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domenica 11 maggio 2014

TAR:..Ne consegue che il Ministero dell'Interno nell'irrogare la sanzione disciplinare della destituzione non si è basato sulla sola sentenza di patteggiamento emessa nei confronti del ricorrente ai sensi dell'art. 444 c.p.p. , ma ha effettuato una autonoma valutazione della fattispecie concreta e del suo disvalore sul piano deontologico, tenendo conto della versione dei fatti fornita dallo stesso ricorrente in sede di procedimento disciplinare (confermata, peraltro, nel presente giudizio) e fornendo una motivazione puntuale e approfondita delle ragioni che hanno determinato l'irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione dal servizio..."



TAR:


T.A.R. Puglia Lecce Sez. II, Sent., 12-03-2014, n. 752
Fatto - Diritto P.Q.(Lpd)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1506 del 2012, proposto da:
-
contro
Ministero dell'Interno, Questura di (Lpd), rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi n. 23;
Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, n.c.;
Consiglio provinciale di disciplina, n.c.;
per l'annullamento
- del decreto del capo della Polizia del 26 luglio 2012, con cui veniva formalmente comminata al ricorrente la sanzione disciplinare della destituzione;
- della delibera del Consiglio di disciplina del 14 giugno 2012, con cui si proponeva di adottare detta sanzione disciplinare;
- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso a quelli impugnati, e per quanto possa occorrere, della nota di contestazione degli addebiti disciplinari in data 26 aprile 2012, nonché della relazione istruttoria in data 25 maggio 2012 a firma del Funzionario istruttore;
per l'accertamento del diritto del Sig. (Lpd) alla reintegrazione del medesimo posto di lavoro, con la corresponsione della relativa retribuzione dalla data della destituzione fino all'effettiva riassunzione;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di (Lpd);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2014 il dott. Paolo Marotta e uditi l'avv.to N. Calvani, per il ricorrente, e, nei preliminari, l'avv.to dello Stato G. Marzo per le pp.aa.;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con il proposto gravame il ricorrente, Assistente capo in forza alla Sezione Polizia stradale di (Lpd), ha impugnato il decreto del capo della Polizia del 26 luglio 2012, con cui gli è stata comminata la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio.
Il ricorrente contesta la legittimità del provvedimento impugnato e degli atti procedimentali presupposti per i seguenti motivi:
- Violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per mancato accertamento dei fatti posti a fondamento del provvedimento finale, difetto di motivazione, istruttoria carente, ingiustizia manifesta;
- Violazione degli artt. 1 e 13 del D.P.R. n. 737 del 1981 e dei principi in materia di procedimento disciplinare (proporzionalità, gradualità e carattere rieducativo della pena). Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione, per ingiustizia manifesta, per incongruenza tra infrazione disciplinare e sanzione applicata e per violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa.
Oltre all'annullamento degli atti impugnati, il ricorrente chiede l'accertamento del proprio diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, con la corresponsione della relativa retribuzione dalla data della destituzione fino a quella dell'effettiva riassunzione.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno e la Questura di (Lpd), resistendo alle domande formulate nel ricorso.
L'istanza cautelare presentata in via incidentale dalla parte ricorrente è stata respinta da questa Sezione, con ordinanza n. 642/2012 (confermata dal Consiglio di Stato, Sezione III, con ordinanza n. 355/2013).
Con memorie depositate nel corso del giudizio le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare le rispettive tesi difensive.
All'udienza pubblica del 16 gennaio 2014, su richiesta delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Con il primo motivo di gravame il ricorrente deduce violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990 ed eccesso di potere sotto diversi profili (mancato accertamento dei fatti posti a fondamento del provvedimento finale; difetto di motivazione; istruttoria carente; ingiustizia manifesta).
Il ricorrente lamenta, anzitutto, un difetto di motivazione del provvedimento impugnato, ritenendo che quest'ultimo si fondi esclusivamente sulla sentenza del Tribunale di (Lpd) n. 58/12 del 26 gennaio 2012 (divenuta irrevocabile in data 1 marzo 2012), emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p., con la quale è stato assoggettato alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione per i reati di cui agli artt. 317 e 328 c.p., unificati sotto il vincolo della continuazione, in concorso con altro agente della Polizia stradale, con concessione della sospensione condizionale della pena.
Secondo la prospettazione del ricorrente, sarebbe mancato nell'ambito del procedimento disciplinare un autonomo accertamento dei fatti contestati al ricorrente e non si sarebbe tenuto conto della circostanza che al ricorrente in sede penale sono state concesse le attenuanti generiche.
Oltre a ciò, il ricorrente evidenzia che la sentenza di patteggiamento non implica un riconoscimento della colpevolezza dell'imputato e che, ai sensi dell'art. 445 comma 1-bis c.p.p., la sentenza di patteggiamento "non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi".
