C. Conti (Lpd) Sez. giurisdiz., Sent., 28-02-2014, n. 207
Fatto Diritto P.Q.(Lpd)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA (Lpd)
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Eugenio Francesco SCHLITZER - Presidente
Dott. Vittorio RAELI - Consigliere
Dott. Pasquale DADDABBO - Consigliere relatore
nella camera di consiglio del 15 gennaio 2014, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 31765 del registro di Segreteria, promosso dalla Procura regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la (Lpd) nei confronti di:
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Visto l'atto di citazione del 10 settembre 2013, depositato il giorno successivo presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale.
Esaminati gli atti e i documenti di causa.
Uditi, nella pubblica udienza del 15 gennaio 2014, con l'assistenza del segretario, dott.ssa Concetta Montagna, il relatore, consigliere Pasquale Daddabbo, il P.(Lpd) nella persona del V.P.G., dott. Antonio Trocino e l'avv. Nicola (Lpd) per i convenuti.
Svolgimento del processo
La Procura regionale, con atto di citazione depositato l'11.9.2013, ritualmente notificato il 2.10.2013, ha convenuto innanzi a questa Sezione giurisdizionale i sig.ri - per sentirli condannare solidalmente al pagamento, in favore dell'Erario, della somma di Euro. 3.200,00 o diverso importo da determinarsi dal collegio, oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio.
L'attore pubblico ha allegato che in data 12 dicembre 2011 il Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di (Lpd) dei Carabinieri aveva inoltrato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di (Lpd) una comunicazione di notizia di reato a carico dei due odierni convenuti per ipotesi di reati di concussione, omissione di atti di ufficio e falso. Gli stessi, in qualità di agenti della Polizia Stradale, il 7 dicembre 2011 avevano costretto un automobilista che transitava sulla statale (Lpd) in direzione (Lpd) a consegnare loro la somma in contanti di Euro. 250 ed avevano omesso di redigere il verbale di contestazione a carico del trasgressore dei limiti di velocità; il solo (Lpd) aveva, anche, falsificato il foglio di servizio facendo risultare che essi avevano svolto, nel predetto giorno, compiti di polizia stradale dalle 11 alle 12, avendo in realtà effettuato dalle 11,27 alle 12,05 una sosta presso un istituto bancario sito in località (Lpd).
Ha allegato la Procura Regionale che a seguito della richiesta di patteggiamento ai sensi dell'art. 444 c.p.p., il GIP presso il Tribunale di (Lpd) aveva emesso la sentenza n. 58 del 26.1.2012, diventa poi irrevocabile, con cui era stata applicata, nei confronti del (Lpd), la pena di anni 2 di reclusione e nei confronti del (Lpd) la pena di anni uno e mesi dieci di reclusione.
Ha annotato ancora il requirente contabile che di fronte alla gravità dei fatti, il dirigente del Compartimento della P.S. di (Lpd), con provvedimenti del 21.12.2011 aveva sospeso dal servizio i due poliziotti e che successivamente il Ministero dell'Interno, con Provv. del 26 luglio 2012, aveva disposto la loro destituzione.
La Procura regionale ha dedotto che la condotta dolosa dei convenuti ha causato sia un danno da disservizio che un danno all'immagine dell'amministrazione pubblica. La sentenza emessa a seguito di patteggiamento, pur non avendo efficacia di giudicato, costituisce comunque un importante strumento probatorio, utilizzabile anche nel giudizio di responsabilità amministrativa specie ove, come nella specie, l' autore del contestato reato non spieghi le ragioni per cui avrebbe ammesso una responsabilità penale o non offra specifiche prove contrarie alla sua responsabilità.
Il danno da disservizio scaturito dalla condotta illecita dei convenuti consisterebbe, ad avviso del requirente contabile, nello sviamento o distorsione della funzione pubblica esercitata per fini egoistici illeciti, contrastati con i doveri di servizio. Considerata la minore e non corretta resa della prestazione di servizio, ma anche la non agevole valutazione monetaria del danno da disservizio - atteso che esso riguarda non solo la non giustificata retribuzione percepita dai soggetti, ma anche tutti i tipi di spese generali di gestione dello specifico servizio nel momento storico dato - la Procura regionale, ritenendo che dal giorno di commissione dei reati (7.12.2011) a quello di sospensione cautelare dal servizio (20.11.2011) i convenuti non fossero più stati nel pieno delle loro funzioni, ha individuato equitativamente tale danno nell' ammontare di Euro. 600,00 ciascuno, corrispondente agli emolumenti corrisposti ad ognuno di essi in quel periodo.
