Corte dei Conti
2018: recupero dell’indebito pensionistico, derivante dal
conguaglio tra quanto percepito a titolo di trattamento pensionistico
provvisorio e quanto spettante a titolo di trattamento definitivo
VENETO
Esito
SENTENZA
Materia
PENSIONI
Anno
2018
Numero
157
Pubblicazione
28/09/2018
Codice ecli
ECLI:IT:CONT:2018:157SGVEN
Provvedimenti
collegati
Nessun provvedimento
collegato presente
REPUBBLICA ITALIANA
N°157/2018
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE
GIURISDIZIONALE REGIONALE per il VENETO
IL GIUDICE UNICO
DELLE PENSIONI
Nella pubblica
udienza del 21 giugno 2018 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio
iscritto al n. 30574 del registro di segreteria, proposto con ricorso
da P. A., nato il OMISSIS a OMISSIS e residente a OMISSIS, c.f.
OMISSIS, in proprio, ma domiciliato presso lo studio legale dell’Avv.
Anna Rita Moscioni in Civita Castellana (VT), Via Torquato Tasso n.
6/B
Contro
Istituto Nazionale
della Previdenza Sociale, Direzione Generale, in persona del
Direttore Pro tempore, Via Ciro il Grande n. 21, Roma
Per la dichiarazione
di irripetibilità dell’indebito di cui alla nota n. OMISSIS del
OMISSIS e del conseguente diritto alla restituzione di quanto medio
tempore trattenuto dall’ente erogatore sulla partita di pensione n.
OMISSIS, oltre rivalutazione monetaria ed interessi fino
all’effettivo soddisfo;
ESAMINATI il ricorso
ed i documenti con esso depositati in causa, nonché la memoria di
costituzione in giudizio ed i documenti prodotti dall’INPS;
SENTITE le parti
all’odierna udienza come da verbale
SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO
Con ricorso
depositato in data 19 marzo 2018 ed iscritto al n. 30574 del registro
di segreteria, il ricorrente ha riassunto il giudizio a seguito della
sentenza n. OMISSIS del OMISSIS, depositata il OMISSIS con la quale
la Seconda Sezione d’Appello di questa Corte ha annullato con
rinvio la sentenza n. OMISSIS di questa Sezione Giurisdizionale
regionale che ha definito, riunendoli, i giudizi iscritti ai nn.
OMISSIS e n. OMISSIS del registro di segreteria.
I fatti sono quelli
riportati nella narrativa della sentenza n OMISSIS di questa Sezione:
“Con ricorso
depositato in data 23 ottobre 2008, iscritto al n. OMISSIS del
registro di Segreteria, il ricorrente in epigrafe nominato, già
dipendente del Ministero della Difesa, cessato dal servizio a
decorrere dal 15.01.1990, avversava il provvedimento n. OMISSIS del
OMISSIS con il quale l’INPDAP di Treviso chiedeva il recupero
dell’indebito pensionistico, derivante dal conguaglio tra quanto
percepito a titolo di trattamento pensionistico provvisorio e quanto
spettante a titolo di trattamento definitivo, pari a complessivi euro
14.016,69.
Lamentava, il
ricorrente, principalmente la illegittimità del gravato
provvedimento per violazione degli articoli 7 e 8 della legge n.
241/1990 nonché l’eccesso di potere per difetto di motivazione
anche sotto il profilo della indeterminatezza del provvedimento di
recupero e, in subordine, la violazione dei principi di rilevanza
della buona fede e dell’affidamento del percipiente, nonché di
certezza del diritto, in relazione all’ampiezza della (asserita)
indebita ed erronea corresponsione, protrattasi per circa 17 anni,
nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di
motivazione, per difetto di comparazione tra l’interesse pubblico e
quello privato e per assoluto difetto di motivazione in ordine alla
prevalenza del primo sul secondo, per omessa considerazione del lungo
tempo già trascorso tra l’erogazione delle somme stesse ed il loro
consumo.
