N. 63 SENTENZA 9 marzo - 10 aprile 2020
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Caccia - Norme della Regione Veneto - Addestramento e allenamento del
falco per l'esercizio venatorio - Divieto di cattura, anziche' di
predazione, di fauna selvatica - Violazione della competenza
statale esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema - Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- Legge della Regione Veneto 8 febbraio 2019, n. 6, art. 1, comma 1,
lettera b), sostitutiva dell'art. 3, comma 3, della legge della
Regione Veneto 20 gennaio 2000, n. 2, e lettera c).
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s).
(GU n.16 del 15-4-2020 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Marta CARTABIA;
Giudici :Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettere b) e c), della legge della Regione Veneto 8 febbraio 2019, n.
6 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 2000, n.
2 "Addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio
venatorio"), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con
ricorso notificato l'8-12 aprile 2019, depositato in cancelleria il
16 aprile 2019, iscritto al n. 51 del registro ricorsi 2019 e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima
serie speciale, dell'anno 2019.
Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;
udito nella udienza pubblica del 25 febbraio 2020 il Giudice
relatore Giulio Prosperetti;
uditi l'avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Andrea Manzi per
la Regione Veneto;
deliberato nelle camere di consiglio del 26 febbraio e del 9
marzo 2020.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso notificato l'8-12 aprile 2019 e depositato il 16
aprile 2019 (reg. ric. n. 51 del 2019), il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, ha promosso, in riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione, e in relazione agli artt. 13, 18 e
19, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio), questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 1, lettere b) e c), della legge della Regione Veneto 8 febbraio
2019, n. 6 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 gennaio
2000, n. 2 "Addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio
venatorio"), che si riporta:
«Art. 1 Modifiche all'articolo 3 della legge regionale 20 gennaio
2000, n. 2 "Addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio
venatorio".
1. All'articolo 3 della legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2
sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 2 dell'articolo 3 della legge regionale 20 gennaio
2000, n. 2, e' cosi' sostituito: "2. Il falconiere deve inoltre
comunicare alla Regione una o piu' localita' ove esercitare al volo i
falchi, allegando il consenso scritto del proprietario o del titolare
di altro diritto reale o personale di godimento del fondo di
esercitazione, nonche' il periodo di utilizzo del falco stesso.";
b) il comma 3 dell'articolo 3 della legge regionale 20 gennaio
2000, n. 2, e' cosi' sostituito: "3. Con l'iscrizione al registro di
cui al comma 2 dell'articolo 2, il falconiere viene altresi'
autorizzato dalla Regione ad addestrare ed allenare i falchi durante
l'intero periodo dell'anno, con divieto di cattura di fauna selvatica
limitatamente ai periodi e laddove non e' previsto l'abbattimento,
nelle zone di cui all'articolo 18 comma 1 della legge regionale 9
dicembre 1993, n. 50, nonche' a partecipare alle gare o alle prove
cinofile di cui al comma 3 del medesimo articolo.";
c) dopo il comma 3 dell'articolo 3 della legge regionale 20
gennaio 2000, n. 2 sono inseriti i seguenti:
"3-bis. La Regione autorizza l'istituzione di apposite zone con
periodi per l'addestramento e l'allenamento dei falchi, accompagnati
anche dai cani, con l'abbattimento di fauna di allevamento
appartenente a specie cacciabili.
3-ter. La Regione per le finalita' di cui all'articolo 1 puo'
avvalersi dei falconieri registrati ai sensi dell'articolo 2 in
possesso di requisiti specifici a svolgere attivita':
a) di controllo di cui all'articolo 17 comma 2 della legge
regionale 9 dicembre 1993, n. 50, di altri piani di controllo o di
dissuasione di specie invasive;
b) di riabilitazione dei rapaci in difficolta' di cui
all'articolo 5 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50."».
2.- La difesa dello Stato rappresenta che l'art.1, comma 1,
lettera b), della legge impugnata ha modificato il comma 3, dell'art.
3, della legge della Regione Veneto 20 gennaio 2000, n. 2
(Addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio venatorio),
nel senso di consentire tali attivita' durante tutto l'anno, ma con
divieto di "cattura" di fauna selvatica limitatamente ai periodi nei
quali non e' previsto l'abbattimento e solo nelle zone di cui
all'art. 18, comma 1, della legge della Regione Veneto 9 dicembre
1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per il
prelievo venatorio).
