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sabato 16 settembre 2023

Agenzia delle Entrate Risp. 11/09/2023, n. 426 Diritto a detrazione - controvalore effettivo della prestazione di servizi - Art. 19 del D.P.R. n. 633 del 1972. Emanata dall'Agenzia delle entrate, Divisione contribuenti, Direzione centrale piccole e medie imprese (Risposta a istanza di interpello).

 


Agenzia delle Entrate


Risp. 11 settembre 2023, n. 426 (1)


Diritto a detrazione - controvalore effettivo della prestazione di servizi - Art. 19 del D.P.R. n. 633 del 1972.


(1) Emanata dall'Agenzia delle entrate, Divisione contribuenti, Direzione centrale piccole e medie imprese (Risposta a istanza di interpello).




Quesito


Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente



Quesito



La società [ALFA] (nel prosieguo istante e/o committente) fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.


L'istante riferisce di aver "a) stipulato un contratto di consulenza con la società [BETA] [n.d.r. di seguito prestatore e/o cedente];


b) la società consulente ha emesso ad [ALFA] le fatture elettroniche numero [...] del 15.01.2021 e le fatture elettroniche [...] del 27.07.2021, per un importo totale di euro 762.579,89, di cui euro 137.514,41 a titolo di IVA;


c) l'importo di tali fatture è stato tuttavia contestato da [ALFA], attraverso il proprio legale rappresentante con richiesta di emissione di note credito;


d) la società consulente [BETA] ha notificato ad [ALFA] l'avvenuta cessione del proprio credito a [GAMMA];


e) la società consulente e la società cessionaria del credito non hanno mai emesso note di credito;


f) [ALFA] ha instaurato un giudizio dinanzi al Tribunale di (...) contestando le pretese dai sopra richiamati ricorrenti e, per l'effetto, non ha proceduto al pagamento delle fatture contestate a [BETA] in attesa di definizione giudiziale o stragiudiziale della vertenza;


g) la controversia (...) è stata definita in via transattiva dichiarativa e non novativa, tra le parti in epigrafe, in data 28.03.2023, attraverso un bonario componimento dell'intero contenzioso, a saldo e stralcio e con reciproca dichiarazione di null'altro avere a pretendere l'una dalle altre. Nell'accordo sottoscritto tra le parti in vertenza è stato pattuito che [ALFA] si obbliga a corrispondere a [BETA] l'importo onnicomprensivo di euro 70.000,00 in tre rate a saldo e stralcio, con rinunzia da parte [BETA] al residuo importo di cui alle fatture elettroniche (...) del 2021".


L'istante rappresenta, inoltre, che


- "sono decorsi i termini previsti dall'art. 26, comma 3, D.P.R. n. 633 del 1972 e la società consulente [BETA] e/o la cessionaria non hanno emesse le relative note di credito sulle fatture di cui sopra, nonostante i solleciti e l'instaurazione della vertenza dinanzi al Tribunale";


- "l'IVA a credito per un importo totale di euro 137.514,41 relativa alle fatture contestate e non pagate è stata contabilizzata da [ALFA] al momento della registrazione del documento fiscale";


- "l'IVA (...), ad oggi, non è ancora stata utilizzata in compensazione verticale Iva su Iva, ovvero utilizzato in compensazione orizzontale con altre imposte e non è stata nemmeno richiesta a rimborso";


- "l'IVA (...) è stata riportata nelle dichiarazioni IVA annuali e, per l'effetto, risulta tuttora a credito".


Tutto ciò premesso, l'istante chiede chiarimenti sull'"utilizzo in compensazione verticale (Iva su Iva) [rectius esercizio del diritto a detrazione] del credito Iva derivante dalle fatture di cui sopra (...) ed il trattamento ai fini delle imposte dirette di tale eventuale utilizzo per la parte di IVA non pagata a seguito della transazione della vertenza (...)".




Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente


In sintesi, l'istante ritiene che "(...) Poiché, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, il diritto sorge dal momento in cui l'imposta diventa esigibile, la contabilizzazione in detrazione dell'IVA deve avvenire in corrispondenza della data di emissione della fattura, restando in facoltà del soggetto acquirente l'emissione di una nota di variazione in diminuzione, qualora la prestazione non sia avvenuta o venga stornata (...).


Si aggiunga che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, prevede poi che la fattura debba essere emessa "al momento di effettuazione dell'operazione" determinata a norma del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, il quale stabilisce in via generale, al 3 comma, che le prestazioni di servizi (fra cui rientrano quelle dipendenti dal contratto di consulenza) si considerano effettuate al momento del pagamento del corrispettivo.