Chiedeva quindi la
restituzione delle somme già ripetute dall’amministrazione in
applicazione del gravato provvedimento con corresponsione della
rivalutazione monetaria e degli interessi legali. Eccepiva la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 del Codice civile
evidenziando come per tutte le somme maturate antecedentemente al
10.05.1997 fosse intervenuta la prescrizione e, infine, richiamava i
contenuti della sentenza n. 7/2007/QM emessa dalle Sezioni Riunite di
questa Corte. Concludeva, pertanto, chiedendo l’annullamento
dell’impugnato provvedimento INPDAP e la restituzione delle somme
già recuperate maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria.
Con successiva
memoria depositata il 15/09/2009 parte attrice insisteva per
l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese, richiamando
numerosi precedenti giurisprudenziali favorevoli alla propria
pretesa.
Lamentava il
ricorrente le medesime doglianze poste a fondamento del precedente
ricorso n. OMISSIS del 23 ottobre 2008 e concludeva chiedendo
l’annullamento del gravato provvedimento n. OMISSIS e la
declaratoria del proprio diritto alla riscossione di quanto dovuto
con conseguente condanna dell’Amministrazione alla restituzione
delle somme nel frattempo indebitamente trattenute a far data dal
mese di giugno 2005 sulla partita di pensione iscrizione n. OMISSIS
intestata la ricorrente, il tutto maggiorato degli accessori di
legge.
Con successiva
memoria depositata il 17 novembre 2009 parte attrice insisteva per
l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese, richiamando
numerosi precedenti giurisprudenziali favorevoli alla propria
pretesa.
L’INPDAP di
Treviso, in persona del legale rappresentante pro tempore, si
costituiva con memoria in atti al 21 settembre 2009 formulava
preliminarmente istanza per la riunione dei due giudizi stante la
loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva in considerazione
della circostanza che la materia del contendere è la medesima in
quanto il provvedimento n. OMISSIS emesso dall’Ente Previdenziale
in data 15.01.2009 ed avversato con il ricorso iscritto al n. OMISSIS
del registro di Segreteria, depositato il 18 febbraio 2009, è la
risposta negativa alla previa istanza formulata in via amministrativa
dall’odierno ricorrente e finalizzata all’annullamento del
provvedimento n. OMISSIS di recupero del credito erariale oggetto del
gravame di cui al precedente ricorso del 23 ottobre 2008, iscritto al
n. OMISSIS.
In relazione alla
materia del contendere, l’INPDAP rappresentava in fatto che,
contrariamente a quanto asserito dall’odierno ricorrente, il
provvedimento n. OMISSIS, oggetto di contestazione, non è datato
10.05.2007 bensì 10.06.2005. Il ricorrente è stato collocato in
ausiliaria a decorrere dal 16.01.1990 ed è transitato nella riserva
dal 01.01.1998. La relativa partita pensionistica, ancora
provvisoria, veniva trasferita e gestita dall’INPDAP solo a partire
dal 01.07.1998 e, attraverso la notifica di varie comunicazioni, il
ricorrente veniva puntualmente avvisato della provvisorietà del
trattamento pensionistico in atto. Dapprima, il Centro Pensionistico
Regionale – Regione Militare Nord Est di Padova, ordinava all’Ente
Previdenziale di corrispondere all’odierno ricorrente, che nel
frattempo aveva terminato il periodo di permanenza in ausiliaria,
transitando nella riserva dal 01.01.1998, il trattamento provvisorio
nella misura di lire 89.824.932 (euro 46.390,71). L’importo
comunicato si intendeva comprensivo di tutte le perequazioni
automatiche, dei miglioramenti economici, della quota spettante
dell’indennità di ausiliaria e dell’aumento del decimo a titolo
di pensione privilegiata provvisoria ed all’interessato veniva
attribuita anche la 13^ mensilità e l’I.I.S. in misura intera. Con
nota del 21.01.2000 il Centro Amministrativo della Regione Militare
Nord-Padova trasmetteva all’INPDAP i prospetti completi relativi
agli anticipi di pensione già corrisposti in via provvisoria dal
Centro Amministrativo. In data 28.04.2000 l’Ente Previdenziale
sollecitava l’emissione del decreto definitivo di pensione
all’Amministrazione Militare. Il decreto di conferimento della
pensione ordinaria definitiva n. OMISSIS del 23.09.2003 che “faceva
salvo il recupero delle somme pagate in più sul trattamento
provvisorio di pensione” perveniva all’INPDAP in data 28.02.2005.