Nella precedente formulazione il citato comma 3 dell'art. 3,
consentiva ai falconieri, previa autorizzazione, l'addestramento e
l'allenamento dei falchi con divieto di "predazione" di fauna
selvatica limitatamente ai periodi di caccia chiusa.
3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ricorda che con la
sentenza n. 468 del 1999 questa Corte, in sede di ricorso avverso la
precedente formulazione del citato comma 3, dell'art. 3 della legge
reg. Veneto n. 2 del 2000, «ha dichiarato non fondata la questione
proprio con riferimento al "divieto di predazione" [...] ritenendolo
il punto di equilibrio del sistema con riferimento alla normativa
nazionale, "poiche' vieta in termini assoluti ogni attivita' di
addestramento o allenamento implicante predazione"».
Infatti, prosegue l'Avvocatura generale, l'istinto predatorio dei
rapaci si conserva anche durante l'addestramento, cosi' da rendere
impossibile distinguerlo dall'attivita' venatoria in senso stretto e
da determinare importanti ricadute negative sulla consistenza della
fauna selvatica, in special modo durante il periodo della
riproduzione e della dipendenza, periodo in cui i giovani involati
sono maggiormente vulnerabili.
L'art. 1, comma 1, lettera b), impugnato, secondo il ricorrente,
nell'autorizzare l'addestramento e il volo del falco «senza limiti
temporali e in tutto il territorio regionale, senza prevedere
contestualmente il "divieto di predazione"», non garantirebbe il
rispetto della normativa nazionale e dell'art. 18 della legge n. 157
del 1992, che indica le specie cacciabili e i relativi periodi entro
cui e' consentita l'attivita' venatoria, proprio al fine di
preservare la consistenza della fauna selvatica.
4.- La difesa dello Stato ricorda che la legge n. 157 del 1992,
inerendo ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario e
assoluto, e' espressione della competenza legislativa statale in
materia di tutela dell'ambiente e che in forza di tale competenza lo
Stato e' legittimato ad intervenire anche in "campi di esperienza",
le cosiddette "materie", di competenza legislativa regionale, con la
conseguenza che le Regioni possono soltanto incrementare i livelli di
tutela ambientale, senza compromettere il punto di equilibrio, tra
esigenze contrapposte, espressamente individuato dalla norma statale.
La norma regionale oggetto di censura, abbassando il livello di
tutela posto dal legislatore nazionale, sarebbe, pertanto, in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in
relazione agli artt. 13 e 18 della legge n. 157 del 1992.
5.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha anche impugnato
l'art. 1, comma 1, lettera c), della legge reg. Veneto n. 6 del 2019,
che ha introdotto i commi 3-bis e 3-ter, dopo il comma 3 dell'art. 3
della legge reg. Veneto n. 2 del 2000, in forza dei quali la Regione
puo' autorizzare l'istituzione di apposite zone, con periodi per
l'addestramento e l'allenamento dei falchi, accompagnati anche da
cani, con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente alle
specie cacciabili e puo' avvalersi dei falconieri in possesso di
requisiti specifici per svolgere attivita' di controllo e dissuasione
di specie invasive; tale attivita' di controllo, oltre all'utilizzo
di metodi ecologici, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge
della reg. Veneto n. 50 del 1993, prevede anche la disciplina dei
piani di abbattimento (comma 3-ter, lettera a); infine, la Regione
puo' avvalersi dei falconieri registrati per la riabilitazione dei
rapaci in difficolta' (comma 3-ter, lettera b).
In particolare, la censura dell'Avvocatura, pur impugnando
formalmente tutta la lettera c) della disposizione in questione, si
incentra sulla utilizzazione dei falconieri nei piani di
abbattimento.
Ma, nelle more del giudizio e' intervenuta la legge della Regione
Veneto 28 giugno 2019, n. 24 (Legge regionale di adeguamento
ordinamentale 2018 in materia di tartuficoltura, usi civici,
agricoltura, caccia, commercio e piccole e medie imprese) che ha
modificato l'art. 3, comma 3-ter, lettera a), della legge reg. Veneto
n. 2 del 2000, modificato dall'impugnato art. 1, comma 1, lettera c),
della legge reg. Veneto n. 6 del 2019, escludendo l'utilizzazione dei
falconieri nei piani di abbattimento.
Conseguentemente, il ricorrente, con delibera assunta dal
Consiglio dei ministri il 6 febbraio 2020, ha rinunciato alla
questione di legittimita' costituzionale limitatamente all'art. 1,
comma 1, lettera c), della legge reg. Veneto n. 6 del 2019, in
ragione della modifica della disposizione ad opera della legge reg.
