N. 12 SENTENZA 5 dicembre 2018- 31 gennaio 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Procedimento civile ‒ Esecuzione mobiliare ‒ Impignorabilita' delle
somme accreditate su conto corrente bancario o postale intestato al
debitore, a titolo di pensione o di altre prestazioni
assistenziali, per le procedure esecutive iniziate successivamente
alla data del 27 giugno 2015.
- Decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia
fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e
funzionamento dell'amministrazione giudiziaria), art. 23, comma 6,
convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132.
-
(GU n.6 del 6-2-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma
6, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia
fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e
funzionamento dell'amministrazione giudiziaria), convertito, con
modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132, promosso dal
Tribunale ordinario di Brescia, nel procedimento vertente tra Banca
Valsabbina scpa e G. D.G. e altri, con ordinanza del 30 settembre
2015, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 2018 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie
speciale, dell'anno 2018.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 2018 il Giudice
relatore Aldo Carosi.
Ritenuto in fatto
1.- Il Tribunale ordinario di Brescia, in funzione di giudice
dell'esecuzione mobiliare, con ordinanza del 30 settembre 2015 (r.o.
n. 72 del 2018), ha sollevato, in riferimento all'art. 3, primo
comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 23, comma 6, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83
(Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile
e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione
giudiziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto
2015, n. 132, nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui
al precedente art. 13, comma 1, lettera l), laddove introducono
l'ottavo comma dell'art. 545 del codice di procedura civile, si
applichino esclusivamente alle procedure esecutive iniziate
successivamente alla data di entrata in vigore del predetto d.l. (27
giugno 2015), anziche' a tutte le procedure pendenti alla medesima
data.
Il giudice rimettente riferisce di essere investito di una
opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 cod. proc. civ.,
nel corso della quale il debitore, sul cui conto corrente oggetto di
pignoramento veniva accreditato esclusivamente l'assegno sociale
mensile, ha eccepito l'illegittimita' costituzionale, in riferimento
all'art. 3 Cost., dell'art. 13 (recte: 23), comma 6, del d.l. n. 83
del 2015, nella parte in cui prevede che le modifiche apportate dal
citato art. 13, comma 1, lettera l), all'art. 545 cod. proc. civ. in
materia di pignoramento dei crediti transitati su conto corrente
abbiano effetto esclusivamente per le procedure esecutive instaurate
successivamente alla data di entrata in vigore del predetto decreto e
non anche per quelle a tale data pendenti.
Ai fini della rilevanza, il Tribunale a quo espone che il
creditore procedente, con atto notificato il 9 dicembre 2014 e
iscritto al ruolo il 9 gennaio 2015, aveva pignorato il saldo attivo
del conto corrente bancario, intestato all'esecutato, sul quale
venivano accreditati i ratei dell'assegno sociale.
Infatti, secondo la disciplina all'epoca vigente,
nell'interpretazione assurta a "diritto vivente", le somme erogate a
titolo di pensione o altri emolumenti pensionistici o assistenziali,
e, dunque, confluite nel patrimonio del percettore, allorche'
depositate presso istituti di credito e quindi disciplinate dall'art.
1834 del codice civile, erano pienamente assoggettabili a
espropriazione forzata.
Nel corso del procedimento e' entrato in vigore il sopra
ricordato d.l. n. 83 del 2015 che, tra l'altro, con l'art. 13, comma
1, lettera l), ha aggiunto all'art. 545 cod. proc. civ. i commi
settimo, ottavo e nono, prevedendo, con gli ultimi due, che: «[l]e
somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennita'
relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a
causa di licenziamento, nonche' a titolo di pensione, di indennita'
che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso
di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore,
possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo
dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore
al pignoramento; quando l'accredito ha luogo alla data del
pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere
pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo
comma, nonche' dalle speciali disposizioni di legge» (ottavo comma);
«[i]l pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo
in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e
dalle speciali disposizioni di legge e' parzialmente inefficace.
L'inefficacia e' rilevata dal giudice anche d'ufficio» (nono comma).
Secondo il rimettente, in virtu' delle disposizioni del novellato
art. 545 cod. proc. civ. e in forza del principio tempus regit actum,
egli avrebbe potuto dichiarare l'impignorabilita' del saldo attivo
del conto corrente bancario intestato al debitore esecutato,
alimentato esclusivamente dall'assegno sociale mensile a questi
spettante, in quanto all'esiguo saldo attivo presente alla data del
pignoramento si erano aggiunti solo due ratei erogati nei mesi
successivi. E' invece intervenuta la norma transitoria di cui
all'art. 23, comma 6, del suddetto d.l. n. 83 del 2015, secondo cui
«[l]e disposizioni di cui agli articoli 12 e 13, comma 1, lettere d),
l), m), n), si applicano esclusivamente alle procedure esecutive
iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del presente
decreto»; e poiche', in base all'art. 491 cod. proc. civ.,
l'espropriazione forzata «si inizia col pignoramento», e, nel caso di
specie, il pignoramento era stato notificato all'istituto di credito
il 9 dicembre 2014 e al debitore il successivo 23 dicembre, il
processo esecutivo di cui si tratta risulterebbe instaurato
antecedentemente al 27 giugno 2015, data di entrata in vigore del
d.l. n. 83 del 2015, e non ricadrebbe, pertanto, nell'ambito
applicativo della novella. Alle medesime conclusioni si giungerebbe,
peraltro, anche se si volesse far riferimento, per la pendenza della
procedura esecutiva, alla data del deposito della nota di iscrizione
a ruolo (9 gennaio 2015).
In definitiva, secondo la disciplina previgente - come
interpretata dal diritto vivente - applicabile al giudizio a quo in
virtu' della disposizione transitoria, dovrebbe pervenirsi a un
provvedimento di assegnazione delle somme erogate a titolo di assegno
sociale depositate sul conto corrente e assoggettate al pignoramento.
In punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente
ritiene che la disposizione censurata introduca, in violazione
dell'art. 3, primo comma, Cost., un irragionevole discrimine
temporale tra debitori, che risultano favoriti o meno dal nuovo
regime di «impignorabilita' relativa» delle somme depositate su conti
correnti bancari o postali, alimentati da assegni pensionistici o da
altre prestazioni assistenziali o retributive, per il solo fatto che
il pignoramento risulti notificato prima o dopo il 27 giugno 2015.
Detto discrimine, difatti, non troverebbe giustificazione ne' in
preclusioni formali o, in ogni caso, in limitazioni, anche temporali,
all'esercizio di poteri e facolta' processuali, tali da ostacolare
l'effettivo esercizio del diritto di difesa sancito dall'art. 24
Cost.; ne' nell'imposizione, a carico delle parti o degli altri
soggetti del processo, di adempimenti che potrebbero determinare un
aggravamento della procedura tale da dilatarne i tempi oltre i limiti
della ragionevole durata di cui all'art. 111, secondo comma, Cost.;
ne', infine, nella necessita' di tutelare le ragioni creditorie e, in
particolare, di evitare che il debitore possa sottrarsi alle proprie
responsabilita' di natura patrimoniale.
D'altronde, il vaglio di tali esigenze sarebbe gia' stato
compiuto da questa Corte nella sentenza n. 85 del 2015, ove e' stato
affermato che l'interesse del ceto creditorio va contemperato con gli
altri interessi costituzionalmente protetti, tra i quali quello,
presidiato dall'art. 38 Cost., di assicurare al pensionato i mezzi
minimi di sostentamento: la responsabilita' patrimoniale del debitore
di cui all'art. 2740 cod. civ. dovrebbe dunque trovare «il limite
della sua sostenibilita' umana, soprattutto nei confronti di chi
versa in situazioni svantaggiate quali quelle descritte nel citato
art. 38». Questa Corte, nella menzionata sentenza, avrebbe gia'
sottolineato l'urgenza e l'indifferibilita' di un intervento
normativo che, salva la discrezionalita' del legislatore nel
delineare le concrete modalita' di tutela, ponesse rimedio alla
violazione dell'art. 38 Cost., acuita dall'introduzione delle
limitazioni all'uso del contante e dalla conseguente necessita' di
ricorrere all'apertura del conto corrente bancario per movimentare
somme, anche di modesto importo.
In definitiva, secondo il rimettente, con la disposizione
censurata, il legislatore, anziche' sanare - ovviamente in
riferimento ai rapporti ancora non esauriti - il vulnus ai principi
costituzionali, l'avrebbe perpetuato.
Infine, questa Corte nella piu' volte menzionata sentenza n. 85
del 2015, rilevando il contrasto con l'art. 38 Cost., avrebbe essa
stessa escluso la possibilita' di un'interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione in esame.
2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, eccependo innanzitutto l'inammissibilita' della questione.
A suo avviso, il rimettente erroneamente riterrebbe di dover
dichiarare, in virtu' del principio tempus regit actum e del
novellato art. 545 cod. proc. civ., la totale impignorabilita' delle
somme sottoposte a esecuzione, in quanto l'atto rilevante per il
passaggio dal previgente al nuovo regime processuale non sarebbe
rappresentato dal provvedimento che dispone l'assegnazione dei beni
bensi' dal pignoramento che segna l'inizio del procedimento
esecutivo.
La disposizione censurata non sarebbe quindi una norma
retroattiva, da sottoporre al rigoroso vaglio di costituzionalita'
richiesto dal rimettente o al rispetto dell'art. 6 della Convenzione
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.
Inoltre, la questione sarebbe inammissibile perche' il giudice a
quo non specificherebbe in quali date sono stati accreditati i ratei
dell'assegno sociale successivi al pignoramento.
Infine, il giudice rimettente avrebbe comunque omesso il doveroso
tentativo di interpretazione conforme degli artt. 545 e 546 cod.
proc. civ., nella formulazione successiva al d.l. n. 83 del 2015.
La questione - anche a voler superare i profili di
inammissibilita' - sarebbe infondata.
Nella sentenza n. 85 del 2015 questa Corte avrebbe difatti
chiarito che i casi di impignorabilita' dei crediti costituiscono
deroga al principio generale della responsabilita' patrimoniale del
debitore e che comunque essi sono il frutto del bilanciamento degli
interessi del creditore e del debitore. Con l'art. 13, comma 1,
lettera l), del d.l. n. 83 del 2015, il legislatore sarebbe
intervenuto in materia e, in coerenza con l'eccezionalita' della
disciplina dell'impignorabilita', avrebbe fissato un ragionevole
limite temporale alla relativa disciplina. L'applicabilita' anche
alle procedure in corso comporterebbe difatti la sottrazione del bene
pignorato alla procedura esecutiva, con pregiudizio del creditore che
correttamente aveva agito per la tutela del proprio credito.
In conclusione, l'individuazione del contestato limite temporale
rientrerebbe nella discrezionalita' del legislatore nell'operare il
menzionato bilanciamento.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale ordinario di Brescia, in funzione di giudice
dell'esecuzione mobiliare, ha sollevato, in riferimento all'art. 3,
primo comma, della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 23, comma 6, del decreto-legge 27 giugno
2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e
processuale civile e di organizzazione e funzionamento
dell'amministrazione giudiziaria), convertito, con modificazioni,
nella legge 6 agosto 2015, n. 132, nella parte in cui prevede che le
disposizioni di cui al precedente art. 13, comma 1, lettera l),
laddove introducono l'ottavo comma dell'art. 545 del codice di
procedura civile, si applichino esclusivamente alle procedure
esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del
predetto d.l. (27 giugno 2015), anziche' a tutte le procedure
pendenti alla medesima data.
Secondo il giudice rimettente, la disposizione transitoria
censurata introdurrebbe un irragionevole discrimine temporale per
l'applicazione del nuovo regime di pignorabilita' delle somme
accreditate su conto corrente bancario o postale intestato al
debitore a titolo di pensione o di altre prestazioni assistenziali o
retributive, previste dall'ottavo comma dell'art. 545 cod. proc.
civ., aggiunto dal richiamato art. 13, comma 1, lettera l). In tal
modo permarrebbe, per le procedure pendenti alla data di entrata in
vigore del predetto d.l. n. 83 del 2015, un regime contrario ai
principi costituzionali richiamati nella sentenza n. 85 del 2015.
2.- In via preliminare, devono essere disattese le eccezioni di
inammissibilita' della questione sollevate dal Presidente del
Consiglio dei ministri.
2.1.- Innanzitutto, non e' fondata l'eccezione di
inammissibilita' per erroneita' del presupposto, secondo cui l'atto
in base al quale andrebbe identificata la normativa applicabile non
sarebbe il provvedimento che dispone l'assegnazione dei crediti (art.
553 cod. proc. civ.), bensi' il pignoramento ai sensi dell'art. 543
cod. proc. civ., che segna l'inizio del procedimento esecutivo. E' di
tutta evidenza che l'eventuale accoglimento della questione con una
pronuncia che renda applicabile il suddetto nuovo regime di
pignorabilita' a tutte le procedure pendenti consentirebbe al giudice
a quo di dichiarare impignorabili, nei limiti fissati da detta
disposizione, le rimesse sul conto corrente bancario a titolo di
assegno sociale.
2.2.- Quanto all'ulteriore eccezione di inammissibilita' basata
sulla mancata indicazione delle date di accreditamento dei ratei, va
osservato che l'ottavo comma dell'art. 545 cod. proc. civ. -
introdotto, come detto, dall'art. 13, comma 1, lettera l), del d.l.
n. 83 del 2015 - diversifica la soglia della pignorabilita' dei
crediti in questione a seconda che le rimesse siano anteriori o
successive al pignoramento. La mancata specificazione delle date
degli accrediti non inficia dunque l'ammissibilita' della questione
per carente descrizione della fattispecie, essendo sufficiente, ai
fini della rilevanza, l'indicazione della anteriorita' o
posteriorita' dell'accredito rispetto al pignoramento.
2.3.- Infine, l'ultima eccezione di inammissibilita' sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo la quale il giudice a
quo non avrebbe adeguatamente vagliato la possibilita' alternativa di
interpretare la disposizione censurata in modo conforme a
Costituzione, e' destituita di fondamento poiche' il rimettente
esclude tale possibilita' in considerazione sia della sentenza di
questa Corte n. 85 del 2015, sia del tenore letterale della
disposizione.
A quest'ultimo riguardo, occorre ribadire che, «[a] fronte di
adeguata motivazione circa l'impedimento ad un'interpretazione
costituzionalmente compatibile, dovuto specificamente al "tenore
letterale della disposizione", [...] "la possibilita' di un'ulteriore
interpretazione alternativa, che il giudice a quo non ha ritenuto di
fare propria, non riveste alcun significativo rilievo ai fini del
rispetto delle regole del processo costituzionale, in quanto la
verifica dell'esistenza e della legittimita' di tale ulteriore
interpretazione e' questione che attiene al merito della
controversia, e non alla sua ammissibilita'" (sentenza n. 221 del
2015). Si tratta di orientamento ormai consolidato, in virtu' del
quale puo' ben dirsi che "se l'interpretazione prescelta dal giudice
rimettente sia da considerare la sola persuasiva, e' profilo che
esula dall'ammissibilita' e attiene, per contro, al merito" (sentenze
nn. 95 e 45 del 2016, n. 262 del 2015; nonche', nel medesimo senso,
sentenza n. 204 del 2016)» (sentenza n. 42 del 2017).
2.4.- Ancora in via preliminare occorre precisare che il presente
giudizio riguarda l'intangibilita' dell'assegno sociale mensile in
ordine alla cui integrale pignorabilita' prevista dal regime
antecedente questa Corte aveva rilevato un contrasto con il principio
espresso dall'art. 38, secondo comma, Cost.
L'ordinanza in esame richiama tuttavia l'art. 3 Cost. sotto il
profilo del principio di eguaglianza ed e', pertanto, in riferimento
a tale parametro che dovra' essere risolta la questione posta dal
rimettente.
3.- La questione e' fondata con riguardo alla pignorabilita'
della prestazione pensionistica relativamente alle procedure iniziate
antecedentemente all'entrata in vigore del d.l. n. 83 del 2015.
3.1.- Premesso che «il quadro normativo e giurisprudenziale del
regime delle impignorabilita' dei crediti afferenti a redditi esigui
si presenta complesso a causa di molteplici fattispecie riferibili a
situazioni giuridiche diverse, tra loro difficilmente comparabili e
sostanzialmente disomogenee» (sentenza n. 248 del 2015), per quel che
riguarda gli emolumenti dovuti a titolo di pensione, di indennita'
che tengono luogo di pensione o di altri assegni, l'orientamento di
questa Corte e' nel senso che debba essere sottratta al regime
generale di pignorabilita' la parte necessaria per assicurare mezzi
adeguati alle esigenze di vita del pensionato (ex plurimis, sentenza
n. 506 del 2002).
Come e' noto, la pensione sociale e' stata sostituita, ai sensi
dell'art. 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del
sistema pensionistico obbligatorio e complementare), dall'assegno
sociale - il cui accredito sul conto corrente e' oggetto di
pignoramento nel giudizio a quo - definito da questa Corte come nuova
prestazione assistenziale, erogata agli ultrasessantacinquenni,
istituita in attuazione dell'art. 38 Cost. per far fronte «al
particolare stato di bisogno derivante dall'indigenza, risultando
altre prestazioni - assistenza sanitaria, indennita' di
accompagnamento - preordinate a soccorrere lo stato di bisogno
derivante da grave invalidita' o non autosufficienza, insorte in un
momento nel quale non vi e' piu' ragione per annettere significato
alla riduzione della capacita' lavorativa, elemento che, per contro,
caratterizza le prestazioni assistenziali in favore dei soggetti
infrasessantacinquenni» (sentenza n. 400 del 1999). In virtu' del
rinvio disposto dall'art. 3, comma 7, della legge n. 335 del 1995
alle «disposizioni in materia di pensione sociale di cui alla legge
30 aprile 1969, n. 153», l'assegno sociale «non e' cedibile, ne'
sequestrabile, ne' pignorabile» (art. 26, dodicesimo comma, della
legge 30 aprile 1969, n. 153, recante «Revisione degli ordinamenti
pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale»).
Ai sensi del settimo comma dell'art. 545 cod. proc. civ.,
aggiunto dall'art. 13, comma 1, lettera l), del d.l. n. 83 del 2015,
la misura massima dell'assegno sociale, aumentato della meta', e'
attualmente parametro per la quantificazione della parte di pensione
necessaria in base all'art. 38, secondo comma, Cost., per assicurare
ai lavoratori mezzi adeguati alle esigenze di vita.
3.2.- Il diverso regime temporale previsto per le procedure
pendenti alla data di entrata in vigore del d.l. n. 83 del 2015,
benche' sia ispirato all'esigenza di salvaguardare l'affidamento
nella certezza giuridica di chi ha avviato il pignoramento nella
piena vigenza della disciplina antecedente che lo consentiva, non
supera il vaglio di costituzionalita'.
Per tale esigenza prevale, infatti, nel bilanciamento tra valori
costituzionalmente protetti, la tutela del pensionato, la cui
necessita' era gia' stata affermata da questa Corte, pur in un
contesto che non le consentiva l'adozione di una pronuncia a rime
obbligate.
In quella pronuncia fu, infatti, comunque precisato che «[n]on
puo' [...] sostenersi, come sembra ritenere il rimettente, che le
ipotesi di impignorabilita' dei crediti da pensione possano
estendersi, attraverso l'interpretazione giuridica o un'eventuale
pronuncia additiva di questa Corte, alla disciplina del pignoramento
sul conto corrente. Cio' per due distinti ordini di motivi: i limiti
alla pignorabilita' dei beni del debitore sono deroghe al principio
generale della responsabilita' patrimoniale, tassativamente previste
dalla legge e, per questo motivo, non suscettibili di estensione
analogica; un'eventuale pronuncia additiva di questa Corte non
potrebbe essere a "rime obbligate", dal momento che il credito da
pensione e' situazione giuridica profondamente diversa dal credito di
conto corrente e che, conseguentemente, l'indefettibile principio
costituzionale di tutela del fine solidaristico (di garantire
l'emancipazione dal bisogno del pensionato) non puo' trovare
soluzione obbligata attraverso l'automatica riproduzione di una norma
appartenente ad un contesto giuridico diverso. [...] Il vulnus
riscontrato e la necessita' che l'ordinamento si doti di un rimedio
effettivo per assicurare condizioni di vita minime al pensionato, se
non inficiano - per le ragioni gia' esposte - la ritenuta
inammissibilita' delle questioni e se non pregiudicano la "priorita'
di valutazione da parte del legislatore sulla congruita' dei mezzi
per raggiungere un fine costituzionalmente necessario" (sentenza n.
23 del 2013), impongono tuttavia di sottolineare la necessita' che lo
stesso legislatore dia tempestiva soluzione al problema individuato
nella presente pronuncia» (sentenza n. 85 del 2015).
Nel contesto in cui il legislatore - ottemperando al monito di
questa Corte - ha effettivamente esercitato la sua discrezionalita'
al fine di garantire la necessaria tutela al pensionato che fruisce
dell'accredito sul proprio conto corrente, risulta irragionevole che
tale tutela non sia estesa alle situazioni pendenti al momento
dell'entrata in vigore della novella legislativa.
Ancorche' il rimettente non abbia direttamente evocato l'art. 38,
secondo comma, Cost., la questione posta in esplicito riferimento
alla pronuncia di questa Corte con la sentenza n. 85 del 2015 deve
essere accolta in riferimento al principio di eguaglianza, che e'
strettamente collegato - nella fattispecie in esame - al principio
dell'impignorabilita' parziale dei trattamenti pensionistici.
Quest'ultima «e' posta a tutela dell'interesse di natura
pubblicistica consistente nel garantire al pensionato i mezzi
adeguati alle proprie esigenze di vita» (ex multis, Corte di
cassazione, sezione terza civile, sentenza n. 23 marzo 2011, n.
6548).
Alla luce delle precedenti considerazioni, deve dunque essere
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 6, del
d.l. n. 83 del 2015, convertito, con modificazioni, nella legge n.
132 del 2015, nella parte in cui non prevede che l'ottavo comma
dell'art. 545 cod. proc. civ., introdotto dall'art. 13, comma 1,
lettera l), del medesimo d.l., si applichi anche alle procedure
esecutive aventi ad oggetto prestazioni pensionistiche pendenti alla
data di entrata in vigore del predetto decreto.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 6,
del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia
fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e
funzionamento dell'amministrazione giudiziaria), convertito, con
modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132, nella parte in cui
non prevede che l'ottavo comma dell'art. 545 del codice di procedura
civile, introdotto dall'art. 13, comma 1, lettera l), del medesimo
decreto-legge, si applichi anche alle procedure esecutive aventi ad
oggetto prestazioni pensionistiche pendenti alla data di entrata in
vigore di detto decreto-legge.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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mercoledì 6 febbraio 2019
N. 12 SENTENZA 5 dicembre 2018- 31 gennaio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Procedimento civile ‒ Esecuzione mobiliare ‒ Impignorabilita' delle somme accreditate su conto corrente bancario o postale intestato al debitore, a titolo di pensione o di altre prestazioni assistenziali, per le procedure esecutive iniziate successivamente alla data del 27 giugno 2015. - Decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria), art. 23, comma 6, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132. - (GU n.6 del 6-2-2019 )
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