Lo stesso art. 6, al comma successivo, fa tuttavia salva l'ipotesi che la fattura sia emessa anteriormente o indipendentemente dal pagamento del corrispettivo, nel qual caso l'operazione si considera effettuata, limitatamente all'importo fatturato, alla data di emissione.


Ben può darsi, pertanto, che una fattura in acconto ovvero a saldo sia emessa in via anticipata rispetto alla data del suo pagamento, senza che per questo venga meno il diritto del cessionario alla detrazione dell'IVA in essa addebitata, esigibile dal momento della sua emissione.


(...)


In base ai principi di neutralità dell'imposta e tenuto conto che il diritto alla detrazione sorge (sulla base di quanto previsto dall'art.19 del "Decreto Iva") nel momento in cui l'imposta diventa "esigibile", è irrilevante il pagamento, così come è anche irrilevante l'eventuale esecuzione parziale della prestazione (perché la fattura potrebbe essere anche stata emessa per un acconto).


Si rileva peraltro che le operazioni oggetto di fatturazione sono state accertate come esistenti e che il diritto alla detrazione, a termini del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, trova titolo nella emissione della fattura e prescinde dal suo pagamento, che potrebbe non avvenire per le più svariate ragioni".


Stante quanto sopra, l'istante ritiene di avere "diritto a compensare, in via verticale od orizzontale, ovvero a richiedere a rimborso l'Iva a credito derivante dalle fatture di cui alle premesse e contabilizzate nei termini ed ai sensi di legge, pertanto per un importo di euro 137.514,41.


Ai fini delle imposte dirette IRES ed IRAP (...) ritiene di tassare euro 124.891,45 ovvero l'importo corrispondente all'Iva effettivamente non pagata a [BETA], trattandosi de facto di un importo a ricavo sopravveniente".




Parere dell'agenzia delle entrate


Si premette che - stante i pochi elementi indicati nell'istanza, meramente descrittiva del fatto - esula dalle competenze della scrivente ogni valutazione in merito alla natura delle operazioni alle quali si riferiscono le fatture oggetto d'interpello, alla sussistenza dei presupposti sostanziali per l'esercizio del diritto di detrazione, all'effettiva esistenza del credito IVA, cui l'istante fa riferimento, e alla spettanza dello stesso, restando impregiudicato qualsiasi potere di controllo da parte dell'Amministrazione finanziaria.


Ciò detto, con riferimento al primo quesito - esercizio del diritto a detrazione del credito IVA derivante dalle fatture emesse da un prestatore di servizi e mai saldate - la soluzione prospettata dall'istante non può essere condivisa per i seguenti motivi.


L'articolo 168 della direttiva 2006/112/CEE (in breve, "Direttiva IVA"), trasfuso nell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA), autorizza un soggetto passivo "18. (...) a detrarre l'IVA "dovuta o assolta" [...]


19 Pertanto, il testo stesso di detta disposizione, [...], ai termini del quale i soggetti passivi hanno diritto di detrarre l'IVA "dovuta o assolta" per i beni che sono loro o saranno loro ceduti, dispone chiaramente che il diritto a detrazione dell'imposta di cui beneficia il soggetto passivo riguarda non soltanto l'IVA che ha versato, ma anche l'IVA dovuta, vale a dire quella che deve essere ancora pagata.


20. [...], il termine "dovuta" si riferisce infatti ad un debito tributario esigibile e presuppone quindi che il soggetto passivo abbia l'obbligo al versamento dell'importo dell'IVA che intende detrarre in quanto imposta a monte.


21 Va aggiunto, da un lato, che il legislatore dell'Unione, se avesse voluto subordinare il diritto a detrazione dell'IVA [...] all'effettivo previo pagamento di detta IVA, avrebbe potuto farlo espressamente, ad esempio abolendo il termine "dovuta" [....].


23 Ne consegue che, [...], il diritto a detrazione dell'IVA [...] non può, in linea di principio, essere subordinato all'effettivo previo pagamento dell'IVA stessa" (cfr. sentenza della Corte di Giustizia UE, C-414/2010, 29 marzo 2012) [enfasi aggiunta].


Tali principi, tuttavia, valgono fintanto che c'è corrispondenza tra il valore del bene/prestazione concretamente ricevuta e il corrispettivo dovuto - cui corrisponde l'Iva detraibile - non essendo determinante la circostanza che sia stata emessa una fattura per un corrispettivo superiore.