Veneto n. 24 del 2019 che ha escluso l'attuazione dei piani di
abbattimento dalle attivita' di controllo della fauna selvatica
delegabili ai falconieri registrati.
La Regione ha accettato la rinuncia con dichiarazione del
difensore resa all'udienza pubblica del 25 febbraio 2020.
6.- Si e' costituita la Regione Veneto eccependo l'infondatezza
delle questioni; quanto all'art. 1, comma 1, lettera b), della legge
reg. Veneto n. 6 del 2019, che ha modificato il comma 3 dell'art. 3
della legge reg. Veneto n. 2 del 2000, la resistente ricorda che,
prima della censurata modifica normativa, la stessa legge reg. Veneto
n. 2 del 2000 gia' consentiva che i falconieri fossero autorizzati ad
addestrare e allenare i rapaci in tutti i periodi dell'anno, purche'
cio' avvenisse con divieto di "predazione" di fauna selvatica nei
periodi di caccia chiusa.
La disposizione era stata ritenuta legittima dalla sentenza n.
468 del 1999 di questa Corte, poiche' il rispetto dell'ambiente era
garantito dall'espressa previsione del divieto di predazione e dalla
possibilita' di irrogare le sanzioni previste dalla legge n. 157 del
1992, in caso di violazione del divieto di caccia nei periodi di
esclusione dell'attivita' venatoria.
7.- Secondo la difesa della Regione la novella intervenuta, che
consente l'allenamento e l'addestramento dei falchi con divieto di
cattura di fauna selvatica, limitatamente ai periodi e laddove non e'
previsto l'abbattimento, equivarrebbe al previgente divieto di
predazione e la sostanziale omogeneita' delle due disposizioni
succedutesi nel tempo renderebbe insussistente il lamentato vulnus
costituzionale, essendo comunque garantito il rispetto dei periodi
venatori, di cui alla legge n. 157 del 1992.
8.- In particolare, secondo la resistente, l'attivita' di
predazione, consistente nella cattura e assunzione, come alimento, di
un organismo appartenente ad altra specie, coinciderebbe con la
cattura di fauna selvatica, cattura che la norma impugnata vieta
espressamente durante l'allenamento e l'addestramento dei falchi, nei
periodi di caccia chiusa.
L'asserzione della difesa dello Stato, secondo cui i falchi
conserverebbero l'istinto predatorio anche durante l'addestramento,
con conseguenti ricadute negative sulla consistenza della fauna
selvatica, sarebbe un'illazione priva di supporto probatorio e
comunque irrilevante; questa Corte, infatti, avrebbe gia' chiarito
che eventuali condotte contrarie al divieto di caccia, tenute durante
l'addestramento del falco, sono presidiate da un adeguato apparato
sanzionatorio, che funge da strumento dissuasivo. Tale apparato non
sarebbe stato neutralizzato dalla novella regionale, che anzi
costituirebbe titolo per la sua applicazione, imponendosi al
falconiere il divieto di cattura della fauna selvatica nei periodi di
caccia chiusa, salva l'applicazione delle sanzioni previste in
materia di caccia.
9.- Inoltre, prosegue la difesa della Regione, contrariamente a
quanto asserito nel ricorso, l'attivita' del falconiere sarebbe
sottoposta a precisi limiti spaziali, essendo l'addestramento
autorizzato tutto l'anno nelle sole zone di cui all'art. 18, comma 1,
della legge reg. Veneto n. 50 del 1993, corrispondenti alle zone
nelle quali e' previsto l'addestramento dei cani da caccia (e sono
consentiti gli appostamenti fissi).
Secondo la Regione, l'art. 1 della legge reg. Veneto n. 6 del
2019 sarebbe addirittura piu' garantista della normativa regionale
previgente, poiche', facendo riferimento al divieto di cattura della
fauna nei periodi in cui non e' previsto l'abbattimento, includerebbe
anche quei periodi in cui, pure se la caccia e' aperta, e' preclusa
in specifiche giornate (art. 18, comma 5, della legge n. 157 del
1992) o per altri motivi (art. 19 della legge n. 157 del 1992).
