Consiglio di Stato 2018: “Invero, a seguito della novella di cui
alla legge nr. 183 del 2010, è stata eliminata dall'art. 33 della
legge nr. 104 del 1992 la previsione dei requisiti della continuità
ed esclusività dell'assistenza”
Pubblicato il 11/05/2018
N. 02819/2018REG.PROV.COLL.
N. 05604/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5604 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, in
persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per
legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in xxx, via
dei Portoghesi, 12;
contro
xxx xxx, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Parenti, con
domicilio eletto presso il suo studio in xxx, viale delle Milizie,
114;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - xxx: SEZIONE I TER n. 06184/2015,
resa tra le parti, concernente il diniego di trasferimento ai sensi
della l. 104/1992.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di xxx xxx;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2018 il Cons.
Luigi Birritteri e uditi per le parti gli avvocati Adavastro su
delega di Parenti e l'Avvocato dello Stato Tito Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 6184 del 29 aprile 2015 il Tar del Lazio ha accolto
il ricorso di xxx xxx (assistente capo della Polizia di Stato)
avverso il provvedimento di diniego del suo trasferimento ex art. 33
quinto comma della legge n. 102/1992 da Polfer xxx a quella di xxx,
per assistere il padre e la madre portatori di gravi handicap.
Il Provvedimento di diniego impugnato è motivato sulla base di
esigenze organizzative connesse alla vacanza di personale del ruolo
“Assistenti ed Agenti” nel reparto Polizia ferroviaria di xxx;
sull’assunto che l’interessato non avrebbe dimostrato l’effettiva
indisponibilità ed inidoneità all’assistenza alla madre disabile
da parte di altri parenti e, infine, sull’asserita ridotta distanza
tra il luogo in cui l’istante presta servizio e la residenza della
disabile (103 km), che indurrebbe a ritenere sufficiente l’utilizzo
di altri strumenti, come i permessi retribuiti.
Il Primo giudice ha rilevato “… l’illogicità e
l’irragionevolezza del diniego opposto alle istanze di
trasferimento presentate dal ricorrente. Infatti, se è vero che la
posizione vantata dal dipendente rispetto a tale beneficio si
qualifica di interesse legittimo pretensivo, dovendo
l’Amministrazione eseguire le valutazioni di ordine organizzativo,
è altrettanto vero che il mancato suo soddisfacimento deve
rispondere ad effettive esigenze dell’Amministrazione stessa,
oggettivamente esistenti, il che non appare ricorrere nel caso in
esame.
Quanto all’asserita assenza di esclusività, deve evidenziarsi che,
per effetto della novella introdotta dall’art. 24 della legge n.
183/2010, diversamente da quanto si prescriveva in passato, per poter
conseguire il beneficio del trasferimento non è più richiesto il
requisito dell’esclusività.
… È stato comunque lo stesso Dipartimento di Pubblica Sicurezza a
cogliere bene il significato e l’estensione operativa della novella
in parola. Infatti, nella propria Circolare n.
333-A9806.G.3.2/1022-2013 del 19.2.2013, emessa anche a seguito della
pronuncia del Consiglio di Stato n. 4047 dell’11.7.2012, essa ha
riconosciuto che la richiamata novella si applica anche al personale
della Polizia di Stato. Ciò vale tanto per i permessi retribuiti
quanto per i trasferimenti, ai sensi, rispettivamente, del comma 3 e
del comma 5 dell’art. 33 della legge n. 104/1992. Ne deriva che
anche sotto questo aspetto il diniego è illegittimo.
Appare poi del tutto priva di giustificazione l’affermazione
secondo cui la distanza di 103 chilometri tra la sede di servizio del
ricorrente e la residenza della disabile sarebbe ridotta e sarebbero,
perciò, sufficienti per l’assistenza i permessi retribuiti.
Infatti, stante la gravità della patologia della madre del
ricorrente, che richiede un’assistenza la più continuativa e
costante possibile, il tempo necessario per coprire detta distanza
per andare a lavorare e tornare dalla stessa impedisce tale
assistenza.”.
Avverso tale decisione propone appello il Ministero dell’Interno
sottolineando le peculiari necessità operative della Polfer di xxx
Termini (poste a sostegno del provvedimento di diniego) nonché la
circostanza (rilevante nel bilanciamento dei contrapposti interessi)
che la madre dell’appellato è disabile dal 2004 e che solo nel
2010 costui ha chiesto il beneficio di cui al quinto comma dell’art.
33 della legge 104.
Sottilinea infine l’appellante che, seppure è vero che il
requisito dell’esclusività è venuto meno, la presenza di altri
familiari idonei all’assistenza avrebbe comunque rilievo in fatto.
