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giovedì 12 settembre 2013

TAR: "..concessione dell'equo indennizzo a causa della dipendenza da causa di servizio della seguente infermità: 1) "Gastroduedenite cronica pregressa ulcerosa"; 2) "Nota di artrosi cervicale"..."




T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, Sent., 15-07-2013, n. 3696
Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1383 del 1998, proposto da:
-
contro
Ministero di Grazia e Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliato in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento
del decreto del ministero di grazia e giustizia n.17187/5 del 15.7.1997 di rigetto dell'istanza di concessione di equo indennizzo, nonché di tutti gli atti preordinati, connessi e consequenziali, tra cui il parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie espresso nella seduta del 28.11.1996, prot. n. 283;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero di Grazia e Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2013 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo
Parte ricorrente, già collaboratriCe di cancelleria, chiedeva, in data 22.1.1994, la concessione dell'equo indennizzo a causa della dipendenza da causa di servizio della seguente infermità: 1) "Gastroduedenite cronica pregressa ulcerosa"; 2) "Nota di artrosi cervicale".
La Commissione Medica Ospedaliera di Caserta, Sezione distaccata CMO di Napoli, aveva dichiarato (verbale del 18.1.1996 n. 1428) la menomazione fisica conseguente a tali affezioni ascrivibile, per cumulo, alla settima categoria, misura max, della Tab. A, annessa al D.P.R. n. 834 del 1981.
Il Ministero di Grazia e Giustizia, con decreto n.17187/5 del 15.7.1997, rigettava l'istanza di concessione di equo indennizzo, in base al parere difforme del Comitato delle Pensioni Privilegiate Ordinarie n.283 del 28.11.1996, che giudicava le infermità non dipendenti da causa di servizio in quanto, "nel caso di specie, gli invocati eventi di servizio prestato con mansioni non dirigenziali in uffici giudiziari (specie dal 1983 in poi) di non rilevanti dimensioni, non si appalesano tali da poter essere considerati come fattori concausali, efficienti e determinanti, sull'insorgenza o quantomeno sul decorso delle infermità di cui trattasi", aggiungendo che comunque, ai soli fini di classifica, la prima" (Gastroduedenite cronica pregressa ulcerosa) sarebbe ascrivibile alla 7 categoria e la seconda (Nota di artrosi cervicale) alla Tab. B.
Parte ricorrente impugnava il suddetto decreto n.17187/5 del 15.7.1997, recante il diniego di concessione di equo indennizzo, nonché ogni atto o provvedimento preordinato, connesso o collegato e consequenziale, tra cui il parere negativo espresso dal Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie prot. n.283 del 28.11. 1996, chiedendone l'annullamento.
Formulava i seguenti motivi:
I) L'Amministrazione avrebbe rigettato l'istanza di equo indennizzo sulla base del Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie, andando in contrario avviso a quanto espresso nel parere dalla
Commissione Medica Ospedaliera di Caserta.
A fonte del parere della valutazione della dipendenza dell'infermità da causa di servizio da parte della C.M.O., l'Amministrazione non avrebbe potuto ritenere prevalente la valutazione contraria effettuata sul punto dal C.P.P.O.
II) La C.P.P.O., nel rendere il parere non avrebbe debitamente motivato le ragioni di contrario avviso rispetto al parere espresso dalla C.M.O..
III) Violazione delle norme sul procedimento di cui alla L. n. 241 del 1990 e, in particolare, mancata nomina del responsabile del procedimento, mancata comunicazione di avvio del procedimento, mancata indicazione dell'unità organizzativa e del responsabile del procedimento, difetto di istruttoria e impossibilità dell'interessato di esercitare i diritti e le facoltà di cui all'art.10 e carenza di motivazione.
Si costituiva in giudizio il Ministero della Difesa a mezzo dell'Avvocatura dello Stato.
La causa veniva discussa all'udienza pubblica del 26 giugno 2013 e trattenuta in decisione
Motivi della decisione
1) Il ricorso si palesa infondato.
2) Il Collegio ritiene utile richiamare i principi affermati dalla giurisprudenza prevalente in materia di equo indennizzo in base ai quali ritiene di poter decidere la controversia.
Si evidenzia in proposito come, in questa materia, il parere reso dal C.P.P.O., unico organo deputato ad emettere un giudizio sulla dipendenza da causa di servizio ai fini della corresponsione dell'equo indennizzo, non è vincolato dal precedente e diverso parere reso in seno alla C.M.O., la quale ha la competenza a pronunciarsi sulla sussistenza del nesso causale tra la patologia lamentata ed il servizio prestato nel solo procedimento volto al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio. Il principio introdotto dal legislatore è quello dell'autonomia dei due giudizi (T.A.R. Puglia Lecce Sez. II Sent., 4/06/2009, n. 1363).