10.- Con memoria del 30 gennaio 2020 la Regione Veneto ha
insistito nelle proprie conclusioni, precisando che l'allenamento e
addestramento dei falchi e' autorizzato dalla legge censurata per
tutto l'anno, ma con l'espresso divieto di cattura di fauna
selvatica; sara' dunque cura del falconiere non compiere atti
illeciti, che riceverebbero il previsto trattamento sanzionatorio.
In ogni caso, la natura opportunista del rapace, che predilige
prede menomate, e il fatto che esso cacci solo quando ha fame,
consentirebbero un addestramento di mero volo, utile a conservare
l'animale in perfette condizioni di salute.
11.- Con memoria del 4 febbraio 2020 la difesa dello Stato ha
insistito nel ricorso precisando, quanto alla prima delle
disposizioni impugnate, che la sentenza di questa Corte n. 468 del
1999 aveva ritenuto legittima la previgente previsione se
interpretata nel senso che e' vietata l'attivita' di addestramento
dei falchi nei periodi di caccia chiusa, sotto pena di applicazione
delle relative sanzioni. La modifica della legge reg. Veneto n. 2 del
2000, ad opera della legge regionale impugnata, impedirebbe di
attribuire ultrattivita' alla pronuncia, in quanto riferita al testo
normativo precedente.
In ogni caso, la natura generica ed indeterminata del divieto di
cattura di fauna selvatica, contenuto nella novella, indurrebbe a
ritenere che il falconiere, autorizzato all'addestramento per tutto
l'anno, non possa essere ritenuto responsabile per eventuali
comportamenti aggressivi dell'animale, che determinino episodi di
predazione durante il periodo in cui e' vietato l'abbattimento della
fauna selvatica.
12.- Quanto alla seconda disposizione impugnata, l'Avvocatura
dello Stato, con memoria del 17 febbraio 2020, rilevato che le
modifiche ad opera della legge della Regione Veneto 28 giugno 2019,
n. 24 (Legge regionale di adeguamento ordinamentale 2018 in materia
di tartuficoltura, usi civici, agricoltura, caccia, commercio e
piccole e medie imprese), che ha escluso l'attuazione dei piani di
abbattimento delle attivita' di controllo della fauna selvatica
delegabili ai falconieri registrati, hanno determinato il venir meno
dell'interesse al ricorso e che la norma impugnata non ha trovato
"medio tempore" applicazione, ha presentato rinuncia parziale al
ricorso, deliberata dal Consiglio dei ministri il 6 febbraio 2020,
limitatamente all'impugnativa dell'art. 1, comma 1, lettera c), della
legge reg. Veneto n. 6 del 2019, accettata in udienza da parte della
difesa della Regione Veneto.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l'art. 1,
comma 1, lettere b) e c), della legge della Regione Veneto 8 febbraio
2019, n. 6 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 gennaio
2000, n. 2 "Addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio
venatorio"), in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s),
della Costituzione, e in relazione agli artt. 13, 18 e 19, comma 2,
della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
2.- La prima delle disposizioni impugnate consente l'allenamento
e l'addestramento del falco durante tutto l'anno, con divieto di
cattura di fauna selvatica, ma senza divieto di predazione e, secondo
la difesa dello Stato, sarebbe in contrasto con le disposizioni
statali che autorizzano l'esercizio dell'attivita' venatoria solo in
determinati periodi dell'anno, al fine di salvaguardare la
consistenza della fauna selvatica e di garantire la tutela
dell'ambiente.
3.- Quanto all'altra previsione normativa censurata, l'art. 1,
comma 1, lettera c), della legge reg. Veneto n. 6 del 2019, che
prevedeva che la Regione potesse avvalersi dei falconieri registrati
per svolgere l'attivita' di controllo della fauna selvatica, tra cui
rientra l'attuazione dei piani di abbattimento, il Presidente del
Consiglio dei ministri ne ha denunciato il contrasto con l'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all'art. 19, comma 2,
della legge n. 157 del 1992, che individua, in maniera tassativa, i
soggetti abilitati all'attuazione dei piani di abbattimento, senza
includervi i cacciatori, alla cui categoria appartengono i
falconieri.
Su tale seconda questione e' intervenuta la rinuncia
dell'Avvocatura a seguito della sopravvenuta legge della Regione
Veneto 28 giugno 2019, n. 24 (Legge regionale di adeguamento
ordinamentale 2018 in materia di tartuficoltura, usi civici,
agricoltura, caccia, commercio e piccole e medie imprese), con
accettazione in udienza da parte della difesa della Regione Veneto;
pertanto, con riferimento alla citata disposizione, va dichiarata
l'estinzione del processo ai sensi dell'art. 23 delle Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (sentenze
n. 107 del 2017 e n. 189 del 2016; ordinanze n. 224 e n. 204 del
2017).