La Procura regionale deducendo, poi, che nel caso di specie la condotta del (Lpd) e del (Lpd), accertata con sentenza di patteggiamento della pena passata in giudicato, abbia determinato, sul piano dell'immagine dell'amministrazione locale (Lpd)na, conseguenze dannose, ha contestato ai convenuti la relativa responsabilità. Circa la quantificazione di questa seconda posta di danno il requirente contabile ha richiamato i criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte dei Conti in ordine alla valutazione equitativa (importanza dell'attività istituzionale, comportamenti reiterati nel tempo e gravemente deviati, negativo riflesso sulla collettività interessata, clamor fori, spese necessarie per il ripristino) ed ha evidenziato che nella specie i fatti hanno avuto una vasta risonanza nell'ambito della Regione o comunque della Provincia di (Lpd) sia sul piano giornalistico che su quello giudiziario trattandosi di fatti particolarmente gravi e riprovevoli come emerge anche dal contenuto dei provvedimenti di destituzione dal servizio.
Particolarmente grave e disdicevole è per agenti di PS, la cui funzione precipua è quella di far rispettare la legge da parte di consociati e di accertarne le violazioni, la commissione di odiose sopraffazioni nei confronti dei cittadini, approfittando della particolare posizione di status. Alla luce delle considerazioni sopra riassunte la Procura regionale ha contestato ai convenuti il danno all'immagine quantificato equitativamente nell'importo di Euro. 2.000,00 o in subordine, ai sensi dell'art. 1, comma 62 della L. 6 novembre 2012, n. 190, nella somma di Euro. 500,00 pari al doppio della somma di denaro illecitamente percepita.
I convenuti, patrocinati dall'avv. .., si sono costituiti in giudizio con memoria depositata in data 18.12.2013.
Il difensore si è soffermato sul rapporto tra processo penale e procedimento disciplinare e richiamando la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui, ai fini dell'accertamento della responsabilità disciplinare, l'amministrazione deve procedere ad un'autonoma e completa valutazione della fattispecie senza poter porre a fondamento del provvedimento da emanare le risultanze scaturenti dal giudizio penale, stante la diversità dell'interesse tutelato nelle differenti sedi, ha contestato la deliberazione di destituzione adottata a carico dei suoi assistiti.
Ha ancora dedotto che le particolari connotazioni di sommarietà del procedimento penale che si conclude con la sentenza di patteggiamento, in assenza dell'accertamento pieno della fondatezza dell'accusa penale, rendono indispensabile un'autonoma e compiuta valutazione della fattispecie da parte del giudice contabile.
In proposito il legale di parte ha evidenziato che i convenuti hanno sempre sostenuto che fu l'automobilista, tale (Lpd), ad offrire loro il pagamento di Euro. 300 al fine di evitare la multa e la sottrazione di punti sulla patente e che a fronte del loro rifiuto, questi aveva insistito con la consegna di Euro. 125 ciascuno; a riprova di ciò ha altresì evidenziato che l'apparecchiatura "Autovelox" installata a bordo della macchina di servizio non era ancora funzionante, come emerge da una nota del 28.11.2011 del Compartimento Polizia Stradale per la (Lpd)-Sezione di (Lpd), e pertanto non vi era la materiale possibilità di contestare alcuna violazione allo S. - persona a cui carico erano state già rilevate numerose infrazioni al codice della strada con ritiro della patente in data 31.10.2002 e che risultava aver subito una denuncia per diffamazione - il quale, invero, avrebbe agito nella maniera descritta nel presumibile intento vendicativo nei confronti della Polizia stradale.
