Corte d'Appello Roma Sez. lavoro, Sent., 12-05-2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI ROMA
III SEZIONE LAVORO E PREVIDENZA
composta dai signori magistrati:
NETTIS dr. Vito Francesco - Presidente
DEDOLA dr. Enrico Sigfrido - Consigliere
COSENTINO dr.ssa Maria Giulia - Consigliere rel.
A seguito dell'udienza di discussione del 19.4.2023, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella controversia in materia di lavoro in grado di appello iscritta al n. 3258 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2020
TRA
OMISSIS ed altri, con l'Avv. Giuseppe Pio Torcicollo
Appellanti principali e appellato incidentale
E
ROMA CAPITALE, con l'Avv. Alessandro Rizzo
Appellato principale e appellante incidentale
OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale del lavoro di Roma n. 2840/2020 pubblicata il 01/06/2020
________________________________________
Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI ROMA
III SEZIONE LAVORO E PREVIDENZA
composta dai signori magistrati:
NETTIS dr. Vito Francesco - Presidente
DEDOLA dr. Enrico Sigfrido - Consigliere
COSENTINO dr.ssa Maria Giulia - Consigliere rel.
A seguito dell'udienza di discussione del 19.4.2023, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella controversia in materia di lavoro in grado di appello iscritta al n. 3258 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2020
TRA
OMISSIS ed altri, con l'Avv. Giuseppe Pio Torcicollo
Appellanti principali e appellato incidentale
E
ROMA CAPITALE, con l'Avv. Alessandro Rizzo
Appellato principale e appellante incidentale
OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale del lavoro di Roma n. 2840/2020 pubblicata il 01/06/2020
Svolgimento del processo
Trenta ricorrenti, fra educatrici di nido, insegnanti di materna, istruttrici amministrative. Istruttori di polizia locale, un assistente sociale, tutti dipendenti di Roma Capitale, premesso di avere in precedenza lavorato per il medesimo ente nel medesimo profilo di cui al successivo contratto a tempo indeterminato, intervenuto dopo una procedura di stabilizzazione (tranne che per OMISSIS che ha invece superato un concorso), hanno evocato in giudizio Roma Capitale innanzi al Tribunale di Roma allegando di avere conseguito nel periodo in cui lavoravano a termine l'anzianità richiesta per partecipare alle P.E.O. (procedure di posizione economica, anche PEO o Peo) indette dall'Ente dal 2000 in avanti, essendo stati ammessi solo dopo due anni di servizio prestato nell'ambito dei rapporti a tempo indeterminato: previsione ritenuta discriminatoria; hanno argomentato in merito alla decennalità del termine di prescrizione del diritto alla ricostruzione della carriera ed evidenziato che il detto termine era stato interrotto dalla diffida del 28.7.2016; inoltre, anche per le progressioni rispetto alle quali il diritto era già prescritto nel 2016 (vale a dire le prime indicate dai ricorrenti appartenenti ai gruppi A e B dell'elencazione di cui in ricorso), hanno sostenuto che i lavoratori potevano comunque esercitare il loro diritto di far valere l'anzianità goduta per la partecipazione alle progressioni non prescritte.
Hanno quindi chiesto all'adito Giudice di "accertare il loro possesso" delle specifiche "anzianità di servizio" di volta in volta utili per "partecipare" alle "procedure selettive" indette dall'Ente (Peo 2000, Peo 2001, Peo 2004, Peo 2007, Peo 2008, Peo 2009, Peo 2010, Peo 2017), condannando Roma Capitale ad operare la "ricostruzione della carriera", rieffettuando, "ora per allora", le anzidette "verifiche selettive", ai fini e per gli effetti del "tfr", della "pensione" e dei "passaggi di livello" (C2, C3, C4, C5), nonché agli effetti della liquidazione, per coloro che potevano diventare "apicali C5", della "indennità di specifica responsabilità di Euro 66,66 al mese" liquidata dall'Ente ai propri dipendenti fra il 01.01.2010 e il 31.12.2014 e dal 01.07.2017 ad oggi; con accertamento della prescrizione delle conseguenti differenze retributive solo a decorrere dal 28.7.2011.
