Cons. giust. amm. Sicilia, Sent., (ud. 21/09/2023) 31-10-2023, n. 745
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 722 del 2021, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avvocati
contro
Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) n. 3414/2020, resa tra le parti, per l'accertamento e la statuizione del diritto di -OMISSIS-, brigadiere capo dei Carabinieri in congedo definitivo dal 1 febbraio 2014, alla monetizzazione e pagamento della licenza ordinaria ex articolo 55 D.P.R. n. 254 del 1999 - art. 29 D.P.R. n. 170 del 2007 e del "riposo" speciale da egli maturati negli anni 2013 e 2014, mai fruiti per esigenze di servizio e per cause ad egli non imputabili;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2023 la Consigliera Paola La Ganga e uditi per le parti gli avvocati come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il signor -OMISSIS-, Brigadiere Capo dei Carabinieri, ha prestato la sua attività lavorativa presso l'Arma sino all'1 febbraio 2014, data in cui è stato collocato in congedo. In data 21 marzo 2013, il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri destinava il Sig. -OMISSIS- ad un servizio provvisorio all'estero, da svolgersi presso il Contingente dei Carabinieri dislocato nell'Ambasciata d'Italia in Baghdad - IRAQ, per un periodo di centoventi (120) giorni "con partenza alla prima data utile". Dopo aver positivamente sostenuto, il giorno 11 giugno 2013 presso il Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento (C.N.S.R.) di Roma, le prescritte visite e profilassi mediche, il ricorrente è risultato idoneo e pronto per la programmata missione operativa, che aveva inizio il 5 settembre 2013 - ovvero a distanza di centocinque giorni dalla sua pianificazione e di ottantasei giorni dagli esiti clinici - concludendosi, diversamente a quanto stabilito dalla medesima Amministrazione datrice di lavoro dopo centoquarantuno giorni, il 24 gennaio 2014.
Rimpatriato nella predetta data e mai sottoposto agli accertamenti sanitari prescritti per il personale impiegato in missione operative all'estero, il signor -OMISSIS- è stato congedato a distanza di una settimana dal suo rientro.
Poiché la tempistica sopra indicata avrebbe precluso al ricorrente la fruizione di quarantacinque giorni di licenza ordinaria relativi all'anno 2013, di tre giorni di licenza ordinaria relativi all'anno 2014 e di venticinque giorni di riposo maturati nel corso della missione all'estero, lo stesso avanzava una richiesta di monetizzazione di tali periodi di riposo non goduti che, però, veniva respinta con provvedimento prot. n. (...) del 10 luglio 2014 del Comandante della Legione Carabinieri Sicilia - Compagnia di Vittoria, in quanto ritenuta in contrasto con la previsione di cui all'art. 5, comma 8, del D.L. n. 95 del 6 luglio 2012, convertito con la L. n. 135 del 2012.
Avverso quest'ultimo provvedimento il Brigadiere Capo dei Carabinieri, signor -OMISSIS-, ha proposto il ricorso n. 1175/2015 R.R. per l'accertamento del proprio diritto a percepire gli emolumenti richiesti e non corrisposti dall'Amministrazione intimata e a essere sottoposto ai controlli sanitari di cui alla Circolare Prot. n. (...) del 5 gennaio 2001 della Direzione Generale della Sanità Militare del Ministero della Difesa.
2. Il giudice di prime cure con la sentenza appellata ha dichiarato il ricorso, in parte, inammissibile e, in parte, lo ha rigettato; infatti, quanto alla mancata sottoposizione del ricorrente alle visite di controllo previste dalla citata Circolare, il T.a.r. ha ritenuto che non sussista alcun interesse specifico, in capo al ricorrente, militare ormai congedato, a contestare la mancata osservanza di obblighi meramente strumentali al mantenimento in servizio dello stesso - od al suo congedo o messa in aspettativa per malattia, in caso di esito negativo -, con conseguente dichiarazione di inammissibilità per originaria carenza di interesse del ricorso in parte qua.
