Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-11-2012) 12-12-2012, n. 47984
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. (Lpd) e (Lpd), per il tramite del loro difensore, propongono ricorso avverso l'ordinanza con la quale il Tribunale di Bologna, in sede di riesame ex art. 309 c.p.p., ha confermato il provvedimento del Gip del medesimo Tribunale con il quale è stata comminata ai suddetti la custodia inframuraria perchè gravemente indiziati del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, aggravato ex art. 80, comma 2 stessa legge.
Segnatamente per aver detenuto per uso non esclusivamente personale ed in concorso tra loro il (Lpd) kg 48, 8 di marijuana, occultati all'interno della autovettura che conduceva al momento dell'arresto, ed il (Lpd) kg 58 della stessa sostanza, anche questi occultati all'interno della autovettura che il suddetto conduceva all'atto dell'arresto e che di pari passo seguiva l'auto del concorrente.
2. Lamenta il difensore violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) in relazione agli artt. 272, 273, 274, 275, 125 e 192 c.p.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, artt. 43 e 110 c.p.p.. In particolare lamenta motivazione illogica e erronea interpretazione della legge sostanziale avuto riguardo al concorso reciproco degli indagati in relazione all'intero carico di sostanza stupefacente ritrovato, per contro, nella autonoma disponibilità dei ricorrenti sul presupposto che nella specie la suddivisione del carico in due diverse autovettura avrebbe avuto, secondo la motivazione impugnata, il chiaro intento di ridurre il rischio di perdita dell'intero quantitativo in caso di controllo. Segnala al fine l'illogicità del rilievo, giacchè l'intenzione di ridurre il rischio sarebbe stato apertamente smentito dal fatto che le due autovetture condotte dai due indagati viaggiavano l'uno dietro l'altra; ed in linea di principio lamenta che la mera presenza dei due indagati in un unico contesto al momento della consegna non corrisponde a concorsualità dato che l'unitarietà dell'occasione del reato non è nè disvela la concorsualità nel reato determinato piuttosto smentita, nella specie, dal separato e autonomo trasporto del corpo di reato sulle singole vetture da parte di ciascun indagato a conforto della indipendenza della condotta criminale di entrambi.
Negata la concorsualità nel fatto, la difesa contesta la logicità della motivazione e la coerenza alla legge sostanziale della decisione nella parte in cui, muovendo dalla unitaria attribuzione dell'intero carico sequestrato ad entrambe gli indagati, finisce per ritenere applicabile alla specie l'aggravante della ingente quantità D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80. All'uopo segnala come il Tribunale del riesame, richiamandosi al recente arresto delle sezioni unite (sentenza del 25 maggio 2012) in punto alla quantità necessaria per ritenere integrata l'aggravante in questione (non inferiore a 2000 volte il valore massimo soglia in milligrammi della sostanza di riferimento) del quale non conosceva ancora la motivazione, avrebbe, con "affermazione apodittica, frutto di intuizione e di un enunciato espresso, esposto tramite asserti disarticolati tra loro, non convincenti, illogici" ritenuto integrata l'aggravante in questione giacchè, secondo criteri prudenziali, era da ritenersi altamente probabile che il principio attivo rinvenuto fosse superiore al KG 1" così da esondare gli argini della soglia minima utile al fine.
3. Esclusa la concorsualità e la aggravante della ingente quantità, ha poi contestato le esigenze cautelari riscontrate sub specie del rischio di recidivanza da rivedere al fine anche nell'ottica della affermata imprescindibilità della custodia inframuraria alla luce della incensuratezza degli indagati, del loro contegno processuale di soggetti rei confessi, della occasionalità della condotta.
Motivi della decisione
4. Il ricorso è manifestamente infondato e in coerenza va dichiarato inammissibile.
5. Prendendo le mosse dalla denunzia legata alla riscontrata concorsualità nel fatto, ritiene la Corte che la decisione del Tribunale della libertà sfugga a censure di sorta sia in punto alla compiutezza logica del ragionamento esposto in motivazione sia in ordine alla applicazione al fatto del dato normativo sostanziale e processuale richiamato. Con la decisione impugnata il Tribunale della libertà ha infatti ancorato la valutazione legata alla riferibilità dell'intero carico di sostanze stupefacenti sequestrato ad entrambe gli indagati all'uopo attribuendo il giusto rilievo alle modalità di esecuzione dell'arresto (attestanti l'immediata contiguità delle due autovetture sulle quali viaggiavano i ricorrenti detenendo i carichi di sostanza sopra rassegnati) ed alle risultanze delle indagini (concretatesi in un servizio di osservazione e pedinamento). Due gli elementi primariamente posti a fondamento delle valutazioni rese dal Tribunale con l'ordinanza impugnata: i due indagati sono stati visti partire e rientrare a Bologna in staffetta; entrambi hanno ammesso di aver ricevuto in consegna tutto il narcotico nello stesso contesto e dalla medesima persona. Questo il nucleo fondante della motivazione sottesa al provvedimento impugnato, è di tutta evidenza che gli elementi addotti non lasciano margine al dubbio, ben oltre la gravità indiziaria e la natura sommaria dell'accertamento cognitivo proprio della fase cautelare, in punto alla unitarietà della detenzione illecita ascritta ai ricorrenti; e ciò malgrado la autonomia materiale della disponibilità immediata dello stupefacente giacchè, oltre che sul piano della ricostruzione oggettiva, anche sul versante dell'elemento soggettivo si tratta di circostanze che tradiscono chiaramente la consapevole rappresentazione e la volontà degli indagati di cooperare reciprocamente alla comune realizzazione della condotta delittuosa. Il riferimento, sempre contenuto nella ordinanza impugnata, alla ragione del differenziamento del carico sulle due diverse autovetture al fine di ridurre o elidere il rischio di possibili controlli delle forze dell'ordine, lungi dallo svilire la logica del ragionamento seguito in considerazione delle concrete modalità della condotta (il riscontrato muoversi in stretta contiguità di entrambe le autovetture tale da vanificare il supposto intento), costituisce ulteriore, seppur non determinante ex se, profilo di valutazione a supporto della unitarietà della condotta.