Roma Capitale si è costituita con memoria, eccependo:
1. il giudicato in relazione a otto ricorrenti: eccezione che il Tribunale ha accolto per tutti tranne che per S.A., il cui giudizio precedente aveva altro oggetto;
2. il "bis in idem" per la ricorrente G.S. perché pendeva analogo giudizio: eccezione accolta dal Tribunale;
3. la carenza di interesse per i ricorrenti istruttori della polizia locale (all. D);
4. la mancanza di anzianità;
5. la prescrizione;
6. che il rapporto a tempo indeterminato deve ritenersi un rapporto autonomo rispetto al precedente rapporto a termine, per cui sarebbe legittimo escludere l'anzianità maturata nell'ambito di quest'ultimo dai titoli necessari per le richieste PEO.
Il Tribunale di Roma ha parzialmente accolto il ricorso e dichiarato il diritto dei ricorrenti non oggetto delle eccezioni di giudicato e di bis in idem a vedersi riconosciuta l'attività lavorativa prestata con contratti a tempo determinato ai fini connessi con l'anzianità di servizio utile per la partecipazione dei medesimi alle procedure selettive di progressione di carriera indette da Roma Capitale dopo il luglio 2006 (avendo accertato la prescrizione decennale delle pretese, interrotta soltanto dalla diffida del 2016) e successivamente all'immissione in ruolo.
Ventuno degli originari ricorrenti hanno appellato la sentenza nella parte a sé sfavorevole; analogamente ha fatto, spiegando appello incidentale, Roma Capitale.
Dopo un rinvio per consentire agli appellanti di replicare all'appello incidentale, la causa, alla presenza dei difensori delle parti, è stata discussa e decisa all'odierna udienza con la pronuncia del dispositivo in calce.
Motivi della decisione
Va preliminarmente rilevato che è sceso il giudicato, per difetto di impugnazione, sulle seguenti statuizioni del Tribunale:
- Rigetto della domanda diretta ad ottenere, in favore di alcuni dipendenti, il pagamento dell'indennità di responsabilità;
- Rigetto delle domande di sette degli originari ricorrenti in ragione dell'accoglimento dell'eccezione di giudicato;
- Rigetto delle domande di G.S. per accoglimento dell'eccezione di bis in idem.
In relazione a tutti i motivi dei due appelli, va premesso che, sebbene l'anzianità in sé sia imprescrittibile, questa non è un diritto bensì uno status il cui accertamento deve essere funzionale all'accertamento di diritti non prescritti, diversamente non sussistendo alcun interesse ad agire: la Suprema Corte, sul punto, ha infatti precisato: "L'anzianità di servizio del lavoratore subordinato, configura un mero fatto giuridico, insuscettibile di autonoma prescrizione, e, pertanto, può sempre costituire oggetto di accertamento giudiziale, purché sussista nel ricorrente l'interesse ad agire, da valutare in riferimento alla azionabilità dei diritti dei quali essa costituisce presupposto, e che, quindi, può essere esclusa soltanto dalla eventuale prescrizione di siffatti diritti" (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto ai ricorrenti un concreto interesse ad agire per l'accertamento giudiziale dell'anzianità di servizio, rilevante ai fini del computo della indennità di fine rapporto e degli scatti di anzianità non ancora prescritti). (Cass., sent. n. 9060 del 12.5.2004; ord. n. 2232 del 30.1.2020).
Occorre altresì precisare che "far valere l'anzianità" (imprescrittibile) è cosa diversa dal far valere il superamento "virtuale" di PEO cui non si è partecipato, perché non si tratta di progressioni automatiche. La mancanza di automatismo è stata confermata anche dalla sentenza gravata che, con motivazione non oggetto di specifico appello, ha ricordato: "Giova al riguardo rilevare che il passaggio da una posizione stipendiale ad un'altra superiore, seppure certamente connesso alla maggiore anzianità di servizio, è subordinato ad una valutazione positiva dell'operato del dipendente nell'arco temporale in considerazione. Invero l'art. 23 D.Lgs. n. 150 del 1990 e la contrattazione collettiva di comparto (ccnl comparto Regione e Enti locali e ccdi) configurano le progressioni economiche orizzontali quali vere e proprie procedure selettive. In particolare l'art. 23 del D.Lgs. n. 150 del 2009, rubricato "Progressioni economiche", stabilisce che: "Le amministrazioni pubbliche riconoscono selettivamente le progressioni economiche di cui all'articolo 52, comma 1-bis, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 ... sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali e integrativi di lavoro e nei limiti delle risorse disponibili. Le progressioni economiche sono attribuite in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione". Tale principio è fatto proprio e ribadito da tutti i Contratti Collettivi Nazionali del Comparto Regione - enti autonomi, che si sono succeduti nel tempo, che hanno ribadito l'inammissibilità di automatismi di carriera a carattere non selettivo e premiale."