Quanto, invece, al lamentato godimento delle ferie, il T.A.R. ha ritenuto che la pretesa del ricorrente potrebbe aver fondamento soltanto ove si riconosca che la mancata fruizione delle ferie maturate in pregresso sia dipesa da "obiettive ragioni non dipendenti dalla volontà del ricorrente", poiché, però, nel caso di specie, il ricorrente è cessato dal servizio permanente in data 1 febbraio 2014 "a domanda", il giudice di prime cure, "a prescindere quindi dalla applicabilità o meno nel caso di specie delle previsioni di cui all'art. 5, comma 8, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con L. n. 135 del 2012" ha richiamato il disposto dell'art. 55, comma 3, del D.P.R. n. 254 del 1999, che per "il personale in servizio all'estero, di cui all'art. 47, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. n. 395 del 1995, non abbia fruito della licenza nel corso dell'anno per indifferibili esigenze di servizio", "la licenza ordinaria potrà essere fruita entro il secondo semestre dell'anno successivo", e ha ritento che "non vi sarebbe stato in astratto alcun ostacolo a che il ricorrente, dopo il proprio avvenuto rientro in Italia (in data 24 gennaio 2014), avesse chiesto di fruire, entro il termine massimo del 24 luglio 2014, dei 73 giorni di riposo feriale maturato e non goduto. L'ostacolo a che ciò potesse concretamente avvenire è invece rappresentato da un fatto proprio del ricorrente: il quale, anziché "subire" una cessazione dal servizio con data eterodeterminata dall'Amministrazione di appartenenza, ha chiesto invece di essere congedato con una tempistica incompatibile con la fruizione del periodo di ferie maturato in pregresso. E senza avere in alcun modo dimostrato di aver comunque in precedenza avanzato richieste di fruizione delle ferie maturate in pregresso all'Amministrazione intimata, da questa respinta con atti formali motivati in base al sussistere di inderogabili esigenze di servizio".
3. Avverso detta sentenza, limitatamente alla domanda di monetizzazione del periodo di licenze non goduto, il signor -OMISSIS- ha proposto appello, con ricorso notificato il 16 giugno 2021 e depositato il 29 giugno 2021, per la riforma parziale della sentenza e per ottenere, in via principale, il riconoscimento del proprio diritto alla monetizzazione e pagamento della licenza ordinaria e di qualsivoglia altro "riposo" da egli maturato nel corso dell'anno 2013 e 2014, mai fruito per ragioni di servizio o, comunque, per cause ad egli non imputabili, da liquidarsi in euro 4.000,00 oltre gli interessi legali, maturati e maturandi e la rivalutazione monetaria, fino all'effettivo soddisfo, quantificata, giusta consulenza tecnica di parte prodotta, complessivamente in euro 5.114,98 - ovvero in quella diversa somma da determinarsi, in base alle vigenti disposizioni di legge, a cura dell'Amministrazione appellata ovvero mediante la Consulenza Tecnica d'Ufficio che, ove necessario, si vorrà disporre.
In via subordinata, l'appellante, in riforma della parte della sentenza con cui si dispone la sua condanna alle spese, ha chiesto la compensazione tra le parti delle spese del giudizio a quo, ovvero, in via ancor più gradata, la riduzione dei predetti onorari nel minimo consentito.
4. L'appello è affidato ai seguenti motivi:
I) "erronea valutazione dei fatti e delle risultanze istruttorie da parte del Giudice a quo - Violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 8, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con L. n. 135 del 2012 - Violazione e falsa applicazione degli artt. 14, comma 14, D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395 e 55 D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254 - Monetizzazione e pagamento della licenza ordinaria e del "riposo" speciale maturato dal brigadiere capo -OMISSIS- nell'anno 2013 e 2014 e mai fruito per esigenze di servizio o per ragioni ad egli non imputabili".
L'appellante ritiene che il T.a.r. abbia errato nel rigettare la domanda di monetizzazione del periodo di ferie mai fruito ritendo che il mancato godimento sia ascrivibile a fatto proprio dello stesso, ossia è cessato dal servizio permanente "a domanda" in data 1 febbraio 2014, piuttosto che ritenere la cessazione del servizio conseguenza dell'istanza di pensionamento da lui proposta, in data 2 aprile 2013, prima della sua destinazione a svolgere servizio presso l'Ambasciata d'Italia in Iraq e, pertanto, già presa in carico e programmata dall'Amministrazione datrice di lavoro.
In ogni caso il sig-OMISSIS- ribadisce di essersi trovato nell'impossibilità di fruire per l'intero anno 2013 della licenza c.d. ordinaria e dei "riposi" maturati all'estero per fatto a lui non imputabile, essendo, invece, dipesa la mancata fruizione unicamente dalla pianificazione della missione de qua, il cui cronoprogramma è andato oltre ogni immaginabile ipotesi. Infatti, la destinazione alla missione (con partenza alla prima data utile) è del 21 maggio 2013, gli esami clinici sono stati effettuati l'11 giugno 2013 e la missione è iniziata soltanto il successivo 5 settembre 2013 con una durata di giorni 141 invece che 120.
