Translate

martedì 12 marzo 2013

Trasferimento per mobilità ex art. 30 del dlgs 165/2001: l'interpretazione data dalla Funzione Pubblica


Presidenza del Consiglio dei Ministri
Nota 1-3-2013 n. DFP/10395
Richiesta di parere sull'attuazione delle procedure di mobilità volontaria ai sensi dell'art. 30 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, UORCC.PA, Servizio per l'organizzazione degli uffici ed i fabbisogni del personale delle pubbliche amministrazioni, la programmazione delle assunzioni, il reclutamento, la mobilità e la valutazione.

Nota 1 marzo 2013, n. DFP/10395 (1).

Richiesta di parere sull'attuazione delle procedure di mobilità volontaria ai sensi dell'art. 30 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

(1) Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, UORCC.PA, Servizio per l'organizzazione degli uffici ed i fabbisogni del personale delle pubbliche amministrazioni, la programmazione delle assunzioni, il reclutamento, la mobilità e la valutazione.



All'
   

Università degli studi di Napoli - Federico II
     

Amministrazione centrale
     

Ripartizione personale contrattualizzato, trattamento pensionistico e affari speciali
     

Corso Umberto I
     

80138 - Napoli
   



Con lettera in data 23 gennaio 2013, n. 7893, codesto Ateneo ha richiesto l'espressione di un parere in merito all'esatta portata applicativa dell'art. 30 del D.Lgs. n. 165/2001 e, in particolare, sul disposto del comma 1. Nella nota si evidenziano perplessità rispetto ad un'ipotesi applicativa della suddetta norma - supportata, secondo alcuni orientamenti, dalle clausole contrattuali in materia (art. 19 del CCNL 27 gennaio 2005, poi trasfuso nell'art. 57 del CCNL 16 ottobre 2008) -, che condurrebbe a disconoscere le prerogative datoriali dell'amministrazione di appartenenza del dipendente interessato al trasferimento presso altra amministrazione. Secondo tale ipotesi applicativa, l'amministrazione di appartenenza nulla potrebbe opporre al trasferimento del dipendente una volta trascorso il quinquennio di permanenza nella sede di prima destinazione prescritto dall'art. 35, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 165/2001.

Preliminarmente si precisa che il richiamo alle fonti contrattuali, a sostegno di una tale interpretazione, non tiene conto del disposto dell'art. 40, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. n. 165/2001, come modificato dall'art. 54, comma 1, del D.Lgs. n. 150/2009, secondo cui "Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità e delle progressioni economiche, la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge". Ne deriva che la valenza di tali fonti contrattuali va ridimensionata in relazione alla disciplina che la legge detta in materia di mobilità.

In disparte il richiamo alle fonti contrattuali la cui rilevanza è sopra chiarita, l'altra motivazione su cui poggerebbe l'ipotesi applicativa descritta scaturirebbe dalle modifiche apportate al comma 1 dell'art. 30 del D.Lgs. n. 165/2001, dall'art. 49, comma 1, del D.Lgs. n. 150/2009, insistendo sull'ultimo periodo del medesimo comma, secondo cui "Il trasferimento è disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato sulla base della professionalità in possesso del dipendente in relazione al posto ricoperto o da ricoprire". La formula utilizzata dal legislatore ("è o sarà assegnato") verrebbe interpretata nel senso che il parere necessario al trasferimento debba essere richiesto soltanto al dirigente dell'amministrazione destinataria che andrà ad utilizzare il personale a seguito dell'assegnazione derivante dal trasferimento stesso.


Si espongono al riguardo le seguenti considerazioni.


Il D.Lgs. n. 150 del 2009 è stato adottato in attuazione della delega prevista dalla legge n. 15 del 2009 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

Tra i principi e criteri direttivi della delega di cui all'art. 6, comma 2, della legge citata, figurano l'affermazione della "piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di soggetto che esercita i poteri del datore di lavoro pubblico, nella gestione delle risorse umane", con "il riconoscimento in capo allo stesso della competenza" anche nell'ambito riferito all'utilizzo "dell'istituto della mobilità individuale di cui all'art. 30 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo criteri oggettivi finalizzati ad assicurare la trasparenza delle scelte operate", nonché all'individuazione "dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali dell'ufficio al quale è preposto".