4.- Il giudizio deve proseguire in riferimento alla questione
relativa all'art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Veneto n.
6 del 2019, che autorizza l'allenamento e l'addestramento del falco
per tutto l'anno, con divieto di cattura della fauna selvatica
limitatamente ai periodi e laddove non e' previsto l'abbattimento,
nelle zone di cui all'art. 18, comma 1, della legge della Regione
Veneto 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna
selvatica e per il prelievo venatorio).
5.- La questione e' fondata.
6.- La norma e' stata censurata per contrasto con l'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 13 e 18
della legge n. 157 del 1992, poiche' l'autorizzazione
all'addestramento del falco, senza limiti temporali e spaziali e
senza la specifica previsione del divieto di predazione, ma solo
quello di cattura, non offrirebbe adeguate garanzie di rispetto della
normativa nazionale, quanto alle specie cacciabili e ai periodi di
caccia.
Il ricorso fonda le censure sulla base della giurisprudenza di
questa Corte secondo la quale: «La normativa regionale deve garantire
il rispetto dei livelli minimi uniformi posti dal legislatore
nazionale in materia ambientale. Questa Corte, infatti, ha piu' volte
ribadito che la materia dell'ambiente e' una "materia traversale"
poiche' "sullo stesso oggetto insistono interessi diversi: quello
alla conservazione dell'ambiente e quelli inerenti alle sue
utilizzazioni [...]. In questi casi, la disciplina unitaria di tutela
del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato,
viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province
autonome, in materia di competenza propria, che riguardano
l'utilizzazione dell'ambiente, e, quindi, altri interessi" (sentenza
n. 104 del 2008, con richiamo a sentenza n. 378 del 2007)» (sentenza
n. 74 del 2017).
L'esercizio della competenza legislativa regionale, dunque, trova
un limite nella disciplina statale della tutela ambientale, salva la
facolta' delle Regioni di prescrivere livelli di tutela ambientale
piu' elevati di quelli previsti dallo Stato (sentenza n. 74 del 2017;
nello stesso senso, sentenza n. 7 del 2019).
La Regione Veneto si e' difesa deducendo che la norma impugnata
vieta la cattura della fauna selvatica durante i periodi e nelle zone
in cui e' inibito l'abbattimento, e ha sottolineato che questo
divieto avrebbe un contenuto "sostanzialmente identico" al divieto di
predazione gia' previsto dalla legge della Regione Veneto 20 gennaio
2000, n. 2 (Addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio
venatorio), su cui ha inciso la legge impugnata, la cui
illegittimita' costituzionale era stata gia' esclusa da questa Corte
con la sentenza n. 468 del 1999.
7.- La norma impugnata, modificando la legge reg. Veneto n. 2 del
2000, sposta la competenza relativa alle autorizzazioni
all'addestramento e all'allenamento dei falchi dalla Provincia alla
Regione e modifica la legge regionale precedente in ordine ai periodi
per i quali e' richiesta tale autorizzazione. La norma precedente
prevedeva l'autorizzazione per i periodi di caccia chiusa, mentre la
novella si riferisce ai periodi in cui, pur essendo aperta la caccia,
non e' previsto "l'abbattimento".
Va rilevato che le suddette specifiche modificazioni del comma 3
dell'art. 3 della legge reg. Veneto n. 2 del 2000 non violano la
competenza statale in materia di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema perche', come rilevato dalla difesa della Regione, la
nuova disciplina viene, sotto questo aspetto, ad essere piu'
restrittiva; infatti, i periodi nei quali non e' previsto
l'abbattimento, a cui si riferisce il divieto di cattura della fauna
selvatica durante l'allenamento e l'addestramento del falco,
includono anche i giorni di necessaria sospensione dell'attivita'
venatoria; in tali giornate che, ai sensi dell'art. 18 della legge n.
157 del 1992, cadono il martedi' e il venerdi', e' in ogni caso
preclusa la caccia, anche quando la stagione venatoria e' aperta,
cosi' da attenuare l'impatto di tale attivita' sulla fauna selvatica.
Tuttavia, tale positivo aspetto della normativa impugnata non
appare sufficiente ad escludere il complessivo abbassamento del
livello della tutela ambientale come censurato dalla difesa
dell'Avvocatura.