In considerazione della prospettata imminenza dell'avvio della missione, sostiene l'appellante, che non poteva chiedere formalmente di fruire della licenza ordinaria maturata, come ritiene il T.a.r.; ne deriva che la loro mancata fruizione si è verificata per ragioni non dipendenti dalla sua volontà e, quindi, all'accoglimento dell'istanza di monetizzazione non osta l'art. 5, comma 8, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con L. n. 135 del 2012, come erroneamente asserito dalla sentenza gravata.
L'appellante ritiene che più correttamente nel caso di specie avrebbe dovuto trovare applicazione il combinato disposto dall'art. 14, comma 14, D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395 e dall'art. 55 D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, secondo il quale il pagamento sostitutivo delle ferie non godute debba apprestarsi allorché il dipendente sia stato impossibilitato ad avvalersi di tale suo inalienabile diritto per ragioni obiettive e ad egli non imputabili o, anche, per esigenze di servizio.
II) "Violazione e falsa applicazione dei vigenti principi del diritto dell'UE e dell'art. 7 direttiva n. 2003/88 per come interpretati dalla costante giurisprudenza, eurounitaria e nazionale - Violazione del precedente giurisprudenziale - Diritto alla monetizzazione della licenza ordinaria e del "riposo" speciale maturato dal brigadiere capo -OMISSIS- nell'anno 2013 e 2014 - Disparità di trattamento".
L'appellante eccepisce l'erroneità della sentenza appellata anche in ragione dell'evoluzione giurisprudenziale registratasi in subjecta materia, che ha riconosciuto il diritto alla monetizzazione delle ferie non godute anche quando il dipendente sia cessato dal servizio "a domanda" e richiama, infatti, l'art. 7 della direttiva n. 2003/88, sì come interpretato dalla Corte di Giustizia UE, X Sezione, con la sentenza 20 luglio 2016, causa C-341/15 che ha evidenziato come il legislatore comunitario, nel prevedere l'erogazione di tale indennità alla cessazione del rapporto lavorativo, abbia considerato del tutto irrilevante il motivo per cui il rapporto di lavoro si sia risolto.
Tele orientamento risulta ormai pacificamente acquisito dalla giurisprudenza nazionale oltre che dalle stesse Amministrazioni resistenti che, con la nota prot. n. (...) del 24 marzo 2021 del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, hanno indicato agli Uffici competenti di voler riconsiderare tutti i casi pregressi - e, pertanto, anche in quelli sub iudice - di rigetto delle istanze di monetizzazione delle ferie non fruite, posto che tale diritto è da riconoscersi "in tutti quei casi in cui il personale militare, prima del congedo e a prescindere dai motivi di quest'ultimo (quindi anche se "a domanda" o per "limiti d'ètà"), non sia riuscito a fruire la licenza ordinaria residua per sopravvenuti impedimenti".
III) "In via principale e in subordine: Sulla condanna alle spese e compensi del giudizio a quo: principio di soccombenza; erroneità di calcolo; riduzione secondo proporzione al valore di causa e/o equità".
L'appellante ritiene che essendo errata la sentenza del T.a.r. sia errata anche la conseguente condanna alle spese.
In subordine, in caso di esito negativo del giudizio, l'appellante chiede, comunque, la riforma della sentenza nel punto in cui dispone la condanna alle spese, con una dichiarazione di integrale compensazione tra le parti (come, tra l'altro, frequentemente avviene in ricorsi simili), considerata la peculiarità della vicenda in esame; solo in via ulteriormente gradata, la riduzione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio nel minimo possibile parametrandole ai compensi dovuti per valore per i giudizi vertenti su questioni di c.d. diritto del lavoro e per le effettive fasi di giudizio svolte.
4. Si sono costituite le Amministrazioni resistenti contestando l'erroneità delle censure di parte appellante in quanto tutte prive di fondamento giuridico, atteso che il T.a.r. non è incorso in nessun errore in iudicando e che nel provvedimento impugnato non si evince alcuna violazione di legge, essendo il mancato godimento delle ferie dipeso da fatto del Brigadiere Capo signor -OMISSIS-.