Il Collegio, poi, condivide tali statuizioni, in ogni caso non specificamente contrastate, in quanto l'accesso a tali procedure e il conseguimento, all'esito, della progressione economica è subordinato alla soddisfazione di parametri ulteriori rispetto all'anzianità di servizio, richiedendosi il possesso di specifici titoli culturali e formativi, oltre che la valutazione positiva da parte del dirigente.
2.
Con un primo motivo di appello si chiede di accogliere altresì l'originaria domanda tesa al riconoscimento della possibilità, per gli odierni appellanti, di partecipare alle PEO già durante il contratto a tempo determinato, al fine di essere inquadrati in un livello superiore al momento dell'assunzione a tempo indeterminato ed inoltre al fine di conseguire, nell'arco della carriera, un maggior numero di PEO. Deducono gli appellanti che sarebbe stata erroneamente accolta l'eccezione di Roma Capitale che per partecipare alle PEO occorre essere in ruolo, sulla base di un parere ARAN e della lettera dell'art. 51 del CCNL Funzioni locali 2016-2018, comma 7.
Sul punto Roma Capitale ha replicato che l'obiettivo di tale progressione è quello di consentire al lavoratore più meritevole, in chiave incentivante, una "carriera" economica potiore e che il sistema rifugge dagli automatismi (art. 52 comma 1-bis TUPI; 23 D.Lgs. n. 150 del 2009; CCNL Funzioni Locali del 21.05.2018): pertanto le PEO non si conciliano con la natura del contratto a termine, come confermato dal parere RAL 279 del 5.6.11 e n. 296 del 15.5.18 dell'ARAN, e il loro conseguimento non corrisponde ad un diritto bensì ad una mera aspettativa.
Sulla scorta di diversi precedenti di questa Corte che qui si condividono, il motivo deve dirsi infondato.
Deve infatti concordarsi con le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale di Roma ed affermare che valorizzare il merito dei soli dipendenti di ruolo (con una valutazione che non è sovrapponibile a quella effettuata sui dipendenti a termine, in ragione della diversa finalità) costituisce ragione obiettiva che esclude la discriminatorietà della previsione del CCNL.
Incidentalmente va rilevata, in ogni caso, la carenza di prova in fatto dei presupposti del diritto vantato, in quanto gli esiti delle valutazioni individuali durante il periodo lavorato a termine dagli appellanti - anche a volerli ritenere equivalenti alla valutazione diversamente finalizzata al conseguimento delle PEO - non sono noti, non erano stati prodotti in primo grado e non sono certo surrogabili con la mera indicazione "ind.prod." presente nelle pochissime buste paga in atti.
Già sul piano astratto, in ogni caso, è noto che, in ossequio alla giurisprudenza comunitaria (tra le altre, Corte di Giustizia dell'Unione Europea 13.9.2007, C-307/705 D.C.A., 4.7.2006, C- 212/04, A. a altri, 8.9.2001, C-177/10, R.S.) un differente trattamento fra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato potrebbe operarsi alla sola condizione della sussistenza di ragioni oggettive ai sensi della clausola 4 dell'accordo quadro. La nozione di "ragione oggettiva" di cui al punto 1 di tale clausola dev'essere intesa nel senso che essa non autorizza a giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato per il fatto che quest'ultima sia prevista da una norma interna generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo (cfr, sentenza D.C.A., cit.) e tale nozione richiede che la disparità di trattamento in causa sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s'inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria.
Ebbene, il legittimo obiettivo di incentivare la carriera dei soli dipendenti di ruolo, unito a quella descritta mancanza di automatismo nell'attribuzione delle PEO che non dipendono dal possedere una mera anzianità di servizio configura tale ragione obiettiva.
