei confronti di una persona accusata del reato di  cui
all'art. 73 del  d.P.R.  n.  309  del  1990  per  avere  illegalmente
detenuto e ceduto 1,6 grammi lordi di eroina  (fatto  commesso  il  2
maggio 2012); 
    che,  ricostruiti  i  fatti  che  avevano  condotto   all'arresto
dell'imputato, il Tribunale di Torino riferisce che l'episodio per il
quale si procede deve ritenersi attenuato a norma  del  quinto  comma
del citato art. 73, risultando rilevanti in tal senso il quantitativo
della sostanza stupefacente di  cui  all'imputazione,  il  prezzo  di
vendita assai modesto, le modalita' della vendita stessa, nonche'  le
caratteristiche dell'acquirente, persona non «vulnerabile», e  quelle
dell'imputato, che si trova in condizioni  di  vita  sicuramente  non
facili; 
    che all'imputato e' contestata la recidiva reiterata, specifica e
infraquinquennale,  avendo  subito  quattro  condanne  per  fatti  di
cessione illecita di sostanze stupefacenti commessi dal dicembre  del
2001 al novembre del 2007; 
    che il rimettente richiama la giurisprudenza  costituzionale  (in
particolare,  la  sentenza  n.  192  del  2007)  che  ha  prospettato
un'interpretazione  della  disciplina  della  recidiva   cosi'   come
modificata dalla legge n. 251 del 2005, in forza della quale  l'unica
ipotesi di recidiva obbligatoria e' quella delineata dal quinto comma
dell'art. 99 cod. pen., laddove il quarto comma prevede un'ipotesi di
recidiva facoltativa, in relazione alla quale il giudice conserva  il
potere discrezionale di escluderla ovvero di riconoscerla qualora  il
nuovo episodio  delittuoso  appaia  concretamente  significativo,  in
rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti,  sotto
il profilo  della  piu'  accentuata  colpevolezza  e  della  maggiore
pericolosita' del reo; 
    che tale interpretazione e' stata condivisa dalla  giurisprudenza
di legittimita' (Cass.  pen.,  sezioni  unite,  27  maggio  2010,  n.
35738); 
    che,  secondo  il  giudice  a  quo,   la   descritta   evoluzione
giurisprudenziale «ha aperto la strada a una ridda  di  decisioni  di
merito assai diverse su casi sostanzialmente analoghi», registrandosi
talora  «veri  e  propri  "equilibrismi  dialettici"   per   motivare
l'esclusione della recidiva - in situazioni che  ragionevolmente  non
l'avrebbero consentito - pur di evitare l'assurdo dell'inflizione  di
sei anni di reclusione in ipotesi di cessione di una singola dose  di
sostanza stupefacente» e, in  altri,  pronunce  che  statuivano  tali
condanne «senza chiedersi se cio' fosse rispettoso  dei  principi  di
proporzionalita' e personalita' della pena»; 
    che,  nonostante  l'orientamento  indicato,  il  problema  ancora
aperto,  ad  avviso  del  rimettente,  «deriva  dal  fatto   che   il
riconoscere  o  escludere  la  recidiva  reiterata   facoltativa   e'
operazione valutativa radicalmente diversa  dal  "bilanciare"  quella
recidiva   con   concorrenti   circostanze   attenuanti»,   esistendo
«situazioni in cui, giudicando con onesta' intellettuale, la recidiva
non puo' essere esclusa,  e  tuttavia  viene  sentito  come  ingiusto
negare la prevalenza di determinate attenuanti»; 
    che tale rilievo sarebbe tanto  piu'  evidente  nella  disciplina
penale del traffico di stupefacenti, dove le disposizioni di  cui  al
primo e al quinto comma dell'art. 73  del  d.P.R.  n.  309  del  1990
«rispecchiano due situazioni enormemente diverse dal punto  di  vista
criminologico», in quanto «al comma 1 e'  prevista  la  condotta  del
grande trafficante, che dispone di significative risorse economiche e
muove quantitativi  rilevanti  di  sostanze  stupefacenti  senza  mai
esporsi in luoghi pubblici», laddove al comma 5  e'  contemplata  «la
condotta  del  piccolo  spacciatore,  per   lo   piu'   straniero   e
disoccupato, che si procura  qualcosa  per  vivere  svolgendo  "sulla
strada" la piu'  rischiosa  attivita'  di  vendita  al  minuto  delle
sostanze stupefacenti»; 
    che, sulla base di tali differenze, il legislatore ha  sanzionato
la seconda condotta «con una pena detentiva che, nel minimo edittale,
e' pari ad appena un sesto della pena prevista per la prima»; 
    che l'assetto normativo per il quale «una circostanza  attenuante