5. L'appello è infondato.
La normativa che disciplina la materia per quello che qui rileva è la seguente:
- l'art. 14 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395, "Recepimento dell'accordo sindacale del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Corpo di polizia penitenziaria e Corpo forestale dello Stato) e del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante le Forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei carabinieri e Corpo della guardia di finanza), dispone al comma 7 "il congedo ordinario è un diritto irrinunciabile e non è monetizzabile"; al comma 14 "fermo restando il disposto del comma 7, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, qualora il congedo ordinario spettante a tale data non sia stato fruito per documentate esigenze di servizio, si procede al pagamento sostitutivo dello stesso";
- l'art. 55, del primo comma D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254 "Recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione delle Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999" dispone che "La disciplina dell'articolo 14, comma 14, del D.P.R. n. 395 del 1995 è estesa al personale dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza";
- l'art. 18, comma 1, del medesimo D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, prevede che "al pagamento sostitutivo del congedo ordinario si procede, oltre che nei casi previsti dall'articolo 14, comma 14, del D.P.R. n. 395 del 1995, anche quando lo stesso non sia stato fruito per decesso, per cessazione dal servizio per infermità o per dispensa dal servizio del dipendente disposta dopo il collocamento in aspettativa per infermità";
- l'art. 11, comma 4, del D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, "Recepimento dell'accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare (quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007), prevede che "Al pagamento sostitutivo del congedo ordinario si procede, oltre che nei casi previsti dall'articolo 14, comma 14, del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395 e dell'articolo 18, comma 1, del D.P.R. 6 marzo 1999, n. 254, anche nei casi di transito ai sensi dell'articolo 8 del D.P.R. 24 aprile 1982, n. 339, dell'articolo 2 del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 7 ottobre 2005, n. 228, e dell'articolo 75 del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, qualora non sia prevista nell'amministrazione di destinazione la fruizione del congedo maturato e non fruito";
- infine, l'art. 5, comma 8, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, sancisce che "le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale…sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile".
Secondo detto quadro normativo la monetizzazione delle ferie è stata sostanzialmente abolita per effetto dell'art. 5, comma 8, del D.L. n. 95 del 2012, in forza del quale le ferie, i riposi ed i permessi nel settore del lavoro pubblico sono obbligatoriamente goduti secondo quanto stabilito dai rispettivi ordinamenti, con divieto di corresponsione di "trattamenti economici sostitutivi", al lavoratore va riconosciuto il diritto a un'indennità soltanto in caso di mancato godimento delle ferie per causa a lui non imputabile, evidenziando il carattere residuale dell'istituto del compenso sostitutivo delle ferie.
Su tale ultimo diritto al riconoscimento dell'indennità si è sviluppato un'importante dibattito interpretativo sull'effettiva estensione della relativa portata, dubitandosi da più parti della legittimità del divieto a fronte di eventi estintivi del rapporto di lavoro non imputabili alla volontà del lavoratore.
A seguito di una possibile apertura della Consulta (cfr. sent. n. 286/2013), si è pian piano consolidata un'interpretazione della norma che ha escluso il divieto di monetizzazione delle ferie non godute, in linea con la ratio sottesa alla norma stessa, in tutte le vicende estintive del rapporto di lavoro che non chiamino in causa la volontà del lavoratore e la capacità organizzativa del datore di lavoro (Corte Cost., sent. n. 95/2016).
La Corte Costituzionale con quest'ultima sentenza, pronunciandosi sull'infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma, ha ricondotto la volontà del legislatore di vietare la corresponsione di trattamenti sostitutivi in quei casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro sia riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione) o ad eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età) che, comunque, gli consentano di pianificare per tempo la fruizione delle ferie, specificando che "il dato testuale è coerente con le finalità della disciplina restrittiva, che si prefigge di reprimere il ricorso incontrollato alla 'monetizzazione' delle ferie non godute. Affiancata ad altre misure di contenimento della spesa, la disciplina in questione mira a riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie, per incentivare una razionale programmazione del periodo feriale e favorire comportamenti virtuosi delle parti nel rapporto di lavoro".
La giurisprudenza amministrativa ha allargato le deroghe al divieto di monetizzazione di cui al citato articolo 5 riducendone la portata applicativa in alcune situazioni peculiari in cui il lavoratore non abbia potuto, senza sua colpa, usufruire delle ferie prima dell'estinzione del rapporto di lavoro, ad esempio perché assente per malattia - o per altra causa oggettivamente non imputabile - nel periodo immediatamente precedente (Cons. St., parere n. 86 del 4 gennaio 2018; TAR Lecce, sent. n. 431/2018; TAR Bologna, n. 535/2019; TAR Aosta, n. 1/2020).