Resiste in giudizio, con tempestiva memoria, xxx xxx invocando il
rigetto dell’appello.
All’odierna udienza, dopo la discussione, la causa è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato e deve essere respinto.
Va anzitutto rilevato che il provvedimento – come sostanzialmente
ammesso dallo stesso appellante – è viziato perché non tiene
conto della modifica normativa che esclude rilievo al previgente
requisito dell’esclusività per ottenere il beneficio richiesto.
Né vale argomentare sul punto che detto requisito rimane valutabile
sotto il profilo del bilanciamento dei contrapposti interessi, poiché
una tale considerazione porrebbe sostanzialmente nel nulla la stessa
ratio della riforma.
Invero, a seguito della novella di cui alla legge nr. 183 del 2010, è
stata eliminata dall'art. 33 della legge nr. 104 del 1992 la
previsione dei requisiti della continuità ed esclusività
dell'assistenza: tali requisiti, pertanto, non possono più essere
pretesi dall'Amministrazione come presupposto per la concessione dei
benefici di cui al citato art. 33.
Gli unici parametri entro i quali l'Amministrazione deve valutare se
concedere o meno il trasferimento attengono, da un lato, alle proprie
esigenze organizzative ed operative e, dall'altro, all’effettiva
necessità del beneficio, al fine di impedirne un suo uso
strumentale.
Giova, al riguardo, richiamare il consolidato orientamento della
Sezione secondo cui “agli effetti del trasferimento ai sensi
dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, per dare
assistenza con carattere di continuità a parente o affine entro il
terzo grado che versa in condizione di handicap - l'inciso "ove
possibile", contenuto nella predetta disposizione, nel settore
del pubblico impiego sta a significare che, avuto riguardo alla
qualifica rivestita dal pubblico dipendente, deve sussistere la
disponibilità nella dotazione di organico della sede di destinazione
del posto in ruolo per il proficuo utilizzo del dipendente che chiede
il trasferimento (…);
con l’importante precisazione che “pur non configurandosi il
trasferimento ai sensi dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del
1192 come un diritto assoluto del dipendente interessato - nella
graduazione degli interessi coinvolti, ove sussista per la qualifica
rivestita la disponibilità di posti nella sede richiesta, la
necessità di assicurare l'apporto assistenziale alla persona in
condizione di handicap si configura prevalente e prioritaria
(oltreché derogatoria alle regole ordinarie di mutamento del luogo
di servizio), rispetto ai trasferimenti da effettuarsi secondo gli
interpelli periodici a livello nazionale, volti a soddisfare, di
massima, le esigenze di rientro nella sede di origine in base
all'anzianità di servizio maturata” (cfr. Cons. Stato Sez. III,
1/08/2014 n. 4085; nonché Cons. Stato Sez. III, 10/11/2015 n. 5113).
Parimenti corretta risulta l’affermazione del primo giudice secondo
cui è incoerente e priva di giustificazione la conclusione
dell’amministrazione che ritiene – malgrado la (introversa)
gravità delle patologie di cui è portatrice la disabile – la
distanza tra l’attuale luogo di lavoro dell’appellato e la
residenza del familiare da assistere idonea a consentirne
l’assistenza facendo ricorso all’istituto del permessi
retribuiti.
Sotto diverso profilo, tenuto conto degli articolati motivi di
appello, va sottolineata la mancata dimostrazione, da parte
dell’amministrazione, dell’esistenza di esigenze di servizio di
tale gravità da determinare la sub-valenza, in concreto,
dell’interesse all’assistenza del disabile, tenuto conto della
già richiamata gravità delle patologie della madre dell’appellato,
nonché della carenza di una specifica istruttoria sul punto, per
quanto è dato desumere dagli atti.
Infine, nessun rilievo determinante il rigetto della richiesta di
concessione del beneficio può essere attribuito alla circostanza che
l’appellato ne ha fatto richiesta sono nel 2010, mentre le
patologie della madre risalgono al 2004.
Si tratta, invero, di un dato del tutto neutro rispetto alla
determinazione oggettiva dei requisiti per il riconoscimento del
beneficio che, necessariamente, debbono essere verificati al momento
della domanda.
Da qui l’infondatezza dell’appello proposto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali che
liquida in complessivi euro 2.000 (duemila) oltre accessori come per
legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in xxx nella camera di consiglio del giorno 5 aprile
2018 con l'intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Giulio Veltri, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
Giovanni Pescatore, Consigliere
Luigi Birritteri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luigi Birritteri Franco Frattini
IL SEGRETARIO
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