Detto decreto veniva applicato nel mese di giugno 2005 con l’effetto
di ridurre la pensione in godimento al ricorrente con conseguente
accertamento del contestato indebito di euro 14.016,69 che veniva
regolarmente comunicato al ricorrente ai sensi degli artt. 7 e 8
della legge n. 241/1990.
In data 01.07.2005
perveniva il Decreto n. OMISSIS di conferimento della pensione
privilegiata a favore del ricorrente, emesso dalla Direzione Generale
per il Personale Militare –Roma-, nella misura annua lorda di euro
22.424,25 dal 16.01.1990, disponendo nel contempo il recupero della
metà dell’equo indennizzo pari ad euro 280,12 già corrisposto per
la medesima infermità. Con l’applicazione di tale ultimo decreto
(dalla rata pensionistica di novembre 2005) l’INPDAP ricalcolava il
trattamento pensionistico complessivamente dovuto al ricorrente,
riconoscendo ad esso un rimborso di euro 1.444,34 lordi più euro
262,04 per equo indennizzo, a seguito di:
1) correzione di
errore di digitazione dell’importo della indennità di ausiliaria
al 01.09.1990 nell’applicazione del decreto n. OMISSIS (euro
5.498,78 anziché 6.498,78) che determinava il rimborso di euro
1314,16;
2) abbattimento pari
ad un quarto del debito maturato ante 01.01.1996 ai sensi della legge
662/96 che determinava un rimborso di euro 130,18;
3) differenza tra
quanto trattenuto a titolo di ½ di Equo Indennizzo indicato
sull’autorizzazione all’anticipo del decimo per pensione
privilegiata e l’importo indicato allo stesso titolo sul Decreto
681 (euro 262,04 ottenuto sottraendo da euro 542,16 l’importo di
euro 280,12).
Successivamente
perveniva all’INPDAP un nuovo decreto di pensione, il n. OMISSIS
che riliquidava la pensione annua lorda in euro 33.977,70 dal
01.01.1998, in conseguenza del quale con la rata di novembre 2008,
venivano corrisposti al ricorrente gli arretrati maturati per un
importo lordo di euro 5.668,73.
Alla luce di quanto
sopra, quindi, a fronte dell’iniziale debito di euro 14.061,16
(comprensivo della quota di ½ Equo Indennizzo), totalmente
recuperato, il ricorrente ha percepito arretrati allo stesso titolo
pari ad euro 1.444,34 lordi più euro 262,04 non tassabili nel
novembre 2005 ed euro 5.668,73 lordi nel novembre 2008 per un totale
complessivo di euro 7.375,11, riducendo quindi il recupero reale ad
euro 6.686,05.
Tanto premesso in
fatto, l’INPDAP rappresentava in diritto l’infondatezza delle
doglianze di parte attrice. In particolare, l’Ente eccepiva,
preliminarmente, il proprio difetto di legittimazione passiva ai
sensi e per gli effetti dell’art. 100 c.p.c.; in via principale
chiedeva il rigetto del ricorso perché infondato in fatto ed in
diritto e, per l’effetto, la declaratoria dell’obbligo del
ricorrente alla restituzione del debito accertato. In via di
subordine, nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso,
l’INPDAP chiedeva di fare salvi gli effetti della prescrizione
quinquennale e di dichiarare il Ministero della Difesa l’unico Ente
obbligato alla restituzione del debito accertato in quanto l’Istituto
Previdenziale non ha concorso nell’erronea liquidazione della
pensione, ma ha preso in carico il pagamento della pensione
provvisoria solo dal 01.01.2005 ed ha prontamente provveduto per
quanto di competenza, in conformità di quanto stabilito dalla
normativa vigente che prevede il recupero delle somme corrisposte a
titolo di anticipo sulla successiva pensione definitiva.