La dipendenza o meno della causa di servizio di infermità contratte può essere riesaminata in sede di liquidazione dell'equo indennizzo, anche quando il relativo accertamento sia stato effettuato dalla C.M.O. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 dicembre 1997, n. 1388), tale difforme giudizio è possibile anche con riferimento all'ascrivibilità dell'infermità a categoria, ben potendo il Comitato effettuare un'autonoma valutazione in tal senso rispetto a quella già operata in seno alla C.M.O. (cfr. TAR Cagliari, Sez. II, 8 luglio 2005, n. 1634; T.A.R. Puglia Lecce Sez. II Sent., 04/06/2009, n. 1363).
In particolare, per quanto riguarda la concessione dell'equo indennizzo, l'individuazione delle categorie di menomazioni, alle quali vanno ascritte le diverse forme invalidanti riconosciute dipendenti da infermità contratta per causa di servizio, rientra nella specifica ed esclusiva competenza del C.P.P.O. il quale gode di ampissima discrezionalità tecnica nello svolgimento di tale funzione e può, pertanto, non solo motivatamente disattendere l'avviso espresso dalla C.M.O., ma anche assegnare una determinata patologia ad una categoria di menomazioni diversa e inferiore a quella nella quale essa risulta menzionata in tabella, ove il quadro clinico generale giustifichi tale conclusione (T.A.R. Bari Puglia, sez. I, 14 maggio 2003, n. 1927).
Il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie esprime un giudizio conclusivo, che rappresenta il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, quale la Commissione medica ospedaliera, e costituisce un parere di carattere più articolato e complesso, sia per la sua composizione, nella quale sono presenti sia professionalità mediche che giuridiche ed amministrative, sia per la più completa istruttoria esperita, non limitata soltanto agli aspetti medico-legali (T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I Sent., 02/07/2009, n. 703; T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I Sent., 25/08/2009, n. 936).
In tal senso in materia di equo indennizzo, l'ordinamento non mette a disposizione dell'Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza, sui quali orientarsi, ma affida al Comitato il compito di esprimere un giudizio conclusivo (Cons. Stato Sez. IV Sent., 24/05/2007, n. 2773; Cons. Stato Sez. IV Sent., 12/05/2008, n. 2198; T.A.R. Puglia Lecce Sez. II Sent., 26/11/2008, n. 3523; T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter Sent., 19/11/2008, n. 10412; T.A.R. Lazio Roma Sez. I Sent., 08/05/2009, n. 5012)
Pertanto, in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, il parere del Comitato s'impone all'Amministrazione, la quale è tenuta solo a verificare se tale organo, nell'esprimere le proprie valutazioni, abbia tenuto conto delle considerazioni svolte dagli altri organi e, in caso di disaccordo, se le abbia confutate, con la conseguenza che un obbligo di motivazione è ipotizzabile solo per l'ipotesi in cui la P.A., per gli elementi di cui dispone e che non sono stati vagliati dal Comitato, ritenga di non poter aderire al suo parere, che è obbligatorio ma non vincolante (T.A.R. Lazio Roma Sez. I Sent., 08/05/2009, n. 5012; T.A.R. Lazio Roma Sent., 07/12/2007, n. 12732; T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis Sent., 13/05/2008, n. 3962).
Anzi proprio in forza del carattere di momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti rivestito dal parere del C.P.P.O., all'Amministrazione non è tenuta a specificare in sede motivazionale le ragioni della preferenza accordata a tale parere, sempre che lo stesso abbia espresso un giudizio congruo sul versante istruttorio e motivazionale (Cons. Stato Sez. VI Sent., 09/09/2008, n. 4297).
Infine le valutazioni formulate dal C.P.P.O. risultano essere di ordine squisitamente tecnico e, proprio in quanto tali, sfuggono al sindacato del giudice della legittimità se non nei limiti dell'eccesso di potere solo in caso di assenza di motivazione, illogicità o manifesta irragionevolezza sulla valutazione dei fatti.
Legittimamente dunque l'Amministrazione può motivare il diniego rinviando per relationem al parere negativo espresso dal C.P.P.O., con la conseguenza che è con riferimento a detto parere che occorre verificare la sufficienza della motivazione (T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, 20-12-2011, n. 9885).
3) Nello specifico, quindi, l'Amministrazione ben ha operato dando preminenza al parere espresso dalla C.P.P.O. e non era tenuta a motivare la scelta di tale.
Non può dirsi, inoltre, che il parere della C.P.P.O. fosse affetto da carenza di motivazione in quanto ha dato specificamente conto delle ragioni per cui non ha riconosciuto la causa di servizio anche dando atto di aver considerato il parere della C.M.O., né la motivazione espressa nel parere della C.P.P.O. appare affetta da profili di illogicità o manifesta irragionevolezza.
