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mercoledì 15 aprile 2020

N. 66 ORDINANZA 10 marzo - 10 aprile 2020 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Procedimento per decreto - Irrogazione di una pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva - Criteri di ragguaglio - Denunciata disparita' di trattamento rispetto a quelli previsti in caso di sostituzione di pene detentive brevi e contrasto con la funzione rieducativa della pena - Manifesta infondatezza delle questioni. - Codice di procedura penale, art. 459, comma 1-bis, introdotto dall'art. 1, comma 53, della legge 23 giugno 2017, n. 103. - Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma. (GU n.16 del 15-4-2020 )



N. 66 ORDINANZA 10 marzo - 10 aprile 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati e pene - Procedimento per decreto -  Irrogazione  di  una  pena
  pecuniaria in sostituzione di  una  pena  detentiva  -  Criteri  di
  ragguaglio - Denunciata disparita' di trattamento rispetto a quelli
  previsti  in  caso  di  sostituzione  di  pene  detentive  brevi  e
  contrasto con  la  funzione  rieducativa  della  pena  -  Manifesta
  infondatezza delle questioni.
- Codice di procedura  penale,  art.  459,  comma  1-bis,  introdotto
  dall'art. 1, comma 53, della legge 23 giugno 2017, n. 103.
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.
(GU n.16 del 15-4-2020 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Marta CARTABIA;
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Augusto Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              ORDINANZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 459,  comma
1-bis, del codice di procedura penale, introdotto dall'art. 1,  comma
53, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al  codice  penale,
al codice  di  procedura  penale  e  all'ordinamento  penitenziario),
promosso dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale
ordinario di Macerata con ordinanza del 20 settembre  2017,  iscritta
al n. 110 del registro ordinanze 2019  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 28,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2019.
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del  10  marzo  2020  il  Giudice
relatore Francesco Vigano';
    deliberato nella camera di consiglio del 10 marzo 2020.
    Ritenuto che, con ordinanza del 20 settembre 2017, il Giudice per
le indagini  preliminari  del  Tribunale  ordinario  di  Macerata  ha
sollevato - in riferimento agli artt. 3 e  27  della  Costituzione  -
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 459, comma  1-bis,
del codice di procedura penale, introdotto  dall'art.  1,  comma  53,
della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al  codice  penale,  al
codice di procedura penale e all'ordinamento  penitenziario),  «nella
parte in cui prevede che il valore giornaliero di  conversione  della
pena detentiva in pecuniaria sia pari ad euro 75 e fino a  tre  volte
tale ammontare tenuto conto della  condizione  economica  complessiva
dell'imputato e del suo nucleo familiare»;
    che  l'ordinanza  di  rimessione   e'   stata   pronunciata   nel
procedimento a carico di R. C., imputata del reato  di  cui  all'art.
186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.
285 (Nuovo codice della strada), in relazione al  quale  il  pubblico
ministero ha chiesto  l'emissione  di  decreto  penale  di  condanna,
indicando la pena da irrogare in 775 euro di ammenda;
    che tale importo e' stato calcolato a partire da una pena base di
dieci giorni di arresto e 800 euro di ammenda, sulla quale  e'  stata
operata la diminuzione prevista dall'art. 459, comma  2,  cod.  proc.