riduce la pena edittale minima  da  sei  a  un  anno  di  reclusione,
costituisce un unicum nel nostro sistema penale»  e,  ad  avviso  del
Tribunale di Torino, spiega  perche'  la  questione  di  legittimita'
costituzionale sia stata  proposta  con  «specifica  limitazione»  al
rapporto tra l'art. 69, comma quarto, cod. pen. e la disposizione  di
cui al quinto comma dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990; 
    che, in materia di stupefacenti,  il  legislatore  avrebbe  fatto
ricorso a una tecnica normativa peculiare, in quanto mentre in alcuni
casi (ad esempio con riguardo ai delitti di  lesioni,  di  furto,  di
truffa e di rapina) «la legge prevede la pena  per  le  ipotesi  meno
gravi (e piu'  frequenti  nella  prassi)  e  aggiunge  una  serie  di
circostanze aggravanti per le ipotesi di maggiore  allarme  sociale»,
in altri (come per l'art. 73, comma 5, del d.P.R. n.  309  del  1990)
«la legge fissa la pena base per le ipotesi piu' gravi e prevede  poi
circostanze attenuanti per adeguare la sanzione ai casi piu' lievi  e
frequenti»; 
    che, in questi ultimi  casi,  «il  divieto  di  prevalenza  delle
attenuanti sulla recidiva reiterata produce conseguenze sanzionatorie
devastanti,  perche'  finisce  con  l'equiparare  quoad  poenam  casi
oggettivamente lievi a casi di particolare allarme sociale»,  sicche'
mentre all'autore di molteplici furti sarebbe applicabile, in caso di
riconoscimento di circostanze attenuanti  equivalenti  a  circostanze
aggravanti, una pena edittale  minima  sempre  pari  a  sei  mesi  di
reclusione, il piccolo spacciatore, in caso di  riconoscimento  della
recidiva reiterata, vedrebbe elevata la pena edittale minima da uno a
sei anni di reclusione; 
    che la possibilita' di escludere  discrezionalmente  la  recidiva
non sarebbe sempre praticabile e, in particolare, non lo sarebbe  nel
giudizio a quo; 
    che, secondo l'insegnamento della  giurisprudenza  costituzionale
confermato  dalla  dottrina  e  dalla  giurisprudenza   comune,   per
escludere la recidiva occorre valorizzare «la natura e  il  tempo  di
commissione dei precedenti»; 
    che le condanne gia' riportate dall'imputato attengono a  quattro
violazioni della disciplina degli stupefacenti in un  arco  temporale
compreso tra il 2000 e il 2007, sicche' natura e tempo di commissione
dei reati indicherebbero che il  reato  sub  iudice  e'  «espressione
della medesima "devianza" gia' denotata in occasione  dei  precedenti
reati, ed e' percio' sicura manifestazione di maggior colpevolezza  e
pericolosita' dell'imputato»; 
    che,  pertanto,  non  sarebbe  possibile  escludere  la  recidiva
reiterata, mentre il  reato  commesso  dall'imputato  resterebbe  una
modesta violazione sussumibile nel  quinto  comma  dell'art.  73  del
d.P.R.  n.  309  del  1990  e  non  sarebbe  conforme   ai   principi
costituzionali  che  «il  riconoscimento  della  recidiva   reiterata
imponga  al  giudice  di  trascurare  integralmente  questo  dato  di
realta'»; 
    che la norma censurata sarebbe in contrasto con il  principio  di
uguaglianza perche' «conduce, in determinati casi, ad applicare  pene
identiche a violazioni di rilievo penale enormemente diverso»; 
    che il  recidivo  reiterato  implicato  nel  grande  traffico  di
stupefacenti (art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990) al  quale
siano  riconosciute  le  circostanze  attenuanti  generiche  verrebbe
punito con la stessa pena prevista per il recidivo  reiterato  autore
di uno «spaccio  di  strada»  di  infime  quantita'  al  quale  siano
riconosciute le circostanze attenuanti generiche  e  quella  prevista
dal  quinto  comma  dell'art.  73:  «l'enorme  differenza  oggettiva,
naturalistica, criminologica delle due condotte  viene  completamente
obliterata in virtu' di una esclusiva considerazione  dei  precedenti
penali del loro autore»; 
    che sussisterebbe, inoltre, la violazione dell'art.  25,  secondo
comma, Cost., che, con il suo espresso richiamo al «fatto  commesso»,
riconosce rilievo  fondamentale  all'azione  delittuosa  per  il  suo
obiettivo   disvalore   e   non   solo   in   quanto   manifestazione
sintomatologica di pericolosita' sociale;  la  costituzionalizzazione