In particolare, il C.P.P.O. ha escluso la dipendenza perché "nel caso di specie, gli invocati eventi di servizio prestato con mansioni non dirigenziali in uffici giudiziari (specie dal 1983 in poi) di non rilevanti dimensioni, non si appalesano tali da poter essere considerati come fattori concausali, efficienti e determinanti, sull'insorgenza o quantomeno sul decorso delle infermità di cui trattasi" aggiungendo che ,
Si tratta, con tutta evidenza, di una motivazione che spiega in modo esaustivo le ragioni della determinazione adottata e che comunque, come indicato, costituendo espressione di discrezionalità tecnica, è sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo dell'assoluta carenza istruttoria o della palese irragionevolezza, situazioni che nel caso in esame non ricorrono affatto (T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, 20-12-2011, n. 9885; Cons. Stato, IV Sez., 13 gennaio 2010 n. 35).
4) Infine il Collegio evidenza come, per consolidata giurisprudenza, nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto i fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (Cons. Stato, 11 maggio 2007, n. 2274; T.A.R. Lazio, sez. I, 23 giugno 2003 n. 5513 e 3 aprile 2008, n. 2828; Tribunale di Rimini, 2 ottobre 2004; TAR Toscana, 17 dicembre 2001, n. 1986; Corte dei Conti Sardegna, sez. giurisdizionale, 9 febbraio 1995, n. 63).
In proposito parte ricorrente non ha allegato e documentato specifici fatti di servizio, particolarmente gravosi per intensità e durata - tali da andare al di là delle inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa - e in grado pertanto di assurgere a concausa efficiente e determinante della patologia accertata e diagnosticata.
5) Sulla base di quanto indicato sono quindi da rigettare il primo e il secondo motivo di ricorso, nonché il terzo motivo di ricorso nella parte in cui lamenta la carenza di motivazione.
6) Nel terzo motivo di ricorso parte ricorrente ha altresì lamentato la violazione delle norme sul procedimento di cui alla L. n. 241 del 1990 e, in particolare, la mancata nomina del responsabile del procedimento, nonchè l'omessa comunicazione di avvio del procedimento con dell'indicazione dell'unità organizzativa e del responsabile del procedimento e la conseguente impossibilità dell'interessato di esercitare i diritti e le facoltà di cui all'art.10 della L. n. 241 del 1990 con relativo difetto di istruttoria.
Le censure sono infondate.
Quanto all'asserita mancata nomina del responsabile del procedimento, tale circostanza è stata contestata nella memoria difensiva dell'Amministrazione che però non ha indicato il nominativo del responsabile nominato, né ha depositato alcuna documentazione in merito.
In ogni caso, la mancata nomina del responsabile del procedimento amministrativo non determina un vuoto procedimentale o l'illegittimità del provvedimento conclusivo, applicandosi in tale ipotesi la norma suppletiva detta dall'art. 5 della L. n. 241 del 1990, secondo la quale il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all'unità la responsabilità dell'istruttoria relativa al singolo procedimento e, fino a quando non sia effettuata tale assegnazione, egli è considerato responsabile del procedimento (T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, 26-02-2011, n. 216; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 14-12-2009, n. 5329; T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis Sent., 16-05-2007, n. 4563).
Quanto all'omessa comunicazione di avvio del procedimento e la conseguente omessa indicazione dell'unità organizzativa e del responsabile del procedimento, è sufficiente richiamare quella giurisprudenza, condivisa dal Collegio, secondo la quale la comunicazione di avvio del procedimento non è dovuta in riferimento ai procedimenti iniziati ad istanza di parte, essendo in questi casi la parte edotta della pendenza del procedimento ed essendo pertanto assicurata la sua partecipazione procedimentale (in riferimento al provvedimento di diniego di condono Consiglio di Stato sez. IV, 06 luglio 2012, n. 3969).
Nello specifico la giurisprudenza, anche di questo T.A.R., si è espressa sulla non necessarietà della comunicazione di avvio del procedimento nei casi di richieste di riconoscimento di equo indennizzo (cfr. T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 18-04-2013, n. 2057; T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 18-04-2013, n. 2086; Cons. Stato, sez. IV, 27-6-2008, n. 3259; T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 14-01-2008, n. 176).
7) Per le ragioni indicate il ricorso va rigettato.
In considerazione della natura e della risalenza della controversia sussistono eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Domenico Nappi, Presidente
Guglielmo Passarelli Di Napoli, Consigliere
Fabrizio D'Alessandri, Primo Referendario, Estensore

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