Dopo aver lungamente disquisito in ordine alla dedotta illegittimità del provvedimento di destituzione basato sull'altrettanto contestata relazione del Comandante della Legione Carabinieri, datata 12.12.2011, in cui si riferiva che i convenuti erano stabilmente dediti ad atti di sopraffazione nei confronti degli automobilisti, circostanza anche questa recisamente contestata, l'avv. (Lpd) ha pure negato la sussistenza del danno da disservizio deducendo che questo potrebbe riguardare, a tutto concedere, alcune ore del solo giorno 7 dicembre 2011 posto che nei giorni successivi, fino alla sospensione del servizio, i suoi assistiti sono rimasti nel pieno esercizio delle loro funzioni.
In relaziona al contestato danno all'immagine, i convenuti, nel sostenere che il limite che contraddistingue la giurisdizione contabile nella specifica materia è la patrimonialità e la lesione dell'integrità dell'erario, hanno dedotto che le scarne notizie di stampa locale sull'episodio, riportate in forma dubitativa, non hanno riguardato una sentenza di condanna bensì una fase preliminare e che non vie era stato alcun pubblico dibattimento e nessuna successiva diffusione giornalistica della sentenza di patteggiamento. Inoltre i convenuti hanno dedotto che, in ogni caso, ai fini della valutazione equitativa del danno all'immagine, ove ritenuto sussistente, non poteva non tenersi conto del concorso del danneggiato al fine dell'applicazione dell'attenuante prevista dall'art. 1227 c.c..
In conclusione i convenuti hanno chiesto di disattendere la domanda risarcitoria avanzata dalla Procura regionale ed in subordine di far uso del potere riduttivo per la presenza dei principali elementi sintomatici, quali i precedenti positivi di carriera, la incensuratezza, la lodevole condotta tenuta dopo il fatto e le condizioni economiche veramente precarie.
All'udienza del 15.1.2014 il Pubblico Ministero, nel riportarsi alle argomentazioni dell'atto scritto, ha confermato la richiesta di condanna. L'avv. Nicola (Lpd) ha ripercorso le deduzioni difensive della memoria agli atti ed ha insistito per le conclusioni ivi rassegnate.
La causa, al termine della discussione è stata, quindi, trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1. Il presente giudizio ha per oggetto la domanda risarcitoria, promossa dalla Procura regionale nei confronti dei convenuti, -, per avere questi, in qualità di agenti della Polizia Stradale di (Lpd), recato all'amministrazione di appartenenza sia un danno da disservizio che un danno all'immagine in dipendenza di condotte penalmente illecite, consumate il giorno 7 dicembre 2011.
Non essendo state sollevate questioni preliminari, il Collegio può senz'altro delibare il merito della domanda attorea iniziando dall'esame della condotta dei convenuti, la cui autonoma valutazione si impone, nell'ambito del presente giudizio, in quanto la sentenza di applicazione della pena, ai sensi del'art. 444 c.p.p., pur divenuta irrevocabile, non assume l'efficacia piena del giudicato di condanna nell'ambito del presente giudizio.
Infatti, ai sensi dell'art. 651 c.p.p., solo la sentenza penale irrevocabile di condanna, pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel presente giudizio quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso.
Ciò nonostante, la sentenza di patteggiamento, nel rispetto del principio di separazione dei giudizi, assume rilievo, così come rilievo assume l'intero materiale probatorio acquisito in sede penale, ai fini della formazione del libero convincimento del giudice e costituisce oggetto del suo prudente apprezzamento (art. 1(Lpd) c.p.c.). Essa costituisce a pieno titolo fonte di prova liberamente apprezzabile e verificabile in sede di giudizio di responsabilità amministrativo-contabile, unitamente alle altre risultanze istruttorie ed anche eventualmente alle fonti di prova contraria, e tutte concorrono alla formazione della decisione, nel rispetto del principio di acquisizione vigente nel nostro ordinamento processuale.