del principio di offensivita'  implicherebbe  «la  necessita'  di  un
trattamento penale differenziato per  fatti  diversi,  senza  che  la
considerazione   della   mera   pericolosita'    dell'agente    possa
legittimamente avere rilievo esclusivo»; 
    che verrebbe in rilievo, infine, attraverso  l'art.  27,  secondo
(recte: terzo) comma, Cost., il principio di  proporzionalita'  della
pena (nelle sue due funzioni retributiva e rieducativa), perche' «una
pena sproporzionata alla gravita' del reato commesso da un  lato  non
puo' correttamente assolvere alla funzione  di  ristabilimento  della
legalita' violata, dall'altro  non  potra'  mai  essere  sentita  dal
condannato come rieducatrice: essa gli apparira' solo come brutale  e
irragionevole vendetta dello stato, suscitatrice di ulteriori istinti
antisociali»; 
    che, ad avviso del rimettente, sarebbe un dato  autoevidente  che
l'inflizione di sei anni di reclusione per la cessione di una singola
modesta dose di sostanza stupefacente, chiunque ne sia l'autore,  non
possa essere considerata una  risposta  sanzionatoria  proporzionata,
come l'esperienza quotidiana delle aule di giustizia conferma; 
    che, osserva ancora il giudice a quo, la pena edittale minima per
il piccolo spaccio del recidivo reiterato e'  piu'  grave  di  quella
prevista,  ad  esempio,  per  la   partecipazione   ad   associazioni
terroristiche o mafiose (artt. 270-bis e 416-bis cod. pen.),  per  la
concussione (art. 317 cod. pen.), per le lesioni dolose con  pericolo
di vita della vittima (art. 583, primo  comma,  cod.  pen.),  per  la
rapina aggravata e l'estorsione (artt. 628 e 629 cod. pen.),  per  la
violenza sessuale (art.  609-bis  cod.  pen.)  e  per  l'introduzione
illegale di armi da guerra nel territorio dello Stato (art. 1,  legge
2 ottobre 1967, n. 895); 
    che il giudice rimettente chiede,  dunque,  una  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 69, quarto comma,  cod.  pen.
nella parte in cui esclude che  «le  circostanze  attenuanti  (tutte)
possano essere  dichiarate  prevalenti  sulla  riconosciuta  recidiva
reiterata»; 
    che, in via subordinata, il rimettente chiede che sia  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen.
nella parte in cui esclude  che  la  circostanza  attenuante  di  cui
all'art. 73, comma 5,  del  d.P.R.  n.  309  del  1990  possa  essere
dichiarata prevalente sulla recidiva reiterata; 
    che e' intervenuto nel giudizio di legittimita' costituzionale il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata; 
    che emergerebbe, in primo luogo, «il difetto di  rilevanza  delle
questioni di costituzionalita' poste dal giudice remittente»; 
    che la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  69,
quarto comma, cod. pen. nella parte  in  cui  esclude  che  tutte  le
circostanze attenuanti possano  essere  dichiarate  prevalenti  sulla
riconosciuta recidiva reiterata sarebbe palesemente inammissibile, in
quanto «non e' minimamente motivata  in  punto  di  rilevanza  ed  e'
sollevata  dal  giudice  a  quo  soltanto  nella  parte   dispositiva
dell'ordinanza di remissione»; 
    che in  ordine  alla  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 69, quarto comma, cod. pen. nella parte in cui esclude  che
l'attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del  1990
possa  essere  dichiarata  prevalente  sulla  riconosciuta   recidiva
reiterata sarebbe ugualmente priva del  requisito  della  motivazione
sulla rilevanza, in quanto il rimettente non spiegherebbe perche'  il
fatto commesso  debba  essere  riconosciuto  di  lieve  entita',  ne'
perche' tale modesta violazione  debba  essere  ritenuta  circostanza
prevalente sulla recidiva reiterata; 
    che  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ritiene  comunque   la
questione non fondata; 
    che, infatti, con la riforma dell'art. 69  cod.  pen.  introdotta
dal decreto-legge 11 aprile 1974, n. 99 (Provvedimenti urgenti  sulla
giustizia penale),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  7
giugno 1974, n. 220, si sarebbe  gravato  il  giudice  di  un  potere
discrezionale estremamente lato e non immune esso stesso dal pericolo
di disparita' e incertezze in sede applicativa; 