Con il secondo motivo di gravame il ricorrente deduce con riguardo all'esercizio del potere sanzionatorio violazione dei principi di proporzionalità e gradualità di cui agli artt. 1 e 3 del D.P.R. n. 737 del 1981 nonché eccesso di potere sotto diversi ulteriori profili.
In particolare, l'amministrazione non avrebbe tenuto conto della giovane età del ricorrente, della assenza di sanzioni disciplinari di rilievo, del giudizio positivo riportato nei rapporti informativi, del carattere episodico del fatto.
Le censure sono infondate. Esse vengono esaminate congiuntamente attenendo a profili connessi.
Occorre premettere che le sanzioni disciplinari per il personale dell'amministrazione di pubblica sicurezza ed i relativi procedimenti sono disciplinati dal d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737.
L'art. 1 del predetto decreto, dopo aver individuato le diverse sanzioni disciplinari (richiamo orale; richiamo scritto; pena pecuniaria; deplorazione; sospensione dal servizio; destituzione), dispone che le "sanzioni devono essere graduate, nella misura, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per la Amministrazione o per il servizio" e che "il provvedimento che infligge la sanzione deve essere motivato".
L'art. 7 del D.P.R. n. 737 del 1981 con specifico riferimento alla sanzione della "destituzione" (che consiste nella cancellazione dai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza del soggetto la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio) individua le ipotesi nelle quali detta sanzione può essere irrogata (per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale; per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento; per grave abuso di autorità o di fiducia; per dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione della pubblica sicurezza, ad enti pubblici o a privati; per gravi atti di insubordinazione commessi pubblicamente o per istigazione all'insubordinazione; per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari; per omessa riassunzione del servizio, senza giustificato motivo, dopo cinque giorni di assenza arbitraria).
L'art. 13, 1 comma, del D.P.R. n. 737 del 1981 dispone invece "L'organo competente ad infliggere la sanzione deve: tener conto di tutte le circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio del trasgressore, del carattere, dell'età, della qualifica e dell'anzianità di servizio....."
Premesso ciò, il Collegio rileva che il Ministero dell'Interno ha posto alla base del provvedimento sanzionatorio della destituzione dal servizio il fatto che il ricorrente "in concorso con altro collega, in qualità di pubblico ufficiale in servizio presso la Sezione Polizia Stradale di (Lpd), durante l'espletamento del servizio di pattuglia con compiti di polizia stradale, abusando della sua qualità e dei poteri connessi alla sua funzione, costringeva un automobilista, paventandogli il ritiro della patente con decurtazione di dieci punti, a consegnargli la somma di Euro 250,00 (a fronte della richiesta di Euro 300,00) quale corrispettivo da destinare ad altro collega, non meglio precisato, in grado di manipolare i dati memorizzati sull'apparecchiatura autovelox, al fine di non elevare a suo carico alcuna contravvenzione" nonché il fatto che il ricorrente "in concorso con altro collega, nella qualità di pubblico ufficiale, indebitamente rifiutava un atto del proprio ufficio che, per ragioni di giustizia e sicurezza pubblica, doveva essere compiuto senza ritardo, ovvero, nello specifico, ometteva di redigere verbale di contestazione a carico del trasgressore".
I fatti sopra richiamati non solo sono stati posti alla base del sentenza di patteggiamento, emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p., ma sono stati accertati in sede di procedimento disciplinare.
Nell'ambito del procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti è lo stesso ricorrente a riconoscere le proprie responsabilità, ammettendo di aver commesso insieme al collega "l'errore più grande della nostra vita" (nelle giustificazioni fornite dal ricorrente con nota del 16 maggio 2012, ai sensi dell'art. 14 del d.P.R. n. 737/81).
Oltre a ciò, i fatti contestati al ricorrente hanno trovato puntuale conferma, a livello indiziario, nei fotogrammi delle telecamere a circuito chiuso installate presso la Banca di Credito Cooperativo di (Lpd) - Filiale di (Lpd) e nelle dichiarazioni rese da un dipendente della predetta filiale.
I fatti posti alla base del provvedimento sanzionatorio dunque sono sostanzialmente riconosciuti dallo stesso ricorrente; la sua versione dei fatti diverge da quella del soggetto passivo dei reati contestati solo per il fatto che il ricorrente sostiene di aver ceduto inopinatamente ad una richiesta dell'automobilista fermato, mentre quest'ultimo rappresenta che la richiesta di danaro è stata formulata dallo stesso ricorrente quale corrispettivo da versare ad altro collega per la cancellazione dei dati registrati dall'autovelox.