Ma se, alla luce dell'esclusione normativa di cui all'art. 445, comma 1-bis c.p.p. in ordine all'efficacia in altri giudizi, il giudice è tenuto a considerare e valutare anche fatti e prospettazioni diverse rispetto a quelle poste a base dell'applicazione della pena su richiesta, non v'è dubbio che la sentenza penale di patteggiamento assume, per così dire, un particolare rilievo sul piano probatorio, tant'è che sussisterebbe motivazione carente qualora, nel disattenderla, non si fornisse adeguata motivazione. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, infatti, con sentenza 31 luglio 2006 n. 17289 e successive analoghe pronunce fino alla più recente n. 21591 del 20 settembre 2013, hanno testualmente affermato: "È del resto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la sentenza penale emessa a seguito di patteggiamento ai sensi dell'art. 444 c.p.p., costituisce un importante elemento di prova nel processo civile (la richiesta di patteggiamento dell'imputato implica pur sempre il riconoscimento del fatto-reato); il Giudice, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua responsabilità non sussistente e il Giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione (cfr. le sentenze di questa Corte n. 2213 del 1 febbraio 2006 e n. 19251 30 settembre 2005). Infatti, la sentenza di applicazione di pena patteggiata "pur non potendosi tecnicamente configurare come sentenza di condanna, anche se è a questa equiparabile a determinati fini", presuppone "pur sempre un'ammissione di colpevolezza che esonera la controparte dall'onere della prova" (Cass. 5 maggio 2005, n. 9358)". Nel medesimo senso è la Giurisprudenza di questa Corte dei conti (cfr. Sezione Prima Giurisdizionale Centrale 12 luglio 2011, n. 3(Lpd) Sezione terza Centrale 12.11.2011 n. 850).
Così chiarita la portata dell'efficacia della sentenza penale di patteggiamento nel giudizio di responsabilità amministrativo-contabile, il Collegio rileva che i reati di concussione ed omissione di atti di ufficio, contestati, in sede penale, a entrambi i convenuti e quello di falso contestato al solo (Lpd), oggetto della sentenza del Tribunale penale di (Lpd), risultano ampiamente confermati dagli elementi di prova offerti dal Procuratore regionale ed emersi in sede di procedimento penale.
La ricostruzione dei fatti effettuata dalla Compagnia di (Lpd) della Legione Carabinieri (Lpd), compendiata nella comunicazione di notizia di reato del 12 dicembre 2011 poggia sulla deposizione effettuata dal soggetto leso, sig. (Lpd), la cui piena attendibilità è emersa a seguito dei riscontri effettuati dai Carabinieri presso l'istituto bancario della località (Lpd) - ove i convenuti avevano indirizzato il predetto conducente dell'autovettura al fine di consentirgli di prelevare il denaro contante ad essi destinato - sia mediante la visione delle immagini estrapolate dalle registrazioni dell'impianto di videosorveglianza sia a seguito dell'escussione del direttore della filiale stessa.
Peraltro, dal contenuto della sentenza penale emerge che i convenuti, in data 22.12.2011, in sede di interrogatorio di garanzia davanti al GIP, hanno reso piena confessione dei crimini commessi.
Alcuna rilevanza assume, quindi, la deduzione difensiva, avanzata in questa sede dal difensore dei convenuti, secondo cui sarebbe stato l'automobilista ad offrire del denaro per evitare la multa per eccesso di velocità e che la concussione non sarebbe configurabile in quanto l'Autovelox montato a bordo dell'autovettura di servizio non era ancora funzionante.
La pretestuosità di un tale assunto difensivo appare del tutto evidente ove si osservi che il mancato funzionamento dell'apparecchio di misurazione della velocità di certo costituiva una situazione propizia per la consumazione del reati di concussione ed omissione di atti di ufficio posto che, in caso di corretto funzionamento, l'occultamento delle prove dei reati in questione avrebbe reso necessaria una successiva e non certo agevole manipolazione di tale strumentazione.
Anche in merito alla consumazione del reato di falso, concernente il foglio di servizio, non vi può essere dubbio alcuno atteso che i convenuti nella fascia temporale 11 - 12 del 7 dicembre 2011 non potevano di certo aver svolto compiti di polizia stradale tra Torre Canne e Fasano, come annotato dal (Lpd) nel citato documento, essendo stata accertata la loro presenza in (Lpd) mediante la registrazione delle menzionate telecamere del sistema di video sorveglianza dell'istituto bancario.
In definitiva l'ammissione di colpevolezza scaturente dalla sentenza di patteggiamento, le risultanze probatorie emerse in sede penale e l'inattendibilità delle deduzioni difensive offerte in questa sede, corroborano il convincimento del Collegio circa la effettiva commissione delle condotte penalmente illecite ascritte ai convenuti.