La valorizzazione dell'autonomia e della responsabilità del dirigente nella gestione delle risorse umane si doveva così estendere anche all'ambito dell'istituto della mobilità volontaria individuale e nell'attuazione della delega ciò è avvenuto con la modifica ricordata dell'art. 30, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001.

In questo modo è stata inoltre formalizzata - seppur limitatamente all'istituto della mobilità volontaria individuale - quella che si era già consolidata come buona prassi amministrativa di richiedere preventivamente il parere dei dirigenti degli uffici interessati nelle varie ipotesi di diversa allocazione funzionale dei dipendenti assegnati.

A ciò si aggiungono le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 150 del 2009 agli artt. 6, 16 e 17 del D.Lgs. n. 165 del 2001 in merito alle competenze dirigenziali in tema di gestione ed individuazione delle risorse e dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell'ufficio cui sono preposti, anche al fine dell'elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale.

Prima di verificare se l'espressione richiesta del parere - favorevole o contrario - da parte dei "dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato" valga quale unica e definitiva manifestazione di assenso al trasferimento, si può già notare che l'interpretazione proposta, facendo leva sul rafforzamento della posizione del dirigente di una sola delle amministrazioni procedenti conduce all'opposta conclusione di degradare, fino a sopprimere, sulla base dell'asserita prevalenza della volontà del dirigente responsabile del servizio presso cui il dipendente sarà assegnato, le prerogative datoriali delle altre posizioni dirigenziali coinvolte nel procedimento.

Si tratta di conclusioni non condivisibili, sia per l'indiscussa finalità della riforma di rafforzare il potere datoriale del dirigente sia, e non in subordine, per le ulteriori ragioni che si vanno ad esporre.

Iniziando dalla mera interpretazione letterale, si nota che l'ipotesi applicativa che si contesta esalta la congiunzione disgiuntiva semplice "o", escludendone aprioristicamente la valenza cumulativa. Il testo va correttamente letto ricomprendendo le due locuzioni "é assegnato", "sarà assegnato". Una lettura diversa avrebbe l'effetto di elidere dal testo la locuzione "è assegnato", disattendendo, come adesso vedremo, il senso fatto palese dal "significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dall'intenzione del legislatore".

La norma, infatti, stabilisce che "il trasferimento è disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato..." ai quali non spetta, dunque, il potere di decidere il trasferimento, la cui titolarità va individuata alla stregua dell'assetto organizzativo vigente per l'amministrazione interessata (conformemente al precetto costituzionale dell'art. 97, comma 2: "Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari"), bensì solo di esprimere un parere, che assume rilievo, secondo l'intenzione del legislatore, qualora sia negativo e sia opposto al dipendente assegnato che intenda accedere alla mobilità esterna, ferma restando la valenza ermeneutica del ricorso a "criteri oggettivi finalizzati ad assicurare la trasparenza delle scelte operate", come richiesto dal precitato art. 6, comma 2, della legge n. 15 del 2009.

Ne consegue che per la definizione del trasferimento restano inalterate le potestà delle amministrazioni coinvolte per l'assorbente ragione che l'istituto della mobilità volontaria si compendia, in ogni caso, nella cessione del contratto di lavoro del dipendente, contratto che non fa capo ai singoli "dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici" e meno ancora al dirigente responsabile del servizio e dell'ufficio presso cui il dipendente sarà assegnato. Il contratto fa, invece, capo all'ente da cui il soggetto dipende e nei cui ruoli è inquadrato.

In conclusione, la lettura che a parere dello scrivente occorre dare al comma 1 dell'art. 30 del D.Lgs. n. 165 del 2001 è quella secondo cui il trasferimento per mobilità è disposto dal titolare dell'ufficio competente, secondo l'organizzazione definita dalla singola amministrazione, previo parere favorevole dei dirigenti responsabili del servizio e dell'ufficio cui il personale da trasferire è assegnato, nonché previo parere favorevole dei dirigenti responsabili del servizio e dell'ufficio cui il personale da trasferire sarà assegnato sulla base della professionalità in possesso del dipendente in relazione al posto ricoperto o da ricoprire.


In conclusione, come chiarito in base alle suesposte considerazioni dedicate all'esegesi della norma, la necessità dell'assenso da parte dell'amministrazione cedente è un presupposto imprescindibile.


Il Direttore dell'ufficio

Maria Barilà



D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 30
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 40
D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 49
D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 54
Acc. 27 gennaio 2005, art. 19
Acc. 16 ottobre 2008, art. 57

Nessun commento: