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mercoledì 6 febbraio 2019

N. 12 SENTENZA 5 dicembre 2018- 31 gennaio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Procedimento civile ‒ Esecuzione mobiliare ‒ Impignorabilita' delle somme accreditate su conto corrente bancario o postale intestato al debitore, a titolo di pensione o di altre prestazioni assistenziali, per le procedure esecutive iniziate successivamente alla data del 27 giugno 2015. - Decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria), art. 23, comma 6, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132. - (GU n.6 del 6-2-2019 )

N. 12 SENTENZA 5 dicembre 2018- 31 gennaio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento civile ‒ Esecuzione mobiliare ‒  Impignorabilita'  delle
  somme accreditate su conto corrente bancario o postale intestato al
  debitore,  a  titolo   di   pensione   o   di   altre   prestazioni
  assistenziali, per le procedure esecutive iniziate  successivamente
  alla data del 27 giugno 2015.
- Decreto-legge 27 giugno 2015, n.  83  (Misure  urgenti  in  materia
  fallimentare, civile e processuale civile  e  di  organizzazione  e
  funzionamento dell'amministrazione giudiziaria), art. 23, comma  6,
  convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132.

(GU n.6 del 6-2-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  23,  comma
6, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia
fallimentare, civile e  processuale  civile  e  di  organizzazione  e
funzionamento  dell'amministrazione  giudiziaria),  convertito,   con
modificazioni, nella legge  6  agosto  2015,  n.  132,  promosso  dal
Tribunale ordinario di Brescia, nel procedimento vertente  tra  Banca
Valsabbina scpa e G. D.G. e altri, con  ordinanza  del  30  settembre
2015, iscritta al n. 72 del  registro  ordinanze  2018  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  20,  prima   serie
speciale, dell'anno 2018.
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del 24 ottobre  2018  il  Giudice
relatore Aldo Carosi.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Il Tribunale ordinario di Brescia,  in  funzione  di  giudice
dell'esecuzione mobiliare, con ordinanza del 30 settembre 2015  (r.o.
n. 72 del 2018), ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  3,  primo
comma, della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 23, comma 6,  del  decreto-legge  27  giugno  2015,  n.  83
(Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale  civile
e   di   organizzazione    e    funzionamento    dell'amministrazione
giudiziaria), convertito, con modificazioni,  nella  legge  6  agosto
2015, n. 132, nella parte in cui prevede che le disposizioni  di  cui
al precedente art. 13,  comma  1,  lettera  l),  laddove  introducono
l'ottavo comma dell'art. 545  del  codice  di  procedura  civile,  si
applichino   esclusivamente   alle   procedure   esecutive   iniziate
successivamente alla data di entrata in vigore del predetto d.l.  (27
giugno 2015), anziche' a tutte le procedure  pendenti  alla  medesima
data.
    Il giudice  rimettente  riferisce  di  essere  investito  di  una
opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615  cod.  proc.  civ.,
nel corso della quale il debitore, sul cui conto corrente oggetto  di
pignoramento  veniva  accreditato  esclusivamente  l'assegno  sociale
mensile, ha eccepito l'illegittimita' costituzionale, in  riferimento
all'art. 3 Cost., dell'art. 13 (recte: 23), comma 6, del d.l.  n.  83
del 2015, nella parte in cui prevede che le modifiche  apportate  dal
citato art. 13, comma 1, lettera l), all'art. 545 cod. proc. civ.  in
materia di pignoramento dei  crediti  transitati  su  conto  corrente
abbiano effetto esclusivamente per le procedure esecutive  instaurate
successivamente alla data di entrata in vigore del predetto decreto e
non anche per quelle a tale data pendenti.
    Ai fini della  rilevanza,  il  Tribunale  a  quo  espone  che  il
creditore procedente, con  atto  notificato  il  9  dicembre  2014  e
iscritto al ruolo il 9 gennaio 2015, aveva pignorato il saldo  attivo
del conto  corrente  bancario,  intestato  all'esecutato,  sul  quale
venivano accreditati i ratei dell'assegno sociale.
    Infatti,    secondo    la    disciplina    all'epoca     vigente,
nell'interpretazione assurta a "diritto vivente", le somme erogate  a
titolo di pensione o altri emolumenti pensionistici o  assistenziali,
e,  dunque,  confluite  nel  patrimonio  del  percettore,   allorche'
depositate presso istituti di credito e quindi disciplinate dall'art.
1834  del  codice   civile,   erano   pienamente   assoggettabili   a
espropriazione forzata.
    Nel  corso  del  procedimento  e'  entrato  in  vigore  il  sopra
ricordato d.l. n. 83 del 2015 che, tra l'altro, con l'art. 13,  comma
1, lettera l), ha aggiunto all'art.  545  cod.  proc.  civ.  i  commi
settimo, ottavo e nono, prevedendo, con gli ultimi  due,  che:  «[l]e
somme  dovute  a  titolo  di  stipendio,  salario,  altre  indennita'
relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a
causa di licenziamento, nonche' a titolo di pensione,  di  indennita'
che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza,  nel  caso
di accredito su conto  bancario  o  postale  intestato  al  debitore,
possono  essere  pignorate,  per  l'importo   eccedente   il   triplo
dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in  data  anteriore
al  pignoramento;  quando  l'accredito  ha  luogo   alla   data   del
pignoramento o successivamente,  le  predette  somme  possono  essere
pignorate nei limiti previsti dal terzo,  quarto,  quinto  e  settimo
comma, nonche' dalle speciali disposizioni di legge» (ottavo  comma);
«[i]l pignoramento eseguito sulle somme di cui al  presente  articolo
in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti  dallo  stesso  e
dalle speciali disposizioni  di  legge  e'  parzialmente  inefficace.
L'inefficacia e' rilevata dal giudice anche d'ufficio» (nono comma).
    Secondo il rimettente, in virtu' delle disposizioni del novellato
art. 545 cod. proc. civ. e in forza del principio tempus regit actum,
egli avrebbe potuto dichiarare l'impignorabilita'  del  saldo  attivo
del  conto  corrente  bancario  intestato  al   debitore   esecutato,
alimentato  esclusivamente  dall'assegno  sociale  mensile  a  questi
spettante, in quanto all'esiguo saldo attivo presente alla  data  del
pignoramento si erano  aggiunti  solo  due  ratei  erogati  nei  mesi
successivi.  E'  invece  intervenuta  la  norma  transitoria  di  cui
all'art. 23, comma 6, del suddetto d.l. n. 83 del 2015,  secondo  cui
«[l]e disposizioni di cui agli articoli 12 e 13, comma 1, lettere d),
l), m), n), si  applicano  esclusivamente  alle  procedure  esecutive
iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del  presente
decreto»;  e  poiche',  in  base  all'art.  491  cod.   proc.   civ.,
l'espropriazione forzata «si inizia col pignoramento», e, nel caso di
specie, il pignoramento era stato notificato all'istituto di  credito
il 9 dicembre 2014 e  al  debitore  il  successivo  23  dicembre,  il
processo  esecutivo  di  cui  si   tratta   risulterebbe   instaurato
antecedentemente al 27 giugno 2015, data di  entrata  in  vigore  del
d.l.  n.  83  del  2015,  e  non  ricadrebbe,  pertanto,  nell'ambito
applicativo della novella. Alle medesime conclusioni si  giungerebbe,
peraltro, anche se si volesse far riferimento, per la pendenza  della
procedura esecutiva, alla data del deposito della nota di  iscrizione
a ruolo (9 gennaio 2015).
    In  definitiva,  secondo  la   disciplina   previgente   -   come
interpretata dal diritto vivente - applicabile al giudizio a  quo  in
virtu' della  disposizione  transitoria,  dovrebbe  pervenirsi  a  un
provvedimento di assegnazione delle somme erogate a titolo di assegno
sociale depositate sul conto corrente e assoggettate al pignoramento.
    In punto di non manifesta  infondatezza,  il  giudice  rimettente
ritiene  che  la  disposizione  censurata  introduca,  in  violazione
dell'art.  3,  primo  comma,  Cost.,  un   irragionevole   discrimine
temporale tra debitori, che  risultano  favoriti  o  meno  dal  nuovo
regime di «impignorabilita' relativa» delle somme depositate su conti
correnti bancari o postali, alimentati da assegni pensionistici o  da
altre prestazioni assistenziali o retributive, per il solo fatto  che
il pignoramento risulti notificato prima o dopo il  27  giugno  2015.
Detto discrimine, difatti,  non  troverebbe  giustificazione  ne'  in
preclusioni formali o, in ogni caso, in limitazioni, anche temporali,
all'esercizio di poteri e facolta' processuali,  tali  da  ostacolare
l'effettivo esercizio del diritto  di  difesa  sancito  dall'art.  24
Cost.; ne' nell'imposizione, a  carico  delle  parti  o  degli  altri
soggetti del processo, di adempimenti che potrebbero  determinare  un
aggravamento della procedura tale da dilatarne i tempi oltre i limiti
della ragionevole durata di cui all'art. 111, secondo  comma,  Cost.;
ne', infine, nella necessita' di tutelare le ragioni creditorie e, in
particolare, di evitare che il debitore possa sottrarsi alle  proprie
responsabilita' di natura patrimoniale.
    D'altronde,  il  vaglio  di  tali  esigenze  sarebbe  gia'  stato
compiuto da questa Corte nella sentenza n. 85 del 2015, ove e'  stato
affermato che l'interesse del ceto creditorio va contemperato con gli
altri interessi costituzionalmente  protetti,  tra  i  quali  quello,
presidiato dall'art. 38 Cost., di assicurare al  pensionato  i  mezzi
minimi di sostentamento: la responsabilita' patrimoniale del debitore
di cui all'art. 2740 cod. civ. dovrebbe  dunque  trovare  «il  limite
della sua sostenibilita' umana,  soprattutto  nei  confronti  di  chi
versa in situazioni svantaggiate quali quelle  descritte  nel  citato
art. 38». Questa  Corte,  nella  menzionata  sentenza,  avrebbe  gia'
sottolineato  l'urgenza  e  l'indifferibilita'   di   un   intervento
normativo  che,  salva  la  discrezionalita'  del   legislatore   nel
delineare le concrete  modalita'  di  tutela,  ponesse  rimedio  alla
violazione  dell'art.  38  Cost.,  acuita   dall'introduzione   delle
limitazioni all'uso del contante e dalla  conseguente  necessita'  di
ricorrere all'apertura del conto corrente  bancario  per  movimentare
somme, anche di modesto importo.
    In  definitiva,  secondo  il  rimettente,  con  la   disposizione
censurata,  il  legislatore,  anziche'   sanare   -   ovviamente   in
riferimento ai rapporti ancora non esauriti - il vulnus  ai  principi
costituzionali, l'avrebbe perpetuato.
    Infine, questa Corte nella piu' volte menzionata sentenza  n.  85
del 2015, rilevando il contrasto con l'art. 38  Cost.,  avrebbe  essa
stessa    escluso    la    possibilita'     di     un'interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione in esame.
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, eccependo innanzitutto l'inammissibilita' della questione.
    A suo avviso, il  rimettente  erroneamente  riterrebbe  di  dover
dichiarare,  in  virtu'  del  principio  tempus  regit  actum  e  del
novellato art. 545 cod. proc. civ., la totale impignorabilita'  delle
somme sottoposte a esecuzione, in  quanto  l'atto  rilevante  per  il
passaggio dal previgente al  nuovo  regime  processuale  non  sarebbe
rappresentato dal provvedimento che dispone l'assegnazione  dei  beni
bensi'  dal  pignoramento  che  segna   l'inizio   del   procedimento
esecutivo.
    La  disposizione  censurata  non   sarebbe   quindi   una   norma
retroattiva, da sottoporre al rigoroso  vaglio  di  costituzionalita'
richiesto dal rimettente o al rispetto dell'art. 6 della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.
    Inoltre, la questione sarebbe inammissibile perche' il giudice  a
quo non specificherebbe in quali date sono stati accreditati i  ratei
dell'assegno sociale successivi al pignoramento.
    Infine, il giudice rimettente avrebbe comunque omesso il doveroso
tentativo di interpretazione conforme degli  artt.  545  e  546  cod.
proc. civ., nella formulazione successiva al d.l. n. 83 del 2015.
    La  questione  -  anche   a   voler   superare   i   profili   di
inammissibilita' - sarebbe infondata.
    Nella sentenza n.  85  del  2015  questa  Corte  avrebbe  difatti
chiarito che i casi di  impignorabilita'  dei  crediti  costituiscono
deroga al principio generale della responsabilita'  patrimoniale  del
debitore e che comunque essi sono il frutto del  bilanciamento  degli
interessi del creditore e del  debitore.  Con  l'art.  13,  comma  1,
lettera  l),  del  d.l.  n.  83  del  2015,  il  legislatore  sarebbe
intervenuto in materia e,  in  coerenza  con  l'eccezionalita'  della
disciplina  dell'impignorabilita',  avrebbe  fissato  un  ragionevole
limite temporale alla  relativa  disciplina.  L'applicabilita'  anche
alle procedure in corso comporterebbe difatti la sottrazione del bene
pignorato alla procedura esecutiva, con pregiudizio del creditore che
correttamente aveva agito per la tutela del proprio credito.
    In conclusione, l'individuazione del contestato limite  temporale
rientrerebbe nella discrezionalita' del legislatore  nell'operare  il
menzionato bilanciamento.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Tribunale ordinario di Brescia,  in  funzione  di  giudice
dell'esecuzione mobiliare, ha sollevato, in riferimento  all'art.  3,
primo  comma,   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 23, comma 6,  del  decreto-legge  27  giugno
2015, n.  83  (Misure  urgenti  in  materia  fallimentare,  civile  e
processuale   civile   e   di    organizzazione    e    funzionamento
dell'amministrazione  giudiziaria),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 6 agosto 2015, n. 132, nella parte in cui prevede che  le
disposizioni di cui al precedente  art.  13,  comma  1,  lettera  l),
laddove introducono  l'ottavo  comma  dell'art.  545  del  codice  di
procedura  civile,  si  applichino  esclusivamente   alle   procedure
esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del
predetto d.l.  (27  giugno  2015),  anziche'  a  tutte  le  procedure
pendenti alla medesima data.
    Secondo  il  giudice  rimettente,  la  disposizione   transitoria
censurata introdurrebbe un  irragionevole  discrimine  temporale  per
l'applicazione  del  nuovo  regime  di  pignorabilita'  delle   somme
accreditate  su  conto  corrente  bancario  o  postale  intestato  al
debitore a titolo di pensione o di altre prestazioni assistenziali  o
retributive, previste dall'ottavo  comma  dell'art.  545  cod.  proc.
civ., aggiunto dal richiamato art. 13, comma 1, lettera  l).  In  tal
modo permarrebbe, per le procedure pendenti alla data di  entrata  in
vigore del predetto d.l. n. 83  del  2015,  un  regime  contrario  ai
principi costituzionali richiamati nella sentenza n. 85 del 2015.
    2.- In via preliminare, devono essere disattese le  eccezioni  di
inammissibilita'  della  questione  sollevate  dal   Presidente   del
Consiglio dei ministri.
    2.1.-   Innanzitutto,   non    e'    fondata    l'eccezione    di
inammissibilita' per erroneita' del presupposto, secondo  cui  l'atto
in base al quale andrebbe identificata la normativa  applicabile  non
sarebbe il provvedimento che dispone l'assegnazione dei crediti (art.
553 cod. proc. civ.), bensi' il pignoramento ai sensi  dell'art.  543
cod. proc. civ., che segna l'inizio del procedimento esecutivo. E' di
tutta evidenza che l'eventuale accoglimento della questione  con  una
pronuncia  che  renda  applicabile  il  suddetto  nuovo   regime   di
pignorabilita' a tutte le procedure pendenti consentirebbe al giudice
a quo di  dichiarare  impignorabili,  nei  limiti  fissati  da  detta
disposizione, le rimesse sul conto  corrente  bancario  a  titolo  di
assegno sociale.
    2.2.- Quanto all'ulteriore eccezione di  inammissibilita'  basata
sulla mancata indicazione delle date di accreditamento dei ratei,  va
osservato  che  l'ottavo  comma  dell'art.  545  cod.  proc.  civ.  -
introdotto, come detto, dall'art. 13, comma 1, lettera l),  del  d.l.
n. 83 del 2015 -  diversifica  la  soglia  della  pignorabilita'  dei
crediti in questione a seconda  che  le  rimesse  siano  anteriori  o
successive al pignoramento.  La  mancata  specificazione  delle  date
degli accrediti non inficia dunque l'ammissibilita'  della  questione
per carente descrizione della fattispecie,  essendo  sufficiente,  ai
fini   della   rilevanza,   l'indicazione   della   anteriorita'    o
posteriorita' dell'accredito rispetto al pignoramento.
    2.3.- Infine, l'ultima eccezione  di  inammissibilita'  sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo la quale il  giudice  a
quo non avrebbe adeguatamente vagliato la possibilita' alternativa di
interpretare  la  disposizione   censurata   in   modo   conforme   a
Costituzione, e'  destituita  di  fondamento  poiche'  il  rimettente
esclude tale possibilita' in considerazione  sia  della  sentenza  di
questa  Corte  n.  85  del  2015,  sia  del  tenore  letterale  della
disposizione.
    A quest'ultimo riguardo, occorre ribadire  che,  «[a]  fronte  di
adeguata  motivazione  circa  l'impedimento   ad   un'interpretazione
costituzionalmente  compatibile,  dovuto  specificamente  al  "tenore
letterale della disposizione", [...] "la possibilita' di un'ulteriore
interpretazione alternativa, che il giudice a quo non ha ritenuto  di
fare propria, non riveste alcun significativo  rilievo  ai  fini  del
rispetto delle regole  del  processo  costituzionale,  in  quanto  la
verifica  dell'esistenza  e  della  legittimita'  di  tale  ulteriore
interpretazione  e'   questione   che   attiene   al   merito   della
controversia, e non alla sua ammissibilita'"  (sentenza  n.  221  del
2015). Si tratta di orientamento ormai  consolidato,  in  virtu'  del
quale puo' ben dirsi che "se l'interpretazione prescelta dal  giudice
rimettente sia da considerare la  sola  persuasiva,  e'  profilo  che
esula dall'ammissibilita' e attiene, per contro, al merito" (sentenze
nn. 95 e 45 del 2016, n. 262 del 2015; nonche', nel  medesimo  senso,
sentenza n. 204 del 2016)» (sentenza n. 42 del 2017).
    2.4.- Ancora in via preliminare occorre precisare che il presente
giudizio riguarda l'intangibilita' dell'assegno  sociale  mensile  in
ordine  alla  cui  integrale  pignorabilita'  prevista   dal   regime
antecedente questa Corte aveva rilevato un contrasto con il principio
espresso dall'art. 38, secondo comma, Cost.
    L'ordinanza in esame richiama tuttavia l'art. 3  Cost.  sotto  il
profilo del principio di eguaglianza ed e', pertanto, in  riferimento
a tale parametro che dovra' essere risolta  la  questione  posta  dal
rimettente.
    3.- La questione e'  fondata  con  riguardo  alla  pignorabilita'
della prestazione pensionistica relativamente alle procedure iniziate
antecedentemente all'entrata in vigore del d.l. n. 83 del 2015.
    3.1.- Premesso che «il quadro normativo e  giurisprudenziale  del
regime delle impignorabilita' dei crediti afferenti a redditi  esigui
si presenta complesso a causa di molteplici fattispecie riferibili  a
situazioni giuridiche diverse, tra loro difficilmente  comparabili  e
sostanzialmente disomogenee» (sentenza n. 248 del 2015), per quel che
riguarda gli emolumenti dovuti a titolo di  pensione,  di  indennita'
che tengono luogo di pensione o di altri assegni,  l'orientamento  di
questa Corte e' nel  senso  che  debba  essere  sottratta  al  regime
generale di pignorabilita' la parte necessaria per  assicurare  mezzi
adeguati alle esigenze di vita del pensionato (ex plurimis,  sentenza
n. 506 del 2002).
    Come e' noto, la pensione sociale e' stata sostituita,  ai  sensi
dell'art. 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma  del
sistema pensionistico  obbligatorio  e  complementare),  dall'assegno
sociale  -  il  cui  accredito  sul  conto  corrente  e'  oggetto  di
pignoramento nel giudizio a quo - definito da questa Corte come nuova
prestazione  assistenziale,  erogata   agli   ultrasessantacinquenni,
istituita in  attuazione  dell'art.  38  Cost.  per  far  fronte  «al
particolare stato di  bisogno  derivante  dall'indigenza,  risultando
altre   prestazioni   -   assistenza   sanitaria,    indennita'    di
accompagnamento -  preordinate  a  soccorrere  lo  stato  di  bisogno
derivante da grave invalidita' o non autosufficienza, insorte  in  un
momento nel quale non vi e' piu' ragione  per  annettere  significato
alla riduzione della capacita' lavorativa, elemento che, per  contro,
caratterizza le prestazioni  assistenziali  in  favore  dei  soggetti
infrasessantacinquenni» (sentenza n. 400 del  1999).  In  virtu'  del
rinvio disposto dall'art. 3, comma 7, della legge  n.  335  del  1995
alle «disposizioni in materia di pensione sociale di cui  alla  legge
30 aprile 1969, n. 153», l'assegno  sociale  «non  e'  cedibile,  ne'
sequestrabile, ne' pignorabile» (art.  26,  dodicesimo  comma,  della
legge 30 aprile 1969, n. 153, recante  «Revisione  degli  ordinamenti
pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale»).
    Ai sensi  del  settimo  comma  dell'art.  545  cod.  proc.  civ.,
aggiunto dall'art. 13, comma 1, lettera l), del d.l. n. 83 del  2015,
la misura massima dell'assegno sociale,  aumentato  della  meta',  e'
attualmente parametro per la quantificazione della parte di  pensione
necessaria in base all'art. 38, secondo comma, Cost., per  assicurare
ai lavoratori mezzi adeguati alle esigenze di vita.
    3.2.- Il diverso  regime  temporale  previsto  per  le  procedure
pendenti alla data di entrata in vigore del  d.l.  n.  83  del  2015,
benche' sia  ispirato  all'esigenza  di  salvaguardare  l'affidamento
nella certezza giuridica di chi  ha  avviato  il  pignoramento  nella
piena vigenza della disciplina antecedente  che  lo  consentiva,  non
supera il vaglio di costituzionalita'.
    Per tale esigenza prevale, infatti, nel bilanciamento tra  valori
costituzionalmente  protetti,  la  tutela  del  pensionato,  la   cui
necessita' era gia' stata  affermata  da  questa  Corte,  pur  in  un
contesto che non le consentiva l'adozione di  una  pronuncia  a  rime
obbligate.
    In quella pronuncia fu, infatti, comunque  precisato  che  «[n]on
puo' [...] sostenersi, come sembra ritenere  il  rimettente,  che  le
ipotesi  di  impignorabilita'  dei  crediti   da   pensione   possano
estendersi, attraverso  l'interpretazione  giuridica  o  un'eventuale
pronuncia additiva di questa Corte, alla disciplina del  pignoramento
sul conto corrente. Cio' per due distinti ordini di motivi: i  limiti
alla pignorabilita' dei beni del debitore sono deroghe  al  principio
generale della responsabilita' patrimoniale, tassativamente  previste
dalla legge e, per questo  motivo,  non  suscettibili  di  estensione
analogica;  un'eventuale  pronuncia  additiva  di  questa  Corte  non
potrebbe essere a "rime obbligate", dal momento  che  il  credito  da
pensione e' situazione giuridica profondamente diversa dal credito di
conto corrente e  che,  conseguentemente,  l'indefettibile  principio
costituzionale  di  tutela  del  fine  solidaristico  (di   garantire
l'emancipazione  dal  bisogno  del  pensionato)  non   puo'   trovare
soluzione obbligata attraverso l'automatica riproduzione di una norma
appartenente ad  un  contesto  giuridico  diverso.  [...]  Il  vulnus
riscontrato e la necessita' che l'ordinamento si doti di  un  rimedio
effettivo per assicurare condizioni di vita minime al pensionato,  se
non  inficiano  -  per  le  ragioni  gia'  esposte  -   la   ritenuta
inammissibilita' delle questioni e se non pregiudicano la  "priorita'
di valutazione da parte del legislatore sulla  congruita'  dei  mezzi
per raggiungere un fine costituzionalmente necessario"  (sentenza  n.
23 del 2013), impongono tuttavia di sottolineare la necessita' che lo
stesso legislatore dia tempestiva soluzione al  problema  individuato
nella presente pronuncia» (sentenza n. 85 del 2015).
    Nel contesto in cui il legislatore - ottemperando  al  monito  di
questa Corte - ha effettivamente esercitato la  sua  discrezionalita'
al fine di garantire la necessaria tutela al pensionato  che  fruisce
dell'accredito sul proprio conto corrente, risulta irragionevole  che
tale tutela non  sia  estesa  alle  situazioni  pendenti  al  momento
dell'entrata in vigore della novella legislativa.
    Ancorche' il rimettente non abbia direttamente evocato l'art. 38,
secondo comma, Cost., la questione  posta  in  esplicito  riferimento
alla pronuncia di questa Corte con la sentenza n. 85  del  2015  deve
essere accolta in riferimento al principio  di  eguaglianza,  che  e'
strettamente collegato - nella fattispecie in esame  -  al  principio
dell'impignorabilita'   parziale   dei   trattamenti   pensionistici.
Quest'ultima  «e'   posta   a   tutela   dell'interesse   di   natura
pubblicistica  consistente  nel  garantire  al  pensionato  i   mezzi
adeguati  alle  proprie  esigenze  di  vita»  (ex  multis,  Corte  di
cassazione, sezione terza civile,  sentenza  n.  23  marzo  2011,  n.
6548).
    Alla luce delle precedenti  considerazioni,  deve  dunque  essere
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 6, del
d.l. n. 83 del 2015, convertito, con modificazioni,  nella  legge  n.
132 del 2015, nella parte in  cui  non  prevede  che  l'ottavo  comma
dell'art. 545 cod. proc. civ.,  introdotto  dall'art.  13,  comma  1,
lettera l), del medesimo  d.l.,  si  applichi  anche  alle  procedure
esecutive aventi ad oggetto prestazioni pensionistiche pendenti  alla
data di entrata in vigore del predetto decreto.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23,  comma  6,
del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure  urgenti  in  materia
fallimentare, civile e  processuale  civile  e  di  organizzazione  e
funzionamento  dell'amministrazione  giudiziaria),  convertito,   con
modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132, nella parte in  cui
non prevede che l'ottavo comma dell'art. 545 del codice di  procedura
civile, introdotto dall'art. 13, comma 1, lettera  l),  del  medesimo
decreto-legge, si applichi anche alle procedure esecutive  aventi  ad
oggetto prestazioni pensionistiche pendenti alla data di  entrata  in
vigore di detto decreto-legge.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                       Aldo CAROSI, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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