Ciò posto, sussistono nella specie gli elementi caratterizzanti sia del danno da disservizio che di quello all'immagine.
2.In relazione al primo deve osservarsi che tale figura di danno non può che inquadrarsi nell'ambito di un servizio pubblico che l'amministrazione è tenuta a fornire alla collettività e che nello specifico è costituito da quello avente ad oggetto la prevenzione di infrazioni al codice della strada e di tutela dell'ordine pubblico.
Tale ipotesi di danno si configura tutte le volte che il comportamento illecito di un soggetto pregiudica l'utilità del servizio cui le sue prestazioni sono finalizzate o comunque produce effetti distorsivi sullo svolgimento del servizio pubblico stesso e della connessa attività amministrativa, in modo da pregiudicare il principio del buon andamento ed il raggiungimento delle finalità previste in rapporto alle risorse impiegate. Il disservizio, pertanto, deve tradursi in un costo negativo di gestione, in termini di qualità, di economicità ed efficienza, economicamente valutabile, o in un dispendio di risorse umane o di mezzi strumentali.
Nella specie si è trattato di illeciti comportamenti che hanno causato un sicuro disservizio, sub specie di mancato raggiungimento delle finalità dello stesso, poiché in quella mattina del 7 dicembre 2011, in cui i convenuti erano stati comandati per il servizio di pattuglia con compiti di polizia stradale, questi, invece di svolgere regolarmente il servizio affidato, hanno omesso di contestare il superamento dei limiti di velocità e preteso, per contro, dall'automobilista trasgressore un'illecita dazione de denaro.
Il danno deve essere quantificato in relazione al trattamento retributivo della sola giornata in cui sono stati consumati gli illeciti penali non risultando provato, da parte del requirente contabile, l'assunto secondo cui i convenuti non solo il giorno 7 dicembre 2011 ma anche in quelli successivi, fino alla loro sospensione dal servizio (20 dicembre 2011), avrebbero omesso di svolgere pienamente le loro funzioni.
In riferimento al suddetto criterio e tenuto conto delle voci di spesa evidenziate dall'Ufficio amministrativo contabile della Questura di (Lpd) (cfr. nota prot. 448/U.A.C./2013 del 28.3.2013), il danno d disservizio va quantificato nell'ammontare complessivo di Euro. 200,00.
3. Per ciò che concerne il danno all'immagine è soltanto il caso di premettere, in via generale ed in aggiunta a quanto prima detto circa la rilevanza della pronuncia penale nell'ambito del giudizio di responsabilità di cognizione della Corte dei Conti, che l'art. 17, comma 30 ter del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 conv. con modif. in L. 3 agosto 2009, n. 102, come modif. dal D.L. n. 103 del 2009 conv. in L. 3 ottobre 2009, n. 141, ha stabilito che "... Le procure della Corte dei conti esercitano l'azione per il risarcimento del danno all'immagine nei soli casi e nei modi previsti dall'articolo 7 della L. 27 marzo 2001, n. 97. ..." e che tale ultima disposizione prevede, a sua volta, che "La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti ... per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova entro trenta giorni l'eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato".
Rileva il Collegio che nella norma di legge da ultimo citata si fa riferimento alla mera sentenza irrevocabile di condanna senza specificare, come avviene nell'art. 651 c.p.p., che deve trattarsi di sentenza emessa a seguito di dibattimento.
Reputa, quindi, il Collegio che il passaggio in giudicato della sentenza n. 58/12 del 26.1.2012 del GIP presso il Tribunale penale di (Lpd), di applicazione della pena a carico dei convenuti, ai sensi dell'art. 444 c.p.p., consenta al Procuratore regionale di contestare validamente anche tale posta di danno.
La sentenza di patteggiamento, invero, pur non avendo, come si è detto, forza di giudicato a norma degli artt. 651 e 652 c.p.p., comunque, "è equiparata ad una pronuncia di condanna" (art. 445, 1bis) per determinate finalità e per la produzione di ben precisi effetti, avendo il giudice penale accertato la commissione di un fatto reato a carico dell'imputato sulla cui qualificazione giuridica il P.(Lpd) e le parti hanno previamente concordato, sulla base della verifica della insussistenza delle condizioni legittimanti il proscioglimento dell'imputato, dell'accertamento che la qualificazione giuridica del fatto reato è corretta e della valutazione della congruità della pena rispetto alla gravità dell'offesa.