    che la dilatazione del giudizio di bilanciamento conseguente alla
riforma del 1974 avrebbe in seguito indotto piu' volte il legislatore
a circoscriverlo o ad escluderlo per talune circostanze (ad  esempio:
art. 1, decreto-legge 15  dicembre  1979,  n.  625,  recante  «Misure
urgenti per la  tutela  dell'ordine  democratico  e  della  sicurezza
pubblica», convertito, con  modificazioni,  nella  legge  6  febbraio
1980, n. 15; art. 90, decreto  legislativo  30  marzo  1990,  n.  76,
recante il «Testo unico delle leggi per gli interventi nei  territori
della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria  colpiti  dagli  eventi
sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo 1982»),  con
una serie di eccezioni attestanti la possibilita' di un  ripensamento
della riforma stessa; 
    che in tale contesto si inserirebbe  la  modifica  dell'art.  69,
quarto comma, cod.  pen.,  la  cui  ratio  e'  chiaramente  volta  ad
«inasprire il  regime  sanzionatorio  di  coloro  che  versano  nella
situazione di  recidiva  reiterata,  impedendo  che  tale  importante
circostanza  sia  sottratta  alla  commisurazione   della   pena   in
concreto»; 
    che si tratterebbe di una «scelta discrezionale  del  legislatore
immune dalle censure denunciate dal giudice remittente»; 
    che la norma censurata non sarebbe in contrasto con il  principio
di uguaglianza, volendo attuare «una forma  di  prevenzione  generale
della recidiva reiterata, inasprendone il regime sanzionatorio»;  che
essa, inoltre, non comporterebbe un'applicazione sproporzionata della
pena, intendendo sanzionare maggiormente  coloro  che  pervicacemente
hanno  commesso  un  altro  reato  essendo   gia'   recidivi,   cosi'
dimostrando un alto e persistente grado di antisocialita'; 
    che, osserva ancora l'Avvocatura generale dello  Stato,  gia'  in
relazione ad altre ipotesi, quali la circostanza aggravante di cui al
citato art. 1 del decreto-legge n. 625 del 1979 e l'art. 280, commi 2
e 4, cod. pen.,  il  legislatore  avrebbe  escluso  espressamente  il
bilanciamento    sulla    base    di    una    disciplina    ritenuta
costituzionalmente legittima (sentenze n. 38 e n. 194 del 1985); 
    che, inoltre, non si potrebbe  ragionevolmente  ritenere  che  la
previsione di trattamenti sanzionatori  piu'  aspri  per  i  recidivi
reiterati possa portare ad un trattamento sanzionatorio  di  per  se'
sproporzionato,  il  che  sarebbe  sufficiente  ad  escludere   anche
qualsiasi conflitto con la funzione rieducativa della pena; 
    che  la  commisurazione  della  pena,   sottolinea   l'Avvocatura
generale dello Stato, e'  «demandata  al  giudice  alla  stregua  dei
principi fissati dal legislatore», che, nel caso di  specie,  avrebbe
inteso sanzionare il fenomeno della  recidiva  reiterata  in  se',  a
prescindere dalla gravita' dei fatti commessi, dai loro tempi e  modi
e  dalle  sanzioni  irrogate,  in  quanto  «il  fatto  stesso   della
persistenza  nelle  condotte  antisociali,  quali  che  esse   siano,
dimostra che la funzione  rieducativa  non  ha  potuto  efficacemente
esplicarsi  nei  confronti  del  soggetto,  e  quindi  e'  necessario
assicurare la possibilita' (quantomeno escludendo la prevalenza delle
attenuanti) che, attraverso l'applicazione della pena, tale  funzione
trovi una nuova occasione di svolgimento»; 
    che inoltre, osserva l'Avvocatura dello Stato, salvo  che  per  i
reati di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), cod. proc.  pen.,  la
recidiva conserva il carattere  discrezionale  o  facoltativo,  cosi'
restando integro il potere del giudice  di  escludere  l'applicazione
della circostanza qualora ritenga che la ricaduta nel reato  non  sia
«indice di insensibilita' etico/sociale del  colpevole»,  ma  sia  un
fatto occasionale determinato  da  motivi  contingenti  o,  comunque,
irrilevante dal punto di vista della tutela sociale in considerazione
del lungo tempo trascorso dal precedente reato; 
    che, anche nelle ipotesi di recidiva  reiterata,  il  giudice  di
merito  sarebbe  tuttora  in  grado,   motivando   adeguatamente   la
decisione, di commisurare il trattamento sanzionatorio alla effettiva
gravita' del fatto e alla reale necessita' di  rieducazione  mostrata
dal colpevole. 