Per quanto riguarda
la rilevanza della buona fede e dell’affidamento del percipiente ed
il lungo lasso di tempo intercorso tra la cessazione dal servizio e
le liquidazione della pensione ordinaria definitiva, l’INPDAP
sottolineava la circostanza che, nel caso di specie, trattasi di
pensione militare per cui all’atto formale di cessazione dal
servizio il dipendente ha la possibilità di essere collocato in
ausiliaria, posizione questa che, da un punto di vista retributivo e
contributivo, continua a produrre effetti sul trattamento
pensionistico in godimento il quale potrà considerarsi stabilizzato
solo all’atto del passaggio definitivo nella riserva (nel caso di
specie il 01.01.1998); ne consegue che la situazione di provvisorietà
del trattamento pensionistico, pur nel superamento dei termini posti
dalla legge 241/90 non può considerarsi dilatata nei termini di cui
al ricorso (anni 15). Veniva, altresì, sottolineata l’ulteriore
circostanza della pendenza di una pratica di pensione privilegiata
per la quale il Ministero aveva concesso il pagamento in via
provvisoria sin dal 1992 e che l’odierno ricorrente veniva
periodicamente informato sullo stato dell’iter di definizione della
pensione definitiva di talchè non poteva, in esso, ingenerarsi la
convinzione di percepire un trattamento definitivo. Sosteneva,
quindi, l’Ente che, nel caso di specie non poteva essere invocato
il principio della buona fede del percipiente avendo il ricorrente
sottoscritto in data 7 febbraio 1990, una dichiarazione con cui
autorizzava l’Amministrazione Militare a trattenere tutte le somme
indebitamente corrisposte in sede di attribuzione del trattamento
provvisorio di pensione “anche nel caso in cui dovesse emergere un
debito verso l’erario per somme percepite in più presso l’Ente
di provenienza”. In merito alla eccepita prescrizione decennale
delle somme maturate antecedentemente al 15.05.1997, rappresentava di
non aver potuto accordare la prescrizione decennale in via
amministrativa in quanto l’eccezione non è mai stata formulata.
Nel sostenere
quindi, l’Ente Previdenziale, la correttezza del proprio operato e,
pur prendendo atto di quanto le Sezioni Riunite avevano statuito
nella sentenza n. 7/2007/QM, richiamava giurisprudenza di talune
Corti Territoriali che hanno avversato la trasformazione del
provvedimento provvisorio di pensione in definitivo con l’esaurimento
dei termini regolamentari per la sua emanazione, atteso che la norma
di cui all’art. 206 è da considerarsi eccezionale e non
suscettibile di interpretazione analogica. Concludeva pertanto per il
rigetto della domanda.”
Con sentenza n.
OMISSIS il G.U.P. adito, respinta l’eccezione preliminare di
intervenuta prescrizione decennale con riguardo alla parte di debito
maturata anteriormente al 15.5.1997, rigettava i ricorsi riuniti,
escludendo che potesse configurarsi in capo al pensionato il
legittimo ed incolpevole affidamento nella correttezza del
trattamento pensionistico erogatogli, avendo il medesimo sottoscritto
in data 7 febbraio 1990 una dichiarazione con la quale autorizzava
l’Amministrazione militare a trattenere tutte le somme che in sede
di attribuzione del trattamento provvisorio di quiescenza gli
dovessero venire corrisposte indebitamente.