pen. in ragione della specialita' del rito, pervenendosi cosi' a  una
pena di 5 giorni di arresto (convertita a sua  volta  in  ammenda  in
ragione di 75 euro pro die) e 400 euro di ammenda;
    che, secondo il giudice a quo, le questioni sarebbero  rilevanti,
attesa l'insussistenza di presupposti per rigettare la richiesta  del
pubblico ministero di emissione del decreto;
    che  la  norma  censurata  sarebbe  lesiva  dell'art.  3   Cost.,
introducendo, per il solo procedimento per  decreto,  un  trattamento
sanzionatorio  irragionevolmente  differenziato  rispetto  a   quello
applicabile nell'ambito del rito ordinario, atteso che nel primo caso
la conversione della pena detentiva in pena pecuniaria  avverrebbe  a
un tasso giornaliero compreso tra 75 e 225 euro, tenuto  conto  della
condizione economica  complessiva  dell'imputato  e  del  suo  nucleo
familiare, laddove nel secondo caso il tasso  di  ragguaglio  sarebbe
compreso tra 250 e 2500 euro pro die, in base al  combinato  disposto
degli artt. 135 del codice penale e 53 della legge 24 novembre  1981,
n. 689 (Modifiche al sistema penale), «con differenza che  non  trova
origine nella diversa natura dei fatti oggetto  di  giudizio»  e  che
dipenderebbe solo dalla scelta discrezionale del  pubblico  ministero
di procedere o meno con richiesta di decreto penale di condanna;
    che, con specifico riferimento al giudizio  a  quo,  la  pena  da
irrogare a R. C., ai sensi dell'art. 459,  comma  1-bis,  cod.  proc.
pen. sarebbe pari a 775 euro, laddove,  in  caso  di  opposizione  al
decreto penale di condanna e di  celebrazione  del  dibattimento,  la
pena applicabile ammonterebbe a non meno di 3.300 euro;  risultato  -
questo  -  incompatibile   con   il   criterio   di   eguaglianza   e
ragionevolezza, poiche' non razionalmente correlabile alla  mera  non
opposizione dell'imputata al decreto penale;
    che  un  effetto  premiale  della  portata  di  quello   previsto
dall'art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen. non sarebbe stabilito per
nessun  altro  rito  alternativo,  incluso  il  patteggiamento,   ove
l'imputato «di fatto rinunzia a difendersi», a fronte di  uno  sconto
di pena, peraltro inferiore a quello  conseguibile  nel  procedimento
per decreto;
    che non eliderebbe i denunciati  profili  di  incostituzionalita'
della norma censurata la possibilita', per il giudice,  di  sindacare
la congruita' della pena da irrogare nel  procedimento  per  decreto,
atteso che detta valutazione riguarderebbe  la  pena  originariamente
determinata  dal  pubblico  ministero  e  la   compatibilita'   della
conversione con le finalita' deterrenti  e  rieducative,  laddove  il
tasso di ragguaglio e la necessita' di tenere  in  considerazione  le
condizioni  economiche  dell'imputato  e  del  suo  nucleo  familiare
sarebbero elementi prefissati dall'art. 459, comma 1-bis, cod.  proc.
pen.;
    che   la   natura   discriminatoria   e   l'irragionevolezza   di
quest'ultima disposizione non sarebbero d'altra parte superate  dalla
possibilita', per il giudice, di commisurare la pena  all'interno  di
una forbice compresa tra 75 e 225 euro e di applicare le  circostanze
attenuanti generiche, poiche'  tali  profili,  propri  sia  del  rito
speciale per decreto, sia del rito ordinario,  non  scalfirebbero  il
quadro   di   «totale   eterogeneita'»    dell'esito    sanzionatorio
conseguibile rispettivamente nell'ambito di ciascun procedimento;
    che  il  rimettente  dubita  infine   della   conformita'   della
disposizione censurata all'art. 27 Cost., ritenendo incompatibile con
il fine rieducativo della pena «la irrogazione di una pena pari anche
a meno di 1/20 di quella irroganda all'esito di giudizio ordinario»;
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   chiedendo   dichiararsi   l'infondatezza   delle   questioni
sollevate;
    che, ad avviso dell'interveniente, il  procedimento  per  decreto
penale di condanna e  la  sostituzione  delle  pene  detentive  brevi
disciplinata dall'art. 53 della  legge  n.  689  del  1981  sarebbero
istituti assolutamente eterogenei, l'uno  di  carattere  processuale,
l'altro di  natura  sostanziale,  sicche'  il  secondo  non  potrebbe
fungere da tertium comparationis rispetto alla norma censurata;
    che, ancora, il procedimento per decreto non  avrebbe  natura  di
rito premiale in senso stretto, a differenza del giudizio  abbreviato
e del patteggiamento, sicche' non sarebbe possibile operare una utile
comparazione tra istituti;
    che  sarebbe  altresi'  ingiustificato  porre  a   confronto   il
risultato sanzionatorio conseguibile all'esito del  procedimento  per
decreto rispetto a quello  riconducibile  al  rito  ordinario,  avuto
riguardo alle finalita' acceleratorie e deflattive che  connotano  il
primo procedimento;
    che, infine, questioni identiche a quelle sollevate dal giudice a
quo sarebbero state dichiarate  da  questa  Corte  infondate  con  la
sentenza n. 155 del 2019.