Dalle argomentazioni espresse supra discende, infatti, che la progressione possa essere conseguita solo da una quota parte dei dipendenti dell'ente per cui, dato che la stessa legge rimanda alla contrattazione collettiva le modalità di selezione, le partì contraenti hanno convenzionalmente deciso, in virtù dell'autonomia decisionale loro conferita dalle norme sul pubblico impiego, di operare la selezione in due passaggi, il primo, a monte, individuando una platea ridotta di potenziali beneficiari sulla base dell'anzianità nel livello retributivo non inferiore a due anni, il secondo, a valle, della prima selezione, con la selezione vera e propria, basata sui punteggi individuali conseguiti secondo i vari fattori di valutazione. Le stesse parti contraenti, in sede di contrattazione decentrata, hanno ulteriormente definito i criteri di selezione alla base dell'individuazione della "quota limitata di dipendenti" contemplata dalla legge, introducendo in tutti i contratti collettivi decentrati integrativi capitolini, sempre in forza della loro autonomia convenzionale, il criterio selettivo della esistenza, alla data del bando, di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La scelta di limitare l'applicazione della progressione economica orizzontale esclusivamente nei confronti del personale a tempo indeterminato appare giustificata, come evidenziato dall'Aran, dal fatto che "La precarietà del rapporto e la sua limitata durata nel tempo mal si conciliano, infatti, con i sistemi di valutazione di contenuto meritocratico che dovrebbero contraddistinguere le selezioni che vengono realizzate al termine di ogni periodo annuale; in assenza, infatti, di un rapporto stabile e duraturo nel tempo vengono meno gli stessi presupposti necessari per una corretta valutazione delle prestazioni e dei risultati dei dipendenti interessati.".
Occorre considerare poi, ad ulteriore sostegno del rigetto del motivo di appello, che gli odierni appellanti (tranne la G.) sono stati stabilizzati. E, come ricorda la sentenza n. 3057/2017 di questa Corte (conforme la n. 5143/2022), la S.C. ha affermato che "l'ente locale può procedere alla stabilizzazione, ex art. 1, comma 558, della L. n. 296 del 2006, del personale già alle sue dipendenze, solo nel rispetto del patto di stabilità e nei limiti dei posti in organico; poiché tale stabilizzazione consente, in deroga alla regola dell'accesso mediante concorso pubblico, l'assunzione a tempo indeterminato nella qualifica da ultimo rivestita, la pretesa di un inquadramento diverso può correlarsi alla violazione del principio di non discriminazione esclusivamente nel caso in cui la qualifica attribuita sia inferiore a quella che sarebbe spettata al lavoratore se l'ente, secondo le allegazioni e prove offerte dal lavoratore deducente, non avesse fraudolentemente operato il frazionamento in più segmenti di un rapporto connotato da intrinseca unitarietà; l'onere di allegazione e di prova di tale preordinazione in frode grava sul lavoratore che ne assume l'esistenza" (Cass. n. 24025/2016): nella specie alcun frazionamento fraudolento è stato dedotto. Ne segue, prosegue la Cassazione, che è "irrilevante la circostanza che in una fase pregressa il lavoratore abbia rivestito una qualifica superiore. Non vi sono, infatti, i presupposti per ritenere l'unicità di tutti i rapporti intercorsi tra le parti - quelli a tempo determinato in continuità con quello a tempo indeterminato - in assenza di una situazione di conversione per ricorso abusivo alla contrattazione a termine".
La giurisprudenza prodotta dagli appellanti è in parte inconferente, in particolare perché relativa agli scatti dei docenti (che sono, quelli sì, automatici: ad es. Cass. n. 2232/2020); inconferente, altresì, la sentenza n. 2030/2021 di questa Corte che parla non già di virtuale superamento delle PEO, bensì di "corretto inquadramento nella fascia stipendiale all'atto dell'immissione in ruolo" in ragione delle mansioni superiori di fatto esplicate durante il rapporto a termine; altri precedenti riguardano la diversa domanda di ristoro del danno da lesione di chance, i cui presupposti non sono estensibili alle odierne questioni.
Il precedente Cass. n. 7584/2022, infine, ha sì statuito che la mera omessa sottoposizione alla verifica dell'attività svolta non vale a giustificare la diversità di trattamento; ma qui, come si è detto, concorrono altri elementi ad integrare la "ragione obiettiva"; inoltre in quel caso si trattava di dirigenti del S.S.N., rispetto ai quali la valutazione periodica costituisce adempimento di un obbligo contrattuale da parte del datore di lavoro.
3.