Ad avviso del Collegio, l'equiparazione tra la sentenza definitiva di patteggiamento e quella di condanna, deve essere riconosciuta anche ai fini della possibilità per il Procuratore regionale di chiedere il risarcimento del danno all'immagine essendo del tutto illogica un'interpretazione che consenta al responsabile dell'illecito, attraverso la scelta del patteggiamento, non solo di ottenere i relativi benefici in sede penale, ma anche di conseguire l'ulteriore inammissibile vantaggio di sottrarsi all'azione di responsabilità per il risarcimento di tale figura di danno.
Fermo quanto appena detto in ordine alla proponibilità della domanda di risarcimento del danno all'immagine, occorre osservare che questo è una figura di danno enucleata dalla giurisprudenza contabile per dare tutela alla lesione della credibilità e del prestigio dell'amministrazione quando condotte illecite del pubblico dipendente incrinano la rappresentazione, appunto, dell'immagine di questa come univocamente ispirata a criteri di buon andamento e corretta amministrazione delle risorse pubbliche di cui all'art. 97 della Costituzione (cfr. sent. C. Cost. 355/2010).
Le Sezioni Riunite della Corte dei Conti (sent. n. 10/QM/2003) hanno da tempo chiarito che "La violazione di questo diritto all'immagine, intesa come diritto al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come persona giuridica pubblica, è economicamente valutabile. Essa infatti si risolve in un onere finanziario che si ripercuote sull'intera collettività, dando luogo ad una carente utilizzazione delle risorse pubbliche ed a costi aggiuntivi per correggere gli effetti distorsivi che sull'organizzazione della pubblica amministrazione si riflettono in termini di minor credibilità e prestigio e di diminuzione di potenzialità operativa".
Questa stessa Sezione ha già avuto modo di affermare che "la commissione, da parte del pubblico dipendente, di un reato contro la pubblica amministrazione costituisce un evento che, oltre ad offendere l'interesse di volta in volta tutelato dalla norma penale, può comportare anche un offesa alla credibilità ed all'immagine della pubblica amministrazione di appartenenza, valori questi costituzionalmente protetti" ed ancora che "la prova del danno all'immagine dell'amministrazione non coincide con la lesione dello stesso interesse costituzionalmente protetto bensì nelle conseguenze in termini di credibilità, efficienza, efficacia, buona organizzazione e trasparenza che possono avere ampiezza e consistenza diversa, in termini di intensità e protrazione nel tempo" (cfr. sent. n. 661/2008).
Da ultimo le Sezioni Riunite di questa Corte, con sentenza 18 gennaio 2011 n. 1/QM, hanno precisato che "... la stessa giurisprudenza della Corte di cassazione richiamata nell'ordinanza, ed in particolare Cass. Civ., sez. III, 4.6.2007, n. 12929, evidenzia che il 'danno non patrimoniale', inteso come 'danno c.d. conseguenza', è costituito ... dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell'ente ... sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori di categorie di essi con le quali la persona giuridica o l'ente di norma interagisca, e non "dalle spese necessarie al ripristino". In altre parole il danno all'immagine della Pubblica amministrazione, anche se qualificato "conseguenza", coincide non già con il fatto lesivo..., ma con la lesione (perdita di prestigio), che costituisce una "conseguenza" (art. 1223 c.c.) del fatto lesivo, sicché ... la soluzione ipotizzata nell'ordinanza di remissione, per la quale non vi sarebbe danno all'immagine "in assenza di spese di ripristino", appare contrastare con la stessa ricostruzione del danno in termini di "danno conseguenza" espressa nell'ordinanza medesima, con il richiamo alla giurisprudenza della Corte di cassazione.