    Considerato che, con ordinanza del 22 maggio 2012  (r.o.  n.  145
del  2012),  il  Tribunale  di  Torino  ha  sollevato  questione   di
legittimita' costituzionale, in  riferimento  agli  articoli  3,  25,
secondo  comma,  e  27,   secondo   (recte:   terzo)   comma,   della
Costituzione, dell'articolo 69, quarto comma, del codice penale, come
sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche
al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in  materia  di
attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione  delle
circostanze di reato per i recidivi, di  usura  e  di  prescrizione),
nella parte in cui esclude  che  le  circostanze  attenuanti  possano
essere  dichiarate  prevalenti  sulla  recidiva  reiterata,  prevista
dall'art. 99, quarto comma, cod. pen.; 
    che, in via subordinata, il giudice a quo ha sollevato, sempre in
riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e  27,  secondo  (recte:
terzo)  comma,  Cost.,  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui esclude che
la circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma  5,  del  decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309  (Testo  unico
delle leggi in materia di disciplina degli  stupefacenti  e  sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza), possa essere dichiarata prevalente sulla recidiva
reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen.; 
    che, in via preliminare, deve rilevarsi che con  la  sentenza  n.
251 del 2012, successiva all'ordinanza di rimessione, questa Corte ha
dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  69,   quarto
comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 3 della legge 5  dicembre
2005, n. 251, nella parte in cui prevede  il  divieto  di  prevalenza
della circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del  d.P.R.
n. 309 del 1990 sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod.
pen.; 
    che,   a   seguito   della   declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale di cui alla sentenza n. 251  del  2012,  la  questione
sollevata in via subordinata deve  essere  dichiarata  manifestamente
inammissibile, in quanto e' diventata priva di oggetto; 
    che a tale conclusione si giunge sul rilievo che la questione  in
esame riguarda la  stessa  norma  della  quale  e'  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale, «sicche', in forza dell'efficacia ex
tunc di tale pronuncia, e'  preclusa  al  giudice  a  quo  una  nuova
valutazione della perdurante rilevanza della questione stessa,  unica
valutazione che potrebbe giustificare la restituzione degli  atti  al
giudice rimettente» (cosi',  ex  plurimis,  l'ordinanza  n.  182  del
2012); 
    che la declaratoria di manifesta inammissibilita' si impone anche
con riguardo alla questione di legittimita' costituzionale, sollevata
in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, secondo (recte:
terzo) comma, Cost., dell'art. 69, quarto  comma,  cod.  pen.,  nella
parte in cui esclude che «tutte» le  circostanze  attenuanti  possano
essere dichiarate prevalenti sulla recidiva reiterata; 
    che, infatti, sulla base della stessa descrizione  della  vicenda
processuale svolta dal rimettente, non risulta l'applicabilita',  nel
caso di specie, di circostanze attenuanti diverse da  quella  di  cui
all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, sicche', in seguito
alla  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  di  cui  alla
sentenza n. 251 del 2012, l'eventuale  accoglimento  della  questione
principale sollevata dal rimettente non avrebbe  alcun  «rilievo  nel
giudizio a quo» (sentenza n. 278 del 2011). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  69,  quarto  comma,  del
codice penale, come sostituito dall'art. 3  della  legge  5  dicembre
2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975,
n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di  giudizio
di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e
di prescrizione), nella parte  in  cui  esclude  che  le  circostanze
attenuanti  possano  essere  dichiarate  prevalenti  sulla   recidiva
reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen., sollevata,
in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma,
della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l'ordinanza di cui in
epigrafe; 
    2) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  69,  quarto  comma,  del
codice penale, come sostituito dall'art. 3  della  legge  5  dicembre
2005,  n.  251,  nella  parte  in  cui  esclude  che  la  circostanza
attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle  leggi  in
materia di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,
prevenzione,  cura   e   riabilitazione   dei   relativi   stati   di
tossicodipendenza), possa essere dichiarata prevalente sulla recidiva
reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen.  sollevata,
in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma,
della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l'ordinanza di cui in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 dicembre 2012. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA 
 


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