Con un secondo motivo di appello ci si duole dell'omesso esame, da parte del giudice id prime cure, delle domande di riconoscimento, per ciascun gruppo, delle PEO conseguibili: il Tribunale ne ha elencate esemplificativamente alcune, per illustrare le conseguenze della statuizione di accoglimento in base alla quale va riconosciuta l'anzianità conseguita durante il rapporto a termine; gli appellanti paventano che Roma Capitale potrebbe, nell'eseguire la sentenza, valutare i ricorrenti solo per quelle elencate e non per le altre astrattamente ottenibili sulla scorta dei principi affermati nella sentenza gravata. Sottolineano, i ricorrenti, di avere chiesto la condanna dell'Amministrazione capitolina ad effettuare, ora per allora, le valutazioni per le PEO indette fra il 2000 e il 2017. Al fine di colmare l'asseritamente omessa pronuncia, gli appellanti sostengono che va parificato all'anno il servizio prestato per oltre 180 giorni e che anche quando sia prescritto il diritto alla qualifica superiore non è comunque prescritto il diritto a conseguire le progressioni ancora successive in cui concorrere come se si fossero conseguite quelle precedenti.
In merito, Roma Capitale ha tacciato il motivo di inammissibilità in quanto il Tribunale di Roma, lungi dall'avere omesso la pronuncia richiesta, ha delineato ad ogni fine il quadro giuridico generale precisando, poi, che il numero e la complessità delle posizioni imponesse una pronuncia meramente dichiarativa.
Il motivo è infondato e prima ancora inammissibile. Sotto la veste formale della censura dell'omessa pronuncia, gli appellanti vorrebbero una mera declinazione della pronuncia stessa con riguardo a ciascuna posizione per provocare un'interpretazione favorevole del dictum generico della sentenza: si vorrebbe cioè affermato giudizialmente che "se anche c'è prescrizione per la qualifica non c'è per le progressioni successive in cui si può concorrere come se si fosse concorsi anche per le precedenti".
Tale statuizione, però, non solo non si ricava affatto dalla sentenza ma, se essa così dovesse interpretarsi, meriterebbe riforma nel senso voluto nell'appello incidentale (con la conseguenza che, in caso di accoglimento di quest'ultimo, il presente motivo verrebbe assorbito): il Tribunale ha detto solo che gli odierni appellanti "possono partecipare alle PEO indette a partire dal 2006 facendo valere l'intera loro anzianità", ma, visto che, come si è più volte ribadito supra, non c'è automatismo in dette progressioni, essi non possono altresì trascinarsi vittorie "virtuali" a PEO indette a progressioni indette prima di tale data.
Inoltre, di nuovo mutuando dalla sentenza di questa Corte n. 3057/2017, va ribadito che: "l'anzianità di servizio non è uno "status" o un elemento costitutivo di uno "status" del lavoratore subordinato, né un distinto bene della vita oggetto di un autonomo diritto, ma rappresenta la dimensione temporale del rapporto di lavoro, nel cui ambito integra il presupposto di fatto di specifici diritti (quali quelli all'indennità di fine rapporto o agli scatti di anzianità). Essa, pertanto, come non può essere oggetto di atti di disposizione (traslativi o abdicativi), così non è suscettibile di autonoma prescrizione distinta da quella di ciascuno dei singoli diritti che su di essa si fondano e può essere sempre oggetto di accertamento giudiziale, purché sussista nel ricorrente l'interesse ad agire, che va valutato in ordine alla concreta azionabilità dei singoli diritti di cui l'anzianità di servizio costituisce il presupposto di fatto e può essere escluso solo dalla eventuale prescrizione di tali diritti" (Cass. n.12756/2003). Ai richiamati princìpi ha dato corretta applicazione la gravata sentenza, laddove afferma espressamente che l'anzianità di servizio non è che un presupposto giuridico di diritti, e non in sé un diritto (ex plurimis, Cass. 9060/2004).".
4.