8.- Invero, il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri
si incentra su un'altra decisiva modificazione, laddove il precedente
divieto di "predazione" da parte del falco e' divenuto con la novella
impugnata divieto di "cattura".
La cattura si identifica, infatti, con lo scopo stesso della
caccia, ma, contrariamente a quanto sottintende la difesa della
Regione Veneto, il divieto per il falconiere di appropriarsi della
preda non esclude che questa sia comunque uccisa dal falco.
Il precedente divieto di predazione, secondo la resistente,
avrebbe gli stessi effetti pratici dell'attuale divieto di cattura,
quando, invece, proprio a seguito dell'interpretazione data da questa
Corte con la sentenza n. 468 del 1999 della precedente norma,
novellata dalla disposizione impugnata, l'occasionale uccisione della
selvaggina da parte del falco comportava la sanzione per il
falconiere, integrando un'ipotesi di violazione del divieto di
caccia.
La permanenza del divieto di predazione comporta l'obbligo per il
falconiere di evitare, per quanto possibile, la predazione da parte
del falco, adottando quelle cautele che vengono, del resto, gia'
messe in atto con l'addestramento tramite il cosiddetto "logoro" (un
finto uccello che funge da preda) e nutrendo in maniera appropriata
il rapace, onde disincentivare la predazione da parte dello stesso.
In tal senso, la norma precedente, che, pur autorizzando il volo
del falco durante l'intero periodo dell'anno, vietava «in termini
assoluti ogni attivita' di addestramento o di allenamento implicante
predazione» (sentenza n. 468 del 1999), costituiva un punto di
equilibrio tra il rispetto della normativa statale e l'esigenza di
mantenere il rapace, destinato alla caccia, in condizioni fisiche
adeguate.
Va, comunque, sottolineato che la rinuncia del ricorrente
all'impugnativa delle disposizioni di cui all'art. 1, comma 1,
lettera c), della legge censurata, fa salva, tra l'altro, la
possibilita' per la Regione di autorizzare, in determinate aree,
l'addestramento dei falchi, anche accompagnati dai cani, prevedendo
la possibilita' di abbattimento di fauna di allevamento appartenente
alle specie cacciabili.
Questa norma, in ordine alla quale e' stato rinunciato il
ricorso, prevede un significativo ampliamento relativamente alle
possibilita' di volo ed addestramento del falco nelle aree che la
Regione vorra' istituire, permettendo in tali limitati spazi
l'abbattimento di fauna d'allevamento.
Invece, cio' che rimane interdetto, in accoglimento delle censure
del Presidente del Consiglio dei ministri, e' la possibilita' di
predazione negli spazi che la norma impugnata intende riservare alla
falconeria e che corrisponde, ai sensi dell'art. 18, comma 1, della
legge reg. Veneto n. 50 del 1993, a quella riservata
all'addestramento dei cani.
Si tratta di aree che, in base all'art. 8, comma 4-ter, lettera
e), della stessa legge regionale, sono quelle in cui sono collocabili
gli appostamenti fissi e nessuna evidenza e' stata data dalla Regione
Veneto in ordine alla estensione di tali zone e alla percentuale che
tali aree rappresentano rispetto a tutto il territorio in cui e'
normalmente consentita la caccia.
La limitazione riferita alle aree in cui sono consentiti gli
appostamenti fissi e nelle quali possono essere addestrati i cani non
risulta, in conclusione, elemento sufficiente a giustificare il
superamento del divieto di predazione rispetto a quello di cattura
introdotto dalla norma impugnata.
9.- Pertanto, l'art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg.
Veneto n. 6 del 2019, che sostituisce il divieto di predazione con il
divieto di cattura della fauna selvatica, abbassa il livello di
tutela dell'ambiente e, quindi, invade la competenza statale.
Da cio' discende l'illegittimita' costituzionale della
disposizione impugnata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettera b), della legge della Regione Veneto 8 febbraio 2019, n. 6
(Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2
"Addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio venatorio"),
che sostituisce l'art. 3, comma 3, della legge della Regione Veneto
20 gennaio 2000, n. 2 (Addestramento e allenamento dei falchi per
l'esercizio venatorio), nella parte in cui prevede il divieto di
cattura in luogo del divieto di predazione di fauna selvatica;
2) dichiara estinto il processo relativamente alla questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera c), della
legge reg. Veneto n. 6 del 2019, promossa, in riferimento all'art.
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente
del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 marzo 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2020.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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