Il tema del rapporto tra principio di cartolarità e principio di neutralità dell'IVA è stato, del resto, già più volte affrontato nella giurisprudenza della Cassazione e della Corte di Giustizia UE. Al riguardo, la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 7080 del 12 marzo 2020 (che a sua volta richiama la sentenza n. 10939 del 27 maggio 2015), ha affermato che:


"- il destinatario della fattura non è legittimato a portare in detrazione l'IVA indebitamente fatturata, laddove non sussista - o non venga ripristinato con procedura di variazione o ancora non sia possibile ripristinare - la corrispondenza tra rappresentazione cartolare e reale operazione economica, fatta salva in ogni caso la "buona fede" del destinatario (qualora lo stesso risulti estraneo alla eventuale frode, e dimostri di avere adempiuto a tutti gli obblighi formali e di diligenza richiesti all'operatore del settore ex art. 1176 c.c., comma 2, (...)


- l'emittente della fattura è tenuto, quale soggetto passivo, a versare l'IVA liquidata in fattura (in base al "principio di cartolarità" di cui alla 6 Dir. CEE, art. 21, paragr. 1, lett. e), e della Dir. CE n. 112 del 2006, art. 203, recepito nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7), nel caso in cui non abbia tempestivamente provveduto ad avvalersi della specifica disciplina predisposta dallo Stato membro (nella specie dettata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26), per emendare gli errori concernenti la emissione o la indicazione dei dati riportati nella fattura: il ripristino della corrispondenza tra realtà economica e rappresentazione cartolare della stessa, riconduce a regolarità il funzionamento del sistema IVA, consentendo l'applicazione della esatta imposta dovuta (ed il rimborso di quella eventualmente versata in eccedenza dal soggetto passivo) ed il corretto esercizio del diritto a detrazione, da parte del destinatario della fattura emendata da errori".


Allo stesso modo la Corte di Giustizia con la sentenza C-334/2020 del 25 novembre 2021, al punto 37, ha chiarito che, "l'importo dell'IVA che può essere detratta dovrà essere determinato conformemente alla base imponibile pertinente, alla luce dei requisiti esposti al punto 28 della presente sentenza, ossia in funzione del corrispettivo effettivamente pagato dal soggetto passivo".


Sempre la Corte di Cassazione, in merito al rapporto tra l'articolo 19 del decreto IVA e l'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, ha più volte affermato che la Direttiva IVA "[...], così come costantemente interpretata dalla Corte di Giustizia, (n.d.r. circoscrive diritto alla detrazione) [...] alle sole imposte dovute e non può essere esteso all'IVA indebitamente versata a monte, per cui non si estende all'imposta dovuta esclusivamente in quanto esposta sulla fattura [...]. Pertanto, per recuperare l'imposta di rivalsa indebitamente versata (n.d.r. il cessionario/committente) dovrà avanzare richiesta di restituzione all'operatore che ha emesso una fattura erronea, conformemente al diritto nazionale [...]. Sotto altro profilo, non appare possibile, al fine di legittimare la detrazione in via ordinaria dell'IVA non dovuta da parte del cessionario, invocare il principio per cui l'erario è il creditore di ultima istanza anche del cessionario, atteso che tale principio opera solo ed esclusivamente nell'ipotesi (estranea al perimetro di questo giudizio) in cui il cedente sia insolvente o, comunque, il recupero dell'imposta da parte del cessionario nei confronti del cedente sia particolarmente difficoltoso, se non impossibile [...].


In tale ottica, (n.d.r. gli articoli 19 e seguenti del decreto IVA consentono al cessionario/committente di detrarre l'IVA) [...] nei limiti di quanto dovuto ai sensi delle disposizioni richiamate, le quali, per le ragioni suindicate, non consentono di detrarre l'imposta versata nel suo intero ammontare, laddove non dovuta per intero o in parte, e, dunque, nei limiti dell'imposta effettivamente dovuta in ragione della natura delle caratteristiche dell'operazione posta in essere" (cfr. Corte di Cassazione, sentenza 16 marzo 2022, n. 8589 e giurisprudenza, anche comunitaria, ivi richiamata, nonché giurisprudenza nazionale e comunitaria in tema di rapporto tra diritto a detrazione e sovrafatturazione, tra cui Corte di Cassazione, ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30718 e sentenza 14 aprile 2022, n. 12137).