Con l'appello incidentale Roma Capitale ha dedotto che la sentenza gravata abbia violato la necessaria corrispondenza fra chiesto e pronunciato "nella parte in cui si chiede il riconoscimento di un livello retributivo non immediatamente successivo a quello che sarebbe spettato ai singoli ricorrenti al momento dell'interruzione della prescrizione, formulando, piuttosto, per ciascun ricorrente, una domanda che presuppone l'avvenuta partecipazione e superamento, da parte dei medesimi, a PEO anteriori che si situano non solo prima dell'immissione in ruolo, ma nel periodo prescritto, senza subordinate". Ad avviso dell'Ente, accertata la prescrizione, il rigetto avrebbe dovuto essere totale, poiché i ricorrenti non avevano formulato proposte subordinate di riconoscimento del diritto a partecipare ad un numero minore di PEO rispetto a quanto richiesto in via principale.
Sul punto, gli appellati incidentali hanno replicato eccependo l'inammissibilità del motivo, perché chiede di "confermare la sentenza" e non di riformarla nemmeno nelle conclusioni; e la sua infondatezza perché nella domanda proposta era incluso l'accertamento del diritto a partecipare alle prime PEO successive all'immissione in ruolo a prescindere dalla prescrizione e quindi l'appello non censura la sentenza ma la domanda originaria: è pertanto una difesa sull'appello principale.
Infatti, soggiungono gli appellanti, va rilevato:
a. Che i gruppi C, D, ed E chiedono come prima PEO cui partecipare "ora per allora" una PEO indetta dopo il 28.7.2006 quindi per loro non si pone alcun problema di prescrizione;
b. Che i gruppi A e B sono stati tutti assunti in ruolo dopo il 28.7.2006 per cui:
i. il loro diritto a partecipare alle PEO anteriori (2000, 2001 e 2004) all'epoca dell'immissione in ruolo non era prescritto e viene rivendicato con l'appello principale rispetto all'ostacolo normativo di non essere, all'epoca, ancora in ruolo: ai sensi dell'art. 2935 c.c. la prescrizione non poteva decorrere;
ii. se ritenuta, invece, decorrente (perché avrebbero potuto fare, da lavoratori a termine, domanda di sottoposizione alle PEO e impugnare il rigetto), non sono comunque prescritti i diritti alla PEO 2007 e 2009, insorti in anni non prescritti rispetto alla diffida del 2016, in cui possono far valere tutta la loro l'anzianità.
Come si vede, il secondo motivo dell'appello principale e l'appello incidentale condividono il thema decidendum, nel senso che entrambi si appuntano sulla possibilità o meno per gli appellanti di partecipare non alla PEO immediatamente successiva al loro livello di formale inquadramento, bensì a quelle cui "avrebbero potuto partecipare se" ammessi alle PEO precedenti.
Per le considerazioni già svolte, va condiviso il punto di vista di Roma Capitale, ciò che però non conduce all'accoglimento dell'appello incidentale: poiché non è tanto l'operare della prescrizione, quanto la mancanza di automatismo delle PEO (nonché la legittimità di circoscrivere la partecipazione alle stesse al solo personale in ruolo) a precludere, per i ricorrenti, la possibilità di superare "virtualmente" le PEO bandite prima del 2006 ovvero durante il rispettivo periodo di precariato.
Roma Capitale, in altre parole, vorrebbe che la prescrizione si estendesse al punto di impedire ai ricorrenti il "trascinamento" anche della mera anzianità pregressa per il solo fatto di non avere formulato domande subordinate di ricostruzione della carriera: il Collegio dissente, poiché, all'opposto, essi hanno sottoposto al giudicante ogni presupposto fattuale (inizio del rapporto a termine, livello, data di assunzione in ruolo, progressioni superate, progressioni superabili e relative date) per un riconoscimento quantitativamente inferiore delle rispettive domande, dovendosi applicare, per analogia di ratio, principi consolidati in tema di domanda di riconoscimento di mansioni superiori senza domande subordinate relative a livelli intermedi (cfr. ex multis Cass. ord. N. 1040/2020).
5.
La reciproca soccombenza suggerisce la compensazione, fra le parti, delle spese di lite del grado.
Deve, infine, darsi atto della sussistenza, sia per gli appellanti principali che per l'appellante incidentale, dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sugli appelli proposti da OMISSIS ed altri da un lato e Roma Capitale dall'altro avverso la sentenza del Tribunale del lavoro di Roma n. 2840/2020 pubblicata il 01/06/2020 nei reciproci confronti, così provvede:
- Rigetta l'appello principale e l'appello incidentale;
- Compensa le spese di lite del grado;
- Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte degli appellanti principale e dell'appellante incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19 aprile 2023.
Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2023.
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