Consiglio di Stato giugno 2018: “rigetto del ricorso
gerarchico..per l’annullamento del provvedimento del commissariato
di pubblica sicurezza di xxx .., di diniego di rinnovo della licenza
di porto di fucile per uso di caccia.”
Numero 01614/2018 e data 21/06/2018 Spedizione
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REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 18 aprile 2018
NUMERO AFFARE 00469/2018
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal
signor -OMISSIS-e residente a xxx, contro il decreto del prefetto di
xxx 20 luglio 2017 n. 84229, di rigetto del ricorso gerarchico da lui
proposto per l’annullamento del provvedimento del commissariato di
pubblica sicurezza di xxx del 17 marzo 2017, di diniego di rinnovo
della licenza di porto di fucile per uso di caccia.
LA SEZIONE
Vista la relazione 20 febbraio 2018 n. 557/PAS/E/000174/10100.A.55l,
con la quale il Ministero dell’interno - dipartimento per la
pubblica sicurezza - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul
ricorso;
visto il ricorso, datato 17 novembre 2017;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Antimo Prosperi.
Premesso.
Con provvedimento del 17 marzo 2017 n. DIV. P.A.S. CAT. 6.F/17 il
commissariato di pubblica sicurezza di xxx (questura di xxx) ha
rigettato l’istanza del signor-OMISSIS-volta ad ottenere il rinnovo
della licenza di porto fucile per uso di caccia, sulla scorta delle
informazioni fornite dal Comando provinciale dei carabinieri di xxx,
in considerazione del fatto che l’interessato era inserito in un
“contesto familiare caratterizzato dalla presenza di persone
gravate da pregiudizi”. Pertanto la questura ha ritenuto
l’interessato non in possesso dei “requisiti idonei al rinnovo
del titolo di polizia richiesto, intesi nel caso specifico non
riferibili alla persona bensì all’ambiente socio familiare in cui
era inserito” (cfr. preambolo provvedimento della questura di xxx).
Il signor-OMISSIS-ha proposto ricorso gerarchico al prefetto di xxx,
il quale, esperita l’istruttoria di rito e acquisite, in
particolare, le controdeduzioni della questura di xxx al riguardo, lo
ha respinto con decreto n. 84229 del 20 luglio 2017.
Contro quest’ultimo provvedimento l’interessato ha proposto il
ricorso in esame, sostenendo che il provvedimento di diniego è privo
“di un giudizio sintetico – valutativo che investa nel complesso
la condotta di vita del richiedente con riguardo all’osservanza sia
di regole di comune convivenza sociale che di quelle tradotte in
precetti giuridici a salvaguardia dei valori fondamentali
dell’ordinamento”, asserendo, inoltre, che “l’esistenza di
una parentela (già esistente e non ostativa di un rilascio di
analoga autorizzazione) con persona che è stata sospettata di gravi
reati, non può, da sola bastare a sorreggere un diniego opposto alla
richiesta di rinnovo dell’autorizzazione del porto d’armi uso
caccia”.
Il Ministero riferente rileva, in generale, che la licenza di portare
armi non costituisce un diritto assoluto ma è un’eccezione al
generale divieto di circolare armati. Detta eccezione può concedersi
soltanto alle persone di cui esiste completa e perfetta sicurezza
circa il corretto uso delle armi stesse e ciò al fine di evitare
qualsiasi dubbio o perplessità sotto il profilo dell’ordine e
della sicurezza pubblica e della tranquilla convivenza della
collettività.
L’Amministrazione sostiene che, nel caso di specie, “il Prefetto
di xxx ha respinto il ricorso gerarchico proposto sulla base di un
giudizio sintetico valutativo riferibile al contesto socio-familiare
in cui è inserito l’interessato, caratterizzato dalla presenza di
soggetti, con cui il richiedente ha legami di parentela, e, dunque,
frequentazione, gravati da importanti pregiudizi penali, circostanza
ritenuta idonea a sostenere l’atto impugnato e giustificativa ai
fini della decisione presa dal Questore di denegare il rinnovo
dell’autorizzazione richiesta”.
Considerato.
Ai sensi degli artt. 11 e 43 del regio decreto 18 giugno 1931, n.
773, d’approvazione del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza (spesso indicato con ‘T.U.L.P.S.’), l’autorità di
pubblica sicurezza può valutare discrezionalmente qualsiasi
circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di divieto o
di revoca dell’autorizzazione al porto d’armi, in quanto la
misura restrittiva persegue la finalità di prevenire la commissione
di reati e, in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza,
con la conseguenza che il detentore deve essere persona esente da
mende o da indizi negativi. Tale valutazione deve però avvenire
sulla base di un’istruttoria esauriente e di una motivazione
congrua e coerente che tenga anche conto dei presupposti che hanno
dato luogo al precedente rilascio, evidenziando quale sia il
cambiamento intervenuto rispetto alle circostanze di fatto che
l’avevano già indotta a rilasciare il suddetto titolo (cfr. Cons.
Stato, sez. I, n. 766/2013).
Nel caso di specie sia il questore, nel disporre il rigetto
dell’istanza di rinnovo, sia il prefetto nel respingere il ricorso
gerarchico contro l’atto del questore, hanno addotto a fondamento
dei rispettivi provvedimenti la circostanza, desunta da una
segnalazione del Comando provinciale dei carabinieri, che il
ricorrente - che non ha precedenti penali - è inserito in un
contesto socio-familiare caratterizzato dalla presenza di soggetti,
con cui egli medesimo ha legami di parentela e perciò anche di
frequentazione, gravati da pregiudizi penali, senza aggiungere nessun
elemento relativo alla gravità indiziaria dei fatti o ad altri
riscontri oggettivi, che l’Amministrazione avrebbe dovuto acquisire
attraverso un adeguato approfondimento istruttorio, stante la
genericità degli elementi desumibili da quella segnalazione:
frequentazione di persone “gravate di pregiudizi penali” è
espressione, verosimilmente di gergo, che, mancando il riferimento a
fatti o a provvedimenti sanzionatori specifici, non significa nulla,
come non significa nulla il fatto che l’interessato, già titolare
di porto d’armi, sia o si sia inserito nel “contesto
socio-familiare” di persone “gravate di pregiudizi penali.
Il ricorso è quindi fondato, per l’assorbente fondatezza della
censura di carenza d’istruttoria e di motivazione, e va accolto,
annullando il provvedimento impugnato.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere accolto, annullando il
provvedimento impugnato.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antimo Prosperi Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
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