In definitiva, sulla scorta dei principi affermati nella sentenza della Terza Sezione centrale d'appello n. 143/2009 anche alla luce della giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione intervenuta dopo la sentenza di queste Sezioni riunite n. 10/QM/2003 (cfr. SS.UU. Cassazione n. 26972 e n. 26975 dell'11 novembre 2008), e dei conformi orientamenti delle altre sezioni di appello sopra richiamate, deve ritenersi che il danno all'immagine della Pubblica amministrazione ("non patrimoniale"), anche se inteso come "danno c.d. conseguenza", è costituito "dalla lesione" all'immagine dell'ente, "conseguente" ai fatti lesivi produttivi della lesione stessa (compimento di reati o altri specifici casi), da non confondersi con "le spese necessarie al ripristino", che costituiscono solo uno dei possibili parametri della quantificazione equitativa del risarcimento".
Alla luce delle precedenti considerazioni deve rilevarsi che nella specie, indipendentemente dal clamor fori, la notizia della condotta concussiva degli agenti di polizia stradali, odierni convenuti, ha avuto ampia diffusione almeno sui quotidiani locali, come adeguatamente comprovato dal requirente contabile; tale situazione non ha potuto che incrinare, sia nell'opinione dei cittadini che nei confronti degli appartenenti alla stessa istituzione pubblica, la rappresentazione dell'immagine di questa come univocamente ispirata a criteri di buon andamento e corretta amministrazione delle risorse pubbliche di cui all'art. 97 della Costituzione, recando un sicuro pregiudizio al prestigio ed alla credibilità circa il corretto funzionamento degli organi di polizia della pubblica amministrazione. Il vulnus all'immagine dell'amministrazione di appartenenza risalta maggiormente ove si consideri le funzioni a tutela dell'ordine pubblico, affidate ai convenuti, che avrebbero dovuto comportare un ruolo attivo di costoro nell'impedire il perpetuarsi di condotte illecite e non nel porle in essere essi stessi.
Sussistono, pertanto, nella specie i presupposti della responsabilità per danno all'immagine.
Il requirente contabile ha quantificato equitativamente tale danno nell'importo di Euro. 2.000,00, ovvero, in subordine, in applicazione dell'art. 1, comma 1 sexies della L. 14 gennaio 1994, n. 20, aggiunto dall'art. 1, comma 62, della L. 6 novembre 2012, n. 190, nell'importo di Euro. 500,00, pari al doppio della somma di denaro illecitamente percepita dai convenuti.
La citata disposizione prevede che "nel giudizio di responsabilità, l'entità del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente".
Reputa il Collegio che, in disparte la questione circa la natura sostanziale o processuale della citata novella legislativa e la conseguente applicabilità nel caso di specie, la quantificazione del danno all'immagine nell'importo di Euro. 2.000,00, proposta in prima battuta dalla Procura regionale, sia eccessiva tenuto conto che i fatti penali che hanno determinato il danno in questione, pur essendo di notevole gravità, sono stati consumati in un limitatissimo periodo di tempo.
Reputa, pertanto, il Collegio che tale danno vada quantificato, in via equitativa, nella misura complessiva di Euro. 500,00.
Riepilogando i convenuti devono rispondere del danno da disservizio per Euro. 200,00 e del danno all'immagine per Euro. 500,00 per un totale di Euro. 700,00.
Trattandosi di danni derivanti da condotte dolose i convenuti vanno condannati al risarcimento in via solidale.
Il suddetto danno complessivo deve essere rivalutato, secondo quanto disposto dall'art. 150 disp. att. c.p.c., a partire dal 7.12.2011 fino alla data di pubblicazione della presente decisione e sulla somma così rivalutata devono essere calcolati gli interessi legali da quest'ultima data fino al soddisfo.
P.Q.(Lpd)
definitivamente pronunciando nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 31765 del registro di segreteria,
CONDANNA
i convenuti (Lpd)A. e (Lpd)(Lpd), in via solidale, al risarcimento del danno di Euro. 700,00 (settecento/00) oltre rivalutazione monetaria a partire dal 7 dicembre 2011 sino alla data di questa sentenza e interessi legali sulla somma rivalutata da tale ultima data al soddisfo.
Condanna in solido i convenuti alle spese del giudizio che, sino al deposito della presente sentenza, si liquidano in Euro. 487,67.
Così deciso in (Lpd), nella camera di consiglio del 15 gennaio 2014.
Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2014.
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