Sennonché, a tale riguardo, il Consiglio provinciale di disciplina nella deliberazione del 14 giugno 2012 (con la quale è stata formulata la proposta della sanzione della destituzione dal servizio), dando atto della versione dei fatti fornita dallo stesso ricorrente, così argomenta: "La ricostruzione dei fatti fornita nelle giustificazioni dal (Lpd), se fosse vera, li renderebbe ancora più gravi perché determinati dal "cedimento" dinanzi ad una "proposta indecente" di una somma di 300,00 Euro, per di più tenuto conto dell'assenza di problemi economici, come ha riferito in sede di trattazione orale. Un appartenente all'Amministrazione della Pubblica Sicurezza deve sempre tenere una condotta irreprensibile e ispirata ai doveri deontologici che trovano la loro genesi nel senso dell'onore, nel senso morale, nella fiducia. Nel caso di specie, pur trattandosi di dipendente capace di intendere e volere, nonché di autodeterminarsi ciò non è avvenuto. A prescindere che i fatti siano stati determinati da una "proposta indecente del conducente" (come si giustifica il (Lpd)) o dalla richiesta di denaro degli operatori di polizia (come denuncia lo Sferra), essi sono gravissimi, come ha evidenziato il Presidente del Consiglio di Disciplina nella seduta del 14 giugno 2012 poiché un poliziotto "mai dovrebbe ricevere denaro per omettere di compiere un atto del proprio ufficio .... Ad un poliziotto è richiesta una "attenzione" una moralità ed un rigore maggiori rispetto ad un normale cittadino".
Le conclusioni del Consiglio provinciale di disciplina sono state condivise dal capo della Polizia che nel provvedimento impugnato evidenzia: "gli atti compiuti dall'incolpato sono particolarmente gravi perché posti in essere da chi aveva l'obbligo istituzionale e legale di prevenirli e reprimerli...... la loro commissione, avvenuta durante l'espletamento del servizio di polizia, ha evidenziato nello stesso la più assoluta mancanza del senso dell'onore e della morale, poiché, nella sua qualità di tutore dell'ordine, avrebbe dovuto considerare il disvalore delle sue azioni, astenendosi dal commetterle ed attivando, invece, ogni attività necessaria ad impedire il perpetuarsi degli illeciti..... il comportamento tenuto dall'interessato, in spregio dei doveri assunti col giuramento, è oltremodo riprovevole e assolutamente inconciliabile con le funzioni proprie di un operatore di polizia, pregiudizievole per il servizio e tale da rendere incompatibile una sua ulteriore permanenza nella Polizia di Stato ....il dipendente ha insanabilmente compromesso il rapporto fiduciario non solo con la propria Amministrazione, ma anche con la collettività, in modo tale da non poter più esercitare le delicate funzioni istituzionali demandategli". Nel provvedimento impugnato, inoltre, si dà atto del "grave pregiudizio e nocumento arrecati all'immagine dell'Amministrazione e, non di meno, al profilo patrimoniale della stessa, vista la natura dei reati commessi ..... e di come l'incolpato, con grave abuso di autorità e fiducia, abbia tratto profitti illeciti avvalendosi indebitamente della propria qualifica, utilizzando in modo deviato i mezzi e gli strumenti posti a sua disposizione dall'Amministrazione di appartenenza".
Ne consegue che il Ministero dell'Interno nell'irrogare la sanzione disciplinare della destituzione non si è basato sulla sola sentenza di patteggiamento emessa nei confronti del ricorrente ai sensi dell'art. 444 c.p.p. , ma ha effettuato una autonoma valutazione della fattispecie concreta e del suo disvalore sul piano deontologico, tenendo conto della versione dei fatti fornita dallo stesso ricorrente in sede di procedimento disciplinare (confermata, peraltro, nel presente giudizio) e fornendo una motivazione puntuale e approfondita delle ragioni che hanno determinato l'irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione dal servizio.
Con riguardo poi alla dedotta mancata valutazione degli elementi di cui all'art. 13 comma 1 del D.P.R. n. 737 del 1981 , il Collegio fa rilevare che il ricorrente proprio in considerazione del lungo servizio prestato nella Polizia di Stato (per circa vent'anni), ben avrebbe dovuto rendersi conto del disvalore degli atti compiuti, la cui gravità è viepiù aggravata dal lasso di tempo intercorso tra la richiesta (o l'offerta) indebita di danaro e la sua (incontestata) accettazione.
In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.
Tenuto conto della natura della controversia e degli effetti che il provvedimento impugnato può aver determinato sulla posizione anche economica del ricorrente, ritiene il Collegio che le spese di giudizio debbano essere compensate tra le parti.
P.Q.(Lpd)
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Ettore Manca, Consigliere
Paolo Marotta, Primo Referendario, Estensore
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