Provvedeva, quindi,
il ricorrente a proporre appello avverso la predetta sentenza,
chiedendone l’annullamento, contestando il valore della suddetta
dichiarazione, rappresentando che la medesima è stata chiesta al di
fuori di ogni norma giuridica e comunque evidenziando il vizio di
omessa motivazione in punto di affidamento e buona fede nonché in
punto di comparazione tra interesse pubblico e privato.
L’appellata INPS,
costituitasi in giudizio, ha contestato la fondatezza dell’appello,
sottolineando la conformità della pronuncia impugnata ai consolidati
principi di matrice giurisprudenziale in materia di affidamento del
pensionato e che l’appellante non ha minimamente indicato le
ragioni per cui la dichiarazione di impegno alla restituzione
dell’indebito non costituisce riconoscimento della natura
provvisoria della pensione.
Con sentenza n.
OMISSIS, la Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale ha accolto
l’appello e rimesso la controversia innanzi a questa Sezione
giurisdizionale regionale per la decisione nel merito e la
liquidazione delle spese del grado di giudizio.
La Sezione centrale
ha, infatti, ritenuto meritevole di accoglimento l’argomentazione
dell’appellante secondo cui in merito alla valutazione
dell’affidamento incolpevole la motivazione della pronuncia
impugnata appare carente, non avendo preso in considerazione che tra
il momento della sottoscrizione dell’impegno alla restituzione
(1990) e il provvedimento di recupero è intercorso un ampio lasso di
tempo che potrebbe aver generato la convinzione della legittimità
delle percezioni nel frattempo intervenute.
Alla luce
dell’intervenuto arresto delle Sezioni riunite n. 2/2012/QM e dei
limiti della cognizione in appello in materia pensionistica, la
valutazione della sussistenza in concreto della buona fede del
percettore è stata rimessa a questo Giudice territoriale, anche per
la regolazione delle spese del grado d’appello.
Con il ricorso
depositato in data 19 marzo 2018 il ricorrente ha provveduto,
tempestivamente e ritualmente, a riassumere il giudizio,
limitatamente al solo giudizio originariamente iscritto al n. OMISSIS
(unico di quelli richiamati) del registro di segreteria avente ad
oggetto, come si è visto, il provvedimento di diniego
dell’annullamento in autotutela dell’atto di recupero
dell’indebito pensionistico, formulando, però, conclusioni sul
provvedimento di recupero dell’indebito, oggetto, invece, del
giudizio iscritto al n. OMISSIS e non oggetto di riassunzione.
Con memoria in atti
dal 31 maggio 2018 si è costituito in giudizio l’INPS affermando
la legittimità della ripetizione dell’indebito, anche a
prescindere dalla dichiarazione resa dal ricorrente, insistendo per
la reiezione del ricorso sulla base delle altre motivazioni già
dedotte nell’ambito dei precedenti giudizi incardinati avanti a
questa Sezione e testualmente riproposte.
All’esito della
discussione nella pubblica udienza odierna, la causa è stata
trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA
DECISIONE
La questione oggetto
di esame verte sulla riconoscibilità dell’elemento soggettivo
della buona fede e dell’affidamento dell’accipiens in relazione
ad un indebito determinatosi in occasione della liquidazione
definitiva della pensione, da valutarsi nel caso concreto sulla base
dei principi posti da SS.RR. 2/2012/QM.
Il ricorrente
risulta essere cessato dal servizio in data 15/1/1990 e
contestualmente essere transitato in ausiliaria, con erogazione di un
trattamento pensionistico (necessariamente) provvisorio. Il medesimo
ricorrente risulta essere transitato nella riserva in data 1/1/1998.
Il decreto di
conferimento della pensione ordinaria definitiva porta la data del
OMISSIS e veniva trasmesso all’INPDAP in data 28/2/2005, che
provvedeva a emettere il provvedimento di recupero del credito
erariale di € 14.016,69 prot. OMISSIS, notificato a mani il
10/06/2005, oggetto del ricorso originariamente iscritto al n.