    Considerato che il Tribunale ordinario di Macerata  dubita  -  in
riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione - della legittimita'
costituzionale dell'art. 459, comma 1-bis, del  codice  di  procedura
penale, introdotto dall'art. 1, comma 53, della legge 23 giugno 2017,
n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura  penale  e
all'ordinamento penitenziario), «nella parte in cui  prevede  che  il
valore giornaliero di conversione della pena detentiva in  pecuniaria
sia pari ad euro 75 e fino a tre volte tale  ammontare  tenuto  conto
della condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo
familiare»;
    che questioni identiche a quelle sollevate  dal  rimettente  sono
gia' state esaminate da questa Corte  e  ritenute  infondate  con  la
sentenza n. 155 del 2019;
    che in detta pronuncia questa Corte ha ritenuto insussistente  la
lamentata lesione dell'art. 3 Cost., in relazione alla disparita'  di
trattamento tra  gli  imputati  giudicati  con  il  procedimento  per
decreto  penale  da  un  lato,  e  gli  imputati  giudicati  con   il
procedimento ordinario o con altri  riti  speciali  dall'altro  lato,
avuto riguardo alla finalita'  di  incentivazione  della  scelta  del
procedimento per decreto perseguita dal legislatore, il quale non  ha
dunque travalicato l'ampia discrezionalita' di cui gode in materia di
determinazione dei trattamenti sanzionatori (ex plurimis, sentenze n.
40 del 2019, n. 222 del 2018  e  n.  236  del  2016)  cosi'  come  di
disciplina degli istituti processualpenalistici (ex multis,  sentenza
n. 236 del 2018);
    che, sempre nella sentenza n.  155  del  2019,  questa  Corte  ha
respinto  una  censura,  analoga  a   quella   oggi   formulata,   di
contrarieta' dell'art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen. all'art.  27
Cost.,  evidenziando  come  la  denunciata  eccessiva  tenuita'   del
trattamento sanzionatorio introdotto dalla disposizione censurata sia
insuscettibile di risolversi in un vulnus alla  funzione  rieducativa
della pena, atteso che tale finalita' risulta costantemente  evocata,
nella giurisprudenza costituzionale, in relazione alla necessita' che
la pena non sia sproporzionata per eccesso rispetto alla gravita' del
fatto di reato (ex multis, sentenze n. 40 del 2019, n. 233 e  n.  222
del 2018), e non certo a sostegno di  pronunce  il  cui  effetto  sia
quello   di   inasprire   il   trattamento   sanzionatorio   previsto
discrezionalmente dal legislatore;
    che il rimettente non prospetta argomentazioni diverse da  quelle
gia' esaminate e disattese da questa Corte nella sentenza n. 155  del
2019,  sicche'  le  odierne  questioni  debbono   essere   dichiarate
manifestamente infondate.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 459, comma 1-bis, del codice di
procedura penale, introdotto dall'art. 1, comma 53,  della  legge  23
giugno 2017, n.  103  (Modifiche  al  codice  penale,  al  codice  di
procedura penale  e  all'ordinamento  penitenziario),  sollevate,  in
riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della  Costituzione,  dal
Giudice per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale  ordinario  di
Macerata con l'ordinanza indicata in epigrafe.

    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2020.

                                F.to:
                     Marta CARTABIA, Presidente
                    Francesco VIGANO', Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2020.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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