Il Consiglio di Stato Sez. II, 24 maggio 2022, n. 4133 ha dichiarato che "Il diritto alle ferie, di cui all'art. 12 del D.P.R. n. 395 del 1995, è definito irrinunciabile e, in linea generale, non monetizzabile perché funzionale al ristoro psico-fisico del lavoratore, salvo casi eccezionali, ex art. 14 del D.P.R. n. 395 del 1995, correlati all'impossibilità di godere delle ferie per motivi di servizio".
Infatti, secondo il Consiglio di Stato un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art.14, comma 14, D.P.R. n. 395 del 1995 impone che l'omessa fruizione delle ferie sia fonte di compenso sostitutivo, non solo, quando tale circostanza sia stata imposta da maggiori esigenze di prestazioni lavorative dell'Amministrazione, ma anche quando emerga al riguardo un'impossibilità dettata da malattia che ha impedito il godimento delle ferie.
Il Consiglio di Stato, con il parere 20 gennaio 2020, n. 154, preso atto della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea, Sezione X, del 20 luglio 2016 (causa C-341/15), secondo cui, ai sensi dell'art. 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88: a) ogni lavoratore beneficia di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane; b) tale diritto, secondo giurisprudenza costante della Corte, deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell'Unione, e deve essere riconosciuto a ogni lavoratore, indipendentemente dal suo stato di salute, quando è cessato il rapporto di lavoro; c) quando la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite non è più possibile, il lavoratore ha diritto a un'indennità finanziaria per evitare che, a causa di tale impossibilità, non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria; ha ritenuto che detto articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, come interpretato dalla Corte, non assoggetta il diritto a ricever un'indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall'altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato, mentre è privo di rilevanza il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato.
Pertanto, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la circostanza che un lavoratore ponga fine, di sua iniziativa, al proprio rapporto di lavoro, non ha nessuna incidenza sul suo diritto a percepire, se del caso, un'indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non ha potuto usufruire prima della cessazione del rapporto di lavoro, dovendosi interpretare l'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 nel senso che esso osta a una normativa nazionale che priva del diritto a un'indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute il lavoratore il cui rapporto di lavoro è cessato a seguito della sua domanda di pensionamento e che non è stato in grado di usufruire del suo diritto alle ferie prima della fine di tale rapporto di lavoro.
Alla luce dell'evoluzione del quadro interpretativo sopra delineato e, in particolare, dell'orientamento del giudice eurounitario, il Consiglio di Stato, già, col parere n. 86/2018, aveva ritenuto che il diritto al congedo ordinario maturato nel periodo di aspettativa per infermità include automaticamente il diritto al compenso sostitutivo, ancorché il dipendente sia cessato dal servizio "a domanda"; interpretazione ribadita anche con i successivi pareri n. 2424/2018 e n. 891/2020.
Infine, va detto, come evidenziato anche dall'appellante, che le stesse amministrazioni resistenti hanno preso atto dell'evoluzione interpretativa verso un orientamento giurisprudenziale più ostensivo del divieto di monetizzazione delle ferie non godute e, con la nota GDAP-0357885.U del 30 settembre 2021, il Ministero della Giustizia, ha integrato le disposizioni applicative in ordine a detta materia, in precedenza forniti con lettera Circolare 28 febbraio 2013 n. (...), emanata dopo l'introduzione dell'art. 5, comma 8, del D.L. n. 95 del 2012 convertito in L. n. 135 del 2012.
Infatti il Ministero, richiamato la giurisprudenza sommariamente citata, ivi compresi i pareri del Consiglio di Stato n. 2424/2018, 156/2020 e 891/2020, ha sottolineato che "il lavoratore ha diritto alla retribuzione del proprio congedo ordinario non fruito prima della cessazione del rapporto di lavoro non solo nelle ipotesi esplicitamente declinate nella citata lettera circolare 28 febbraio 2013, prot. n. (...), ma anche quando lo stesso sia cessato dal servizio a domanda o per limiti d'età, purché la mancata fruizione non sia oggettivamente ascrivibile alle determinazioni del dipendente".