Secondo la giurisprudenza, dunque, il mero possesso della fattura non legittima il diritto a detrazione dell'IVA ivi indicata, che deve essere coerente con l'operazione sottostante, con la conseguenza che il committente non è legittimato a portare in detrazione l'IVA indebitamente fatturata laddove non sussista corrispondenza tra rappresentazione cartolare e reale operazione economica, ovvero tale corrispondenza non sia ripristinata con la procedura di variazione; ciò, peraltro, vale anche quando tale ripristino non sia più possibile, come nel caso di specie, essendo decorso più di un anno dalla data di emissione della fattura, ovvero il limite disposto dall'articolo 26, comma 3, del decreto IVA per l'emissione della nota di variazione in caso di sopravvenuto accordo tra le parti.


Nel caso di specie, l'evolversi dei fatti rappresentati dimostra che il credito IVA di 137.514,41 euro invocato dall'istante deriva da un debito di 762.579,89 euro (IVA compresa), tutt'altro che esigibile, in quanto dallo stesso mai pagato perché prontamente contestato dapprima per vie legali e poi in sede di contenzioso.


Per stessa ammissione dell'istante, infatti, risulta che:


- "l'importo di tali fatture è stato tuttavia contestato da [ALFA], attraverso il proprio legale rappresentante con richiesta di emissione di note credito",


- l'istante "ha instaurato un giudizio dinanzi al Tribunale di (...) e, per l'effetto, non ha proceduto al pagamento delle fatture contestate a [BETA] in attesa di definizione giudiziale o stragiudiziale della vertenza";


- la "controversia (...) definita in via transattiva dichiarativa e non novativa, (...). Nell'accordo sottoscritto tra le parti in vertenza è stato pattuito che [ALFA] si obbliga a corrispondere a [BETA] l'importo onnicomprensivo di euro 70.000,00 in tre rate a saldo e stralcio, con rinunzia da parte [BETA] al residuo importo di cui alle fatture elettroniche (...) del 2021".


Trattasi di elementi che lasciano intuire che il controvalore effettivo della prestazione di consulenza ricevuta sia quello rideterminato per effetto dell'accordo transattivo - pari a 70.000 euro, di cui 12.622,95 euro a titolo di IVA - e non anche quello documentato con le fatture oggetto di contestazione e mai saldate. Quanto a dire che la differenza di 567.688,43 euro, unitamente all'IVA a essa relativa di 124.891,45 euro, non corrispondevano al valore della prestazione e, quindi, non erano dovute. A conferma di quanto appena detto, da riscontri eseguiti dalla scrivente, è emerso che il prestatore non sembra avere mai assolto l'IVA addebitata in via di rivalsa nelle fatture di cui si discute, sebbene obbligato ex articolo 6, comma 4, del decreto IVA.


Pertanto, al ricorrere dei relativi presupposti - ossia che i servizi cui si riferiscono le fatture siano effettivamente inerenti l'attività d'impresa svolta dall'istante ed afferenti ad operazioni eseguite/da eseguire, nonché escluso qualunque intento fraudolento (aspetti non verificabili in sede d'interpello) - l'istante potrà portare in detrazione il solo importo di 12.622,94 euro, ossia la sola IVA derivante dall'accordo transattivo, perchè "imposta effettivamente dovuta", nei termini innanzi chiariti.


In relazione al quesito relativo alle imposte dirette, considerata la risposta sopra resa ai fini dell'IVA, la scrivente non condivide la soluzione prospettata per il caso in esame dall'interpellante, nei termini indicati nell'istanza. Infatti, in merito alle operazioni rappresentate, l'importo dell'IVA detraibile (a seguito della rideterminazione del controvalore della prestazione di consulenza per effetto dell'intervenuta conclusione dell'accordo transattivo) da parte dell'interpellante è pari a euro 12.622,95 (e non quella indicata nelle originarie fatture emesse dal prestatore per complessivi euro 137.514,41 e, poi, riportata nelle dichiarazioni IVA dell'interpellante medesimo). Pertanto, nel caso in esame, non assumendo l'importo dell'IVA originariamente indicato nelle fatture emesse dal prestatore (pari a euro 137.514,41) alcuna rilevanza fiscale per quanto qui di interesse, neppure la differenza tra detto importo e quello dell'IVA detraibile (euro 12.622,95) rileva ai fini IRES e IRAP.


Resta comunque fermo che, ai sensi dell'articolo 88, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) sono imponibili come sopravvenienze attive, i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.


Al pari, ai fini IRAP, tali componenti positivi assumono rilevanza ai fini del tributo regionale, laddove confluiscono in una voce rilevante ai fini delle disposizioni applicabili per la determinazione del valore della produzione netta ai sensi del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.



La Direttrice centrale 

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