OMISSIS del registro di Segreteria di questa Sezione.
Nel ricorso non
veniva dato, però, atto di due circostanze di fatto, evidenziate
dalla difesa dell’INPDAP nelle proprie memorie, comprovate per
tabulas e comunque non oggetto di contestazione da parte del
ricorrente.
In data OMISSIS
veniva, infatti, trasmesso all’ordinatore secondario della spesa il
decreto (definitivo) di conferimento della pensione privilegiata –di
cui il ricorrente godeva in via provvisoria fin dal 1992- n. OMISSIS.
Con l'applicazione
del decreto n. OMISSIS sulla rata di novembre 2005 (cfr. all. 15
memoria INPS) l’Inpdap ricalcolava la pensione complessivamente
dovuta al Sig. P., riconoscendo un rimborso di € 1.444,34 lordi,
oltre ad € 262.04non tassabili -Equo indennizzo- per effetto della
correzione di un errore di digitazione dell'importo della indennità
di ausiliaria al 01/09/1990 nell' applicazione del Decreto OMISSIS (€
5.498,78 anziché 6.498,78: tale correzione ha comportato il rimborso
di € 1314,16), oltre che dell’abbattimento pari ad un quarto del
debito maturato ante 01/01/1996 ai sensi della L. 662/96 che ha
comportato un rimborso di € 130,18 ed infine della differenza tra
quanto trattenuto a titolo del 50% dell’ Equo Indennizzo indicato
sull'autorizzazione all'anticipo del decimo per pensione privilegiata
e l'importo indicato allo stesso titolo sul Decreto OMISSIS (€
542,16 - € 280,12 = € 262,04).
Ma a seguito
dell’applicazione del medesimo decreto veniva conseguentemente
riliquidata la pensione annua lorda con decreto del OMISSIS, con il
quale venivano riconosciuti arretrati per un importo lordo di €
5.668,73.
L’originario
indebito di € 14.016,69 si riduceva, quindi, a € 6.686,05 avendo
il ricorrente, successivamente alla rideterminazione del trattamento
in applicazione del decreto di pensione definitiva n.OMISSIS,
percepito arretrati allo stesso titolo pari a € 1.444,34 lordi più
€ 262,04 non tassabili nel novembre 2005 ed € 5.668,73 lordi nel
novembre 2008, per un totale complessivo di € 7.375,11.
Conformemente alla
richiesta della resistente INPS, pertanto, l’oggetto della domanda
è stato rideterminato nei termini sopra descritti con la sentenza n.
OMISSIS di questa Sezione. Su tale capo della sentenza, non oggetto
di appello, si è formato il giudicato.
Va peraltro
osservato che tali circostanze erano note al ricorrente fin dal
momento della proposizione del primo ricorso, avvenuta nel settembre
2008: i provvedimenti di riliquidazione dei trattamenti
pensionistici, infatti, risalgono al 2005 e al 2006 (benchè
quest’ultimo sia stato applicato solo alla rata di novembre 2008:
peraltro, anche nel secondo ricorso, proposto nel 2009, le
circostanze vengono sottaciute) e ciò nonostante le originarie
domande del ricorrente non ne davano atto, né in sede di
riassunzione del giudizio il ricorrente ha ritenuto di precisare il
thema decidendum, pur avendo espressamente limitato, invece, la
riassunzione al solo giudizio originariamente iscritto al n. OMISSIS
del registro di segreteria di questa Sezione. Di ciò questo Giudice
dovrà tenere conto ai fini della valutazione del comportamento
processuale delle parti e di regolazione delle spese.