5.1. Il T.a.r nella sentenza appellata, considerato che, in base alla previsione del terzo comma dell'art. 55 del D.P.R. n. 254 del 1999, per "il personale in servizio all'estero, di cui all'art. 47, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. n. 395 del 1995, non abbia fruito della licenza nel corso dell'anno per indifferibili esigenze di servizio"…la licenza ordinaria potrà essere fruita entro il secondo semestre dell'anno successivo", ha ritenuto che nel caso di specie non vi sarebbe stato in astratto alcun ostacolo a che il ricorrente, dopo il proprio avvenuto rientro in Italia (in data 24 gennaio 2014), avesse chiesto di fruire, entro il termine massimo del 24 luglio 2014, dei 73 giorni di riposo feriale maturato e non goduto. L'ostacolo a che ciò potesse concretamente avvenire è invece rappresentato da un fatto proprio del ricorrente: il quale, anziché "subire" una cessazione dal servizio con data eterodeterminata dall'Amministrazione di appartenenza, ha chiesto, invece, si è precipitato a ripresentare domanda di congedo con una tempistica incompatibile con la fruizione del periodo di ferie maturato in pregresso.
Inoltre, il signor -OMISSIS- non ha neanche dimostrato di aver in precedenza presentato richieste di fruizione delle ferie maturate in pregresso all'Amministrazione intimata, da questa respinte con atti formali motivati in base al sussistere di inderogabili esigenze di servizio.
Il Consiglio di Stato sul punto in casi del tutto analoghi a quello che ci occupa, ha ritenuto che il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute dal pubblico dipendente, discenda direttamente dallo stesso mancato godimento delle ferie, in armonia con l'art. 36 Cost., quando sia certo che tale vicenda non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore e non sia a lui comunque imputabile, (Cons. Stato, Sez. II, 30 marzo 2022 n. 2349; Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 2018, n. 1580, Sez. III, 17 maggio 2018, n. 2956, con riguardo ai casi di cessazione dal servizio non dipendente da causa di servizio; Cons. Stato, sez. III, 21 marzo 2016, n. 1138 relativamente alla mancata fruizione del congedo per l'aspettativa per infermità).
Alla luce del sopraesposto quadro normativo, si come interpretato dalla giurisprudenza anche eurounitaria, deve affermarsi che il divieto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi per le ferie non godute non si applica soltanto nei casi in cui il loro mancato godimento dipenda da cause non imputabili al lavoratore, dovendosi, invece, ritenere operante il divieto tutte le volte in cui il dipendente abbia avuto la possibilità di richiederle e di fruirne (Cons. Stato. Sez. IV, 12 ottobre 2020, n. 6047).
Ne deriva che il T.a.r. con la sentenza appellata ha applicato correttamente i principi relativi al pagamento delle ferie non godute rispetto alla concreta fattispecie oggetto del giudizio, avendo ritenuto l'insussistenza di cause di sevizio o di salute oggettivamente impeditive alla fruizione del congedo non dipendenti dalla volontà dell'odierno appellante.
Il Collegio condivide l'assunto del T.a.r. nella parte in cui ha ritenuto che il -OMISSIS-, dopo il suo rientro in Italia ben avrebbe potuto chiedere di fruire dei 73 giorni di riposo feriale maturato e non goduto; invero lo stesso ha preferito ripresentare la domanda di congedo con una tempistica incompatibile con la fruizione del periodo di ferie maturato in pregresso.
Non può dubitarsi, pertanto, che il motivo per cui l'appellante non abbia usufruito delle ferie sia ascrivibile ad una sua precisa volontà: quella - si ripete - di non subire una cessazione dal servizio con data eterodeterminata dall'Amministrazione di appartenenza, ma di chiedere di essere immediatamente congedato.
Dunque, la coerente applicazione degli esposti principi di diritto alla vicenda che ci occupa impone di ritenere l'appello proposto meritevole di essere rigettato.
6. La materia su cui verte l'appello è certamente complessa e può determinare incertezze applicative per cui si ritiene che il motivo di appello afferente le spese del giudizio possa essere accolto e per l'effetto, si ritiene che in accoglimento parziale dell'appello, possano essere compensate le spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, accogliendolo limitatamente alla statuizione sulle spese che ritiene di poter compensare per entrambi i gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellante.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Anna Bottiglieri, Consigliere
Giuseppe Chinè, Consigliere
Giovanni Ardizzone, Consigliere
Paola La Ganga, Consigliere, Estensore
Nessun commento:
Posta un commento