Il dipanarsi concreto della vicenda - tale da aver vanificato di fatto l'intento elusivo che il Tribunale indica quale collante motivazionale della scelta di differenziare il carico tra due diversi mezzi non ex se ma quale naturale evoluzione dell'attività di osservazione svolta nell'occasione - non costituisce invero valido argomento per inficiare, in termini di manifesta inadeguatezza così come richiesto dall'art. 606, comma 1, lett. E, la logicità del ragionamento seguito. Piuttosto la immediata contiguità dell'azione delittuosa riscontrata al momento dell'intervento delle forze dell'ordine in esito al servizio di osservazione (le due autovetture viaggiavano l'una immediatamente al seguito dell'altra), letta inscindibilmente agli altri elementi sopra rassegnati a supporto della unitarietà della condotta partecipativa, finisce piuttosto per tradire, in termini di maggior rilievo, la inconducenza logica della prospettazione difensiva, per il vero scarsamente compatibile con l'ipotesi della separatezza e della autonomia delle condotte. 6.
Parimenti infondato deve ritenersi il dedotto vizio di violazione di legge avuto riguardo al disposto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2. La motivazione resa dal Tribunale del riesame fa infatti buon governo delle indicazioni interpretative dettate da questa Corte in punto alla configurabilità dell'aggravante in questione, volte ad ascrivere rilievo al dato ponderale della sostanza oggetto di detenzione e traffico rinvenuta nella disponibilità degli indagati. Già prima dell'arresto (sentenza del 24 maggio 2012, Biondi) delle sezioni unite recentemente reso in materia (puntualmente citato, pur se nella sola massima, dal Tribunale del riesame, non essendo state all'epoca depositate le relative motivazioni, oggi per contro note) questa stessa Sezione, con più decisioni conformi, aveva avuto modo di chiarire che non possono di regola definirsi "ingenti" i quantitativi di droghe "pesanti" (ad es., eroina e cocaina) o "leggere" (ad es., hashish e marijuana) che, sulla base di una percentuale media di principio attivo per il tipo di sostanza, siano rispettivamente al di sotto dei limiti di due chilogrammi e cinquanta chilogrammi (cfr da ultimo la sentenza nr 21728/2011 ed i precedenti ivi puntualmente trascritti cui ci si richiama): criterio, questo, oggi sostanzialmente preso a riferimento dalla citata sentenza delle sezioni unite (pur se sostituendo il riferimento al valore ponderale globale con quello delle dosi soglia) individuando al fine l'impossibilità di ravvisare l'aggravante in tema quando la quantità sia inferiore a 2000 volte il valore massimo, espresso in milligrammi, per ciascuna sostanza, dalla Tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006 (limite cui corrispondono in linea di massima i valori ponderali medi già tracciati da questa sezione con i precedenti segnalati). Questo il quadro di riferimento normativo da attagliare al caso di specie, siccome integrato dalle indicazioni interpretative segnalate da questa Corte, il Tribunale del Riesame, considerata la partecipazione concorsuale dei ricorrenti nel fatto ascritto ed attribuito l'intero carico sequestrato nel suo dato ponderale alla detenzione di entrambi gli indagati, ha fatto corretta applicazione dei principi sopra tracciati. In particolare, asservendo il ragionamento logico seguito ad un criterio di assoluta prudenza (imposta dalla rilevanza della applicazione dell'aggravante pur nel quadro anticipatorio afferente l'intervento cautelare e ancor di più in considerazione della sommarietà dell'accertamento cognitivo proprio della fase processuale in questione), a tutto favore della posizione degli indagati, si è attestato, nel ritenere la configurabilità dell'art. 80, comma 2 al caso di specie, ben al di sotto degli indici ponderali sopra tracciati avuto riguardo alla sostanza in gioco (marijuana).
Non potendo indicare in questa fase il numero preciso di dosi ricavabili in base allo specifico principio attivo, il Tribunale ha affermato, con un giudizio logico che va ben oltre la palesata soglia della alta probabilità, che le dosi ricavabili dalla sostanza sequestrata nella specie dovrebbero essere manifestamente superiori alla soglia minima sopra segnalata: per più di 100 KG di marijuana è stata considerata al ribasso, infatti, una percentuale media di principio attivo pari all'1% dell'intero valore ponderale globale così che, guardando alle soglie in milligrammi dettate per la sostanza in esame, si perviene, con valutazione certamente adeguata per questa fase processuale, al superamento del limite minimo tracciato dalle SS.UU. 7. Infine, il motivo di ricorso legato alla violazione della legge in punto al criterio di adeguatezza e proporzione della misura cautelare coercitiva più afflittiva nella specie applicata ai ricorrenti, risultando ancorato agli altri due profili di denunziata illegittimità del provvedimento (riconoscimento della concorsualità e della aggravante ex art. 80) risulta assorbito, superato e coperto dalla manifesta infondatezza dei suddetti rilievi per quanto sopra già osservato, considerando che il motivo in altro non si fondava che in una sostanziale rivendicata rivisitazione della decisione volta che fossero state accolte le prime o una delle due precedenti lagnanze.
8. Alla inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento in favore dell'erario delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo fissare nell'importo indicato nel dispositivo che segue.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Nessun commento:
Posta un commento