Così delimitato il
thema decidendum, deve essere esaminato il merito della questione
sottoposta all’esame di questa Corte, alla quale la Sezione
d’Appello ha rimesso il giudizio affinchè si valutasse, nel caso
concreto, se sussistessero le condizioni per la declaratoria di
irripetibilità dell’indebito, dovendosi in tal senso ritenere
proposta la domanda del ricorrente (optando per una lettura in senso
sostanziale della domanda, in ottemperanza ad un principio di favor
del ricorrente -che peraltro agisce in proprio-, benchè, in realtà,
la domanda sia formulata in termini di mero annullamento di un atto
di diniego di accoglimento di un ricorso amministrativo e come tale
stricto sensu non ammissibile).
E’ noto, infatti,
l’orientamento di questa Corte espresso, in materia di indebito
pensionistico, dalla sentenza n. 2/QM/2012 delle Sezioni Riunite,
secondo cui “Lo spirare di termini regolamentari di settore per
l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo non priva, ex
se, l’Amministrazione del diritto-dovere di procedere al recupero
delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio; sussiste
peraltro, un principio di affidamento del percettore in buona fede
dell’indebito che matura e si consolida nel tempo, opponibile
dall’interessato in sede amministrativa e giudiziaria. Tale
principio va individuato attraverso una serie di elementi quali il
decorso del tempo, valutato con riferimento agli stessi termini
procedimentali, e comunque nel termine di tre anni ricavabile da
norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche la rilevabilità
in concreto, secondo l’ordinaria diligenza dell’errore riferito
alla maggiore somma erogata sul rateo di pensione, le ragioni che
hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il
momento della conoscenza, da parte dell’Amministrazione, di ogni
altro elemento necessario per la liquidazione del trattamento
definitivo”.
La questione
sottoposta al giudizio di questo Giudice, quindi, deve essere
vagliata alla luce dei criteri di valutazione sopra indicati.
Si è già più
sopra ricordato che il ricorrente è stato collocato a riposo a far
data dal 15.1.1990, per entrare in ausiliaria, nella quale è rimasto
fino al 1.1.1998, data nella quale è entrato nella riserva.
Conseguentemente gli
è stato riconosciuto il trattamento pensionistico, necessariamente
provvisorio: il ricorrente non solo era pienamente edotto, fin dal
suo collocamento in congedo a domanda, del fatto che il trattamento
di pensione di cui era destinatario aveva carattere provvisorio
(essendo destinato ad essere ricalcolato al termine del periodo di
ausiliaria con il computo nella base pensionabile della relativa
indennità), ma sapeva anche che, avendo egli avanzato istanza per la
concessione di un trattamento pensionistico di privilegio, il
trattamento pensionistico definitivo avrebbe potuto essere liquidato
solo successivamente alla definizione dell’istanza per il
riconoscimento del privilegio.
Egli, quindi, non
poteva certo ritenere che il trattamento di pensione provvisorio
concesso dapprima, in via ordinaria, al momento della cessazione dal
servizio e poi con il riconoscimento, nel 1992, della pensione
(provvisoria) privilegiata potesse in qualche modo consolidarsi in
assenza di un provvedimento definitorio che, da un lato, tenesse
conto (in tutto o, in ipotesi, in parte o per nulla) a fini
pensionistici dell’ausiliaria e, dall’altro, della pendenza
dell’istanza per il riconoscimento del trattamento di privilegio.
E ciò a maggior
ragione se si considera, come correttamente rilevato fin dalle prime
difese dall’INPDAP (ora INPS), che tutte le comunicazioni
intercorse nel tempo, anche ad intervalli (relativamente) ridotti di
tempo (cfr. doc. 6, 7, 8 della difesa INPS), evidenziavano la
provvisorietà del trattamento erogato.
Alla luce degli
elementi di fatto sin qui enunciati, non sembrano ricorrere nel caso
concreto i presupposti per il riconoscimento del legittimo
affidamento in capo al ricorrente, così come enunciati dalla citata
sentenza n. 2/QM/2012 delle Sezioni Riunite, secondo cui la non
ripetibilità dell’indebito non è connessa al solo decorso del
tempo (nel caso di specie, peraltro, intervallato ed interrotto da
una pluralità di provvedimenti interinali) o alla sola buona fede
(di cui, però, si è detto), ma ad una pluralità di fattori che
devono concorrere, così come ritiene anche la giurisprudenza
amministrativa (Cons. Stato, V, 12 aprile 2012 n. 2118).
Deve, quindi,
escludersi che in capo al ricorrente potesse legittimamente ed in
buona fede formarsi il convincimento, nonostante il decorso del
tempo, che la situazione potesse ritenersi consolidata: egli ben
sapeva non solo che gli era stato attribuito un trattamento
provvisorio ma soprattutto sapeva che la provvisorietà discendeva
direttamente da una pluralità di fattori parzialmente ad esso
imputabili, come sopra ricordato.
Tali elementi
concorrono a delineare il quadro escludente la sussistenza della
buona fede e del legittimo affidamento -inteso quest’ultimo nel
senso indicato dalla più volte citata sent. n. 2/QM/2012 SS.RR. (“il
principio in esame consta di tre elementi costitutivi, e
precisamente: a) un elemento oggettivo, consistente in un vantaggio
del privato identificabile in maniera chiara ed univoca; b) un
elemento soggettivo, idoneo a rendere l’affidamento “legittimo”,
nel senso che il privato deve mostrare una plausibile convinzione di
avere titolo all’utilità ottenuta, con la conseguenza che è
tutelabile solo l’affidamento radicato nella buona fede in senso
soggettivo, e che non merita, per contro, protezione l’aspirazione
all’intangibilità di quanto il privato stesso abbia ottenuto con
dolo; c) un elemento temporale, che consiste all’affidamento
legittimo di diventare pieno e di consolidarsi solo allorchè si sia
al cospetto di un vantaggio conseguito in un arco di tempo tale da
persuadere il beneficiario della sua stabilità, se non della sua
definitività, sicchè il decorso del tempo più che un fattore di
potenziamento dell’affidamento, finisce per esserne un elemento
costitutivo”)- in capo al ricorrente.
Alla luce di quanto
sopra esposto e attesa l’insussistenza del legittimo affidamento la
domanda del ricorrente di dichiarazione di irripetibilità
dell’indebito non può essere accolta.
Il ricorso è
infondato e va, pertanto, rigettato.
Al rigetto della
domanda segue la liquidazione delle spese in favore dell’INPS in
euro 1.000,00 omnicomprensivi.
P.Q.M.
Definitivamente
pronunciando sul ricorso iscritto al n. 30574 del registro di
segreteria proposto da P. A. confronti di INPS, ogni diversa domanda
od eccezione respinta,
-respinge il
ricorso;
-condanna il
ricorrente alla rifusione delle spese legali nei confronti di INPS,
che liquida in euro 1.000,00 omnicomprensivi;
-compensa
integralmente tra le parti le spese legali del giudizio d’appello
iscritto al n. OMISSIS del registro di segreteria della Seconda
Sezione Giurisdizionale Centrale;
-nulla per le spese
di giudizio;
Così deciso in
Venezia, nella Camera di Consiglio all’esito dell’udienza
pubblica del 21 giugno 2018.
Il Giudice Unico
delle Pensioni
F.to Dott.ssa
Daniela Alberghini
Il G.U.P., ravvisati
gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del D.Lgs 196/03,
dispone che, a cura della Segreteria della Sezione, venga apposta
l’annotazione di cui al co 3 del medesimo art. 52 nei riguardi del
ricorrente.
Il G.U.P.
F.to Dott.ssa
Daniela Alberghini
Depositata in
Segreteria il 28/09/2018
Il Funzionario
Preposto
F.to Nadia Tonolo
In esecuzione del
provvedimento del G.U.P. ai sensi dell’art. 52 del Decreto
Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione, omettere
le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente e, se
esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Venezia, 28/09/2018
Il Funzionario
preposto
F.to Nadia Tonolo
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